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Sommario del 10/04/2012
Il messaggio del Papa nelle quattro stupende omelie per la Settimana Santa
◊ Il Papa domani mattina terrà in Piazza San Pietro la prima udienza generale di questo Tempo di Pasqua: nella Settimana Santa ci ha introdotti in questo periodo con quattro bellissime omelie in cui ha ricordato come la risurrezione di Cristo abbia cambiato definitivamente la condizione dell’uomo e del mondo. Vi riproponiamo alcuni spunti delle riflessioni di Benedetto XVI in questo servizio di Sergio Centofanti:
Nella Domenica delle Palme il Papa ha mostrato la compassione di Dio per il mondo. Gesù non viene per condannare ma per salvare. Così siamo invitati ad avere uno sguardo benedicente sull’umanità:
“Lo sguardo che il credente riceve da Cristo è lo sguardo della benedizione: uno sguardo sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità. In questo sguardo traspare lo sguardo stesso di Dio sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani”.
La via della compassione delude le aspettative umane perché passa attraverso la Croce. Gli stessi discepoli restano smarriti: “siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio".
Nella Messa Crismale il Papa precisa che la croce richiede "una conformazione a Cristo”, una rinuncia “alla tanto sbandierata autorealizzazione” per mettersi a disposizione di Gesù. E non esita a dire che, in questo contesto, la situazione della Chiesa è “spesso drammatica”. C'è chi, anche tra i sacerdoti, vuole rinnovare la Chiesa attraverso la disobbedienza. Ma il disobbediente annuncia solo se stesso, mentre è l’obbedienza "il presupposto di ogni vero rinnovamento". La vera obbedienza non è immobilismo, non è cieca sottomissione, ma crea. Basta vedere il rinnovamento ecclesiale che nell’era post-conciliare “ha spesso assunto forme inattese in movimenti pieni di vita”:
“E se guardiamo alle persone, dalle quali sono scaturiti e scaturiscono questi fiumi freschi di vita, vediamo anche che per una nuova fecondità ci vogliono l’essere ricolmi della gioia della fede, la radicalità dell’obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell’amore".
Tutto ciò comporta il combattimento della fede. Nella Messa in Coena Domini il Papa ci indica Gesù che sul Monte degli Ulivi “lotta con il Padre … lotta con se stesso. E lotta per noi” contro la sporcizia che invade l’umanità. La sua anima è nell’angoscia:
“Vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere. È lo sconvolgimento del totalmente Puro e Santo di fronte all’intero profluvio del male di questo mondo, che si riversa su di Lui. Egli vede anche me e prega anche per me" … e "prende su di sé il peccato dell’umanità, tutti noi, e ci porta presso il Padre".
In questa lotta Gesù chiede al Padre di allontanargli questo calice. Ma aggiunge: "Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. Così guarisce la superbia dell’uomo, che “è la vera essenza del peccato”, che ci fa credere di essere liberi se siamo indipendenti da tutti, indipendenti anche da Dio. Ma i cristiani – afferma il Papa – proprio “in quanto inginocchiati” di fronte a Dio, “sono dritti di fronte al mondo”. Solo chi dipende da Dio è veramente libero.
Nella Veglia pasquale il Papa ci mostra come Cristo sulla Croce abbia distrutto l'uomo vecchio e superbo per farlo rinascere come nuova creatura. La risurrezione è la nuova luce che cambia il mondo. L’uomo, però, è tentato dalle sue stesse capacità a restare nel buio dei propri piccoli orizzonti:
“Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo, un’apertura dei nostri occhi per la vera luce".
Infine, torna la compassione. La luce di Dio non solo illumina, non è fredda, ma è fuoco che riscalda. I cristiani – conclude il Papa - sono chiamati a diffondere nel mondo il calore dell'amore e della bontà di Dio.
Il vicario dei maroniti, mons. Sayah: il Libano ha grandi aspettative per la visita di Benedetto XVI
◊ L’annuncio di Pasqua della visita apostolica che Benedetto XVI compirà in Libano dal 14 al 16 settembre prossimi ha immediatamente suscitato una corrente di entusiasmo e di attesa anzitutto nelle comunità cattoliche del Paese. Il collega della redazione francese della nostra emittente, Xavier Sartre, ha chiesto un commento al vicario apostolico del Patriarcato maronita, l’arcivescovo di Haifa e Terra Santa, mons. Paul Nabil Sayah:
R. – C’est une très belle nouvelle, d’abord parce-que le Saint Père vient au Liban …
E’ una bellissima notizia, prima di tutto perché il Santo Padre viene in Libano; la visita stessa del Papa in Libano produrrà un effetto positivo sulle Chiese e sul Paese in generale. La visita farà nascere nuovo entusiasmo nella Chiesa e incoraggerà tutte le comunità libanesi a risollevarsi: non soltanto per ricevere il Santo Padre, ma per riflettere sulla loro situazione e rinnovare quel patto che esiste tra loro, per una convivenza che – come ebbe a dire il Beato Giovanni Paolo II – fa del Libano più che un Paese, un messaggio, un messaggio di dialogo tra le religioni. Lei sa bene che questo è un messaggio di cui abbiamo molto bisogno, in questo momento, non solo nella nostra regione ma nel mondo intero. La visita del Santo Padre, pure, ha un aspetto tutto particolare: Benedetto XVI viene per consegnarci l’Esortazione post-sinodale, cioè il risultato delle sue riflessioni sul Sinodo sul Sinodo per il Medio Oriente. Questo porterà ancor più un nuovo dinamismo non soltanto alla Chiesa in Libano, ma a tutta la regione, proprio perché si è trattato di un Sinodo per il Medio Oriente. Ci sono grandi aspettative per questa Esortazione apostolica, in considerazione della situazione dei cristiani nella regione e anche della situazione politica.
D. – Nel corso della sua visita, il Papa presiederà un incontro dedicato ai giovani del Libano. Cosa, secondo lei, i giovani libanesi si aspettano da una visita importante come quella del Papa?
R. – Ils attendent du Pape qu’il les encourage, qu’il leur donne un nouvel élan, …
Si aspettano dal Papa un incoraggiamento che infonda loro nuovo slancio, che ricordi loro che, proprio perché giovani, hanno una responsabilità speciale per quanto riguarda l’Esortazione apostolica: saranno loro, in primo luogo, a beneficiare maggiormente dei contenuti dell’Esortazione perché saranno loro, in buona parte, ad aiutare la Chiesa a rinnovarsi, a rendere testimonianza e a creare ancora una volta la “comunione”. I giovani, proprio in quanto tali, sono molto meno fossilizzati nei loro comportamenti o nelle loro idee… Ecco, da questo punto di vista credo che il Santo Padre sarà per loro veramente motivo d’entusiasmo, come d’altronde è già accaduto nel 1997, quando venne Giovanni Paolo II a consegnare l’Esortazione apostolica post-sinodale del Sinodo per il Libano. (gf)
E’ morto il cardinale Luis Aponte Martínez, emerito di San Juan de Puerto Rico
◊ Si è spento, all’età di 89 anni, dopo una lunga malattia, il cardinale Luis Aponte Martínez, arcivescovo emerito di San Juan de Puerto Rico, primo vescovo e primo porporato nativo di Porto Rico. Il cardinale Aponte Martínez era ricoverato, da oltre un mese, in una clinica della capitale portoricana. Ordinato sacerdote proprio il 10 aprile di 62 anni fa, il cardinale Aponte Martínez ha ricevuto l’ordinazione episcopale 10 anni dopo, nel luglio del 1960. Nel 1964, il presule è stato promosso arcivescovo metropolita di San Juan de Puerto Rico. Nel 1973, Paolo VI lo ha creato cardinale. E’ stato inoltre presidente della Conferenza episcopale portoricana. Il porporato ha svolto un'intensa opera pastorale in tutti i settori dell'arcidiocesi e dell'isola, e in molte occasioni ha fatto sentire la sua voce su tutti i più urgenti problemi sociali. In particolare si è opposto con decisione contro i programmi governativi sul controllo delle nascite e sulla sterilizzazione.
Dopo la morte del cardinale Aponte Martínez, il Collegio cardinalizio è composto ora di 210 membri: 123 elettori e 87 non elettori.
◊ Il cardinale Angelo Comastri ha celebrato stamani in San Pietro un Messa per i giovani quattordicenni dell’arcidiocesi di Milano, che partecipano al pellegrinaggio in preparazione alla Professione di fede. I ragazzi, circa seimila, saranno domani all’udienza generale in cui si faranno portavoce insieme per un “arrivederci” al Papa al VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Ai giovani è giunto anche un messaggio di incoraggiamento dal loro arcivescovo, il cardinale Angelo Scola. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La luce di Cristo vince le tenebre. Nella Messa per i giovani fedeli milanesi, il cardinale Angelo Comastri ha ricordato che la Veglia Pasquale inizia al buio per ricordare il male che c’è nel mondo. In particolare, l’arciprete della Basilica Vaticana ha enumerato i tanti luoghi, dalla Siria al Sudan, dal Mali alla Terra Santa, sconvolti dalla guerra:
“Pensate quanto sangue, in questo momento, viene ancora versato... Questo cos’è? E’ il buio! Pensate ancora quanta violenza è ancora diffusa nelle nostre strade, nelle nostre piazze, nelle nostre case… Questo è il buio! Pensate a quanti giovani bruciano la vita, la giovinezza, la stagione più bella della vita… In mezzo a questo bui c’è la luce di Cristo, che propone un’altra vita e ci dà la forza per condurre un’altra vita!”.
Una luce che ha visto Maria di Magdala. Il suo grido “Gesù è risorto”, di cui parla il Vangelo, vibra oggi come duemila anni fa. E quello stesso annuncio ha portato per il mondo Giovanni Paolo II, al quale il cardinale Comastri ha dedicato gran parte dell’omelia:
“Ha visitato 129 nazioni per annunciare Gesù Cristo, per gridare a tutti: “Gesù è Risorto! E’ vivo. Io l’ho visto, io l’ho incontrato. Non c’è altra luce che possa illuminare la vita della gente!”.
Il porporato ha ricordato le tante stagioni della vita straordinaria del Beato Karol Wojtyla, tutte contraddistinte dall’affidamento totale al Signore. Un affidamento, ha esortato il cardinale Comastri, a cui sono chiamati anche i giovani della diocesi ambrosiana:
“Se volete avere il cuore pieno di gioia, spendetevi per la vocazione, per la missione che il Signore ha pensato per voi: cercatela, capitola e - quando l’avrete capita - dite il vostro ‘sì’, come lo ha detto Maria, come lo ha detto Giovanni Paolo II, come lo hanno detto tutti i santi, tutti i veri cristiani, i coerenti cristiani, che hanno sparso nel mondo la luce di Gesù Risorto”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Quell'incontro che cambia la vita: il messaggio di Benedetto XVI alla città e al mondo nel giorno di Pasqua.
In rilievo, nell'informazione internazionale, la Nigeria, bersaglio dell'estremismo islamico.
Il mito della legge semplice: in cultura, Paolo Becchi sullo sviluppo del diritto moderno.
Un articolo di Rossella Fabiani dal titolo "Splendori della Nubia cristiana: una presenza anteriore alle missioni evangelizzatrici di Giustiniano.
Silvia Guidi sul volume "Roma Caput Mundi laddove Oriente e Occidente si incontrano".
Come si misura lo spessore della civiltà: Giulia Galeotti recensisce l'ultimo romanzo di Marc Dugain "L'insonnia delle stelle", che indaga lo sterminio nazista dei disabili.
Siria: salta la tregua proposta da Kofi Annan. Bombardamenti sui profughi in Turchia
◊ In Siria sembra definitivamente fallita l’ipotesi di tregua stabilita dal piano di pace dell’inviato dell’Onu e della Lega Araba, Kofi Annan. Dopo la sanguinosa giornata di ieri, che ha visto cadere oltre cento persone sotto i bombardamenti di Damasco, anche quella odierna si è aperta all’insegna delle violenze, mentre è scontro diplomatico tra Siria e Turchia, dopo che le operazioni militari dell’esercito di Assad hanno colpito anche un campo profughi oltre confine. Ankara accusa Damasco di aver violato il territorio turco, mentre la Siria punta il dito sulla Turchia, accusandola di sostenere l’opposizione al governo Assad. Sulla situazione, Giancarlo La Vella ha sentito Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. – Purtroppo, i molti dubbi che già esistevano sul piano proposto da Kofi Annan si sono confermati. E’ una situazione che permane in tutta la sua gravità e in quello che è uno scenario sempre più chiaramente da guerra civile.
D. – A proposito dei bombardamenti sui campi profughi in territorio turco, ci sono due aspetti da evidenziare: una lesione palese dei diritti umani e un forte rischio per la pace internazionale. Questo potrebbe causare un intervento internazionale umanitario?
R. – In questo momento credo di no, anche se certamente siamo in presenza di un fatto molto grave, che va comunque letto all’interno di questa crisi, che non è una crisi solo interna alla Siria. Oggi, in realtà la Siria è un terreno su cui si giocano gli equilibri del Medio Oriente di domani. Quindi, anche una potenza oggi emergente a livello regionale, come la Turchia, è fortemente impegnata per cercare di offrire un sostegno a quella che è oggi l’opposizione a Bashar al Assad. I colpi di artiglieria di ieri si leggono, quindi, come un tentativo di intimidire il governo di Erdogan, che in questi mesi ha sostenuto con forza tutti i tentativi di riorganizzazione interna dell’opposizione siriana, ospitando anche parecchie conferenze.
D. – Si sa poco sulla reale entità della crisi umanitaria che questo conflitto siriano sta provocando...
D. – Beh, i numeri che cominciano a filtrare sono molto preoccupanti. In Turchia si parla di circa 25 mila profughi; ma ancora più drammatica è la situazione in Giordania: lì ci sono voci che parlano addirittura di 100 mila rifugiati che hanno già varcato il confine; un altro fronte è quello del Libano, dove l’ordine di grandezza è certamente superiore alle 20 mila unità. Sono numeri imponenti, in una regione che già in anni recenti ha visto l’esodo dei profughi iracheni. E’ una situazione umanitaria davvero gravissima.
D. – Se dovesse tramontare il piano di pace di Kofi Annan, in che cosa si potrebbe ancora sperare per risolvere la crisi siriana?
R. – La speranza è che questo piano venga comunque rilanciato. Questo tentativo di Kofi Annan è l’unica strada oggi possibile, percorribile per una soluzione. Il problema vero è dare più forza a questo tentativo. E’ un tentativo su cui si è pronunciato il Consiglio di Sicurezza, ma con un sostegno ancora troppo debole, soprattutto da parte di Russia e Cina, che sono le due potenze che in Consiglio di Sicurezza continuano ad appoggiare la presidenza di Bashar al Assad. Finché non ci sarà una possibilità di incidere con una mediazione che sia davvero più efficace, è difficile che questa situazione si sblocchi, tenendo però presente che gli interessi sul campo sono tanti: ci sono anche forze che oggi, in Medio Oriente, puntano proprio sulla guerra civile in Siria per destabilizzare l’intera regione e, soprattutto, per assestare un colpo all’Iran, che oggi vive in una situazione di relativa debolezza a livello regionale. Non è un mistero per nessuno che le forze dell’opposizione siriana abbiano ingenti finanziamenti e anche armi dall’Arabia Saudita, che vuole regolare i conti con Teheran, attraverso la situazione siriana. E’ una situazione molto complessa, molto intricata, che ha bisogno appunto di una comunità internazionale che faccia sentire la sua voce in maniera molto più forte e univoca rispetto a questo intervento, pure autorevole, di un personaggio come Kofi Annan, ma che da solo non può certo risolvere una realtà così complicata. (ap)
Stragi di Pasqua in Nigeria: oltre 50 morti. L’arcivescovo di Kaduna invoca un aiuto esterno
◊ Sale il bilancio delle vittime delle stragi in Nigeria, per mano del movimento integralista islamico Boko Haram, legato ai terroristi di al Qaeda, che opera soprattutto nel nord del Paese africano. Obiettivi preferiti i cristiani e i luoghi di culto. Sono oltre 50 i morti e decine i feriti nei due giorni di festività pasquali in attentati a Kaduna e a Jos. Altri 44 morti si sono registrati a Natale e 185 lo scorso gennaio. Allora che cosa sta accadendo in questo Paese? L’arcivescovo di Kaduna, mons. Matthew Man-oso Ndagoso, chiede di aprire un dialogo “tra le comunità religiose e con le autorità civili”, ed invoca “un aiuto esterno”. Ma è solo una guerra di religione o c’è dell’altro? Roberta Gisotti lo ha chiesto al collega della rivista “Popoli”, Enrico Casale, esperto di questioni africane:
R. - Il problema degli attentati se apparentemente può essere visto solamente come una questione di conflitto religioso, in realtà affonda le sue radici, oltre che nella convivenza tra musulmani e cristiani, anche in un Paese che vive profonde contraddizioni. La Nigeria è potenzialmente un Paese ricchissimo: è il principale produttore africano di petrolio, dal quale trae circa il 90 per cento delle sue entrate pubbliche, ma il 70 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. E’ chiaro che la presenza di questa ricchezza e la presenza di questa povertà all’interno dello stesso Stato creano delle forti tensioni. Forti tensioni che al nord si manifestano con gli attentati e il contrasto tra musulmani e cristiani e che al sud - soprattutto nella zona del Delta - in tensioni tra le popolazioni locali e il governo federale per la gestione, appunto, delle risorse petrolifere.
D. - Al momento, al potere c’è il presidente Goodluck Jonathan, che è un cristiano: c’è anche l’intenzione, quindi, di far cadere questo governo da parte del movimento Boko Haram?
R. - Certamente c’è questo in Boko Haram: vedono la presidenza di un cristiano come una minaccia all’identità islamica, soprattutto degli Stati del nord della Nigeria. In realtà il programma di Boko Haram è però molto più complesso e mira alla creazione di uno Stato musulmano con l’applicazione integrale e letterale della Sharia, cioè della legge islamica, e il rifiuto di tutto ciò che proviene dall’Occidente. In questo si collegano a tutto quel filone di fondamentalismo islamico che è rappresentato in Afghanistan, per esempio, dai Talebani; in Somalia, dagli Shebab, e in genere in tutto il resto del mondo dal network fondamentalista di al Qaeda. Non è un caso che molti esponenti di Boko Haram si siano formati in Somalia nei campi di addestramento degli Shebab.
D. - Tanto più deve preoccupare la notizia di ieri di uno sconfinamento di combattenti di Boko Haram in Mali, nella città di Gao, che sappiamo essere già in mano ai secessionisti Tuareg e ad altri gruppi ribelli?
R. - Certamente ci sono dei legami tra Boko Haram e i miliziani di al Qaeda per il Maghreb islamico, che è la succursale di al Qaeda in tutta la zona saheliana e sahariana. I Paesi di quella zona - parlo della Mauritania, del Mali, del Niger, di parte del Ciad - sono molto preoccupati per la presenza di cellule di al Qaeda per il Maghreb islamico e da tempo hanno messo in atto azioni, in certi casi anche comuni, per contrastare il dilagare di questo fenomeno del fondamentalismo islamico.
D. - Di fronte a questo scenario grave per le ripercussioni politiche e assolutamente tragico per le morti che ha già procurato, la Comunità internazionale che cosa fa? Sta a guardare?
R. - No, non sta a guardare. Da tempo, oramai, gli Stati Uniti mantengono una forte presenza militare in quell’area. Non è un caso che, per esempio, le Forze armate del Mali siano state formate da professionisti americani e la stessa Francia mantiene una presenza in tutti gli Stati che erano sue colonie e quindi in Mali, in Mauritania e nello stesso Ciad. Questa è una risposta fondamentalmente militare; dal punto di vista delle organizzazioni internazionali, invece, c’è ancora - probabilmente - una sottovalutazione del problema, invece abbastanza grave.
D. - Una situazione, quindi, da monitorare con grande attenzione?
R. - Certamente. Teniamo presente che, però, nella presenza di queste Forze militari nel Sahara e nel Sahel si mescolano anche degli interessi economici molto forti, soprattutto nel nord del Mali dove adesso si è combattuto, ma anche in Niger c’è la presenza di grandi giacimenti sia di petrolio che di uranio. (mg)
Violenza in Afghanistan: almeno 15 le vittime di un doppio attacco kamikaze
◊ Mattinata di sangue in Afghanistan. In diversi attentati hanno preso la vita 15 persone e sono oltre 30 i feriti. Gli attacchi non sono stati ancora rivendicati. Benedetta Capelli:
Due attacchi in diverse regioni afghane hanno seminato morte. Il più grave è avvenuto nella provincia di Herat, dove è di stanza anche il contingente italiano che fa parte della missione Isaf. Due autobomba sono esplose nelle vicinanze di un ufficio governativo, uccidendo numerosi agenti e diversi civili. Le macchine non si sono fermate all’alt dei militari ed hanno proseguito la loro corsa finita poi tragicamente. A guidare una delle vetture era una donna, riconosciuta dal burqa che indossava. Una terza auto invece è stata bloccata dalle forze dell’ordine che hanno sparato uccidendo l’attentatore. A distanza di poche ore un nuovo attacco condotto da tre kamikaze si è verificato nella provincia di Helmand, nel mirino sempre alcuni poliziotti. La zona interessata è quella del distretto di Musa Qala, una vera e propria roccaforte dei talebani e si teme che dietro le azioni criminose di oggi ci sia proprio la loro mano. E gli attacchi arrivano a distanza di alcuni giorni dal raggiungimento dell’intesa tra Stati Uniti e Afghanistan per assegnare ad un'unità speciale dell'esercito afghano il compito di portare a termine i raid militari notturni. Kabul avrà dunque potere di veto per queste operazioni solitamente volte a colpire postazioni, covi e posizioni strategiche degli insorti ma che, non di rado, causano vittime tra la popolazione civile. “L’accordo – hanno detto fonti militari americane – è una pietra militare per lo stato di diritto in Afghanistan” e sostanzialmente accelerano l’uscita delle forze statunitensi dal Paese asiatico.
Corea del Sud: domani elezioni politiche
◊ Domani elezioni legislative in Corea del Sud, per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale. Si tratta di un voto di particolare importanza in vista dell’elezione del nuovo presidente a dicembre prossimo. Il tutto mentre il mondo fa i conti con la nuova leadership della Corea del Nord di Kim Jong-un succeduto 4 mesi fa al padre. Pyongyang proprio in questi giorni ha intimato a Seoul di non interferire con i propri piani strategici, in particolare nella presentazione e lancio di satelliti sospettati di coprire la sperimentazione di missili. Oggi dopo che la Russia ha definito la preparazione del lancio una provocazione alle posizioni dell'Onu, la Cina chiede di evitare tensioni nell'area. Ma per capire quanto i rapporti con il Nord abbiano pesato nella campagna elettorale in Corea del Sud, Fausta Speranza ha intervistato Geri Morellini, giornalista, autore del volume Dossier Corea:
R. – I rapporti con la Corea del Nord certamente sono stati argomento fondamentale, probabilmente determinante, in campagna elettorale per decidere gli esiti delle elezioni legislative e lo saranno per quelle presidenziali. Sono state un elemento decisivo per l’elezione dell’attuale presidente del Grand National Party, che è il partito di centrodestra, il presidente Lee Myung-bak, il quale è stato eletto anche perché ha forzato più i toni e la mano con la Corea del Nord, dopo dieci anni di cosiddetta “sunshine policy”, la politica riconciliatoria attuata negli anni precedenti dalla Corea del Sud verso il Nord e che non ha portato nessun risultato. Di nuovo, adesso, si sono riaperte possibilità di dialogo, anche se molto timido, e sono ripresi i colloqui a sei con gli Stati Uniti, il Giappone, le due Coree, la Russia e la Cina, e soprattutto la cosa più importante è che pochi giorni fa, alla fine di marzo, è stato ripreso il programma di aiuti alimentari da parte degli Stati Uniti verso la Corea del Nord, programma alimentare che era stato sospeso nel 2009. Questo, chiaramente, in cambio di una moratoria sia sul nucleare, e quindi sugli esperimenti nucleari, sull’arricchimento dell’uranio, nonché dello sviluppo dei missili balistici da parte della Corea del Nord.
D. – In questo momento in cui è crisi globale, in Corea del Sud di economia si parla?
R. – Di economia si parla, eccome! L’obiettivo principale del presidente era di portare la Corea del Sud a diventare il settimo Paese più industrializzato del mondo e a dargli il 7 per cento di crescita annuale. Non ci è riuscito e questo mette in dubbio la sua rielezione. Anche la diffusione della corruzione che c’è stata negli ultimi tempi rende sia il partito al governo sia il principale di opposizione piuttosto deboli.
D. – La Corea del Sud è stata il simbolo, con le tecnologie più avanzate, l’high tech, dello sviluppo di questi anni. A questo punto, come tira le somme?
R. – L’economia adesso è tutta concentrata sul mercato asiatico, così come la politica. Certamente, ha un livello di eccellenza; anche la crisi del Giappone in qualche modo sta favorendo il progresso dell’economia sudcoreana, che da questo presidente è stata tutta incentrata sulla grande industria: infatti, lui era l’amministratore delegato della Hyundai e ha favorito tutta la grande industria sia tecnologica sia delle automobili. Proprio questo, però, ha fatto sì che fosse tacciato di essere un lobbista, più attento agli interessi corporativi della grande industria che non allo sviluppo reale dell’economia nazionale e quindi anche della piccola industria.
D. – Comunque, in ogni caso, la piccola Corea del Sud tiene testa alla grandissima Cina in Asia, sul piano economico?
R. – Tiene testa! E’ ancora dietro sia alla Cina sia al Giappone per quanto riguarda il reddito pro capite e il pil, naturalmente per le dimensioni del Paese. Però, è probabile un sorpasso sul Giappone entro pochi anni. Devo dire che la capacità dei coreani di lavorare e di investire nelle tecnologie e nella ricerca è straordinaria, per cui certamente sarà un protagonista centrale dell’economia del prossimi anni. (gf)
Locride. Il vescovo Fiorini Morosini denuncia: Calabria abbandonata, serve sviluppo
◊ Le continue intimidazioni ricevute – che hanno indotto il sindaco della città calabrese di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, a rimettere il proprio mandato – stanno creando grande tensione a livello istituzionale. I sindaci della Locride hanno annunciato un vertice per domani e minacciano dimissioni di massa in segno di protesta per la scarsa attenzione dello Stato verso l’area dalla loro amministrata. Federico Piana ha parlato della vicenda con il vescovo di Locri-Gerace, Giuseppe Fiorini Morosini:
R. – La situazione qui, da questo punto di vista è tragica. Io sento i sindaci che mi dicono: ma chi me lo fa fare? Mi dedico alla mia professione, mi dedico alla mia famiglia… Qui veramente si rischia che agli appuntamenti elettorali manchino persone disponibili a candidarsi. Se il cittadino onesto, che va lì veramente per giocarsela tutta, deve correre questi rischi, davvero chi glielo fa fare? L’eroismo non si può imporre a tutti.
D. - Lei ha inviato anche una lettera al premier Monti. Che cosa ha scritto?
R. – Che devono guardare la Locride con occhi diversi perché manca una politica di sviluppo per la Locride, come forse per tutta la Calabria. Qui c’è il gioco delle parti tra Stato, Regione e comuni: a chi dobbiamo rivolgerci? C’è un’autostrada sulla fascia tirrenica ma noi della Locride dobbiamo servirci di una strada principale, la famosa 106 Ionica, che da Taranto va a Reggio Calabria, che da oltre vent’anni aspetta di essere ammodernata. Hanno soppresso tutti i treni a lunga percorrenza. Le strade interne dei piccoli centri sono un disastro, sono strade da Terzo mondo, hanno solo l’idea delle strade… Come si può dire alla gente: abbiate speranza? Spesso accusano la Chiesa di non parlare a favore della legalità: io ho concluso la lettera al presidente Monti scrivendo che non è difficile per un vescovo a Locri parlare chiaramente sulla legalità, è difficile dare speranza, questo è il dramma. Venerdì Santo, per l’ennesima volta, ho gridato in piazza che non possono convivere criminalità e religione. Ma io non posso dire a nessuno: abbiate fiducia, abbiate speranza, perché ingannerei la gente. Noi stiamo perdendo tutti i giovani laureati, tutti stanno emigrando, è un disastro. O aprono gli occhi per una politica reale di sviluppo oppure è inutile che mandano forze dell’ordine.
D. – Eppure, lo Stato sta facendo molto con le azioni repressive decapitando proprio le ‘ndrine, le cosiddette cosche dell’ndrangheta…
R. – Sì, ne prendono dieci ma ne spuntano venti, si devono convincere di questo. Non credete quando dicono che hanno "decapitato", perché qui non c’è nessuna decapitazione. Quando ne prendono uno, spuntano altri dieci capi e questo lo sanno benissimo tutti. Manca una politica di sviluppo. Siamo noi incapaci di progettare? Non lo so, però si metta chi deve intorno a un tavolo e si faccia questa politica di sviluppo, di lavoro, perché altrimenti la vita qui è impossibile. Per ritornare al tema dei sindaci: che cosa devono amministrare? Sono tutti indebitati, fin sopra i capelli. Qui a Locri rischiamo che ci chiudano l’acqua, perché il Comune si trova in arretrato nei pagamenti all’azienda fornitrice. Ecco a che punto siamo arrivati. I Comuni che devono amministrare? Fame, miseria, debiti, questa è la realtà. (bf)
Domani il testo sulla riforma del finanziamento ai partiti. P. Simone: aspettiamo i risultati
◊ La politica italiana converge, senza distinzioni, sulla necessità che si vari al più presto la riforma del finanziamento ai partiti. Entro domani si dovrebbe avere una prima bozza predisposta da Pdl, Pd e Udc, che giovedì verrà presentata alle altre forze politiche. Quindi, la prossima settimana, si potrebbe già arrivare alla nuova legge che possa garantire trasparenza nel funzionamento dei partiti e nel loro finanziamento. Francesca Sabatinelli ha intervistato padre Michele Simone, vicedirettore e notista politico della rivista della Compagnia di Gesù “Civiltà Cattolica”:
R. – Oggi, il tema della corruzione aumenta la distanza tra gli elettori e gli uomini politici. L’antipolitica e l’astensionismo fanno grossi passi in avanti e quindi è stata una questione di vita o di morte, per la maggioranza dei partiti politici, pensare ad una rinnovata legge sul finanziamento dei partiti.
D. – Quindi, questa legge dovrebbe in qualche modo essere un’iniezione di fiducia per i cittadini che dovranno, ad esempio il 6 maggio, confrontarsi con un nuovo test elettorale, quello delle amministrative?
R. – Sì, dovrebbe. Ma ci vuole tempo per incidere su questo muro di divisione tra i cittadini e la classe politica. Ci vorrà tempo…
D. – I partiti e le forze politiche dovrebbero convergere su cinque punti fondamentali per avviare questa riforma. Si parla di bilanci “doc” e certificati, controllati dalla Corte dei Conti e disponibili sul web, della pubblicazione dei nomi di chi versa privatamente oltre una certa somma… Però, non sembra che si vada a toccare la questione della riduzione dei rimborsi elettorali: questo – secondo lei – non continuerà ad alimentare una certa ambiguità?
R. – Sì, ma dobbiamo aspettare il testo per vedere su che cosa sono stati capaci di raggiungere un consenso e su che cosa i temi attinenti alla corruzione vengono messi da parte. Non dobbiamo dimenticarci che da tempo in parlamento giacciono disegni di legge sull’anticorruzione. Per ora, non se n’è fatto niente. Le due cose sono separate, ma dovrebbero marciare di pari passo perché, altrimenti, i grossi passi in avanti necessari per cominciare a ricostruire una fiducia tra gli elettori e gli esponenti politici arriveranno in ritardo.
D. – La forte crisi economica che si vive in Italia a suo giudizio si può dire sia stata generata dalla profonda crisi dell’etica della politica, quanto mai evidente nel Paese?
R. – Le due crisi sono separate, perché la crisi economica viene da lontano e riguarda innanzitutto l’Europa e la nuova governance di cui essa ha bisogno. La crisi interna, qui dal punto di vista etico, è invece qualcosa che fa emergere il vissuto di molti parlamentari, di molti uomini politici, che hanno messo insieme vita personale ed esigenze personali con decisioni politiche.
D. – Si può pensare che l’Italia si stia effettivamente avviando verso una maggiore trasparenza? Si può pensare che si ritorni alla politica "per" i cittadini e "con" i cittadini?
R. – Ci vuole tempo. Ci vuole tempo, bisogna vedere i testi della riforma presentati e le approvazioni, i passi in avanti che si compiono. Non è detto che questo avvenga, perché anche in passato tentativi ci sono stati, e sono falliti. Io sono realista: attendo i risultati. (gf)
Per il coltan materiale, prezioso in tecnologia, in Congo si combatte
◊ Nella Repubblica Democratica del Congo la tensione è sempre alta, con numerose fazioni in lotta tra loro. Fra le ragioni più importanti c’è il controllo del territorio, che permette di sfruttare l’estrazione del coltan. Il servizio di Massimo Pittarello:
Il coltan è uno sconosciuto e diffusissimo materiale che negli ultimi anni ha decuplicato il suo valore. Motivo? Dal coltan si estrae il tantalio, metallo raro usato sia per l’industria aeronautica, per quella nucleare, ma anche per ogni cellulare, ogni videocamera, ogni computer, ogni apparecchiatura elettronica. L'80 per cento delle riserve di coltan trova in Africa, e la maggior parte nella Repubblica Democratica del Congo. Abbiamo raggiunto padre Antonio Trettel, missionario saveriano che opera nella regione del Sud Kivu, la più ricca di coltan, ma anche la più sfruttata.
R. – Qui è la zona del coltan, che poi parte verso Kigali. Ma Kigali non ha alcuna miniera di coltan. Quindi c’è tutta una mafia di militari e di politici che stanno dissanguando il Congo, non solo per questo, ma questo adesso fa più gola al mondo e a tutte le industrie. L’aspetto politico è legato all’aspetto dello sfruttamento che è bestiale, in un contesto di ingiustizia spaventoso. Lo sfruttamento è proprio fisico. Prima c’erano piccoli cercatori di coltan ma dopo è stato fatto un decreto per cui solo le grandi compagnie avevano diritto a entrare e le grandi compagnie che adesso si servono ancora di questi ma trattandoli da bestie da soma. Adesso il problema politico oscura tutto.
D. - La realtà è che chi controlla il territorio può sfruttare la popolazione e rivendere le risorse, e con il ricavato poi acquistare ulteriormente armi, che gli garantiscono ulteriore potere, quindi è un circolo vizioso difficile da debellare…
R. – Il territorio qui, soprattutto a est, è incontrollato: non c’è il governo, ci sono i soldati, la polizia, ma a dominare dietro le quinte sono quelli che vengono dal Rwanda e siamo nel pieno far west.
D. – Spesso a finanziare questi gruppi sono le multinazionali che vengono a comprare materie prime nei territori africani… Negli Stati Uniti è in discussione la Legge Dodd-Franck, che prevede l’obbligo di informazione se i minerali provengono da zone di conflitto, se sono, appunto, “minerali insanguinati”, l’obbligo di informazione verso il compratore, il consumatore. Ritiene che questo possa essere in qualche modo d’aiuto?
R. – E’ meglio di niente ma le multinazionali non vengono a comprare il coltan direttamente qui, qualcuna sì perché ha avuto i permessi dal governo, ma di solito lo vanno a comprare a Kigali: là è già tutto "lavato". Infatti c’è questo traffico, tra corruzione, sfruttamento, tutto nella nebbia, e poi lì loro possono dire di averlo comprato legalmente. (bf)
Consiglio d’Europa alla Siria: “Collabori con Kofi Annan nel rispetto del piano di pace”
◊ “Il presidente Assad sarà ritenuto responsabile delle conseguenze catastrofiche se non decide di interrompere immediatamente l’uso della violenza”. Lo ha dichiarato ieri a Strasburgo il Segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, dopo le notizie sul mancato rispetto degli impegni che il governo siriano aveva preso qualche giorno fa con l'inviato speciale dell'Onu, Kofi Annan, artefice del piano di pace per il Paese. Il piano di pace chiede a Damasco il rispetto del termine indicato nella giornata di oggi 10 aprile per il disimpegno militare e il cessate il fuoco nelle 48 ore successive. “Sono molto preoccupato per il comportamento del regime siriano che aggrava il conflitto proprio nel momento in cui la comunità internazionale intensifica gli sforzi per mediare una soluzione politica pacifica”, ha aggiunto. La tregua invocata da Kofi Annan sembra destinata a rimanere solo un’intenzione, soprattutto dopo “il lancio di un missile da parte delle forze siriane su un campo profughi all'interno del confine turco” che ha procurato numerose vittime. “È una palese violazione del diritto internazionale – è la conclusione di Jagland -. Per di più questo grave episodio è avvenuto proprio nei giorni in cui Assad si era impegnato ad avviare un piano di pace nel Paese”. (G.M)
Hong Kong: nella notte di Pasqua 3.500 adulti hanno ricevuto il Battesimo
◊ La notte di Pasqua, in diverse parrocchie, 3.500 adulti catecumeni della diocesi di Hong Kong hanno ricevuto i sacramenti dell'iniziazione cristiana: battesimo, cresima e prima comunione. Nella sua lettera pastorale per la Pasqua 2012, il cardinale John Tong ha voluto ringraziare in modo speciale sacerdoti, diaconi, suore e tanti laici che hanno offerto il loro tempo e le loro energie per insegnare il catechismo. I catechisti "non solo attuano la missione della Chiesa di evangelizzare; essi rafforzano pure la loro fede", scrive il 72enne porporato. Secondo le statistiche della diocesi, nell'agosto 2011 vi erano 39 catechisti stipendiati e più di 1500 catechisti volontari su una comunità cattolica di 363mila fedeli, dei quali 138mila non cinesi. Il 3 marzo scorso, il cardinale Tong ha stabilito che una delle sue più importanti cure pastorali sia proprio l'evangelizzazione. "Di certo - egli ha detto - la crescita del numero dei cattolici è gratificante, ma è essenziale anche la qualità della loro fede". Egli si attende che i suoi fedeli crescano sia in numero che in qualità. Il porporato ha incoraggiato i nuovi cattolici a crescere nella fede. E ha citato l'esperienza di un catechista volontario, che è stato battezzato tre anni fa. Questi era stato toccato dalle parole di sant'Agostino nelle Confessioni: "Tardi ti ho amato... tardi ti ho amato". Dopo il battesimo, il catechista, vivendo una vita semplice, ha studiato un corso sulla catechesi ed è divenuto volontario per insegnare la fede ai catecumeni. E pensa di continuare gli studi per approfondire ancora di più la sua fede. (R.P.)
Malawi: i vescovi incontrano la neopresidente Joyce Banda
◊ “La conoscono in tutti i villaggi: è una donna dei poveri, può fare cose importanti”. Mons. Thomas Msusa, vice-presidente della Conferenza episcopale del Malawi, parla con l'agenzia Misna mentre è in viaggio per Lilongwe. Sta per incontrare la prima donna presidente dell’Africa australe, nel suo caso anche un’amica di vecchia data. Il colloquio di domani sera tra Joyce Banda e i vescovi ha un significato speciale. Sabato la Conferenza episcopale aveva rivolto il suo messaggio di condoglianze per la scomparsa di Bingu wa Mutharika proprio alla “vice-presidente in carica”. Era stato una sorta di “endorsement” per fugare gli ultimi dubbi dopo giorni difficili e incerti, segnati anche dal timore di colpi di mano di chi non voleva lasciare il potere. Un modo per dire che la Costituzione andava rispettata e che le scelte politiche di Banda, entrata nel 2009 in rotta di collisione con il partito di governo, non dovevano contare nulla. L’incontro tra il nuovo capo dello Stato e i vescovi si spiega anche così. Con la gioia per una transizione pacifica del potere, nel rispetto della Costituzione e dell’Umunthu, il complesso dei valori tradizionali di un paese storicamente disposto alla pace. “La strada è lunga – dice padre Piergiorgio Gamba, missionario animatore dell’emittente ‘Luntha Tv’ – ma non ci poteva essere niente di meglio che questa transizione pacifica che una volta di più dice dello spirito di riconciliazione caratteristico del Malawi e della sua gente”. Ne è convinto anche mons. Msusa, alla guida della diocesi di Zomba, quella dove Banda nacque 62 anni fa e ha lasciato i segni più importanti del suo impegno in aiuto degli orfani e dei bambini in difficoltà. “Il nuovo presidente – sottolinea il vescovo – ha il compito di affrontare subito i problemi della povera gente: per farlo bene dovrà saper ascoltare anche chi la pensa diversamente, in uno spirito di dialogo e vera riconciliazione”. Nelle parole di mons. Msusa sembra di sentire l’eco delle grida di allarme lanciate più volte dalla Chiesa cattolica a partire dall’ottobre 2010. Preoccupavano le scelte economiche e le restrizioni degli spazi di libertà caratteristiche dell’ultima fase del governo di Mutharika. Il carovita, la benzina introvabile, i cattivi raccolti rendevano la crisi sempre più grave. Per la morte del suo predecessore, il primo cattolico a guidare il Malawi, Banda ha proclamato dieci giorni di lutto nazionale. Il tempo necessario per organizzare i funerali ma anche per pensare agli errori del passato e alle opportunità del futuro. Il presidente dovrà formare un nuovo governo e ricomporre le fratture con l’Inghilterra e gli altri donatori stranieri, una crisi che si è mangiata il 40% del bilancio dello Stato. (R.P.)
India. Pasqua in Orissa: sacerdote cattolico picchiato, insultato e minacciato di morte
◊ "Hanno tentato di uccidermi. Mi hanno picchiato, insultato e minacciato di morte. Solo per distruggere un luogo di culto". Padre Sisirakant Sbhanayak, sacerdote cattolico del villaggio di Sukananda (distretto di Kandhamal, Orissa), denuncia le aggressioni subite durante la Settimana Santa. Secondo le prime indagini della polizia di G-Udaygiri - riferisce l'agenzia AsiaNews - gli aggressori sarebbero membri di gruppi ultranazionalisti indù, che volevano disturbare le celebrazioni pasquali della parrocchia di Maria Madre di Dio. Per evitare nuovi incidenti, le Forze dell'ordine hanno predisposto un rigido servizio di sicurezza per la domenica di Pasqua. I problemi sono iniziati il 29 marzo scorso, quando Manoj Nayak e Rabindra Nayak, insieme ad altre persone, hanno iniziato a distruggere il sentiero che porta alla grotta mariana della chiesa. Padre Sisirakant racconta: "Ho detto loro di fermarsi, e sul momento se ne sono andati. Il giorno dopo sono tornati con delle ruspe: ho di nuovo chiesto loro di non distruggere il viale. Questa volta però, Manoj e gli altri hanno iniziato a insultarmi in modo pesante. Poi, Deepak Nayak mi ha afferrato per il collo, mi ha preso a pugni e ha minacciato di uccidermi". Non è finita. Il 4 aprile scorso, mentre il sacerdote stava andando a G. Udayagiri, Manoj Nayak gli ha teso un'imboscata e l'ha picchiato. Due giorni dopo, il 6, Rabindra Nayak ha di nuovo minacciato di morte il religioso. Padre Sisirakant è il parroco di Sukananda dal 2010. La chiesa di Maria Madre di Dio ha circa 90 anni e fa parte della diocesi di Cuttack-Bhubaneshwar. Durante le violenze anticristiane avvenute nel distretto di Kandhamal nel 2008, la chiesa di Maria Madre di Dio, la residenza del parroco e la casa delle Missionarie della Carità sono stati saccheggiati e dati alle fiamme. (R.P.)
Pakistan: intensa la partecipazione di fedeli ai riti del Triduo Pasquale
◊ Tanta presenza e partecipazione di fedeli, nei giorni del Triduo pasquale, in tutte le città del Pakistan, Paese in cui la minoranza cristiana è vittima di persecuzioni e attacchi mirati. “Cristo è stato un maestro di tolleranza, capacità di perdonare, pace, e ora spetta a noi il compito di continuare la sua opera”, ha detto all'agenzia AsiaNews il vescovo di Islamabad e Rawalpindi, mons. Rufin Anthony. È “nella sofferenza della Passione e morte in Croce di Cristo” che “i cristiani in Pakistan e in tutto il mondo trovano una risposta alle sofferenze e alle violenze di ogni giorno”. Ciascuna parrocchia, per tutta la Quaresima e nella Settimana Santa in particolare, ha promosso incontri, meditazioni, messe e preghiere, culminate nel rito della Via Crucis il Venerdì Santo. “Quale altro luogo migliore esiste cui guardare se non la Croce di Cristo”, ha aggiunto mons. Anthony. Da alcuni credenti sono giunte poi testimonianze di fede. Saqib Masih, di Lahore, spiega di aver digiunato per tutta la Quaresima e nel Venerdì Santo, rinunciando “a tutto ciò che non era necessario”. Sadia John, di Islamabad, sottolinea che nel tempo di penitenza la comunità cristiana si è dedicata ad attività caritatevoli e di animazione missionaria. “Io stessa in Quaresima ho dato vita a un progetto - racconta - per garantire la scolarizzazione dei bambini delle baraccopoli, in modo gratuito”. (G.M.)
Cuba: prosegue la festa per i 400 anni della Madonna del Cobre
◊ È il cuore spirituale di tutti i cubani, la Madonna del Cobre, la “Virgen de la caridad” che continua ad essere celebrata anche dopo la visita nell’isola di Benedetto XVI, e dopo quella visita al Santuario “di cui a Cuba si parla ancora”. Lo racconta, all'organizzazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre, mons. Dionisio Guillermo Garciá Ibanez, arcivescovo di Santiago di Cuba e presidente della Conferenza episcopale locale. Ricorda i momenti salienti del viaggio apostolico del Papa. Ancora a 400 anni dal rinvenimento in mare della statuetta mariana, “a el Cobre si va a cercare la vita” - aggiunge il presule – e in quest’anno giubilare moltissimi pellegrini faranno visita al Santuario nazionale della Vergine della Carità. “Cachita” è il diminutivo di “carità” e indica la Madonna che con la mano sinistra tiene in braccio Gesù e nella destra stringe la croce. L’immagine – dice il presule - “è un veicolo immediato di evangelizzazione”. È “un piccolo Vangelo in miniatura”. Nel 400° anniversario della Madonna del Cobre, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha voluto donare alla comunità cubana 250mila corone del rosario, arricchite da una medaglia triangolare raffigurante la Virgen. “I cubani – conclude il vescovo - hanno nel cuore una forte voglia di pregare con consapevolezza. Il nostro compito, come Chiesa, è di accompagnarli nel loro desiderio di avvicinarsi a Dio. E il rosario è la preghiera più semplice e la più popolare”. (G.M.)
Cile: vescovo di Aysén contro le dighe in Patagonia: un danno per l'ecosistema
◊ “Certamente la risoluzione della Corte Suprema non è piacevole, anche perché un giudice dei tre favorevoli alla risoluzione – due si sono detti contrari – possiede azioni dell’Endesa, socia dell'italiana Enel. In ogni caso la decisione riguarda unicamente le dighe”. Mons. Luis Infanti de la Mora, vescovo del vicariato apostolico dell’Aysén, commenta così all'agenzia Misna la bocciatura, da parte del massimo tribunale cileno, di una serie di ricorsi presentati da organizzazioni ambientaliste insieme al senatore di centro-destra Antonio Horvath di ‘Renovación Nacional’, contro la costruzione di cinque mega-dighe in Patagonia che comporterà, tra l’altro, l’inondazione di 5600 ettari di un raro ecosistema forestale, con gravi impatti socio-ambientali e conseguenze rovinose per l’agricoltura. Sul progetto HydroAysén, contro il quale si batte un vasto fronte della società civile regionale e nazionale, “manca ancora il pronunciamento del Consiglio di Ministri. Sia sulle dighe, sia sulla linea di trasmissione, lunga 2000 Km, di cui ancora non è stato presentato neanche lo studio di impatto ambientale” ricorda il presule. Ma soprattutto, manca ancora la voce della popolazione dell’Aysén, “che chiede un referendum sulla questione, presentato nei mesi scorsi dal movimento sociale che rappresenta la regione”. Insomma, chiosa il vescovo, “deve scorrere ancora molta acqua sotto i ponti e sembra che saranno presentati altri ricorsi giudiziari”. Nel frattempo, le organizzazioni della società civile riunite nel Consiglio di difesa della Patagonia cilena preparano nuove proteste contro il progetto, promosso da un consorzio in cui è coinvolta l’italiana Enel attraverso la sua controllata Endesa, insieme alla Colbún, di proprietà della potente famiglia Matte. Domani nella Plaza de Armas de Santiago è in programma la prima manifestazione dell’anno contro HydroAysén. Nel 2011, i promotori della campagna ‘Patagonia Sin Represas’ (Patagonia senza dighe) sono riusciti a portare in piazza nella capitale fino a 120.000 persone. (R.P.)
Usa: in Alaska bocciato il referendum sui diritti dei gay. Soddisfazione della Chiesa
◊ I cittadini di Anchorage, in Alaska, hanno bocciato un referendum proposto da alcune associazioni per i diritti degli omosessuali che volevano inserire gli “orientamenti sessuali” e “l’identità transgender” nella lista dei diritti protetti dal codice cittadino. Contro la “Proposition 5” hanno votato quasi il 60% degli elettori. Soddisfazione per l’esito della consultazione è stata espressa dall’arcivescovo della città mons. Roger Schwietz che, insieme ad altre Chiese e organizzazioni religiose, aveva contestato la proposta in quanto lesiva delle credenze religiose sull’omosessualità. Il presule – riferisce l’agenzia Cns - ha peraltro ribadito la sua ferma condanna di ogni ingiusta discriminazione contro determinate categorie o gruppi di persone: “Prego perché Anchorage possa essere una città ancora più tollerante verso tutti i suoi cittadini” ha detto. “Alla base dei nostri rapporti sociali deve restare il rispetto profondo per la dignità di ogni persona umana, una dignità che non discende dallo Stato, ma dal nostro Creatore”, ha aggiunto mons. Schwietz, citando il Catechismo della Chiesa cattolica, secondo il quale le persone con tendenze omosessuali “devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza (CC n. 2358). Contro la “Proposition 5” si erano mobilitati diversi esponenti religiosi della città per i quali il provvedimento rischiava di costringere istituzioni confessionali ad offrire servizi contrari al loro credo. In una lettera pubblicata in vista del referendum del 3 aprile, mons. Schwietz aveva osservato, tra l’altro, che esiste una “fondamentale differenza tra una discriminazione ingiusta, che è una violazione arbitraria dei diritti umani, e le legittime limitazioni all’esercizio dei nostri diritti quando servono a tutelare i diritti altrui e il bene comune”. (A cura di Lisa Zengarini)
Europa dello Spirito: oltre 300 realtà cristiane in piazza in 150 città europee
◊ “Insieme per l’Europa”: è il titolo dell’iniziativa che oltre 300 movimenti e comunità di diverse confessioni cristiane stanno preparando in 150 città, il 12 maggio prossimo. Ci sarà un video collegamento con Bruxelles, sede delle istituzioni europee. Alla politica così come ai cittadini è rivolto il messaggio che si vuole promuovere: costruzione una “nuova Europa dello spirito”, risvegliando e rinnovando la radici cristiane del continente. Secondo l’agenzia Zenit, la manifestazione ha preso spunto dal raduno dei Movimenti ecclesiali e Nuove Comunità sorti nella Chiesa Cattolica convocato da Giovanni Paolo II nella Pentecoste del 1998. Inoltre bisogna ricordare che il 31 ottobre 1999, a conclusione della cerimonia per la firma della Dichiarazione congiunta tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale sulla dottrina della Giustificazione, si incontrarono, ad Ottmaring, nei pressi di Ausburg (Germania) i responsabili di Movimenti cattolici ed evangelici. Cominciarono così rapporti nuovi fra loro, che sfociarono in un raduno pubblico nel Duomo di Monaco l’8 dicembre 2001, dove membri di 45 Movimenti, Comunità e Gruppi delle Chiese cattolica, evangelica e delle Chiese libere formularono il “patto dell’amore reciproco”, fondamento della loro comunione. Fino alla decisione di fare insieme qualcosa per l’Europa perché sia una famiglia di popoli uniti, di nazioni riconciliate, com’era nell’intento dei suoi fondatori. L’8 maggio 2004 si trovarono a Stoccarda, alla manifestazione “Insieme per l’Europa”, membri di oltre 150 Movimenti, Comunità, Gruppi e Associazioni di diverse confessioni cristiane: cattolici, evangelici, di Chiese libere, anglicani, ortodossi. Collegati in diretta con circa 200 città di 45 Paesi, proiettando nel sociale la loro testimonianza di unità e la loro volontà di contribuire al processo di unificazione europea. Dopo Stoccarda ci sono stati altri incontri. Prosegue, dunque, l’impegno per contribuire, con i diversi carismi, alla costruzione della “nuova Europa dello spirito”. A Roma la manifestazione del prossimo 12 maggio si svolgerà in Campidoglio con inizio alle ore 15.30. Le associazioni del Comitato promotore di Roma hanno già stipulato un ricchissimo programma che prevede tavole rotonde e interviste sulla famiglia, caleidoscopio su integrazione e dialogo, proposte per il bene comune ed un’economia equa, coreografie e canzoni di varie band. Parliamo di Azione Cattolica, Associazione Int.le Caterinati, Comunità di Sant’Egidio, Comunità Gesù Risorto, Comunità Nuovi Orizzonti, Comunità Quinta Dimensione, Comunità Vittoria di Dio, Cursillos de Cristianidad, Équipes Notre Dame, Istituzione Teresiana, Movimento dei Focolari, Movimento per un Mondo Migliore, Regnum Christi, Rinnovamento nello Spirito Santo, Turris Eburnea. In contemporanea, in Piazza della Consolazione, si svolgerà una manifestazione per i ragazzi che, dopo la lettura del Manifesto di Bruxelles 2012, raggiungeranno gli adulti per un flash-mob conclusivo. Sarà poi la volta dei giovani che dalle ore 18 alle ore 20 proseguiranno il programma in Piazza del Campidoglio con musica e testimonianze, tra cui quella sulla Beata Chiara Luce Badano che Benedetto XVI ha citato nel recente Messaggio per la Gmg. All’evento romano, che gode del Patrocinio della Regione Lazio e di Roma Capitale, è prevista la partecipazione di oltre 3.000 persone. In sintonia con Bruxelles, si parlerà di alcuni punti fissati dal programma: - Si ad un’economia equa, al servizio di ogni persona e di tutta l’umanità; - Si alla responsabilità verso tutta la società lavorando affinché le città, con la partecipazione di tutti, divengano luoghi di solidarietà e di accoglienza per persone di origini e culture diverse; - Si alla famiglia legata da un patto indissolubile di amore fra uomo e donna, fondamento per una società solidale e aperta al futuro. (A cura di Fausta Speranza)
Madrid: 15.mo Forum europeo degli insegnanenti di religione
◊ “L’insegnamento della religione e la coesione sociale in Europa. Proposte per la formazione degli insegnanti”. È il tema del 15° Forum europeo per l’insegnamento scolastico della religione in Europa, che si terrà a Madrid da domani fino al 15 aprile. L’incontro, proposto dall’Eufres (European forum for religious education in schools) - riferisce l'agenzia Sir - e a cui parteciperanno esperti provenienti da diversi Paesi europei, intende proseguire una riflessione continua sul ruolo e l’importanza dell’insegnamento religioso nelle scuole europee, con particolare attenzione alla diversità di organizzazione e “peso” tipica dei diversi Stati. Si dibatterà anche sul tema della presenza della religione nello spazio pubblico europeo e sui contributi destinati all’insegnamento della religione, alla coesione sociale e alla formazione permanente degli insegnanti. I lavori del Forum si apriranno con l’intervento di Avelino Revilla, presidente dell’Eufres. A seguire, le relazioni di Venerando Marano (Università di Foggia), Francesc Torralba (Università Llull di Bercellona) e Hubertus Roebben (Università di Dortmund). (R.P.)
Ucraina: per gli Europei di calcio, Messe in più lingue per tifosi e turisti
◊ Celebrazioni in inglese, tedesco e portoghese destinate a tifosi e turisti. È l’iniziativa suggerita dalla curia dell’arcieparchia di Leopoli, in Ucraina, in occasione del campionato europeo di calcio, in programma dall’8 giugno al 1° luglio in Ucraina e in Polonia. Le Messe - riporta l'agenzia Sir – si terranno tra l’1 e il 20 giugno, nella chiesa della Guarnigione dei Santi Pietro e Paolo, in quella della Trasfigurazione e in quella del Santissimo Sacramento. Secondo il sito internet www.expres.ua/news tutti i credenti interessati potranno partecipare alla liturgia bizantina nella loro lingua madre e potranno inoltre visitare una mostra, nella chiesa della Guarnigione, per conoscere la storia e la vita attuale della Chiesa greco-cattolica ucraina. (G.M.)
Francia: a Pasqua crollo di una sala evangelica a Stains
◊ Un “tragico incidente” che “mette in evidenza la situazione precaria in cui si trovano molte comunità evangeliche protestanti per celebrare il culto”. È quanto denuncia la Federazione protestante di Francia in un comunicato diffuso in seguito all’incidente avvenuto a Stains, in Francia, domenica di Pasqua: un centinaio di haitiani si erano riuniti al primo piano di un locale per la celebrazione del culto evangelico quando il pavimento è crollato, uccidendo una bambina e ferendo gravemente una trentina di persone. Il locale - riferisce l'agenzia Sir - era utilizzato da una comunità haitiana da sei anni, sebbene non rispondesse agli standard di sicurezza. Il sindaco della cittadina francese ha infatti dichiarato che la sala non era predisposta per questo genere di manifestazione e si tratta ora di capire quante persone erano nello stabile al momento del crollo. Il pastore della comunità haitiana e il proprietario dei locali sono stati messi in custodia cautelare con la denuncia di “omicidio colposo e lesioni aggravate”. Nell’esprimere le sue “condoglianze alla comunità e alla famiglia colpita dal lutto nel giorno di Pasqua” la Federazione protestante di Francia lancia una dura condanna: le chiese “immigrate” del Paese “non trovano il supporto di cui hanno bisogno”. Ed aggiunge: “La Federazione accompagna molte Chiese nel loro sforzo di equipararsi ed integrarsi, la domanda supera le sue possibilità di intervento. La Federazione ha più volte attirato l’attenzione delle autorità politiche sulle necessità in questo ambito e spera che siano presto trovate le dovute soluzioni per rispondere al rispetto della libertà di culto e della legislazione in vigore”. Dunque “è intenzione condivisa sia dalle autorità pubbliche che dalle Chiese trovare delle soluzioni”. (R.P.)
Irlanda. 100.mo del Titanic: pubblicato libro di foto scattate a bordo da un gesuita
◊ In occasione del centenario della tragedia del Titanic, avvenuta il 15 aprile 1912, le edizioni “Messaggero del Sacro Cuore”, appartenenti alla Compagnia di Gesù in Irlanda, stanno per pubblicare un libro fotografico sulla nave ad opera di un gesuita: si tratta di padre Frank Browne. Imbarcatosi sul Titanic a Southampton, in Inghilterra, il religioso sbarcò qualche giorno dopo a Cobh, in Irlanda, prima che la nave affondasse. Ma mentre era a bordo, padre Browne scattò numerose fotografie; anni dopo, un suo confratello ritrovò, nello scantinato di una casa della Compagnia di Gesù, più di 40mila negativi appartenuti all’ormai scomparso padre Browne: una preziosa collezione di scatti e ricordi del Titanic in partenza per il suo primo ed ultimo viaggio. Dopo questa scoperta, nel 1997 è stato pubblicato un libro dal titolo “Father Browne's Titanic Album” contenente numerose immagini. Ora, a cent’anni da quella tragica notte del 1912, molte di quelle fotografie sono state digitalizzate e altre sono state aggiunte per ripubblicare il libro in un’edizione speciale. Progettato per offrire un collegamento settimanale di linea tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il transatlantico Titanic colò a picco durante il suo viaggio inaugurale da Southampton a New York: entrato in collisione con un iceberg alle 23.40 di domenica 14 aprile 1912, subì l'apertura di alcune falle lungo la fiancata destra ed affondò 2 ore e 40 minuti dopo, alle 2.20 del 15 aprile, spezzandosi in due tronconi. Nel naufragio persero la vita 1.523 dei 2.223 passeggeri imbarcati, compresi gli 800 uomini dell'equipaggio. L'evento suscitò un'enorme impressione nell'opinione pubblica e portò alla convocazione della prima conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 101