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Sommario del 19/04/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Sette anni con Benedetto XVI, Papa della gioia
  • Auguri dal mondo al Papa. Obama: Benedetto XVI unisce i popoli nella pace
  • Disponibile il widget di www.vatican.va
  • Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede rivolta alle Superiore Maggiori degli Stati Uniti
  • Il cardinale Antonelli: l'Europa aiuti le famiglie, la denatalità mette a rischio il suo futuro
  • I vescovi del Medio Oriente rilanciano il Vangelo della pace. Interviste con mons. Celli e padre Spadaro
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'Onu: “Damasco rispetta la tregua”. Nuove vittime per i bombardamenti
  • India: lanciato missile balistico intercontinentale
  • Aperta in Brasile la plenaria dei vescovi: la riflessione del cardinale Damasceno Assis
  • 22 aprile, Festa della Terra: dalla musica una marcia in più per tutelare l'ambiente
  • Tessera dei giornalisti "ad honorem" a padre Gamba, missionario in Malawi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Mali: i Missionari salesiani lanciano un appello per la situazione nel Paese
  • Costa d'Avorio: il nunzio incontra la Commissione per la verità e la riconciliazione
  • Tunisia: il presidente condanna fenomeni di intolleranza religiosa contro i cristiani
  • Vietnam: l'arcivescovo di Hanoi chiede un'inchiesta sull'aggressione a padre Van Binh
  • Messico: i vescovi incontrano i 4 candidati alle presidenziali del primo luglio
  • Colombia: i vescovi sulla depenalizzazione del consumo di droga
  • Uruguay: Messaggio dei vescovi per la Giornata dei lavoratori del primo maggio
  • India: Congresso missionario della Conferenza dei religiosi sull'evangelizzazione
  • Filippine: iniziativa della Chiesa contro il progetto di legge sulla salute riproduttiva
  • Inghilterra: plauso della Caritas per la legge sugli abusi domestici
  • Terra Santa: a Betlemme, un ospedale pediatrico intitolato a Benedetto XVI
  • Università Cattolica: Messaggio dei vescovi per l'88.ma Giornata nazionale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Sette anni con Benedetto XVI, Papa della gioia

    ◊   La Chiesa celebra oggi con gratitudine al Signore il settimo anniversario dell'elezione di Joseph Ratzinger alla Cattedra di Pietro. Nel servizio di Alessandro Gisotti, un vescovo, una suora missionaria, il leader di un movimento laicale e ancora il direttore di un giornale, una giovane cattolica e uno scienziato agnostico raccontano cosa hanno dato loro questi sette anni di Pontificato di Benedetto XVI:

    “Un umile lavoratore nella Vigna del Signore”: il 19 aprile del 2005, Benedetto XVI si presentava così al mondo. Sette anni nei quali, il pastore “mite e fermo” della Chiesa universale ha guidato con mano sicura e cuore generoso la Barca di Pietro. Mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, sottolinea la dimensione luminosa del Magistero di Benedetto XVI:

    R. - E’ un Pontificato al tempo stesso drammatico e luminoso. E’ un Pontificato drammatico per i tempi in cui esso viene a svolgersi. Siamo nella stagione seguente quello scontro delle civiltà che ad alcuni sembrava inevitabile e addirittura unica via di un progresso futuro; uno scontro nel quale il Papa si è situato con estrema lucidità, con parole chiare, quelle del rifiuto di ogni violenza esercitata in nome di Dio. Ma la drammaticità è non solo quella dei grandi contesti, quanto anche la crisi generale che attraversa il villaggio globale, in particolare l’Occidente; una crisi che il Papa sente in prima persona e che ha espresso in maniera molto lucida, specialmente nella costituzione di un Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione. Proprio in questo contesto drammatico si situa la luminosità del messaggio di Papa Benedetto XVI. Egli non cede alla tentazione della rinuncia o del pessimismo, anzi, più che mai si dimostra tenace nel proporre il sì di Dio in Gesù Cristo, nel testimoniare orizzonti di senso e di speranza e di ritenere il cristianesimo la via possibile di salvezza nella crisi attuale. Questo lo vediamo nella insistenza sui grandi temi del cristianesimo, innanzitutto il tema della fede, che è quello dell’autentico rinnovamento che questo Papa sta chiedendo alla Chiesa.

    D. – Rinnovamento nella fede, sottolineava, l’Anno della fede è vicino… Quale augurio si sente di fare a Benedetto XVI per il suo Pontificato?

    R. – Che questo suo straordinario sforzo di testimoniare la bellezza di Dio e la luce della fede a un mondo più che mai bisognoso di essa, questo rilancio della centralità della fede nella vita nell’identità e nella missione della Chiesa, trovino amplissima risposta nei cuori e che il Signore dia alla sua azione, al tempo stesso coraggiosa e umile, una grande fecondità che sia anche di consolazione per il suo cuore di padre e di pastore. (bf)

    Come il suo amato predecessore, anche Benedetto XVI ha puntato molto sul ruolo dei movimenti laicali nel rinnovato sforzo della nuova evangelizzazione. Un tema forte di questi sette anni, su cui si sofferma il presidente in Italia di “Rinnovamento nello Spirito”, Salvatore Martinez, che ricorda i suoi primi incontri con il Papa:

    R. – Vorrei evidenziare qui due ricordi. Il primo, a dieci mesi dalla sua elezione: la mia udienza privata con lui, quando ho subito percepito il tratto del pastore buono, di un uomo profondamente interiorizzato, nobile non soltanto nell’incedere, nel tratto, ma direi soprattutto nei pensieri; poi, la storica Pentecoste con i movimenti. Certamente, Benedetto XVI ha convalidato, confermato, rilanciato il grande tema della coessenzialità dei carismi, con il principio gerarchico petrino. E’ un Pontefice che invita i laici a dare ancora credito alla speranza, al Vangelo della speranza. Sta sottolineando, in ogni modo, il bisogno che questa nuova evangelizzazione abbia nei movimenti, nei laici, una espressione compiuta. Infine, al Pontefice dobbiamo dire grazie per come ci insegna ogni giorno a difendere e a diffondere la fede!

    D. – Testimone della fede, testimone della gioia: quale augurio si sente di fare a Papa Benedetto per il prosieguo del suo ministero petrino?

    R. – Che continui a tenere la mano sul timone di questa barca. Se anche il mare è periglioso e non mancano le tempeste, la mano è sicura. Noi siamo con lui; la gente lo sente sempre più vicino, vede ogni giorno di più il coraggio di un uomo. E, seppure evidentemente invecchia e faccia fatica come ogni anziano, la gente vede, coglie in lui, il desiderio che questa Chiesa sia guidata, che questa Chiesa sia condotta verso l’approdo che è Cristo: ogni giorno un Gesù nuovo, ogni giorno un Cristo vivo. Il Papa ha ricordato all’inizio del Pontificato che è parte di una Chiesa giovane, perché Cristo è vivo. Cristo lo rende giovane, Cristo gli regala questa giovinezza spirituale, Cristo lo fa amare dalla gente. Allora, lunga vita al Papa! Che continui davvero a guidare la Chiesa con l’amore e la passione che ci sta testimoniando. (ap)

    E il Papa, in questi anni, ha levato incessantemente la sua voce in difesa della dignità dell’uomo, sfigurata dalla violenza, dall’egoismo, dalla miseria. Benedetto XVI ha dato così voce a chi non ha voce. E’ quanto sottolinea suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, responsabile dell’ufficio “Tratta donne e minori” dell’Usmi:

    R. – Questi anni di Pontificato a noi hanno dato moltissimo, perché abbiamo trovato in Benedetto XVI un padre, un padre che sa ascoltare, che sa cogliere le urgenze, le emergenze dell’oggi, soprattutto le emergenze dell’immigrazione, dello sfruttamento della persona. Abbiamo trovato un pastore in lui e troviamo nei suoi insegnamenti veramente l’aiuto e la forza per continuare a lottare, perché ogni persona possa vivere da persona umana con la propria dignità, così come è stata voluta e creata dal Creatore. Quindi, per noi è un grande esempio: la sua dedizione, le sue catechesi sempre così puntuali, così attuali. Oggi abbiamo più che mai bisogno di avere delle guide, di avere dei testimoni.

    D. – Come religiosa, come missionaria, come cristiana, qual è l’augurio che vuole rivolgere a Benedetto XVI?

    R. – Prima che la Libia andasse in guerra, ho avuto l’occasione di andare a Tripoli e ho visitato le prigioni dove queste persone, rimandate dall’Italia, si trovavano in prigione. Quando hanno saputo che venivo dall’Italia, che venivo da Roma, in coro hanno gridato: “Vai a trovare il Papa e dì al Papa che gli vogliamo bene”! Ecco, io voglio fare ancora mio e nostro questo augurio: che tante persone, soprattutto le persone più sfortunate, più svantaggiate, sentano e trovino nel Santo Padre questa guida, che veramente sentano di voler bene al Papa, e così anche noi. Questo è il nostro augurio, e l’augurio di tante suore, di tante donne che noi abbiamo aiutato, di poter dire al Santo Padre: “Grazie per la sua presenza, per il suo insegnamento”. E sia così anche per noi, come queste persone, che hanno gridato: “Dì al Papa che gli vogliamo bene”. (ap)

    Colonia, Sydney, Madrid: le città delle tre Gmg di Benedetto XVI, mentre già si guarda all’appuntamento di Rio de Janeiro del prossimo anno. Un rapporto speciale quello del Papa con i giovani, come già era avvenuto nel Pontificato del Beato Karol Wojtyla. Lisa Moni Bidin, responsabile nazionale di Azione Cattolica per i giovani, si sofferma sui doni che ha ricevuto da Papa Benedetto in questi sette anni:

    R. – Le due cose che porto più nel cuore sono il primato dell’amore e il desiderio profondo di chiarezza e di verità: un amore che faccia crescere, che ci permetta di trovare quel di più della nostra vita per aspirare a mete grandi; e quel desiderio di chiarezza e verità da ricercare dentro ciascuno di noi, nelle nostre chiese, nelle nostre comunità, per essere sempre più testimonianza viva di Cristo Risorto, di una Chiesa viva, di una Chiesa della gioia.

    D. – Quale augurio per questo anniversario di Pontificato, guardando in particolare ai giovani?

    R. – Un augurio sicuramente dai giovani, in particolar modo i giovani dell’Azione Cattolica, che sono quelli che conosco meglio, un augurio di bene, di sostegno per il suo operare, anche nel nostro impegno di sostenerlo con la preghiera. (ap)

    Altro tema che sta fortemente caratterizzando il Pontificato di Benedetto XVI è la promozione di un fruttuoso dialogo tra fede e ragione. Un impegno particolarmente apprezzato dal genetista Angelo Vescovi, presidente del Comitato scientifico di “Neurothon”:

    R. - Ha dato una chiara direzione su come muoversi. Io parlo ovviamente per quanto riguarda il mio settore di competenza, che è quello delle malattie degenerative, delle terapie con le cellule staminali. Per quanto mi riguarda il grande valore che il Papa mi ha confermato è di rimanere sempre nell’alveo del rispetto della vita umana, quando si lavora per cercare di curare coloro che soffrono. Sicuramente i suoi insegnamenti funzionano molto da “luce guida”. Ho avuto poi anche il piacere e l’onore di vederlo da vicino e posso trasmettere una sensazione che mi ha veramente impressionato: guardandolo negli occhi, ho sentito un senso di serenità che ho visto in pochissimi uomini.

    D. - Lei ci dice: un Papa può aiutare anche un uomo di scienza…

    R. - Anzitutto uno scienziato è un uomo; è poi un uomo di scienza, ma è un uomo. Un Pontefice con la capacità di trasmettere dei valori non solo religiosi, ma morali e filosofici, non “può” aiutare, ma essenzialmente aiuta!

    D. - Quale augurio si sente di fare come uomo per l’appunto, prima ancora che come uomo di scienza?

    R. - Il mio augurio è che lui rimanga tra di noi per altri 100 anni! E che possa guidarci con quella serenità che gli ho visto negli occhi e che è una serenità di tipo trascendente. (mg)

    “Papa della parola” per antonomasia, Benedetto XVI con il suo Magistero rappresenta una sfida stimolante per gli operatori della comunicazione. La riflessione del direttore del quotidiano “Avvenire”, Marco Tarquinio:

    R. – In Joseph Ratzinger, divenuto Papa Benedetto XVI, quella che era la sua grande sapienza cristiana è diventata qualcosa di più e di diverso. Io lo considero un segno di contraddizione bellissimo nel mondo di oggi. Gli hanno costruito addosso dei cliché mediatici e lui li ha rovesciati: ad un mondo che ha rovesciato l’ordine dei valori, ha offerto lo scandalo di un rovesciamento dei cliché precostituiti sia sulla sua persona sia sulla predicazione della Chiesa. E questo lo ha fatto sulle questioni cruciali del nostro tempo.

    D. – Uno scandalo che interroga molto il mondo della comunicazione…

    R. – Questo è lo scandalo: per un mondo dell’informazione, che si nutre di certezze evanescenti, che fa titolo grazie alla levità infelice di casi di cronaca, di gossip, trasformati nel metro della nostra umanità, nella misura del successo, c’è qualcuno che dice, con una voce percepibile anche dai semplici, non solo dai dotti, che è un altro il modo, è un altro il centro, è un altro il fuoco vero intorno al quale si può accendere la speranza del mondo.

    D. – Quale augurio rivolge al Papa in questo giorno, in questo anniversario di ministero petrino?

    R. – Che l’Anno della fede, che sta per cominciare corrisponda a quella domanda che il Papa si poneva qualche settimana fa nell’incontro con la Chiesa di Roma: che cosa dirà il mondo della nostra fede? Di questo ci dobbiamo preoccupare. Quindi, l’augurio è che noi sappiamo dire come popolo di Dio, seguendo la luce che il Papa ci aiuta a vedere, che la nostra fede è significante ed è una forza buona, in un mondo che è pervaso da correnti obiettivamente negative. (ap)

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    Auguri dal mondo al Papa. Obama: Benedetto XVI unisce i popoli nella pace

    ◊   Molte sono le attestazioni di augurio e di stima che in queste ore stanno giungendo a Benedetto XVI dalle Chiese locali, dai Movimenti e dagli organismi ecclesiali. Numerosi anche i messaggi di autorità politiche internazionali, come quello indirizzato al Papa dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, a nome del presidente, Barack Obama. Nel messaggio si sottolinea il lavoro instancabile di Benedetto XVI nell’“unire popoli di fedi diverse” nel comune credo della “pace”. Ieri pomeriggio, era stato ricevuto in udienza privata in Vaticano il premier italiano, Mario Monti.

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    Disponibile il widget di www.vatican.va

    ◊   Da oggi, 19 Aprile, settimo anniversario dell’elezione di Benedetto XVI, sarà disponibile il widget di www.vatican.va; attraverso questa piccola applicazione, sarà possibile trasportare sul proprio sito, in maniera automatica e dinamica, alcuni dei principali contenuti presenti sul sito istituzionale www.vatican.va. Il Magistero pontificio si arricchisce così di un ulteriore strumento di comunicazione, per la diffusione dei contenuti del sito istituzionale, cogliendo ogni opportunità tecnologica per diffondere la parola del Papa. In particolare, il widget permetterà di esportare le principali novità, gli Angelus della Domenica, le Udienze, il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede. Nell’area “Focus” della homepage di www.vatican.va viene riportata la mail alla quale chiedere il codice da inserire nella Homepage del proprio sito per visualizzare in esso il “widget vatican.va”.

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    Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede rivolta alle Superiore Maggiori degli Stati Uniti

    ◊   Rinnovare per offrire un più solido fondamento dottrinale: questo l’obiettivo sotteso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella Valutazione dottrinale delle attività della Leadership Conference of Women Religious. Il documento è stato al centro ieri di un incontro tra i superiori del dicastero vaticano e le rappresentanti della Conferenza di Superiore di Ordini religiosi presenti negli Stati Uniti. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Rafforzare una ecclesiologia di comunione” è l’intento principale della Valutazione, condotta fin dal 2008 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nei confronti della Conferenza di Superiore Maggiori negli Stati Uniti, spiega in una nota il cardinale William Levada, prefetto del dicastero vaticano. Il documento, pubblicato ieri, ha lo “scopo – sottolinea il porporato – di incoraggiare un rinnovamento paziente e collaborativo di questa Conferenza”, “per dotare le sue molteplici e lodevoli iniziative ed attività di un più solido fondamento dottrinale”. E l’incontro svoltosi in Vaticano è stato “il primo passo – osserva il cardinale Levada - per attuare i risultati della valutazione”, offrendo “la possibilità di esaminare il documento in uno spirito di rispetto reciproco e collaborazione, nella speranza di evitare ogni eventuale incomprensione degli intenti e degli scopi del testo.”

    La Valutazione – chiarisce un comunicato del dicastero – “riguarda l’Associazione delle Superiore Maggiori e non si occupa della fede e della vita delle religiose negli Istituti membri di tale Associazione”. Sono però emersi “problemi dottrinari seri che toccano molti nella Vita consacrata”. Nella Valutazione si riferisce di posizioni non accettabili manifestate nelle Assemblee annuali dell’Associazione e di posizioni di dissenso – ad esempio in tema di ordinazione delle donne e di approccio pastorale all’omosessualità - o di affermazione di femminismo radicale incompatibili con l’insegnamento cattolico.

    Ricorda il dicastero che “le Associazioni di Superiori maggiori sono espressione della collaborazione tra la Santa Sede, i Superiori generali e le Conferenze episcopali a sostegno della Vita consacrata”. Da qui la necessità di prevedere per l’Associazione “un solido radicamento dottrinale nella fede della Chiesa”. A tal fine la Santa Sede ha nominato mons. Peter Sartain, arcivescovo di Seattle “Delegato per l’esame, la guida e l’approvazione, se necessario, del lavoro dell’Associazione (LCWR)”, lavorando insieme alle sue rappresentanti “per realizzare gli obiettivi delineati nella Valutazione.” Il delegato riferirà poi alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che informerà e consulterà gli altri due dicasteri interessati quello per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e quello per i Vescovi. “La Santa Sede – conclude il cardinale prefetto Levada – spera in questo modo di offrire un contributo di rilievo per il futuro della vita religiosa negli Stati Uniti”.

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    Il cardinale Antonelli: l'Europa aiuti le famiglie, la denatalità mette a rischio il suo futuro

    ◊   “Dalla crisi economica alla speranza affidabile”. Si intitola così l’incontro organizzato per oggi da Fondazione Milano Famiglie 2012 e Gruppo 24 Ore, in preparazione al settimo Incontro mondiale delle famiglie del prossimo giugno. Interviene il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che da tempo sta intensificando la sua riflessione sulla situazione delle famiglie in questa epoca di difficoltà e ristrettezze. Le parole del porporato al microfono di Alessandro Guarasci:

    R. – La famiglia, come sistema di relazioni uomo-donna, genitori-figli, non va confusa con altre forme di convivenza, che nascono invece da un’altra logica: dalla convergenza di interessi individuali più o meno precari, più o meno prolungati. Dio vuole che gli uomini, che sono creati a sua immagine, siano singoli, ma in comunione tra di loro, come le persone divine. E questo lo si vede, a cominciare appunto dalla famiglia: la famiglia è la prima immagine della Trinità.

    D. – Lei vede attualmente un quadro legislativo sfavorevole oppure è fiducioso?

    R. – Il quadro legislativo è rischioso, perché appunto ci sono delle lobby potenti che operano a livello internazionale e anche ovviamente a livello nazionale in Italia, per diffondere una cultura, un diritto dell’individuo, una logica del tutto individuale. Basti vedere a livello europeo cosa succede. Ultimamente, ci sono dei segnali di ripensamento positivi. Per esempio, uno dei punti su cui si sta riflettendo è la denatalità, che mette a rischio fortemente il futuro economico, sociale, culturale dei popoli europei. E a partire da questo punto si comincia a riflettere su che cosa si può fare per ricostruire l’ambiente migliore, perché ci possa essere il ricambio generazionale. Questo porta già ad alcune considerazioni, che favoriscono la maternità, favoriscono la famiglia, l’educazione dei figli. Confondere la famiglia con altre forme di rapporti e di convivenze è un’ingiustizia. (ap)

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    I vescovi del Medio Oriente rilanciano il Vangelo della pace. Interviste con mons. Celli e padre Spadaro

    ◊   Si conclude domani ad Harissa, in Libano, un Seminario sul tema della Comunicazione in Medio Oriente come strumento di evangelizzazione, di dialogo e di pace. All’evento, organizzato dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, partecipano vescovi e operatori della comunicazione della regione mediorientale. Il nostro inviato Robert Attarian ha intervistato il presidente del dicastero promotore, mons. Claudio Maria Celli:

    R. – Mi sembra importante che la Chiesa e i suoi pastori, i sacerdoti e i laici qui presenti, s’interroghino su quale deve essere la comunicazione della Chiesa. Qual è lo scopo della comunicazione della Chiesa? Come la Chiesa è coinvolta nella comunicazione all’uomo di oggi? E’ innegabile che qui emergono immediatamente varie risposte alla domanda di come prestare attenzione all’uomo di oggi, ai suoi problemi, alle sue sofferenze, alla sua ricerca, alla sua ricerca di verità. La Chiesa è accanto all’uomo di oggi, alla donna di oggi in questo loro cammino - alle volte difficile, ma sempre vero e bello anche – di ricerca del vero, del buono. Credo che questa sia una delle grandi sfide per la Chiesa in questi grandi e storici territori. Lei pensi cosa significa per noi venire in queste terre che si aprono dal Mediterraneo fino alla Mesopotamia; in queste terre che hanno visto il grande annuncio, la vita dei patriarchi della nostra fede, così come hanno visto la vita di Gesù in mezzo a noi, la vita dei primi discepoli di Gesù, i primi movimenti di annuncio missionario, quando i primi discepoli di Gesù dovevano affrontare la cultura dell’epoca, le varie culture dell’epoca.

    D. – Quali le sfide che deve affrontare la Chiesa nel suo annunciare il Vangelo?

    R. - Io credo che oggi la Chiesa debba affrontare nuove sfide e proprio nel contesto della comunicazione c’è la sfida posta dalla cultura digitale, una cultura che si impone a noi: non sono più solamente strumenti di comunicazione, perché le moderne tecnologie creano un ambiente di vita e in questo ambiente di vita si crea, ha origine una nuova cultura. La grande sfida per la Chiesa oggi - e anche per le Chiese particolari del Medio Oriente - è proprio quella di vedere come riuscire a stabilire un dialogo con questa cultura; vedere se riesce la Chiesa di oggi ad avere un linguaggio che l’uomo di oggi può comprendere, perché questo annuncio del Vangelo, questa difesa profonda della verità sull’uomo – così come ci dice Papa Benedetto XVI – deve veramente inserirsi e deve scendere nel cuore dell’uomo e della donna di oggi. Questa è la nostra grande sfida!

    D. – Quali risultati possono emergere da questo seminario?

    R. - Direi che uno dei primi risultati potrebbe proprio essere questo: vedere come queste Chiese, ricche di grandi tradizioni … e lei pensi che difficoltà hanno avuto queste Chiese, queste Chiese patriarcali - sono storie non solamente belle per quello che hanno avuto, ma storie anche di grandi sofferenze… - lei pensi cosa vuol dire ancora oggi la parola “pace”, che alla fin fine è il grande saluto pasquale, il grande dono pasquale di Gesù Risorto: “La pace sia con voi”. Questa parola pace risuona ed è percepita da queste popolazioni con intima sofferenza e questo perché intere generazioni non sanno cosa vuol dire “pace”. Ecco allora perché, ancora una volta, risuona la voce di Papa Benedetto, quando terminando il Sinodo della Chiese del Medio Oriente, diceva che la pace è possibile e che non possiamo rassegnarci a una mancanza di pace. Il tema scelto proprio per questo seminario vuole proprio approfondire l’annuncio del Vangelo, che è dialogo, che è pace. Credo che tutte le varie comunità debbano sentirsi coinvolte nell’annuncio del Vangelo, nell’istaurare un clima di dialogo rispettoso con gli altri, ma debbano essere – allo stesso tempo – costruttrici di pace.(mg)

    E’ intervenuto al seminario di Harissa anche padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei Gesuiti “Civiltà Cattolica”. Robert Attarian lo ha intervistato sul rapporto tra tecnologia e fede:

    R. – La tecnologia è l’espressione della libertà dell’uomo: non è solo espressione della sua volontà di potenza sulla realtà, ma è anche la capacità dell’uomo – appunto – di relazionarsi in maniera libera nei confronti del mondo e di costruire il proprio futuro. Evidentemente questo ha a che fare con la vita spirituale dell’uomo perché semmai si può agire male o agire per il male: paradossalmente è proprio questa la prova del fatto che la tecnologia ha una capacità spirituale, diventando cioè il luogo di espressione della libertà e dello spirito dell’uomo.

    D. – Una sua affermazione ha suscitato un po’ di scalpore: la rete – lei ha detto - non è un mezzo di evangelizzazione…

    R. – Sì, la rete non è uno strumento, non è come un martello che si può utilizzare come un qualcosa di oggettivo, come appunto un oggetto; è, al contrario, un contesto, un contesto esperienziale, un ambiente di vita. Questo lo vediamo sempre di più: i giovani, soprattutto i cosiddetti “nativi digitali”, vivono la rete come un luogo dove esprimere la loro capacità di relazione, un luogo attraverso il quale conoscono il mondo, conoscono la realtà. Quindi la rete non è uno strumento, non può essere un mezzo neanche di evangelizzazione: semmai è un luogo di evangelizzazione. Per la Chiesa si tratta di incontrare gli uomini lì dove sono ed oggi gli uomini sono anche in rete e quindi la Chiesa è chiamata ad essere in rete.

    D. – Nel suo intervento ha parlato di tre punti critici…

    R. – Il primo punto critico consiste nella dimensione antropologica della ricerca di Dio: mi sono chiesto che cos’è la ricerca di Dio al tempo dei motori di ricerca? Come la rete, dato che la rete ha un impatto sul nostro modo di pensare e di conoscere, contribuisce a porsi la domanda di Dio, la domanda su Dio? Quindi se ci abilita o meno a cercare di Dio. Questo è il primo argomento. Il secondo riguarda le relazioni di comunione: oggi la rete è composta di networks, di communities e quindi di comunità, di connessione tra le persone. Qual è la relazione tra questa connessione e la comunione che la Chiesa è chiamata a vivere? Il terzo punto riguarda invece la questione dell’autorità: sappiamo infatti che in rete ci sono collegamenti che non sono strutturati in maniera gerarchica e tutte le relazioni sembrano svolgersi all’interno di relazionalità orizzontali, quindi non gerarchiche. In che modo allora l’autorità della Chiesa può essere intesa oggi, quando la sensibilità comune è avulsa da una gerarchia molto precisa? Nel mio intervento dicevo che la carta da giocare in questo tempo è quella della testimonianza, perché è vero che la rete si fonda su collegamenti orizzontali, ma è anche vero che i contenuti passano attraverso le relazioni e questo lo vediamo con i social network, con Facebook: qualcosa viene comunicato, un contenuto è comunicato solo se scambiato attraverso relazioni di amicizia. E questo la Chiesa lo definisce da sempre testimonianza. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un articolo dal titolo “Fraternità e fantasia di un uomo mite”: il cardinale segretario di Stato per l’anniversario del pontificato; da Benedetto XVI il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Monti.

    Nell’informazione internazionale, Pierluigi Natalia e Gabriele Nicolò rispettivamente sulle crisi in Mali e in Afghanistan.

    E il vescovo Karol interrogò in versi la Veronica: in cultura, anticipazione della meditazione che il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, tiene nel pomeriggio nella basilica di San Floriano a Cracovia, in occasione del pellegrinaggio dei giovani sacerdoti di Milano in Polonia, sulle orme di Giovanni Paolo II.

    L’inno di lode di Mendelssohn: intervista di Renate Herklotz a Riccardo Chailly, direttore d’orchestra che - il 30 aprile nell’Aula Paolo VI - dirigerà il concerto del Gewandhaus di Lipsia per l’ottantacinquesimo compleanno di Benedetto XVI, e un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Un tonico per lo spirito”.

    Il Generale che puntava sulla qualità: cinquecento anni fa nasceva Digo Lainez, cofondatore della Compagnia di Gesù.

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    Oggi in Primo Piano



    L'Onu: “Damasco rispetta la tregua”. Nuove vittime per i bombardamenti

    ◊   La Siria non sta rispettando la tregua. E’ questo l’allarme lanciato direttamente dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon e che riassume la posizione della comunità internazionale ad eccezione di Russia e Cina. Nonostante il varo del piano di pace promosso dall’inviato delle Nazioni e della Lega Araba, Kofi Annan, nel Paese si continua a morire: nelle ultime 24 ore quasi 50 le vittime a cause delle operazioni militari di Damasco. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Le forze fedeli al presidente al Assad proseguono indiscriminatamente anche stamani i bombardamenti nella regione di Homs. Secondo i comitati locali di coordinamento dell’opposizione, Damasco viola la tregua anche con arresti arbitrari. La preoccupazione internazionale cresce e Ban Ki-moon, oltre a denunciare l’atteggiamento del governo siriano esprime comunque l'auspicio che ci possano essere progressi nella crisi e propone di allargare la missione di monitoraggio dell'Onu, chiedendo al Consiglio di Sicurezza l’autorizzazione per l’invio di un team di 300 osservatori del cessate-il-fuoco per un periodo iniziale di tre mesi. La Siria, dunque, sempre più isolata sul fronte internazionale e, secondo il presidente francese Sarkozy, che chiede l’apertura di corridoi umanitari, presto anche l’appoggio di Russia e Cina a Damasco verrà a mancare.

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    India: lanciato missile balistico intercontinentale

    ◊   L’India ha sperimentato oggi il lancio di un missile balistico intercontinentale Agni-V, capace di raggiungere obiettivi a oltre 5 mila chilometri di distanza. Il test, avvenuto al largo dello Stato dell’Orissa, è riuscito. Una volta messo a punto definitivamente il razzo, costato oltre 480 milioni di dollari, l’India si affiancherà ai Paesi che dispongono di missili balistici intercontinentali strategici, cioè Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia ed Israele. Per il primo ministro, Manmohan Singh, il lancio "rappresenta una pietra miliare per la difesa indiana e per esplorare nuove frontiere scientifiche''. La Cina, invece, attraverso il quotidiano governativo "Global Times" ha sottolineato che Pechino dispone di un arsenale nucleare ''più potente e affidabile'' di quello del vicino. Ma quali caratteristiche ha il missile balistico sperimentato da New Delhi? Risponde Giorgio Alba, ricercatore indipendente per il disarmo e la non proliferazione nucleare, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - La caratteristica di questo missile è il raggio, la capacità di trasportare circa una tonnellata di peso ad una distanza di 5 mila chilometri. Una capacità, cioè, sufficiente per il trasporto di una testata nucleare. La funzione è quella di colpire bersagli a distanza entro 20-30 minuti dal lancio. Questi missili possono essere alimentati con combustibile liquido - ma con tempi di preparazione molto lunghi, come nel caso dei lanci della Corea del Nord - o possono avere combustibile solido, come nel caso dell’India, e quindi possono essere preparati ed attivati in brevissimo tempo.

    D. - Pare di capire che il raggio d’azione del missile testato copra l’Asia, compresa la Cina, la Russia, e parte dell’Europa orientale. New Delhi ha dispute territoriali con la Cina e col Pakistan. Ci sono rischi?

    R. - Sì, ci sono rischi. Non ci dimentichiamo che il Trattato di non proliferazione - che è l’accordo internazionale per limitare la diffusione delle armi nucleari e per la loro completa abolizione - è entrato in vigore proprio nella prospettiva di porre un limite alla diffusione delle armi atomiche e dei loro sistemi - i missili, appunto - per essere lanciate. L’India in particolare, quando nel 1962 ci fu la crisi dei missili di Cuba tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, ebbe un conflitto armato alle proprie frontiere e tuttora non c’è un accordo; il negoziato col Pakistan è congelato anche per la questione del Tibet. Questo per ciò che concerne il missile. Dal punto di vista dei rischi nucleari, il missile è irrilevante per quanto riguarda il conflitto tra India e Pakistan, in quanto in quelle zone il rischio è piuttosto connesso alle armi nucleari tattiche che hanno tempi di arrivo al bersaglio di pochi minuti, quindi non c’è un preavviso e non c’è la possibilità di errore. Questo invece è presente nei missili intercontinentali, in quanto i sistemi radar degli Stati Uniti potrebbero eventualmente individuare il lancio. Un altro elemento importante è che questo missile è un aspetto di un processo di sviluppo: l’India non si fermerà a 5 mila chilometri, ma cercherà di sviluppare un raggio di azione per i propri missili capace di colpire gli Stati Uniti. L’India inoltre non è uno Stato che ha siglato il Trattato di non proliferazione, come non ha neanche firmato il Trattato che regola le tecnologie missilistiche. In entrambi i casi, però, l’India è vincolata a rispettare lo spirito di queste intese ed è vincolata ad attenersi - secondo il diritto internazionale - a quelle che sono le indicazioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Non dimentichiamo che recentemente la Corea del Nord ha tentato il lancio di un missile analogo ed è stata duramente criticata. Infatti, il Consiglio di sicurezza dell’Onu per la Corea del Nord ha dichiarato che tale lancio andava a mettere a rischio la sicurezza internazionale. Per New Delhi, invece, non c’è e non ci sarà un intervento del Consiglio di sicurezza, perché ovviamente l’India ha tanto da dare in cambio agli altri Paesi. Dal punto di vista internazionale, l’India vuole un seggio permanente al Consiglio di sicurezza e questo è un ulteriore messaggio per dire: “Siamo pronti”. E gli altri cinque Paesi dotati di armi nucleari con missili balistici intercontinentali sono i cinque membri permanenti dello stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Cina e Russia. (bi)

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    Aperta in Brasile la plenaria dei vescovi: la riflessione del cardinale Damasceno Assis

    ◊   Oltre 330 vescovi della più grande Conferenza episcopale del mondo, quella brasiliana, hanno iniziato ieri ad Aparecida la loro 50.ma Assemblea plenaria, che si protrarrà fino al 26 aprile. Un appuntamento dal carattere fortemente celebrativo, come spiega al microfono del nostro inviato, Silvonei Protz, il presidente dei vescovi del Brasile, il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescvovo di Aparecida:

    R. – E’ un’assemblea speciale perché celebriamo il 60.mo anniversario della creazione della nostra Conferenza. Inoltre, in comunione con la Chiesa universale, celebriamo anche il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II, che è certamente il più grande evento della Chiesa del 20.mo secolo. E saremo uniti al Santo Padre nella celebrazione dell’Anno della Fede, che si aprirà a Roma il prossimo ottobre. Sarà, quindi, un’assemblea commemorativa.

    D. – Cosa possiamo dire di questi lavori e dei temi che i vescovi – più di 335 - affronteranno nei prossimi dieci giorni?

    R. – Il tema centrale di quest’assemblea è fondamentale per la pastorale "La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". Abbiamo studiato ed affrontato questo argomento già due anni fa, ed ora viene riproposto in quest’assemblea per una sua conclusione, con un documento ufficiale ispirato all’Esortazione post-sinodale Verbum Domini. Speriamo che questo documento faciliterà la diffusione della Parola di Dio, come pure lo studio e l’amore nei confronti di questa Parola nella vita dei nostri fedeli.

    D. – Il Brasile accoglierà i giovani di tutto il mondo, il prossimo anno, a Rio de Janeiro...

    R. – Siamo nella fase preparatoria. L’icona e la Croce sono in pellegrinaggio per tutto il Brasile. Adesso si trovano nello Stato del Maranhao, nel nordest, e secondo la testimonianza dei vescovi l’accoglienza della Croce e dell’icona della Vergine è straordinaria in tutte le diocesi brasiliane. In questa assemblea, dedicheremo anche una parte alla verifica della preparazione, a quale sia il suo stato attuale, e vedremo quanta strada dovremo ancora percorrere per preparare la Gmg, che speriamo produca molti frutti per i giovani - non soltanto brasiliani, ma anche dell’America Latina e di tutto il mondo - che verranno a Rio. (vv)

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    22 aprile, Festa della Terra: dalla musica una marcia in più per tutelare l'ambiente

    ◊   Ogni anno nel mondo sono 500 milioni che il 22 aprile celebrano l’Earth Day, la Festa della Terra. Un modo per ribadire che non c’è un altro pianeta e dunque quello su cui viviamo va salvaguardato. In Italia, l’edizione 2012, presentata oggi, sarà celebrata a Napoli con un gran concerto e con una serie d’iniziative su tutto il territorio nazionale. Alessandro Guarasci:

    La coscienza ecologista cresce anche grazie a iniziative come l’Earth Day. A Napoli un grande concerto, visibile pure su internet, vedrà la partecipazione della cantante Anguun. Anguun ha deciso di sostenere la Fao come ambasciatrice di buona volontà, perché rispetto dell’ambiente e sviluppo sono connessi. Rosalaura Romeo, del Dipartimento forestale della Fao:

    “La relazione tra foreste, fame e povertà è una relazione molto stretta, perché le foreste forniscono non solo legname, ma cibo – come selvaggina, frutta, funghi e così via – e forniscono anche una fonte di reddito per le comunità che vivono nelle foreste, ai margini delle foreste, che raccolgono erbe medicinali e spezie. Credo che la consapevolezza del fatto che non ci sia un altro pianeta stia crescendo in tutti i Paesi del mondo, e questo ci dà molta speranza”.

    Sul palco anche Rezophonic, un progetto musicale che devolve il ricavato dei dischi ad Amref per la costruzione di pozzi in Tanzania e Kenya. Ma anche in Italia ci sarà spazio per piccoli e grandi gesti. Da domenica e fino al 21 giugno gli scout dell’associazione Cngei aiuteranno a tenere puliti i parchi. Davide Pecorella del direttivo nazionale:

    “Gli scout hanno la cura dell’ambiente tra le proprie parole d’ordine. Ci sembrava opportuno, e del resto inevitabile, partecipare all’iniziativa di Earth Day Italia”.

    Ed ancora, con soli 25 euro si potrà adottare a distanza un animale del bioparco di Roma. L’obiettivo è anche avvicinare sempre più i giovani al tema della tutela del Creato.

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    Tessera dei giornalisti "ad honorem" a padre Gamba, missionario in Malawi

    ◊   Ha ricevuto ieri la tessera ad honorem dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano bergamasco, da 38 anni in Malawi. Qui ha creato un gruppo editoriale, la “Monfort Media”, che comprende giornali e riviste in lingua locale e in inglese, oltre a una emittente televisiva. Nell’intervista di Gina Maradei, padre Gamba parla di “grande responsabilità” riferendosi al suo impegno in favore della libertà di informazione, in un Paese in cui fa fatica a emergere una coscienza civile:

    R. – È stata una scoperta anche per noi la forza dei mezzi di comunicazione sociali. Mettere in comunicazione e in comunione lo spirito del dialogo e della partecipazione africana con i mezzi di comunicazione sociali diventa la sfida di questi anni. La capanna più umile e più persa nella foresta ha spesso un cellulare. I media riescono a cambiare la realtà sociale. In questo senso, non sarebbe un’"invasione" dell’Africa, ma un dare forza alla partecipazione africana.

    D. – Mi racconta com’è nato il gruppo editoriale “Montfort Media” e soprattutto a chi si rivolge? In Malawi il tasso di analfabetismo è elevato…

    R. – È cresciuto passo a passo. Dall’esperienza della dittatura, da questo desiderio comunque di una libertà che potesse crescere, lentamente ha preso forma ciò che è diventata ora la “Montfort Media”, che è arrivata ad avere una tipografia con quaranta persone che vi lavorano, dei giornalisti, fino alla produzione, fino alla stampa a colori. Dal foglio stampato con il ciclostile, a un giornale in lingua locale, a delle riviste che vengono stampate in inglese proprio per raggiungere chi, nella società, fa le scelte più importanti. Poi, la nostra ultima produzione: abbiamo una televisione che raggiunge oltre la metà del Paese e tenta di espandersi all’intero Paese, un Paese dove l’analfabetismo è ancora molto alto, si cerca di raggiungere ognuno con i vari mezzi.

    D. – Immagino ci sia ancora tanto da fare…

    R. – Con tanto entusiasmo. Ci rendiamo veramente conto che siamo in Africa per imparare, per ascoltare. L’Africa ha qualcosa da insegnarci, perché sta vivendo l’esperienza di aver ricevuto una democrazia che non è africana. Perché l’Africa parla di violenza, perché l’Africa parla di colpi di Stato? Perché questa democrazia che abbiamo esportato con la pretesa di imporla, deve diventare “africana”, deve diventare un prodotto locale, deve assumere non solo la parvenza, i colori, ma proprio l’anima locale. Allora si potrà parlare di una vera democrazia. Ciò che l’Africa sta vivendo, può essere una vera lezione anche per le democrazie stanche, per chi si sente quasi di dire: “Basta!Non ne possiamo più... Adesso poi con le tasse…”. Abbiamo tanta ricchezza da apprendere, da imparare, come vivere insieme, come il valore della comunità sia il valore primo. Prendere in positivo questo approccio, questa apertura grande alla comunità, al vissuto comune, è un messaggio valido. La primavera africana può diventare anche la primavera per l’Europa, per l’Occidente, per tutto il mondo.

    D. – Dunque, vi aspettate cambiamenti in termini positivi dopo l’elezione della nuova presidente. Lei ha parlato di democrazia, di apertura: c’è un’aspettativa in questo senso?

    R. – Un’aspettativa grandissima. “Siamo ritornati nel mondo”, dice la gente del Malawi. Eravamo esiliati, e il presidente di prima ci ha portato a essere chiusi in noi stessi. Attualmente, la speranza è nell'avere una donna che ha lavorato con i poveri, tanto che la chiamano “la madre dei poveri”, e che si è fatta voce di questa crescita del Paese dal basso. Adesso che si trova ad essere la presidente del Paese, le speranze sono proprio tante. (bi)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Mali: i Missionari salesiani lanciano un appello per la situazione nel Paese

    ◊   La Procura missionaria salesiana di Madrid ha lanciato un appello sulla situazione critica che il Mali sta vivendo in questi giorni per l’instabilità dovuta ai conflitti scoppiati nel nord del Paese nei primi giorni di aprile. All’incerta situazione socio-politica si affiancano la siccità e la mancanza di viveri e un preoccupante allarme per il reclutamento dei giovani. Una settimana fa i ribelli tuareg hanno proclamato l’indipendenza del nord del Mali. Il potere è però di fatto esercitato in vaste zone dal movimento islamico Ansar Dine, che controlla tutte le principali città della regione, fra cui Timbuctu. Secondo un bilancio realizzato dall’Afp sono ora 21 gli ostaggi sequestrati nella regione del Sahel. Le Ong, impegnate in progetti umanitari, hanno sospeso le loro attività. “Decine di camion con oltre 150 persone ciascuno giungono a Bamako ogni giorno. Sono centinaia le persone che provengono dal nord a causa del conflitto e della fame” riporta il comunicato della Procura di Madrid. I dati riportati dalle agenzie internazionali indicano che oltre 200.000 persone hanno abbandonato la propria casa. “Nel nord la situazione è critica. Si rende necessario un corridoio umanitario per assistere le persone” precisa il comunicato. Gli sfollati raccontano di atrocità che si stanno compiendo al nord: incendi di case, campi. A Bamako i salesiani hanno avviato le lezioni del centro professionale e la maggioranza degli allievi partecipa attivamente; solo qualcuno è assente a motivo della mancanza di mezzi di trasporto o per questioni economiche. È forte il senso patriottico tra la gente e i giovani che voglio riscattare il nord del Paese. L’esercito sta reclutando giovani per combattere e, dopo 15 giorni di addestramento, questi partono verso il nord del Mali. (L.Z.)

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    Costa d'Avorio: il nunzio incontra la Commissione per la verità e la riconciliazione

    ◊   Il nunzio apostolico in Costa d’Avorio mons. Ambrose Madtha ha ribadito il pieno sostegno della Chiesa al delicato processo di riconciliazione nazionale avviato nel Paese dopo l’insediamento, il 5 maggio dell’anno scorso, del nuovo Presidente Alassane Ouattara, uscito vincitore dalle contestate elezioni presidenziali del 28 novembre 2010. Lo ha fatto durante un colloquio, ad Abidjan, con il presidente della nuova Commissione per il dialogo la verità e la riconciliazione (Cdvr), Charles Konan Banny. Banny ha illustrato al presule i progressi compiuti dalla fine della crisi politica in cui era ripiombato il Paese in seguito al rifiuto del Capo dello Stato uscente Laurent Gbagbo di riconoscere la sconfitta e sfociata in sanguinosi scontri armati tra i sostenitori delle due fazioni. Durante il colloquio – ha riferito al termine dell’incontro il nunzio apostolico citato nel sito http://news.abidjan.net/ – è stata evidenziata l’importanza cruciale di un coinvolgimento “effettivo e totale” della popolazione civile nel processo di pace, coinvolgimento - è stato detto - che è indispensabile per arrivare a una pace duratura nel Paese. In questo senso, mons. Madtha ha voluto sottolineare anche il ruolo dei leader religiosi nel Paese, cristiani e musulmani, per sensibilizzare la popolazione ivoriana. L’impegno della Chiesa per l’unità e la concordia nella Costa d’Avorio è stato, tra l’altro, uno dei temi affrontati all’ultima Assemblea plenaria dei vescovi ivoriani, lo scorso gennaio, al termine della quale hanno i presuli hanno rivolto un appello al perdono, alla pace e alla riconciliazione. (L.Z.)

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    Tunisia: il presidente condanna fenomeni di intolleranza religiosa contro i cristiani

    ◊   Il Presidente della Tunisia Moncef Marzouki ha condannato, nei giorni scorsi, gli attacchi contro la Chiesa ortodossa russa della Resurrezione a Tunisi. La chiesa, ubicata nella centrale Avenue Mohammed V della capitale tunisina, è stata oggetto in questi mesi di ripetute aggressioni e minacce da parte di gruppi di integralisti islamici. L’ultima in ordine di tempo risale al 30 marzo scorso, quando un militante islamista ha coperto con dei sacchi della spazzatura le croci sulla facciata dell’edificio. Il responsabile è stato individuato e interrogato dalla polizia. Il sito internet tunisino “Business News” ha riportato altri attacchi vandalici anche contro il cimitero cristiano di Montplaisir, a Tunisi, dove diverse croci sono state divelte. Di fronte al ripetersi di questi episodi di intolleranza il presidente Marzouki ha deciso di intervenire personalmente con una visita alla Chiesa della Resurrezione in occasione della Pasqua ortodossa lo scorso week-end. Accompagnato dal Ministro della Giustizia Nouredine B’hiri Marzouki è stato ricevuto dall’ambasciatore russo in Tunisia. In un comunicato diffuso dall’agenzia di stampa tunisina Tap, il Capo dello Stato tunisino ha ribadito che la Tunisia condanna queste aggressioni definendole “atti isolati che non riflettono il modo di intendere i precetti dell’Islam del popolo tunisino che bandisce il cieco fanatismo”. Marzouki ha quindi assicurato ai fedeli ortodossi in Tunisia che la libera pratica dei loro riti religiosi sarà garantita. In questi mesi si sono moltiplicati nel Paese gli episodi di intolleranza religiosa ad opera di piccoli gruppi salafisti che vorrebbero trasformare la giovane democrazia tunisina in un regime islamico. Il nuovo governo di Tunisi guidato dal Partito islamico moderato Ennahda è stato messo sotto accusa in questi mesi dalla stampa locale per il suo immobilismo di fronte a questa escalation di violenze di marca fondamentalista. (L.Z.)

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    Vietnam: l'arcivescovo di Hanoi chiede un'inchiesta sull'aggressione a padre Van Binh

    ◊   La polizia conduca un'inchiesta sulla "aggressione brutale" subita da padre Nguyễn Văn Bình e sull'attacco alla casa che doveva divenire un orfanotrofio, per porre fine a queste "pratiche selvagge" e per rispettare la dignità umana. In questi termini l'arcivescovato di Hanoi si è rivolto in una lettera alle autorità all'indomani dei fatti accaduti il 14 aprile scorso nel distretto di Chương Mỹ, ad Hanoi. Padre Van Binh è parroco a Yên Kiên e ha acquistato un terreno di 500 metri quadri situato nel territorio della parrocchia di Go Cao, nel distretto di Chuong My (Hanoi). Sul terreno ha fatto costruire una casa che, nelle sue intenzioni, deve divenire un orfanotrofio. La struttura vede la collaborazione di un'associazione cattolica, l'Agape Family. La mattina del 14, molto presto, un gruppo di teppisti ha assalito e distrutto la casa: avvertito alle 9, il sacerdote responsabile della struttura è accorso, ma è stato aggredito selvaggiamente: lasciato svenuto a terra, è stato trasportato in ospedale. Il comunicato diffuso dall'arcivescovato all'indomani dei fatti precisa che al momento del ricovero il religioso perdeva sangue da un orecchio, aveva sofferenza a un timpano, dolori alla testa e al ventre e presentava ecchimosi sul viso. Grazie all'intervento dell'arcivescovato e del consiglio pastorale il religioso è stato portato in una struttura specializzata e sottoposto anche a una serie di esami. Attualmente è curato all'interno dell'arcivescovado e le sue condizioni appaiono migliorate. Secondo alcune testimonianze raccolte dall'agenzia AsiaNews, mentre i teppisti erano all'opera sul posto, erano presenti decine di agenti di polizia, che non hanno fatto nulla per fermare la distruzione né l'aggressione contro padre Van Binh. Il comunicato dell'arcidiocesi denuncia la violazione della legge e definisce l'avvenuto un brutale attentato alla dignità umana, che ha riempito di indignazione sacerdoti e fedeli e seminato inquietudine nelle comunità cattoliche. (R.P.)

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    Messico: i vescovi incontrano i 4 candidati alle presidenziali del primo luglio

    ◊   Oltre 120 vescovi del Messico sono riuniti per la loro 93.ma Assemblea plenaria presso il "Lago di Guadalupe" (Municipio di Cuautitlán Izcalli). Nel corso dell'incontro stanno ricevendo e ascoltando i 4 candidati alle elezioni presidenziali del mese di luglio. In particolare, e in armonia con il tema della plenaria - "Le nostre famiglie, discepole e missionarie di Gesù"- i vescovi desideranno ascoltare da questi politici le loro politiche e principi nell'ambito della famiglia severamente insediata da molteplici fattori culturali, etici, economici e politici. Secondo l'agenda, la prima ad essere ricevuta martedì scorso è stata la militante del Pan (Partito d'Azione Nazionale), Josefina Vázquez Mota; oggi sarà la volta del candidato del "Movimiento Progresista", Andrés Manuel López Obrador e quello dell'alleanza "Compromiso por México", Enrique Peña Nieto. Infine, domani sarà il turno di Gabriel Quadri de la Torre, aspirante della "Nueva Alianza a la Presidencia de la República". Gli incontri hanno carattere privato e dunque non sarà consentito l'ingresso alla stampa. I candidati avranno un tempo adeguato per fare un'esposizione generale del proprio programma e poi si renderanno disponibili per rispondere alle richieste dei vescovi. E' certo che molte di queste domande riguarderanno questioni come la povertà, lo sviluppo, l'educazione, la salute e i diritti umani anche perché sono tutte questioni che fanno parte degli argomenti sui quali rifletteranno gli stessi vescovi, i quali, tra l'altro, com'è tradizione, riceveranno sia il Ministro degli Interni, Alejandro Poiré Romero, sia il Governatore dello Stato di México Eruviel Ávila Villegas. Il 20 marzo scorso, in un ampio documento intitolato "La democrazia in Messico ha bisogno di consolidarsi nella pace, nello sviluppo, nella partecipazione e nella solidarietà", i vescovi messicani si erano detti convinti "che il sistema democratico è l'opzione migliore per la costruzione e lo sviluppo di una società equa". Ricordando inoltre che la pace "non è l'assenza di equilibrio tra forze avversarie", i presuli rilevano che per raggiungerla occorrono "una corretta concezione della persona umana" e "un ordine fondato sulla giustizia e sulla carità". La sfida etica che affronta il Paese e le sue istituzioni esige la "partecipazione (di tutti i cittadini) nella cosa pubblica, senza lasciare questo compito solo ai militanti dei partiti", sottolinea il documento dei vescovi che dopo un'ampia analisi sulla povertà di molti messicani, insistono: "Per recuperare la nobiltà e il significato della politica serve, perché indispensabile, la partecipazione dei cristiani nella vita pubblica". In conclusione i vescovi esortano tutti all'esercizio del "diritto-dovere del voto che deve accompagnarsi sempre dalla presenza attiva nelle istituzioni tramite la partecipazione, la collaborazione e la vigilanza".(A cura di Luis Badilla)

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    Colombia: i vescovi sulla depenalizzazione del consumo di droga

    ◊   “Nel Continente americano serve sviluppare una vera politica comune a tutti i Paesi per metterli in grado di combattere con efficacia i vari aspetti del problema del traffico della droga”. Lo ha affermato mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale della Colombia, in un’intervista rilasciata alla radio locale «La FM» alla vigilia del “Vertice delle Americhe” nei giorni scorsi a Cartagena. Nell’intervista, ripresa dall’Osservatore Romano, il presule ha affermato che “quello della droga è certamente un problema internazionale che, specialmente nelle Americhe, non può essere gestito solamente con le iniziative intraprese dagli Stati Uniti». L’arcivescovo di Bogotá, rispondendo a una domanda sulla posizione dell’episcopato della Colombia verso le leggi che vietano il consumo degli stupefacenti, ha sottolineato che “noi vescovi colombiani potremmo anche essere d’accordo sull’opportunità di prendere provvedimenti per depenalizzare il consumo di alcune sostanze stupefacenti ma certo non possiamo essere concilianti con le posizioni di coloro che vorrebbero la legalizzazione del commercio e dell’uso delle droghe». Mons. Salazar Gómez ha inoltre affermato che “depenalizzare per noi vescovi vuol dire che la persona che assume alcune droghe non sarà più punita per questo motivo, ma in ogni caso questo atto rimane riprovevole. Invece, ammettendo la legalizzazione, l’assunzione delle droghe diverrebbe consentita e non più contraria alla legge”. Per il presule, la sostanziale differenza che esiste tra depenalizzazione e legalizzazione non è certamente da sottovalutare perché “questa è una questione che riguarda un aspetto dell’etica certamente molto importante”. Secondo l’arcivescovo di Bogotà, le politiche adottate per contrastare la diffusione delle droghe finora “non sono state in grado di dare dei concreti risultati”. L’unico risultato registrato in questi anni “è stato l’aumento del numero delle bande criminali che hanno deciso di dedicarsi al narcotraffico” che ha accresciuto “in maniera esponenziale la violenza”. Il presule ha sottolineato che è ormai evidente a tutti “che il divieto al traffico della droga non reprime o contiene il loro consumo. Quindi – ha concluso - è evidente l’esigenza rivedere le politiche degli Stati americani contro il narcotraffico per sperare di avere dei migliori risultati”. (L.Z.)

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    Uruguay: Messaggio dei vescovi per la Giornata dei lavoratori del primo maggio

    ◊   La Chiesa dell’Uruguay esprime solidarietà al mondo del lavoro: in un messaggio per la Giornata dei lavoratori del 1.mo maggio, la Conferenza episcopale del Paese (Ceu) si dice vicina a tutti coloro che “con il loro lavoro quotidiano e responsabile, prestano un servizio indispensabile nella società”. Ricordando i tanti ambiti i cui viene svolto il lavoro, ovvero “nelle fabbriche, nelle industrie, nelle case, nei campi, nelle scuole, nella ricerca e nella comunicazione”, i presuli sottolineano l’importanza del ruolo svolto “dai sindacati e dalle associazioni dei lavoratori che cercano di dare dignità al lavoro”. Per questo, essi vengono esortati “a proseguire nel loro operato, collaborando con gli altri attori sociali, così da promuovere le condizioni di una società equa e solidale”. Al contempo, la Ceu esprime la sua preoccupazione per “alcune condizioni lavorative”, in particolare “per i lunghi orari che si riflettono sulla vita familiare”. Di qui, l’esortazione a “recuperare l’equilibrio del riposo settimanale, soprattutto della domenica, rispettando così la millenaria tradizione biblica”. Quanto all’operato portato avanti dal governo nel settore del lavoro, i presuli chiedono di rafforzare “il monitoraggio e la vigilanza sui grandi progetti di investimenti agroindustriali e minerari, guardando alla tutela delle risorse naturali ed ai rapporti che si intraprendono con i lavoratori”, poiché “solo un’autentica ecologia umana permetterà uno sviluppo sostenibile”. Infine, la Chiesa uruguayana prega San Giuseppe lavoratore, che si ricorda proprio il 1.mo maggio, affinché conceda ad ognuno “la realizzazione del proprio lavoro, la gioia e la solidarietà”. Il messaggio dei vescovi è stato diffuso al termine della Plenaria episcopale, svoltasi dall’11 al 17 aprile. Tanti i temi affrontati dalla Ceu, tra cui: la celebrazione dell’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI per celebrare il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II e che avrà luogo dall’11 ottobre prossimo al 24 novembre 2013. Per l’occasione, ad agosto i vescovi diffonderanno un apposito messaggio. I presuli uruguayani hanno poi riflettuto sulla missione episcopale portata avanti in diversi ambiti pastorali, in particolare in quelli dedicati a giovani, famiglia, catechesi, liturgia, clero e comunicazioni sociali. Spazio anche alla Caritas del Paese che proprio quest’anno celebra il 50.mo anniversario di fondazione. Infine, la Ceu ha stabilito di dare alle stampe tutta la documentazione riguardante mons. Jacinto Vera, primo vescovo uruguayano, così da presentare alla Santa Sede il materiale necessario alla causa di canonizzazione del presule. (I.P.)

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    India: Congresso missionario della Conferenza dei religiosi sull'evangelizzazione

    ◊   Per evangelizzare la nostra società dobbiamo cominciare ad evangelizzare noi stessi. È la riflessione con cui il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci) ha introdotto martedì a Bangalore i lavori del Congresso missionario organizzato dalla Conferenza dei religiosi dell’India (Cri) sul tema “Lascia brillare ancora di più la tua luce”. Al centro dell’incontro, che ha visto riuniti fino questa sera 300 tra sacerdoti, religiosi e religiose da tutte le diocesi indiane, la sfida dell’evangelizzazione in India analizzata sotto diverse prospettive. “La Chiesa – ha detto il cardinale Gracias nel suo intervento di apertura ripreso dall’agenzia Ucan – ha bisogno di essere evangelizzata e deve quindi evangelizzare raccontando a chi crede e a chi non crede la storia di Gesù”. L’arcivescovo di Bombay ha quindi sottolineato l’importanza di impregnare la cultura, l’economia, la vita civile e politica dei valori morali ed evangelici affinché siano al servizio dell’uomo. Per l’arcivescovo di Bangalore, mons. Bernard Moras, il principale ostacolo all’evangelizzazione e alla promozione dei valori cristiani in India oggi è la secolarizzazione delle stesse istituzioni ecclesiali. Nella sua relazione introduttiva ha quindi esortato la Chiesa indiana a coinvolgere di più i fedeli e a promuovere un maggiore senso di appartenenza ecclesiale. I rapporti con le altre comunità religiose e in particolare con la maggioranza indù sono stati tra gli argomenti al centro dell’intervento dell’arcivescovo maggiore dei siro-malankaresi Baselios Mar Cheemis che ha invitato ad un atteggiamento più aperto e rispettoso verso gli indù e a non considerarli come una minaccia alla comunità cristiana. “Dobbiamo riconoscere che la stragrande maggioranza degli indù ci ha protetti sin da quando il cristianesimo è arrivato in India”, ha sottolineato il presule, osservando che è “esagerato” parlare di una persecuzione generalizzata contro i cristiani nel Paese. Le violenze anti-cristiane salite agli onori delle cronache in questi anni sono in realtà fenomeni “episodici” e “circoscritti” ad alcune aree negli Stati dell’Orissa, del Karnataka e del Gujarat. Mons. Cheemis ha poi ricordato che l’evangelizzazione è una vocazione imprescindibile della Chiesa e che essa consiste essenzialmente nella testimonianza dell’”autentica fede cristiana”. Questa si concretizza non solo nella predicazione, nell’annuncio del Vangelo e nel culto, ma anche con le opere della Chiesa nel campo sanitario, educativo e della promozione umana. A questo proposito, il padre carmelitano Jose Panthaplamthottiyil, presidente della sezione dei sacerdoti regolari all’interno della Cri, ha sottolineato che la Chiesa deve porre al centro della sua azione i poveri e gli emarginati se vuole radicare il messaggio di Cristo in India . Ai partecipanti è giunto anche un messaggio del cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. I lavori sono terminati ieri con un Messaggio e l’interramento di un Albero della Missione. (L.Z.)

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    Filippine: iniziativa della Chiesa contro il progetto di legge sulla salute riproduttiva

    ◊   È necessario rafforzare l’educazione dei giovani per contrastare il progetto di legge sulla salute riproduttiva: è quanto afferma mons. José Oliveros, vescovo di Bulacan, nella Filippine. Il presule ribadisce così l’opposizione della Chiesa locale al Reproductive Health Bill (Rh Bill), sul quale, nel Paese, è in corso un ampio dibattito da diversi anni: il testo, attualmente in discussione in entrambe le Camere del Congresso, rifiuta l’aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare, invitando le coppie a non avere più di due figli, sanziona l’obiezione di coscienza di medici e operatori sanitari e favorisce la sterilizzazione volontaria. Una nuova sessione di discussione sulla normativa è prevista per il 7 maggio, nella sede del Congresso. “Dobbiamo sostenere i nostri sforzi per combattere questo progetto di legge – ribadisce mons. Oliveros – E dobbiamo insegnare ai giovani la sacralità della vita umana”. Un principio da attuare perché, spiega il presule, “innanzitutto il valore della vita umana è parte integrante della formazione delle giovani generazioni. Esse dovrebbero imparare sin da subito che l’esistenza dell’uomo è preziosa, in quanto è un dono di Dio”. Infine, mons. Oliveros esprime l’auspicio che “anche i ragazzi possano prendere parte alla riflessione su questo progetto di legge, in modo tale che esso non venga approvato”. Dal canto loro, la Chiesa filippina e le e associazioni cattoliche sostengono il Natural Family Programme (Nfp), che mira ha diffondere tra la popolazione una cultura di responsabilità e amore, basata sui valori cristiani. (I.P.)

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    Inghilterra: plauso della Caritas per la legge sugli abusi domestici

    ◊   Il “Caritas Social Action Network”, l’organizzazione che si occupa, per conto della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, dei problemi legati alla società, ha dato il benvenuto agli ultimi cambiamenti che il governo ha portato alla legislazione sull’assistenza legale alle vittime di abusi domestici. Nella sua versione originaria la legislazione avrebbe impedito a molte persone che sperimentavano violenze domestiche di accedere agli aiuti legali essenziali per ottenere ingiunzioni contro partner violenti o assicurarsi la custodia dei figli. L’inversione del governo sull’assistenza legale per le vittime di abusi domestici - riporta l'agenzia Sir - è stata ottenuta grazie alla campagna di pressione di un numero di gruppi, tra i quali “Caritas Social Action Network”, che hanno organizzato l’invio a Ken Clarke di una lettera pubblica firmata dai leader di dieci importanti gruppi religiosi tra i quali l’arcivescovo di Southwark, Peter Smith, il vescovo anglicano di Leicester, Timothy Stevens, il reverendo Patricia Took, presidente dell’Unione battista della Gran Bretagna, e il reverendo Leo Osborn, presidente della Conferenza metodista. Nella lettera i leader religiosi denunciavano i cambiamenti proposti dal governo, che a loro giudizio avrebbero distrutto il progresso fatto negli ultimi anni sul difficile problema degli abusi domestici. (R.P.)

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    Terra Santa: a Betlemme, un ospedale pediatrico intitolato a Benedetto XVI

    ◊   Sarà intitolato a Benedetto XVI l’’ospedale pediatrico che sarà presto costruito a Betlemme: ecco il dono pensato per il Papa in occasione del suo ottantacinquesimo compleanno e del settimo anniversario dell’elezione. A presentare il regalo al Santo Padre, al termine dell’udienza generale di ieri, sono stati il patriarca di Gerusalemme dei latini, Fouad Twal, e il vescovo Luciano Giovannetti, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II, accompagnati da una numerosa delegazione. I lavori di costruzione dell’ospedale - riporta L'Osservatore Romano - inizieranno al più presto e saranno sostenuti sia dalla Conferenza episcopale italiana che dalla Regione Toscana. Il termine previsto per la realizzazione del nosocomio è il 2014. “Sarà un ospedale di eccellenza, con quaranta posti e il contributo dell’équipe specialistica dell’ospedale Meyer di Firenze”, spiega mons. Giovannetti. La struttura sarà dotata di sale operatorie per interventi di chirurgia su bambini e adolescenti fino a 14 anni e sarà attrezzata per consentire un'adeguata assistenza pre e post operatoria, con locali ambulatoriali dotati delle tecnologie mediche più avanzate. Rilevando poi l’importanza del nuovo ospedale per le popolazioni locali e il significato di “un nosocomio per bambini nella città di Gesù Bambino”, mons. Giovannetti aggiunge che si tratta di un’iniziativa inserita nell’azione capillare della Fondazione Giovanni Paolo II “in favore delle comunità cristiane di Terra Santa e del Medio Oriente”. Il progetto dell’ospedale pediatrico, lo ricordiamo, era stato avviato nell’ottobre 2009, con la posa della prima pietra.

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    Università Cattolica: Messaggio dei vescovi per l'88.ma Giornata nazionale

    ◊   “Nel nostro tempo, colpito da un marcato ripiegamento nel privato e dominato dalle forme avare dell’individualismo tecnocratico, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fedele alle proprie radici, si pone in prima fila come istituzione culturale ed educativa volta a formare protagonisti capaci e convinti della civiltà dell’amore”: lo afferma il Messaggio della presidenza della Conferenza episcopale italiana per l’88ª Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che verrà celebrata il 22 aprile col titolo “Il futuro del Paese nel cuore dei giovani”. “Non si tratta di cosa facile. In una società non più caratterizzata dal riconoscimento di valori comuni - prosegue il messaggio ripreso dall'agenzia Sir - la relazione educativa tende a configurarsi non come comunicazione di contenuti consolidati, quanto, piuttosto, come relazione informativa, segnata dalla tolleranza formale e da prossimità debole: nel contesto familiare la capacità educativa incontra difficoltà e tende alla delega; la scuola appare crocevia affollato di pluralismi dispersi e di anonimato culturale; il maestro rischia di non essere più figura di riferimento, ma operatore funzionale all’apprendimento di capacità strumentali”.(R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 110

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