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Sommario del 17/04/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Gli auguri di una famiglia al Papa: "Da lui sempre coraggio e speranza. La nostra carezza per dirgli grazie"
  • Un convegno celebra i 400 anni dell'Archivio Segreto Vaticano
  • “Costantino il grande”: 1700 anni dopo Ponte Milvio, convegno sulla conversione del primo imperatore cristiano
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuovi scontri armati, Karthoum dichiara il Sud Sudan "Stato nemico"
  • Siria, non regge la tregua. Il ministro russo Lavrov: forze esterne minacciano la pace
  • La Nord Corea rifiuta le ispezioni dell'Aiea sul programma nucleare
  • Petrolio. L’Argentina nazionalizza Ypf. Madrid: rotto lo spirito di amicizia
  • Romney: profilo del candidato repubblicano che sfiderà Obama
  • Amazzonia, triplicato il disboscamento. Mons. Giovenale: speriamo nel vertice di Rio
  • La denuncia di Antigone: istituti di pena sovraffollati, nonostante lo "svuota-carceri"
  • Giornata mondiale dell’emofilia: solo il 25% dei malati ha accesso alle cure
  • Ricordo di padre De Fiores, mariologo di fama mondiale
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • L'Unione Africana sospende la Guinea Bissau. I vescovi chiedono il dialogo
  • Timor Est: il nuovo presidente è Taur Matan Ruak
  • Jim Yong Kim dal primo luglio alla guida della Banca Mondiale
  • Sudan: dura condanna dei vescovi per il nuovo inasprirsi del conflitto tra Nord e Sud
  • Turchia: per i vescovi "buone possibilità" per il riconoscimento giuridico della Chiesa
  • Francia: per le presidenziali appello delle Associazioni cristiane
  • El Salvador: dopo tre mesi gli occupanti lasciano la cattedrale di San Salvador
  • Cile: Plenaria dei vescovi su evangelizzazione e missione giovani
  • Sud Corea: i leader delle religioni condannano il nucleare
  • Indonesia: cristiani protestanti manifestano contro l’esproprio dei luoghi di culto
  • Orissa: dopo il rilascio degli ostaggi italiani si guarda allo sviluppo delle comunità tribali
  • Rwanda: appello dei vescovi in difesa della famiglia
  • Kenya: missionario a Korogogho vince premio per i diritti umani
  • Australia: i nuovi media al centro del Congresso nazionale della stampa cattolica
  • Croazia. I vescovi: "no" alla legislazione d’urgenza sulle questioni Ue eticamente sensibili
  • Il Papa e la Santa Sede



    Gli auguri di una famiglia al Papa: "Da lui sempre coraggio e speranza. La nostra carezza per dirgli grazie"

    ◊   L’onda di stima e affetto che dalla Chiesa universale, e da ampie parti di istituzioni civili e sociali internazionali, ha raggiunto ieri il Vaticano per l’85.mo compleanno di Benedetto XVI non si è esaurita. A voler condividere questi giorni di festa del Papa sono in modo particolare le famiglie, alle quali il Pontefice ha dedicato di recente parole di sostegno molto apprezzate. Famiglie che, tra un mese e mezzo si stringeranno attorno a Benedetto XVI nel raduno mondiale di Milano. Alessandro De Carolis ha chiesto a Angelo e Monica De Santis – coppia responsabile per la regione Lazio dell’Associazione Famiglie Numerose – che cosa abbiano lasciato in loro le riflessioni di Benedetto XVI:

    R. – (Angelo) In questo tempo, dove veramente alcune di queste famiglie sono assimilate alla crocifissione di nostro Signore Gesù Cristo, per tutto quello che vivono, in questo tempo dove tutto ciò che ci circonda sembra essere contrario alla famiglia, le parole del Santo Padre mi hanno suscitato speranza e forza per andare avanti. Non si può, infatti, dire di “no” alla vita.

    R. – (Monica) Le parole del Papa, pronunciate il Venerdì Santo durante la Via Crucis, mi hanno dato coraggio, perché oggi essere delle famiglie, oltretutto numerose, sembra un andare controcorrente. Invece il, Papa ci ha incoraggiato – almeno a me ha dato coraggio – a continuare quest’opera che il Signore ci ha chiamato a fare: quella di avere dei figli e crescerli nella fede. Per cui, ho visto che davvero non siamo soli: che il Signore, in Gesù Cristo, ci aiuta in tutti gli eventi della nostra vita quotidiana, di tutti i giorni.

    D. – In che modo la vostra Associazione si sta preparando per l’Incontro mondiale delle famiglie di Milano?

    R. – (Angelo) La cosa bella di questa Associazione è che ci stiamo organizzando al nostro interno in modo autonomo, nel senso che abbiamo chiesto a tutte le famiglie di Milano e dintorni, nel raggio di 100 km, di ospitare tutte le famiglie numerose italiane che desiderino partecipare a questo evento. E la prontezza da parte di famiglie, che già hanno otto-nove componenti a ospitarne altri sei-sette in una stessa casa, o in più case, è veramente commovente.

    R. – (Monica) Questo ci fa capire come sicuramente la famiglia insegni anche ai giovani di oggi, quindi ai nostri figli, il valore della comunione fra noi: la condivisione dei beni, del tempo. Questo ci fa sperimentare come la condivisione di quello che uno ha – che sia poco o tanto – sia una cosa bella.

    D. – Benedetto XVI ha mostrato in molte circostanze la sua grande attenzione pastorale verso le famiglie. Quale augurio sentite di rivolgergli, in questi giorni di festa per lui?

    R. – (Monica) Intanto, sono grata al Santo Padre, che non perde occasione per dare forza a noi famiglie. Quello che io vorrei fare al Papa, come augurio per il suo compleanno e per il Pontificato, è proprio che il Signore gli doni la grazia di poter ogni volta annunciare Gesù Cristo, come ha fatto fino adesso: anche nelle difficoltà, nella fatica, nell’età che avanza. Che sempre il Signore gli possa dare questo spirito.

    R. – (Angelo) E’ veramente emozionante questa domanda per me. Se mi posso permettere, per una volta mi piacerebbe parafrasare una frase famosa di Papa Giovanni XXIII, quando dalla finestra del suo studio diceva di portare una carezza del Papa ai propri figli. Ecco, mi piacerebbe portare in questo momento una carezza al Santo Padre, per tutto quello che lui ha fatto e che sta facendo per le famiglie. (ap)

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    Un convegno celebra i 400 anni dell'Archivio Segreto Vaticano

    ◊   L’Archivio Segreto Vaticano, dove sono custoditi tutti gli atti e i documenti della Santa Sede, celebra quest’anno il quarto centenario dalla sua fondazione. Tra le iniziative in corso, tra cui la mostra “Lux in Arcana” in Campidoglio, un convegno in Vaticano, intitolato “Religiosa Archivorum Custodia”. A partire da questa mattina, e per due giorni, importanti studiosi ripercorreranno la storia dell’archivio, la sua importanza culturale e i risultati delle ricerche più recenti. Il servizio di Michele Raviart:

    Ammantato da un’aura di mistero dovuta a una superficiale interpretazione del suo nome, l’Archivio Segreto Vaticano – dove “segreto” va inteso nell’accezione latina di “privato” – è una raccolta di documenti eccezionali, unica per dimensioni e profondità storica. Costituito originariamente da manoscritti risalenti al pontificato di Gregorio VII (1073-1085) e sopravvissuti allo scisma avignonese, l’Archivio fu fondato da Paolo V Borghese nei primi anni del Seicento, come ci spiega mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio.

    “L’Archivio vaticano si sviluppa verso il 1611, i primi versamenti terminano nel 1614, ma poi proseguono ancora. Quindi, sono secoli e secoli di registrazione di lettere partite dai Papi o ricevute dai Papa, di documenti della Camera Apostolica, e naturalmente di documentazione diplomatica dei vari nunzi, delle missioni diplomatiche, dei Concili, dei Sinodi etc. Allora, l’archivio stava in 400 metri lineari. Oggi, raggiunge 85 chilometri lineari.

    Istituito “per servire il Romano Pontefice e la sua Curia”, l’archivio fu spostato per volontà di Napoleone a Parigi nel 1810, per poi tornare a Roma dopo il Congresso di Vienna. Superate le perdite dovute al trasferimento, l’Archivio fu poi aperto alla libera consultazione degli studiosi da Papa Leone XIII nel 1881. Da quel momento, non si contano gli istituti internazionali sorti a Roma per studiare i documenti dell’archivio, come ci spiega lo storico tedesco, Arnold Esch:

    “E’ il più grande Archivio al mondo, almeno per quanto riguarda il Medioevo, e soprattutto è un Archivio con un materiale universale. Qui, sono nati studi e libri francesi, dove non appare nessun francese, e libri tedeschi dove non appare nessun tedesco, perché è un materiale che è di tutti.

    Nonostante l’impegno degli studiosi, buona parte dell’Archivio segreto rimane ancora inesplorata. Si tratta non solo, come è ovvio, dei documenti della Segreteria di Stato dell’attuale Pontificato, ancora riservati, ma soprattutto dello sconfinato materiale proveniente dalle nunziature e dal periodo della Seconda guerra mondiale. Il cardinale bibliotecario, Raffaele Farina:

    “L’Archivio Segreto Vaticano condivide con la Biblioteca anche un importante compito di tipo culturale. La cultura è come un ponte per il dialogo, in tutti gli ambiti, quindi anche in quello della Chiesa cattolica verso le altre confessioni cristiane e verso l’ebraismo, l’islamismo, verso il mondo laico in generale. La cultura apre al dialogo e rende possibile ciò che forse con un contatto più immediato, più diretto, non sarebbe realizzabile”.

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    “Costantino il grande”: 1700 anni dopo Ponte Milvio, convegno sulla conversione del primo imperatore cristiano

    ◊   “Costantino il Grande. Alle radici dell’Europa”, il titolo del Convegno internazionale organizzato in Vaticano dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche, a rimarcare un anniversario: 1700 anni dalla Battaglia di Ponte Milvio e dalla conversione del primo imperatore cristiano di Roma. Il programma dell’evento è stato illustrato stamane nella Sala stampa vaticana da padre Bernard Ardura, presidente del dicastero promotore, insieme a Claire Sotinel, dell’Ecole Française de Rome e dell’Université de Paris-Créteil e a Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Da domani pomeriggio l’apertura nell’Aula del Sinodo, poi il trasferimento nel Collegio Teutonico, ed ancora il giorno dopo alla Pontificia Università Lateranense, per tornare sabato 21 aprile in Vaticano, con la proiezione del film “Costantino il Grande” girato nel 1960 da Lionello De Felice. Quattro giorni intensi di lavoro per gli studiosi invitati da tutto il mondo per aggiornare le ricerche su questo grande personaggio storico. Giovanni Maria Vian:

    “La questione costantiniana è un nodo cruciale della storia del cristianesimo, perché tocca il rapporto tra sfera religiosa e dimensione politica”.

    Tante ancora oggi le domande per gli storici, e non solo, di Paesi, lingue, orizzonti accademici. Ha osservato Claire Sotinel:

    “Un’analisi storica, attenta e critica ci concede di capire quello che è successo dopo la vittoria di Ponte Milvio per aiutarci a riflettere nel secolo 21.mo su questioni importanti come le interazioni tra religione e potere politico, la costituzione di un orizzonte religioso plurale, le possibilità di convivenza tra religioni diverse e ben altro”.

    Il 28 ottobre del 312, Costantino poneva la sua vittoria contro Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio sotto il segno della Croce. Padre Ardura:

    “Questa battaglia non fu – sembra – un evento di grande rilievo dal punto di vista propriamente strategico-militare, ma assurse rapidamente al ruolo di simbolo fondativo di un mondo nuovo nato dall’incontro di Costantino con il cristianesimo”.

    La svolta costantiniana disegna il profilo dell’Europa occidentale e balcanica:

    “Un’Europa in cui sono sbocciati i valori di dignità umana, di distinzione e cooperazione fra religione e Stato, di libertà di coscienza, libertà di religione e libertà di culto”.

    Realtà "in nuce" nella svolta costantiniana, secondo padre Ardura, che rimanda al dibattito i tanti interrogativi tra cui alcuni ricordati dalla prof.ssa Sotinel: Costantino si è convertito sinceramente nel 312, o si trattò di mossa politica o era già cristiano da tempo?

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La gioia della fede: in prima pagina, José Maria Gil Tamayo sul messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della gioventù.

    Nell'informazione vaticana, l'omelia della messa celebrata dal Papa nella ricorrenza del suo compleanno e del suo battesimo, e il discorso ai rappresentanti delle comunità bavaresi.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, le sempre più drammatiche condizioni delle popolazioni al confine tra Sudan e Sud Sudan.

    Questioni di libertà: in cultura, il cardinale presidente emerito del Governatorato dello Stato Città del Vaticano, Giovanni Lajolo, sui rapporti di sovranità civili e religiose.

    Il vescovo Enrico dal Covolo e Angelo Di Berardino sul convegno (che si apre domani) a 1700 anni dalla battaglia di Ponte Milvio e dalla conversione di Costantino.

    Andrea Possieri sull'impietoso ritratto dell'Italia nell'ultimo libro di Giampaolo Pansa di "Tipi sinistri. I gironi infernali della casta rossa".

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    Oggi in Primo Piano



    Nuovi scontri armati, Karthoum dichiara il Sud Sudan "Stato nemico"

    ◊   Sudan e Sud Sudan ai ferri corti. Proseguono gli scontri armati nelle zone di confine. Al centro del contrasto la gestione dei territori ricchi di petrolio. Ieri, i bombardamenti - secondo quanto denunciato dal ministro dell’Informazione del Sud - hanno colpito anche un campo dell’Onu vicino al villaggio di Mayom, nel quale hanno perso la vita una decina di persone. E oggi il parlamento di Karthoum ha votato una risoluzione che definisce “nemico” il governo di Juba. Una situazione che rischia di sfociare in una nuova e sanguinosa guerra. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Giovanni Sartor, della Campagna umanitaria per il Sudan:

    R. – Questo timore serpeggia tra tutti noi, che seguiamo da anni le vicende prima del Sudan e oggi del Sudan e del Sud Sudan. La situazione effettivamente è molto deteriorata in questi ultimi giorni. Evidentemente, è un chiaro segnale di un’escalation che potrebbe portare a una vera e propria guerra tra i due Paesi.

    D. – Le organizzazioni umanitarie denunciano il fatto che sta peggiorando una situazione umanitaria già grave...

    R. – Sicuramente, è un problema legato allo status dei sud sudanesi nel Nord Sudan. L’accordo tra Sudan e Sud Sudan, che doveva in qualche modo sancire uno status particolare per i sud sudanesi ancora residenti in Sudan, non è stato poi firmato. Quindi, loro ad oggi risultano illegali nel Paese. Questo, chiaramente, ha spinto molti sud sudanesi a ritornare verso il proprio Paese di origine e una delle zone di transito è proprio la frontiera, dove in questo momento sono in corso i bombardamenti da un lato e il conflitto sul terreno dall’altro. E’ chiaro che questa è una situazione che pregiudica la sicurezza delle persone che stanno rientrando in Sud Sudan e rende molto difficile l’assistenza umanitaria, che non può intervenire in un contesto di guerra.

    D. – Tra i due Paesi c’è soltanto un contrasto dovuto alla gestione delle zone ricche di petrolio, che si trovano proprio al confine, o c’è anche qualcos’altro?

    R. – Gli episodi di guerra di questi giorni sono fortemente legati alla questione petrolifera. Ci sono, poi, altre questioni legate all’accordo globale di pace, che non sono state risolte con l’indipendenza del Sud Sudan. (ap)

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    Siria, non regge la tregua. Il ministro russo Lavrov: forze esterne minacciano la pace

    ◊   In Siria prosegue la missione degli osservatori dell’Onu per vigilare sul cessate-il-fuoco, ma la repressione non si ferma: oltre 30 le vittime nelle ultime 24 ore. E il capo della diplomazia russa Lavrov accusa “forze esterne” di minare il piano di Pace. Il servizio di Cecilia Seppia:

    La tregua non regge in Siria e il fuoco dei soldati di Assad ha colpito anche oggi decine di persone. Bombardamenti sono in corso a Daraa e in altre città del sud, mentre almeno 11 proiettili di mortaio sono piovuti stamane su Homs. Prosegue nel caos la missione dei sei osservatori delle Nazioni Unite, il cui unico compito è quello di monitorare la situazione e vigilare sul piano di pace dell’inviato speciale per Onu e Lega Araba, Kofi Annan. Nelle prossime ore, ne arriveranno altri 24. Il regime di Damasco ha perso di credibilità, fa sapere un esponente dell’opposizione che ribadisce: il negoziato con le autorità siriane è possibile solo con le garanzie degli organismi internazionali.

    Intanto, il ministro degli esteri russo, Lavrov, punta il dito contro non ben specificate forze esterne accusandole di minare la pace. “Stanno consegnando armi all’opposizione e stimolando l’attività dei ribelli che continuano ad attaccare quotidianamente sia le infrastrutture governative sia quelle civili'”, ha denunciato in dichiarazioni trasmesse alla tv di Mosca. Comunque per il premier turco Erdogan il cessate-il-fuoco non risolve la crisi siriana e non risponde alle esigenze del popolo.

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    La Nord Corea rifiuta le ispezioni dell'Aiea sul programma nucleare

    ◊   La Corea del Nord non accetterà più l'arrivo di ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) per verifiche sul suo programma d'arricchimento dell'uranio. Il ritorno era stato accettato inizialmente da Pyongyang il 29 febbraio, nell'ambito di un accordo con gli Stati Uniti che prevedeva aiuti alimentari in cambio della sospensione di missili balistici. Ma proprio nei giorni scorsi il lancio di un razzo nordocoreano ha provocato la condanna delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, che hanno minacciato nuove sanzioni. Fausta Speranza ha intervistato Maurizio Simoncelli dell’Archivio Disarmo:

    R. – Il rifiuto da parte della Corea del Nord era prevedibile proprio perché, da parte degli Stati Uniti, c’è stato un ripensamento negli aiuti alimentari promessi alla Corea del Nord dopo che Pyonyang aveva fatto questo test missilistico. Ricordiamo che la Corea del Nord ha chiesto agli Stati Uniti, in particolare, l’aiuto di svariate tonnellate di prodotti alimentari in cambio di un blocco, di un rallentamento, di una moratoria nell’ambito nucleare. Dopo che gli Stati Uniti avevano accordato questi aiuti, la Corea del Nord ha deciso di mettere in orbita un satellite, ufficialmente, a scopi civili. A questo punto, gli Stati Uniti, per ritorsione, hanno detto che non avrebbero più dato questi aiuti e così siamo rimpiombati in quel "tira e molla" che va avanti da anni tra la comunità internazionale e la Corea del Nord. Non dimentichiamo che il Paese non è la prima volta che tenta di mettere in orbita missili, satelliti. Ha fatto già altre volte lanci di missili, non è qualcosa di nuovo. Ha fatto test missilistici nel 1998, nel 2009, e ha fatto test nucleari nel 2006, nel 2009, per festeggiare anniversari e per rafforzare il senso di potenza della Corea del Nord.

    D. – Ma se il lancio è una prova di forza, di quale forza parliamo? La Corea del Nord è indebolita dall’isolamento internazionale e la popolazione è povera. Continua però a puntare sul militare…

    R. – Ci troviamo di fronte a un regime che ragiona in termini diversi da quelli che noi possiamo immaginare. Le stime dicono che il costo di tutto questo ultimo progetto del lancio del satellite è stato all’incirca di 850 milioni di dollari, una cifra che servirebbe ad alimentare tranquillamente la popolazione almeno per un anno, considerato che ha un deficit alimentare annuo di 400 mila tonnellate. Questo potrebbe certamente dare fiato a una popolazione stremata dalla fame, dalla miseria. ma c’è una logica, che è quella tipica di tutte le dittature, purtroppo: quella di puntare sullo strumento militare come strumento di potenza. Lo abbiamo visto nel passato, lo vediamo tuttora. A noi sembra una contraddizione. Un governo che punta tutto sullo strumento militare, a fronte di una terribile crisi economica, alimentare, che sta colpendo duramente la popolazione, al punto tale che hanno ridotto il numero dei centimetri di altezza per poter entrare nelle forze armate addirittura a 1,42 cm perché la popolazione si sviluppa di meno essendo sottoalimentata: ci rendiamo conto che in realtà il quadro è estremamente preoccupante proprio nell’ambito di questa logica per noi assurda. Aggiungerei un altro elemento. La Corea del Nord ha come punto di forza anche la sua tecnologia in ambito missilistico e nucleare, che mette a disposizione gli altri eventuali acquirenti come Iran e Siria. Ricordiamo che la Siria - che è stata obiettivo di un bombardamento israeliano un paio di anni fa proprio perché aveva realizzato una sua base sperimentale, apparentemente segreta ma che poi è stata ben individuata dai servizi di intelligence di Tel Aviv - aveva acquistato questo tipo di tecnologia dalla Corea del Nord. Questo tipo di rapporto tra Corea del Nord-Iran-Siria è un rapporto importante, che e quindi anche far vedere che si è in grado di spedire satelliti nello spazio, di avere missili a lungo raggio, è comunque una prova non solo di forza dal punto di vista militare, ma anche un’operazione commerciale rispetto ad alcuni clienti, che altrimenti sul mercato non troverebbero altri venditori disponibili. (bf)

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    Petrolio. L’Argentina nazionalizza Ypf. Madrid: rotto lo spirito di amicizia

    ◊   Tensione tra Argentina e Spagna per la decisione di Buenos Aires di nazionalizzare il ramo sudamericano (Yacimientos Petrolíferos Fiscales) del gigante petrolifero spagnolo Repsol. In sostanza, il governo argentino tornerà ad assumerne il controllo del 51% delle azioni di Ypf. Madrid ha definito come “ostile” la decisione che di fatto “rompe lo spirito di amicizia” tra i due Paesi e ha parlato di prossime “ritorsioni”. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Ignacio Lara docente di Processi Politici e Sviluppo Economico dell'America Latina alla Cattolica di Milano:

    R. – Quello che sta cercando di fare l’Argentina è riprendersi la sovranità energetica. Il Paese infatti è uno dei pochi al mondo ad aver privatizzato l’intero settore negli anni Novanta. Dal 2004, però, soffre di una specie di crisi energetica, soprattutto per quanto riguarda il gas naturale. Il problema di questi ultimi anni riguarda soprattutto la mancanza d’investimenti di Repsol-Ypf nel territorio argentino: motivo per cui l’Argentina, che ha importanti riserve di petrolio e di gas naturale, si vede costretta ad importare gas e petrolio.

    D. – Alcuni definiscono questa manovra pericolosa, perché dicono che l’azienda petrolifera è ormai un “gigante morto”…

    R. – Non del tutto. L’Argentina possiede – grazie alle nuove scoperte tecnologiche in materia di estrazione di gas naturale – il 12% di gas naturale non convenzionale al mondo, dietro a Cina e Stati Uniti, rappresentando con ciò la terza riserva planetaria. Potenzialmente, quindi, questa azienda potrebbe avere delle possibilità per crescere e per aumentare riserve e produzione di idrocarburi.

    D. – Però, in questo momento per Repsol si stratta di un duro colpo: infatti il titolo è crollato nelle Borse di New York e Madrid…

    R. – Sì, perché anche se l’Argentina vuole farsi carico dell’azienda, il settore privato non vede il governo argentino come un governo di cui fidarsi.

    D. – Si può dire superata la crisi che si è verificata all’inizio degli anni Duemila?

    R. – Sì, quella crisi, grazie al default dichiarato e alla fine della convertibilità tra il peso e il dollaro statunitense, è passata. Inoltre, l’ingresso della Cina nel mercato internazionale è stato un fattore determinante nella ripresa. E’ vero che l’Argentina ha un problema che si chiama inflazione – sebbene il governo argentino continui a modificarne i dati ufficiali, che danno un’inflazione intorno all’8-9%, mentre quella reale è intorno al 20% – ma anche se si tratta di un tasso molto elevato, fino allo scorso anno il Paese è cresciuto a tassi cinesi, intorno all’11-12%. Da quest’anno, comincia invece a risentire dell’impasse dell’economia globale, soprattutto delle difficoltà che stanno vivendo le economie cinese e brasiliana, che sono i principali partner dell’Argentina. A ogni modo, l’Argentina continuerà ad avere tassi positivi di crescita per quest’anno e per i prossimi.

    D. – Quindi, possiamo dire che l’Argentina da una parte sta prendendo una posizione forte in un’ottica di crescita e, dall’altra, la Spagna subisce un colpo in un momento di crisi globale?

    R. – L’ultima cosa della quale l’attuale governo spagnolo aveva bisogno era proprio quella di aprire un nuovo fronte problematico, anche perché il governo spagnolo ha avuto sempre una politica molto attiva: è stato uno dei principali investitori nella regione e non soltanto in Argentina. Durante la famosa crisi argentina nel 2001-2002, il governo spagnolo si è dimostrato fraterno nel cercare di aiutare il Paese. E penso anche che questo cambiamento nella politica energetica argentina si sarebbe potuto attuare in altro modo, senza creare un ulteriore aggravio ad un partner importante per il Paese. Questa azione, però, risponde anche al tipo di politica interna, caratterizzata da una notevole polverizzazione sociale e politica. Il governo di Cristina Fernández de Kirchner sta cercando di dare dei segnali molto forti in un momento in cui il rallentamento economico potrebbe minare la sua popolarità. Chiaramente, rinazionalizzare il settore energetico è un segnale molto forte per la popolazione argentina, per aumentare – diciamo così – il livello di patriottismo e di appartenenza alla nazionale. Così come lo è anche tutto il discorso sulle Isole Malvinas, che rappresenta un altro fronte molto importante in politica estera e che coinvolge un altro Paese dell’Unione Europea. (mg)

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    Romney: profilo del candidato repubblicano che sfiderà Obama

    ◊   Negli Stati Uniti, con l’uscita di scena di Rick Santorum, l’ex governatore del Massachusetts Mitt Romney è ora a tutti gli effetti il candidato che sfiderà Barack Obama nelle presidenziali del prossimo 6 novembre. Per un profilo sul candidato repubblicano, Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Mastrolilli, inviato de “La Stampa” a New York, che ha incontrato Mitt Romney all’inizio della sua campagna elettorale:

    R. - L’ho incontrato all’inizio delle primarie in Iowa, durante un comizio che aveva tenuto. Poi, l'ho rivisto anche in Alabama durante un breakfast che ha organizzato con i suoi sostenitori in occasione del suo compleanno. E' una persona che si presenta bene: questa è la ragione principale per la quale i repubblicani - almeno l’establishment - hanno puntato su di lui. Naturalmente è un uomo di grande esperienza, ma è anche un uomo molto affabile, molto gentile.

    D. - Guardando alla politica interna, cosa lo contraddistingue di più rispetto al presidente, soprattutto sul fronte economico, che poi è il grande tema di queste elezioni?

    R. - Romney ha basato la sua campagna elettorale sul proprio curriculum di uomo d’affari. Prima di entrare in politica, gestiva una grande compagnia di investimenti. Su questo lui ha basato la propria campagna elettorale, almeno nella prima fase, perché lui stesso si ritiene una persona che ha lavorato nell’economia reale degli Stati Uniti e quindi sa come rilanciarla. La prima differenza, rispetto al presidente Obama, è la determinazione che è un “classico” per i repubblicani, di ridurre le tasse. Loro naturalmente ritengono che, lasciando i soldi nelle tasche dei cittadini, si aumentino i consumi, si aumenti la spesa, e quindi si aiuta l’economia a riprendersi. Soprattutto, sostengono che lasciando i soldi nelle tasche delle imprese, dei grandi imprenditori, si favoriscono i loro investimenti e quindi la ripresa economica.

    D. - La politica estera sembra essere la grande assente, soprattutto lo è stato nelle primarie repubblicane. Con Mitt Romney, eventualmente alla Casa Bianca, si tornerebbe all’unilateralismo di Bush, oppure quella stagione è sicuramente finita?

    R. - La politica estera è scomparsa dal dibattito delle primarie anche perché c’era l’impressione che non fosse una delle emergenze. Il presidente Obama ha ottenuto dei risultati abbastanza positivi nella lotta al terrorismo, primo fra tutti naturalmente l’eliminazione di Osama Bin Laden, ha chiuso la guerra in Iraq, sta chiudendo la guerra in Afghanistan... Sembrava che questi temi non fossero al centro delle preoccupazioni degli americani, preoccupati piuttosto, per la crisi economica. Però, su questi punti in realtà i consiglieri di Romney stanno facendo una riflessione: stanno valutando la necessità, l’opportunità, di andare all’attacco del presidente anche su queste questioni. Per esempio, adesso la Corea del Nord ha fatto questo test missilistico, che per quanto sia fallito, ha riproposto ovviamente il problema di cosa fare con questo Paese molto difficile da gestire. Resta aperta la questione del nucleare iraniano, la crisi in Siria continua... Quindi i repubblicani stanno meditando di andare all’attacco del presidente Obama anche su questi temi. Alcuni dei consiglieri che ha scelto, sono legati alla passata amministrazione Bush e potrebbero far ritornare alcune delle idee, che la precedente amministrazione repubblicana, aveva già utilizzato per gestire il suo rapporto con il mondo.

    D. - La fede ha sempre un valore e un peso importante nelle presidenziali americane e nella politica più in generale. Mitt Romney è mormone: questo dato in che modo potrebbe influenzare la sua campagna elettorale?

    R. - All’inizio si era parlato molto di questo, e soprattutto del fatto che questo creasse un po’ di preoccupazione nella base evangelica, nella base conservatrice del partito repubblicano. Questo tema è però rimasto un po’ fuori dalle righe della campagna elettorale, per ora. Se ne parla, ma non se ne parla al punto di farne una questione fondamentale. Quello che importa soprattutto sono invece le posizioni che Romney ha preso sulle questioni che interessano alla base repubblicana, alla base religiosa e quindi soprattutto le questioni della vita, le questioni sociali. Su questo, Romney deve un po’ recuperare, perché in passato aveva preso delle posizioni, aveva fatto delle scelte che non convincevano. Romney viene dal Michigan, è cresciuto in Massachusetts, uno “Stato liberal”, ed anche lì in passato, aveva sostenuto ad esempio, di non essere nettamente e decisamente contro l’aborto. Queste sono le dichiarazioni che hanno insospettito la base repubblicana e sulle quali Romney ora sta cercando di lavorare per recuperare il consenso. (bi)

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    Amazzonia, triplicato il disboscamento. Mons. Giovenale: speriamo nel vertice di Rio

    ◊   In Brasile, la foresta amazzonica resta il centro di molte preoccupazioni: secondo i dati dei primi tre mesi di quest’anno, il ritmo della deforestazione è triplicato rispetto allo stesso periodo del 2011. E il 5 aprile scorso, è stata uccisa un’attivista locale, che aveva denunciato le segherie abusive e le occupazioni illegali di terre. Di questo tragico episodio, ultimo di una serie che dura da anni, Davide Maggiore ha parlato con il vescovo di Abaetetuba, mons. Flavio Giovenale:

    R. – E’ una questione storica, nel senso che per secoli l’Amazzonia è stata quasi abbandonata. Ciò vuol dire che anche la presenza dello Stato, attraverso i suoi mezzi legali, è sempre stata molto piccola. Questo si è aggravato negli ultimi 30 anni, con le grandi scoperte minerali nella regione. Sono venute persone disposte a fare razzia delle ricchezze naturali dell’Amazzonia, sia minerali che forestali. Perciò, in pratica, l’Amazzonia sta vivendo adesso un’epoca di frontiera, che ha creato queste tragedie.

    D. – Che sforzi sono stati fatti per contrastare questo fenomeno?

    R. – Anche a livello legale, il Brasile ha fatto passi molto importanti e soprattutto i procuratori della Repubblica sono molto attivi. Si è passati poi dalla mentalità di 30-40 anni fa – in cui si diceva "pagheremo il progresso con il fumo delle ciminiere, con il fumo dei boschi bruciati per fare allevamenti" – ad un'altra mentalità per cui la vera ricchezza dell’Amazzonia è uno sviluppo attraverso il rispetto della natura, in modo che queste ricchezze non vengano a mancare. Poi si è passati a quella che si chiama la coscienza ecologica umana, cioè il rispetto non solo per gli alberi, ma per le persone che vivono in questa regione, specialmente dei popoli tradizionali.

    D. – Su questi popoli potrebbero avere un impatto anche i progetti idroelettrici in corso di realizzazione in varie parti della regione amazzonica?

    R. – Uno dei problemi maggiori adesso è quello dell’energia. In molte parti, anche in Europa, quando si parla di energia pulita si parla anche di energia idroelettrica. Invece, in Amazzonia sarebbe uno dei peggiori mezzi per creare energia elettrica, perché l’Amazzonia è un’enorme pianura. Per fare una diga, quindi, che abbia un livello d’acqua per poi far girare le turbine bisogna fare dei laghi immensi, e questi laghi prendono aree sia indigene che della popolazione. La più grande sfida adesso è quella di Bello Monte, nella città di Altamira, nello Xingù, che dovrà obbligare allo spostamento di 23 mila persone, secondo il governo. Molti di loro, però, non hanno documenti e quindi non avranno nemmeno i diritti all’indennizzo, ad avere la possibilità di essere spostati da un’altra parte.

    D. – A breve, proprio in Brasile, a Rio de Janeiro, si terrà il vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Può essere questa la sede per affrontare, con attenzione alla dignità della persona, anche i molti problemi della regione amazzonica che abbiamo citato?

    R. – Assieme al vertice di specialisti e di politici, ci sarà anche il vertice parallelo delle organizzazioni: sia Caritas Internationalis che la Caritas nazionale del Brasile, come anche varie altre Caritas nazionali, hanno confermato la partecipazione a questo vertice parallelo, per far sì che lo sviluppo abbia come centro l’essere umano. Un vertice mondiale non potrà restringersi all’Amazzonia. Essendo però in Brasile, l’Amazzonia sarà uno dei punti principali ad essere discusso, perché si possa dare forza anche al vertice ufficiale che si terrà il prossimo giugno. (ap)

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    La denuncia di Antigone: istituti di pena sovraffollati, nonostante lo "svuota-carceri"

    ◊   A quattro mesi dall'approvazione del decreto legge "svuota carceri", il sovraffollamento resiste ancora. La denuncia è di Antigone, Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, che oggi ha presentato il suo rapporto, come ogni anno al termine di una serie di visite agli istituti di pena. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Trecentododici è il numero dei detenuti in meno nelle carceri italiane da quando è entrato in vigore il decreto "svuota-carceri", alla fine del dicembre 2011. Un numero ben lontano dalle previsioni che avevano parlato di un calo di 5-6 mila unità. Il sovraffollamento negli istituti di pena non è stato dunque neanche scalfito - sono ancora 21 mila i detenuti in più - inoltre i posti reali sono molti meno di quelli che dovrebbero, visto che tanti reparti sono chiusi per manutenzione ordinaria o straordinaria. Alessio Scandurra, coordinatore dell’osservatorio carceri di Antigone:

    "Visitando gli istituti, si ha la percezione di un peggioramento: è passato un altro anno e si è ancora in una condizione di totale carenza di ossigeno. Non ci sono più soldi per fare niente: gli istituti stanno cadendo a pezzi letteralmente. Recentemente, è stato chiuso un pezzo del carcere di Livorno, abbiamo visto numerosissime celle chiuse e sezioni chiuse. Questo perché? Perché mancano le risorse per la manutenzione ordinaria e quindi se si rompe un tubo, non si riesce a ripararlo e si chiudono spazi… Questo vuol dire che la capienza è meno di quella che ci raccontiamo: la capienza effettiva negli istituti è più bassa dei dati ufficiali, perché per carenza di risorse e per carenza di manutenzione ci sono molti spazi chiusi".

    La regione con il più alto tasso di sovraffollamento è la Puglia, dove il numero di detenuti è il doppio rispetto alla capienza regolamentare, seguono Lombardia e Liguria. Ad avere più posti che detenuti è una sola regione, il Trentino Alto Adige. Ciò che ci si chiede è se nei prossimi mesi si potranno avere risultati più importanti di quelli raggiunti finora. Se, insomma, è solo una questione di tempo prima di vedere gli effetti dello svuota-carceri. Ancora Scandurra:

    "Io temo che non ci sia da sperare in ulteriori effetti poderosi. Probabilmente qualche altro detenuto in più andrà in detenzione domiciliare, ma temo che non saranno numeri tali da risolvere la situazione. Certamente non siamo davanti ad interventi di svuota-carceri. Sono interventi che, forse, hanno interrotto la crescita della popolazione detenuta e magari questo non è poco in un momento in cui la situazione era ingestibile, intollerabile… Le carceri, però, non si svuoteranno con queste norme: non ci sarà un calo della popolazione tale da risolvere la situazione".

    Un altro drammatico dato è quello dei suicidi in carcere: 17 nel primo trimestre di quest’anno:

    "Sono vicende drammatiche e, spesso, legate alle difficoltà della singola persona, ai drammi individuali. Contribuiscono però a segnalare la situazione di grande difficoltà del sistema. Il problema è che il sistema da tempo non riesce a conoscere tutte le persone di cui teoricamente è responsabile. Non riesce a creare un rapporto di conoscenza e quindi di comprensione di quale siano i loro problemi individuali, il loro livello di rischio rispetto a eventi come il suicidio o ai frequentissimi gesti di autolesionismo, che in carcere sono frequentissimi, i tentati suicidi ovviamente sono molti di più dei suicidi. Con questi numeri, il carcere non riesce a conoscere queste persone, non riesce a sapere quali sono i loro problemi e non riesce a produrre interventi in grado di risolverli. E’ una situazione drammatica. Ormai, dopo tutto questo tempo, non è più in gioco la dignità delle persone detenute: credo sia in gioco la dignità di un Paese, che non può accettare una situazione di questo tipo senza, appunto, mettere in discussione la propria dignità di Stato democratico".(mg)

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    Giornata mondiale dell’emofilia: solo il 25% dei malati ha accesso alle cure

    ◊   Si celebra oggi, in 113 Paesi, l’ottava Giornata mondiale dell’emofilia. Una patologia rara, di origine genetica, dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. Lo slogan scelto quest’anno dalla Federazione Mondiale per l’Emofilia è “Close the gap”, per evidenziare che nel mondo soltanto il 25% dei malati emofilici ha accesso alle terapie. Salvatore Sabatino ha intervistato Romano Arcieri, segretario generale della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo):

    R. – Sia a livello nazionale che a livello internazionale, c’è una carenza di accessibilità ai trattamenti e ai farmaci per i pazienti emofilici. Per esempio, il 75% dei pazienti a livello internazionale non ha ricevuto un adeguato trattamento, mentre a livello nazionale c’è una variabilità da regione a regione e la qualità dei trattamenti e dell’assistenza clinica ai pazienti è diversificata.

    D. – Perché, secondo lei, questa mancanza di attenzione da parte delle istituzioni nei confronti dei malati?

    R. – Questa carenza di attenzione è rivolta, in particolar modo, a una diversità e a una carenza di pianificazione nella programmazione regionale su alcuni temi, tanto più che le malattie rare sono spesso malattie particolari e la sensibilità politica potrebbe mancare da questo punto di vista.

    D. – L’emofilia, lo ricordiamo, è una malattia rara di origine genetica, dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. Ci può descrivere qual è il profilo di un malato?

    R. – La carenza di una proteina – la proteina ottava o la proteina nona del sangue – determina delle emorragie che colpiscono prevalentemente le articolazioni e i muscoli, ma possono colpire anche organi vitali, compromettendo seriamente la vita del paziente stesso. Ci si accorge di questa patologia quando il bambino è molto piccolo – intorno a un anno, un anno e mezzo – quando comincia a gattonare e compaiono degli ematomi e dei lividi vistosi sulle gambe. Solo allora comincia a esserci il sospetto di avere un fenomeno emorragico problematico, per cui il medico di famiglia o il pediatra mandano questi bambini ai centri specializzati per la diagnosi di questa patologia.

    D. – Ci sono, quindi, problemi anche di diagnosi della patologia?

    R. – Sì, la diagnosi è molto complessa: è necessario farla soltanto in centri capaci di poterla effettuare, perché i test sono specifici e non tutti i centri clinici hanno la possibilità di fare questa diagnosi. Solo alcuni centri di eccellenza identificati sul territorio possono farla. Questo è un problema serio, perché sul territorio non tutti i centri che praticano questa cura sono identificati a livello istituzionale e quindi spesso abbiamo per l’assistenza e la cura di questi pazienti anche un fenomeno di migrazione dei pazienti – in particolar modo dal sud verso il nord – per ricevere la diagnosi e le cure adeguate.

    D. – Esiste una cura?

    R. – Esiste una cura sostitutiva ed esistono dei prodotti, sia di provenienza plasmatica che da ingegneria genetica, definiti combinanti, che vengono somministrati per via endovenosa in questi pazienti: servono sostanzialmente per sostituire i fattori carenti. Non esiste una cura risolutiva attualmente presente. Si stanno facendo studi di ricerca su alcune terapie genetiche che potrebbero dare alcuni segnali, ma non nell’immediato: diciamo forse tra qualche anno.(mg)

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    Ricordo di padre De Fiores, mariologo di fama mondiale

    ◊   Grande partecipazione ieri ai funerali del teologo e scrittore, padre Stefano De Fiores, mariologo di fama mondiale, che si è spento nei giorni scorsi all'ospedale Sant'Anna di Catanzaro all’età di 78 anni, dopo problemi cardiaci. Le esequie si sono svolte nella chiesa Santa Maria della Pietà a San Luca, in Calabria, suo paese natale. Ripercorriamo la sua figura nel servizio di Cecilia Seppia:

    “Beati, mille volte beati, i sacerdoti di Gesù Cristo formati da Maria”. Così diceva Luigi de Montfort, un Santo che ha saputo conoscere, amare e far amare Dio a migliaia di persone avendo la Madonna come modello e guida. Al suo carisma si ispirò padre Stefano de Fiores. Nato a San Luca nel 1933, presto entrò nei Missionari monfortani e fu ordinato sacerdote nella Basilica di Loreto, il 21 febbraio del 1959. Da allora, l’impegno professionale e culturale fu in continua ascesa: docente di storia dell'Arte, Licenza in teologia presso la Pontificia Università Lateranense, laurea in Teologia Spirituale alla Gregoriana. Umile, riflessivo, amato e stimato da tutti oltre che teologo, era un esperto del culto della Vergine, studiava le apparizioni di Maria in tutte le parti del mondo, dedicando la sua vita all’insegnamento e alla predicazione e pubblicando numerosi libri. Tanti sono stati anche i riconoscimenti ricevuti. Ovunque andava, raccontava, come il più appassionato tra i cantori, dei mille volti di Maria, segno e strumento della salvezza umana, culmine di tutti i valori cristiani. Ascoltiamo un passaggio di una sua riflessione fatta dai nostri microfoni pochi mesi fa, in occasione della festa dell’Immacolata:

    "…qui Maria non dice: 'Io sono stata concepita Immacolata', ma dice: 'Io sono Immacolata Concezione'. Quindi – secondo un’interpretazione mariologica – la Vergine si identifica con il primo momento della sua concezione che è stata immacolata, perché tutta la sua vita è stata fedele a questo momento iniziale, per cui si può veramente identificare con l’Immacolata Concezione. E’, quindi, come una nuova rivelazione di Maria. Come a Mosè Dio ha detto: 'Io sono Colui che sono', cioè Colui che è presente, così adesso Maria si rivela Colei che è stata concepita immacolata, ma ha vissuto sempre in coerenza con questo dono iniziale da poter rappresentare veramente l’Immacolata Concezione".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    L'Unione Africana sospende la Guinea Bissau. I vescovi chiedono il dialogo

    ◊   L’Unione Africana (Ua) ha sospeso oggi la Guinea Bissau e ha prospettato sanzioni in seguito al colpo di Stato militare dello scorso giovedì. “Il Consiglio di pace e sicurezza dell’Ua – riferisce una nota ripresa dall'agenzia Misna – ha deciso di sospendere con effetto immediato Bissau e di congelare tutte le sue attività in seno all’organismo fino a quando l’ordine costituzionale non sarà ristabilito”. In un messaggio alla nazione, i vescovi cattolici della Guinea Bissau hanno intanto manifestato la loro preoccupazione per i recenti sviluppi e affermato che il colpo di Stato ha peggiorato una situazione già grave con conseguenze non prevedibili. Nel loro messaggio i vescovi “condannano questa opzione militare e tutte le forme di violenza intraprese per risolvere i nostri problemi” e auspicano il “rispetto della Repubblica e delle istituzioni democraticamente elette” così come il “ricorso alla via del dialogo come strada maestra per rinsaldare riconciliazione, giustizia e armonia sociale”. I vescovi concludono il loro messaggio appellandosi alla comunità internazionale perché “contribuisca a trovare soluzioni appropriate alla situazione attuale”. Fonti di Radio Sol Mansi hanno intanto riferito alla Misna che i militari hanno autorizzato le radio private a riprendere le loro trasmissioni ammettendo anzi di aver commesso un errore a bloccarle in precedenza. La mancanza di informazioni, hanno ammesso gli stessi vertici dell’esercito, ha contribuito ad aggravare la situazione e spinto una parte della popolazione di Bissau, soprattutto donne e bambini, a dirigersi nei villaggi di origine. (R.P.)

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    Timor Est: il nuovo presidente è Taur Matan Ruak

    ◊   È Taur Matan Ruak, ex capo delle forze armate, il nuovo presidente di Timor Est, la nazione più giovane dell’Asia e una delle poche a maggioranza cattolica. Secondo i dati della Commissione elettorale – riferisce l’agenzia Fides – ha ottenuto il 61% dei voti, contro il 38% del suo rivale Francisco Guteress. Dopo il voto, ha promesso di essere “il presidente di tutti”. Le elezioni “sono state caratterizzate da trasparenza e tranquillità, e si sono svolte senza tensioni. La situazione a Timor Est è stabile e questo è un buon segnale per il futuro del Paese” racconta il gesuita Bernard Arputhasamy, direttore del “Jesuit Refugees Service” per l’area Asia-Pacifico, che opera lì da diversi anni. “Speriamo nella buona governance che aiuti a sviluppare settori come istruzione, sicurezza alimentare, infrastrutture. Il tasso di povertà e disoccupazione a Timor Est è molto alto” aggiunge. Il Paese celebra quest’anno il primo decennio di indipendenza, ottenuta nel 2002 dall’Indonesia, e si prepara a un periodo di transizione visto che, dopo sei anni di missione, i Caschi blu dell’Onu hanno intenzione di lasciare il Paese. (G.M.)

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    Jim Yong Kim dal primo luglio alla guida della Banca Mondiale

    ◊   Sarà il medico statunitense di origine sud-coreana, Jim Yong Kim, a ricoprire dal 1° luglio la carica di presidente della Banca Mondiale al posto dell’americano Robert Zoellick. Nato a Seul nel 1959 ed emigrato negli Stati Uniti all’età di 5 anni, Kim è una figura di rilievo nell’ambito della sanità mondiale; ha insegnato medicina all’università di Harvard, è stato direttore responsabile del dossier Aids per l’Organizzazione Mondiale della Sanità e nel 2009 è stato nominato rettore del prestigioso ateneo “Dartmouth college”. La nomina di Jim Yong Kim è stata salutata con grande soddisfazione dall’amministrazione Obama, che lo aveva candidato lo scorso 23 marzo. “Sono convinto che la Banca Mondiale beneficerà delle sue solide qualità come dirigente” ha detto il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner parlando di una “esperienza accumulata nel corso della sua professione per risolvere problemi complessi”. Come presidente della Banca Mondiale, Kim cercherà di “allineare l’Istituto con un mondo che cambia rapidamente”, insieme a partner vecchi e nuovi, “per favorire una crescita sostenuta” e per “ridurre la povertà”. “La mia vita e il mio lavoro – ha detto – mi hanno portato a credere che uno sviluppo inclusivo è un imperativo economico e morale”. (G.M.)

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    Sudan: dura condanna dei vescovi per il nuovo inasprirsi del conflitto tra Nord e Sud

    ◊   Dura condanna dei vescovi sudanesi per il nuovo inasprirsi dei combattimenti tra il Nord e il Sud Sudan. In una dichiarazione diffusa ieri e ripresa dall’agenzia www.allafrica.com la Conferenza episcopale (Scbc) che riunisce i vescovi dei due Paesi, separati dal 9 luglio dell’anno scorso, parla di una guerra “vergognosa” accusando sia il Governo di Khartum e sia quello di Juba per le sofferenze che stanno infliggendo nuovamente alla popolazione civile, già stremata da decenni di guerre. Nella nota i presuli sudanesi esprimono inoltre il loro disappunto per l’atteggiamento sprezzante e ostinato mostrato dal Presidente sud-sudanese Salva Kiir verso la comunità internazionale, che – ricordano - ha sostenuto il popolo del Sud Sudan nella sua lotta per l’indipendenza e contro l’ingiustizia. La scelta della pace è difficile, ma è la via più sicura per la prosperità, mentre la guerra è sicuramente la via più facile e sicura verso l’inferno, affermano nella nota i presuli che rivolgono quindi un nuovo pressante appello ai due contendenti a risolvere i problemi ancora aperti con il dialogo e pacificamente. Infine, un appello alla comunità internazionale a non rinunciare ad aiutare i due Paesi a raggiungere una pace durevole e rapporti di buon vicinato. Il conflitto tra i due Sudan si è inasprito in seguito all’occupazione dei pozzi petroliferi di Heglig da parte dell’esercito del Sud la settimana scorsa, a cui Khartum ha risposto con diversi raid nel week-end che hanno causato diverse vittime. Nonostante gli appelli della comunità internazionale e della Chiesa, le tensioni non sembrano attenuarsi: il Parlamento di Khartum ha designato ier il Sud Sudan Stato "nemico". (L.Z.)

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    Turchia: per i vescovi "buone possibilità" per il riconoscimento giuridico della Chiesa

    ◊   Una riunione che “trascorsa in un clima sereno, lascia ben sperare. Con pazienza, dai colloqui intercorsi fra le due parti, si intravedono possibilità di raggiungere buone intese”. È quanto si legge in un breve comunicato in cui la Conferenza episcopale turca (Cet) traccia un bilancio della sua audizione avuta ieri presso la “Grande Assemblea”, corrispondente al Parlamento italiano, durante la quale ha esposto “i suoi problemi e le sue richieste da inserire nella nuova Costituzione che si sta preparando”. Come è noto - riferisce l'agenzia Sir - “la richiesta principale della Chiesa cattolica Latina è il suo riconoscimento giuridico come Chiesa in Turchia”. “I rappresentanti del Governo - riporta la nota della Cet - hanno comunque sottolineato che tale richiesta non dipende dalla nuova Costituzione, ma può essere accolta con una legge particolare. Nei prossimi incontri si prenderanno in considerazione i problemi delle proprietà delle Chiese, delle scuole, degli ospedali, e di altri beni di cui la Chiesa Cattolica Latina attualmente possiede i Titoli di Proprietà. Con pazienza - termina il comunicato - dai colloqui intercorsi fra le due parti, si intravedono possibilità di raggiungere buone intese”. L’incontro, come anticipato ieri dal Sir, è dovuto all’iniziativa dell’ambasciatore turco presso la Santa Sede, Kenan Gürsoy. La delegazione della Chiesa era composta da mons. Ruggero Franceschini, presidente Cet, da mons. Louis Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul, da mons. Georges Khazzoum (per gli armeno-cattolici), da mons. Yusuf Sað (per i sirocattolici) e dal portavoce della Cet, Rinaldo Marmara. Lo scorso 20 febbraio era stato sentito il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. (R.P.)

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    Francia: per le presidenziali appello delle Associazioni cristiane

    ◊   “L’attuale campagna presidenziale è inquietante”. “Falsità, promesse non mantenute, ricorso a capro espiatori suscitano la nostra indignazione”. “Ma indignarsi non basta. Abbiamo la nostra parte di responsabilità nelle scelte che andremo a fare”. Un appello dunque ai francesi ed una denuncia per come si sta svolgendo la campagna per le elezioni presidenziali che si terranno il 22 aprile (primo turno) e il 6 maggio (secondo turno). A lanciarli - riporta l'agenzia Sir - sono un cartello di sette associazioni cristiane al quale hanno aderito i presidenti dell’Associazione degli Intellettuali Cristiani; Ccfd-Terre Solidaire; Società San Vincenzo de Paoli, Aic; Cimade, Caritas (Secours Catholique) e Scout e Guide di Francia. Nell’appello - rilanciato dal quotidiano cattolico “La Croix” e dal giornale protestante “Réforme” e in Italia da Sir Europa - si sottolinea come anche la Francia sia caduta in un periodo di recessione: “La crisi è dappertutto, a tutti livelli. La società francese è fragile, peggio ancora, rischia di rompersi perché una parte crescente dei suoi membri brancola nella precarietà e nelle miseria”. L’appello presenta dati allarmanti: “Sempre più persone in Francia, nonostante il reddito di un lavoro, non sono più in grado oggi di vivere decentemente. I poveri stanno affondando, la classe media sta perdendo il passo”. La disoccupazione è “tenace e durevole” e “colpisce soprattutto le donne ei giovani”. Le associazioni si dicono quindi preoccupate anche per il fatto che “l‘accesso dei giovani verso l‘autonomia è sempre più difficile: il 25% dei senza fissa dimora sono i giovani dai 18 ai 24”. C’è poi il problema delle abitazioni. 3,6 milioni di francesi vivono in una situazione di grave inadeguatezza degli alloggi; 665.000 persone non hanno una residenza personale e di questi 113.000 sono senza fissa dimora. C’è poi un paragrafo dell’appello riservato ai migranti e agli stranieri. “È urgente rispettare i diritti dei migranti e delle loro famiglie, vittime di un mondo in cerca di un suo equilibrio”. “Lo straniero deve essere visto non come un peso ai margini della società, sfruttabile e sfruttato, ma come un essere umano che prende parte alla vita della città”. Ma poi le associazioni avvertono: “non tutto dipende dallo Stato”. E quindi invocano alla responsabilità personale e collettiva perché “se i grandi orientamenti politici dipendono dallo Stato, essi dipendono in gran parte anche dalle nostre pratiche ordinarie”. E concludono: “‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare’. ‘Ero forestiero e mi avete ospitato’. Per noi cristiani, queste parole di Cristo (Matteo 25) illuminano le nostre scelte, non solo in tempo di elezioni. Con tutti i credenti e non credenti che vogliono giustizia, ci rifiutiamo di tollerare l‘intollerabile. Insieme possiamo costruire una società solidale”. (R.P.)

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    El Salvador: dopo tre mesi gli occupanti lasciano la cattedrale di San Salvador

    ◊   Finalmente la Cattedrale Metropolitana di San Salvador è stata riconsegnata alla Chiesa locale. Ieri i manifestanti che per oltre tre mesi, esattamente dall’11 gennaio 2012, erano entrati nella cattedrale metropolitana di San Salvador occupandola, hanno lasciato la chiesa, dopo un incontro con il Procuratore per la Difesa dei Diritti Umani (Pddh), Oscar Luna, e con mons. Gregorio Rosa Chavez, vescovo ausiliare di San Salvador. Con il suono delle campane e una visita alla cripta che custodisce la tomba di mons. Oscar Arnulfo Romero, è stato completato l'atto di riconsegna delle chiavi del tempio, situato nel centro della città di San Salvador. Per lasciare la chiesa, i manifestanti hanno chiesto al Pddh di intervenire, presso il governo, in modo che le loro richieste siano soddisfatte e non dimenticate, come ha spiegato mons. Rosa Chavez nella nota inviata all'agenzia Fides. I manifestanti chiedono il reinserimento di alcuni dipendenti della Polizia Nazionale Civile (Pnc) che sono stati rimossi senza un giusto processo, ed anche il reinserimento di Luis Alberto Ortega nell'Assemblea Legislativa, un assegno familiare (o dei generi alimentari) ai pensionati di guerra o alle loro famiglie. Queste richieste saranno studiate da una Commissione creata ad hoc, costituita da rappresentanti della Chiesa, del potere Esecutivo e dai manifestanti. La data della prima riunione non è stata ancora annunciata. Da quando era avvenuta l’occupazione, nella Cattedrale, non vi sono state più celebrate le Messe o altri momenti di preghiera. Anche durante la Settimana Santa e la Pasqua è stata chiusa e le celebrazioni si sono svolte presso la basilica del Sacro Cuore di Gesù, sempre nel centro della città di San Salvador. (R.P.)

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    Cile: Plenaria dei vescovi su evangelizzazione e missione giovani

    ◊   Riflettere la realtà ecclesiale che vive oggi il Cile e sostenere i giovani del Paese: con questi obiettivi si è aperta ieri, a Punta de Tralca, la 103.ma Assemblea Plenaria della Conferenza episcopale del Cile (Cech). I lavori proseguiranno fino a venerdì prossimo e vedranno la partecipazione di 31 presuli che, come informa il sito web della Cech, “faranno un approfondimento collegiale sul cammino della Chiesa in Cile, sulle sue difficoltà, i suoi punti di forza e le sue sfide”. Ad inaugurare la Plenaria, ieri, è stata una celebrazione eucaristica presieduta da mons. Alejandro Goic, vicepresidente dei vescovi: nella sua omelia, il presule ha fatto riferimento alla complessa situazione che affrontarono gli Apostoli, ai loro tempi, per annunciare con libertà la Parola di Dio e per realizzare opere in nome del Signore. “È chiaro – ha detto mons. Goic – che il Signore ci chiede di annunciare la sua Parola. Sarà quindi fondamentale la nostra fedeltà e la nostra testimonianza del Verbo di Dio”. Durante i lavori, verrà esaminata la situazione ed i progressi compiuti dagli organismi episcopali, compreso il Consiglio nazionale di prevenzione degli abusi sui minori. “Vogliamo offrire la nostra riflessione sul momento storico, sociale e culturale del Cile – ha detto alla stampa mons. Ricardo Ezzati, presidente della Cech – come un contributo di coloro che credono in Cristo, specialmente in questo tempo pasquale”. Venerdì prossimo, durante la celebrazione eucaristica conclusiva della Plenaria, si svolgerà anche l’invio alla Missione Giovani, che darà il via alle iniziative speciali di ascolto e di sostegno ai ragazzi cileni, coloro che, per questo anno, la Chiesa locale ha scelto come obiettivo particolare. Durante la Messa sarà anche consegnata la "Croce del Cile" che partirà in pellegrinaggio, portata dai giovani, raggiungendo le varie diocesi del Paese. (I.P.)

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    Sud Corea: i leader delle religioni condannano il nucleare

    ◊   La società coreana "deve aprire gli occhi e fermare la generazione che vuole poggiare il suo programma energetico sull'uso del nucleare. Dobbiamo invece scegliere una vita di democrazia ecologica e rispetto per la vita, riconoscere la nostra responsabilità nei confronti di chi viene dopo di noi e abbandonare le pratiche non etiche". Lo ha detto il rappresentante della Chiesa cattolica all'incontro sull'energia nucleare che le maggiori religioni di Seoul hanno tenuto in concomitanza con il Summit dei grandi del mondo sul disarmo atomico. All'incontro - riferisce l'agenzia AsiaNews - erano presentii rappresentanti della Chiesa cattolica, di quelle protestanti, del buddhismo tradizionale e di quello Won. Si è tenuto a Seoul con il tema "Vita e società post-nucleare". Il seminario si è svolto per dare il maggior risalto possibile al punto di vista religioso nel risvegliare le coscienze sui pericoli e sugli effetti collaterali, spesso dannosi, dell'utilizzo dell'energia atomica. Erano presenti padre Stefano Yang Gi-seok, segretario della sottocommissione per lo Sviluppo della Conferenza episcopale coreana; il reverendo Jang Yun-jae, direttore dell'Istituto per l'ecologia della Chiesa di Corea; il venerabile Beob-eung, dell'Associazione buddista per la bioetica e il venerabile Choi Seo-yeon, della Solidarietà ecologista Won. A guidare la discussione il professor Jeong Ho-yeong, del Dipartimento di Filosofia dell'Università Chungbuk. (R.P.)

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    Indonesia: cristiani protestanti manifestano contro l’esproprio dei luoghi di culto

    ◊   A Jakarta oltre 200 cristiani protestanti hanno manifestato contro l’esproprio dei luoghi di culto e per chiedere la “piena libertà religiosa”. Come riferisce l'agenzia AsiaNews, i dimostranti, fedeli della Gki Yasmin Church e della Hkbp Filadelfia della provincia del West Java, si sono riuniti di fronte al palazzo presidenziale. Da anni viene loro vietato l’accesso ai luoghi della religione, sigillati per volere delle autorità locali. In particolare, i fedeli denunciano gli abusi e le violazioni di decine di gruppi estremisti islamici che manipolano la legge a proprio piacimento, assieme all’inerzia delle istituzioni, fra cui lo stesso capo di Stato, Yudhoyono. Tanti i sostenitori della protesta: attivisti per i diritti umani e Organizzazioni non governative locali; ma solidarietà è stata espressa anche dal presidente del Consiglio Mondiale delle Chiese, reverendo Sae Nabadan e dalla parlamentare indonesiana Eva Sundari. Di contro, non v’è notizia di prese di posizione da parte del presidente Yudhoyono, che qualche mese fa aveva dichiarato di non potere “interferire” nella questione. Una posizione criticata dagli attivisti, secondo cui egli non intende “inimicarsi” la frangia islamica nel timore di perdere consensi. (G.M.)

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    Orissa: dopo il rilascio degli ostaggi italiani si guarda allo sviluppo delle comunità tribali

    ◊   “Urge pianificare una strategia di sviluppo” altrimenti “gruppi ribelli continueranno a ricorrere alla pratica dei sequestri o alla violenza”. Così all’agenzia Fides, Dhirendra Panda, attivista dei diritti umani e membro del Forum nazionale di solidarietà sul pericolo che vivono in Orissa le isolate comunità tribali a causa dei ribelli maoisti. In parallelo al rilascio dei due ostaggi italiani, Claudio Colangelo e Paolo Bosusco, altri gruppi di rapitori hanno continuato ad agire nella zona. “Le questioni politiche, sociali ed economiche che interessano queste comunità dovrebbero essere ripensate seriamente” aggiunge. Anche secondo padre Roy Kochupurackal, vicesegretario della Conferenza episcopale dell’Orissa, occorre riesaminare le politiche per il bene dello Stato e sottolinea: “Potenziali turisti sono scoraggiati dal visitare la Regione perché potrebbe essere considerata non sicura”. Secondo padre Ajaya Kumar Singh, direttore del Forum dell’Orissa per l’azione sociale, “i maoisti volevano ottenere visibilità e ci sono riusciti”. Ora la questione va affrontata in termini stringenti, investendo per le popolazioni tribali senza considerarle solo “in casi di crisi”. (G.M.)

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    Rwanda: appello dei vescovi in difesa della famiglia

    ◊   “La famiglia e i pericoli che la minacciano al giorno d’oggi”: questo il titolo della conferenza che si è svolta domenica in Rwanda, presso il Santuario della Divina Misericordia di Kabuga. L’incontro è stato organizzato dalla Commissione episcopale per la Famiglia, rappresentata dal suo Segretario, padre Achille Bawe. Nel suo discorso, il religioso ha messo in guardia dalle minacce che attualmente corre il nucleo familiare – come il divorzio, l’aborto e le violenze domestiche – invitando i fedeli ad affrontare le sfide dell’amore coniugale, della fedeltà, del mutuo rispetto e dell’educazione dei figli. “Ai nostri giorni – ha ribadito padre Bawe – in molte abitazioni si respira un clima conflittuale permanente, caratterizzato da scontri ed incomprensioni fra i coniugi, violenze coniugali, intolleranza, mancanza di fiducia, tanto che i tribunali sono intasati da domande di divorzio”. Un clima che, ha affermato il segretario della Commissione episcopale per la Famiglia, ha come principale causa “una coesistenza non basata sull’ordine divino”, ovvero non fondata “sul matrimonio tra l’uomo e la donna”. Se, dunque, “le famiglie di oggi non sono felici – ha continuato padre Bawe – dipende dal fatto che si sono allontanate dall’ordine divino”. Quanto alla procreazione, il religioso detto che “per una famiglia, moltiplicarsi non significa soltanto avere dei figli, ma anche educarli nel modo giusto, dando loro ciò di cui hanno bisogno, ovvero cibo, cure mediche, abiti, una buona educazione e una vita fondata sul riconoscimento di Dio come loro Padre”. Quindi, padre Bawe ha deplorato il ricorso ai metodi artificiali di controllo delle nascite e all’interruzione volontaria di gravidanza: chi ne promuove l’uso per favorire i diritti delle donne, ha detto il religioso, in realtà non tiene in considerazione il diritto alla nascita del feto. “Nessuno – ha concluso padre Bawe – ha il diritto di sopprimere la vita di una persona umana”. La conferenza di domenica a Kabuga si è svolta al termine di un pellegrinaggio che i fedeli hanno compiuto a piedi partendo da Nyandugu, ovvero dal luogo in cui il Beato Giovanni Paolo II celebrò una Messa il 9 settembre 1990, durante il suo 49.mo viaggio apostolico che lo portò in Rwanda. Il pellegrinaggio di domenica è coinciso con la Domenica della Divina Misericordia, istituita proprio da Papa Wojtyla, ed in preparazione delle celebrazioni del primo anniversario dalla beatificazione del Pontefice polacco, avvenuta il 1.mo maggio 2011. (I.P.)

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    Kenya: missionario a Korogogho vince premio per i diritti umani

    ◊   Un missionario comboniano ha ricevuto un premio internazionale per il suo impegno a difesa dei diritti umani a Korogocho, uno degli slum più degradati di Nairobi: lo raccontano fonti locali dell'agenzia Misna, sottolineando che il riconoscimento incoraggia la Chiesa a proseguire nella sua opera di aiuto agli ultimi. Il premio è andato a padre John Webootsa, un missionario originario del Kenya che guida la rete di organizzazioni della società civile Kutoka. Il riconoscimento è assegnato dai governi di Francia e Germania a esponenti della società civile che si impegnano quotidianamente nella difesa dei diritti umani. “Questo premio – dice alla Misna - padre Paolino Mondo, il parroco locale – è una bellissima notizia per i poveri di Korogocho e per la Chiesa, incoraggiata ad approfondire il suo lavoro per gli ultimi in linea con le indicazioni emerse in occasione del secondo Sinodo per l’Africa”. Kutoka è una rete di movimenti e associazioni che si propone di dar voce a chi ha per casa una baracca di lamiera. Una delle sue battaglie più significative è quella per la chiusura di Dandora, una discarica a cielo che avvelena ogni giorno gli abitanti dello slum. (R.P.)

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    Australia: i nuovi media al centro del Congresso nazionale della stampa cattolica

    ◊   Mettere a frutto il potenziale dei mass media per presentare un messaggio etico di speranza e di pace: sarà questo il tema conduttore della riflessione che mons. Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali (Pccs), porterà al Congresso australiano dei mass media cattolici, che si terrà a Sydney dal 30 aprile al 2 maggio. L’evento, intitolato “Comunicare il mondo: messaggi senza tempo, nuovi media”, è organizzato dalla Conferenza episcopale australiana, tramite la Commissione per le Comunicazioni sociali, e mira a “radunare insieme mass media cattolici, cristiani, laici, persone che lavorano negli enti ecclesiali e chiunque sia interessato a come comunicare il messaggio del Vangelo nella società contemporanea”. “Comunicare il Vangelo – spiega mons. Tighe – deve essere al centro del ministero sacerdotale ed io sono contento di lavorare presso il Pccs che ha, come mandato, quello di sfruttare il potenziale dei mass media, sia vecchi che nuovi, come strumenti di evangelizzazione”. Aperto ai professionisti dei mass media, agli educatori ed al personale ecclesiastico, il Congresso si articolerà in diverse sessioni e tratterà temi specifici come l’e-conference, la pubblicazione di video sul web, le nuove tecnologie per l’evangelizzazione, il rapporto tra l’etica ed i nuovi media. Previste anche due celebrazioni eucaristiche, una in apertura ed una in chiusura del congresso. A fare da filo rosso dell’evento sarà comunque il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali 2011, dedicato proprio al tema “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”. (I.P.)

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    Croazia. I vescovi: "no" alla legislazione d’urgenza sulle questioni Ue eticamente sensibili

    ◊   La Commissione della giustizia e della pace della Conferenza episcopale croata ha espresso preoccupazione per la decisione annunciata dal Governo di Zagabria di ricorrere alla decretazione d’urgenza per alcuni provvedimenti necessari per conformarsi alle normative comunitarie in vista dell’ingresso della Croazia nell’Ue, il 1° luglio 2013. Tra le misure in questione figurano una legge sulla fecondazione assistita, una sulla ricerca scientifica, una sull’educazione superiore e una nuova disciplina del sistema radio-televisivo. In una nota diffusa nei giorni scorsi, la Commissione Giustizia e Pace rileva che non solo mancano i necessari requisiti di urgenza per il ricorso alla forma del decreto-legge, ma, trattandosi in alcuni casi di materie eticamente sensibili e che toccano i diritti fondamentali degli individui, della famiglia e la società croata nel suo insieme, questo tipo di provvedimenti richiederebbero un ampio dibattito pubblico che coinvolga tutte le forze politiche e della società civile. La nota, firmata da mons. Vlado Košić, definisce “fuorviante” la giustificazione addotta per cui è l’Europa che chiede l’adozione di queste misure. “L’opinione pubblica – afferma - deve sapere che nella maggior parte delle aree regolate da queste leggi, con l’eccezione di alcune raccomandazioni, l’Unione Europea non ha alcun potere legale vincolante, né pretende soluzioni legali specifiche. Su queste materie ciascuno Stato membro ha il diritto di cercare la soluzione legale più adatta, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, come anche delle tradizioni morali ed etiche e della cultura di una data società. Inoltre – aggiunge la nota - alcune delle proposte in questione sono talmente importanti per la vita di un individuo e della società che richiederebbero di essere sottoposte a un referendum, non certo una procedura d’urgenza”. La Commissione Giustizia e Pace invita quindi, in particolare, i media croati “a servire la democrazia e i valori universalmente accettati, dando il massimo spazio a tutte le opinioni, senza tacciare come retrograde e anti–moderne le posizioni espresse dalle Chiese e da altre comunità religiose. Rifiiutare il necessario dibattito pubblico e il dialogo tra la società civile e le Chiese – osserva – è una violazione del diritto europeo acquisito che obbliga le istituzioni della Ue a questo dialogo”. Di qui, in conclusione, l’appello a tutta la società croata, e in particolare al Governo e il Parlamento di Zagabria, “a lasciare un tempo sufficiente per un dibattito pubblico approfondito, sereno e ragionato” sul tutte le questioni più importanti in gioco. L’adesione della Croazia alla Ue – lo ricordiamo - è stata sancita dal referendum popolare del 22 gennaio scorso, dopo sei anni di trattative con Bruxelles. Un traguardo auspicato dalla Chiesa locale e non solo. Benedetto XVI, nel suo viaggio in Croazia nel giugno 2011 aveva ricordato che la nazione fin dalle origini “appartiene all’Europa e ad essa offre, in modo peculiare, il contributo di valori spirituali e morali che hanno plasmato per secoli la vita quotidiana e l’identità personale e nazionale dei suoi figli”. (L.Z.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 108

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