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Sommario del 18/04/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’udienza generale: la Chiesa confida in Dio e non teme le persecuzioni. "Grazie per gli auguri, pregate per me"
  • Rinuncia in Argentina
  • Il cardinale Koch presenta il suo libro sul pensiero teologico di Benedetto XVI
  • La nuova risposta della Fraternità San Pio X presto all’esame del Papa
  • Il “Gesù di Nazaret" del Papa diventa un audiolibro letto da Ugo Pagliai
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, tregua violata. Mons. Zenari: "In nome di Dio, basta, fermatevi!"
  • Golpe in Guinea Bissau: Chiesa preoccupata per un aggravamento della crisi
  • Cina, maxisequestro di medicinali adulterati. L'esperto: è la punta di un iceberg
  • Mali, appello dell’Unesco: salviamo i documenti antichi di Timbuctu da traffici illeciti
  • Turchia, richiesta di riconoscimento della Chiesa locale. Mons. Franceschini: il clima è positivo
  • Savona: iniziato corso per sacerdoti ed educatori contro la pedofilia
  • Inaugurato a Roma il Festival del nuovo cinema francese
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sud Sudan: per la Chiesa solo un intervento internazionale può fermare la guerra
  • Mali: nominato il nuovo premier. I vescovi preoccupati per i cristiani del nord
  • Siria: a Homs non è stata celebrata la Pasqua ortodossa
  • Pakistan: al via una “conferenza universale di pace”
  • Il cardinale Antonelli a Lisbona: “La famiglia insostituibile risorsa della società”
  • Nazareth: prossima apertura di un Centro internazionale per la famiglia
  • Usa: documento dei vescovi sulla nuova evangelizzazione
  • Sri Lanka: in pochi mesi 38 morti e 10 mila contagi per la febbre di dengue
  • Paraguay: a El Chaco emergenza per la peggiore inondazione degli ultimi 15 anni
  • Brasile: i vescovi vicini ai nativi Quilombolas, che rivendicano la terra
  • Australia: i vescovi indicono un “Anno di grazia”
  • Taiwan: l’Anno della Fede al centro dell’Assemblea dei vescovi
  • Usa: sacerdote filippino, difensore dei tribali, vince il premio per l'ambiente
  • Francia: incontro della Cappellania nazionale dei gitani e nomadi
  • Austria: bilancio positivo della Campagna quaresimale "digiuno dall'auto"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’udienza generale: la Chiesa confida in Dio e non teme le persecuzioni. "Grazie per gli auguri, pregate per me"

    ◊   All’udienza generale di questa mattina, presieduta in Piazza San Pietro davanti a 20 mila persone, Benedetto XVI è tornato a riflettere sul valore della preghiera. Lo spunto glielo ha fornito l’episodio degli Atti degli Apostoli, detto “la piccola Pentecoste”. Al termine, il Papa ha ringraziato per gli auguri ricevuti in vista del settimo anniversario di Pontificato, che cade domani, e ha chiesto preghiere per poter perseverare nel suo “servizio a Cristo e alla Chiesa”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Non essere difesa, ma essere coraggiosa. È questa la testimonianza che la Chiesa cristiana della prima ora offre a quella di ogni secolo successivo. Un coraggio che nasce da una “incrollabile” fiducia in Dio, alimentata dalla preghiera, al punto che ai suoi membri sta soprattutto a cuore il diffondere il Vangelo, che il sapersi incolumi dai pericoli che tale annuncio può comportare. E quando ciò avviene, ha affermato Benedetto XVI, tra i cristiani si verifica il “prodigio” della concordia, che – ha soggiunto – “è l’elemento fondamentale della Chiesa”:

    “L’unità si consolida, invece di essere compromessa, perché è sostenuta da una preghiera incrollabile. La Chiesa non deve temere le persecuzioni che nella sua storia è costretta a subire, ma confidare sempre, come Gesù al Getsemani, nella presenza, nell’aiuto e nella forza di Dio, invocato nella preghiera”.

    L’episodio all’origine di tutto è quello narrato da Luca negli Atti degli Apostoli. L’arresto e il processo sommario subiti da Pietro e Giovanni perché colti ad annunciare la risurrezione di Gesù. Una volta rilasciati e informati i loro fratelli nella fede, la reazione di questi ultimi, ha osservato il Papa, è esemplare:

    “Di fronte al pericolo, alla difficoltà, alla minaccia, la prima comunità cristiana non cerca di fare analisi su come reagire, trovare strategie, come difendersi, quali misure adottare, ma, davanti alla prova, si mette in preghiera, prende contatto con Dio. E che caratteristica ha questa preghiera? Si tratta di una preghiera unanime e concorde dell’intera comunità, che fronteggia una situazione di persecuzione a causa di Gesù”.

    Quella intonata nella circostanza da quei primi cristiani di Gerusalemme, ha proseguito il Pontefice, è la “più ampia preghiera della Chiesa” nel Nuovo Testamento. Una preghiera che, facendo ricorso alle parole del Salmo 2, “cerca di leggere gli avvenimenti alla luce della fede”. Dunque…

    “Ciò che è accaduto viene letto alla luce di Cristo, che è la chiave per comprendere anche la persecuzione (…) che la prima comunità cristiana sta vivendo; questa prima comunità non è una semplice associazione, ma una comunità che vive in Cristo; pertanto, ciò che le accade fa parte del disegno di Dio”.

    Ecco perché, ha evidenziato il Papa:

    “Proprio per questo la richiesta che la prima comunità cristiana di Gerusalemme formula a Dio nella preghiera non è quella di essere difesa, di essere risparmiata dalla prova, dalla sofferenza, non è la preghiera di avere successo, ma solamente quella di poter proclamare (…) con franchezza, con libertà, con coraggio, la Parola di Dio”.

    Franchezza e coraggio, ha terminato Benedetto XVI, sono frutto dell’effusione dello Spirito Santo, invocato dal Papa su tutti i credenti perché, ha auspicato, sappiano ricercare “il significato profondo” degli avvenimenti della loro vita nella Parola di Dio. Poi, dopo le catechesi in lingua, il Pontefice ha ringraziato per tutti gli auguri ricevuti per il compleanno e per il settimo anniversario di Pontificato, che cade domani:

    “Vi chiedo di sostenermi sempre con le vostre preghiere, affinché, con l’aiuto dello Spirito Santo, possa perseverare nel mio servizio a Cristo e alla Chiesa”.

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    Rinuncia in Argentina

    ◊   In argentina, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Río Gallegos, presentata da mons. Juan Carlos Romanín, della famiglia dei Salesiani, in conformità al can. 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

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    Il cardinale Koch presenta il suo libro sul pensiero teologico di Benedetto XVI

    ◊   Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani, ha presentato in questi giorni a Roma il suo libro “Il mistero del granello di senape. Fondamenti del pensiero teologico di Benedetto XVI”, primo volume di una collana realizzata con il patrocinio dell’”Istituto Papa Benedetto XVI”. Philippa Hitchen ha chiesto al cardinale Kurt Koch di spiegarci perché abbia scelto per il titolo l’immagine del granello di senape:

    R. – "Because this image of the Bible...
    Perché l’immagine della Bibbia, della Sacra Scrittura è un’immagine che il Santo Padre usa sempre. Questo indica che tutto ciò che nel mondo e nella Chiesa è importante comincia da un piccolo seme. Il Santo Padre ha interpretato questa immagine per dire che la Chiesa è sempre tra il Venerdì Santo e la Pasqua. Questo essere in mezzo tra il Venerdì Santo e la Pasqua viene indicato da questa immagine".

    D. – E’ particolarmente appropriato per un Papa nato proprio il Sabato Santo …

    R. – "It’s clear that the Holy Father...
    E’ chiaro che il Santo Padre interpreta la sua vita sempre nella luce della Pasqua, perché nato e battezzato proprio il Sabato prima della Pasqua, in mezzo tra il Venerdì Santo e la Pasqua".

    D. – Si festeggia il settimo anniversario del Pontificato, oltre al suo 85.mo compleanno. Quale ritiene sia stato il contributo più significativo di Benedetto XVI al lavoro ecumenico da voi svolto negli ultimi sette anni?

    R. – "I think what the Holy Father...
    Penso che quello che il Santo Padre ha detto ad Erfurt, nell’incontro con la Chiesa evangelica, in Germania, sia molto importante per la sua visione ecumenica: e cioè che la questione di Dio è la questione più importante di oggi, nella nostra società, ed è molto importante che tutte le Chiese e le comunità diano testimonianza della presenza di Dio in questo mondo. In secondo luogo, ha sottolineato la visione cristocentrica della fede cristiana: penso che possiamo concentrare tutta la nostra testimonianza cristiana nel Signore Risorto. Questo è il fondamento più profondo dell’ecumenismo". (ap)

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    La nuova risposta della Fraternità San Pio X presto all’esame del Papa

    ◊   E’ giunto ieri in Vaticano il testo di risposta della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che era stato richiesto dal cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il servizio di Roberta Gisotti:

    La richiesta c’era stata nell’incontro del 16 marzo scorso in Vaticano con il superiore generale della Fraternità Bernard Fellay. In quella occasione il cardinale Levada, preoccupato di evitare una rottura ecclesiale dalle conseguenze "dolorose e incalcolabili", aveva invitato mons. Fellay a chiarire entro un mese la sua posizione “al fine di poter giungere alla ricomposizione della frattura esistente, come auspicato dal Papa.” La risposta di mons. Fellay sarà ora esaminata dal dicastero vaticano e successivamente sottoposta al giudizio del Santo Padre. A renderlo noto è la Commissione Ecclesia Dei, incaricata di facilitare la piena comunione dei membri della Fraternità fondata da mons. Marcel Lefebvre che desiderano rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa cattolica. La risposta di mons. Fellay è “sensibilmente diversa” dalla precedente, giudicata dalla Santa Sede “insufficiente”, e sarà valutata “in tempi brevi, ha aggiunto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, che - interpellato dai giornalisti - ha definito il nuovo testo “un passo avanti e un fatto incoraggiante”. Il testo, giunto dalla Fraternità lefebvriana, contiene - ha anticipato padre Lombardi – “anche proposte di integrazione o precisazioni sul testo del Preambolo”, il documento dottrinale, consegnato il 14 marzo dello scorso anno dalla Congregazione per la Dottrina della Fede alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, posto come “base fondamentale per il conseguimento della piena riconciliazione con la Sede Apostolica.” Un processo iniziato – ricordiamo - il 29 gennaio del 2009, con la decisione di Benedetto XVI di revocare la scomunica a quattro presuli consacrati dall’arcivescovo Lefebvre e di aprire al tempo stesso dei colloqui dottrinali con la Fraternità.

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    Il “Gesù di Nazaret" del Papa diventa un audiolibro letto da Ugo Pagliai

    ◊   Per la prima volta in italiano un testo di Benedetto XVI diventa un audiolibro. Si potrà, quindi, ascoltare su un cd MP3 il volume “Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione” letto da Ugo Pagliai, grande interprete del teatro italiano. Presentata presso la nostra emittente, l’opera è stata coprodotta da Emons Audiolibri e dalla Libreria Editrice Vaticana. Il servizio di Debora Donnini:

    (Ugo Pagliai)
    “Si potrebbe forse esprimere tutto questo così: la risurrezione di Gesù va al di là della storia, ma ha lasciato una sua impronta nella storia. Per questo può essere testata da testimoni come un evento di una qualità tutta nuova. Di fatto, l’annuncio apostolico, con il suo entusiasmo e con la sua audacia è impensabile senza un contatto reale dei testimoni con il fenomeno totalmente nuovo ed inaspettato che li toccava dall’esterno e consisteva nel manifestarsi e nel parlare del Cristo risorto”.

    La voce è quella di Ugo Pagliai. Le parole scritte di Benedetto XVI nel libro“Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione”. La ricchezza del volume, che racconta la passione, morte e risurrezione di Cristo, ora si potrà percepirla non solo leggendo ma anche ascoltando questo cd MP3 che dura in totale 9 ore e 53 minuti. Ma quale è il senso di questo audiolibro? Ci risponde don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana:

    “Il senso di questa produzione in audiolibro è quello di portare il lettore medio a trasformarsi in ascoltatore, cioè in qualcuno che si pone con un atteggiamento di meditazione. In questo senso è utilissimo ascoltare questo audiolibro in comunità, in gruppo, in macchina. In una società che ha meno tempo, portarla alla riflessione è una grande cosa. E lo strumento audio aiuta proprio a fare questo. Gli scritti del Santo Padre sono talmente ricchi, che consentono l’uso di tutti gli strumenti mediatici. In Germania, stanno preparando proprio dei documentari legati a Gesù di Nazaret, a questo libro. In futuro noi faremo anche l’electronic book”.

    Un libro che ha suscitato emozione nello stesso Ugo Pagliai durante il suo lavoro:

    “L’emozione è stata tanta naturalmente. Mi sono abbandonato a questo fluire, a questo torrente in piena, ma nello stesso tempo, un torrente calmo, per far capire le sfumature, per far capire la profondità, la bellezza di queste parole dietro le quali c’è un universo”.

    Un testo, dunque, ricco esegesi, Sacra Scrittura, con riferimenti teologici, che parla del Gesù storico arrivando al cuore dell’uomo. Ecco un altro brano letto da Ugo Pagliai:

    “Avrebbe potuto, l’annuncio degli apostoli, trovar fede ed edificare una comunità universale, se non avesse operato in esso la forza della verità? Se ascoltiamo i testimoni col cuore attento e ci apriamo ai segni con cui il Signore accredita sempre e di nuovo loro e se stesso, allora sappiamo: Egli è veramente risorto. Egli è il Vivente”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Papa Benedetto non è solo: in prima pagina, un editoriale del direttore sull'inizio dell'ottavo anno di pontificato.

    Appuntamento a Baghdad: nell'informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone riguardo ai colloqui sul nucleare iraniano.

    La ragione è di tutti: in cultura, il cardinale presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Francesco Coccopalmerio, sul diritto secondo Benedetto XVI.

    Su Papa Ratzinger e l'ecologia, un articolo di Lucio Coco dal titolo "Uomo e creazione sono fatti l'uno per l'altra".

    Il genio analfabeta delle impalcature e l'arte acrobatica della manutenzione: Silvia Guidi sul terzo appuntamento con le Conferenze sul Patrimonio Architettonico ai Musei Vaticani.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, tregua violata. Mons. Zenari: "In nome di Dio, basta, fermatevi!"

    ◊   In Siria proseguono le violenze nonostante il cessate il fuoco e la presenza degli osservatori Onu. Morte nelle ultime 24 ore quasi 40 persone. Frenetica l’attività diplomatica: il ministro degli Esteri siriano è oggi a Pechino, mentre è a Mosca una rappresentanza degli oppositori del regime. E intanto i Paesi arabi prendono sempre più le distanze dal presidente Assad. Il nunzio apostolico in Siria, mons. Mario Zenari, ricorda - al microfono di Salvatore Sabatino - gli appelli del Papa per la pace e invoca dialogo e compattezza nel condannare le violenze:

    R. - Purtroppo la tregua è ancora assai precaria, e le violazioni qua e là del cessate il fuoco, ci dicono che in questo momento non è facile essere ottimisti sul futuro della Siria. La comunità internazionale, a più riprese, sta cercando in vari modi di aiutare la Siria ad uscire da questa crisi. Il Santo Padre ha lanciato numerosi appelli, tutti del resto molto ben accolti, affinché la violenza cessi e si intraprenda il dialogo. Dopo le varie prese di posizione della comunità internazionale, credo che sarebbe assai auspicabile e urgente, anche una presa di posizione coraggiosa, unanime, e al di sopra delle parti, da parte di tutti i rappresentanti della varie confessioni religiose presenti in Siria: un’indiscussa autorità morale, capace di ammonire anche severamente, e di far riflettere seriamente, le coscienze sulle conseguenze nefaste e dolorose di certe decisioni sbagliate prese dalle varie parti in conflitto; un’autorità morale capace di imporsi e di gridare in nome di Dio: “ Basta! Fermatevi!”. Fonte d’ispirazione, credo, sia certamente la figura di San Giovanni Battista, di cui i cristiani come i musulmani venerano le reliquie -precisamente la testa- nella celebre moschea degli Omayyadi a Damasco, costruita su una precedente Basilica cristiana. Davanti a queste reliquie, ha sostato in preghiera anche il Beato Giovanni Paolo II. È certamente un privilegio avere le reliquie di questo Santo che è stato decapitato per aver detto la verità, ma è anche, allo stesso tempo, un impegno. Non posso dimenticare le immagini viste qualche tempo fa, di un bambino di circa 8-10 anni, in lacrime davanti ai suoi fratellini uccisi e alla sua casa distrutta. Nel pianto, diceva delle imprecazioni che qui non posso ripetere. Erano imprecazioni molto simili a quelle che si trovano in certi salmi imprecativi. Questi ultimi giorni, sono stati particolarmente duri in certe località. Ad un prete, che da più di un mese, vive eroicamente in una città martoriata ed in una zona tra i due fuochi, esprimevo qualche giorno, fa la mia solidarietà e compassione dicendogli: “Padre, provo dolore per lei che vive all’inferno”. Il buon prete, conservando ancora, nonostante tante prove, un po’ di ironia, mi ripeteva: “Eccellenza, un momento, precisiamo: all’inferno c’è il fuoco. Qui oltre al fuoco, c’è una pioggia di bombe, distruzioni e colpi di mitragliatrice”.

    D. - È appena trascorsa la Pasqua, una Pasqua drammatica per il Paese. Com’è stata vissuta dalla comunità cristiana?

    R. - Per quanto riguarda le celebrazioni pasquali - quest’anno, le celebrazioni della Pasqua cattolica e della Pasqua ortodossa cadevano ad una settimana di distanza tra loro-, si è notata una buona partecipazione in tutta la Siria, dovuta anche probabilmente, alla situazione d’incertezza che sta vivendo la gente. Naturalmente con particolari modalità in certe zone di guerra. Ad esempio, un padre cattolico di rito latino, essendo il solo prete sul posto, ha celebrato la Domenica delle Palme per un piccolo gruppo di persone tutte ortodosse, secondo il calendario giuliano ed il loro rito orientale. Presso di lui, vivevano, e vivono ancora, una quarantina di sfollati, tutti musulmani. Questi hanno voluto pulire e preparare la chiesa ed hanno voluto prendere parte con i loro abiti da festa, al rito delle Palme. Un sacerdote cattolico di rito orientale, anch’egli unico prete sul posto, ha celebrato, per un piccolo numero di fedeli, per metà ortodossi e metà cattolici il rito solenne mettendo insieme la celebrazione delle Palme per gli uni, e la Pasqua di Risurrezione per gli altri. Durante i riti pasquali, leggendo alcune pagine del Libro dell’Esodo, faceva impressione constatare un assai ben diverso e triste esodo di tanta povera gente costretta a lasciare le proprie case, i propri villaggi ed alcuni anche il proprio Paese verso altre città siriane o Paesi limitrofi, conservando nel cuore il desiderio di poter rientrare, un giorno ai propri villaggi e alle proprie case. Desiderio che per un certo numero di loro, si tramuterà in amara delusione quando si troveranno davanti alle loro case e ai propri villaggi distrutti. Attorno alle chiese si vedevano e si vedono, ancora sfollati che vanno a registrarsi per poter poi ottenere dei pacchetti già confezionati di viveri. In genere sono accolti da parenti ed amici. Le famiglie musulmane si mostrano particolarmente accoglienti verso queste persone sfollate. In filigrana, si potrebbe leggere, in parte, certi tratti della sorte toccata a Gesù. (bi)

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    Golpe in Guinea Bissau: Chiesa preoccupata per un aggravamento della crisi

    ◊   La giunta militare golpista che ha decapitato l’esecutivo della Guinea Bissau ha avviato una serie di incontri con le principali parti politiche del Paese nel tentativo di giungere ad una soluzione pacifica della crisi. Scopo dei colloqui è quello di trovare un accordo prima dell’arrivo, lunedì prossimo, di un contingente militare della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale (Cedeao). Intanto, anche Ue, Stati Uniti e Onu hanno condannato il colpo di Stato. Sulla gravità della crisi Stefano Leszczynski ha intervistato un giornalista guineano, del quale manteniamo l’anonimato per motivi di sicurezza:

    R. – La situazione è molto preoccupante. I vescovi cattolici della Guinea Bissau hanno pubblicato un appello in cui descrivono una situazione che può sfuggire di mano in qualsiasi momento e in cui chiedono un’assunzione di responsabilità da parte di tutti quanti. E’ la prima volta, forse, in cui i vescovi condannano in maniera così diretta quello che chiamano “un ennesimo ricorso al colpo di Stato”. E’ molto preoccupante. Quello che si vede nel volto di tutti è la grande delusione, perché il Paese stava crescendo, nonostante tutte le difficoltà: non si può certo dire che ci fosse una situazione di sviluppo, ma c’era un evidente progresso.

    D. – Quello che rende ancora più pericolosa la situazione è anche il fatto che all’interno dell’esercito c’è una forte spaccatura tra chi è contrario al colpo di Stato e che per adesso rimane alla finestra a guardare e chi, invece, il colpo di Stato lo ha realizzato...

    R. – Sì. Questa è giustamente la cosa più preoccupante, perché molti di loro – degli alti ufficiali - sono stati disarmati e questo è un altro ingrediente molto pericoloso, perché – come tutti dicono - oggi ci sono tutti i segnali di una prima guerra tra la popolazione stessa. Infatti, questa volta la gente dice: “siccome siamo già stanchi, anche a mani nude faremo fronte a questa situazione!". Non si può vivere per oltre trent’anni così, prigionieri di militari che fanno e disfano a loro piacimento. C’è perciò molto sconforto e la gente comincia a dire “ormai non abbiamo più niente da perdere!”. Questo è un motivo in più perché la Comunità internazionale non prenda questa situazione sottogamba, perché questa volta non è uguale alle altre volte.

    D. – La Comunità internazionale, soprattutto africana, ha avuto una posizione molto dura nei confronti di questo colpo di Stato. Questo può essere considerato un punto positivo per la risoluzione della crisi o potrebbe addirittura portare ad un aggravamento della crisi?

    R. – Tutti sono preoccupati e tutti unanimemente – sia l’Unione Africana, sia la Cedeao, sia la Comunità dei Paesi di lingua portoghese (Cplp) – hanno detto: "non possiamo più tollerare che un gruppo di gente tenga in ostaggio il Paese e il suo popolo per oltre 30 anni. Questa volta, anche a costo di un intervento armato, non lasceremo la popolazione in questa condizione". Mentre ero a Bissau, la gente mi diceva: "avrebbero già dovuto mandarci i militari, perché l’unico linguaggio che certa gente che comprende è quello dei più forti". Adesso bisognerà intervenire per fermare i militari, ma poi, per quanto tempo bisognerà intervenire nel più profondo del cuore e della mente delle persone per sradicare questo malessere interno, per cui la gente non sa più esprimersi se non in un contesto violento? (mg)

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    Cina, maxisequestro di medicinali adulterati. L'esperto: è la punta di un iceberg

    ◊   Nella Cina del miracolo economico, scoppia un nuovo scandalo sofisticazioni. La polizia della Repubblica Popolare ha scoperto e sequestrato migliaia di confezioni di medicinali contenenti gelatine industriali velenose, anziché commestibili. L'operazione ha portato a effettuare anche diversi arresti. L’episodio sarebbe solo la punta di un iceberg, che coinvolgerebbe anche molti prodotti alimentari e di uso quotidiano. Su questa vicenda, che potrebbe avere ricadute pericolose anche in quei Paesi che importano prodotti cinesi, Giancarlo La Vella ha sentito Stefano Vecchia, esperto del Paese asiatico:

    R. – In realtà, la legge cinese prevede una serie di controlli, anzi le norme in merito sono molto severe grazie alla pressione internazionale. Ricordiamo che la Cina è un grande Paese esportatore. Di fatto, questo impegno del legislatore viene vanificato per una serie di ragioni, a partire dalla corruzione. E’ molto più semplice ed economico, infatti, pagare un funzionario addetto al controllo, che non produrre a certi standard con un costo ovviamente maggiore. E la Cina vive di export e il suo export è fatto di prodotti in buona parte concorrenziali, dal punto di vista del prezzo. Ma, evidentemente, questo fenomeno ha ragioni che non sono soltanto quelle del basso costo della manodopera e delle materie prime.

    D. – Come stanno operando le autorità cinesi?

    R. – I vertici del Paese sono a conoscenza di questa situazione, tanto è vero che, anche di recente, la leadership del partito comunista ha lanciato un allarme contro la corruzione. Tutto ciò mette in luce il forte scollamento fra il centro del Paese e le autorità locali: l’attuazione di leggi centrali è resa difficoltosa dalla vastità del Paese e dai molti interessi in gioco a livello delle periferie.

    D. – E’ una situazione che induce a ridimensionare il livello di progresso economico che la Cina fa registrare in questi anni?

    R. – Questo è molto probabile, infatti non a caso l’economia cinese sta rallentando, in parte per la congiuntura internazionale, che ha provocato la diminuzione delle esportazioni, ma anche perché l’adesione a certe regole internazionali indubbiamente va a incidere sul prezzo dei prodotti, con un ridimensionamento della capacità produttiva.

    D. – Ci potrebbe essere una ricaduta pericolosa di questi prodotti in Occidente, in Europa e anche in Italia?

    R. – Indubbiamente, perché quello che viene scoperto nella grande Cina è soltanto la punta di un iceberg. E’ possibile che i prodotti esportati non siano conformi alle norme di sicurezza e igiene: lo abbiamo visto altre volte, come ad esempio nel caso dei giocattoli. E teniamo inoltre presente che spesso questi prodotti non arrivano direttamente dalla Cina, ma passano attraverso altri Paesi dai quali poi giungono a noi e quindi, di fatto, non vengono registrati come provenienti dalle Repubblica popolare cinese. Evidentemente, serve un maggiore controllo sull’ingresso di questi prodotti, considerando l’eventuale triangolazione nel loro cammino dal produttore fino alle nostre tavole o nei nostri negozi. (bf)

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    Mali, appello dell’Unesco: salviamo i documenti antichi di Timbuctu da traffici illeciti

    ◊   La direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, ha lanciato un allarme che riguarda Timbuctu, storica località situata nella parte centro-settentrionale del Mali. È un appello agli Stati confinanti col Paese africano per impedire il traffico di “tesori di documenti e manoscritti” dall’Istituto di alti studi e di ricerche islamiche Ahmed Baba e da altri centri culturali di Timbuctu. Questi enti ospitano antichi documenti, originali o in copia manoscritta, del Maghreb e dell’Africa subsahariana, risalenti all’epoca d’oro di Timbuctu, tra il XII e il XV secolo, e riguardanti la teologia, la matematica, la medicina, l’astronomia e la musica, perlopiù in lingua araba ma anche in lingue locali, come il "songhai" e l’"hausa". Mentre il nord del Mali è da settimane sotto il controllo delle milizie Tuareg e di gruppi estremisti e criminali, le informazioni giunte all’Unesco – che ha proclamato Timbuctu patrimonio dell’umanità – riferiscono che i ribelli islamici del movimento armato Ansar Dine, vicini ad Al Qaeda, sono entrati nel centro Ahmed Baba, prendendone il controllo e portando via sacchi di documenti. Sui tesori di Timbuctu, Giada Aquilino ha intervistato l’archeologo Marco Di Branco, ricercatore presso l’Istituto storico germanico di Roma e organizzatore di diversi viaggi in Mali col Fondo ambiente italiano (Fai):

    R. – Timbuctu è stata importantissima nel commercio transahariano medievale, essendo poi stata capitale di due grandi imperi: l’impero del Mali e l’impero Songhai. A Timbuctu confluivano gigantesche carovane provenienti dal nord dell’Africa, dal Marocco, dall’odierna Mauritania, che - oltre a materiali di vario genere, come spezie e metalli preziosi - portavano anche manoscritti. A Timbuctu, infatti, aveva sede una classe dirigente molto raffinata, arabizzata, che era in contatto con le grandi capitali del mondo islamico, quindi con Il Cairo, con Damasco, con le città dello Yemen. Infatti, i manoscritti che sono stati trovati a Timbuctu provengono da molte aree del mondo islamico e sono più di 700 mila. Sono manoscritti medievali, ma arrivano anche alle soglie dell’epoca moderna, perché la tradizione di copiare i testi si è mantenuta fino ad oggi in quest’area. Si tratta di manoscritti di vario genere, per esempio storie, cronache, ma riguardano anche l’astronomia, opere scientifiche che venivano copiate nei grandi centri della cultura islamica mondiale e che poi i mercanti di Timbuctu importavano in questa città. La cosa veramente interessante è che esistono più di 80 biblioteche familiari a Timbuctu: ogni famiglia aveva la sua biblioteca. Quindi, il senso del progetto dell’Unesco, oltre a salvare i manoscritti presenti, è anche quello di impedire la dispersione di questo patrimonio librario diffuso in città.

    D. – Perché Timbuctu, che era soprannominata “la perla del deserto”, è stata così importante e ora rischia un isolamento che potrebbe farla cadere nell’oblio, forse?

    R. – Timbuctu è stata importantissima fino al momento in cui, per usare un’efficace espressione di uno storico portoghese, le carovane sono state sostituite dalle caravelle, cioè i grandi traffici del mondo mediterraneo, con la scoperta dell’America, si sono spostati altrove. Per cui, possiamo dire che l’isolamento di Timbuctu comincia nel 1492 e prosegue ancora oggi. Al momento, Timbuctu è una città in declino: chi la raggiunge si trova veramente in un luogo isolato, fuori dal mondo, e questo è anche, forse, un elemento di grande bellezza e di grande interesse per il viaggiatore odierno.

    D. – Dopo il colpo di Stato militare del 22 marzo scorso, nelle ultime ore in Mali è stato nominato un nuovo premier - lo scienziato Cheick Modibo Diarra - e nel nord i Tuareg avrebbero deciso un cessate-il-fuoco. Nei giorni scorsi però, secondo le informazioni diffuse dall’Unesco, gruppi di ribelli islamici avrebbero depredato il centro Ahmed Baba. E’ un sito facilmente accessibile?

    R. – Sì, il centro Ahmad Baba è la grande biblioteca di Timbuctu. E’ un grande centro pubblico, a differenza delle altre biblioteche che sono invece private e che si trovano nelle case private. E’ un centro accessibile, aperto a tutti. Ed è facilmente raggiungibile, trovandosi nel centro della città. È quindi del tutto plausibile la notizia. Naturalmente, ci sarà anche gente tra i ribelli che è conscia del valore, anche commerciale purtroppo, di questi oggetti. Com’è successo altrove, alla guerra spesso si unisce questo ennesimo sfregio che riguarda la cultura. Per esempio, dal museo di Baghdad, in Iraq, sono stati asportati molti oggetti e, anche durante i recenti fatti in Egitto, dal Museo del Cairo sono scomparsi dei reperti. Anche questo fa parte della guerra.

    D. – Come tutelare allora tali opere?

    R. – Credo che la prima cosa da fare sarebbe tutelare le persone, quindi evitare queste guerre terribili. Sono delle offese che si fanno all’umanità. Penso, quindi, che alle ferite fisiche, alle ferite dei corpi, si poi uniscano le ferite al patrimonio culturale, che sono più o meno due facce della stessa medaglia. Allora, forse, l’unico modo per tutelare il patrimonio culturale è fermare queste guerre. (ap)

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    Turchia, richiesta di riconoscimento della Chiesa locale. Mons. Franceschini: il clima è positivo

    ◊   “C’è un clima molto positivo intorno alla richiesta di riconoscimento giuridico della Chiesa in Turchia”: sono parole di mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza Episcopale di Turchia (Cet) e arcivescovo di Smirne, dopo l’audizione svoltasi ieri ad Ankara presso la “Grande Assemblea”, corrispondente al Parlamento italiano, durante la quale il presule ha esposto “i problemi e le richieste della Chiesa da inserire nella nuova Costituzione” che si sta redigendo. Fausta Speranza ha chiesto a mons. Franceschini che significato avrebbe il riconoscimento giuridico:

    R. – Significa chiaramente che anche tutte le altre possibili cose che ci possono riconoscere – tipo di chiese, scuole e ospedali – potrebbero essere intestate a noi. Se non siamo giuridicamente riconosciuti, non possono intestare niente a noi… Chi non è giuridicamente riconosciuto è un essere che non c’è. Invece, riconoscendoci, potremmo avere proprietà intestate: certo, non ce le portiamo dietro quando andiamo in Europa, ma possiamo fare lavori di restauro, lavoro di aggiornamento… Insomma è nostra.

    D. – Ci può dire qualcosa dell’incontro che avete avuto con le autorità?

    R. – Eravamo in quattro: i quattro rappresentanti di tutto il cristianesimo della Turchia. Due vescovi non sono potuti venire e quindi eravamo solo tre vescovi e il portavoce. Sono stati gentili, abbiamo parlato finché abbiamo voluto. E’ stata la prima volta. Non abbiamo preso decisioni e abbiamo detto che si saremmo poi ritrovati. Rimane e rimarrà sempre una scelta da compiersi da parte della Chiesa, altrimenti rimarrà sempre com’è adesso: con delle diocesi che sono tre-quattro volte la diocesi di Milano, con dieci preti e due suore e – che so – tre-quattro volontari. Qui c’è bisogno non di risvegliare i nostri diritti – considerando che si discute l’ingresso della Turchia in Europa – ma di renderci consapevoli dei nostri grandissimi doveri.

    D. – Mons. Franceschini, questo potrebbe significare chiaramente un impegno più attivo di pastorale?

    R. – Sì, molto di più. C’è da augurarselo. L’impegno attuale è portato avanti soprattutto dai Cappuccini, presenti dal 1522 in Turchia. L’abbiamo scelta come luogo di missione. Abbiamo sempre realizzato – anche in perdita – la nostra presenza qui: è anche una necessità se si vuole dialogare con il Medio Oriente.

    D. – Mons. Franceschini, quali le sfide?

    R. – Le sfide sono tante. La prima sfida è quella di essere qui in veste di persone che si sentono spiritualmente turche, che si sentono cioè parte di questa grande Repubblica Turca che non vuol dire che sia tutta musulmana, e che lavorano per questo ambiente, per i giovani, gli ammalati… Quindi è una sfida grande. Una sfida che non è certamente facile vincere. Ci auguriamo davvero la possibilità di avere più spazi, più possibilità. Si parla più di Terra Santa, ma in realtà la "seconda" Terra Santa è qui perché gli Apostoli, cacciati da Gerusalemme, si sono sparsi in Turchia: Paolo ha agito qui, Pietro ha agito qui, Giovanni ha agito qui. Quindi, si dovrebbe aprire il cuore e anche le mani per costituire, anche qui, dei punti di riferimento. Laggiù, in Terra Santa, ci sono alberghi per i pellegrini, ci sono iniziative per i giovani… Dovrebbero esserci anche qui. Se siamo riconosciuti giuridicamente possiamo anche noi far parte dell’ambito dell’insegnamento, ad esempio, di lingue estere. Non diciamo la religione perché l’insegnamento della religione rappresenta ancora un tema tutto da trattare.(mg)

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    Savona: iniziato corso per sacerdoti ed educatori contro la pedofilia

    ◊   E’ iniziato ieri a Savona il piano educativo messo a punto nel novembre scorso dalla diocesi e dal Cismai, ente laico contro gli abusi sull’infanzia, per prevenire i casi di pedofilia, e diretto a sacerdoti ed educatori. Ieri i primi incontri del corso, i lavori sono proseguiti anche stamattina e continueranno in maggio con don Fortunato di Noto, fondatore dell'Associazione Meter. Il programma riprenderà anche dopo l’estate. Francesca Sabatinelli ne ha parlato il vescovo di Savona-Noli, mons. Vittorio Lupi:

    R. – Questo fenomeno in qualche modo ci ha riguardato in passato. Venti-trenta anni fa, sono successi dei fatti venuti alla ribalta in questi ultimi anni. Per cui c’è stato un grave disagio, una sofferenza della diocesi, dei sacerdoti, di tutti quanti a questo proposito. Allora, con delle persone particolarmente interessate al problema – educatori e così via – abbiamo incominciato a interrogarci su questo e a vedere cosa si poteva fare per prevenire, perché questi fatti non avvengano più in futuro. Abbiamo chiesto aiuto a un’Associazione particolarmente seria ed esperta in questo campo – il Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso all'Infanzia) – e ci siamo fatti accompagnare in questo percorso.

    D. – Questo tipo di incontri su cosa vertono e in che modo vengono condotti?

    R. – Prima di tutto, sulla tipologia del pedofilo, su cosa possa portare una persona ad avere questo interesse per i bambini, per i minori. Poi, sulla capacità di leggere i segnali di disagio che possono mostrare i ragazzi, i bambini abusati: conoscere l’entità del fenomeno in famiglia, in alcuni educatori, negli allenatori sportivi, nei sacerdoti... insomma, tutte le varie tipologie di quelli che possono esercitare un abuso, oltre che tenere in conto l’atteggiamento della vittima.

    D. – La Chiesa di Savona ha vissuto in passato – come ricordava lei – tristi vicende ed è stata anche oggetto di forti polemiche. Lei ritiene che questa possa effettivamente essere una valida risposta al problema e anche a chi ha ferito la Chiesa?

    R. – Noi pensiamo che questo debba essere un atteggiamento da assumere da parte della Chiesa, senza pensare di rispondere a chi ha scatenato queste cose. E’ l’atteggiamento che riteniamo giusto di fronte a questi fenomeni che ci sono capitati. Quindi, indipendentemente dal fatto di essere stati accusati, dalle polemiche o altro, io credo che la Chiesa debba reagire in questo modo. Per cui abbiamo cercato di fare quello che abbiamo ritenuto giusto. Se questo può essere anche una risposta, bene. Credo che sia, però, l’atteggiamento che dovremo prendere comunque: quello di vedere che queste cose non capitino più.

    D. – Può essere un suggerimento anche per altre diocesi?

    R. – Non lo so. Può essere che chi ha avuto problemi come il nostro possa fare la stessa cosa, ma ciascun vescovo farà nella propria diocesi quello che riterrà più opportuno. A noi è sembrato opportuno fare questo tipo di intervento.

    D. – La risposta dei sacerdoti è stata positiva? Si sono sentiti coinvolti?

    R. – Sì, molto. Mi pare che ci sia stata una buona risposta. Oggi, c’è stato l’incontro con i sacerdoti che sono intervenuti ripetutamente su tanti argomenti. Mi è sembrato vi sia stata una buona accoglienza e anche molto interesse. (ap)

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    Inaugurato a Roma il Festival del nuovo cinema francese

    ◊   Con una serata di gala e la proiezione del film di Valérie Donzelli La guerre est déclarée, si è inaugurata ieri sera a Roma la seconda edizione di Rendez-vous, appuntamento con il nuovo cinema francese, in programma fino al 22 aprile, un festival esclusivo dedicato al cinema d’Oltralpe, contraddistinto da un programma ricco di titoli d'autore e successi francesi. La manifestazione si replica a Palermo dal 24 al 26 aprile, a Milano dal 7 al 10 maggio e dall’11 al 13 a Torino. Il servizio di Luca Pellegrini.

    E’ partito il viaggio a tappe di Rendez-vous, un piccolo e prezioso festival che ci porta alla scoperta di molti titoli accompagnati dai loro artisti, che testimoniano la grande vitalità del cinema francese e la stagione di importanti successi che sta vivendo. Tra questi Carole Bouquet, Charlotte Rampling, Léa Seydoux, Virginie Ledoyen, Ursula Meier, Tony Gatlif e Dominik Möll, che parteciperanno anche a incontri e dibattiti nelle università romane per coinvolgere così tutti gli studenti e appassionati. A Vanessa Tonnini, cui è affidata la direzione artistica della manifestazione, abbiamo chiesto quali sono i temi che secondo lei contraddistinguono il programma di quest’anno:

    “Io credo innanzitutto che, nella varietà del cinema francese che – appunto – sembra fatto per ciascuno spettatore e non per un pubblico uniforme, nel senso che offre una panoramica e delle possibilità di cinema un po’ per tutti, dalle commedie alle ‘biopic’ (biographic picture) o ai film di genere, come i polizieschi, quello che io ritengo essere il fil rouge di quest’anno è quella della situazione attuale, di una società in crisi e sicuramente impaurita. Ma in questo contesto gli autori di quest’anno sembrano però raccontare anche una grande voglia di dare valore e centralità all’uomo e anche un desiderio di riscatto di questi personaggi. Pur partendo, appunto, da storie spesso drammatiche, cercano di ricostruire i valori della famiglia, della coppia e cercano di farlo in una maniera molto, molto umana”. (gf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Sud Sudan: per la Chiesa solo un intervento internazionale può fermare la guerra

    ◊   “Rullano i tamburi di guerra tra Sud Sudan e Sudan. Si sta andando verso la guerra, a meno che non vi sia una decisa presa di posizione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per fermare i due contendenti” afferma all’agenzia Fides una fonte della Chiesa da Malakal, nel Sud Sudan. La tensione tra i due Paesi non fa che aumentare dopo che l’occupazione di Heglig, area petrolifera rivendicata da entrambi gli Stati, da parte delle truppe sud-sudanesi, e le incursioni aeree dell’aviazione di Khartoum su alcune località del Sud Sudan. Un altro contenzioso riguarda Abyei, area anch’essa ricca di petrolio al confine tra i due Stati. “Ieri a Malakal, come in altre città del Sud Sudan, c’è stata una manifestazione della popolazione a favore dell’Spla (l’esercito sud sudanese) e dell’occupazione da parte delle truppe di Juba di Heglig” riferiscono le fonti di Fides. “La popolazione sembra essere unita e compatta dietro il governo: in quasi tutte le città del Sud Sudan sono state scritte lettere da consegnare ai rappresentanti della Missione Onu in Sudan per protestare contro la richiesta rivolta dal Segretario generale dell’Onu Ban ki Moon al Presidente sud sudanese, Salva Kiir, di ritirare le truppe da Heglig”. “Non si sentono voci critiche riguardo all’occupazione da parte dell’Spla di Heglig, ma si tenga presente che il Sud Sudan vive in un regime autoritario, per cui se qualcuno dovesse opporsi a viso aperto alla politica del governo, correrebbe dei rischi. Il regime di Khartoum non è meno oppressivo, ed ha mobilitato la popolazione in vista di un conflitto aperto con il Sud. Solo un deciso intervento della comunità internazionale potrà fermare la guerra” concludono le fonti di Fides. Dal canto suo mons. Rudolf Deng Majak, vescovo della diocesi di Wau afferma che la xenofobia è contraria agli insegnamenti del Vangelo e alle tradizioni culturali del Sud Sudan. In un’intervista rilasciata all’emittente locale “Good news radio”, il presule condanna il forte sentimento di avversione nei confronti degli stranieri, espresso da alcuni cittadini del Paese, il quale ha invece una tradizione storica di accoglienza. Di qui, l’invito del vescovo affinché i cristiani del Sud Sudan si lascino guidare dai valori del Vangelo. (R.P.)

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    Mali: nominato il nuovo premier. I vescovi preoccupati per i cristiani del nord

    ◊   Un astrofisico che ha lavorato per la Nasa, Cheick Modibo Diarra, è il Primo Ministro della transizione del Mali. Diarra è stato nominato ieri, 17 aprile, dal Presidente ad interim, Dioncounda Traoré. “Diarra aveva fondato un suo partito con l’intenzione di partecipare alle elezioni presidenziali che dovevano tenersi a fine aprile” spiega all’agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario della Conferenza episcopale del Mali. “La sua nomina fa compiere un passo in avanti al processo di transizione per far uscire il Mali dalla crisi provocata dalla ribellione al nord e dal golpe militare del 22 marzo”. Sul fronte politico e militare, don Dembele riferisce a Fides che “al momento, si registra una pausa dei combattimenti al nord, mentre in Mauritania continuano i colloqui tra i rappresentanti di Bamako e quelli dell’Mnla (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad, che ha proclamato “l’indipendenza” del nord). Anche i ribelli islamisti hanno manifestato una disponibilità al dialogo, ma solo con rappresentanti musulmani”. La Conferenza episcopale del Mali è riunita a Bamako per discutere della situazione del Paese. “Al termine della riunione, alla quale partecipa anche il nunzio apostolico, verrà diffuso un messaggio nel quale i vescovi esprimono la loro valutazione sugli ultimi eventi” annuncia don Dembele. “Quello che posso dire – prosegue - è che la situazione preoccupa molto i vescovi, sia per l’emergenza umanitaria sia perché i cristiani che abitano nel nord sono stati colpiti pesantemente dalle violenze, che hanno comportato la distruzioni di beni della comunità cattolica. La chiesa di Gao non è stata completamente distrutta ma è stata gravemente saccheggiata. Preoccupa molto inoltre il rafforzamento degli islamisti, con la loro pretesa di imporre la sharia in tutto il Paese. I vescovi esprimono comunque apprezzamento per l’avvio della fase di soluzione della crisi, con la nomina del Presidente ad Interim e del Primo Ministro della transizione”. Per quanto riguarda la missionaria laica di nazionalità svizzera rapita a Timboctou, don Dembele precisa che dalle informazioni da lui raccolte non è cattolica. (R.P.)

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    Siria: a Homs non è stata celebrata la Pasqua ortodossa

    ◊   A Homs non è stata celebrata domenica scorsa la Pasqua ortodossa. Esponenti della Chiesa ortodossa ad Homs hanno riferito all'agenzia Fides che non si sono tenute liturgie pasquali. I pochi cristiani rimasti in città, infatti, (meno di un migliaio) sono intrappolati dai bombardamenti prolungati e non hanno avuto alcuna possibilità di raggiungere le chiese, molte delle quali, fra l’altro, sono state distrutte o danneggiate dai combattimenti. La mancata celebrazione della Pasqua ad Homs, nota una fonte di Fides, “è un fatto doloroso che dovrebbe sensibilizzare le parti in lotta e la comunità internazionale perché si ponga fine alla violenza”. A Homs anche la Pasqua dei cristiani latini, l’8 aprile scorso, ha coinciso con un periodo di intensi bombardamenti ed è stata celebrata nel nascondimento. La comunità dei Gesuiti ha tenuto una piccola celebrazione con pochi fedeli, mentre la chiesa di “Nostra Signora della Pace”, dei greco cattolici, gravemente danneggiata è rimasta e rimarrà chiusa. Attualmente a Homs truppe e artiglieria pesante del governo siriano occupano il centro urbano e, nonostante l’accettazione del piano di pace Onu e del cessate il fuoco, nella città continuano gli scontri a fuoco con le forze di opposizione. Le famiglie cristiane in città, strette dal fuoco incrociato, “pensano solo a rimanere in vita e pregano perché questo incubo finisca presto” nota la fonte di Fides. La popolazione siriana è frustrata dalla lunga crisi e l’esodo dei profughi verso Giordania, Libano e Turchia continua. La condizione dei fedeli cristiani è a rischio, perché “sotto l'attuale regime essi sono stati protetti, e dunque alcuni li considerano allineati con il regime. Questo li rende vulnerabili agli attacchi dei rivoluzionari o di forze non ben identificate”. I cristiani in Siria sono anche preoccupati dalla situazione dei cristiani in Paesi come Iraq e Egitto dove, all’indomani dei cambi di regime, i fedeli sono vittime di attacchi. In Siria il cristianesimo è presente da duemila anni. Nel Paese, prima dell’inizio del conflitto, vivevano circa 1,2 milioni di cristiani, di diverse confessioni. (R.P.)

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    Pakistan: al via una “conferenza universale di pace”

    ◊   A Multan, nel Pakistan centrale, prende il via oggi una conferenza universale di pace organizzata con la collaborazione del Consiglio interreligioso. L’incontro si svolge all'interno della moschea della città e vedrà la partecipazione di oltre 500 studiosi provenienti da differenti scuole di pensiero, musulmani e non. A questi si aggiungono rappresentanti di altre religioni, diplomatici, parlamentari e membri della società civile. All'agenzia AsiaNews, Paul Bhatti, consigliere speciale del Primo Ministro per l'Armonia nazionale, ha affermato che nel Paese il dialogo deve compiere passi concreti, partendo dalle "cause che sono alla base delle discriminazioni"; fra queste vi sono l'intolleranza e l'odio verso le altre religioni. "Il mio obiettivo – ha aggiunto Bhatti - è sentire le proposte dei partecipanti al convegno e capire come si possa migliorare la situazione del Pakistan", in cui cresce “la discriminazione e l’odio tanto che si uccidono le persone in nome della religione”. “Vanno fatti passi concreti – ha sottolineato - perché non ha senso parlare di dialogo sui grandi principi, senza fare nulla di reale”. Paul Bhatti è fratello di Shahbaz, ministro cattolico per le minoranze religiose, ucciso il 2 marzo 2011 dagli estremisti islamici per la sua battaglia in favore dei diritti dei non musulmani e per la strenua opposizione alla legge sulla blasfemia. E’ necessario, ha proseguito, colpire gli abusi e le violazioni, cambiando la mentalità di oggi. Secondo Bhatti, le scuole dovrebbero “promuovere l'educazione religiosa e non una sola religione”; per questo è importante lo studio delle altre fedi conoscendone i valori fondamentali delle altre religioni. (B.C.)

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    Il cardinale Antonelli a Lisbona: “La famiglia insostituibile risorsa della società”

    ◊   Intervenendo ieri ad un convegno sulla famiglia a Lisbona, il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, ha ricordato la stretta attualità della “Familiaris Consortio”, enciclica del 1981 scritta da Giovanni Paolo II. “Magna Charta – l’ha definita – del molteplice impegno ecclesiale e civile dei cattolici a servizio della famiglia”. Il porporato ha anche evidenziato “la deriva individualista” di questi tempi nei quali si tende a reinterpretare i diritti dell’uomo, stravolgendo il loro senso originario”, tanto che oggi prevale un clima in cui “il matrimonio si riduce a un rapporto affettivo di carattere privato tra due individui”, per cui, ad esempio, si rivendica “il diritto degli omosessuali a contrarre matrimonio o almeno ad equiparare in tutto la loro relazione al matrimonio, senza tener conto che la giustizia non consiste nel dare a tutti le stesse cose”. La famiglia – ha aggiunto il cardinale – nasce da una doppia donazione personale: “quella reciproca dell’uomo e della donna, quella dei genitori ai figli e si costruisce secondo la logica della gratuità”. In questo senso è “la prima e insostituibile risorsa della società” perché “genera i nuovi cittadini” e “produce i beni relazionali primari che plasmano l’identità personale”. La famiglia alimenta, poi, le virtù civili come “il rispetto, la fiducia, la solidarietà, la cooperazione, la responsabilità, la sobrietà e la propensione al risparmio” e “trasmette non solo il patrimonio genetico, ma anche quello culturale, etico e religioso; tutela i più deboli, come i bambini, gli anziani, i disabili, i malati; svolge il lavoro domestico di cura, che è di enorme valore, anche se non viene conteggiato nel Pil”. Inoltre fa da “ammortizzatore sociale”, con “l’integrazione dei redditi individuali” e l’avvio delle “imprese familiari, che in molti Paesi costituiscono la struttura portante dell’economia”. Pertanto è necessario - come sosteneva il beato Giovanni Paolo II - che le famiglie si mobilitino “culturalmente e politicamente” per “costruire una società più attenta ai loro diritti”. (B.C.)

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    Nazareth: prossima apertura di un Centro internazionale per la famiglia

    ◊   Sarà presentato in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, in programma dal 30 maggio al 3 giugno, il Centro internazionale per la famiglia di Nazareth voluto dal Rinnovamento nello Spirito Santo. A renderlo noto, in un’intervista all'agenzia Sir, il presidente del movimento Salvatore Martinez. La struttura sarà gestita d’intesa con il Pontificio Consiglio per la famiglia, il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini e la Santa Sede, proprietaria del terreno. Il Centro verrà realizzato tramite un’apposita raccolta fondi, comprenderà un auditorium da 500 posti, un centro pastorale diocesano, una chiesa, un albergo con 100 camere, una ludoteca e spazi per bambini. “Il Centro - spiega Martinez - si occuperà di spiritualità familiare, di formazione alla vita genitoriale sia nella direzione degli operatori ma anche a vantaggio della nuova evangelizzazione” oltre che a occuparsi di temi come “famiglia e istruzione, famiglia e tempo libero, famiglia e welfare, famiglia e mass-media, il tutto in collaborazione con le Conferenze episcopali e con le università cattoliche del mondo”. Ci sarà una comunità residenziale, fatta di laici, sacerdoti e religiose provenienti da varie parti del mondo. Il Rinnovamento per lo Spirito Santo si occuperà dell’animazione, dell’accoglienza e anche della conduzione della casa. Data la sua collocazione, il “Centro - ha aggiunto Martinez - non può prescindere da interlocuzioni con la Chiesa locale, ci sono più tradizioni cattoliche operanti in Terra Santa, e una struttura come questa può svolgere un ruolo importante proprio per favorire l’unità della fede cattolica e stimolare il dialogo ecumenico e interreligioso”. (B.C.)

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    Usa: documento dei vescovi sulla nuova evangelizzazione

    ◊   “Ogni cattolico ha un ruolo nella Chiesa ed ogni cattolico è chiamato a diffondere il Vangelo”: è quanto ha affermato mons. David Laurin Richen, presidente della commissione sulla nuova evangelizzazione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. I vescovi americani hanno, infatti, diffuso un documento diretto a tutti cattolici, praticanti e non, e a chi ha perso la fede ma intende ritrovarla. Il testo, reperibile sul sito www.usccb.org, intende essere uno strumento per tutti coloro che intendono approfondire il loro rapporto con Gesù. “Cuore della nuova evangelizzazione – ha detto mons. Richen – è prima di tutto essere evangelizzati”, si tratta di “una chiamata” per ogni persona che vuole approfondire la propria fede, “ritrovare fiducia nel Vangelo per condividerlo”. “Un incontro personale con Gesù che porta pace e gioia – si legge nel documento – la nuova evangelizzazione fornisce la lente attraverso cui le persone sperimentano la Chiesa e il mondo che li circonda”. Nel testo si richiamano le parole del Papa che ha invitato, in occasione dell’Anno della Fede, a ridare vigore e gioia alla nuova evangelizzazione e fornisce inoltre alle diocesi e alle parrocchie le indicazioni per aiutare i cattolici a rinnovare il loro credo e condividerla con gli altri. (B.C.)

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    Sri Lanka: in pochi mesi 38 morti e 10 mila contagi per la febbre di dengue

    ◊   Con 9.317 casi di contagio e 38 morti da dengue solo nei primi tre mesi del 2012, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) classifica lo Sri Lanka come un Paese di "categoria A" (malattie infettive e parassitarie). Nel Paese infatti la febbre portata da una zanzara speciale è la principale causa di ricovero e morte tra i bambini, la fascia sociale più colpita dal virus. L'Unità epidemiologica dello Sri Lanka ha registrato il numero più alto di infezioni a gennaio, con 3.892 casi; 3.004 a febbraio; 2.421 a marzo. I dati di quest'anno - riferisce l'agenzia AsiaNews - mostrano un peggioramento della situazione sanitaria: nel primo quarto del 2011 infatti, l'isola ha avuto "solo" 3.103 casi. Il virus si diffonde in modo ciclico anche nelle aree urbane. Secondo alcuni media locali, oltre il 50% delle infezioni sono avvenute nella Western Province, dove vive la maggior parte della popolazione srilankese (circa 5 milioni di persone, contro i 20 milioni totali). Il virus della febbre dengue si trasmette attraverso la puntura di una zanzara che prolifera in zone acquitrinose e malsane. Per questa ragione, il passo più importante nella lotta a tale malattia è l'eliminazione di ogni focolaio di contagio. In genere, si tratta di pozzi o bacini di acqua stagnante. Nel maggio 2010, il governo dello Sri Lanka ha lanciato una campagna per combattere la febbre dengue. La febbre emorragica, la forma più violenta del virus, è spesso letale. Secondo l'Oms, la dengue è la malattia virale portata da zanzara più comune tra gli uomini. Circa 2,5 miliardi di persone - 2/5 della popolazione mondiale - sono a rischio di febbre dengue, con circa 50 milioni di infezioni ogni anno in tutto il mondo. Nell'Asia sudorientale, altri tre Paesi rientrano nella "categoria A": Thailandia, Indonesia e Timor Est. (R.P.)

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    Paraguay: a El Chaco emergenza per la peggiore inondazione degli ultimi 15 anni

    ◊   Sono almeno 40 mila le persone che hanno subito gravi danni a causa delle inondazioni recentemente abbattutesi nella regione occidentale di El Chaco, in Paraguay. Secondo i dati della Segreteria per l’Emergenza Nazionale (Sen), le forti piogge cadute nelle ultime 3 settimane in questa zona del Paese sudamericano hanno provocato lo straripamento del fiume Pilcomayo nelle regioni limitrofe all’Argentina, causando annegamenti nel centro di El Chaco e isolando migliaia di famiglie del posto con il loro bestiame. Attualmente - riporta l'agenzia Fides - 10 mila famiglie sono circondate dall’acqua o si trovano con le case completamente allagate e, viste le previsioni negative per i prossimi giorni, si teme che possano diventare 40 mila. Si tratta della peggiore inondazione registrata nella zona negli ultimi 15 anni. Il distretto di Loma Plata, nel cuore della regione, è una delle zone più gravemente colpite. Mancano cibo, acqua potabile ed elettricità. La Sen, principale agenzia governativa di assistenza alla popolazione in casi di disastri naturali, invierà circa 44 mila chili di generi alimentari, vestiario e tende di plastica. I soccorsi sono stati resi più difficoltosi dall’interruzione delle strade allagate e dalla mancanza di camion in grado di transitare. Sono previsti 3 mila approvvigionamenti per le migliaia di famiglie che hanno subito danni, molte delle quali si trovano provvisoriamente in un rifugio allestito dalla Sen. (R.P.)

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    Brasile: i vescovi vicini ai nativi Quilombolas, che rivendicano la terra

    ◊   “La garanzia della proprietà di un terreno da loro occupato da secoli è un dovere costituzionale e un impegno etico-morale”: così si è espressa ieri, la presidenza della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) sul processo che sarà celebrato dalla Corte Suprema in merito all’assegnazione delle terre abitate dai nativi Quilombolas da parte dell'Unione Federale. Il documento ricorda che gli articoli 215 e 216 della Costituzione federale assicurano ai nativi il diritto alla conservazione della propria cultura e del loro patrimonio che è intangibile. La nota della presidenza della Cnbb, inviata all’agenzia Fides, è intitolata "Sobre as Comunidades Quilombolas" e fa riferimento alla storia del Brasile: “Il Brasile ha un debito storico con la popolazione afro-brasiliana, molti dei quali sono della discendenza dei Quilombo. La garanzia della proprietà delle terre da loro occupate da secoli è un dovere costituzionale ed un impegno etico-morale. I Quilombolas sono di vitale importanza nella strutturazione della cultura brasiliana. Il loro spazio nel coltivare la terra per la sopravvivenza e la continuità di uno stile di vita originale, ricco e particolare, è riconosciuto a livello mondiale”. “La Cnbb, basandosi sul diritto costituzionale (art. 215 e 216), sollecita il rispetto di tali disposizioni di legge che garantiscono la tradizione dei Quilombolas, legata al possesso e alla proprietà della terra. I territori dei Quilombolas sostengono la memoria culturale, l'identità etnica e sono il principio di una coesistenza per i cittadini” continua il testo. I vescovi del Brasile concludono ricordando la motivazione della dichiarazione: "In fedeltà alla opzione evangelica e preferenziale per i poveri, la Cnbb si pone, ancora una volta, al fianco delle comunità Quilombolas per le quali chiede speciali protezioni e la benedizione di Nostra Signora di Aparecida, madre di tutti i brasiliani". Il documento è firmato dal cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente della Cnbb. (R.P.)

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    Australia: i vescovi indicono un “Anno di grazia”

    ◊   “Ripartire da Cristo”: si ispira ad un passaggio della Novo millennio ineunte - la Lettera apostolica siglata da Giovanni Paolo II nel 2001 – l’Anno di grazia indetto dalla Conferenza episcopale australiana per il 2012-2013. L’iniziativa sarà marcata dalla domenica di Pentecoste: si aprirà, infatti, il prossimo 27 maggio e si concluderà il 19 maggio del 2013. “Questo Anno di grazia – scrivono i vescovi in una nota – vuole essere un appello a tutta la Chiesa australiana ad intraprendere un cammino spirituale, un tempo di ascolto e di preghiera, un nuovo incontro con Cristo”. In questo senso, l’iniziativa si propone tre obiettivi: “incontrare Gesù nella preghiera; cercare il rinnovamento attraverso il pentimento; crescere come discepoli di Cristo, coltivando i dono dello Spirito Santo, così che la Chiesa in Australia continui ad essere trasformata dalla forza della resurrezione di Cristo”. Per questo, i presuli sottolineano l’importanza della preghiera, ribadendo che è necessario “pregare con più attenzione, con più calma, con più tempo a disposizione e con maggior frequenza”. La preghiera, continuano i vescovi australiani, va recitata non solo nelle celebrazioni eucaristiche, ma anche a scuola, in ufficio, durante le attività parrocchiali o familiari. La Conferenza episcopale incoraggia quindi i fedeli a “guardare alla Sacra Scrittura”, cercando di comprendere cosa significhi “lectio divina” e come la Parola di Dio possa entrare a far parte della vita quotidiana. Infine, i vescovi informano che, sebbene l’Anno di grazia non abbia un programma prefissato, saranno numerose le liturgie e le celebrazioni che si terranno nei prossimi dodici mesi, coordinate da un referente specifico per ogni diocesi del Paese. “Tutti saremo incoraggiati – concludono i presuli – a riflettere sui nostri errori e sui nostri peccati come comunità di credenti, ma anche sui doni e sulla grazia che Dio ci ha dato”. (I.P.)

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    Taiwan: l’Anno della Fede al centro dell’Assemblea dei vescovi

    ◊   Nei giorni scorsi si è conclusa l’assemblea ordinaria primaverile della Conferenza episcopale regionale di Taiwan nella quale è stato rieletto presidente dei vescovi mons. John Hung Shan-chuan, arcivescovo dell’arcidiocesi di Taipei. Come riferisce l'agenzia Fides, al centro dei lavori – per la prima volta nella nuova sede della Conferenza episcopale - anche la preparazione dell’Anno della Fede. Per quanto riguardo le altre cariche, è stato confermato il vicepresidente, mons. Peter Liu Cheng-chung, arcivescovo della diocesi di Kaohsiung e il segretario generale mons. Martin Su Yao-wen, vescovo della diocesi di Taichung. Dalla riunione è venuto l’incoraggiamento a predicare il Vangelo con impegno e coraggio. (B.C)

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    Usa: sacerdote filippino, difensore dei tribali, vince il premio per l'ambiente

    ◊   Padre Edwin Gariguez, segretario della Caritas filippina vince il Golman Environmental Prize 2012 per la difesa delle popolazioni indigene di Mindoro (Filippine nord occidentali) minacciate dallo sfruttamento minerario. La premiazione "degli eroi e delle eroine dell'ambiente" si è tenuta lo scorso 16 aprile a San Francisco. "Come sacerdote cattolico - afferma padre Gariguez - quello che ho fatto in questi anni è parte della mia missione a servizio dei poveri e degli emarginati. Ho dedicato tutto me stesso allo sviluppo e alla difesa dei diritti delle popolazioni indigene, agricoltori e pescatori". "Per i tribali Mangyan, - aggiunge - la natura è come il grembo materno che ci sostiene e ci fa vivere". Padre Gariguez inizia la sua campagna contro le società minerarie alla fine degli anni '90, quando la Intex - compagnia norvegese - apre con il benestare del governo una miniera di nickel a Calapan (Mindoro orientale) in un'area protetta abitata dagli indigeni Mangyan. Insieme ai leader locali e a personalità della Chiesa cattolica fonda la Alliance Against Mining (Alamin), associazione che lotta contro lo sfruttamento indiscriminato del territorio nel settore minerario. Nel 2002 il governo locale vota una moratoria sulle miniere presenti nell'isola, ma la Intex continua con le sue estrazioni. Per costringere la compagnia a interrompere la sua attività, il sacerdote si reca in Norvegia dove incontra di persona alcuni parlamentari e azionisti della società. Con l'aiuto di una Ong norvegese egli deposita una denuncia all'Organizzazione Onu per la cooperazione e lo sviluppo economico. Nel 2009, il sacerdote organizza uno sciopero della fame di 11 giorni davanti al Dipartimento nazionale per l'Ambiente e le risorse naturali (Denr), che spinge i funzionari ad aprire un'indagine sulle violazioni ambientali della società. I risultati dell'inchiesta costringono l'azienda a chiudere in modo definitivo nel 2010. In questi anni, a causa delle numerose proteste e sit in, diversi membri dell'Alamin hanno ricevuto minacce di morte. Uno di loro, Ricardo Ganad, presidente dell'Association of Baragay Captains di Vitoria, è stato assassinato nel febbraio 2010. Secondo un recente rapporto dell'Asean, le Filippine sono il primo Paese al mondo per riserve minerarie. Tuttavia esse non vengono sfruttate per la carenza di infrastrutture e i movimenti anti-inquinamento. Christian Monsod, avvocato ed ex presidente della Comitato degli uomini d'affari cattolici della Conferenza episcopale filippina, sottolinea che il valore economico potenziale del settore è enorme e si aggira intorno agli 840 miliardi di dollari. Tuttavia, solo 31 grandi compagnie minerarie operano nel Paese, soprattutto nell'estrazione di nichel, oro e rame. Per Monsod le Filippine devono sfruttare questa opportunità in modo adeguato, creando progetti sostenibili e con il ricavato sviluppare le popolazioni indigene residenti nei luoghi di estrazione. (R.P.)

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    Francia: incontro della Cappellania nazionale dei gitani e nomadi

    ◊   Gitani e nomadi di Francia si incontreranno, tra venerdì e domenica prossima, a Lourdes, in occasione di un raduno nazionale della Cappellania francese a loro dedicata. Saranno presenti padre Bernard Fontaine, direttore del Servizio nazionale della Pastorale dei migranti e itineranti; mons. Raymond Centène, accompagnatore spirituale della Cappellania, e i delegati di 14 province francesi. La giornata vedrà alternarsi diverse riflessioni: la prima sarà dedicata alla Chiesa e sarà tenuta dal vescovo di Aire e Dax, mons. Gaschignard; padre Fontaine parlerà quindi del rapporto tra la Parola di Dio e il servizio al prossimo; seguirà un momento di preghiera con alcuni esponenti della Comunità di Taizé, mentre a chiudere l’incontro sarà la testimonianza di una coppia rom che vive in Francia da diversi anni. A guidare i momenti di riflessioni e di condivisione sarà un unico tema, ovvero “La Parola di Dio nutre la nostra fede in Cristo Risorto”. Infine, poiché gli attuali componenti della Cappellania dei gitani e nomadi sono giunti al termine del loro mandato triennale, verrà tracciato un bilancio dei risultati raggiunti fino ad ora e si chiederà a tutti i partecipanti all’incontro di suggerire delle linee-guida per il futuro. (I.P.)

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    Austria: bilancio positivo della Campagna quaresimale "digiuno dall'auto"

    ◊   Bilancio positivo per l’“Azione digiuno dall’auto” di quest’anno, la tradizionale campagna quaresimale promossa dalla Chiesa austriaca: oltre 14.600 persone hanno “digiunato”, ossia hanno rinunciato ad utilizzare l’automobile nel periodo della Quaresima. Il dato rappresenta un incremento dell’8% rispetto al 2011. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress ripresa dal Sir: gli organizzatori hanno comunicato che un terzo dei partecipanti ha partecipato quest’anno per la prima volta all’iniziativa e oltre la metà intende limitare l’uso dell’auto anche in futuro. Il “digiuno dall’auto” si ripete ormai da sette anni e rappresenta, secondo Hemma Opis-Pieber, rappresentante per l’ambiente della Chiesa cattolica austriaca, “una storia di successo vera e costante”. “Dopo che nel 2011 si sono succedute giornate infinite di polveri sottili e i prezzi della benzina hanno raggiunto nuovi record, vi sono ancora più motivi per lasciare l’auto parcheggiata e utilizzare i mezzi pubblici o la bicicletta”, ha aggiunto. Opis-Pieber ha annunciato l’eventualità di estendere l’azione a tutto l’anno per “aumentare la pressione sulla politica, incoraggiandola a promuovere azioni efficaci per una mobilità sostenibile”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 109

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