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Sommario del 20/04/2012
◊ La Parola di Dio non resta confinata nello scritto, ma è potenza di vita e la sua comprensione continua a crescere con l’assistenza dello Spirito Santo: è quanto afferma il Papa in un Messaggio inviato al cardinale William Levada, presidente della Pontificia Commissione Biblica, in occasione dell’annuale plenaria dell'organismo che si è svolta in Vaticano sul tema «Ispirazione e Verità della Bibbia». Il servizio di Sergio Centofanti.
Il Papa indica gli elementi per una corretta interpretazione del messaggio biblico: “l’ispirazione come azione di Dio – scrive - fa sì che nelle parole umane si esprima la Parola di Dio. Di conseguenza, il tema dell’ispirazione è decisivo per l’adeguato accostamento alle Sacre Scritture. Infatti, un’interpretazione dei sacri testi che trascura o dimentica la loro ispirazione non tiene conto della loro più importante e preziosa caratteristica, ossia della loro provenienza da Dio”.
Al tema dell’ispirazione – aggiunge – è poi connesso “anche il tema della verità delle Scritture. Per questo, un approfondimento della dinamica dell’ispirazione porterà indubbiamente anche ad una maggior comprensione della verità contenuta nei libri sacri”.
Il Papa sottolinea quindi che “per il carisma dell’ispirazione i libri della Sacra Scrittura hanno una forza di appello diretto e concreto. Ma la Parola di Dio non resta confinata nello scritto. Se, infatti, l’atto della Rivelazione si è concluso con la morte dell’ultimo Apostolo, la Parola rivelata ha continuato ad essere annunciata e interpretata dalla viva Tradizione della Chiesa. Per questa ragione – spiega Benedetto XVI - la Parola di Dio fissata nei testi sacri non è un deposito inerte all’interno della Chiesa ma diventa regola suprema della sua fede e potenza di vita. La Tradizione che trae origine dagli Apostoli”, infatti, “progredisce con l’assistenza dello Spirito Santo e cresce con la riflessione e lo studio dei credenti, con l’esperienza personale di vita spirituale e la predicazione dei Vescovi”.
Benedetto XVI afferma poi che è “essenziale e fondamentale per la vita e la missione della Chiesa che i testi sacri vengano interpretati secondo la loro natura: l’Ispirazione e la Verità sono caratteristiche costitutive di questa natura”. “Perciò – conclude il suo messaggio alla Commissione Biblica – il vostro impegno avrà una vera utilità per la vita e la missione della Chiesa” e per promuovere “la conoscenza, lo studio e l’accoglienza della Parola di Dio nel mondo”.
Concerto per gli 85 anni di Benedetto XVI. Intervista con il direttore d'orchestra Riccardo Chailly
◊ Dopo i numerosi messaggi d’augurio ricevuti per gli anniversari celebrati in questi giorni, nel pomeriggio di oggi Benedetto XVI si appresta a vivere un nuovo momento di festa. Alle 18, in Aula Paolo VI, l’85.mo compleanno del Pontefice sarà celebrato con il concerto offerto dall’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, sulle note della Sinfonia n. 2 in Si bemolle maggiore “Lobgesang” (op. 52), composta nel 1840 da Felix Mendelssohn. Della scelta di questa partitura, la collega della redazione tedesca della nostra emittente, Gudrun Sailer, ha parlato con il direttore dell’orchestra di Lipsia, Riccardo Chailly:
R. - Io credo che sia una delle composizioni più significative di Felix Mendelssohn nel periodo lipsiense. Ricordo che è stato identificato come Sinfonia n. 2, ma è la penultima nell'ordine cronologico delle sue composizioni; quindi un Felix Mendelssohn alla summa della maturità artistica. Il testo, formato da testi sacri riadattati da Mendelssohn stesso, come fonte di ispirazione alla sua musica, sono di altissimo valore religioso. Quindi un inno di lode a Dio molto profondo, molto espressivo, con una grandezza qualitativa musicale assoluta. Per la Gewandhausorchester, l’Mdr Rundfunkchor, e il Gewanghaus Chor che rappresentano la città di Lipsia, è molto importante portare un capolavoro di Mendelssohn, nato in quella città nel 1840.
D. - Perché avete scelto un compositore protestante per questa occasione?
R. - Ho pensato di portare un omaggio di lode a Dio. Per me il significato è profondamente religioso, al di là delle specifiche differenze di un credo, come può essere il credo cattolico o il credo protestante. Mi sembra che il testo delle Heiligen Schriften, adoperati da Mendelssohn, siano completamente dedicati a un atteggiamento spirituale profondissimo di lode a Dio.
D. - Lei discende da una famiglia cattolica di Milano. Suo padre era compositore, e fra le altre cose, ha composto una Messa dedicata proprio a Paolo VI. Ci sono quindi dei legami di famiglia con i Papi?
R. - Ricordo che da ragazzo quando mio padre ha composto la Missa Papae Pauli, andammo tutti - tutta la famiglia - in Vaticano a consegnare a Papa Montini la partitura originale. Questo è un ricordo per me di grande emozione e di grande spiritualità. Questa Missa Papae Pauli l’ho eseguita a Lipsia due settimane fa, ma quella era una specifica mia volontà personale per ricordare il decennale dalla scomparsa di mio padre: un pezzo profondamente religioso, profondamente legato al suo credo cristiano, ma anche molto ispirato dalla personalità di Papa Montini. Chiaramente, andando a Roma a rendere omaggio all’85.mo anniversario di Papa Benedetto XVI, abbiamo voluto portare un brano solamente che rappresentasse il più possibile la tradizione del Gewandhaus di Lipsia.
D. - Visto questo legame, infatti molto personale, che cosa significa per lei ora suonare davanti a questo Papa tedesco che, come è risaputo, ama la musica classica?
R. - Infatti in lui io vedo prima di tutto il musicista, il Papa musicista. Questa è una cosa straordinaria e molto diversa dal passato. Quindi non solo colui che ama la musica, ma che è particolarmente dedito, lui stesso, ad eseguire musica classica. Questo è un fatto molto significativo per me e per tutti i componenti di questo concerto in Vaticano.
A Cancún il settimo Congresso di pastorale del Turismo: "La Chiesa segue da vicino il fenomeno"
◊ “Un miliardo di arrivi turistici”. È la cifra prevista dall’Organizzazione mondiale per il turismo nel 2012. Il dato viene rilanciato dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, che da lunedì a venerdì prossimi, a Cancún in Messico, celebrerà il settimo Congresso mondiale di pastorale del turismo. Tre – informa una nota del dicastero vaticano – saranno le tematiche che impegneranno gli oltre 200 partecipanti di 40 nazioni: il turismo nella sua visione generale, il turismo religioso e il turismo dei cristiani. Grande sarà l’attenzione posta ai risvolti sociali del fenomeno, tra cui il turismo come risorsa economica e strumento per superare la povertà e la lotta a turismo sessuale.
“Circa il turismo in generale – afferma nella nota il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero – si deve cercare di renderlo una realtà veramente umana e umanizzante. Il turismo non è solo un’opportunità, ma un diritto per tutti”. La Chiesa, osserva, “ha già sviluppato un itinerario verso un turismo sociale autentico” e deve quindi “potenziare le strutture già esistenti a livello diocesano e nazionale”. Questo affinché – conclude il cardinale Vegliò – “il coordinamento dei progetti e degli sforzi serva meglio all'evangelizzazione, e l’azione pastorale coinvolga sempre più i turisti, coloro che lavorano in questo settore, la comunità che accoglie e coloro che ne subiscono le conseguenze”. (A cura di Alessandro De Carolis)
Il cardinale Antonelli: difendere la famiglia è costruire un baluardo alla crisi
◊ Sostenere la famiglia “non come soggetto di bisogno ma come risorsa per il lavoro, per la coesione e lo sviluppo”: è un cambio di prospettiva quello che ha suggerito il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, intervenuto ieri sera a Milano al ciclo di incontri in preparazione al VII Incontro mondiale delle famiglie, in programma nel capoluogo lombardo dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. Il servizio da Milano di Fabio Brenna:
Il tema, “La famiglia, il lavoro, la festa” rappresenta un’occasione, ha detto il cardinale Antonelli, per affrontare temi di portata universale:
“Mi pare che il tema stesso dell’Incontro mondiale delle famiglie a Milano non sia un tema specificamente ecclesiale, ma in fondo è un tema civile: la famiglia, il lavoro, la festa riguardano tutti. Ovviamente noi, da cristiani, lo vediamo anche in una prospettiva più profonda: una prospettiva teologica, spirituale e pastorale. Sono valori umani fondamentali, sono caratteristici dell’esistenza stessa umana, sono le dimensioni caratteristiche della dimensione umana”.
Famiglia sempre più sola, ma sempre più baluardo, specie in tempi di crisi. Ma la famiglia non è solo chiamata ad essere ammortizzatore sociale: la crisi cui deve far fronte “prima dei redditi riguarda i valori”, secondo il cardinale Antonelli. Quella contemporanea è dunque una famiglia chiamata a compiti sempre più difficili, ma lasciata sostanzialmente senza mezzi e senza aiuti con, però, la grande risorsa che le è propria, quella educativa, apportatrice di valori e di stili di vita che possono far ripartire l’intera società:
“La famiglia possiede tante energie che possono contribuire anche al superamento della crisi, a preparare un futuro migliore per tutti. La famiglia trasmette anche un patrimonio culturale, anche di competenze e opera anche sul piano economico: quante imprese ci sono a conduzione familiare? Sono tantissime e in molti Paesi sono la spina dorsale dell’economia”.
Nell’ambito dello stesso incontro, cui hanno partecipato gli amministratori di Comune e Regione, i sociologi Aldo Bonomi e Chiara Giaccardi si sono concentrati sui cambiamenti della struttura familiare in un contesto di crescente latitanza del senso di comunità.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La Parola di Dio regola della fede della Chiesa: il messaggio del Papa alla Pontificia Commissione Biblica.
In prima pagina, l'allarme dell'Onu: il numero delle persone in fuga dai conflitti è cresciuto del 20 per cento nell’ultimo anno.
Nel servizio internazionale, in primo piano l'economia: secondo la Banca mondiale, si restringe l'accesso al credito per i poveri.
In cultura, un articolo di Inos Biffi sull'esegesi dell'Antico e del Nuovo Testamento nella liturgia del triduo e del tempo pasquale.
Quella parola decisiva ma fuori moda da secoli: Stefano Alberto sulla bellezza nella prospettiva delle scienze umanistiche.
Dopo un flop il sogno realizzato: Silvia Guidi sui centocinquant'anni della Tipografia Salesiana.
Essere nel mondo: Francesco Occhetta sull'insegnamento di Giuseppe Toniolo.
Siria. La tregua non regge, in arrivo nuove sanzioni contro Damasco
◊ Nazioni Unite al lavoro per una risoluzione della crisi siriana che sarà approvata entro la prossima settimana. L’Ue si dice pronta a nuove sanzioni contro Damasco mentre il portavoce dell’inviato di Onu e Lega Araba, Kofi Annan, ribadisce: subito osservatori nel Paese, la tregua non regge. Intanto al Tribunale dell’Aja arriva la prima denuncia contro il presidente Bashar al Assad per crimini contro l’umanità. Il servizio di Cecilia Seppia.
Le potenze occidentali sono d’accordo: se la Siria non rispetta il piano di pace di Kofi Annan la parola torna all’Onu che dovrà valutare l’adozione di ulteriori misure contro Damasco. Tra tutti il segretario di Stato americano Clinton preme per un embargo sulle armi, sui viaggi e pesanti sanzioni finanziarie. Sulla stessa linea l’Ue decisa ad intervenire su beni di lusso e materiali usati per scopi repressivi. Intanto si aspetta dal Consiglio di Sicurezza una risoluzione, invocata anche dal ministro degli Esteri russo Lavrov, che risponda pienamente alle richieste del leader del Palazzo di Vetro Ban Ki-moon: ovvero l’invio di 300 osservatori nel Paese, per non meno di 3 mesi che possano vigilare su una tregua, interrotta da continui bombardamenti. Un esercito pacifico che il portavoce di Annan, definisce indispensabile e urgente. Pronti a collaborare Francia, Italia e Germania. Ma Russia e Cina non si tirano indietro, anzi Pechino sembra disposta all’invio dei suoi caschi blu sul territorio. La Turchia invece valuta un coinvolgimento della Nato. Intanto sulla testa di Assad e di una quindicina di ufficiali e dirigenti politici del regime pende la prima denuncia formale di “crimini contro l’umanità”: a presentare l'esposto presso il Tribunale internazionale dell’Aja un avvocato libanese a nome di 12 rifugiati siriani attualmente a Beirut. Di poco fa infine la notizia dell'ennesimo attacco: 10 agenti di polizia sono morti in seguito all'esplosione di una bomba nella parte del Golan.
Presidenziali in Francia: superfavorito il socialista Hollande
◊ Domenica in Francia primo turno delle elezioni presidenziali. Tutti gli ultimi sondaggi sono a favore del leader Francois Hollande. Ieri a Bordeaux il candidato socialista ha terminato la sua campagna elettorale, mentre oggi il presidente in carica, Nicolas Sarkozy, chiude la sua. Comunque il partito maggiore rimane quello degli indecisi. Segno di una insoddisfazione del Paese verso la politica? Giancarlo La Vella ha girato la domanda a Luigi Geninazzi che sta seguendo le elezioni come inviato a Parigi per il quotidiano Avvenire:
R. – Sì, la Francia è un Paese scontento della politica e soprattutto preoccupato, perché i francesi sono convinti che l’onda d’urto della crisi globale si farà sentire anche nel loro Paese. E’ vero che la Francia rappresenta la seconda economia della zona euro - e finora è stata abbastanza risparmiata - ma anche qui la crisi morde: la disoccupazione sale, il potere d’acquisto diminuisce e c’è il timore che dopo Grecia, Italia e Spagna la speculazione internazionale si scatenerà contro un nuovo obiettivo, appunto la Francia.
D. – Secondo i sondaggi, il socialista Hollande è nettamente in testa, però c’è un popolo silenzioso, che potrebbe sostenere Sarkozy, al ballottaggio. Qual è il tuo parere?
R. – I sondaggi sono unanimi nel sottolineare un margine di incertezza al primo turno, però sono tutti d’accordo nel dire che, al ballottaggio del 6 maggio, il leader socialista Hollande ed il neogollista Sarkozy, si daranno battaglia e Sarkozy sembra destinato a perdere, 42 contro 54%. Questo è quello che dicono i sondaggi; ma gli indecisi contano molto, perché sembra che un francese su quattro non ha ancora deciso per chi voterà, ma bisogna anche dire che comunque queste percentuali difficilmente dovrebbero cambiare. Conta invece molto la massa critica dell’astensionismo, che sembra ancora molto alto, però la sensazione è che Sarkozy stia tentando un’impresa che, francamente, appare impossibile.
D. – Gli scontenti di Sarkozy, che cosa imputano al presidente in carica e, invece, che speranze si nutrono in Hollande?
R. – Diciamo che Sarkozy, in questi cinque anni, ha scontentato un po’ tutti i francesi. La cosa più interessante, secondo me, è che non presenta il suo bilancio: è il presidente uscente, ma ha vestito i panni del candidato. Lui stesso non vuole parlare di questi cinque anni di presidenza, fa capire che sarà un presidente diverso e questo vuol dire che neppure lui, alla fine, è soddisfatto di quello che è stato compiuto nel suo mandato. Hollande, è un uomo, invece, che si presenta come “monsieur normale”: è esattamente la contro-immagine di Sarkozy, per cui gioca questa carta del profilo basso. Lui stesso ha detto - con grande ironia - “preferisco vincere senza un grande carisma, che perdere con grande entusiasmo”.
Guinea Bissau: le organizzazioni regionali condannano la giunta militare
◊ Le organizzazioni internazionali africane non riconoscono la giunta militare che ha preso il potere in Guinea Bissau e chiedono il ripristino immediato dell’ordine costituzionale. Ieri i militari golpisti hanno annunciato la creazione di un Consiglio nazionale di transizione e la nomina di un presidente pro tempore. Il servizio di Stefano Leszczynski:
La Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) non cede di fronte alla giunta militare che ha preso il potere con un golpe il 12 aprile scorso. Al pari della altre istituzioni internazionali africane, e cioè l’Unione africana e la Comunità dei Paesi di lingua portoghese, l’Ecowas ha duramente condannato l'instaurazione di un ''sedicente Consiglio nazionale di transizione'' in Guinea Bissau, denunciando ''l'usurpazione di potere da parte del comando militare''. ''La commissione dell'Ecowas rigetta quest'usurpazione di potere da parte del comando militare e fa sapere che non riconoscerà mai alcuna transizione emanata dalla giunta''. E' di ieri la firma dell'accordo tra la giunta militare e i principali partiti di opposizione guineana per attuare un periodo di transizione di due anni, al termine del quale organizzare elezioni generali. Presidente di transizione designato dai militari è Manuel Serifo Nhamadjo, candidato per le presidenziali, ma eliminato al primo turno. Intanto, è atteso per lunedì l’arrivo nel Paese africano di un contingente militare internazionale che andrà ad aggiungersi a quello angolano già presente in Guinea Bissau, con l’obiettivo di favorire il ritorno ad una situazione di legalità e portare il Paese verso le il secondo turno delle presidenziali già programmate per il 29 aprile.
Sulla fermezza delle organizzazioni internazionali e regionali africane nei confronti delle recenti crisi continentali, Stefano Leszczynski ha intervistato Anna Bono, docente di Storia dei Paesi e delle istituzioni africane presso l’Università di Torino:
R. - Sicuramente l’atteggiamento che le Organizzazioni regionali e l’Unione Africana assumono, da qualche tempo, nei confronti degli attentati alla democrazia rappresnta un dato positivo e si spera una svolta definitiva nei confronti di chi in Africa - e purtroppo sono ancora molti i casi - attenta alla democrazia, mostrando nei confronti della gestione della cosa pubblica un atteggiamento - a dir poco - disinvolto. Quest’atteggiamento delle Organizzazioni regionali e dell’Unione Africana, che sta effettivamente incidendo sul modo in cui poi si risolvono alcune crisi o si imposta la soluzione di alcune crisi, è una novità che il mondo deve accogliere con soddisfazione e - se possibile - incoraggiare.
D. - Suscita, comunque, qualche tipo di timore il fatto che spesso le Organizzazioni regionali africane dimostrino un certo desiderio d’interventismo…
R. - D’altra parte, in certi casi, un intervento esterno armato militare può essere l’unica soluzione. L’Africa è il continente, dove si raccoglie il maggior numero di interventi delle Nazioni Unite a scopo di peacekeeping: direi anzi che, se d’ora in poi, le Organizzazioni regionali e l’Unione Africana riusciranno a sostituirsi alle Nazioni Unite quando si tratta di un intervento militare che appare inevitabile a fronte dell’incapacità delle forze in conflitto in un Paese di trovare una soluzione, anche questo mi sembrerebbe un passo avanti da rilevare e da incoraggiare.
D. - Si può dire che da un po’ di anni le crisi, i grandi stravolgimenti nei Paesi africani sono molto ridotti. Questo, secondo lei, a cosa è dovuto: a una presa di coscienza da parte dei governanti dei singoli Stati o è anche legato al fatto che l’Africa sta conoscendo economicamente un periodo di forte crescita?
R. - Per me lo scenario africano è ancora uno scenario molto, molto critico. E’ vero che sono diminuiti i conflitti e i colpi di Stato, anche se poi negli ultimi tempi questa tendenza si è un po’ invertita, ma ci sono poi attentati alla democrazia più subdoli e meno evidenti, che sono però altrettanto sostanziali: mi riferisco a quando un confronto elettorale viene completamente stravolto dai brogli, dalle intimidazioni, perdendo quindi ogni valore. Però, in effetti, dei piccoli grandi segni di cambiamento in una serie di Stati - proprio nel momento critico dell’avvicendamento al potere - fanno ben pensare nel senso di una evoluzione, magari lenta, magari anche dei passi indietro, ma comunque positiva verso una reale democrazia. Penso al Malawi, dove l’improvvisa morte del presidente Bingu wa Mutharika avrebbe potuto scatenare una crisi politica e si è invece realizzata una transizione del tutto indolore con l’assunzione - come la Costituzione d’altra parte prevedeva - della presidenza da parte del vicepresidente. Il che, tra l’altro, ha fatto sì che una seconda donna sia diventata capo di Stato in Africa: mi riferisco a Joyce Banda, che da pochi giorni è presidente ad interim del Malawi.
Due anni fa la "marea nera" nel Golfo del Messico: l'emergenza non è finita
◊ Due anni fa, l’inizio del disastro ambientale più grave della storia degli Stati Uniti: era infatti il 20 aprile del 2010 quando, a 66 miglia dalla costa della Louisiana, esplose una tubatura della piattaforma Deepwater Horizon che estraeva petrolio per la British Petroleum (Bp). Morirono 11 operai, 17 restarono feriti e nelle acque del Golfo del Messico si riversarono per mesi oltre 780 milioni di litri di greggio, una vera e propria "marea nera". Soltanto il successivo 19 settembre, dopo 106 giorni, la fuoriuscita venne ufficialmente bloccata. Un’emergenza, quella che colpì Louisiana, Mississippi, Alabama, Texas e Florida, che nel tempo ha superato di oltre dieci volte per entità quella della petroliera Exxon Valdez nel 1989. A due anni di distanza, il disastro ambientale si gioca ancora a colpi di carte bollate, richieste di risarcimenti, discussioni legali e udienze nei tribunali. Il lavoro di ripulitura delle coste, come lo stesso presidente statunitense Barack Obama ha più volte ammesso, non è ancora completato: al di là dei risarcimenti - per i quali la Bp ha stanziato miliardi di dollari - rimane l’allarme per intere catene alimentari, flora e fauna di irripetibile rarità e bellezza e per i danni, non solo economici, alle popolazioni rivierasche. Sulle ragioni di una così ampia gravità del disastro nel Golfo del Messico, Giada Aquilino ha intervistato Matteo Mascia, coordinatore del progetto Etica e Politiche ambientali della Fondazione Lanza di Padova:
R. - Innanzitutto, per la perdita di vite umane e poi perché le emissioni di petrolio nel mare sono durate per dei mesi interi. Oltre 700 milioni di litri di petrolio sono stati dispersi nel mare. E quindi, per dimensione dell’evento, è stato il più grande disastro ambientale del pianeta per quanto riguarda le emissioni di petrolio in mare.
D. - Dopo 106 giorni da quel 20 aprile, la falla venne cementificata. Ma l’emergenza rimane ancora oggi: perché?
R. - L’intero ecosistema e l’area sono stati sconvolti dalla presenza di sostanze legate al petrolio. Quindi, un disastro che ha riguardato prima di tutto l’ecosistema marino ma poi, di conseguenza, il sistema economico e sociale dei Paesi rivieraschi che su quell’area geografica avevano sviluppato attività di tipo sociale, come il turismo o attività di tipo economico. È quindi un impatto così importante che a due anni di distanza non ha ancora comportato una ripulitura dell’area e non conosciamo i tempi per il ripristino degli ecosistemi. Tutto ciò, ovviamente, evidenzia il perché oggi quell’area sia ancora un’area di emergenza o comunque di grande problematicità e vulnerabilità.
D. - Quindi, per il Golfo del Messico, peraltro già colpito dall’uragano Katrina, possiamo parlare di un disastro ambientale, sanitario, economico e non solo. Si tornerà mai alle condizioni precedenti il disastro?
R. - Non so con che tempi. Probabilmente sì, ma con tempi molto lunghi, cioè quelli biologici. La capacità dell’ambiente naturale di rigenerarsi completamente richiederà tempi molto più lunghi di quelli di ripristino di un minimo di sviluppo economico e sociale: quello per fortuna arriverà prima. È stata messa in campo tutta una serie di misure di attenzione e anche di controlli, affinché possa riprendere un minimo di economia legata alla pesca, ai militi, ai frutti di mare ma anche allo sviluppo turistico. Per quanto riguarda invece l’ecosistema marino, i tempi non li conosciamo, però certamente dovremmo continuare a monitorare la situazione per comprendere quali sono le effettive condizioni.
D. - Che tipo di prevenzione va effettuata per evitare disastri di tale portata?
R. - Quello che è emerso per esempio dall’incidente è che c’erano carenze normative per quanto riguarda la possibilità di impiantare pozzi off shore a profondità così elevate, su cui pompava la piattaforma della Bp. Dunque, c’è un problema normativo. In qualche modo, si è avviata negli Stati Uniti una revisione generale e indubbiamente poi maggiori controlli ci sono sul fronte, per esempio, delle tecnologie che sono impiegate e sul fronte del personale specializzato.
D. - Sembra di capire che ai disastri naturali si vadano a sovrapporre sempre più disastri antropici. Cosa è cambiato negli ultimi anni?
R. - Sono cambiate molte cose, nell’attenzione e anche nella dimensione normativa dell’azione di prevenzione, sul fronte delle politiche della legislazione a livello internazionale e nazionale di attenzione all’ambiente. Sono migliorate poi l’attenzione e la percezione dell’importanza della tematica ambientale, della salvaguardia del Creato. Rimangono però ancora degli elementi in secondo piano rispetto allo sviluppo economico e alla crescita economica. Questo comporta che, per quanto i miglioramenti siano in corso, ci sia un pericolo sempre alto e che permanga il rischio che la dimensione dello sviluppo economico, della crescita economica e del profitto prevalga rispetto all’attenzione e alla salvaguardia dell’ambiente.
D. - È sul piano etico che si deve quindi continuare ad agire?
R. - Assolutamente. Si deve puntare alla responsabilità nei confronti dell’ambiente naturale e, attraverso l’ambiente naturale, nei confronti dell’uomo, delle persone che vivono su questo pianeta e delle generazioni future. La responsabilità da un lato e la cura dell’ambiente dall’altro devono essere un po’ i due orizzonti, i due principi di riferimento di un’etica della responsabilità che ci fa riconsiderare il fatto che l’ambiente è la casa comune dell’umanità, è un dono che Dio ci ha dato. Per questo dobbiamo agire con responsabilità e con attenzione.
Cancellieri alla Camera sugli algerini rimpatriati. Padre La Manna: spesso manca la dignità
◊ Il ministro dell'Interno, Cancellieri, interviene alla Camera sul caso dei due algerini rimpatriati sul volo Roma-Tunisi. I due erano in una foto erano stati ritratti con del nastro adesivo sulla bocca. Per il ministro utilizzare ''misure coercitive'' come lo scotch nei rimpatri è un comportamento ''estemporaneo'' e, soprattutto ''offensivo della dignità della persona''. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente del Centro Astalli, padre Giovanni La Manna:
R. - Ci sono tante criticità che toccano la dignità delle persone, quindi non solo quell’immagine, ma pensiamo anche alle situazioni che vivono in particolare i richiedenti asilo, i rifugiati , gli immigrati che arrivano in Italia. In molte situazioni, manca dignità. Noi vorremmo che l’attenzione fosse focalizzata anche su come facciamo arrivare in tutta sicurezza le persone in Italia, soprattutto quelle alle quali riconosciamo la possibilità di richiedere asilo politico. Ora, focalizzarsi solo sull’emergenza, sulla foto, secondo me è riduttivo.
D. - Secondo lei, bisogna andare oltre il sistema dei "Cie" (Centri di identificazione ed espulsione) e dei "Cara" (Centri di accoglienza richiedenti asilo)?
R. – Per quanto riguarda il sistema dei Cie, noi siamo contrari a una forma di detenzione per gli immigrati: chi è penalizzato dal fatto di non avere un documento finisce in un centro di detenzione. Questo ci preoccupa e non lo condividiamo. Per quanto riguarda i Cara, sono delle realtà pensate per accogliere i richiedenti asilo, dunque quello noi chiediamo è che siano realtà dignitose, dei luoghi umani.
D. – Dunque, da quanto ho capito, serve un cambiamento di politica rispetto a quanto è avvenuto fino pochi mesi fa...
R. - Direi che, più di un cambiamento, abbiamo bisogno di una politica seria e onesta per quanto riguarda il fenomeno dell’immigrazione, dei richiedenti asilo e rifugiati. Ora viviamo un contesto particolarmente delicato. Finalmente, forse, abbiamo l’opportunità, che nasce da una crisi, per arrivare a una vera politica che governi onestamente questo fenomeno, anche perché si stanno spendendo dei soldi, e si continuano a spendere dei soldi, nell’accoglienza e nei centri Cie. Saremmo interessati a capire, come vengono spesi questi soldi, e se questi soldi vengono spesi per le persone.
Rapporto sulla fede: aumentano gli atei, ma il mondo non volta le spalle a Dio
◊ Cala il numero di chi si dichiara credente, ma il mondo non volta le spalle a Dio: è quanto emerge da uno studio dell’Università di Chicago che ha raccolto dati sulla religiosità in 30 Paesi. La ricerca mette l’accento sulla crescita del numero di chi si dichiara ateo, specie in Occidente, ma al tempo stesso rivela situazioni in controtendenza rispetto a questo trend. Una complessità sulla quale si sofferma il sociologo Massimo Introvigne, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – Questo non è uno studio originale, ma è un’elaborazione al computer di dati già noti che vengono dall’International Social Survey Programme da tre versioni di questo programma – nel 1991, 1998 e 2008 – e riguarda solo un aspetto: le credenze. Naturalmente, i ricercatori sono consapevoli che questo è solo un indicatore. Poi c’è, per esempio, chi si reca ai riti religiosi ed è tutto un aspetto che loro non hanno preso in esame … Le conclusioni che gli stessi ricercatori propongono, sono due. Il primo che, con eccezioni in quasi tutti i Paesi, c’è un lieve aumento di coloro che si dichiarano “non credenti”, e tuttavia questo aumento è talmente ridotto in numeri assoluti, da rientrare nel margine dell’errore statistico. Mentre il secondo dato è che ci sono differenze enormi tra i Paesi.
D. – Quali sono i dati più significativi di questo Rapporto?
R. – Io ne cito due. Il Rapporto adotta categorie sue. Il livello massimo di credenza in Dio, quello di un rapporto personale con Dio che interferisce nella mia vita, tra i giovani con meno di 28 anni in Italia – e questo forse potrà sorprendere qualcuno – è ad un livello relativamente alto, sopra al 50 per cento, mentre in Francia è intorno al 10 per cento. Un altro dato: si dice che il numero degli atei aumenti, ma tra il 1998 e il 2008 in Russia è sceso dell’11,8 per cento. Segnalo ancora due dati: un forte aumento dei credenti - più 20 per cento – in Israele, che correttamente è attribuito non solo alla situazione di guerra, ma anche a un dato demografico: gli ebrei ortodossi hanno da decenni molto più figli degli ebrei secolarizzati; e un doloroso calo dei credenti in Irlanda, che è attribuibile alla grande risonanza che hanno avuto gli scandali dei preti pedofili.
D. – Cala la fede praticata, ma in qualche modo si registra un aumento nella ricerca di spiritualità …
R. – Penso che ci sia un dato nuovo, interessante e cioè lo scavo, che peraltro è congruo con molta ricerca sociologica contemporanea anche con l’attenzione della Chiesa – penso all’iniziativa del Cortile dei Gentili – uno scavo tra diverse forme di ateismo e quindi la distinzione fra un ateismo forte (quelli che sono veramente convinti di essere atei) e invece un ateismo debole, cioè una sostanziale lontananza dalla religione, specie istituzionale, ma accompagnata da dubbi e da domande. Allora, se per esempio prendo il dato italiano, trovo che gli atei forti sono – come dicevo – un numero molto basso: l’1,7 per cento; mentre questa sfera, che è quella cui veramente si rivolge l’iniziativa cattolica del Cortile dei Gentili – degli atei deboli –, a seconda di come si pongono le domande andrebbe dal 5,9 al 7,4. Mi sembra che anche dal punto di vista pastorale sia molto importante questa categoria degli atei deboli, cioè di persone lontane dalla religione ma non prive di inquietudini, di domande e di problemi. Lo stesso Santo Padre Benedetto XVI, nell’ultima parte della sua Lettera apostolica “Porta fidei” che indice l’Anno della fede, ci parla proprio di queste categorie come categorie con cui va aperto un dialogo rispettoso nella prospettiva dell’evangelizzazione.
Presentata la prossima Beatificazione di Giuseppe Toniolo. Intervista col postulatore
◊ Verrà beatificato il prossimo 29 aprile Giuseppe Toniolo, “l’apostolo della Rerum Novarum”. La celebrazione sarà presieduta dal cardinale Salvatore De Giorgi e vi si attendono circa cinquemila persone. Vissuto a cavallo fra metà ‘800 e primi del '900, Toniolo fu marito, padre di sette figli, professore di Economia ma non solo. Nel 1907, fu promotore della prima Settimana Sociale dei cattolici italiani, nonché presidente dell’Unione popolare, sostenitore del credito cooperativo. In occasione dell’evento, stamani sono state presentate le tante iniziative fra le quali, la sera prima, sabato 28 aprile, una Veglia di preghiera sul Sagrato della Basilica di San Pietro. Al microfono di Debora Donnini, il postulatore della Causa di beatificazione e vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino:
R. - Tutte le dimensioni della vita ordinaria si trovano nella sua esistenza e, dunque, nella sua santità, a partire dalla famiglia. E’ stato uno sposo e un padre di sette figli. E poi la vita professionale: era professore di economia e si è anche specializzato nell’impegno sociale, per dare al mondo cattolico un impulso all’interesse per la società e questo lo ha proiettato su quello che oggi diremmo il grande spazio della politica, anche se a suo tempo non era politica in senso stretto. Dunque, un laico che si è fatto santo davvero attraverso la vita quotidiana, e quello che può dire all’uomo d’oggi è che “la santità è un obiettivo possibile“.
D. - Un Santo quanto mai attuale, pensando al panorama che viviamo per la crisi economica. Toniolo si è contrapposto, sia al marxismo sia al capitalismo: ha difeso la piccola proprietà privata, ha difeso i diritti dei lavoratori, si è impegnato per la diffusione della Rerum Novarum. Questa via che ha abbracciato, quanto è attuale oggi?
R. – Attualissima. Oggi, stiamo riscoprendo un principio fondamentale: non è possibile costruire il grande mondo dell’economia, senza legarlo strettamente all’etica. Questo è il principio da cui Toniolo è partito: l’economia a partire dalla persona e a servizio della persona, la proprietà come espressione della persona, ma naturalmente riferita a un individuo concepito anche in termini relazionali. Per cui, la proprietà non è tutta in funzione degli egoismi del singolo, ma è una proprietà che poi viene messa anche in circolo perché se ne sviluppa la dimensione sociale – per quanto riguarda la definizione stessa della democrazia, come modo di concepire la società, dice Toniolo – a vantaggio di coloro che sono i più deboli, più poveri.
D. – Qual’è stato il miracolo che ha permesso la Beatificazione di Toniolo?
R. – Nel 2006, un giovane conterraneo di Toniolo, a Pieve di Soligo – nella comunità dove sono ancora conservate e venerate le spoglie di Toniolo – vive la sua serata "brava". Cade dall’altezza di diversi metri, con esiti che facevano pensare al peggio. Per alcuni giorni, è di fatto in una situazione drammatica. La famiglia si rivolge alla parrocchia, che fa una crociata di preghiera per lui. Questo giovane si chiama Francesco Bortolini e nel giro di pochi giorni, in concomitanza con questa preghiera, comincia a star meglio – e lo vedremo alla Beatificazione, dove si pensa che porterà le reliquie del Toniolo, fino all’altare. Una grazia autentica – espressione di un disegno di Dio – che oggi consente alla Chiesa di vedere questo suo figlio elevato agli onori degli altari. Mi sembra importante che la Beatificazione del Toniolo arrivi in un momento di crisi che porta tanta angoscia ed arriva come segno di speranza. Toniolo era un uomo di speranza, che sapeva trarre dal Vangelo e dalla contemplazione di Gesù risorto, la forza per guardare avanti.
D. – Può anche essere una guida per i cattolici, oggi impegnati nel sociale e nella politica?
R. – Direi assolutamente di sì. E’ una guida di alto livello. Occorre che ci rimettiamo a studiare alla scuola del Toniolo. Sono passati decenni dalla sua morte – nel 1918 – e sicuramente c’è qualcosa di datato in alcune espressioni del suo pensiero. Ma la sostanza del suo messaggio è di estrema attualità.
A Roma il festival internazionale “Letterature 2012”
◊ Presentato ieri a Roma il Festival internazionale “Letterature 2012”. La manifestazione, giunta all’undicesima edizione, si svolgerà nella Basilica di Massenzio a Roma dal 16 maggio al 21 giugno. Scrittori, poeti e saggisti saliranno sul palco per leggere testi inediti sul tema “semplice/complesso”. Tra le novità di quest’anno, un concorso letterario e un omaggio a Italo Calvino, come spiega la direttrice della manifestazione Maria Ida Gaeta, al microfono di Michele Raviart:
R. – Il tema del Festival di quest’anno, "semplice-complesso", è un tema calviniano: c’è sempre una relazione tra il tema e l’autore cui si rende omaggio. Però, questo omaggio sarà diverso dalle altre occasioni: non ci sarà una "serata-Calvino", bensì dieci aperture di serata – tra i tre e i quattro minuti – che saranno una nuova produzione del Festival con Luca Lagash e Antonio Cremonesi e Moleskine: sono musicisti, hanno inventato dieci canzoni ispirate a dieci romanzi di Calvino. La prima sarà “Le città invisibili”, una riscrittura in forma di canzone pop de “Le città invisibili”. E così, man mano, per ogni serata.
D. – Come si svolgeranno le serate?
R. – Le serate si apriranno tutte con questa "pillola" di Calvino. Dopo questo omaggio a Calvino, inizia la serata secondo uno schema molto tradizionale del Festival. A volte, ci sono attori che introducono gli scrittori, a volte no, e ci sarà sempre musica live. Abbiamo dato notizia solo della presenza di Michale Nyman, nella prima serata, perché ci sembrava particolarmente importante segnalarla. Gli elementi che compongono le serate sono questi.
D. – Ogni sera, ci saranno sul palco almeno due autori: come sono stati scelti gli abbianamenti?
R. – Gli abbinamenti sono anche un po’ a contrasto e spiritosi. Per esempio, sfruttando un po’ il tema del "semplice-complesso", vi saranno ad esempio Karen Swan e Franca Valeri, o Sophie Kinsella e Luisa Muraro che declinano davvero aspetti molto diversi dell’identità femminile. L’altra cosa che forse è da ricordare è che nella serata del 14 giugno, insieme a Vanessa Diffenbauch e a Jeannette Winterson, ci saranno i cinque finalisti del Premio Strega 2012, come ormai da tradizione, da qualche anno.
D. – La seconda giornata del Festival sarà dedicata alla poesia, ed è anche un omaggio ad autori passati…
R. – Torno sempre al tema “semplice-complesso”, perché poi io da lì mi muovo e costruisco le serate. Se si pensa alla complessità del pensiero e a come i poeti la declinano nella semplicità del verso, la poesia quest’anno ci voleva. Con la morte di Pagliarani, tutto sommato, è finita un’intera generazione di poeti, e allora mi piaceva segnare questo passaggio di secolo. Ho chiesto a dieci poeti italiani di leggere un poeta scomparso negli ultimi dieci anni e poi propri versi. Ci sarà anche in quella serata un poeta americano, che si chiama Robert Hass, poeta residente alla “American Accademy” di Roma, che scriverà anche lui versi inediti sul tema.
D. – Sul tema “semplice-complesso”, quest’anno ci sarà anche un concorso letterario rivolto agli spettatori...
R. – Uno dei punti di forza del Festival è sempre stato il pubblico: quest’anno, alla boa dei dieci anni, ho detto: ‘Facciamo una cosa che coinvolga direttamente il nostro pubblico’. Potranno partecipare tutti, con 1.800 parole. Basta consultare il sito www.festivaldelelletterature.it, si cerca il concorso e saranno votati i testi on-line. Accogliamo al concorso i primi cento testi, poi li rimettiamo in rete e i primi cinque saranno premiati e coinvolti un po’ nell’ultima serata del Festival.
Nei cinema "Il primo uomo", film di Gianni Amelio ispirato al romanzo postumo di Camus
◊ Nelle sale italiane da oggi, e in quelle francesi dal prossimo ottobre, l'ultimo film di Gianni Amelio ispirato al romanzo postumo di Albert Camus in cui si narra del suo ritorno in Algeria sull'orlo della guerra: seguendo il passato dello scrittore francese il regista italiano cerca di ripercorrere anche il proprio, con illuminata profondità e bella prova d'autore. Il servizio di Luca Pellegrini:
Il primo uomo, l'uomo puro, l'uomo della pace e della tolleranza, nasce da quel germe in Algeria e risponde al nome di l'alter ego di Albert Camus. Il film di Gianni Amelio è, infatti, un film purissimo nell'intenzione, denso nei misurati dialoghi in cui ogni parola ha il suo senso cinematografico, poggiati e recitati nello scorrere delle immagini oscillanti tra l'età adulta di Jacques e la sua infanzia - 1924 e 1957 gli anni - con l'incontro di vari personaggi familiari e ricordi del passato, in una porzione di terra, l'Algeria, inondata dalla luce del sole e irrorata dal sangue della guerra civile, in cui sono messi alla prova Camus e le sue idee di libertà e di identità.
Più che il pensiero dello scrittore francese e il contenuto del suo incompiuto, omonimo romanzo, pubblicato nel 1994, Gianni Amelio è rimasto colpito dalle affinità dell'esistenza: "Sono stato scelto per il mio passato - dice - E' probabile ci sia coincidenza tra le due vite, ad iniziare da un'infanzia povera. Ma non bastano le coincidenze: diciamo che in un certo senso è stato incoraggiante fare un film autobiografico seguendo l'autobiografia di un altro, un altro come". Una confessione che contraddistingue l'anima e la sensibilità di Amelio regista e ancor più di Amelio uomo, il "primo" dei registi italiani. E così è: "Il primo uomo" non è un film sulla guerra d'Algeria, ma - come afferma il regista - "su qualsiasi tipo di guerra che può dividere le etnie" e, aggiungiamo, sull'ideale della convivenza, che si trasforma con troppa, meccanica, orribile frequenza in guerra, morte, tortura, sangue. Bravissimi gli interpreti, cenni di musica scritti da Franco Piersanti, un film che dovrebbe cogliere l’attenzione di quel pubblico motivato nel cercare e amare un autore e le sue idee.
Sudan: il vescovo di Khartoum invoca la pace
◊ Bisogna riprendere subito a trattare perché le conseguenze di un nuovo conflitto su larga scala sarebbero disastrose: lo dice all'agenzia Misna mons. Daniel Adwok, vescovo ausiliare di Khartoum, mentre lungo la frontiera comune continuano gli scontri tra gli eserciti dei due Sudan. “Se Juba e Khartoum non tornano a negoziare – sottolinea mons. Adwok – sarà impossibile rimuovere le cause del conflitto; i governi non hanno fiducia l’uno dell’altro e per questo serve l’aiuto della comunità internazionale”. Il vescovo parla con la Misna dopo che, tra mercoledì e ieri, il presidente sudanese Omar Hassan al Bashir ha detto di voler rovesciare il governo di Juba e definito “insetti” gli ex ribelli al potere nello Stato del Sud divenuto indipendente nel luglio scorso. Il ritorno a una retorica bellicista si è accompagnato a nuovi scontri lungo la frontiera, una linea che corre per 1800 chilometri attorno ai pozzi di petrolio, il tesoro che infiamma il conflitto. Secondo un portavoce militare di Juba, negli ultimi due giorni l’esercito del Sud ha respinto due offensive condotte dalle Forze armate di Khartoum al di qua del confine naturale costituito dal fiume Bahr El Ghazal. Mons. Adwok è preoccupato per le notizie che giungono dal fronte, per la retorica usata nei comizi e perché ricorda le sofferenze di un passato recente. “Si torna a parlare di guerra – dice il vescovo – sette anni dopo la fine del conflitto civile: è terribile”. (R.P.)
Mali: dai vescovi apprezzamento per la transizione. Grave la situazione umanitaria
◊ “La situazione umanitaria nel nord del Mali peggiora di giorno in giorno. Cibo e medicine sono sempre più rari, perché i depositi di generi alimentari, gli ospedali e i centri sanitari sono stati saccheggiati dai ribelli” dice all’agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario della Conferenza episcopale del Mali. “Si cerca di istituire dei corridoi umanitari, ma in mancanza di un accordo con i movimenti ribelli, per il momento non se ne è fatto ancora niente. La popolazione del nord del Mali continua a fuggire nei Paesi vicini oppure nel sud del Paese”. “La Chiesa cattolica ha offerto una sua struttura per accogliere i rifugiati che arrivano a Bamako e collabora con la comunità protestante per aiutare i 250 profughi cristiani protestanti giunti nella capitale. In particolare l’arcivescovo di Bamako, mons. Jean Zerbo, attraverso la Caritas ha offerto riso ed altri generi di prima necessità. In altre aree i profughi sono ancora più numerosi. Ma è difficile portare aiuto a tutti perché manca un coordinamento delle iniziative a livello statale” sottolinea don Dembele. Sul piano politico, i militari golpisti hanno rilasciato le 22 personalità del passato governo arrestate nei giorni scorsi, mentre il deposto Presidente, Amadou Toumani Touré, insieme alla famiglia, si è rifugiato in Senegal. Il nuovo Premier, Diarra, ha avviato i colloqui per formare il governo di transizione. In un comunicato pubblicato al termine della Sessione ordinaria della Conferenza Episcopale, i Vescovi del Mali esprimono apprezzamento per l’avvio della fase di transizione per “far tornare la democrazia, restaurare lo Stato e ristabilire la Costituzione al fine di preservare il nostro Paese dal caos”. Nel documento, inviato all’agenzia Fides, i Vescovi ringraziano i mediatori della Cedeao per i loro sforzi che hanno permesso di arrivare ad un compromesso per far uscire il Mali dalla crisi istituzionale provocata dal golpe del 22 marzo e assicurano le loro preghiere al Presidente ad interim, Dioncounda Traoré, e al Primo Ministro, Cheick Modibo Diarra. Ricordando che “dal 17 gennaio il Mali vede occupate tre regioni del nord da parte di alcuni gruppi armati” i Presuli ricordano i soldati e i civili uccisi e lanciano un appello all’unità nazionale. “Invitiamo la classe politica e la società civile a mettere l’interesse del Paese al di sopra di tutto. Si tratta di salvare il Mali e non di salvare gli interessi di un partito o di un gruppo”. (R.P.)
Bahrain: il governo aumenta le misure di sicurezza in vista del Gran Premio
◊ Il governo del Bahrain aumenta le misure di sicurezza in vista del Gran Premio di Formula 1 del 22 aprile. Oggi dovrebbero iniziare le prove libere ma la Fia (Federazione Automobilistica Internazionale) non si è ancora espressa. Da ieri, polizia ed esercito stanno bloccando la popolazione nei villaggi per impedire l’adesione alle proteste e in questi giorni ha arrestato 95 manifestanti. Nella capitale è vietato qualsiasi assembramento di persone. Le autorità hanno anche negato il visto di ingresso a giornalisti e fotografi stranieri. I cameraman già arrivati nel Regno sono stati obbligati ad apporre sulle telecamere un adesivo fluorescente che li renda riconoscibili da lontano e saranno tenuti sotto stretta sorveglianza, per evitare che vengano filmate eventuali proteste nei pressi del circuito. I leader dell’opposizione sciita annunciano manifestazioni per i prossimi tre giorni e vogliono utilizzare la gara automobilistica per attirare l’attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani compiute dal regime sunnita. Essi chiedono la liberazione dei 14 attivisti arrestati durante le proteste del 2011 e denunciano l’uccisione di oltre 70 persone in un anno di manifestazioni. Per prudenza la Fia ha chiesto ai piloti di restare negli alberghi. Ieri infatti una bomba molotov ha colpito un’ auto con a bordo alcuni meccanici del team Force India, rimasti bloccati da una manifestazione nel centro di Manama. Il Bahrain, come ricorda l’agenzia AsiaNews, è un Paese a maggioranza sciita, ma governato da una famiglia reale sunnita alleata dell’Arabia Saudita. Da oltre un anno la popolazione chiede riforme costituzionali e l’allontanamento del premier, lo sceicco Khalifah ibn Salman al-Khalifah, al potere dal 1971. Nel marzo 2011 l’opposizione sciita ha organizzato una sollevazione popolare, sull’onda della “Primavera araba”. Per reprimere le contestazioni il governo ha chiesto aiuto all’alleato saudita, che è intervenuto inviando le forze speciali autorizzate a sparare sui dimostranti. Negli scontri sono morte 24 persone, tra cui 4 poliziotti. Il clima di tensione aveva costretto la Fia ad annullare la gara, che porta nelle casse dello Stato dai 400 ai 500 milioni di dollari americani. (C.S.)
Nel mondo mortalità infantile in calo: ogni anno muoiono 4 milioni bambini in meno
◊ Nonostante i dati allarmanti che giungono ogni giorno sulle condizioni di vita precarie di tanti bambini in tutto il mondo, sembra che gli ultimi 20 anni siano stati fondamentali per il loro miglioramento. Le malattie, la fame e la mancanza di risorse, come denuncia l'agenzia Fides, sono alcuni dei fattori che minacciano la sopravvivenza della maggior parte della popolazione mondiale e in particolare, di quella infantile più vulnerabili. Tuttavia uno studio recentemente effettuato dall’Overseas Development Institute di Londra stima che ogni anno muoiono in meno nel mondo quattro milioni di bambini sotto i 5 anni, rispetto al 1990. I progetti di scolarizzazione, le campagne di vaccinazione e quelle sanitarie portate avanti in diverse zone povere hanno dato buoni risultati. Si sono registrati 56 milioni di bambini in più iscritti nelle scuole e altri 68 paesi con il 90% di copertura per i vaccini per le principali malattie infantili. Nonostante questi enormi miglioramenti c’è ancora tanto da fare. Il tasso di mortalità infantile continua ad essere elevato: 7,6 milioni di piccoli con meno di 5 anni di età sono morti nel 2010, restano conflitti e disuguaglianze e, i tagli previsti agli aiuti per lo sviluppo mettono a rischio gli studi per Aids e malnutrizione. (C.S.)
Francia: i vescovi invitano a non disertare le urne per le presidenziali
◊ Un invito a non disertare le urne. A lanciarlo oggi è il portavoce della Conferenza episcopale francese, mons. Bernard Podvin, in una dichiarazione scritta dal titolo “Il peso di una voce” dedicata alle elezioni presidenziali 2012 il cui primo turno si svolge domenica prossima. “Una voce - afferma mons. Podvin - sembra pesare poco sul divenire di una società. Eppure la tua scelta non deve mancare alla ricerca del bene comune”. Il portavoce dell’episcopato francese dà voce allo sconforto percepito dai cittadini in questo periodo di dibattito pre-elettorale: “Il livello della campagna è certamente deludente. Ma, non aggiungere a questo la tua astensione. Non sprechiamo questa libertà duramente conquistata dai nostri avi nella storia! Voce umile ma dignitosa. Voce che non fa alcuna concessione al relativismo etico. Voce che rifiuta che si possa disporre liberamente della vita nascente e/o della sua fine. Voce che si oppone alla stigmatizzazione dell’altro. Voce che non è rifiuto ma progetto. Voce che trae la sua coerenza dalla coscienza. Voce che protegge la coesione sociale. Voce attenta alle implicazioni globali. ‘Sono come un uccello che canta in un cespuglio di spine’, diceva il beato Giovanni XXIII. Più spine ci saranno negli eventi del mondo - conclude mons. Povdin - e più la tua voce sarà importante!”. (R.P.)
Usa: i vescovi chiedono alla Clinton la fine dell'embargo a Cuba
◊ "Gli Stati Uniti dovrebbero stabilire piene relazioni diplomatiche e cancellare tutte le restrizioni a Cuba per promuovere la causa dei diritti umani e della libertà religiosa". E’ l’appello contenuto nella lettera che i vescovi cattolici statunitensi hanno inviato al Segretario di Stato Hillary Clinton. Nella lettera, firmata da mons. Richard E. Pates, vescovo di Des Moines e presidente del Comitato dei vescovi statunitensi per la giustizia internazionale e la pace, si ribadisce che l’eliminazione di tutte le restrizioni sui viaggi verso Cuba e le relazioni diplomatiche, aiuterebbero “i nostri vicini cubani, che vivono a sole 90 miglia di distanza, a raggiungere una maggiore libertà, diritti umani e libertà religiosa, oltre ad essere un partner commerciale da cui potrebbe trarre beneficio il commercio americano”. Il vescovo - riferisce l'agenzia Sir - cita il recente viaggio di Benedetto XVI a Cuba e ricorda che "le organizzazioni caritative, comprese quelle cattoliche, forniscono servizi essenziali” ai cubani “più emarginati e impoveriti". Mons. Pates sottolinea che le persone che lavorano in queste strutture e numerosi esponenti della Chiesa cubana hanno più volte fatto notare che "l‘efficacia del loro lavoro viene ostacolata dall‘impossibilità di ottenere prodotti commerciali degli Stati Uniti a causa dell‘embargo". (R.P.)
Usa: Chiesa chiede a Obama di firmare il Trattato per la messa al bando delle mine antiuomo
◊ I vescovi statunitensi aderiscono all’appello di 76 Organizzazioni non governative che chiedono al presidente Obama l’adesione degli Stati Uniti al Trattato per la messa al bando delle mine antipersona. Il Trattato, la cui stesura risale al 1997, è stato finora firmato da 161 Paesi, compresa l’Unione Europea, l’Afghanistan e l’Iraq. Gli Stati Uniti - riporta l'agenzia Sir - sono uno dei 37 Paesi a non averlo ancora ratificato. Nella lettera, firmata da mons. Richard E.Pates, vescovo di Des Moines (Iowa) e presidente del Comitato per la giustizia internazionale e la pace della Conferenza episcopale Usa, si ricorda l’importanza di una “decisione umanitaria cruciale che non può essere ancora procrastinata”. I vescovi chiedono di porre il Trattato all’esame del Senato “entro quest’anno” e di approvarlo entro “l’anno prossimo”. Finora l’amministrazione Usa ha ricevuto lettere a sostegno del Trattato per la messa al bando delle mine da 68 senatori, 16 Premi nobel, alleati Nato, ufficiali militari in pensione, leader di Ong, vittime americane delle mine. Tra i firmatari della lettera anche le Chiese luterane evangeliche americane, la Chiesa metodista unita, la Chiesa presbiteriana, Human rights watch, la Società islamica del Nord America, Jesuit refugee service/Usa e Pax Christi/Usa. (R.P.)
Pakistan: ordinazione del primo sacerdote del Beluchistan
◊ Nella cappella della San Joseph Convent School del vicariato apostolico di Quetta, avamposto cristiano nella provincia pakistana del Beluchistan, uno storico evento sarà celebrato domani, 21 aprile: la prima ordinazione di un sacerdote cattolico in Beluchistan. Si tratta - riferisce l'agenzia Fides - del diacono Gulshan Barkat, degli Oblati di Maria Immacolata (Omi), che ha completato la sua formazione, dopo aver studiato anche a Roma. Gulshan Barkat sarà ordinato dal vicario apostolico di Quetta, mons. Victor Gnanapragasam, che guida il vicariato, affidato agli Oblati di Maria Immacolata. I missionari Oblati – attualmente 10 a Quetta, oltre 30 in tutto il Pakistan – avviarono una missione a Quetta nel 1982 e, dopo trent’anni, la comunità cattolica locale è fiorente con scuole, attività pastorali, catechesi nei villaggi, contando oltre 50mila fedeli cattolici, ai quali si aggiungono altri 50mila cristiani di altre denominazioni. Il dono del primo sacerdote ordinato in Beluchistan, nota a Fides il diacono Gulshan, “ha un alto valore simbolico: intende dare una testimonianza cristiana e promuovere vocazioni sacerdotali e alla vita religiosa in questa provincia”, agitata da violenza settaria e da una antica ribellione delle popolazioni locali contro il governo. Alla gioia per questa ordinazione, a Quetta si accavallano sentimenti di lutto, paura e costernazione per l'uccisione martedì scorso di un cristiano, Hyrak Maseeh, che è stato ucciso a colpi di arma da fuoco da uomini non identificati, mentre percorreva la Samungly Road. La sua famiglia è in profondo lutto, mentre sono ignote le ragioni dell’assassinio e sono in corso indagini della polizia. Secondo fonti della Chiesa locale, “è molto probabile che l’episodio sia dovuto a una aggressione di estremisti islamici”. (R.P.)
India: arrestati due cristiani in Kahsmir che distribuivano opuscoli
◊ La polizia dello Stato indiano di “Jammu e Kashmir” ha arrestato una coppia di cristiani nel comune di Bandipora con l'accusa di “promuovere l’odio”, mentre essi stavano solo distribuendo opuscoli sulla fede cristiana. Secondo quanto appreso dall’agenzia Fides, la coppia di fedeli, venuta da Delhi, stava distribuendo volantini nel mercato di Bandipora, insieme con una ragazza del luogo, quando la gente ha protestato e ha chiamato la polizia. Gli agenti hanno sequestrato i volantini, hanno arrestato e interrogato i due, i quali hanno dichiarato di non avere commesso nulla di illegale. La polizia ha comunque registrato una denuncia in base all’art. 153a del Codice penale (“promuovere inimicizia tra i gruppi per motivi di religione, razza, nascita, residenza”). Il reato prevede la reclusione fino a tre anni e, se la materia è la religione, la punizione può estendersi a cinque anni. Secondo gli attivisti cristiani del “Global Council of Indian Christians”, “la denuncia è ingiusta e incostituzionale” e i cristiani “vanno immediatamente rilasciati”. L'arresto dei due arriva sei mesi dopo il caso del rev. C.M. Khanna, Pastore cristiano arrestato a Srinagar nel novembre dello scorso anno. Un tribunale islamico aveva emesso una condanna e un ordine di espulsione a suo carico per “conversioni forzate”. Nel febbraio scorso l’Alta Corte dello Stato di Jammu e Kashmir ha annullato le accuse, stabilendo il suo diritto a soggiornare in India. (R.P.)
Andhra Pradesh, radicali indù usano la legge per perseguitare i cristiani
◊ “Anche senza leggi anticonversione, in Andhra Pradesh gli ultranazionalisti indù hanno uno strumento legale per perseguitare e attaccare i cristiani”: così Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), definisce un’ordinanza statale del 2007 (Worship or Prayer Prohibition Ordinance) che proibisce la diffusione di altre religioni o preghiere in particolari luoghi di culto. Proprio in base a tale disposizione, da due giorni un gruppo di attivisti indù del Rashtriya Sawayamsevak Sangh (Rss) chiede l’arresto del pastore pentecostale Ahron, accusato di aver tentato di convertire al cristianesimo nel tempio indù della città di Dharmapuri, solo perché trovato in possesso di alcuni calendari in prossimità di un tempio indù. Sempre in base a questi provvedimenti, il 2 aprile scorso una Corte locale ha condannato 11 cristiani del villaggio di Kyatamballi, con l’accusa di conversioni forzate risalente al 2007. Per due di loro la pena è di 20 mesi di prigione e il pagamento di 5mila rupie (circa 73 euro) Agli altri nove aspetta un solo anno di carcere, e una multa di 2mila rupie (circa 30 euro) a testa. (C.S.)
Bolivia. Il cardinale Terrazas: nei conflitti sociali prevalgano la via pacifica e il dialogo
◊ "La Chiesa è chiamata a dare voce ai poveri che chiedono giustizia, ad alzare la sua voce dove non si rispettano i diritti umani. Dove le persone vengono perseguitate per le loro idee, dobbiamo farci sempre presenti, per ricordare che qualsiasi cosa si pretenda raggiungere lo si deve fare nella prospettiva del rispetto della dignità umana". Con quest'esortazione, ieri, l'arcivescovo di Santa Cruz e Presidente dell'Episcopato boliviano, cardinale Julio Terrazas, ha aperto i lavori della 93.ma Assemblea plenaria episcopale che concluderà martedì prossimo con una dichiarazione. Con evidente riferimento a numerosi conflitti sociali che preoccupano il Paese - lavoratori della salute, professori, popoli autoctoni, commercianti - il cardinale Terrazas ha rilevato: "Di fronte ai conflitti e scontri dobbiamo ribadire che l'unico modo di risolvere i problemi passa attraverso l'uso di mezzi pacifici e del dialogo sincero e rispettoso guardando e difendendo sempre il bene comune" (...) Perciò chiedo a tutti, ha aggiunto il porporato, "con affetto e rispetto", che nel caso di richieste, rivendicazioni e proteste "non si faccia ricorso ad azioni" che ostacolano "la ricerca di soluzioni umane" mettendo a "repentaglio la propria vita o quella di altre persone". L'arcivescovo di Santa Cruz anticipando temi centrali dell'agenda episcopale ha parlato anche sul diaconato permanente e sul V Congresso Nazionale Eucaristico del 2014 così come sulla presenza della Chiesa nei mezzi di comunicazione sociale. (A cura di Luis Badilla)
Colombia: la Croce Rossa denuncia gravi problemi umanitari nelle "zone dimenticate"
◊ Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr) in Colombia ha presentato a Bogotà e in altre nove città colombiane in cui opera, il suo rapporto annuale contenente gravi segnalazioni sui crescenti problemi umanitari che affliggono la popolazione civile. Problemi come lo spostamento forzato, le minacce, la violenza sessuale, le violazioni contro il lavoro dei medici e i danni ai beni delle comunità, sono inseriti nel contesto del conflitto armato interno che la Colombia vive da quasi 50 anni. Come indicato nel comunicato Cicr inviato all'agenzia Fides dall’Adital, il rapporto è anche un modo di ricordare a tutte le parti coinvolte nel conflitto, che devono rispettare ed applicare rigorosamente le normative umanitarie. I problemi umanitari sono più comuni nelle cosiddette "zone dimenticate". In questi luoghi la popolazione soffre le conseguenze dei combattimenti (ultimamente in aumento) e delle operazioni militari. Inoltre in queste zone mancano i servizi di base come l'acqua, l'istruzione pubblica, l'assistenza sanitaria e i trasporti. Il Cicr ha rilevato che le regioni dove la popolazione è maggiormente colpita dal conflitto sono: Cauca, Narino, Choco, Antioquia, Cordoba, Putumayo, Caquetá, Meta, Guaviare e Norte de Santander. A Medellin, Tumaco e Buenaventura, il rapporto segnala che la popolazione deve affrontare non solo le conseguenze del conflitto interno, ma anche altre forme di violenza organizzata. Il rapporto rileva casi di irrorazione aerea delle colture illecite. Pratica che però ha colpito anche le piantagioni legali delle comunità che vivono nelle zone di conflitto, e che ha reso ancora più difficile trovare cibo e sostentamento, oltre a incidere sulla salute della popolazione. Nel 2011 il rapporto ha catalogato più di 760 violazioni del diritto internazionale umanitario: il governo ha compiuto degli sforzi per cambiare questa realtà, ma questi sono ancora insufficienti. Per dimostrare che queste regioni fanno parte "dell'altra Colombia", "la Colombia dimenticata", Jordi Raich, capo della delegazione del Cicr, cita i dati che dimostrano la disparità nella crescita economica del Paese. Sulla base delle cifre fornite dalla Commissione Economica per l'America Latina e i Caraibi (Cepal), Raich ha sottolineato che la Colombia è il secondo Paese con la peggiore distribuzione del reddito. Allo stesso tempo, nel 2011, la crescita economica del Paese è stata superiore al 5%, uno dei più alti in America Latina. (R.P.)
Messico: la Chiesa denuncia la grave crisi umanitaria legata all'emigrazione
◊ "Il Paese vive oggi la peggiore crisi umanitaria della storia riguardo all’emigrazione": con queste parole ha aperto il suo intervento mons. Raúl Vera, vescovo di Saltillo, al Forum intitolato "Bilancio Legislativo in materia di Diritti Umani e Migrazione, Esiti e Sfide" organizzato dal Senato messicano. A questo incontro - riferisce l'agenzia Fides - hanno partecipato legislatori, rappresentanti degli organismi che difendono i diritti umani, gruppi sociali e religiosi. Secondo l'intervento di Mauricio Farah, specialista messicano sulla migrazione, negli ultimi 4 anni sono stati 80 mila gli emigranti sequestrati e uccisi dai gruppi criminali. "Essere emigrante è sinonimo di ‘preda’, non solo per i criminali, ma a volte anche per le autorità che ne abusano o che sono legate alla criminalità" ha detto nel suo intervento. "Dai 134 emigranti messicani morti nel 2004, siamo passati a più di 400 migranti assassinati all'anno" ha sottolineato Farah. Il vescovo di Saltillo, diocesi che si trova a sud-est, mons. Raul Vera, ha detto nel suo intervento che "ogni sei mesi il crimine organizzato guadagna almeno 25 milioni di dollari come prodotto dell’ estorsione ai messicani e agli stranieri che cercano di attraversare il confine con gli Stati Uniti". In alcune dichiarazioni alla stampa locale, mons. Vera ha ribadito la gravità di questa crisi umanitaria riguardante l’emigrazione, e parlando sui candidati alle prossime elezioni politiche nel paese ha detto: “i candidati presidenziali per le elezioni del primo luglio, non prendono in considerazione la situazione, l'orrore e la sofferenza di quello che è diventato il Messico per i migranti. Questa situazione è grave per l'indifferenza totale e per la mancanza di volontà politica di risolvere questo grave problema". Poi ha aggiunto: "nessun candidato parla del problema, non appare nei loro programmi, non si vede in nessuna agenda politica. Noi tutti sappiamo bene ciò che accade sui treni dei migranti: li derubano, li sequestrano, arrivano perfino ad ucciderli, ma nessuno parla. Perfino le nostre Case dei Migranti sono minacciate dal crimine organizzato, dobbiamo denunciare questa situazione". (R.P.)
Paraguay: appello dei vescovi per il rafforzamento delle istituzioni della Repubblica
◊ Nel contesto della dura controversia che oppone il Senato del Paraguay alla Corte Suprema di Giustizia, l'episcopato paraguaiano, "senza voler entrare nel merito della questione" sulla quale ritiene "di non aver competenze", lancia un appello per chiedere "un tavolo per il dialogo istituzionale" tra i poteri in conflitto. Fra le due istituzioni, dal 12 aprile scorso, si trascina una forte polemica dopo che il Senato ha dichiarato "vacanti" le cariche della Corte Suprema; risoluzione subito rifiutata dai giudici e considerata incostituzionale e abusiva. E' nata così una controversia costituzionale molto delicata che si è aggravata in queste ore con la minaccia del Senato di portare il caso davanti alla Corte dell'Organizzazione degli Stati Americani (Osa). Nel contesto di una così insidiosa situazione i vescovi "esortano le autorità e i rappresentanti di tutti i poteri dello Stato, il Consiglio della Magistratura, così come i leader politici" affinché la questione sia discussa "a un tavolo per il dialogo che abbia come principio e orizzonte la Carta Costituzionale e le leggi nella prospettiva del rafforzamento dello Stato di diritto e delle istituzioni della Repubblica. Poiché il conflitto - prosegue il comunicato episcopale - coinvolge precisamente le istituzioni che devono interpretare la Costituzione e coloro che devono rispettarla ed esigere la sua rigorosa applicazione, occorre un dialogo trasparente per trovare le soluzioni rispettose del diritto". I presuli del Paraguay, oltre a ricordare che sia il Senato sia la Corte Suprema sono spesso oggetti di critica da parte della cittadinanza che ritiene che potrebbero migliorare la loro azione evitando, per esempio la corruzione, sottolineano che si tratta di istituzioni preposte e stabilite per servire il bene comune; lo stesso bene che oggi "occorre favorire lasciando da parte posizioni settoriali e particolari". L'episcopato chiede a tutti, in un momento così delicato, di tener presente che "il dialogo esige volontà, maturità, equilibrio, rispetto e rinunce reciproche". E' ciò che si attendono i cittadini, ribadiscono i vescovi che per rinforzare la loro dichiarazione citano un passaggio del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa: "Per assicurare il bene comune, il governo di ogni Paese ha il compito specifico di armonizzare con giustizia i diversi interessi settoriali. Non va dimenticato, inoltre, che nello Stato democratico, in cui le decisioni sono solitamente assunte a maggioranza dai rappresentanti della volontà popolare, coloro ai quali compete la responsabilità di governo sono tenuti ad interpretare il bene comune del loro Paese non soltanto secondo gli orientamenti della maggioranza, ma nella prospettiva del bene effettivo di tutti i membri della comunità civile, compresi quelli in posizione di minoranza". (L.B.)
Cina: a Pasqua amministrati più di 22 mila battesimi nella comunità cattolica
◊ La cifra esatta è 22.104 nuovi battezzati in Cina nel solo giorno di Pasqua. E’ quanto emerge dalle statistiche che il Centro Studi di Faith dell’He Bei ha potuto raccogliere fino al 19 aprile, inviate poi all’agenzia Fides. Nonostante questo risultato, “la comunità è pienamente consapevole della necessità di un ulteriore impegno di evangelizzazione” come ribadisce il responsabile del Centro. “E’ vero - ha aggiunto - che ci sono delle diocesi che non concentrano tutti i battesimi a Pasqua, secondo il ciclo di catechismo o altre solennità della Chiesa ma non si può non considerare che più di 22 mila battesimi a Pasqua, in una comunità cattolica come la nostra, cinese, che conta oltre 6 milioni di fedeli, rappresentano solo lo 0.33%”. Invece nella diocesi di Hong Kong, che conta 360 mila fedeli, ci sono stati 3.500 battesimi sempre nel giorno di Pasqua, equivalenti allo 0.97%. “Per questo - conclude – è sempre più necessario impegnarsi nel diffondere il Vangelo”. Un dato significativo è che dei 22.104 battezzati di Pasqua, appartenenti a 101 diocesi continentali, il 75% sono adulti. Nella provincia dell’He Bei, considerata la roccaforte del cattolicesimo cinese, ci sono stati 4.410 neo battezzati, 615 in più dell’anno scorso e per tre quarti adulti. Alcune diocesi non celebrano comunque tutti i battesimi solo a Pasqua, come Shang Hai. Nel 2012 a Shang Hai ci sono stati 379 battesimi a Pasqua, ma alla fine dell’anno la cifra complessiva dei battesimi potrebbe superare i 1.500. Inoltre, secondo suor Li Guo Shuang, del Centro Studi, “ci sono ancora delle diocesi o delle comunità che a causa delle difficoltà di comunicazione, non sono riuscite ad inviare i loro dati”. (C.S.)
Turchia: la quarta udienza del processo per l'omicidio di mons. Padovese
◊ “Ho visto Murat con un coltello completamente sporco di sangue in mano urlare ed invocare Allah”: è un passaggio di una testimonianza resa mercoledì nel corso del processo per l’omicidio di mons. Luigi Padovese, avvenuto il 3 giugno del 2010 a Iskenderun. Sul banco degli imputati l’autista del vescovo, Murat Altun. A riferirlo all'agenzia Sir è John Farhad, uno dei collaboratori più stretti di mons. Padovese, presente all’udienza, la quarta dall’inizio del processo, citando le parole di una testimone, la vicina di casa del vescovo ucciso. “I testimoni ascoltati sono stati nove, tra cui alcuni operai che lavoravano nelle vicinanze ed una vicina di casa richiamati dalle invocazioni di Allah” ha dichiarato Farhad lui stesso chiamato a testimoniare nella passata udienza di febbraio. “Ancora una volta - ha aggiunto il collaboratore di mons. Padovese - il giudice ha rigettato le richieste dei legali di Altun di far analizzare i medicinali assunti dallo stesso Altun sofferente di esaurimento nervoso, e che, a parere degli stessi, potrebbero aver scatenato in lui effetti negativi e di approfondire i motivi della bontà del vescovo nei confronti del suo autista. Lo scopo è sempre quello di gettare fango sulla figura di mons. Padovese” avvalorando la pista passionale come movente dell’omicidio. “Dopo circa un’ora e mezza la seduta è terminata ed il giudice ha aggiornato il processo al 6 giugno quando gli avvocati potrebbero tenere la loro arringa prima della sentenza prevista, forse, per settembre”. La prima udienza del processo, risale al 5 ottobre, e si concluse dopo 15 minuti con il rinvio al 30 novembre. In questa seconda udienza, che durò solo 4 minuti, l’avvocato difensore aveva chiesto il trasferimento del suo assistito presso l’ospedale ad Adana per motivi di salute, richiesta respinta dal giudice. Il 22 febbraio si è tenuta la terza udienza, durata poco meno di 4 ore, nella quale sono stati ascoltati diversi testimoni. (R.P.)
Kiev: meeting del Consiglio panucraino di Chiese e organizzazioni religiose
◊ I leader delle Chiese ucraine hanno espresso soddisfazione per i recenti incontri avuti con il presidente Viktor Yanukovych e la vicepresidente Raisa Bohatyriova. Secondo loro, tuttavia, è indispensabile che questo dialogo sia continuo e accompagnato da una collaborazione sistematica tra le denominazioni religiose e le autorità, così da poter risolvere gli urgenti problemi della società. È questo il messaggio della sessione del Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose (Auccro) tenutasi il 18 aprile a Kiev. I leader e i rappresentanti autorizzati delle denominazioni - riporta l'agenzia Sir - hanno discusso la situazione riguardante i cambiamenti della Legge ucraina sulla “Libertà di culto e le organizzazioni religiose” nel contesto del rispetto degli obblighi dell’Ucraina nei confronti del Consiglio d’Europa. Hanno riaffermato che ritengono inopportuno cambiare la Legge che, come riferisce l’Istituto per la libertà religiosa, sta garantendo per il momento la pace interreligiosa. Auccro ha anche inviato una lettera al presidente ucraino e al presidente dell’Amministrazione statale della città di Kiev per protestare contro l’intenzione dei rappresentanti della comunità Lgbt di organizzare la marcia “KyivPride2012” per promuovere l’omosessualità a maggio. Il programma prevede anche la discussione dell’agenda relativa alla prossima visita della delegazione Auccro in Canada e Usa, in programma per la fine di aprile. (R.P.)
Il Centro russo di scienza e cultura ospita la mostra dell’artista Oleg Supereco
◊ Sarà inaugurata oggi la mostra dell’artista moscovita Oleg Supereco, presso il Centro russo di scienza e cultura della Capitale fino al 27 aprile. Pittore e monumentalista, classe ’74, laureatosi all’Accademia di belle arti di Mosca prima e a quella di Venezia poi, Supereco è in Italia ormai da diversi anni ed è stato una figura centrale nella decorazione della ricostruita cupola della cattedrale di Noto, perla del barocco siciliano, dopo il crollo avvenuto nel marzo del 1996. È conosciuto per aver recuperato la tecnica dell’affresco, caduta in disuso negli ultimi secoli. Amante fin da bambino dell’arte classica, spinto da una profonda passione per le icone sacre, per le sue opere si ispira ad un realismo classico, solenne; ha all’attivo numerose esposizioni personali e collettive, sia in Italia che in Russia. L’inaugurazione della mostra, ideata e realizzata dal Centro russo di scienza e cultura, in collaborazione con il Consolato generale della Federazione russa a Palermo, sarà preceduta dal concerto lirico “Dal Barocco italiano al Romanticismo russo”. (G.M.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 111