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Sommario del 06/04/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa e il Venerdì Santo: Gesù porta su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e luogo
  • Via Crucis al Colosseo dedicata alla famiglia: intervista ai coniugi Zanzucchi, autori delle meditazioni
  • Messa in Coena Domini. Il Papa: Gesù prende su di sé la marea sporca del mondo e ci porta al Padre
  • Obbedienza, presupposto per il vero rinnovamento. Commento alle parole del Papa alla Messa Crismale
  • Gli auguri di Pasqua del presidente Napolitano al Papa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: bombardamenti e vittime ad Homs. Mons. Zenari: viviamo il nostro Calvario
  • Mali. L'Unione Africana respinge la dichiarazione d'indipendenza dei ribelli tuareg nell'Azawad
  • Il Connecticut verso il no alla pena di morte. S. Egidio: segno di un nuovo clima culturale
  • Nigeria, Triduo Pasquale: Chiesa locale preoccupata per possibili attacchi di Boko Haram
  • L'inchiesta sulla Lega. Intervista al vescovo di Como Diego Coletti
  • In aumento i suicidi per motivi economici. Mons. Miglio: rischia di innescarsi un'emulazione perversa
  • Abruzzo, a tre anni dal sisma. Mons. Molinari: politica non all’altezza, ritrovare l'unità
  • Sarajevo commemora l'assedio di 20 anni fa
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Venerdì Santo a Gerusalemme tra il Golgota e la Via Dolorosa
  • Mons. Franco: la fede in Cristo risorto stimoli i cristiani di Terra Santa
  • Il Custode di Terra Santa: no a un intervento internazionale in Siria
  • Carestia nel Sahel: per la Caritas italiana “crisi ignorata, servono aiuti generosi”
  • Coree: per Pasqua, Nord e Sud unite nella preghiera e nella riconciliazione
  • I vescovi coreani: “La luce di Cristo sulla società divisa e materialistica”
  • Vietnam. Pasqua a Kon Tum: i fedeli pregano nelle case private
  • Filippine. Mons. Tagle: Cristo ci salva da povertà, discriminazioni, malgoverno
  • Croazia. Il cardinale Bozanić: Quaresima tempo di nuova evangelizzazione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa e il Venerdì Santo: Gesù porta su di sé la passione dell'uomo di ogni tempo e luogo

    ◊   La Chiesa in tutto il mondo oggi prega e riflette sul mistero della morte di Cristo. Anche la giornata di Benedetto XVI è tutta incentrata sulla rievocazione di questo momento centrale della fede cristiana. Nel pomeriggio, alle 17, il Papa presiederà in San Pietro la celebrazione della Passione del Signore, guidata dalla meditazione del predicatore pontificio, padre Raniero Cantalamessa. In serata, poi, Benedetto XVI si sposterà al Colosseo per presiedere, dalle 21.15, il rito della Via Crucis. La salita al Calvario e la morte in Croce di Gesù sono state occasione di innumerevoli riflessioni da parte del Papa. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:

    Tre anni di semina nel cuore delle folle di un messaggio mai ascoltato e poi la brutale eliminazione del seminatore. Al Maestro dell’amore di Dio nulla viene risparmiato dell’odio e delle miserie dell’uomo: il tradimento degli amici, lo spregio crudele degli avversari, persino la beffa atroce di essere preferito a un delinquente dalle mani insanguinate. Quella che Gesù patisce nell’ultimo venerdì della sua vita sulla terra è una spoliazione tanto veloce, quanto paziente e lunga era stata la sua missione in precedenza. Dall’arresto nel Getsemani ai ferri che lo inchiodano sul Golgota, è una sorta di apnea sorda e violenta, che arriva a quel culmine di dolore nel dolore quando, per un momento, il rifiutato dagli uomini sembra esserlo persino dal cielo:

    “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido. Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me (…) Gesù è sotto il peso schiacciante di una missione che deve passare per l’umiliazione e l’annichilimento”. (Udienza generale, 14 settembre 2011)

    Tutto l’impossibile accade di vedere sul Calvario, persino che Dio “abbandoni” se stesso. Ma dove, per un uomo, si sarebbero spalancate le porte della disperazione più nera, per il Dio appeso alla Croce il senso di abbandono diventa – spiega il Papa – un abbandonarsi alla certezza che il Padre è, ed è sempre stato, accanto a lui:

    “Dal volto di questo ‘Uomo dei dolori’, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – ‘Passio Christi. Passio hominis’ - promana una solenne maestà, una signoria paradossale”. (Meditazione sulla Sindone, 3 maggio 2010)

    È il paradosso della Croce: il Re dei re affronta l’ultimo nemico andandolo a cercare sul suo stesso terreno. Tre giorni per sconfiggerlo in quello che Benedetto XVI una volta ha definito “intervallo unico e irripetibile”. Tre giorni per fissare il punto di non ritorno della fede cristiana, per ribaltare la fine della vita in un inizio che più non muore:

    “Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: 'gli inferi'. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui”. (Meditazione sulla Sindone, 3 maggio 2010)

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    Via Crucis al Colosseo dedicata alla famiglia: intervista ai coniugi Zanzucchi, autori delle meditazioni

    ◊   La Via Crucis di quest'anno al Colosseo è dedicata in modo particolare alla famiglia. E saranno alcune famiglie a portare la croce lungo le 14 Stazioni: famiglie provenienti dall'Italia, dall'Irlanda, dal Burkina Faso e dal Perù. Quest’anno le meditazioni sono state scritte da Danilo e Anna Maria Zanzucchi, iniziatori con Chiara Lubich del Movimento Famiglie Nuove. 91 anni lui e 82 lei, 5 figli e 12 nipoti, i coniugi Zanzucchi hanno viaggiato molto per incontrare altre famiglie, confrontarsi con diverse culture e proporre l’ideale evangelico. Nella loro Via Crucis ci sono i problemi delle famiglie di oggi, raffrontati idealmente al doloroso cammino che conduce Cristo al Calvario. Tiziana Campisi li ha intervistati:

    D. - Anna Zanzucchi, cosa volete dire alle famiglie di oggi con le meditazioni per la Via Crucis?

    R. - Nella Via Crucis, in Gesù crocifisso, in Gesù che soffre, c’è il segreto e la soluzione dei problemi della famiglia: separazioni, disastri, dolore della famiglia, la morte, la malattia, le incomprensioni che nascono tra marito e moglie, l’umanità sofferente. Gesù l’ha presa con sé così com’è, con tutti i suoi guai. Dovremmo riuscire a capire che c’è stato un Dio che ha dato la soluzione del dolore, che non sta nella soluzione dello stesso, ma nel senso, cioè come fare ad affrontarlo.

    D. - Danilo Zanzucchi, perché le famiglie di oggi si sfaldano così facilmente?

    R. – C’è il fatto che ognuno pensa a se stesso. Togliersi via questo difetto ed ascoltare l’altro è già una disposizione che permette all’altro di aprirsi; se uno si chiude sui suoi problemi, impedisce all’altro di comunicare.

    D. - Danilo, voi come coppia, come avete affrontato, lungo gli anni, le difficoltà, i problemi, le incomprensioni? Che cosa vi ha consentito di andare avanti?

    R. - Quando ci siamo sposati ci siamo promessi di aiutarci l’un l’altro. E questo vuol dire ascoltare l’altro, mai giudicare, mettersi sempre in un atteggiamento di amore, di aiutarlo, pregare anche per l’altro. Se siamo cristiani, si può avere la grazia di avere la presenza di Dio fra di noi. E questo, dà la luce, dà la forza per capire come affrontare un dolore. Ti fa trovare una “piccola strada” alla quale prima neanche pensavi. Scrivere per la Via Crucis, è stata una grazia grande, grande perché si può parlare con Gesù; e Lui ascolta, e puoi chiedergli anche delle cose che sembrano difficili. Lui può fare le cose che tu non riesci a fare.

    D. - Anna Zanzucchi, quale consiglio vi sentite di dare alle coppie di oggi?

    R. - Io direi: “Guardate che avete un tesoro nelle vostre mani; ed è l’amore che avete fra di voi, che potete aver fra di voi, che può crescere sempre”. (bi)

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    Messa in Coena Domini. Il Papa: Gesù prende su di sé la marea sporca del mondo e ci porta al Padre

    ◊   “Preghiamo il Signore di introdurci in questo “sì” alla volontà di Dio, rendendoci così veramente liberi”. Così Benedetto XVI durante la Messa in Coena Domini, inizio del Triduo Pasquale, celebrata ieri pomeriggio nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Nel corso della Liturgia il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti della diocesi di Roma e al momento della presentazione dei doni, gli è stata affidata un’offerta per l’assistenza umanitaria ai profughi siriani. Al termine della celebrazione si è svolta la processione con la reposizione del Santissimo Sacramento all’altare della cappella di San Francesco. Il servizio di Debora Donnini:

    Giovedì Santo: giorno non solo dell’Istituzione della Santissima Eucaristia ma anche momento che comprende “la notte oscura del Monte degli Ulivi”, “la solitudine” di Gesù. E l’omelia del Papa si concentra proprio sulla “lotta della preghiera” che Gesù vive nell’Orto degli Ulivi. Gesù entra nella notte, simbolo della morte, della perdita definitiva di comunione, “per superarla e per inaugurare il nuovo giorno di Dio nella storia dell’umanità”. Prima Gesù ha cantato con i suoi discepoli i salmi che rievocano la Prima Pasqua in Egitto, la notte della liberazione. Dunque, l’esodo di Israele dall’Egitto e l’esodo di Gesù a Gerusalemme. Gesù chiama Dio “Abbà”, che significa “Padre”, ma è una parola tratta dal linguaggio dei bambini e quindi un termine affettuoso con cui non si osava rivolgersi a Dio. Secondo il Vangelo di Luca, poi, Egli prega in ginocchio:

    “I cristiani, con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità, ma esprimiamo in quel gesto anche la nostra fiducia che Egli vinca”.

    “Gesù lotta con il Padre, Egli lotta con se stesso. E lotta per noi”, dice il Papa. E “sperimenta l’angoscia di fronte al potere della morte”. Non solo uno sconvolgimento come lo prova qualsiasi creatura di fronte alla morte. In Gesù si tratta di qualcosa di più:

    “Egli allunga lo sguardo nelle notti del male. Vede la marea sporca di tutta la menzogna e di tutta l’infamia che gli viene incontro in quel calice che deve bere. È lo sconvolgimento del totalmente Puro e Santo di fronte all’intero profluvio del male di questo mondo, che si riversa su di Lui. Egli vede anche me e prega anche per me. Così questo momento dell’angoscia mortale di Gesù è un elemento essenziale nel processo della Redenzione”.

    In questa preghiera, dunque, il Signore compie l’ufficio del sacerdote: prende su di sé il peccato e “ci porta presso il Padre”. Quindi la riflessione del Papa si concentra sulle parole di Gesù sul Monte degli Ulivi. “Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. La volontà naturale dell’Uomo Gesù chiede che ciò gli sia risparmiato ma come Figlio “depone questa volontà umana nella volontà del Padre: non io, ma tu”, ricorda Benedetto XVI. In questo modo trasforma l’atteggiamento di Adamo, il peccato primordiale dell’uomo, che era stato: “Non ciò che hai voluto tu, Dio; io stesso voglio essere dio". "Questa superbia, dice il Papa, è la vera essenza del peccato”, quando l’uomo pensa di essere libero e veramente se stesso solo se segue esclusivamente la sua volontà e, dunque, sottolinea ancora, in quest’orizzonte “Dio appare come il contrario della nostra libertà”:

    “È questa la ribellione fondamentale che pervade la storia e la menzogna di fondo che snatura la nostra vita. Quando l’uomo si mette contro Dio, si mette contro la propria verità e pertanto non diventa libero, ma alienato da se stesso”.

    In realtà, quindi, siamo liberi “solo se siamo nella nostra verità, se siamo uniti a Dio”:

    “Nella lotta della preghiera sul Monte degli Ulivi Gesù ha sciolto la falsa contraddizione tra obbedienza e libertà e aperto la via verso la libertà. Preghiamo il Signore di introdurci in questo 'sì' alla volontà di Dio, rendendoci così veramente liberi”.

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    Obbedienza, presupposto per il vero rinnovamento. Commento alle parole del Papa alla Messa Crismale

    ◊   Numerosi i commenti alle parole pronunciate dal Papa durante l’omelia nella Messa Crismale. Benedetto XVI ha ricordato che l’obbedienza è il presupposto per ogni vero rinnovamento della Chiesa. Quindi ha esortato i sacerdoti a conformarsi a Cristo, a non annunciare se stessi o teorie e opinioni private, perché non appartengono più a sé stessi, ma sono stati consacrati, cioè consegnati per sempre a Dio, affinché, a partire da Dio e in vista di Lui, possano servire gli uomini. Ma quanto è urgente questo invito del Papa ai sacerdoti? Fabio Colagrande lo ha chiesto a don Mauro Cozzoli, teologo morale, docente alla Pontificia Università Lateranense:

    R. – Io lo credo urgente ed opportuno. In queste parole del Papa così sostenute, e al tempo stesso volute, in presenza di quello che potremmo chiamare il rischio di una secolarizzazione del clero, si evince il timore che i sacerdoti cedano ad una forma di autoreferenzialità. E di qui, allora, la proposta positiva: il sacerdote deve conformarsi a Cristo, e precisa: Cristo, il quale non domina ma serve, non prende ma dà. Ecco, il Papa invita ad un superamento di noi stessi come sacerdoti. Che io non rivendichi – egli dice – la mia vita per me stesso, ma la metta a disposizione di un Altro, di Cristo. Quindi, imparare in questa conformazione a Cristo il donarsi di Cristo, in contrasto con ogni forma di autoreferenzialità.

    D. – In questo contesto il Papa, prendendo spunto da un appello alla disobbedienza pubblicato da un gruppo di sacerdoti di un Paese europeo, ha inserito una riflessione proprio sulla disobbedienza, che non può essere la via per rinnovare la Chiesa …

    R. – Questi sacerdoti si pongono, nel loro modo di dire, come un contro-magistero; stanno assumendo posizioni non di dialogo ma, appunto, di contrasto con il magistero della Chiesa. Predicano la disobbedienza: ma questa non è la via del Vangelo, la via insegnata da Gesù. Il sacerdote dev’essere maestro e testimone di questa obbedienza per l’autentico rinnovamento della Chiesa.

    D. – Qualcuno vede in questo opporsi alla disobbedienza – lo stesso Pontefice lo ricordava – i rischi di una difesa dell’immobilismo, di un irrigidimento della Tradizione. Come rispondere a queste obiezioni?

    R. – Il Papa difende la Tradizione, non come una dottrina e una prassi immobile della Chiesa; non come qualcosa di rigido e perciò di morto. Ma lui dice – e lo ripete continuamente: la Tradizione va vissuta come rinnovamento nella continuità. Ecco: questo rinnovamento nella continuità, questo è l’autentico atteggiamento che noi sacerdoti e ogni membro della Chiesa dobbiamo avere nei confronti della Tradizione. La Tradizione non è qualcosa di rigido, per cui va rinnovata; però, non va – in questo rinnovamento – dimenticata, abbandonata: va ritrovata la sua continuità nell’oggi della Chiesa. Questa è la grande sapienza con cui la Chiesa da duemila anni porta avanti la sua Tradizione, ma in maniera sempre viva e attuale nell’oggi della Chiesa e della società. (gf)

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    Gli auguri di Pasqua del presidente Napolitano al Papa

    ◊   Nell'approssimarsi della Pasqua, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha rivolto in un messaggio a Benedetto XVI “i più fervidi voti augurali a nome del popolo italiano e suo personale”. "Le festività pasquali - scrive il capo dello Stato - recano un alto messaggio di rinascita e di pace, quanto mai prezioso nella complessa attualità internazionale contraddistinta da pericolosi focolai di crisi. Anche la Nazione italiana – prosegue Napolitano - ne trarrà motivi di ispirazione, in un momento particolarmente delicato che la vede impegnata, grazie al responsabile concorso delle forze politiche e sociali, negli sforzi necessari a fronteggiare la grave crisi economica internazionale e ad assicurare il futuro delle giovani generazioni. E' in questo spirito - conclude il presidente Napolitano - che la prego, Santità, di accogliere i miei sentimenti di amicizia e di profonda considerazione per la sua alta Missione Apostolica".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sul monte dove Gesù ci ha aperto la via della libertà: il Papa celebra la messa “nella cena del Signore” a San Giovanni in Laterano.

    Oggi è appeso al legno colui che ha appeso la terra sulle acque: in prima pagina, Manuel Nin sul Venerdì Santo nella tradizione bizantina.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il Mali, dove i ribelli hanno proclamato l’indipendenza del nord.

    In cultura, gli interventi dell’arcivescovo Agostino Marchetto e di Riccardo Burigana alla giornata di studio, a Venezia, intitolata “Per un futuro ecumenico del Vaticano II”.

    E come carta d’identità il simbolo della vittoria: Fabrizio Bisconti sul segno della croce nell’immaginario figurativo dei primi secoli.

    Un articolo di Inos Biffi dal titolo “Il silenzio del sabato”: solo toccando il corpo morto del Figlio si comprende l’amore di Dio.

    Un Tiziano che sembra Velàzquez: Timothy Verdon sulla “Pietà” lasciata incompiuta dal pittore veneziano.

    Una legge sostanzialmente viziata: nell’informazione religiosa, un articolo sui vescovi statunitensi che ribadiscono dialogo ma fermezza contro le nuove direttive sanitarie.

    Quando la ragione si misura con il mistero: Serafino M. Lanzetta su intelligenza della fede e carità negli insegnamenti di Benedetto XVI.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: bombardamenti e vittime ad Homs. Mons. Zenari: viviamo il nostro Calvario

    ◊   Settimana Santa tra le violenze in Siria. Anche oggi pesanti bombardamenti hanno colpito la città di Homs, uno dei centri dove maggiormente si esprime la protesta contro il governo del presidente Assad. Almeno dieci, sinora, le vittime. Intanto il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha dato il suo assenso al piano di pace di Kofi Annan, inviato delle Nazioni Unite e della Lega Araba. Secondo il piano, l’esecutivo di Damasco deve ritirare le truppe dai centri abitati entro il 10 aprile prossimo e tutte le violenze, da qualsiasi parte provengano, devono cessare entro le 48 ore successive. Intanto prosegue il doloroso esodo di cittadini siriani in fuga dalle violenze. Sono già quasi 24 mila i profughi giunti in Turchia e la situazione umanitaria comincia a farsi preoccupante. I dati sono stati forniti dall'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati (Acnur). E sulla Pasqua che si sta vivendo in Siria, Giancarlo La Vella ha intervistato il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari:

    R. – Purtroppo é la seconda Pasqua che si celebra in queste condizioni. Per motivi di sicurezza si è deciso di limitare il più possibile le cerimonie esterne, ma ciò non toglie che i riti della Settimana Santa siano celebrati e vissuti anche con maggior intensità, vista la situazione che si sta vivendo in Siria. Naturalmente ci sono alcuni luoghi dove questa situazione è ancora più tesa, ad esempio ad Homs, dove sono rimasti due sacerdoti, mentre molti cristiani se ne sono andati, perché è pericoloso vivere lì. Questi due sacerdoti mi parlano delle cerimonie che cercano di celebrare con i fedeli rimasti.

    D. - Quale è la loro testimonianza?

    R. - Mi ha impressionato la testimonianza di uno in particolare, il quale mi ha detto che, tutte le domeniche, cerca di uscire dalla propria abitazione per andare a suonare le campane della cattedrale, il tutto ovviamente con un certo rischio. Egli aspetta, ma non viene mai nessuno, perché è davvero molto rischioso partecipare per i cristiani che volessero farlo. Nonostante questo, però, egli suona lo stesso le campane e si ferma nella cattedrale a pregare, portando nel proprio cuore anche la preghiera di tutti i cristiani presenti ad Homs, che non possono essere presenti. C’è un altro fatto che mi ha colpito: qualche giorno fa il sagrestano mi diceva che bisognerebbe prendere un lungo nastro nero, con il quale circondare la città di Homs, scrivendo all’interno la parola ‘Calvario’. La cosa che impressiona è che certi luoghi sono veramente dei calvari per tutte le persone che ci vivono. Speriamo che questo nastro nero sia presto tolto, per poter assistere alla speranza, alla gioia ed alla pace della Pasqua.

    D. – Un altro calvario è quello che stanno vivendo le tante persone che fuggono soprattutto verso la Turchia, per allontanarsi dalle zone dove imperversano le violenze...

    R. – Sì, direi che questo è un po’ il contrario dell’esodo che ha vissuto l’antico popolo di Israele verso la Terra Promessa. Qui, purtroppo, l’esodo è doloroso, perché si deve abbandonare la propria terra ed é impressionante vedere tutte queste famiglie che attraversano la frontiera. E’ una Pasqua che, per certi aspetti, é ancora lontana dal farsi vedere.

    D. – Sul fronte strettamente diplomatico, l’Onu ha accettato il piano di mediazione proposto dall’inviato Kofi Annan. E’ bene aggrapparsi a questa soluzione per la fine delle violenze?

    R. – Voglio sperare che, da tutte le parti interessate al conflitto, si voglia veramente agire con molta coscienza e responsabilità. Faccio appello ad uno sforzo di buona volontà da parte di tutti, perché si avverte che quest’occasione non deve essere persa. Speriamo che, con la preghiera di tutti, queste volontà siano rafforzate. (vv)

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    Mali. L'Unione Africana respinge la dichiarazione d'indipendenza dei ribelli tuareg nell'Azawad

    ◊   Il Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad, componente fondamentale della ribellione tuareg nel Mali, ha proclamato oggi "l'indipendenza” della regione dell’Azawad, culla della cultura Tuareg. Una mossa che giunge in un momento particolare, in cui si puntava molto sul dialogo per far scendere la tensione. L'Unione Africana ha subito respinto questa dichiarazione, così come la Francia. Ma un’indipendenza della parte settentrionale del Mali cosa vuol dire in fatto di equilibri con i Paesi limitrofi? Salvatore Sabatino ha intervistato Angelo Turco, africanista, docente di Geografica umana presso l’Università Iulm di Milano:

    R. - Vuol dire sconvolgere tutti gli equilibri esistenti e quindi significa internazionalizzare la crisi in modo molto deciso, come mostra - peraltro - il comportamento delle componenti più estremiste della ribellione tuareg: vedi l’occupazione e il rapimento del console algerino e dei suoi collaboratori a Gao. Quindi una prima, pesante, diretta implicazione dell’Algeria.

    D. - Anche perché il pericolo delle infiltrazioni di al Qaeda tra le file del movimento tuareg resta comunque alto. Ricordiamo che hanno l’appoggio delle milizie jihadiste di 'Ansar Eddine’...

    R. Un dato della situazione reale, di cui occorre tener conto. Possiamo dire che, fin da questo momento, qualunque cosa succeda nella regione deve fare in conti con il terrorismo islamico e le frange estremiste e jihadiste, nelle varie composizioni.

    D. - Quanto ha influito la caduta di Gheddafi su questa situazione, almeno dal punto di vista strategico e geopolitico e quali sono state le responsabilità della Comunità internazionale?

    R. - La Comunità internazionale è stata la responsabile prima di quello che sta succedendo in questo momento in Mali con l’attacco alla Libia e con il colpo portato al regime di Gheddafi, che è condivisibile sotto molti aspetti, ma non lo è per quel fondamentale aspetto di pianificazione strategica che imponeva alla Francia in primo luogo e alla Comunità internazionale in modo più ampio di prevedere almeno alcuna delle conseguenze che la caduta di quel regime tirannico avrebbe comportato. Ancora una volta la Comunità internazionale ha agito con molta leggerezza e ha portato un colpo mortale a Gheddafi, alterando un equilibrio e senza avere minimamente in testa che cosa sarebbe successo dopo sullo scacchiere! (mg)

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    Il Connecticut verso il no alla pena di morte. S. Egidio: segno di un nuovo clima culturale

    ◊   “Un nuovo clima culturale che fa ben sperare per una giustizia sempre capace di rispettare la vita”: così la Comunità di Sant’Egidio ha commentato il voto favorevole all’abolizione della pena di morte espresso ieri dal Senato del Connecticut, negli Stati Uniti. Intanto però il Pentagono ha deciso di accusare formalmente i 5 terroristi che hanno preso parte all’attentato dell’11 settembre e tutto lascia pensare che subiranno la pena capitale. Per un commento Cecilia Seppia ha sentito Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

    R. - Direi che conferma un cambiamento importante negli Stati Uniti già in atto dal 2007, ci avviamo infatti ad avere il quinto Stato che abolisce la pena di morte dopo un ventennio di stasi. In questo caso, cosa abbastanza insolita, il governatore ha fatto sapere che se la Camera dei Rappresentanti, in un secondo passo approverà l’abolizione, lui firmerà la nuova legge. Sappiamo che i governatori invece hanno un potere di veto. Quindi, io credo sia molto probabile che ci avviamo verso un nuovo Stato che abolisce la pena di morte.

    D. - Negli ultimi cinque anni il Connecticut è stato il quinto Paese americano a dire basta alla pena di morte. Ci sono speranze anche per il Kansas e per il Kentucky?

    R. - C’è Kansas, Kentucky, New Hampshire.. C’è un movimento in vari Stati: c’è l’Oregon che ha avuto una commutazione di tutte le sentenze. Vediamo che anche in Texas si riducono le condanne, perché c’è una maggiore attenzione al problema legale, perché c’è una maggiore pressione culturale. A questo si agigunge il lavoro internazionale, quello che abbiamo fatto noi come Comunità di Sant’Egidio o “Nessuno tocchi Caino”, che ha creato difficoltà nell’approvvigionamento dei materiali necessari per l’iniezione letale. Ad esempio ha incrementato i costi della stessa nel Texas, e ha reso difficile l’esecuzione in altri Stati.

    D. - Tuttavia, gli occhi ora sono puntati sulla California. Il “Golden State”, con quasi 40 milioni di abitanti, dove c’era stata una moratoria di quattro anni fino al 2010. Proprio a novembre, gli elettori verranno chiamati a pronunciarsi in merito a questo. Tra l’altro, è una data che cade in coincidenza delle elezioni presidenziali statunitensi, quindi anche un banco di prova importante.

    R. - Credo, non ne sono certo, che la California voterà a maggioranza per l’abolizione della pena di morte. La California è uno Stato paradossale: ha il più grande braccio della morte del mondo, 700 persone, che in pratica registra meno di un’esecuzione all’anno. Quindi, praticamente la quasi totalità dei condannati a morte, non verrà mai giustiziata, ma trascorrerà trent’anni nel braccio della morte. Questo ha creato un paradosso per cui,la Corte suprema californiana è bloccata, per un terzo del tempo e del lavoro, dai ricorsi di pena di morte, il sistema è alla bancarotta dal punto di vista finanziario, e si dà una punizione impossibile ma comunque crudele. Allora, io credo, che con queste motivazioni e soprattutto con quella economica, la California abolirà la pena di morte.

    D. - Da una parte la buona notizia del Connecticut, dall’altra proprio ieri il Pentagono, ha deciso di accusare formalmente i cinque terroristi che hanno preso parte all’attentato dell’ 11 Settembre. Sono tutti rinchiusi a Guantanamo, andranno di fronte ad una commissione militare, e tutto lascia pensare che subiranno la pena capitale…

    R. - Mi auguro di no perché questo, tra l’altro, rimane nella stessa cultura di morte in cui è maturato l’attentato dell’11 settembre. Poi per i reati federali, negli Stati Uniti, noi assistiamo ad una moratoria di fatto. Qui abbiamo il codice militare. Io mi auguro che qualcosa possa accadere per fermare tutto ciò.

    D. - Tu hai parlato di un nuovo clima culturale che fa ben sperare per una giustizia sempre capace di rispettare la vita. Sicuramente un cambiamento è in atto..

    R. - Io credo che c’è un cambiamento reale a livello planetario, come mostra da ormai venti anni, il numero sempre minore di Stati che utilizzano la pena di morte. Dall’altra vediamo dei grandi cambiamenti anche in Cina. Ci sono riduzioni nel numero delle condanne a morte legate al fatto che le Corti marginali sono state private del diritto di dare la pena di morte perché, in realtà, questo creava estremi casi di abuso. Negli Stati Uniti, io direi che come nel resto del mondo, c’è anche un cambiamento culturale legato al ruolo che la Chiesa cattolica ha nel campo educativo. Io penso, anche quest’anno, Papa Benedetto XVI ricevendo in Vaticano la delegazione dei ministri della Giustizia per la Conferenza Internazionale promossa dalla Comunità di Sant’Egidio sulla pena di morte, ha avuto parole molto nette sul fatto che bisogna superarla. Si è complimentato per i discorsi che si stanno facendo per abolire la pena di morte. Negli Stati Uniti c’è un problema materiale: l’aumento di casi di innocenti che esplode, che emerge, e poi il fattore economico: si è creato un forte dibattito in un Paese in difficoltà economiche sulla bancarotta finanziaria della giustizia legata al costo inutile della pena capitale. Non sarà una grande motivazione, non sarà molto morale, sarà molto pragmatica, ma è quello che sta accadendo. (bi)

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    Nigeria, Triduo Pasquale: Chiesa locale preoccupata per possibili attacchi di Boko Haram

    ◊   Anche la Nigeria sta vivendo il Triduo Pasquale. Il Paese, lo ricordiamo, è stato recentemente colpito dagli attacchi del gruppo fondamentalista musulmano, Boko Haram, che vorrebbe imporre la sharia, la legge islamica, in tutti i 36 Stati della Nigeria. C’è dunque preoccupazione fra i cristiani ma anche speranza come ci conferma padre Patrick Tor Alumuku, responsabile delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Abuja, raggiunto telefonicamente, nel Paese africano da Debora Donnini:

    R. – Sì, ci sono preoccupazioni, perché – come è accaduto ultimamente – durante queste feste i terroristi cercano di colpire i cristiani. Non sappiamo cosa abbiano intenzione di fare in questo momento, ma ci sono preoccupazioni. Speriamo che non succeda niente.

    D. – A Natale c’era stato un attacco molto grave, sono morte decine di persone…

    R. – Sì, a Natale c’è stato un attacco vicino ad Abuja, dove sono state uccise circa 20 persone e tante altre sono state colpite… Nell’ultima settimana, non ci sono stati attacchi, fatta eccezione di quello che abbiamo avuto a Jos, nel centro del Paese. Non si sa cosa vogliano fare…

    D. – Saranno in qualche modo protette le chiese della Nigeria?

    R. – Sì, in modo particolare al nord e al centro del Paese, ogni chiesa ha un gruppo di cattolici che sono impegnati a proteggerla: è necessario identificarsi prima di entrare in chiesa. Questa è una cosa che non era mai successa prima di questi episodi, ma adesso è così. Sono presenti anche poliziotti, in ogni chiesa, per aiutare nella sicurezza.

    D. – Il gruppo radicale islamico di Boko Haram vorrebbe imporre la sharia in Nigeria: secondo voi, è per questo che attacca i cristiani o ci sono anche altri motivi?

    R. – Mi sembra molto chiaro, in questo momento, che questi attacchi non arrivano dai musulmani veri. Ieri, abbiamo ricevuto un messaggio dal Sultan of Sokoto che è praticamente il capo di tutti i musulmani nel Paese: ha inviato un messaggio a tutti i cristiani, augurando che questa Pasqua venga celebrata in pace e assicurando l’appoggio da parte di tutti i musulmani del Paese. I musulmani stanno cercando di rassicurare i cristiani sul fatto che questi attacchi non sono compiuti da parte loro. Questi attacchi vengono invece commessi da un gruppo di terroristi che non appartengono ai musulmani: si tratta di un gruppo di estremisti e di fondamentalisti islamici che hanno un motivo più politico che religioso. Questo si vede sempre più chiaramente, man mano che si va avanti. Boko Haram è un gruppo che ha un motivo politico, che viene appoggiato da alcuni politici musulmani.

    D. – Come vi preparate a vivere la Pasqua? Ci saranno comunque tutte le celebrazioni?

    R. – Giovedì Santo, abbiamo celebrato in tutto il Paese la Messa crismale con i sacerdoti e con i vescovi e poi la Messa in Coena Domini e tutto è andato bene. Oggi, particolarmente, è un giorno molto sentito in tutto il Paese, perché questo pomeriggio ci saranno le processioni per la Via Crucis e quindi saremo tutti per le strade di questo Paese: speriamo che tutto vada bene. Anche se c’è preoccupazione, i cristiani non hanno paura e fanno ciò che desiderano fare: nessuno rimane a casa perché ha paura di Boko Haram.

    D. – Sanno che il Signore è vicino a loro…

    R. – Il popolo cristiano di questo Paese ha una fede molto forte nel Signore e quindi sta celebrando questa Pasqua con questo senso di fede: che tutto è nelle mani del Signore. (mg)

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    L'inchiesta sulla Lega. Intervista al vescovo di Como Diego Coletti

    ◊   Il leader della Lega Umberto Bossi ha detto che deciderà più avanti se ricandidarsi al congresso del partito. Sul presunto uso a fini privati dei finanziamenti pubblici al Carroccio, Bossi ha invitato a fare chiarezza perché l’intero gruppo dirigente è sotto l’occhio dei militanti ma ha anche affermato che l’inchiesta “sa tanto di organizzato”. Una vicenda che comunque ha scosso la base leghista e che spesso viene vissuta in due modi, dice il vescovo di Como mons. Diego Coletti, intervistato da Alessandro Guarasci:

    R. – Quella dei simpatizzanti o degli organici nei confronti della Lega, che sono smarriti e stentano a ritrovare un’unità interna: c’è qualcuno che accusa e qualcun altro che difende, come spesso succede in questi casi. Da parte degli altri, di coloro che si trovano al di fuori del partito, c’è una malcelata soddisfazione. Credo che entrambe le reazioni siano sbagliate, perché di fronte ad una difficoltà, anche da parte di un avversario, dobbiamo mettere il più possibile in ordine i conti dei partiti – e, in genere, della politica – per auspicare e realizzare una legge che metta gli stessi partiti in grado di vivere una trasparenza che i cittadini, soprattutto in questi momenti di difficoltà, sentono come un’esigenza fondamentale della democrazia.

    D. – C’è, però, la consapevolezza che comunque la Lega ha tradito quelle che erano le proprie origini?

    R. – Anche alcuni dei militanti leghisti hanno l’impressione di essere stati un po’ traditi. Forse il fatto che ci sia un ricambio al vertice potrebbe aprire una stagione nuova per la Lega, una stagione di riflessione e di dialogo, evitando toni di tipo rivoluzionario ed anti-costituzionale che, forse, hanno fatto anche il male della Lega, in passato.

    D. – Forse la crisi ha messo in luce anche il fatto che il vero problema del Nord non è l’indipendenza ma un rilancio economico e sociale...

    R. – Secondo me, meno si litiga e meno ci si rimbalzano le responsabilità e le accuse e meglio é. Se questa nuova situazione che si è verificata dovesse servire a creare un clima un po’ diverso, ed un po’ più rivolto al futuro e non chiuso nelle beghe di corto respiro, ben venga anche questo chiarimento.

    D. – Secondo lei serve anche una rinascita morale di tutti i partiti, non solo della Lega?

    R. – C’è una cultura politica che, a prescindere dalle tentazioni e dalle cadute di tipo civile, economico e penale, ha bisogno di un sussulto di idealità, di una ripresa di coraggio e di disinteresse personale nella ricerca del bene comune. Il calo pesante delle presenze, alle elezioni, è un segnale molto negativo che dobbiamo cercare di recuperare in tutti i modi. (vv)

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    In aumento i suicidi per motivi economici. Mons. Miglio: rischia di innescarsi un'emulazione perversa

    ◊   In Italia sono in aumento i suicidi legati alla crisi economica: un dramma che tocca purtroppo tutte le categorie, imprenditori, impiegati, operai, pensionati. Su questo tragico fenomeno, in crescita anche in altri Paesi, come la Grecia, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani:

    R. – Un fenomeno preoccupante, perché si assiste ad una specie di escalation; rischia di innescarsi un’emulazione perversa. E’ un problema economico-finanziario, un problema sociale ma direi che è anche un problema culturale. Siamo nella Settimana Santa… La Croce fa paura a tutti. Però, alla fine, accettarla e portarla diventa una strada che apre prospettive di resurrezione e di soluzione.

    D. – Come può la Chiesa aiutare, dare conforto ai lavoratori, agli imprenditori colpiti da questa crisi economica?

    R. – Credo che la Chiesa possa intanto potenziare, con le forze che ha, queste reti di solidarietà, sia quando si tratta di problemi creditizi veri e propri, sia quando si tratta anche di accompagnamenti di altro tipo, anche psicologico. Ma c’è anche un altro tipo di sostegno: sulla via della croce, Gesù incontra il "cireneo". Esistono dei "cirenei" che possono aiutare chi ha questa croce pesante addosso, e credo anche proprio che si tratti di ri-annunciare il valore salvifico di affrontare situazioni di sofferenza. So che sono croci pesanti, anche sbagli economici: molte volte sono sbagli, altre volte sono tegole che arrivano sulla testa; sono anche ricatti di vario genere … Concretamente, molta gente resta schiacciata perché ha paura di venire allo scoperto, magari c’è qualche irregolarità … Ma bisogna non aver paura di farsi aiutare, di chiedere aiuto, anche di portare alla luce eventuali ferite …

    D. – E poi, anche, mettere al centro l’uomo: il lavoratore non è una merce. Come giudicare, da questo punto di vista, la riforma del mercato del lavoro presentata dal governo Monti?

    R. – Da questo punto di vista la riforma, certo, deve fare i conti anche con la situazione concreta, non solo nazionale, ma europea ed internazionale. Mi pare che l’aspetto positivo sia stato il tenere conto delle varie voci e dei vari suggerimenti. Non tutti riescono ad ottenere ciò che avrebbero voluto. Ma in questo momento credo davvero sia importante che ognuno cerchi di venire incontro agli altri - perché c’è una situazione oggettiva difficile - per il bene comune di tutto il nostro Paese!

    D. – La situazione oggettiva è difficile: per le famiglie italiane – in base ai dati Istat – cala il potere di acquisto e la propensione al risparmio. Il rischio, acuito anche dall’aumento delle tasse, è di compromettere il più importante ammortizzatore sociale in Italia, ovvero la famiglia…

    R. – E’ tanto tempo che la Chiesa insiste nel richiamare l’attenzione dei legislatori sulla situazione della famiglia. La famiglia è questo ammortizzatore sociale, un fondamento di una società civile, ma nella misura in cui è famiglia. La famiglia è un’istituzione ben precisa ed è stata ed è questo ammortizzatore sociale finché è famiglia. Qui c’è proprio un problema di attenzione, direi anzitutto un confronto con altri Paesi europei: come è diversa la legislazione a favore della famiglia in altri Paesi dell’Europa, dell’Europa occidentale anzitutto. E proprio da questo punto di vista, il Comitato delle Settimane sociali si è già messo in moto e sta lavorando perché, nella prossima Settimana sociale, vengano affrontate questioni concrete, un’agenda concreta per la famiglia perché è un ammortizzatore sociale, ma molto di più: è un fondamento affinché la società non si disgreghi! (gf)

    Un’altra tragedia, innescata da dolori personali e da condizioni economiche sempre più difficili, è quella di una pensionata di 78 anni che martedì scorso, dopo aver appreso della riduzione della propria pensione da 800 a 600 euro, si è tolta la vita lanciandosi dal quarto piano del palazzo in cui viveva a Gela, in provincia di Caltanissetta. Una realtà quella di Gela, segnata da una dilagante povertà, come spiega - al microfono di Antonella Palermo - il parroco della chiesa di Santa Lucia, don Luigi Petralia:

    R. – La situazione nella città di Gela, in generale, e in modo particolare anche nel quartiere dove vivo, è veramente grave. La stragrande maggioranza dei giovani non ha un lavoro, per cui diventa difficile anche pensare positivamente al proprio futuro, pensare di farsi una famiglia. Sono i genitori, molte volte, ad intervenire perché si fa difficoltà seriamente ad andare avanti, soprattutto in questo contesto di povertà generale.

    D. – E le vie di fuga verso l’illegalità sono all’ordine del giorno...

    R. – E’ chiaro che laddove c’è povertà, laddove c’è disoccupazione, si fanno avanti le organizzazioni criminali che approfittano dello stato di povertà di molti ragazzi, della mancanza di una prospettiva e di un futuro, per cui molti giovani cadono più facilmente nel tranello della mafia.

    D. – Lei è parroco nel quartiere più povero di Gela...

    R. – Nel quartiere Schiavone la povertà si fa sentire di più, perché la stragrande maggioranza delle famiglie vive davvero la povertà in tutti i sensi: la povertà materiale, la povertà morale. Quasi una famiglia su due ha avuto un lutto, determinato dalla guerra di mafia.

    D. – Che effetto le fanno queste notizie sulla corruzione dei politici?

    R. – Questo fa sì che soprattutto i giovani, la gente in generale, non veda più la politica positivamente. Quindi, c’è un distacco, una sfiducia nelle istituzioni e nella politica, che crea ancora di più un disagio sociale, con rischi seri per quanto riguarda l’ordine pubblico.

    D. – Dove trovare in mezzo a tutta questa desolazione, questo scoraggiamento e questa povertà i segni di resurrezione?

    R. – I segni della resurrezione bisogna cercarli innanzitutto nella fede in Dio, nel fare del Cristo risorto il vincitore della morte e di ogni male, il centro della nostra vita, perché nessuna realtà umana deve diventare un idolo, che prima o poi crolla su noi stessi. Questo significa che il nostro sguardo può e deve andare oltre la vita terrena e guardare alla resurrezione come certezza del Padre che non abbandona mai i suoi figli, che confidano in Lui, che non abbandona mai nessuno. (ap)

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    Abruzzo, a tre anni dal sisma. Mons. Molinari: politica non all’altezza, ritrovare l'unità

    ◊   Oltre 10mila persone hanno partecipato questa notte alla fiaccolata lungo le strade dell’Aquila per ricordare i 309 morti causati dal terremoto che il 6 aprile di tre anni fa devastò la città e altri 50 comuni abruzzesi. Un dramma tuttora aperto con migliaia di persone che non possono rientrare nelle proprie case, ma abitano nelle “new town” o in altre strutture. Il centro storico del capoluogo è tutto da ricostruire. Quali sono le speranze? Luca Collodi lo ha chiesto all’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari:

    R. – Penso che l’unica speranza sia quella che vive ancora nel cuore dei cristiani, perché esternamente è cambiato poco, purtroppo. E’ cambiato poco: le nostre chiese del centro sono ancora devastate, anche i palazzi antichi, i monumenti antichi … Basta fare una visita nel centro storico, e ci si rende conto che è cambiato poco. Però – lo dico anche senza sfiducia, senza scoraggiamento - io spero sempre che, superando le lentezze della burocrazia, superando le divisioni politiche, si possa veramente arrivare a vedere una ricostruzione che incomincia, una città che rinasce.

    D. – Che cosa non ha funzionato all’Aquila per la ricostruzione?

    R. – E’ meglio non dare giudizi, tanto è sotto gli occhi di tutti. Gli aquilani lo sanno … Forse c’è mancata soprattutto, a noi aquilani, l’unità: l’unità nel popolo. Tra le istituzioni, tra la politica, tra le varie amministrazioni è mancata questa unità di tutti per raggiungere l’unico obiettivo: la ricostruzione.

    D. – La politica che dovrebbe guardare al bene comune di tutti, in questo caso ha fallito?

    R. – Sì. Comunque, non è stata all’altezza della situazione, non ha espresso tutto quello che di positivo avrebbe potuto esprimere. Questo sì!

    D. – Ricorderà questo terzo anniversario: con quali parole parlerà al cuore e all’animo degli aquilani?

    R. – Come tutti sanno, l’anniversario coincide proprio con il Venerdì Santo. All’Aquila c’è la tradizione di una bellissima processione del Cristo morto. In quell’occasione dirò qualcosa, ma qualcosa che sia un invito alla speranza, un invito a trovare proprio nella nostra fede cristiana la risorsa, il motivo per andare avanti, per non scoraggiarsi.

    D. – Cristo è morto all’Aquila?

    R. – Cristo è morto per tutti: è morto duemila anni fa, continua a morire ogni volta che gli uomini non lo accolgono, ogni volta che i cristiani tradiscono il suo messaggio. Però, Cristo è risorto e vivo e mi auguro che risorga anche per noi aquilani, concretamente, aiutandoci a ricostruire la nostra città, il nostro territorio, il nostro futuro. (gf)

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    Sarajevo commemora l'assedio di 20 anni fa

    ◊   Sarajevo commemora in questi giorni il ventennale dell’assedio portato alla città dai serbo-bosniaci a partire dal 6 aprile 1992. Nella capitale bosniaca si stanno susseguendo le iniziative per ricordare le oltre 11mila vittime del conflitto. Emanuela Campanile ha intervistato Andrea Rossini, giornalista di Osservatorio Balcani e Caucaso:

    R. – Tra il 4 e il 6 aprile del ’92, Sarajevo è stata invasa da una serie di manifestazioni per la pace. Il clima, ovviamente, era già difficile a livello regionale: c’erano già stati scontri in Croazia, la gente temeva l’inizio della guerra e manifestava in massa per la pace. Queste manifestazioni sono state attaccate dai cecchini; le prime vittime che sono ricordate sono Suada Dilberovic e Olga Sucic, uccisi mentre manifestavano per la pace, di fronte al Parlamento bosniaco. Così è iniziato questo lungo assedio. Uno degli eventi forse più significativi di questa settimana di “ricordo” che la città dedica, appunto, alla memoria dell’assedio è un concerto sulla via principale di Sarajevo, che è la Via Maresciallo Tito: un concerto per 11.500 sedie vuote, perché tante furono le vittime di quell’assedio. E così la città intende ricordare la loro memoria.

    D. – Sarajevo e la Bosnia commemorano. E l’Europa, invece?

    R. – L’Europa, direi che è attivamente impegnata nel favorire e nel sostenere il percorso di integrazione del Paese. La Bosnia ed Erzegovina, purtroppo, è uno degli ultimi Stati della regione nel percorso di integrazione europea. La Bosnia ha firmato un accordo di associazione e stabilizzazione con Bruxelles nel 2008, ma non ha ancora presentato la propria candidatura, perché il clima politico del Paese è ancora segnato dalla divisione e dalla incapacità, direi, di rispondere alle aspettative dell’Unione Europea nel percorso di reintegrazione.

    D. – Cosa è diventata oggi la Bosnia?

    R. – La Bosnia è un Paese fondamentalmente diviso, perché quello che la guerra ha prodotto, si sente ancora oggi: una divisione tra due entità – la Repubblica Serba di Bosnia Eregovina e la Federazione croato-musulmana – con un governo centrale che però è ancora debole, non ha ancora la forza – ad esempio – per portare avanti con decisione il percorso di integrazione europea che rappresenterebbe la svolta, per questo Paese.

    D. – Ci sono progetti per ricostruire la bellissima Biblioteca che è un po’ il simbolo di Sarajevo, ma soprattutto di questa guerra, perché è stata una delle prime costruzioni ad essere completamente rasa al suolo …

    R. – La distruzione della Biblioteca è stato uno degli eventi più terribili per la città. La Biblioteca è stata fatta oggetto di bombe incendiarie da parte degli assedianti serbo-bosniaci, e purtroppo la ricostruzione della Biblioteca non è stata ancora completata; da un certo punto di vista, non è stata nemmeno ancora avviata con una certa decisione, per problemi di mancanza di risorse – prevalentemente. Ultimamente, c’è stata anche una polemica rispetto alla destinazione di questo bellissimo edificio di epoca austro-ungarica: nel senso che alcuni vorrebbero che diventasse la sede del comune, mentre altri preferirebbero che tornasse ad essere – appunto – la Biblioteca. Diverse associazioni hanno anche avviato una raccolta di libri, a livello internazionale, per cercare di ricostruire il patrimonio che è stato bruciato durante la guerra: il patrimonio della Biblioteca di Sarajevo. (gf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Venerdì Santo a Gerusalemme tra il Golgota e la Via Dolorosa

    ◊   Accanto alla roccia del Golgota e lungo la Via Dolorosa. E’ principalmente in questi due luoghi che pellegrini e cristiani locali, stanno vivendo il loro Venerdì Santo a Gerusalemme. Qui, nel posto esatto, dove si consumò per Gesù quel primo Venerdì Santo di Passione. Sin dall’alba gruppi di fedeli si sono radunati nel piazzale antistante la Basilica del Santo Sepolcro che custodisce anche il luogo della crocifissione di Cristo, in attesa di partecipare alla Liturgia della Passione che, guidata dai frati francescani, si è svolta proprio all’altare del Calvario. Ed è proprio qui che è stata cantata la Passione del Signore secondo Giovanni. Quando le parole dell’evangelista ricordano il momento della morte, il cronista raggiunge l’altare centrale posto sul Calvario e si inchina a baciare il solco dove la croce fu innalzata. Poi la reliquia del legno che portò il Salvatore viene esposta per l’adorazione secondo un rito che risale al IV secolo quando in questo giorno e in questo luogo il popolo cristiano sfilava per molte ore adorando la croce. Intanto fuori nella Città Vecchia la Via Dolorosa è gremita di pellegrini che a piccoli o grandi gruppi la percorrono ricordando con fede e commozione quel tragitto che Gesù compi dal pretorio di Pilato fino al Calvario, carico della Croce. Assieme ai fedeli anche il Custode di Terra Santa e i frati hanno percorso in mattina la Via Dolorosa compiendo quel pio esercizio della Via Crucis che i francescani guidano ogni venerdì dell’anno. Anche se quest'anno si registra un calo di pellegrini (attesi 300 mila contro i 700 mila dello scorso anno, secondo le stime del ministero del Turismo israeliano) il colpo d’occhio per chi si trova a Gerusalemme in Città Vecchia specialmente in queste ore del Venerdì Santo, e’ sempre quello di una folla di gente proveniente da ogni parte del mondo che si unisce ai cristiani locali di Gerusalemme e delle altre città della Terra Santa, giunti numerosi. Una grande assemblea orante che si snoda nelle strette vie della old city con l’unico desiderio di ripercorrere gli ultimi dolorosi passi della vita Cristo, con fede e raccoglimento, pur tra i rumori e la calca del colorato suk arabo. E stasera appuntamento al Santo Sepolcro per un’altra particolare celebrazione animata dai francescani: la processione funebre. Una tradizione che, ricalcando le antiche rappresentazioni medievali, ripeterà in modo plastico e toccante le scene della deposizione di Cristo dalla croce, dell’unzione e della sepoltura... nello stesso luogo in cui tutto ciò avvenne. (Da Gerusalemme, Stefania Sboarina)

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    Mons. Franco: la fede in Cristo risorto stimoli i cristiani di Terra Santa

    ◊   "La testimonianza di fede dei cristiani di Terra Santa è vitale per le piccole comunità del mondo arabo in questo periodo di sconvolgimenti e ritorno del radicalismo islamico". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Antonio Franco, nunzio in Israele e Palestina, in occasione della Settimana di Pasqua. "Abbiamo bisogno di fiducia e di speranza - aggiunge - la fede in Cristo risorto stimoli i cristiani di Terra Santa e del mondo arabo ad affrontare le difficoltà, amando la vita che Gesù ha sacrificato per noi". Il prelato spiega che questa Settimana Santa è tranquilla rispetto agli altri anni, nonostante il clima di violenza che coinvolge gli altri Paesi della regione, in particolare la Siria. Il 1° aprile, Domenica delle Palme, oltre 20mila persone hanno partecipato alla tradizionale processione da Betfage a Gerusalemme, il doppio rispetto al 2011. "Non ci sono stati disordini - afferma - lungo il tragitto alcuni hanno esposto striscioni per chiedere la fine dell'occupazione israeliana in Palestina, ma la celebrazione si è tenuta in modo regolare e con grande devozione". Il nunzio nota però che fra i pellegrini vi erano pochi cristiani palestinesi che continuano ad avere molte difficoltà di spostamento a causa dei check-point israeliani. Di recente, padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha annunciato che dal 2013 cattolici e ortodossi in Israele e Palestina festeggeranno la Pasqua lo stesso giorno, seguendo il calendario giuliano. Mons. Franco spiega che l'unione dei due periodi pasquali è già presente in Giordania, dove cattolici e ortodossi festeggeranno la Pasqua la prossima settimana, e in alcune comunità dei territori palestinesi. Padre Athanasius Macora, ex direttore del Christian information Center e attuale responsabile del Santo Sepolcro, spiega che rispetto agli anni passati i Luoghi santi sono meno affollati. "Per le strade di Gerusalemme - racconta - vi sono molti turisti stranieri, ma pochi pellegrini giungono in Terra Santa per pregare sui luoghi della Passione di Gesù". Secondo il sacerdote ciò è dovuto alle difficoltà di spostamento fra i territori palestinesi e Israele e al clima di tensione per la situazione in Siria e nel mondo arabo. (R.P.)

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    Il Custode di Terra Santa: no a un intervento internazionale in Siria

    ◊   “Regime senza futuro in Siria”: è la convinzione del Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che commenta così ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) - ripresa dall'agenzia Sir - gli sviluppi della situazione in Siria dove a suo parere è in corso “una guerra civile e dove i cristiani sono stretti in una morsa tra il governo, che li ha sempre sostenuti, e l’opposizione”. Per i fedeli la paura che il Paese si trasformi in un nuovo Iraq è forte e del tutto comprensibile. Ma il Custode spiega che “la mentalità siriana è diversa da quella irachena: frutto di una maggiore varietà etnica e religiosa”. La soluzione della crisi, secondo il Custode, non risiede in un possibile intervento internazionale visto anche “la collocazione della Siria nel cuore del Medio Oriente”. “Non è come in Libia. Stavolta l’intervento avrebbe conseguenze sull’intera regione mediorientale. I Paesi occidentali devono adoperarsi con la sola pressione politica e diplomatica. Altrimenti - ha detto - abbiamo visto cosa è successo in Iraq e in Afghanistan”. (R.P.)

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    Carestia nel Sahel: per la Caritas italiana “crisi ignorata, servono aiuti generosi”

    ◊   “Serve maggiore tempestività e maggiore consistenza degli aiuti internazionali”. Sulla crisi alimentare che sta affliggendo il Sahel, crisi che rischia di peggiorare con l’arrivo dell’estate, dopo le parole del presidente di Caritas internationalis, il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, quelle, in una intervista all'agenzia Sir, di Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana. Il suo è “un appello fortissimo alla comunità mondiale perché sia più attiva, decisa e generosa e non intervenga con il ritardo dello scorso anno”. In Ciad, Burkina Faso, Mauritania, Mali, Niger, Nigeria del Nord, Camerun e Senegal sono a rischio malnutrizione 16 milioni di persone. Grave è la situazione dei bambini. “Non si è fatto nulla per prevenire né per investire nello sviluppo agricolo e rurale – dice ancora Beccegato -. Negli ultimi decenni il tasso degli aiuti allo sviluppo è calato dal 40% del totale al 5%”. Da Caritas internationalis è partita una richiesta per l’emergenza, pari a dieci milioni di euro ma “finora c’è stata una scarsa risposta. Siamo ancora sotto gli obiettivi prefissati” conclude Beccegato. (G.M.)

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    Coree: per Pasqua, Nord e Sud unite nella preghiera e nella riconciliazione

    ◊   Per Pasqua "il popolo coreano, sia del Sud che del Nord, prega unito il Signore affinché si possa finalmente arrivare alla riunificazione. Mentre gli anni passano, questo desiderio condiviso continua a riempire i nostri cuori". È il testo della preghiera che hanno pronunciato insieme ieri i fedeli dei due Paesi, che si sono incontrati nella zona intercoreana di Kaesong per un confronto religioso. Il regime comunista di Pyongyang - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha acconsentito all'incontro perché spera di far riaprire i canali umanitari che si sono chiusi con la provocazione nucleare del 2008. Il testo della preghiera, che sarà pronunciata anche il giorno di Pasqua, è stato reso noto dal Consiglio nazionale delle chiese coreane. Nel corso dell'incontro, le due delegazioni hanno espresso la volontà di "rimpiazzare l'odio con l'amore, la sfiducia con la fiducia oltre l'ideologia politica ed essere uniti e riconciliati come una sola nazione". Prima della Guerra di Corea e la successiva divisione della penisola, Pyongyang era nota come "la Gerusalemme d'Asia". Nella sola capitale del Nord vivevano nei primi anni Venti oltre 200mila cristiani protestanti, con 410 pastori e 500 missionari. La comunità cattolica era fiorente e rappresentava il 30 % della popolazione totale. Con la presa di potere da parte di Kim Il-sung si è scatenata una repressione feroce contro la fede che ha di fatto distrutto la religione nel Paese. (R.P.)

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    I vescovi coreani: “La luce di Cristo sulla società divisa e materialistica”

    ◊   “La Pasqua ci aiuti a ritrovare l'armonia fra di noi e l'armonia fra l'uomo e la natura: tutti i nostri problemi, compresi quelli politici, possono risolversi seguendo l'esempio del nostro Salvatore”. È il senso del messaggio che arriva dai vescovi coreani, indirizzato alle diverse diocesi del Paese in occasione delle feste pasquali, come riporta AsiaNews. “Oggi l'umanità sperimenta un'affluenza di beni materiali che non ha precedenti, ma l'ombra dell'egoismo e della prepotenza si nascondono dietro tutto questo” sottolinea il cardinale Nicholas Cheong Jin-suk, arcivescovo di Seoul. “L'unità della vita – continua - è possibile quando accettiamo le differenze che distinguono ognuno di noi e decidiamo di vivere tutti insieme in maniera pacifica”. Dello stesso avviso l’arcivescovo di Kwangju, mons. Igino Kim che, nell’evidenziare le problematiche presenti in Corea legate all’immigrazione, alla multiculturalità, alla violenze, aggiunge che “Cristo, risorto dalla morte, vuole che tutte le creature tornino alla propria natura originale e alla vita”. Questa speranza “è messa a dura prova dall'avidità eccessiva degli uomini, che ha portato alla distruzione dell'armonia ecologica e dello sviluppo. Come la corsa al nucleare, che ci fa prevedere devastanti catastrofi per il futuro”. Per il vescovo di Chuncheon, mons. Luca Kim, “è proprio la luce del Cristo che risorge dalla morte che va accesa nella società che ci circonda”. Un appello giunge anche in vista delle imminenti elezioni: “Scegliere con saggezza coloro che sono pronti a servire il popolo”. (G.M.)

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    Vietnam. Pasqua a Kon Tum: i fedeli pregano nelle case private

    ◊   Ritiri, sacramenti e confessioni per oltre 30mila cattolici sono stati organizzati nel tempo di Quaresima dai sacerdoti della diocesi di Kon Tum, altipiani centrali del Vietnam, che ora si prepara alla Pasqua. È grazie alla vitalità della Chiesa locale, guidata da un forte spirito di solidarietà, che molte famiglie – riferisce l’agenzia AsiaNews - hanno aperto le porte delle loro case per la lettura del Vangelo e la recita del Rosario, in attesa di vedersi restituire la propria chiesa. Anche quest'anno come in passato, inoltre, vi sarà un nutrito gruppo di catecumeni che riceverà il battesimo. Nonostante l’arretratezza economica della zona, tante sono le vocazioni e le conversioni che si traducono poi nella promozione di attività caritatevoli a beneficio di tutta la popolazione, compresi atei e fedeli di altre religioni; fonti diocesane riferiscono che dal 2003 ad oggi, 5mila vietnamiti della zona hanno abbracciato il cattolicesimo. Accanto all’impegno nel sociale e alla costante opera di evangelizzazione, però, il desiderio profondo della comunità locale resta quello di riavere il suo luogo di culto, sequestrato 30 anni fa dalle autorità locali. “In questo periodo di Pasqua mi auguro che il governo locale ci restituisca la chiesa. Ne abbiamo bisogno per la messa, per pregare” è la voce di un cattolico della parrocchia di Hieu Dao, nella diocesi di Kon Tum. Un appello raccolto dal vescovo locale, mons. Michael Hoàng Dùc Oanh il quale, nell’invitare i laici a credere in Dio, si dice convinto che “Dio ci restituirà l’altare”. (G.M.)

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    Filippine. Mons. Tagle: Cristo ci salva da povertà, discriminazioni, malgoverno

    ◊   "Siamo tutti battezzati, lavoriamo insieme per mostrare a tutti che la vera felicità si può trovare solo in Gesù morto e risorto per noi. La nostra missione è diffondere il Vangelo, per liberare la gente dalla schiavitù delle cose materiali: povertà, discriminazioni sociali e malgoverno". È quanto ha affermato davanti a 236 sacerdoti e centinaia di fedeli mons. Luis Antonio Tagle alla sua prima messa crismale come arcivescovo di Manila. La funzione si è tenuta ieri nella chiesa San Fernando de Dilao, sede temporanea della cattedrale in attesa che venga restaurata la basilica dell'Immacolata Concezione. Nella sua omelia, il prelato ha invitato i sacerdoti dell'arcidiocesi a non buttare via la propria vita sacerdotale e a imitare Cristo. "Pregate per noi sacerdoti - ha aggiunto - perdonateli quando sbagliano o feriscono le persone. Le preghiere ci aiutano a capire che dobbiamo essere servi". L'arcidiocesi di Manila serve più di 3 milioni di persone. Nel suo territorio operano 412 fra sacerdoti diocesani e religiosi. Le parrocchie diocesane sono 27, 58 sono rette da Ordini e congregazioni religiose. Nominato arcivescovo metropolita il 13 ottobre 2011, mons. Tagle, 55 anni, ha servito per sei anni nella diocesi di Imus, dove si è distinto per la sua attenzione ai giovani. Fra le iniziative la catechesi e il commento della Bibbia via internet. Nel 2009 la diocesi ha ospitato la Giornata della gioventù asiatica, versione continentale della Giornata Mondiale della Gioventù. (R.P.)

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    Croazia. Il cardinale Bozanić: Quaresima tempo di nuova evangelizzazione

    ◊   Quaresima: momento forte per la nuova evangelizzazione: è quanto afferma il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria e presidente della Conferenza episcopale croata (Kec), in vista della Santa Pasqua. In un messaggio il presule sottolinea che “la nuova evangelizzazione vuole portare gioia al nostro prossimo, vuole annunciare la speranza e la manifestazione dell’amore di Dio attraverso Cristo crocifisso e risorto”. L’arcivescovo di Zagabria ricorda, poi, la “Missione Metropoli”, ovvero l‘iniziativa pastorale per la nuova evangelizzazione avviata il mercoledì delle Ceneri e che coinvolge contemporaneamente dodici città europee: Barcellona, Esztergom-Budapest, Mechelen-Bruxelles, Dublino, Colonia, Lisbona, Liverpool, Parigi, Torino Varsavia, Vienna e, appunto, Zagabria. A questo proposito il cardinale Bozanić cita i tanti incontri che hanno visto la presenza di famiglie, catechisti, sportivi, medici e catecumeni, mentre subito dopo Pasqua sono previsti appuntamenti specifici con i giornalisti ed i professionisti dei mass media. Il porporato non manca, poi, di richiamare alla memoria la visita di Benedetto XVI in Croazia del giugno 2011 e ne sottolinea soprattutto l’atmosfera di silenzioso raccoglimento durante le celebrazioni eucaristiche: “Questa è una delle esperienze più difficili per la gente, oggi”, perché “nel nostro cuore, avvertiamo l’ansia della solitudine”. Guardando al futuro, il presidente della Kec evidenzia l’importanza dell’Anno della fede, indetto dal Papa per il 2012-2013, in occasione del 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II: “Quest’Anno – scrive il porporato – sarà situato nel contesto più ampio della nuova evangelizzazione, al cui centro rimane il nostro incontro con Cristo risorto, che ci viene offerto nell’Eucaristia”. Infine, il card. Bozanić invita i fedeli ad “avere il coraggio di esaminare la vita alla luce del sacramento della riconciliazione e a gioire di una nuova vita nell’Eucaristia”. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 97

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