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Sommario del 11/04/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’udienza generale: Cristo Risorto apre i sepolcri dei cuori e dona l’entusiasmo della fede
  • Il Papa prega perché i giovani seguano Cristo nel sacerdozio e nella vita religiosa
  • Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Aponte Martínez: fu fedele testimone del Concilio
  • Celebrati in San Pietro i funerali del cardinale Daoud, "artefice di unità"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Oceano Indiano: forte sisma al largo di Sumatra, rientra l'allarme tsunami
  • Ue: borse altalenanti dopo il crollo di ieri. Guerrieri: misure urgenti per la crescita
  • Primarie Usa. Si ritira Santorum, via libera a Mitt Romney
  • Malawi: la Chiesa sostiene la neopresidente Banda per riportare la democrazia nel Paese
  • Egitto: s'infiamma la lotta su Costituente e candidature presidenziali
  • Myanmar: Aung San Suu Kyi soddisfatta per l'incontro col presidente Thein Sein
  • Lamezia. Spari contro la comunità di don Panizza, ma sale l'indignazione contro la 'ndrangheta
  • Al via la 16.ma Carovana antimafie promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico
  • "Testimoni di Cristo, in ascolto": le diocesi del Triveneto da venerdì in convegno ad "Aquileia 2"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Usa: relazione dei vescovi sulla "Carta per la protezione di bambini e giovani"
  • Colombia: oltre 200 mila gli sfollati interni nel 2011
  • Hong Kong: il cardinale Tong incoraggia i neo battezzati ad essere testimoni della fede
  • Filippine: attentato per distrarre dalle ricerche dell’ex governatore della zona
  • India: per i massacri in Gujarat del 2002 ancora lontana la verità
  • Pakistan: famiglia e Anno della Fede al centro delle riflessioni pasquali
  • Riapre in Pakistan una scuola di religiose distrutta dai talebani
  • Brasile: la Gmg 2013 sarà preceduta dalla Settimana delle missioni
  • Filippine: al via l’Assemblea generale della Società per le Missioni
  • Regno Unito: a Pasqua accolti nella Chiesa cattolica circa 200 ex anglicani
  • Ucraina: l’unità al centro del messaggio pasquale dell’arcivescovo greco-cattolico di Kiev
  • Francia: il Consiglio delle Chiese lancia un premio ecumenico per il 25° di fondazione
  • Irlanda: gioia del primate per il cardinale Ouellet come inviato papale al Congresso Eucaristico
  • Uruguay: Assemblea plenaria dei vescovi su Anno della Fede e Sinodo
  • All’Incontro mondiale delle Famiglie di Milano l’Enchiridion della famiglia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’udienza generale: Cristo Risorto apre i sepolcri dei cuori e dona l’entusiasmo della fede

    ◊   L’udienza generale di questa mattina, presieduta da Benedetto XVI, è stata interamente dedicata alla Pasqua. Il Papa, giunto in elicottero da Castel Gandolfo per poi ritornarvi dopo l’udienza, ha concentrato la catechesi sulle trasformazioni operate da Cristo sulla prima comunità degli Apostoli, facendo rinascere in essa la gioia della fede dopo i giorni tristi della Passione. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    È dalla sera della Risurrezione che le cose cominciano a cambiare. Il Cenacolo dove gli Apostoli sono rifugiati, afferma Benedetto XVI, è una stanza piena di paura, di angoscia. Gesù ne è consapevole così la prima cosa che fa apparendo a porte chiuse ai suoi è pronunciare una frase che, ha soggiunto il Papa, “non è solo un saluto”.

    “’Pace a voi’ (...) È il saluto pasquale, che fa superare ogni paura ai discepoli. La pace che Gesù porta è il dono della salvezza che Egli aveva promesso durante i suoi discorsi di addio: ‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace’ (…) In questo giorno di Risurrezione, Egli la dona in pienezza ed essa diventa per la comunità fonte di gioia, certezza di vittoria, sicurezza nell’appoggiarsi a Dio”.

    Poi, Gesù mostra le ferite della crocifissione. Anche questo gesto, ha proseguito Benedetto XVI, risponde a un criterio: rendere evidente che “la sua umanità gloriosa resta ‘ferita’” e che dunque la Risurrezione non ha cambiato il fatto che Egli “è una persona reale”. E reale, allora, comincia ad essere la gioia provata dagli Apostoli, come pure quella “pace” che Gesù ripete stando fra loro:

    “È un dono, il dono che il Risorto vuole fare ai suoi amici, ed è al tempo stesso una consegna: questa pace, acquistata da Cristo col suo sangue, è per loro ma anche per tutti, e i discepoli dovranno portarla in tutto il mondo (...) Questa novità di una vita che non muore, portata dalla Pasqua, va diffusa ovunque, perché le spine del peccato che feriscono il cuore dell’uomo, lascino il posto ai germogli della Grazia”.

    Dal Cenacolo chiuso per paura alle tante case sbarrate di oggi – in tempi definiti dal Papa “grigi” come il cielo ventoso e carico di nuvole che ha coperto Piazza San Pietro – il passo è breve. Ma come la porta chiusa non fermò l’ingresso di Cristo allora, neanche oggi, ha assicurato il Pontefice, le porte chiuse dei cuori fermano Gesù dal donare all’umanità “gioia, pace, vita e speranza”:

    “Solo Lui può ribaltare quelle pietre sepolcrali che l’uomo spesso pone sui propri sentimenti, sulle proprie relazioni, sui propri comportamenti; pietre che sanciscono la morte: divisioni, inimicizie, rancori, invidie, diffidenze, indifferenze. Solo Lui, il Vivente, può dare senso all’esistenza e far riprendere il cammino a chi è stanco e triste, sfiduciato e privo di speranza”.

    A testimoniare il ribaltamento di convinzioni vissuto dai seguaci di Cristo in quelle prime ore dopo la Risurrezione sono certamente i due discepoli di Emmaus. Benedetto XVI ha ricordato la loro storia: dalla delusione al cuore che torna ad ardere nello spazio di pochi chilometri perché hanno incontrato Cristo, ascoltando la sua Parola e condividendo il pane spezzato, ovvero i “due luoghi” che, ha detto il Papa, trasformano la vita di chi apre il cuore a Cristo:

    “Cari amici, il Tempo pasquale sia per tutti noi l’occasione propizia per riscoprire con gioia ed entusiasmo le sorgenti della fede (...) La fede in Lui trasforma la nostra vita: la libera dalla paura, le dà ferma speranza, la rende animata da ciò che dona pieno senso all’esistenza, l’amore di Dio”.

    Al termine delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha rivolto un particolare benvenuto, fra gli altri, ai diaconi della Compagnia di Gesù e ai ragazzi della professione di fede di Milano, invitati a prepararsi spiritualmente al prossimo Incontro mondiale delle famiglie, in programma nel capoluogo lombardo tra poco più di un mese e mezzo. “In questo cammino – ha concluso il Papa – vi sia di aiuto l’immagine della Sacra Famiglia”, rappresentata dalla grande icona benedetta dal Pontefice stamattina prima dell’udienza e presto inviata in pellegrinaggio nelle case di Milano.

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    Il Papa prega perché i giovani seguano Cristo nel sacerdozio e nella vita religiosa

    ◊   “Perché molti giovani sappiano accogliere la chiamata di Cristo a seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa”. E’ per le vocazioni l’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di aprile. Dal 2000, è in crescita il numero dei sacerdoti, particolarmente in Asia, Africa, Oceania e America. Trend opposto invece in Europa, dove si assiste ad un netto calo, mentre è stazionario il numero dei religiosi professi non sacerdoti. Questi ultimi decrescono in America e aumentano in Asia e Africa. Ma cosa vuol dire seguire Cristo oggi? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Marco Carozza, seminarista del Pontificio Seminario Romano Maggiore:

    R. – Per me, è stato un cammino un po’ lungo: è nato da una esperienza anzitutto in parrocchia, dove sono stato iniziato al cristianesimo. Poi, c’è stato un momento in cui la vita da adolescente mi lasciava molto insoddisfatto. Quindi, è avvenuto l’incontro con il Signore in cui ho trovato veramente ogni pienezzae. Di lì è cominciata questa strada e adesso devo dire che sono veramente soddisfatto e contento di averla intrapresa.

    D. – Dio chiama, bussa alla porta, ma poi ad aprire deve essere il giovane con un “sì”. Questa risposta non sempre è così scontata…

    R. – Certamente. Solo quando abbiamo fatto l’esperienza dei nostri limiti, solo quando ci rendiamo conto che non siamo autosufficienti e capaci di darci la felicità da soli, solo allora possiamo incontrare il Padre che ci colma dei suoi doni e ci dà molto di più di quello di cui pensiamo di avere bisogno.

    D. – I tanti stimoli e rumori della società contemporanea non rischiano a volte di impedire al giovane di ascoltare nitidamente la voce di Dio che chiama?

    R. – Sì, è un pericolo molto grande. C’è molta confusione, non sempre si riesce a individuare bene che cosa una persona, un giovane, voglia dalla vita. Fortunatamente, se si incontrano sacerdoti, parroci, guide spirituali capaci di aprire le coscienze dei giovani allora ci sono buone possibilità di compiere un buon cammino di discernimento.

    D. – Non sempre poi è facile per un giovane comunicare in famiglia o tra gli amici il proprio "sì" a Dio, la propria scelta vocazionale…

    R. – Sì. Devo dire la verità: nell’esperienza di seminarista, mi sono trovato molte volte a parlare con giovani che hanno problemi a comunicare queste scelte, principalmente ai genitori, o a volte alle ragazze, alle fidanzate… Effettivamente è una scelta difficile.

    D. - Il Papa chiede di pregare per le vocazioni. Questa preghiera della comunità ecclesiale quanto è importante per te come seminarista?

    R. – Per me, la preghiera è al primo posto. E’ la sorgente a cui ognuno singolarmente attinge e attraverso cui uno si rende conto di vivere in una comunità.

    D. – Marco, quali consigli ti sentiresti di dare a un giovane o a una giovane che come te avverte nel proprio cuore la chiamata di Dio, ma ancora non riesce bene a definirla?

    R. – Io ho capito che per un giovane serve moltissimo anche parlarne con i propri amici, con i propri coetanei, magari sempre sotto la direzione di un padre spirituale o comunque di un catechista esperto…

    D. – Non si rischia di essere derisi dai propri coetanei?

    R. – All’interno della comunità parrocchiale, non si rischia di essere derisi. Al di fuori, il pericolo della derisione è evidente, certo, però è anche vero che senza il confronto con gli altri non si riesce: c’è bisogno di una sinergia, di una collaborazione.

    D. – E’ quindi importante un confronto con i propri coetanei, con la propria famiglia, con la propria comunità sulla vocazione...

    R. – Esatto. Certamente, aiuta moltissimo anche perché viviamo in un periodo in cui gli adolescenti comunicano quasi esclusivamente con facebook, con gli sms. Manca un contatto diretto dei ragazzi tra loro. Quindi, il colloquio puro, apparentemente semplice e banale, è un ottimo strumento per potersi aprire e iniziare un cammino. (bf)

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    Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Aponte Martínez: fu fedele testimone del Concilio

    ◊   Un vescovo che ha vissuto la stagione del Concilio portandone il respiro nella sua diocesi, servendo con generosità episcopale e “dedizione la causa del Vangelo”. Benedetto XVI ricorda con queste parole il cardinale arcivescovo emerito di San Juan di Porto Rico, Luis Aponte Martínez, spentosi ieri nel suo Paese all’età di 89 anni. Nel telegramma di cordoglio, il Papa sottolinea anche la “grande serenità” con la quale il porporato ha sopportato la lunga malattia con la quale ha convissuto fino agli ultimi istanti.

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    Celebrati in San Pietro i funerali del cardinale Daoud, "artefice di unità"

    ◊   “Testimone di unità dei cristiani”. Così ieri, nel corso delle esequie in San Pietro, il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio, ha ricordato il cardinale Ignace Moussa I Daoud, patriarca emerito di Antiochia dei Siri e già prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali. Il porporato si era spento sabato scorso a Roma all’età di 89 anni. Benedetta Capelli:

    “Una vita tutta spesa a servizio della Chiesa”. In poche parole il cardinale Sodano ha tratteggiato la figura del Patriarca emerito di Antiochia dei Siri, cardinale Daoud. Un commosso ricordo al quale – ha detto il porporato nella sua omelia – si è anche unito il Papa da Castel Gandolfo. “Testimone di unità” è l’altra definizione usata dal cardinale Sodano per ricordare il cardinale Daoud che si spese con grande impegno alla guida della Congregazione per le Chiese Orientali e prima ancora come capo della Chiesa Patriarcale di Antiochia. Proprio come Patriarca, il cardinale Daoud assunse il nome tradizionale di Ignazio, “grande cultore dell’unità della Chiesa” e primo vescovo di Antiochia dopo l’Apostolo Pietro. “Antiochia era allora – ha detto il decano – una grande città della Siria, lì i discepoli di Cristo avevano iniziato a dirsi cristiani”. Da lì partì poi il grande slancio missionario della Chiesa dove tutti erano uniti “in un’anima sola ed un cuor solo”. Per quell’unità – ha ricordato il cardinale Sodano – nacque il Patriarcato di Antiochia dei Siri. L’amore verso Antiochia ha portato il cardinale Daoud a scegliere come luogo di sepoltura Beirut accanto ai suoi predecessori del Patriarcato Siro. “Noi a Roma – ha concluso il decano – lo ricorderemo sempre come artefice di unità impegnandoci poi a lavorare tutti per il bene della Santa Chiesa, riunita intorno al Successore di Pietro, così come Cristo la volle”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'inizio del mondo nuovo: all'udienza generale il Papa parla dei frutti della risurrezione tra i discepoli di Cristo.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Siria: Damasco apre alla tregua.

    In cultura, un articolo di monsignor Cesare Pasini dal titolo "Avanti col digitale": la Polonsky Foundation sostiene un progetto della Biblioteca Apostolica Vaticana e della Bodleian di Oxford.

    L'altro sorriso della "Gioconda": il restauro dell'opera del Prado presentato all'Accademia di Spagna.

    Per leggere la Bibbia con lenti nuove: Giulia Galeotti sulla nuova collana della San Paolo dedicata alle Sacre Scritture con introduzione, testo a fronte e commento.

    Organizzazioni cattoliche sulle riforme nelle Filippine: nell'informazione religiosa, il Forum, a Manila, promosso dalla Caritas nazionale.

    Il cardinale Daoud testimone dell'unità ecclesiale: nell'informazione vaticana, la celebrazione delle esequie del prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali.

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    Oggi in Primo Piano



    Oceano Indiano: forte sisma al largo di Sumatra, rientra l'allarme tsunami

    ◊   E' stato revocato da Indonesia, India e Sri Lanka l'allarme tsunami diramato dopo le tre violentissime scosse di terremoto registrate oggi nella zona di Aceh, al largo della costa occidentale dell'isola di Sumatra, in Indonesia, devastata otto anni fa dallo tsunami. L’allerta tsunami era stata lanciata in 28 Paesi. Il servizio di Benedetta Capelli:

    La grande paura dura fortunamente poche ore. Dopo le potenti scosse registrate nelle ore precedenti nell'Oceano Indiano, al largo dell'Isola di Sumatra, prima il "Pacific tsunami warning center" del Noaa (National weather service) statunitense ha cancellato l'allarme affermando che "la minaccia è diminuita o terminata per la maggioranza delle aree interessate". Poi, in rapida successione, l'allerta è stata revocata anche nello Sri Lanka e alle Maldive, mentre in India è stata dapprima ridotta e poi definitivamente annullato. "Il pericolo è passato", hanno comunicato a livello nazionale dalle autorità di New Delhi. In precedenza, panico e paura si erano diffusi in diversi Paesi dell’Oceano Indiano, dapprima per una scossa di magnitudo 8.7 nelle acque a 434 km a sudovest di Banda Aceh, poi per una seconda di magnitudo 6.5 avvertita poco dopo, infine per una terza scossa di intensità pari a 8.2. Immediato è scattato l’allarme tsunami in 28 Paesi e immediato anche il ricordo di quanto accaduto il 26 dicembre del 2004. Allora, il terremoto e il conseguente tsunami provocarono la morte di 230 mila persone. Sembra che l’estensione del sisma di oggi sia stato di 4 volte inferiore: allora fu generato dalla rottura di una faglia, mentre oggi ha interessato un’area di 300 km.

    Il mare è arretrato di circa 10 metri all'isola indonesiana di Simeulue, vicino l'epicentro del terremoto segnalato ad Aceh e questo è stato uno dei segnali che ha fatto temere il peggio per un possibile maremoto. Per precauzione, in Thailandia le autorità hanno chiesto alle popolazioni di abbandonare le coste del mare delle Andamane per ripararsi ''in alto'', provvedendo anche alla chiusura dell'aeroporto di Phuket. Momenti di panico si sono avuti anche in India, in particolare a Kolkata e Chennai dove la gente è scesa in strada. L’allarme tsunami era stato esteso anche agli Stati dell'Orissa e del Kerala, dopo l'allarme rosso già lanciato per le isole Andamane e Nicobar. In Sri Lanka, è saltata elettricità su tutta la costa, mentre i treni sono si sono bloccati per evitare possibili incendi o incidenti ferroviari. Anche in questo Paese la genete è stata sollecitata a rifugiarsi nelle zone più interne. Molte le persone che nella capitale Colombo si sono riversate in strada dopo aver avvertito la scossa.

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    Ue: borse altalenanti dopo il crollo di ieri. Guerrieri: misure urgenti per la crescita

    ◊   Giornata di andamento irregolare per le Borse europee. Hanno cominciato bene le piazze del Vecchio continente, dopo le decise flessioni di ieri. Poi ci sono state in mattinata perdite e rialzi. E la giornata è cominciata anche con una forte tensione sui titoli di stato decennali italiani. Lo spread Bund-Btp, il differenziale tra i titoli di stato decennali tedeschi e quelli italiani, all’inizio è aumentato fino a toccare i 409 punti, ma poi è sceso sotto quota 370 punti. In definitiva, resta la preoccupazione per la crisi economica in Europa e le speculazioni contro il vecchio continente. Fausta Speranza ha intervistato Paolo Guerrieri, ordinario di Economia all’Università "La Sapienza" di Roma e visiting professor al College of Europe di Bruges in Belgio:

    R. - Dobbiamo dire, in realtà, quello che dicevamo da tempo: il miglioramento di cui si parlava era avvenuto grazie all’intervento della Banca centrale europea, che aveva creato oltre un trilione di euro di liquidità. Bisognava utilizzare questo periodo per mettere soprattutto in atto alcune politiche, alcune misure efficaci e questo non è stato fatto. Quindi, l’Europa si ritrova con la crisi e soprattutto con due grandi problemi: l’eccesso di debiti e la mancanza di crescita, anzi la recessione in molti Paesi. Sono problemi che vanno affrontati subito, non c’è assolutamente tempo da perdere.

    D. - Ma chi “non ha fatto i compiti a casa”? I singoli governi non hanno fatto abbastanza, oppure l’Unione Europea?

    R. - Io credo che sia soprattutto l’Unione a non aver fatto abbastanza, nel senso che le misure di austerità sono necessarie soprattutto in Paesi come il nostro, come la Spagna, ma le misure di austerità vanno accompagnate - andavano accompagnate - dalla creazione di liquidità: il famoso “Firewall”, il fondo salva-Stati. Andava dotato di risorse potenti e poi andavano varate misure per la crescita, perché senza crescita non ci sarà aggiustamento fiscale. Ecco, su questi due fronti, abbiamo avuto una non decisione. L’ultima posizione sul Fondo salva-Stati ha lasciato in sostanza le cose come stavano e sulla crescita assolutamente nessuna misura efficace. Quindi, soprattutto i Paesi dell’euro, l’insieme di questi Paesi, non hanno fatto il loro dovere.

    D. - A proposito del Fondo salva-Stati: che vuol dire che “è stato lasciato così com’era”? Non è abbastanza la liquidità?

    R. - No. Era stato detto dalla Commissione europea, dal Fondo monetario, dall’Ocse che questa dotazione di 500 miliardi è assolutamente insufficiente: è come avere un estintore che però sarebbe inadeguato in caso di incendio. L’avevano detto in tanti. L’Europa, e soprattutto la Germania, ha fatto orecchio da mercante, è andata avanti con questa decisione di confermare questa dotazione. Va rivista assolutamente. Io temo che la situazione peggiorerà e allora, sotto la spinta di questo peggioramento, è sperabile che finalmente si arrivi a decidere qualcosa su questi due fronti: la liquidità e le misure per la crescita. Senza queste politiche, Paesi come la Spagna e il nostro rischiano molto.

    D. - Ma in tutto questo, c’è anche la speculazione di qualcuno?

    R. - La speculazione certo che c’è. Nel senso che interviene, ma in questo caso è facile speculare, perché si specula sull’assenza di misure, sull’incapacità e sull’inadeguatezza degli interventi degli Stati, dei governi europei. È la politica che sta mancando all’appuntamento e che quindi rende facile il compito della speculazione. La speculazione si combatte, si può combattere, se si mettono in campo da un lato le risorse per la liquidità adeguate e, dall’altro, misure incisive per la crescita. Allora, a questo punto, è facile poterla contrastare. Ma se si fa di tutto per rimandare ancora una volta questi provvedimenti, purtroppo la speculazione fa il suo mestiere che è quello, in qualche modo, di approfittare di queste inadeguatezze e soprattutto, di questi vuoti di politica.

    D. - Quale potrebbe essere una misura concreta per la crescita?

    R. - Un esempio concreto sarebbe quello di varare investimenti a livello europeo, nelle famose aree che sono quelle delle reti infrastrutturali, quelle della ricerca e sviluppo per l’innovazione, quelle delle energie rinnovabili. Ci sono progetti che la Banca europea può legittimare e vidimare. Si possono finanziare con cosiddetti “project bond”, obbligazioni europee di cui il mercato ha fame. Bene, tutto questo è stato fatto in una misura risibile, mentre invece potrebbe essere fatto anzitutto su una scala importante. (bi)

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    Primarie Usa. Si ritira Santorum, via libera a Mitt Romney

    ◊   Nella corsa alla candidatura repubblicana per la Casa Bianca lascia Rick Santorum. L'ex senatore della Pennsylvania ha deciso di ritirarsi, visto l’aggravarsi delle condizioni di salute della figlia di 3 anni, colpita da una malattia genetica. Una decisione che sembra spianare la strada alla nomination repubblicana di Mitt Romney. “Continuerò a impegnarmi per battere Obama” – ha detto Santorum, che tuttavia non ha dato indicazioni di voto ai suoi elettori. Ma che cosa cambia nel panorama politico americano di parte repubblicana con l’uscita di scena di Santorum? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia Americana all’Università di Bari:

    R. – Secondo me, cambia molto, in una situazione difficile da risolvere, così al di fuori della programmazione, perché la politica ha una sua programmazione che non si fa giorno per giorno. Mi sembra che in ultima analisi sia un regalo per Obama: questo rafforza la sua candidatura, che non era così forte.

    D. – Santorum non ha dato indicazioni di voto ai propri elettori. Questo vuol dire che Romney non ha ancora partita vinta?

    R. – Secondo me, partita vinta non ce l’ha ancora nessuno, perché la mutabilità della politica, ovunque, è incredibile, ma in America lo è ancora di più. Ho l’impressione, però, che da parte repubblicana ci sia un momento complessivo di difficoltà, non soltanto sulla questione della candidatura. Quindi torniamo sempre al punto di prima: questo rafforza Obama.

    D. – E’ questo il momento per i repubblicani di fare chiarezza sul proprio programma elettorale?

    R. - I repubblicani non sono mai riusciti, perché hanno delle divisioni interne, a fare chiarezza sul loro programma. Quindi, non sono neanche mai riusciti ad impostare la campagna elettorale sulla base di una prospettiva. In politica non si riesce però ad improvvisare. I repubblicani faranno tutto quello che possono per rimettere in piedi una candidatura forte, ma nel frattempo, chi si avvantaggia è ancora Obama, perché Obama qualunque cosa faccia difficilmente può essere scavalcato a sinistra. Scavalcare Obama, sul terreno ideologico, dunque, in teoria è possibile, ma nella sostanza delle cose mi sembra che non sia un’ipotesi da considerare. (ap)

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    Malawi: la Chiesa sostiene la neopresidente Banda per riportare la democrazia nel Paese

    ◊   Joice Banda, prima donna capo di Stato nell’Africa australe, è alla guida del Malawi dopo la morte per infarto, il 6 aprile scorso, del presidente Bingu wa Mutharika, leader controverso al potere per due mandati, fortemente contestato negli ultimi tre anni sia in ambito politico che civile, criticato anche dalla Chiesa, vicina alla popolazione sempre più sofferente. Roberta Gisotti ha intervistato padre Piergiorgio Gamba, missionario morfortamo, da 35 anni nel Paese africano:

    R. – La richiesta veniva dal Public affairs committee (Pac), ma in realtà era la voce della gente, era la voce di un popolo che non ne poteva più della situazione economica in cui versava il Paese, con la mancanza di carburante, la mancanza di energia elettrica e un’inflazione infinita. Una situazione dovuta proprio a scelte economiche e politiche completamente sbagliate per questo Paese africano, che dipende ancora per un 40 per cento da aiuti esterni per quanto riguarda la finanziaria. Allora, questo Public affairs committee, che è un gruppo che raduna tutte le Chiese principali, presenti in Malawi – la Chiesa presbiteriana, la Chiesa anglicana e, a capo, dall’inizio, la Chiesa cattolica, che è molto, molto presente – aveva chiesto proprio 60 giorni al presidente per dimettersi, o in alternativa 90 giorni per indire un referendum a conferma del suo mandato. E prima che questi giorni arrivassero alla fine, il Giovedì Santo, durante un incontro il presidente è stato colto da un attacco cardiaco e poi è stato trasportato in Sudafrica, quando ormai non c’era più nessuna speranza ed era solo un modo per guadagnare tempo, da parte del partito di governo, che cercava di capire dove andare o come continuare questa sua egemonia.

    D. – Si dice che il presidente Mutharika stesse preparando la successione per il fratello...

    R. – Sì, era stato imposto suo fratello, attualmente ministro degli Esteri, senza nemmeno una consultazione del partito. Questa era la paura della gente, perché il cerchio andava restringendosi. Libertà è l’unica parola che la gente del Malawi riesce a considerare preziosa, perché la povertà non è cambiata con l’arrivo della democrazia. Quindi, il Paese teneva molto alla libertà, questo vento di libertà che pure viene ora da quella primavera del Nord Africa, che sta scendendo sempre più a sud, in questi Paesi democratici costituzionalmente, ma dove la democrazia purtroppo è molto fragile e può essere trasformata in dittatura. La paura che ci fosse un ritorno alla dittatura ha mosso la gente a dire: “Basta, ne abbiamo abbastanza”. Il tema che questo Public affairs committee aveva messo all’ordine del giorno era proprio “Riappropriarci del nostro futuro”, in cui si chiedeva conto del domani e si diceva al presidente che quella strada era ormai impercorribile.

    D. – Ecco, il futuro. Chi è Joyce Banda? Ricordiamo che era vicepresidente al momento della successione, ma che era stata espulsa dal Partito di governo nel 2010. Come potrà conciliare la guida del Paese con una classe politica che ieri le era ostile?

    R. – E’ già un fatto di questi giorni: oltre 30 parlamentari del partito di governo si sono presentati alle porte di Joyce Banda per dire “noi siamo dalla tua parte”. In una settimana è avvenuto un cambiamento enorme e Joyce Banda rappresenta bene la voce dell’Africa: ha combattuto molto per l’abolizione della violenza contro le donne, per la promozione della donna nella società, per arrivare ad avere una migliore situazione sanitaria, perché la mortalità infantile diminuisca. Lei è molto vicina alla gente e la chiamano “la mamma dei poveri”. Ha dalla sua che è stata anche ministro degli Esteri, ha viaggiato, ha studiato anche in Italia. La forte speranza risiede nel fatto che è capace di ascoltare. Il marito era a capo della Giustizia in Malawi, quindi ha un sostegno diretto in casa sua, così come ha un sostegno da tutte le Chiese, perché dal 2010, quando è stata espulsa, sono state le Chiese ad accoglierla, quando non aveva più dove andare, perché il governo le aveva tolto tutti i diritti e la possibilità stessa di muoversi.

    D. – Stasera, la Conferenza episcopale incontrerà la nuova presidente: ci sarà una raccomandazione particolare, un auspicio speciale?

    R. – Certamente. Si chiederà che sia la Costituzione, siano i diritti umani, sia la libertà a essere parte di questa transizione, perché ci sono scelte da fare immediatamente. Già martedì prossimo, la presidente incontrerà il Fondo monetario internazionale (Fmi). C’è una svalutazione da fare, che sarà pesantissima. Ha bisogno davvero, come in tutti questi Paesi che incontrano difficoltà economiche, di fare scelte impopolari, ma importanti. In questo senso, ha bisogno dell’appoggio di tutte le Chiese e delle organizzazioni non governative. La Chiesa cattolica sente la sua responsabilità e non può stare a guardare: in prima persona, con i suoi vescovi, preti e tutta la comunità cristiana, si sente parte di questa transizione. (ap)

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    Egitto: s'infiamma la lotta su Costituente e candidature presidenziali

    ◊   In Egitto, la Corte amministrativa del Cairo ha sospeso l'Assemblea costituente dominata dai Fratelli musulmani, in seguito alle proteste di esponenti laici e liberali che avevano denunciato la scarsa rappresentatività dell'organismo. Intanto, s'infiamma la corsa alle presidenziali, i cui due turni si terranno tra maggio e giugno. Il parlamento ha dato il primo stop alla candadidatura di uomini legati al vecchio regime. A decidere di scendere in campo, infatti, anche Omar Suleiman, già capo dei servizi segreti e vicepresidente durante l'epoca di Mubarak. Ad analizzare i possibili motivi di questa decisione, nel’intervista di Davide Maggiore, è Sameh Fawzy, cristiano copto, direttore del Forum per il dialogo ‘Bibliotheca Alexandrina’:

    R. – I think that this is one of the struggles and the conflicts between the Muslim …
    Credo che questo sia uno degli aspetti del conflitto tra i Fratelli musulmani e il Supremo Consiglio Militare in Egitto. Quando i Fratelli musulmani hanno presentato il nome del loro candidato – Khairat el Shater - sembra ci sia stata una decisione ad alto livello per spingere Omar Suleiman a candidarsi alle presidenziali. Omar Suleiman ha trascorsi militari ed ha lavorato nell’apparato statale egiziano per oltre 20 anni. Possiamo guardare all’intera questione da questa prospettiva: Suleiman è parte dell’establishment egiziano che vuole riprodurre il vecchio regime non proprio così com’era ma, sia pure con struttura e forma diversa, sostenendo i medesimi interessi socio-economici e politici: l’apparato dello Stato, gli interessi del regime di Mubarak, gli interessi di alcuni gruppi, in Egitto, che sono in disaccordo con quello che è accaduto durante la rivoluzione.

    D. – I Fratelli musulmani, che in passato hanno negato di voler presentare candidati alla presidenza, hanno cambiato idea: perché? Lei pensa che possano ripetere il successo ottenuto nel voto parlamentare?

    R. – Muslim Brotherhood mentioned too many things, but they changed their …
    I Fratelli musulmani hanno detto tante cose, ma hanno cambiato idea: durante le elezioni parlamentari hanno detto che avrebbero partecipato per il 30 per cento dei seggi, mentre invece hanno corso per tutti i seggi. All’inizio dissero che non avrebbero partecipato alle elezioni presidenziali, e invece poi hanno nominato un candidato, e poi un altro candidato qualora il primo si fosse trovato ad affrontare problemi legali; in realtà desiderano molto ottenere la presidenza. Hanno detto questo perché non possono spodestare l’attuale governo mentre sono convinti del fatto che il potere del Parlamento sia inefficiente; per questo hanno deciso di correre per le presidenziali, per potere gestire tutto il ramo esecutivo del governo. Credo che sia una questione di lotta per il potere tra forze diverse che vorrebbero forgiare il futuro dell’Egitto.

    D. – Pensa che il candidato presidenziale dei Fratelli musulmani possa avere successo?

    R. – He is a competitor and has a chance, definitely; he has popularity, but the …
    E’ in corsa e, in definitiva, ha delle possibilità; è anche popolare, ma queste elezioni presidenziali non sono poi così facili. Credo che sarà una competizione molto forte tra il generale Omar Suleiman e il rappresentante, o il candidato, dei fratelli musulmani.

    D. – Quindi, lei non vede possibilità per Amr Moussa, già segretario della Lega Araba che, secondo i sondaggi, era il candidato favorito?

    R. – His chances became, in my point of view, limited, after the decision of …
    Dal mio punto di vista, le sue chances si sono ridotte da quando Omar Suleiman ha deciso di partecipare alla campagna elettorale per le presidenza.

    D. – Quindi, lei pensa che alle elezioni presidenziali, come già era avvenuto alle elezioni parlamentari, gli argomenti del movimento giovanile e della società civile non saranno rappresentati?

    R. – I don’t think so. They won’t be represented. Candidates from leftist wing …
    Non credo: non credo che saranno rappresentati. I candidati di sinistra, della società civile, come Khaled Ali ed altri, in realtà in questo momento non sono concorrenti forti, in queste elezioni…

    D. – Secondo lei, i risultati di queste elezioni possono avere un impatto significativo sulla situazione attuale dei cristiani copti?

    R. – Definitely, if the candidate of the Muslim Brotherhood wins, some challenges …
    In realtà, se dovesse vincere il candidate dei Fratelli musulmani, potrebbe sorgere qualche problema perché loro vogliono stabilire nuovi rapporti tra Fratelli musulmani e copti; ma, non penso che alla fine sarà così: secondo alcune fonti all’interno della Chiesa, è stato deciso di non appoggiare nessun candidato: i copti sono liberi di scegliere chiunque vogliano: sono liberi cittadini, possono scegliere la persona il cui programma essi pensano possa rispondere alle loro esigenze e alle loro aspirazioni. Gli islamisti, se vincono la presidenza, sicuramente porteranno delle sfide: ma noi possiamo superare qualsiasi sfida ci si ponga, in questo senso.(gf)

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    Myanmar: Aung San Suu Kyi soddisfatta per l'incontro col presidente Thein Sein

    ◊   “Soddisfazione”. Questo il primo commento espresso dalla leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi, dopo l’incontro di oggi a Naypyidaw col presidente del Myanmar, Thein Sein. Si tratta del primo faccia a faccia tra i due, a seguito dell’elezione della Premio Nobel al Parlamento locale, dopo un colloquio preliminare nell’agosto scorso. Da tempo le autorità del Paese asiatico puntano a presentare Aung San Suu Kyi - per 15 anni agli arresti domiciliari - come interlocutrice indispensabile nella vita politica birmana, per legittimare le riforme avviate negli ultimi mesi e quando si discute della possibile revoca delle sanzioni internazionali. Nei giorni scorsi era stato dato come imminente un incarico ad Aung San Suu Kyi come responsabile della riconciliazione con le minoranze etniche, ma il riconoscimento avrebbe comportato le dimissioni dal Parlamento, subito da lei rigettate: la leader della Lega nazionale per la Democrazia s’insedierà infatti come deputata il prossimo 23 aprile. Ma come leggere l’incontro con il presidente Thein Sein? È un segnale di apertura? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Piero Gheddo, missionario del Pime, profondo conoscitore della realtà birmana:

    R. – Senza dubbio sì. Per la gente del posto, questo incontro è fondamentale. Il cambiamento di politica del Myanmar, che però è appena cominciato, è avvenuto soprattutto per le pressioni interne: già qualche anno fa si poteva vedere la gente per le strade che manifestava contro il precedente governo. Certo, il fatto che le autorità abbiano spostato la capitale da Yangon a Naypyidaw ha influito, perché a Yangon potevano controllare meglio la situazione, che invece poi è sfuggita di mano, appunto per la forte pressione dovuta alla base, ma anche a quella internazionale, compresi i cattolici, i buddisti, le minoranze. Insomma il Myanmar si è trovato unito per il cambiamento, forse anche per i problemi economici e per le difficoltà con la Cina. Perché oggi la Cina domina le regioni autonome, dove è tutto cinese: ci sono insegne in cinese, strade in cinese, ristoranti e alberghi cinesi. Le località ai confini con la Cina non sembrano più cittadine birmane. Quindi, uno dei pericoli è che i cinesi entrino e ‘colonizzino’ la zona.

    D. – Lei ha parlato delle minoranze: si è detto in questi giorni che il presidente Thein Sein voglia offrire ad Aung San Suu Kyi un ruolo di responsabile della riconciliazione con le minoranze considerate ‘ribelli’, il che però comporterebbe una rinuncia al seggio parlamentare che ha appena conquistato alle elezioni del 1° aprile…

    R. – Se Aung San Suu Kyi assumesse un ruolo per riconciliare le minoranze sarebbe un grande passo in avanti. Rinunciare al seggio in Parlamento, però mi pare troppo. Non dimentichiamo comunque che i birmani sono il 62 per cento degli abitanti del Paese e gli altri sono tutti appartenenti ad altre etnie. Anni fa sono stato, per esempio, nello Stato dei Karen, che è praticamente una zona cattolica: i Karen sono perlopiù cattolici e protestanti. Lo stesso sta avvenendo in Arakan e in altre aree.

    D. – A proposito delle sanzioni nei confronti della Birmania, un ruolo di potere per Aung San Suu Kyi cosa potrebbe significare?

    R. – Aung San Suu Kyi gioca un ruolo di rappresentanza della realtà attuale. Finché questa donna è onorata, ricevuta dal presidente, assume incarichi nazionali, allora naturalmente ne guadagna tutto il Paese. Penso che Aung San Suu Kyi abbia un grande ruolo in tutti e due i sensi: all’interno, per riconciliare i popoli, e all’esterno, per dire che il Myanmar si sta incamminando su una strada che porterà, speriamo, alla pace, alla riconciliazione e alla democrazia. (ap)

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    Lamezia. Spari contro la comunità di don Panizza, ma sale l'indignazione contro la 'ndrangheta

    ◊   Ennesimo vile atto intimidatorio della criminalità organizzata contro la comunità di don Giacomo Panizza “Progetto sud” che a Lamezia Terme, nel quartiere Capizzaglie, accoglie immigrati e disabili. Ignoti hanno esploso due colpi di pistola contro la saracinesca della comunità, che ha sede in un edificio confiscato ad una famiglia della ‘ndrangheta. Ascoltiamo proprio don Giacomo Panizza, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. – Ci sfianchiamo, ci indeboliamo e, al tempo stesso, sappiamo che è il momento di resistere, perché vogliono sostanzialmente chiedere che una casa confiscata vada in abbandono, piuttosto che messa in attività.

    D. – Quindi siete stanchi, sono atti che sfiniscono, ma comunque permane la voglia di resistere, di far vincere la giustizia …

    R. – Perché sappiamo che la giustizia, come la libertà, l’amore e le cose grandi, hanno bisogno di percorsi lunghi: non è che con un telecomando si passa dall’omertà alla parola chiara. La fede comporta tanta pazienza, la speranza comporta tanta pazienza.

    D. – Sono atti che dimostrano che la vera disabilità non è quella fisica, ma c’è un cancro che purtroppo colpisce il territorio. E’ quello che va estirpato, è quella la disabilità vera …

    R. – Sì, la disabilità nel senso di diventare incapaci di essere normalmente giusti, normalmente cittadini e cittadine, normalmente solidali…

    D. – Cosa si sente di dire a queste famiglie della ’ndrangheta?

    R. – Quello che ripeto continuamente: la bellezza di vivere con la coscienza pulita, la bellezza di vivere sognando insieme e non essere qualcuno contro il resto del mondo. Ogni clan vive contro il resto del mondo e tanti - i numeri lo dicono – vengono uccisi anche tra di loro. Mi sento di dire, e continuamente glielo dico, la bellezza è di vivere da uomini e donne davvero.

    D. – In questa situazione vi sentire abbandonati e isolati, oppure c’è il conforto, il sostegno delle istituzioni?

    R. – Sì, questo lo sentiamo. Certo, la concretezza è sempre sui tempi più lunghi, però al momento le istituzioni, ma anche la gente in genere, è indignata e proprio non capisce il motivo di questo accanimento.

    D. – La vostra comunità ha sede in un palazzo confiscato. La strada dei beni confiscati è una strada giusta, bisogna forse anche approfondirla …

    R. – Bisogna secondo me, da una parte, che non sia lasciata da gestire soltanto agli addetti ai lavori, ma che proprio sia le istituzioni sia la città, la società, sappiano che quelle strutture confiscate non sono del gruppo di volontariato che le gestisce, ma sono proprio di tutta la città, di tutta la cittadinanza. Mettersi insieme per ridare dignità a case che sono state costruite sul sangue, sulle rapine, sulle estorsioni: questo è un compito davvero di tutti. Tutti cambiamo la città se tutti ‘ci mettiamo dentro’. Noi non ci ritiriamo, da questa bella avventura.

    D. – Nella cittadinanza, scorge semi di speranza, anche di allontanamento da quella che qualcuno definisce una cultura dell’omertà?

    R. – Sì, la gente non è più come ai vecchi tempi, quando la ‘ndrangheta era intesa come qualcosa di nascosto. Ormai la gente conosce le brutture della ‘ndrangheta, è più consapevole. Il problema è che rimangono ancora quelli che, pur sapendo, stanno zitti. Per il resto è cambiato tanto: la partecipazione, la consapevolezza, l’essere presenti. E’ cambiato tanto.

    D. – Questo anche grazie all’apporto di comunità come la vostra, al contributo della Chiesa …

    R. – Grazie all’apporto degli esempi, nei mondi della Chiesa e non solo. Le parole, le prediche su questo, valgono davvero poco, però gli esempi ci sono. Contengono in se stessi la bellezza della cosa da fare, perché è bello vedere – come abbiamo fatto il 29 febbraio – migliaia di persone, per la prima volta, venire in quel quartiere a manifestare. Non era mai accaduto. Gli esempi, davvero, sono belli e dicono che ‘si può’. Aiutano a capire che ‘si può’, non solo a teorizzare ma aiutano a vedere che si può andare contro la ‘ndrangheta. (cp)

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    Al via la 16.ma Carovana antimafie promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico

    ◊   Riparte oggi dal Lazio, da Latina, la Carovana antimafie di Arci, Libera e della rete degli Enti locali Avviso Pubblico, che da 18 anni attraversa l'Italia per dire "no" a Cosa Nostra e a tutte le forme di illegalità. Durante il viaggio, che si concluderà l'11 ottobre in Sicilia, la Carovana toccherà tutte le regioni italiane, ma anche Francia, nell'anno delle elezioni presidenziali, e Tunisia, simbolo di una nazione che sta attraversando il cambiamento. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    Fare antimafia, facendo società. Il messaggio 2012 della Carovana è tanto semplice da dire quanto complesso da mettere in atto. Perché per “fare società” si intende ricostruire il tessuto sociale, far diventare notizia le esperienze virtuose e di contro svelare il malaffare e l’illegalità. L’intento degli organizzatori è questo sin dall’inizio della Carovana. Che quest’anno assume un valore assai più forte in occasione del 30.mo anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e del 20.mo delle stragi di Capaci e via D’Amelio, dove morirono i giudici Falcone e Borsellino. Nel viaggio che porterà la carovana in tutte le regioni italiane, in Francia e in Tunisia, si darà via a incontri con la cittadinanza, conferenze nelle scuole. Alessandro Cobianchi, coordinatore della Carovana:

    R. - La Carovana di quest’anno è un punto di passaggio. Diciotto anni fa, quando è nata aveva certezze purtroppo negative. Era un Paese completamente allo sfascio, sicuramente dal punto di vista dell’aggressione militare delle mafie. Oggi, invece, le mafie si stanno trasformando, si sono già trasformate, sono in piena evoluzione. A noi piace capire cosa sta accadendo a questo Paese, perché crediamo che ci sia una deriva culturale. Carovana non ha la presunzione di bloccarla, ma intende interpretare e provare a raccontare quello che accade andando nelle città, nelle piazze, e parlando direttamente con le persone.

    D. - Questo significa che, secondo voi, parlare ai cittadini, o far sentire loro in qualche modo una sorta di sostegno, potrebbe incoraggiarli a ribellarsi, a non pagare più il pizzo, a contrastare il racket delle estorsioni nonostante il rischio per le loro vite e le loro famiglie?

    R. - Noi non intendiamo sottrarre le persone al giogo del pizzo o delle varie forme di estorsione, vogliamo soltanto provare a incontrare queste persone. Naturalmente, la Carovana non è il toccasana, altrimenti ne faremmo 100 tutti i giorni. Però, credo che il fatto che in molte cittadine si possa parlare del gioco d’azzardo, dell’isolamento sociale cui certi giochi conducono, sia qualcosa di importante. A noi piace l’idea di poter incontrare una scolaresca e di poter raccontare della forza dirompente del bene confiscato e dei prodotti che vengono da questi beni. Se uno di quei ragazzi dovesse decidere domani di costruire associazionismo, di rafforzare la partecipazione, di salire sulla Carovana, sappiamo di aver fatto comunque una piccola parte importante del nostro lavoro. Questo è lo spirito del nostro viaggio.

    La Carovana è promossa anche da Avviso Pubblico, la rete degli enti locali per la formazione civile contro le mafie, che in questo viaggio chiedere ai sindaci e agli amministratori locali di sottoscrivere un Codice etico, la Carta di Pisa. Giuseppe Schena, del direttivo nazionale di Avviso Pubblico sottolinea: per contrastare la criminalità dobbiamo combattere per la legalità delle istituzioni.

    R. - La Carta di Pisa, il Codice etico per gli amministratori locali, è iscritto nei valori della Carovana: stiamo parlando semplicemente del contributo che ognuno può dare per la legalità praticata, non dichiarata. Noi chiediamo agli amministratori che sottoscrivano quel Codice, perché in un modo molto semplice, nella loro attività quotidiana, possono dare un contributo che non è scontato: nella capacità di tenere le relazioni in trasparenza, di assumersi impegni che possono essere misurati, di praticare un comportamento corretto e di non dare soprattutto spazio a interventi di natura discrezionale. Noi amministratori abbiamo a disposizione una serie di procedure, di attività, di percorsi autorizzativi, che devono essere immediatamente nella disponibilità di chi li usa, non devono essere lasciati alla discrezionalità del politico, del sindaco o della giunta che decide sì o no. Ci sono procedure, soprattutto in urbanistica, nell’autorizzazione delle attività commerciali e produttive, nelle autorizzazioni di natura sanitaria, che devono essere immediatamente nella disponibilità dei cittadini, senza questa intermediazione politica, dove la politica non occorre: la politica scrive le regole, poi le presidia, ma non deve occuparsi della gestione. Allora, credo, che non accettare regali sopra un certo importo, non occuparsi di avere relazioni con imprese con le quali hai lavorato o potresti lavorare in futuro, scegliere amministratori in giunta o in consiglio che non abbiano relazioni con multiutility, società collegate, società patrimoniali, credo che tutti questi siano gesti concludenti, più di ogni altra dichiarazione. Questa è la Carta di Pisa, questo è l’impegno che chiediamo ai sindaci e agli amministratori locali.

    D. - Di fronte a notizie di cronaca, che ci riportano continuamente dello scioglimento di comuni per mafia, pensiamo agli ultimi, come Castel Volturno…

    R. - Pensiamo a Castel Volturno, ai 200 che sono stati sciolti negli ultimi 20 anni, ma pensiamo anche a quelli che sono stati sciolti nel Nord di questo Paese, penso a Bordighera, a Ventimiglia, e a quanti sono in attesa, e quelli che sono in attesa sono oltre la Linea Gotica. Quindi, anche il tema delle amministrazioni del Nord che hanno a che fare con infiltrazioni, con criminalità, con condotte non proprio trasparenti degli amministratori, è un tema attuale.

    D. – Le infiltrazioni mafiose e la cattiva amministrazione sono i motivi che hanno fatto crollare gli investimenti esteri in Italia…

    R. – Uno dei criteri con i quali si valuta se investire o no in un Paese è l’affidabilità della pubblica amministrazione, della politica, delle istituzioni. Non faccio investimenti ingenti in un Paese nel quale è nella discrezionalità di un amministratore locale decidere come farlo e procedere attraverso percorsi che sono indecifrabili dal punto di vista autorizzativo, perché c’è una procedura che è farraginosa, perché ci sono vincoli, limiti, lacci e lacciuoli, e soprattutto perché c’è un’altissima presenza di quello che è il condizionamento della criminalità.

    Franco La Torre è il figlio di Pio, l’uomo politico ucciso dalla mafia in Sicilia nel 1982. E’ il presidente di Flare, il network che raduna una cinquantina tra associazioni e ong europee, finalizzato alla cooperazione tra le organizzazioni della società civile nella lotta contro le mafie e le criminalità organizzate transnazionali:

    R. – E’ importante ciò che fanno le istituzioni, ciò che fanno le organizzazioni grandi e piccole, però se non c’è una presa di coscienza, un’assunzione diretta di responsabilità, non si sconfiggono le mafie, perché ci accompagnano durante tutto il giorno. Noi possiamo far finta di non vederle, ma spesso chi è accanto a noi è costretto a rivolgersi a un usuraio, ad accettare le merci imposte, ad accettare il cemento, a chiedere una raccomandazione. Per cui è la società che se ne deve far carico.

    D. – Negli ultimi anni, e non da pochi, molte componenti della società si sono rese conto del loro importante ruolo in questa battaglia …

    R. – Non c’è dubbio, anche se questo della sensibilizzazione della società è un processo che va continuamente alimentato e in questo dobbiamo dire grazie, a coloro che lo fanno: le associazioni come Libera, come Avviso Pubblico, i sindacati. C’è tanta gente che è impegnata, che è sensibilizzata e lo deve essere sempre di più. Ancora oggi, in Italia, paghiamo un limite di analisi, nonostante tutto, ancora in molti considerano le mafie come una questione del “mezzogiorno depresso”, considerano la presenza delle mafie - nel centro e nel nord Italia - come fattori episodici, quando ormai sono fattori sostanziali e radicati. Perché continuiamo a parlare di mafia, dopo 150 anni di unità d’Italia? Perché, disgraziatamente, la storia della mafia affonda le sue radici nella nascita del nostro Stato, perché c’è stata una grande capacità, da parte del potere politico di individuare nella criminalità organizzata un utile strumento alle sue pratiche illegali, e da parte della criminalità organizzata nel trovare, nella classe dirigente di questo Paese, il raccordo per moltiplicare i suoi interessi ed i suoi guadagni. Tra i due c’è un patto, simboleggiato da quella che viene chiamata la “zona grigia”: quei professionisti che sono apparentemente immuni, intoccabili, ma che poi prestano i loro servizi, le loro capacità, le loro intelligenze alle economie criminali.

    D. – Lei presiede Flare network che l’anno prossimo si unirà a tutte le altre che appoggiano la carovana. In che modo Flare si inserirà, con quello che è il suo specifico?

    R. – La novità è che da poche settimane, la Commissione Europea ha elaborato una proposta di direttiva - da sottoporre all’approvazione del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo – per l’introduzione della legislazione per la confisca dei beni a livello europeo. E’ questo il motivo, e non solo, per cui è necessario un impegno di organizzazioni internazionali - come Fleur - che accompagnino la Carovana in un grande giro, che tocchi perlomeno tutte le capitali dell’Unione Europea, per raccontare ai cittadini e alle cittadine dell’Unione Europea, che spesso non sanno, che spesso ignorano, che spesso sottovalutano, cosa vuol dire vivere con le mafie, qual è il pericolo delle mafie. (cp)

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    "Testimoni di Cristo, in ascolto": le diocesi del Triveneto da venerdì in convegno ad "Aquileia 2"

    ◊   Che cosa lo Spirito dice e chiede oggi alle Chiese di queste terre? E’ la domanda cruciale cui cercherà di dare risposta il secondo Convegno delle diocesi del Triveneto in programma, da venerdì a domenica prossimi, a Grado e ad Aquileia, centro d’irradiazione della cristianità nel Nordest. L'incontro vuol approfondire la collaborazione tra le 15 diocesi del Trentino Alto Adige, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, nell'intento comune di ravvivare la fede e l’impegno per la nuova evangelizzazione nel contesto di profondi cambiamenti socio-economici, culturali e religiosi. Il cammino in preparazione al Convegno "Aquileia 2" era iniziato il 7 novembre 2010 e ha vissuto un momento di particolare intensità con la visita di Benedetto XVI ad Aquileia e a Venezia, lo scorso maggio. In quell’occasione, il Papa aveva indicato il “mandato”: leggere le trasformazioni in atto con “gli occhi della fede” per “testimoniare l’amore di Dio all’uomo”. Oggi, a Gorizia, la conferenza stampa di presentazione dell'evento. Il servizio di Adriana Masotti:

    Ascolto dello Spirito e fedeltà alla storia, le due motivazioni di fondo del secondo Convegno ecclesiale del Nordest, a 22 anni dal primo, tenuto sempre ad Aquileia. 580 i delegati delle 15 diocesi che con i loro vescovi daranno vita ai lavori che, nel pomeriggio di domenica, si concluderanno con la messa celebrata dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. “Testimoni di Cristo, in ascolto”, il titolo dell'evento. Sentiamo Mauro Ungaro, dell'Ufficio stampa e direttore del settimanale diocesano di Gorizia “Voce isontina”:

    “E’ un convegno che ha caratteristiche molto importanti: questo essere assieme, questo confrontarci, sempre alla luce della Parola. Io credo che il frutto più importante sarà proprio quello di continuare a camminare, ciascuna Chiesa con le sue particolarità, sapendo però di camminare nello stesso cammino”.

    Ma di quali cambiamenti avvenuti nel Nordest, in questi ultimi 20 anni, tener conto per guardare al futuro? Don Renato Marangoni, segretario generale del Convegno:

    “Sono stati presi in considerazione alcuni indicatori come l’immigrazione - che da noi è diventata proprio una condizione strutturale - il fattore famiglia, che in questi anni è cambiato, il volto della religiosità che è cambiato tantissimo. Sempre più il credere, nel nostro contesto, è un credere con tante domande: emerge un disagio di fronte aduna Chiesa che, a volte, è percepita come lontana dal vissuto della gente. Ma contemporaneamente, la realtà della parrocchia è molto apprezzata ed emerge una domanda molto più profonda di spiritualità”.

    Tre le piste generali di riflessione, la nuova evangelizzazione, in dialogo con la cultura del tempo e impegnati per il bene comune. Ancora Mauro Ungaro:

    “Mi rifaccio alle parole che Papa Benedetto XVI pronunciò nella Basilica di Aquileia nel maggio scorso, quando sottolineò come il punto nodale di 'Aquileia 2' sarebbe stato l’interrogarsi delle Chiese su come annunciare Cristo e diede quasi la 'ricetta', affermando che la missione prioritaria che il Signore affida alle nostre chiese è quella di testimoniare l’amore di Dio per l’uomo, partendo proprio dalle fasce più deboli: pensiamo ai poveri, agli anziani, ai malati, ai disabili”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Usa: relazione dei vescovi sulla "Carta per la protezione di bambini e giovani"

    ◊   Il 68% degli abusi su minori denunciati nel corso del 2011 all’interno della Chiesa cattolica degli Stati Uniti sono relativi a fatti accaduti tra il 1960 e il 1984, in maggioranza tra il 1975-1979. Si tratta di 683 adulti ai quali la Chiesa ha offerto aiuto e guarigione: 453 hanno accettato il sostegno (si aggiungono ad altre 1750 persone che già ricevono aiuti). Il 3% delle denunce del 2011 (21 casi) riguarda minori: 7 sono stati dichiarati credibili dalle forze dell’ordine, 3 sono stati considerati falsi, gli altri hanno confini più indefiniti o sono difficili da accertare. E’ quanto emerge dalla Relazione annuale 2011 sull’attuazione della “Carta per la protezione dei bambini e dei giovani” che le diocesi americane sono invitate a rispettare. Ne dà notizia la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, evidenziando che “quasi tutte le diocesi del Paese hanno rispettato i 17 punti della Carta”. Mancano all’appello le diocesi di Baker, Oregon, Lincoln, Nebraska e sei eparchie di rito orientale, “che si sono rifiutate di partecipare alle verifiche, quindi risultano non conformi” alle regole. Dal rapporto - riferisce l'agenzia Sir - risulta che i costi per gestire la crisi sono generalmente diminuiti, rispetto all’anno precedente, ma sono aumentate le spese legali. I costi totali nel 2010 per terapie, sostegno alle vittime, ecc. sono stati di 124 milioni di dollari nel 2010. Nel 2011 sono scesi a 109 milioni di dollari. Diocesi e congregazioni religiose insieme hanno speso 150 milioni di dollari nel 2010, 144 milioni di dollari nel 2011. Tra i preti accusati in passato di abusi sui minori, 253 sono morti, 58 sono stati ridotti allo stato laicale, 281 erano già stati rimossi sulla base di precedenti accuse. “Anche se il rapporto evidenzia che la maggior parte delle accuse riguarda il passato - ha affermato il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa - la Chiesa deve continuare a vigilare. Dobbiamo fare il possibile perché questi abusi non accadano più. Continueremo a lavorare per una piena guarigione e riconciliazione con le vittime”. La nota dei vescovi Usa ricorda che in tutta la nazione circa 1,8 milioni di volontari nelle parrocchie e scuole cattoliche sono formati per prevenire abusi su minori. A circa 4,8 milioni di bambini cattolici è stato insegnato come riconoscere eventuali molestie, a dire no e a confidarsi con genitori e adulti di fiducia. (R.P.)

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    Colombia: oltre 200 mila gli sfollati interni nel 2011

    ◊   Vengono definiti “desplazados”, cioè “sfollati interni”, costretti con la forza a lasciare le proprie case e le proprie terre in Colombia. Oggi ammontano a 5 milioni e mezzo, di cui 260 mila soltanto nel 2011, come riporta l'agenzia Misna in base ai dati forniti dall’Organizzazione non governativa “Consultoría para los derechos humanos y el desplazamiento” (Codhes). Il fenomeno è conseguenza del conflitto interno al Paese che perdura ormai da quasi mezzo secolo, conflitto cui va ad unirsi, secondo l’organismo, “la disputa per il controllo dei territori strategici per l’economia legale e illegale”. In base al rapporto annuale di Codhes, la regione che nel 2011 ha ospitato il maggior numero di sfollati è quella nord-occidentale di Antioquia, dove se ne sono contati oltre 64mila, seguita da Nariño e dal Cauca nel sud-ovest, rispettivamente con circa 29mila e 19.500. “I responsabili di questa situazione non si possono citare con esattezza, ma sappiamo che se esiste una responsabilità importante delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), vi è anche quella di bande che definiamo eredi del paramilitarismo e, ovviamente, delle forze dello Stato”: spiega Marco Romero, direttore dell’organizzazione. Inoltre, negli anni, “i ritorni alle terre d’origine sono stati minimi”. Ma non è tutto. Il 2011, anno in cui sono stati calcolati più di 200 mila “desplazados”, è stato quello in cui “il Paese stava discutendo una legge a favore delle vittime”, e questo “è estremamente grave” conclude Romero. (G.M.)

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    Hong Kong: il cardinale Tong incoraggia i neo battezzati ad essere testimoni della fede

    ◊   Il cardinale John Tong Hon, vescovo della diocesi di Hong Kong, ha incoraggiato i circa 3.500 catecumeni che hanno ricevuto il Battesimo e gli altri due sacramenti dell’iniziazione cristiana (Cresima ed Eucaristia) nella Veglia Pasquale, ed ha ringraziato sacerdoti, religiosi/e e laici per il loro impegno evangelizzatore, invitandoli ad essere testimoni della fede sulle orme delle prime comunità cristiane. Questo il contenuto centrale della Lettera pastorale della Pasqua 2012 che il neo cardinale ha indirizzato ai suoi fedeli. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese) nella Lettera, firmata il 25 marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore, il cardinale Tong sottolinea la necessità di un cammino di fede continuo dopo il Battesimo, indicando come esempio da seguire la prima comunità cristiana. Secondo il cardinale, come “ci ricordano gli Atti degli Apostoli, le tre caratteristiche della nuova comunità sono: ascoltare con attenzione l’insegnamento degli Apostoli, incontrarsi spesso per spezzare il pane e pregare, servire gli altri soprattutto i bisognosi”. Il vescovo di Hong Kong rivolge infine questa esortazione: “Lasciamoci guidare dalla maestra – la prima comunità cristiana - dell’epoca degli Apostoli, continuiamo per tutta la vita la lettura della Bibbia, la preghiera e l’incontro comunitario - soprattutto la Messa -, ed anche il servizio agli altri per testimoniare la nostra fede”. (R.P.)

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    Filippine: attentato per distrarre dalle ricerche dell’ex governatore della zona

    ◊   “Le bombe esplose il 5 aprile, Giovedì Santo, nei sobborghi di San Jose e El Nido hanno motivi politici. Nonostante la paura, il fatto non ha danneggiato la Chiesa locale impegnata nelle celebrazioni per la Settimana Santa”. Lo spiega all'agenzia AsiaNews mons. Pedro Arigo, vescovo di Puerto Princesa nelle Filippine. È a pochi chilometri dall’ingresso del parco naturale della città che è avvenuto l’attentato, in cui sono rimaste ferite quattro persone. Secondo il presule, chi ha collocato le bombe ha voluto creare un clima di terrore fra la gente, per distrarre dalla ricerca di Mario Joel Reyes, ex governatore della provincia, presunta mente dell’assassinio di Gerry Ortega, giornalista cattolico ucciso il 24 gennaio 2011. “La gente - afferma mons. Arigo - sa benissimo che questi atti sono orchestrati da politici locali”. Impegnato nella difesa dei tribali contro lo sfruttamento minerario dell’isola di Palawan, grande amico di mons. Arigo, Ortega ha condotto per anni un programma radiofonico per denunciare i soprusi ai danni degli indigeni. Di recente la polizia ha arrestato gli esecutori materiali e alcuni dei mandanti dell'omicidio. (G.M.)

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    India: per i massacri in Gujarat del 2002 ancora lontana la verità

    ◊   Vizi procedurali nell’inchiesta, testimoni non ascoltati e registrazioni telefoniche non messe agli atti. Sono le accuse lanciate all'agenzia Asianews da padre Cedric Prakash, direttore del centro gesuita per i diritti umani, giustizia e pace di Ahmedhabad Prashant. Parole arrivate dopo la sentenza emessa oggi dalla corte indiana e che scagiona Narendra Modi, ministro del Gujarat, da ogni accusa di coinvolgimento nei massacri del 2002. Proprio nel febbraio di quell’anno un gruppo di musulmani diede fuoco ad un treno sul quale viaggiavano indù di ritorno da un pellegrinaggio. Nell’assalto morirono 58 persone ma subito dopo si scatenarono violenti disordini in tutta la regione; il più grave fu quello contro un complesso residenziale, circa 70 i morti. I numeri di quella violenza furono impressionanti: oltre mille i morti accertati - 790 erano musulmani e 254 indù - almeno 253 persone furono dichiarate disperse; 523 luoghi di culto, comprese tre chiese, vennero danneggiate; oltre 35mila persone arrestate. In tanti puntarono il dito allora sul Partito ultranazionalista al governo reo di aver cospirato nei disordini e di non aver saputo controllare la situazione, occultando poi la verità. “E’ un verdetto molto amaro – ha detto padre Cedric Prakash – soprattutto per i sopravvissuti e dopo un’intera inchiesta sospetta oltre ogni ragionevole dubbio”.(B.C.)

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    Pakistan: famiglia e Anno della Fede al centro delle riflessioni pasquali

    ◊   Ampia in Pakistan la partecipazione dei fedeli, soprattutto giovani, alle celebrazioni della Settimana Santa. Lo ha riferito all’agenzia Fides mons. Sebastian Francis Shah, vescovo ausiliare di Lahore. A dominare la riflessione pasquale sono stati due temi: la famiglia e l’Anno della Fede, il cui inizio è previsto in ottobre. “La famiglia – ha detto il presule - è la culla della fede: in famiglia si impara a pregare, si vive la prima testimonianza cristiana”. Pertanto è necessario “rimettere la famiglia al centro della pastorale – ha proseguito - nell’ottica di vivere in pienezza e con fedeltà al Santo Padre, l’imminente Anno della Fede”. Per l’occasione, la comunità cristiana in Pakistan ha deciso di pubblicare le prime due parti del Catechismo della Chiesa Cattolica tradotte in urdu, grazie all’opera congiunta di un laico e di un missionario. Mons. Shah ha ricordato che “le celebrazioni pasquali sono il momento in cui tutta la comunità ‘fa il pieno’ della grazia di Dio, della forza che viene dalla sua Parola, per poi testimoniarla e viverla nelle difficoltà e nelle sfide di ogni giorno”. Restano infatti molte le difficoltà dei cristiani anche se qualcosa, negli ultimi tempi, sta cambiando grazie a un’opera capillare di “buone relazioni, dialogo, convivenza, amicizia, nella società civile la maggioranza dei musulmani – ha evidenziato il vescovo - sembra sempre più convinta della necessità irrinunciabile di unirsi su valori come il rispetto della dignità umana, della vita, della libertà di fede”. Un atteggiamento giusto per contrastare l’intolleranza religiosa. (B.C.)

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    Riapre in Pakistan una scuola di religiose distrutta dai talebani

    ◊   Un segno di Risurrezione. Con queste parole suor Riffat Sadiq della congregazione delle suore della Presentazione ha commentato, all’agenzia Fides, la riapertura di una scuola femminile situata nella valle di Swat, al confine tra Pakistan e Afghanistan. L’edificio, nel 2008, era stato distrutto da un attentato dei talebani che allora controllavano militarmente parte della zona, imponendo una rigida osservanza della sharia. Numerose scuole erano state distrutte e molti istituti pubblici e privati erano stati costretti alla chiusura. Dopo alcuni anni, e dopo un’imponente operazione dell’esercito regolare pakistano per restaurare lo stato di diritto nella valle di Swat, l’area è stata liberata dalle milizie talebane e le popolazioni locali hanno gradualmente ripreso la loro vita normale. Di pari passo anche le attività educative pubbliche e private hanno iniziato a rifiorire. “Come congregazione – ha detto suor Riffat - ci siamo consultate e abbiamo deciso di tornare ad essere presenti, con il nostro impegno nel campo dell’istruzione, in un’area popolata da musulmani e tribali”. Le suore della Presentazione sono presenti nel subcontinente indiano da oltre 100 anni e in Pakistan lavorano in tre province - Sindh, Punjab, Khyber - dove circa 35 religiose, oggi quasi tutte pakistane, portano avanti scuole e collegi. Nella scuola riaperta vi sono già tre suore e oltre 80 bambine iscritte che saranno seguite fino alla scuola superiore. “Siamo molto felici di aver potuto riportare una testimonianza cristiana di sviluppo ed istruzione – ha concluso suor Riffat - in un contesto così difficile”. (B.C.)

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    Brasile: la Gmg 2013 sarà preceduta dalla Settimana delle missioni

    ◊   Sarà la “Settimana delle missioni” a precedere la Giornata mondiale della gioventù 2013, che si svolgerà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio del prossimo anno, sul tema “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). La “Settimana” avrà luogo in tutto il Brasile dal 17 al 20 luglio; l’obiettivo, spiega padre Jeffersone Goncalves, direttore delle attività che precedono la Gmg, è quello di “offrire ai giovani la possibilità di partecipare ad incontri spirituali, iniziative di solidarietà, eventi culturali e missionari insieme alle comunità locali”. I ragazzi di tutto il mondo che si recheranno in Brasile saranno ospitati dalle famiglie del posto: in questo modo, potranno sperimentare in modo autentico la vita del Paese. Da sottolineare che la “Settimana delle missioni” sostituirà le tradizionali “Giornate diocesane” che, in ogni Gmg, precedono l’avvio dell’evento stesso. La decisione di trasformare tali giornate in una settimana missionaria è stata presa dal card. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il dicastero vaticano da sempre preposto all’organizzazione delle Gmg. “Questa scelta – spiega ancora padre Goncalves – porterà in eredità l’esperienza di guidare i giovani verso l’apostolato missionario”. Intanto, gli organizzatori della Gmg di Rio hanno presentato un’applicazione gratuita per iPhone, iPod e iPad chiamata “Segui la Croce”: il programma, che permette la connessione anche ai social network, consentirà agli utenti di seguire, tappa dopo tappa, il pellegrinaggio che stanno compiendo in Brasile la Croce e l’icona della Vergine Maria. Dal 18 settembre, entrambi i simboli della Gmg stanno attraversando il Paese ed anche altre nazioni come Argentina, Uruguay, Cile e Paraguay. (I.P.)

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    Filippine: al via l’Assemblea generale della Società per le Missioni

    ◊   “La Società per le missioni apportatrici di speranza per i giovani”: su questo tema si svolgerà, nelle Filippine, l’Assemblea generale della Società per le missioni del Paese (Msp). L’evento avrà luogo dal 20 al 22 aprile a Tagayaty City e vedrà la partecipazione anche di 100 collaboratori missionari laici. Prevista, inoltre, la presenza di religiosi in missione in diverse parti del mondo, che torneranno nelle Filippine per raccontare e condividere le proprie esperienze. “L’Assemblea generale – spiega padre Nilo Pacuribot, direttore dell’Ufficio vocazioni della Mps – sarà anche un’occasione per raccogliere e mettere a frutto il potenziale dei giovani, come si deduce dal tema scelto per l’evento”. Inoltre, i partecipanti dedicheranno specifici momenti di preghiera ai missionari nel mondo, chiedendo a Dio di mantenerli saldi e forti nella loro opera, alle vocazioni e ai benefattori che sostengono le missioni con il loro aiuto. L’Assemblea generale della Mps sarà inoltre preceduta, dal 18 al 20 aprile, dal Grand Mission Festival, che avrà luogo a Marikina City e sarà dedicato alla diffusione del Vangelo nel mondo e all’impegno dei cristiani filippini nella società. Entrambi gli eventi si inseriscono così ne “L’Anno della Missione”, lanciato nel gennaio scorso dalla Conferenza episcopale filippina, in occasione dell’80.mo anniversario delle Pontificie Opere Missionarie del Paese. (I.P.)

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    Regno Unito: a Pasqua accolti nella Chiesa cattolica circa 200 ex anglicani

    ◊   Durante la Settimana Santa 58 fedeli di una parrocchia anglicana di Darlington, nel nord dell’Inghilterra, hanno fatto formalmente ingresso nella Chiesa cattolica insieme al loro pastore. Si tratta della parrocchia di St. James guidata da 23 anni dal rev.do Ian Grieves che nei prossimi mesi sarà ordinato sacerdote cattolico. A presiedere la solenne celebrazione nella parrocchia cattolica di St. Anne – riferisce il quotidiano cattolico locale “The Catholic Herald” - c’era mons. Keith Newton, già vescovo in servizio attivo dal 2002 in seno alla Comunione anglicana e nominato da Benedetto XVI primo ordinario del nuovo Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham istituito nel 2011 ai sensi della Costituzione apostolica “Anglicanorum Coetibus. “Il cammino che avete intrapreso il Mercoledì delle Ceneri e nei seguenti giorni di Quaresima fino al vostro ingresso in piena comunione con la Chiesa cattolica è un modello per tutta la vostra vita cristiana”, ha sottolineato nell’omelia il presule, ordinato sacerdote nella Chiesa cattolica il 15 gennaio 2011 dall’arcivescovo di Westminster Vincent Nichols. “Per ciascuno di voi ha significato lasciare quanto vi era familiare per fare un passo avanti nella fede, nella consapevolezza di essere accompagnati da Gesù che alla vigilia della sua morte aveva pregato per l’unità dei suoi discepoli”. Soffermandosi sul tema dell’unità, mons. Newton ha quindi rilevato come questa meta tanto agognata per gli anglicani desiderosi di entrare in comunione con Roma sia stata raggiunta “in modo inatteso”: “Alla nostra preghiera ha risposto il Santo Padre in persona con la Costituzione apostolica ‘Anglicanorum Coetibus’. Abbiamo quindi percorso questo cammino verso una maggiore unità nella Chiesa di Cristo, un’unità nella fede e nella comunione rappresentata da Pietro tra noi, ricordo visibile dell’unità della Chiesa di Cristo. Un’unità che, come ha ricordato il Papa a Westminster Abbey, è una particolare responsabilità del vescovo di Roma”, ha concluso mons. Newton. In tutto nel Regno Unito circa 200 ex anglicani sono entrati quest’anno nell’Ordinariato personale di Nostra Signora Walsingham. Essi si aggiungono ai 900 accolti nella Chiesa cattolica nel 2011, tra i quali 61 sacerdoti e cinque ex vescovi anglicani. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Ucraina: l’unità al centro del messaggio pasquale dell’arcivescovo greco-cattolico di Kiev

    ◊   “Nella celebrazione della Pasqua del Signore noi fedeli greco-cattolici siamo chiamati a riscoprire continuamente il Cristo Risorto come una ferma roccia dell’unità della nostra Nazione”. È all’insegna dell’invito all’unità e alla pace sociale il messaggio pasquale del primate della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc) l’arcivescovo maggiore di Kiev Sviatoslav Shevchuk. Il messaggio, ripreso dal Servizio di informazione religiosa ucraina Risu, esorta i fedeli a superare i contrasti e le tensioni che dividono oggi la società e la Chiesa in Ucraina, ricordando, con le parole del Vangelo, che “Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina” (Mt 12, 25). “Con la Sua resurrezione – scrive mons. Shevchuk – Cristo ha superato i conflitti, la discordia e le contraddizioni che minacciano le persone, le nazioni e l’intera umanità. Egli cerca di portare pace e unità anche alla nostra nazione. Tuttavia – ammonisce - dobbiamo aprire le nostre mani per accogliere questo dono dalle mani del Salvatore risorto”. Questo “significa rinunciare alle nostre ambizioni, all’egoismo, alla ricerca del proprio interesse personale, fare prevalere il bene della nostra nazione sui nostri interessi o su quello dei partiti, essere pronti a venire incontro al nostro prossimo per il bene comune. Un credente illuminato dalla luce della Resurrezione di Cristo non può guardare all’altro con la lente deformante dell’odio o della vendetta, ma è pronto a perdonare anche il nemico e a riconciliarsi con lui. Chi non è capace di perdonare - afferma in conclusione mons. Shevchuk - non ha compreso il grande messaggio che ci ha portato il Salvatore dalla sua tomba, che è un messaggio di unità e di pace”. (L.Z.)

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    Francia: il Consiglio delle Chiese lancia un premio ecumenico per il 25° di fondazione

    ◊   Era il 17 dicembre 1987 quando nasceva il Consiglio delle Chiese cristiane in Francia (Cecef), ovvero l’organo di concertazione d’Oltralpe tra cattolici, ortodossi, protestanti ed anglicani. A distanza di 25 anni da quella data, il Cecef si prepara a celebrare il suo Giubileo d’argento promuovendo due premi ecumenici per incoraggiare la ricerca dell’unità dei cristiani. I due riconoscimenti riguardano, rispettivamente, la composizione di un cantico ispirato ad un passo del Vangelo di Giovanni dedicato all’unità, ovvero “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 20-26), e un lavoro di ricerca universitaria in Storia o Teologia sulle questioni ecumeniche. La cerimonia di consegna dei premi si svolgerà il 13 dicembre 2012, alla presenza dei co-presidenti del Cecef, il cardinale André Vingt-Trois, il Pastore Claude Baty e il Patriarca di Francia Emmanuel. (I.P.)

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    Irlanda: gioia del primate per il cardinale Ouellet come inviato papale al Congresso Eucaristico

    ◊   Il cardinale Primate d’Irlanda Seán Brady saluta con gioia la notizia della nomina del cardinale canadese Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione dei vescovi, a Inviato speciale del Papa al 50° congresso Eucaristico internazionale che si terrà di Dublino dal 10 al 17 giugno. “La sua nomina è un altro segnale dell’attenzione e della sollecitudine del Santo Padre per la Chiesa in Irlanda in questo momento”, ha dichiarato sabato, dopo l’annuncio, l’arcivescovo di Armagh. “Ho partecipato come pellegrino all’ultimo Congresso Eucaristico internazionale a Québec nel 2008 quando il cardinale Ouellet era arcivescovo della città ed è stato un Congresso straordinario. L’annuncio odierno – ha aggiunto il cardinale Brady – è un invito a tutti noi a fare il nostro meglio per promuovere gli obiettivi del Congresso che sono di accrescere la consapevolezza della centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa e di aiutarci a conoscere meglio il significato della liturgia e la sua dimensione sociale”. L’Inviato papale parteciperà a tutti gli eventi centrali del Congresso di Dublino, tra i quali la Messa di apertura il 10 giugno allo Stadio della Royal Dublin Society e la “Statio Orbis”conclusiva a Croke Park il 17 giugno. Il Prefetto della Congregazione dei vescovi interverrà inoltre all’apertura del Simposio teologico internazionale organizzato dal 6 al 9 giugno a Maynooth per celebrare 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano. (L.Z.)

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    Uruguay: Assemblea plenaria dei vescovi su Anno della Fede e Sinodo

    ◊   Inizia oggi a Florida, l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale dell’Uruguay. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides dalla stessa Conferenza episcopale, i lavori avranno inizio con una mezza giornata di ritiro, guidato da mons. Roberto Cáceres, vescovo emerito di Melo, che quest’anno celebra le sue nozze d’oro di episcopato. E’ prevista inoltre la visita del nunzio apostolico, mons. Anselmo Guido Pecorari, e la presentazione di rapporti e proposte da parte dei diversi dipartimenti e commissioni della Conferenza episcopale. Tra i temi che susciteranno la maggiore attenzione dei vescovi, c’è l’Anno della Fede, che avrà inizio il prossimo 11 ottobre, ed il Sinodo dei vescovi, che si celebrerà in Vaticano nello stesso mese di ottobre sul tema della Nuova Evangelizzazione. Durante l’Assemblea, la Conferenza episcopale preparerà la programmazione dell’Anno della Fede e si occuperà anche dei contributi che saranno presentati al Sinodo dal delegato della Chiesa dell’Uruguay, mons. Milton Tróccoli, vescovo ausiliare di Montevideo. (R.P.)

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    All’Incontro mondiale delle Famiglie di Milano l’Enchiridion della famiglia

    ◊   Un testo preparato dal Pontificio Consiglio per la famiglia nel quale sono raccolti i più recenti insegnamenti della Chiesa sui temi della famiglia stessa e della vita umana. Si tratta del nuovo “Enchiridion della famiglia” che sarà presentato nel corso del VII Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, in programma dal 30 maggio al 3 giugno. All’interno – riferisce l’agenzia Sir – anche gli scritti e i discorsi degli ultimi anni di pontificato di Giovanni Paolo II e, per la prima volta, quelli di Benedetto XVI. “Un utile strumento di consultazione”: ha scritto nella prefazione il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, e diretto “agli operatori della pastorale familiare, alle associazioni, ai movimenti pro-familia e pro-life, agli studiosi, ai docenti, ai politici”. Tra le curiosità si segnalano i tanti pronunciamenti di Benedetto XVI sul tema della famiglia in particolare negli incontri e nelle udienze del Papa con gli ambasciatori soprattutto dei Paesi più avanzati. Il volume, curato da padre Gianfranco Grieco, capo ufficio del Pontificio Consiglio della Famiglia, e Maria Milvia Morciano, sarà stampato in 5mila copie, comprenderà anche un capitolo dedicato al cardinale segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, legato pontificio all’Incontro Mondiale delle Famiglie di Città del Messico del 2007; all’interno anche i documenti dei dicasteri vaticani a partire dalla Congregazione per la dottrina della fede su temi come aborto, divorzio e regolamentazione delle nascite; testi legislativi del diritto canonico e un appendice con scritti e discorsi del cardinale Antonelli. (B.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 102

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.