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Sommario del 30/08/2012
◊ Si riuniscono da domani, a Castel Gandolfo, docenti e teologi del “Ratzinger Schülerkreis”, il circolo degli ex allievi di Benedetto XVI, formatosi all’epoca della sua docenza presso l’Università di Ratisbona. Il seminario, a porte chiuse, si svolge quest'anno sul tema dell’ecumenismo e affronterà in modo particolare le relazioni che coinvolgono cattolici, luterani e anglicani. Farà da riferimento il libro intitolato “Raccogliere i frutti”, pubblicato nel 2009 dal cardinale Walter Kasper, già presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani. Sul tema e lo spirito di questo seminario, Gudrun Sailer, del nostro programma tedesco, ha intervistato il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, tra i partecipanti all'incontro:
R. – Ci sarà il vescovo luterano emerito Ulrich Wilkens, famoso esegeta, che parlerà dello sviluppo dell’ecumenismo tra cattolici e luterani; poi ci sarà la tematica degli anglicani sulla quale parlerà mons. Charles Morerod, nuovo vescovo di Ginevra, Losanna e Friburgo, che è specialista in questa tematica; sarà presente anche il cardinale Koch, presidente del Consiglio per l’unità dei cristiani … Il fatto che il Santo Padre abbia scelto questa tematica per l’incontro di quest’anno è un segno che per lui la questione ecumenica è di primaria importanza. Penso che questo sia già un primo contenuto essenziale; nell’ambito dei 50 anni del Concilio Vaticano II è un segno forte che il Santo Padre insista sull’importanza di questi incontri tra i cristiani separati.
D. – Fra cinque anni avranno luogo le celebrazioni per commemorare i 500 anni della Riforma. Questo in qualche modo farà da sottofondo ai vostri dibattiti?
R. – Penso che inevitabilmente sarà nell’orizzonte da parte luterana e anglicana, perché è una conseguenza della Riforma. Con il Santo Padre, ci aspettiamo un dialogo nella verità e nella carità: nella verità che non nasconde il dramma della divisione tra i cristiani in Europa e, in conseguenza, in tutto il mondo; ma anche quella grande tematica di cosa è la riforma della Chiesa, una tematica che per il Santo Padre è molto importante: pensiamo a tutto ciò che ha detto ed insegnato sulla riforma nella continuità, come modello di riforma cattolica. Certamente, nell’ambito del giubileo della Riforma si parlerà molto anche di ciò che è una vera riforma, della quale abbiamo bisogno, oggi.
D. – I dibattiti di questo “circolo” come si svolgono?
R. – E’ un circolo accademico, e questo vuol dire che quello che conta sono gli argomenti. Certo, c’è l’amicizia dopo tanti anni: ci incontriamo da oltre 30 anni, ogni anno; adesso siamo quasi tutti nell’età della pensione! Il Santo Padre è il più giovane di noi... Sempre è stato così, così l’ho vissuto in tutti questi anni: il Papa è prima di tutto un uomo di riflessione; ciò che conta è l’argomento e la ricerca della verità. E dunque, se non si potesse discutere apertamente, non sarebbe un circolo di allievi con il loro professore! Penso che questo clima di ricerca della verità – della verità sia storica, sia filosofica, sia teologica – è sempre rimasto invariato, ma c’è anche un accenno all’amicizia. Ciò che ci colpisce sempre è come il Santo Padre conosca i suoi allievi: chiede come vanno la famiglia, i figli; quando c’è un dolore nella famiglia lo sa, si interessa … Si vede che questo aspetto umano – paterno, fraterno – è molto presente. Penso che anche questo sia in parte uno dei motivi per cui questo "circolo" si è mantenuto dal 1977 fino ad oggi …
D. – All’inizio degli incontri, il Santo Padre è solito fare una specie di riassunto di quanto è accaduto nella Chiesa e in Vaticano nei mesi trascorsi dall’ultimo incontro. Lei personalmente, quali argomenti aspetta con particolare interesse, questa volta?
R. – E’ sempre un momento molto importante dell’incontro, e lo era già 30 anni fa … Prima parlava di ciò che viveva nella Congregazione per la Dottrina della fede e questo tour d’horizon è sempre atteso con grande interesse: tutti prendono appunti … Quest’anno, quali saranno i cenni del Santo Padre? Basti pensare alle grandi tematiche dell’anno passato... E per noi è sempre illuminante vedere non solo quale tematica il Santo Padre riassuma, quanto come lo faccia: la luce di sapienza, di perspicacia che si rileva dal parlare dei grandi eventi dell’anno passato …
Il Papa nomina mons. Lazzarotto nunzio a Cipro
◊ Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Cipro mons. Giuseppe Lazzarotto, arcivescovo titolare di Numana, Nunzio Apostolico in Israele e Delegato Apostolico in Gerusalemme e Palestina.
◊ In Francia, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Parigi, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Michel Pollien, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un articolo di Giulia Galeotti dal titolo “Mia sorella è un quadrifoglio: una favola che insegna agli adulti”.
Pechino ultima frontiera: visita in Cina del cancelliere tedesco Angela Merkel.
Un museo al di là degli stereotipi: Antonio Paolucci sul progetto dei Nuovi Uffizi a Firenze.
Caro vecchio rosario: un brano dal volume “Il mistero del tempo” di David Maria Turoldo.
Ricette per oggi dagli ingredienti di ieri: Paolo Pecorari sulla cultura economica di ispirazione cattolica di fronte alle crisi di fine Ottocento.
Crollate le torri si ricostruiscono ponti: Luca Pellegrini sul film “Il fondamentalista riluttante” della regista indiana Mira Nair, che ha aperto la Mostra del cinema a Venezia.
Il diritto all’acqua nel mondo globalizzato: Tebaldo Vinciguerra, Officiale del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sulla settimana mondiale di Stoccolma.
◊ All’indomani dell’appello all’unità del Paese, lanciato dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il porporato è tornato – ai nostri microfoni - sui temi di più stretta attualità. L’invito è quello di sostenere la famiglia e di impegnarsi in politica, restando testimoni della fede. L’intervista è di Luca Collodi:
R. – Ho pensato che ai piedi della Madonna della Guardia - per Genova è una grandissima devozione e festa - fosse il momento di fare un appello, come spesso noi pastori facciamo alla gente, rispetto al momento della crisi che viviamo ormai da tempo, che riveste - mi sembra - un carattere non soltanto di gravità ma di eccezionalità e che pertanto chiede l’attenzione e il contributo di tutta la società nelle sue articolazioni, a tutti i livelli. Mi pare che questa sia la chiave di lettura corretta della mia omelia di ieri, senza dimenticare l’attenzione che oggi è richiesta da parte di tutti quanti sui problemi più urgenti che la gente sente, che sono il problema economico, il problema del lavoro, e poi la riforma dello Stato, la riforma della politica. Sono i problemi che richiedono un’attenzione assoluta, senza distrazione.
D. – La Chiesa teme per la tenuta sociale dell’Italia?
R. - Ogni crisi che investe la sicurezza del lavoro, con tutte le conseguenze, porta sicuramente rischi. Qualche rischio lo comporta perché laddove c’è incertezza, c’è difficoltà, certamente il male può avere buon gioco. Però c’è anche da dire e ricordare fermamente che la responsabilità di tutti ha in mano il proprio destino, basta che non ci si isoli gli uni dagli altri nell’ambito sociale. La Chiesa fa il suo dovere, con responsabilità, nel nome del Signore annunciando la speranza affidabile che è Cristo Gesù e nello stesso tempo stando vicina alla gente con la fittissima rete delle parrocchie, delle associazioni, dei gruppi, per essere un punto di riferimento per tante situazioni di difficoltà.
D. – Perché, nonostante le tante promesse, la famiglia non viene sostenuta sul piano politico ed economico?
R. – La famiglia naturale, così come la conosciamo, come la viviamo, è talmente importante, anzi essenziale per la società, che si rivela ancora una volta il nucleo fondamentale di tenuta della società stessa nel suo insieme. Non si finirà mai di aiutarla e di sostenerla abbastanza. E’ talmente fondamentale che qualunque provvedimento, auspicato o che si sta vedendo, non è mai sufficiente, tanto è il valore. Bisogna essere attenti, però, anche sul piano culturale ed educativo perché non si snaturi la famiglia e non si svaluti in una società che, sì, è multiculturale come ben sappiamo, ma che non può essere indifferente rispetto ai valori fondamentali, i valori di base, di cui la famiglia è veramente fondativa insieme alla vita, la libertà educativa.
D. – Guardando alla crisi, può bastare la riforma dello Stato per riconciliare il Paese reale con quello legale?
R. – Penso che questa riforma dello Stato di cui si parla, giustamente, sia il primo passo assolutamente necessario per questa riconciliazione. Uno Stato che sia più agile, più rappresentativo, e nello stesso tempo più sussidiario e solidale. Ma ci vuole anche una riforma culturale, non solo strutturale, perché è un primo passo necessario ma - mi pare - non sufficiente. Se non si opera anche questa riforma culturale più decisa e più chiara, nel senso più solidarista, più relazionale, meno individuale, senza questa riforma educativa, mi pare che si affermerà sempre di più una concezione asociale della società, dove cioè chi è più forte va avanti.
D. - C’è anche poi il tema di rifondare la politica italiana. I laici cattolici, tanto invocati, possono avere la forza per invertire l’attuale situazione politica italiana ?
R. - Certamente hanno un grave dovere di esserci in politica, il dovere di una testimonianza, come per ogni cristiano, e il coraggio di avere la propria identità e la propria coscienza cristiana, senza complessi di subalternità verso nessuno. Per invertire certe derive culturali o sociali o politiche, è necessario in certi momenti, soprattutto in certi momenti storici, non essere preoccupati dei propri interessi né di carriera né succubi di ideologie. Non bisogna avere paura di apparire superati o isolati. Devono esserci i cattolici in politica, molti e preparati, con coerenza!
D. – La situazione dei minatori del Sulcis in Sardegna. Qualcuno osserva che ultimamente la politica italiana sia un po’ troppo sbilanciata a rincorrere l’Europa e troppo poco impegnata a risolvere i problemi veri dell’Italia, come quelli del lavoro…
R. – Se guardiamo il mondo vediamo che il contesto dell’Unione europea è assolutamente imprescindibile perché ogni problema, per essere affrontato, ormai richiede un contesto più ampio, che significa quello nazionale dei diversi Paesi ma anche quello internazionale. Non si tratta, come a volte si sente, di essere succubi o di essere trainanti nel contesto europeo, ma mi pare che sia decisivo che l’Europa faccia un passo forte verso un’anima comune, così come i padri dell’Europa – Adenauer, Schuman, De Gasperi - volevano. Finché l’Europa vuole costruirsi senza religione sarà sempre fragile, senza fondamento. Quindi, affronterà le questioni pratiche dei singoli Paesi dove si innestano problemi più locali, come lei ha accennato giustamente, in chiave più nazionalista che europea. Mi pare che l’Europa debba essere aiutata - e mi pare che questo si cerchi di fare - a compiere un salto di qualità.
D. – Un’ultima riflessione, riguarda le nostre abitudini ed è il tema del gioco d’azzardo. “Avvenire” ne ha fatto una campagna di contrasto importante. Purtroppo il gioco è ormai entrato a pieno titolo nella vita quotidiana, soprattutto dei giovani, a partire dalla sponsorizzazione di trasmissioni sportive che hanno un forte impatto sociale…
R. – Non penso che questa questione del gioco d’azzardo su cui, come lei diceva, la Chiesa è intervenuta e interviene in diverse occasioni, sia una questione di rispetto della libertà di scelta. A volte viene invocata, le proposte sono molte, ognuno sceglie in coscienza, questo è verissimo, è un principio fondamentale. Ma non credo che da parte di chi promuove questo tipo di gioco sia questo il valore perseguito. Credo che sia soltanto l’interesse economico. Una conseguenza di questo stile, quando diventa stile di vita, purtroppo, è la rovina delle famiglie e dei singoli - la rovina dei propri risparmi, delle proprie risorse - con un conseguente aggravio sociale. Ma c’è anche un’altra conseguenza, che è il deterioramento culturale generale che il gioco d’azzardo pubblicizzato e diffuso crea. Quindi, da una parte c’è una rovina economica, frequentemente, ma dall’altra un’opinione, una cultura generale che fa concepire la vita come non tanto qualcosa che si costruisce con fatica, giorno per giorno, nella dedizione quotidiana, quanto un gioco, un azzardo, una scommessa che potrebbe andare e che spesso va male.
Crisi siriana al centro del summit dei Paesi non allineati. Annunciata la formazione di una troika
◊ Siria. A Damasco infuria la battaglia, oltre 30 le vittime di oggi. I ribelli riferiscono di aver abbattuto un jet dell’esercito al confine con la Turchia. La crisi siriana è anche al centro del vertice dei Paesi non Allineati, in corso a Teheran. L’Iran ha annunciato la formazione di una troika da inviare sul terreno. Cecilia Seppia.
Damasco è di nuovo sotto il fuoco incrociato dopo la giornata di ieri che ha lasciato sul terreno 130 morti: all’alba nuovi scontri sono divampati tra ribelli e l’esercito che ha schierato i suoi carri armati nel quartiere di Tadamoun. Bombardamenti anche ad Hama e Deir al azzor nell’est, mentre gli oppositori riferiscono di aver abbattuto un jet del governo al confine con la Turchia. La fine della guerra non è dietro l’angolo ha detto il presidente Assad apparso ieri in Tv, gridando al complotto internazionale. Si parla di Siria anche al vertice dei Paesi non allineati, in corso a Teheran che ha proposto l’invio di una troika formata da Egitto, Venezuela e Iran da inviare nelle zone di conflitto per risolvere la crisi. Al summit durissimo l’intervento del presidente egiziano Morsi che ha criticato l’amministrazione siriana, i cui delegati presenti al summit hanno lasciato l’Aula, e ha assicurato l’impegno dell’Egitto per mettere fine ad un ulteriore bagno di sangue.
Al vertice dei Paesi non allineati resta aperto il nodo Iran-Israele. Duro il commento del premier israeliano Netanyau che ha definito “una vergogna per l’umanità, la partecipazione di 120 Paesi al summit”. Dal canto suo il Segretario generale dell’Onu Ban Ki moon, ha incalzato Teheran sul suo programma nucleare, ha chiesto di creare fiducia nella comunità internazionale quindi ha ammonito di mettere fine alle reciproche minacce: “la guerra di parole – ha detto - può diventare una guerra vera”. Una posizione inequivocabile quella delle Nazioni Unite, come conferma Gabriele Iacovino del Centro Studi Internazionali al microfono di Cecilia Seppia.
R. - È sempre una posizione di dialogo, di ricerca di un dialogo con Teheran ed evitare un muro contro muro. Certo è che si tratta di una posizione ferma, a cui l’Iran sarà costretto, prima o poi, a dare una risposta. Quello che Ban Ki Moon continua a chiedere è, da parte dell’Iran, di fare dei passi avanti nel dialogo con la comunità internazionale, e di dimostrare che il proprio programma nucleare, non ha dei fini nascosti o militari.
D. - Dall’altra parte, anche la rabbia del premier israeliano Netanyahu, che ha definito “una vergogna per l’umanità”, la partecipazione di 120 Paesi al summit.
R. - Il movimento dei Paesi non Allineati trova radici profonde nella Guerra Fredda, ma è ancora una realtà, soprattutto nei contesti internazionali, per esempio anche in un’organizzazione come le Nazioni Unite. È sicuramente un forum diplomatico importante, anche perché quando un così vasto numero di Paesi si possono incontrare, il dialogo è sempre propizio. Da parte israeliana, vi è la ferma posizione di opporsi a qualsiasi punto di riferimento con Paesi come l’Iran, con cui il governo di Tel Aviv è ai ferri corti.
D. - Tanti temi sul tavolo di questo vertice. Oggi è stata resa nota anche l’attesa proposta di Teheran per risolvere la crisi siriana, ovvero la formazione di una troika composta da Egitto, Iran e Venezuela. Parliamo di un organismo che avrà un certo rilievo, un qualche ruolo specifico?
R. - Bisogna essere realisti. La crisi siriana, è una crisi che deve essere risolta solo con l’inclusione nel dialogo di tutti gli attori, sia regionali che internazionali, che hanno una presenza in questa crisi. Penso che il ruolo diplomatico, in un contesto mediorientale come quello siriano, del Venezuela può essere secondario, anche perché fino a quando non si troverà un dialogo tra i maggiori attori come l’Iran, l’Arabia Saudita, la Turchia e l’Egitto, non ci potrà essere una soluzione diplomatica di compromesso per mettere pressione ad Assad, visto che in questo momento soprattutto l’Iran ma anche l’Egitto, cercano di evitare un dialogo con l’Arabia Saudita.
D. - Il discorso di Morsi è stato durissimo contro il regime siriano, contro il bagno di sangue che si sta consumando in Siria. La delegazione di Damasco ha lasciato il summit. Parte già male questa troika, nel senso che l’Egitto è così fortemente contrario al regime, però ha deciso poi di entrare a far parte dell’organismo.
R. - È comunque un impostare un dialogo diplomatico già zoppicante, perché se si chiude la possibilità di parlare con la leadership siriana, e di intavolare un discorso con la stessa fin dal primo momento, la soluzione diplomatica viene meno. L’Egitto è molto attivo, anche per cercare di riprendere un ruolo politico e diplomatico nell’area. Il discorso di Morsi è dettato anche da motivi politici interni, perché comunque la presidenza Morsi viene all’indomani di una primavera araba che ha fatto cadere il regime di Mubarak, quindi porsi fortemente in opposizione all’ultimo regime che sta resistendo a quella che è partita come una primavera araba, come una rivolta popolare, ma che adesso è una vera e propria guerra civile, è anche un messaggio forte per rafforzare la propria posizione dal punto di vista politico interno.
Kenya. L'arcivescovo di Mombasa: i disordini non spazzeranno via la convivenza religiosa
◊ “Non permetteremo all’intolleranza e al fanatismo di attecchire in Kenya. La convivenza tra musulmani e cristiani nel Paese ha radici profonde e non sarà spazzata via da pochi, isolati, gruppi di violenti”. Queste le parole di mons. Boniface Lele, arcivescovo di Mombasa, dove negli ultimi giorni 4 poliziotti sono stati uccisi e quattro chiese cristiane sono state assaltate nel quartiere di Buxton. All’origine dei disordini, le proteste di alcuni membri della comunità islamica, maggioritaria nella città, per il presunto coinvolgimento delle forze dell’ordine locali nell’omicidio di Aboud Rogo, imam legato alle milizie fondamentaliste somale di al-Shabaab. Per un’analisi su questa figura e sulla situazione nell’area, Michele Raviart ha intervistato Enrico Casale, africanista della rivista “Popoli”:
R. – Lo sceicco era un esponente di quelle frange più estreme dell’islam kenyano. Questi movimenti sono particolarmente importanti perché hanno connessioni con al Shabaab, che è un movimento fondamentalista che sta conducendo una guerra terribile in Somalia contro il governo di transizione nazionale e il contingente dell’Unione Africana. La sua figura era così importante che i suoi spostamenti erano seguiti direttamente da alcuni servizi segreti occidentali, prima di tutto quelli degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.
D. – I disordini sono scoppiati perché si crede che ci sia la polizia del Kenya dietro all’uccisione dello sceicco. Lei che idea si è fatto?
R. – Potrebbe essere tutto. Potrebbero essere certamente i servizi segreti occidentali che da tempo ormai puntano all’eliminazione dei capi di questi movimenti fondamentalisti; potrebbero essere gli stessi fondamentalisti ad averlo ucciso, per togliere di mezzo un personaggio ingombrante; potrebbe essere stata la polizia kenyana che anch’essa voleva togliersi di mezzo un provocatore fondamentalista … Il Kenya sta conducendo un’inchiesta in merito; vedremo nelle prossime settimane …
D. – Negli scontri sono state attaccate quattro chiese cristiane: c’è il rischio di un’escalation di violenza su base religiosa?
R. – Il Kenya non ha una tradizione di tensioni religiose. La comunità islamica e quelle cristiane hanno sempre convissuto in modo abbastanza pacifico. Certo, l’intervento a fianco del governo di Mogadiscio, del contingente dell’Unione Africana, delle truppe etiopi e di quelle kenyane potrebbe in qualche modo scatenare la reazione delle comunità musulmane in Kenya. Teniamo presente che in Kenya esiste una minoranza etnica somala al Nord, nell’oltre-Juba, e sono presenti moltissimi profughi e rifugiati somali fuggiti dalla guerra. Potrebbero esserci anche dei provocatori fondamentalisti musulmani che potrebbero scatenare delle reazioni.
D. – Qual è la portata di al Shabaab al di fuori della Somalia, e come questi scontri possono ripercuotersi sulla stabilità della regione?
R. – Va detto che al Shabaab è una milizia che è in qualche modo collegata alla rete di al Qaeda. Ci sono rapporti tra al Shabaab e Boko Haram e ci sono rapporti tra al Shabaab e Aqmi, cioè al Qaeda per il Maghreb islamico. Va detta un’altra cosa: che recentemente l’offensiva dell’esercito di Mogadiscio ha messo nell’angolo gli al Shabaab i quali, però, non rinunceranno facilmente alla lotta. Al Shabaab potrebbe cambiare strategia con nuovi interventi di tipo terroristico, sia in Somalia sia negli altri Paesi.
Pakistan: nuovo rinvio per la sentenza su Rimsha, si teme per la sicurezza
◊ Il tribunale di Islamabad ha deciso oggi il rinvio a sabato 1° settembre del processo a carico di Rimsha Masih, la giovane pakistana di religione cristiana in carcere con l'accusa di aver bruciato alcune pagine del Corano. Il fronte islamico dell’accusa contesta il risultato del rapporto della Commissione medica che ha dichiarato la ragazza, peraltro ancora minorenne, affetta da problemi mentali e quindi non in grado di intendere e di volere, mentre un parlamentare musulmano salafita, legato al fondamentalismo islamico, ha dichiarato che Rimsha va rilasciata, in conformità con la sharìa. Il caso ricorda da vicino quello di Asia Bibi, la donna cattolica condannata a morte nel 2010 e rinnova il dibattito in merito alla legge sulla blasfemia in vigore in Pakistan e sui suoi abusi, contro i quali si sta muovendo la Chiesa locale, come spiega al microfono del collega del programma indiano della nostra emittente, Robin Gomes, il direttore della Commissione nazionale Giustizia e Pace della Conferenza episcopale del Pakistan, Peter Jacob:
R. – The organizations belonging to the Catholic Church, they are working …
Le organizzazioni che fanno parte della Chiesa cattolica collaborano con i leader politici e le organizzazioni politiche, ma anche con gli studiosi delle comunità musulmane, prima di tutto per organizzare il supporto legale alla vittima, nel tentativo anche di risolvere la tensione che è venuta a crearsi. Stiamo cercando di metterci in contatto con l’organizzazione che sta lavorando per ottenere una soluzione a lungo termine per una revisione della legge sulla blasfemia. C’è una grande parte dell’opinione pubblica che chiede cambiamenti, modifiche, salvaguardie da parte della legge affinché finiscano gli abusi della legge stessa.
D. – Cosa può dirci della situazione attuale della famiglia di Rimsha Masih e dei suoi vicini?
R. – Her family had to shift, whereas 250 families fled their houses …
La sua famiglia ha dovuto spostarsi, mentre altre 250 famiglie sono fuggite abbandonando le loro case, alle quali per alcuni giorni non sono tornate. Ora circa il 30% delle persone sono rientrate, mentre altri non sono ancora tornati.
Il nunzio in Kazakhstan: liberare il mondo dalle armi nucleari
◊ Si è conclusa, ieri pomeriggio, con un appello ai capi di Stato e di governo di tutto il mondo, la Conferenza organizzata in Kazakhstan contro le armi nucleari. Gli oltre 174 partecipanti da 150 parlamenti del mondo chiedono la ratifica dei Trattati per il disarmo, cominciando dall'eliminazione di qualunque test nucleare. Ha preso parte ai lavori anche il nunzio apostolico in Kazakhstan, mons. Miguel Maury Buendia. La nostra inviata Fausta Speranza lo ha intervistato:
R. - Penso che il Kazakhstan sia un esempio da seguire nella lotta contro le armi nucleari, perché é stato il primo Paese che, avendo il terzo arsenale nucleare più grande del mondo - per farci un’idea, grande quanto alcuni Paesi come la Cina, l’Inghilterra messi insieme - ci ha rinunciato senza chiedere niente in cambio. Quindi, questo è un bell’esempio da seguire. Alle volte, i grandi passi sono quelli che si fanno senza chiedere niente in cambio. Perché si devono fare? Perché, per tutti, è bene che si facciano.
D. - Il mondo è cambiato. Qui dal Kazakhstan, così vicino alla Russia, si sentono ancora, anche dal punto di vista culturale, tante conseguenze della Guerra Fredda. Il mondo è cambiato ma ha ancora tante sfide viste da qui…
R. - Certo che ci sono tante sfide. Il mondo sta tornando un po’ verso l’Asia; pensiamo all’influenza della Cina, anche dell’India ed altri Paesi emergenti. Il Kazakhstan è un esempio… É un Paese che “si è messo” sulla carta geografica da pochi anni; quindi le cose stanno cambiando e speriamo per il meglio.
D. - Questo Paese è anche un esempio di dialogo interreligioso e di convivenza?
R. - Si tenta questo. È un Paese a maggioranza musulmana. Ci sono poi parecchi ortodossi, ci sono anche dei cattolici - più di centomila, discendenti soprattutto da quelli deportati da Stalin -, i russi sono ortodossi, mentre i tedeschi, i polacchi e i bielorussi cattolici. Viviamo tutti insieme. Ogni tre anni ci sono dei congressi religiosi ai quali partecipa sempre una delegazione importante della Santa Sede.
Al via le Paralimpiadi di Londra. Mons. McMahon: evento che ispira a superare i limiti della vita
◊ Sono già entrate nel vivo le Paralimpiadi di Londra e c’è attesa per le prime medaglie. Ieri sera lo stadio olimpico della capitale britannica è stato il palcoscenico della cerimonia di apertura, alla presenza della Regina Elisabetta. Oltre 3mila le comparse che hanno animato il lungo spettacolo, a fare da filo conduttore il racconto dal fisico britannico Stephen Hawking. Ce ne parla Benedetta Capelli:
L’ombrello, innegabile simbolo della City, la mela di Newton, omaggiata con un morso da tutti gli 80mila spettatori presenti, il richiamo alla Tempesta di Shakespeare, illustre rappresentante della cultura britannica. Tanti gli ingredienti che hanno reso speciale la serata di apertura dei Giochi Paralimpici. Al centro dello stadio è apparso il fisico Hawking, 70 anni, affetto da una grave malattia. “Le Paralimpiadi – ha detto - possono trasformare la nostra percezione del mondo, farci capire che siamo tutti differenti l’uno dall’altro, che non esiste un essere umano standard, ma siamo parte della stessa umanità”. Poi l’invito a diventare curiosi perché è proprio la curiosità a farci entrare completamente nella bellezza della diversità. Colorata e divertente la sfilata delle nazioni partecipanti: 166 Paesi, 4.200 atleti pronti a competere per una medaglia in questi undici giorni di gara. Ad infiammare l’australiano Oscar Pistorius, lui a Londra c’è stato già tre settimane fa nelle Olimpiadi, ed ora dovrà difendere i titoli nei 100, 200 e 400 metri vinti alle Paralimpiadi di Pechino 4 anni fa. Molte le emozioni nel momento più simbolico – l’accensione della fiaccola – affidata all’atleta di casa Margaret Maughan prima medaglia d’oro paralimpica nell’arco a Roma 1960. E oggi le prime gare per celebrare l’eccellenza, il rispetto e la dignità di essere atleti nel vero senso della parola.
E sull’importanza, non solo sportiva ma anche spirituale, delle Paralimpiadi, Susy Hodges, della nostra redazione inglese, ha intervistato mons. Thomas McMahon, vescovo di Brentwood, diocesi londinese nella quale si trovano gli impianti sportivi dei Giochi:
R.- I think everybody finds them very, very inspiring. …
Credo che per tutti sia un motivo di profonda ispirazione. Forse perché tutti, in un modo o nell’altro, siamo resi inabili dalle nostre limitazioni personali, le Paralimpiadi possono essere una sorta di stimolo a superare queste limitazioni. Forse è per questo che la gente le trova così “stimolanti” …
D. – Quanto la Chiesa è impegnata, con la sua opera pastorale, con le persone con disabilità o con necessità particolari?
R. – In the diocese, here, we have one priest who is specifically in charge …
Nella nostra diocesi c’è un sacerdote che si occupa specificamente di persone con disabilità, gente di tutte le età con difficoltà particolari. Organizza per loro periodi di vacanza, l’accompagnamento ai nostri pellegrinaggi annuali a Lourdes e loro, a loro volta, stimolano altre persone …
D. – Cosa le farebbe piacere di avere raggiunto alla fine di questi Giochi?
R. – Well, I think the spiritual weds to the physical. …
Penso che l’aspetto spirituale si sposi con quello fisico. Giovanni Paolo II ha parlato tanto della teologia del corpo e dell’integrazione tra la dimensione fisica e quella spirituale, e di come noi siamo uniti nella nostra comune origine – che risiede nella somiglianza di Dio – e uniti anche nel nostro impegno a completare le nostre potenzialità. Dico sempre che tutti noi siamo chiamati sia a portare la torcia sia a gareggiare. La gara della vita non è per i vincitori, ma per chi completa il percorso!
Settimana mondiale dell'acqua. Da Silva: bene da salvaguardare per tutti
◊ "Acqua e sicurezza alimentare": è il tema della 22.ma Settimana mondiale dell'Acqua, in corso a Stoccolma. 2500 politici, esperti e delegati di 200 organizzazioni non governative, da oltre 100 Paesi, sono riuniti nella capitale svedese per fare il punto sulle risorse idriche e prepararsi a gestire la scarsità crescente di acqua. Il servizio di Roberta Gisotti:
Non esiste sicurezza alimentare senza sicurezza delle risorse idriche, ha sottolineato in apertura della settimana il direttore generale della Fao, José Graziano Da Silva, ammonendo che scarsezza di acqua ed inquinamento stanno mettendo a rischio in tutto il mondo interi sistemi produttivi. Del resto, l’agricoltura rappresenta il 70 per cento di tutto il consumo d’acqua nell’intero pianeta. Come intervenire? Lo chiediamo a Pasquale Steduto, vicedirettore della divisione "Acque e terra" della Fao, presente a Stoccolma:
R. – Per poter intervenire c’è bisogno, da un lato, di migliorare la produttività a livello delle aziende agricole, quindi di un’agricoltura che adotti delle misure sia tecnologiche sia di conoscenza più avanzata in maniera che possa aumentare la propria produttività con lo stesso consumo idrico. Dall’altro lato, c’è bisogno anche di ridurre gli sprechi. Lungo la catena alimentare purtroppo c’è una grande percentuale di perdite e di sprechi dei prodotti alimentari. Si parla all’incirca di un 30, 40 per cento della produzione aziendale e ci sono sprechi anche a livello di individui, una volta comprato dal supermercato.
D. – Come viene procedendo il dibattito a Stoccolma su queste tematiche e che possibilità ci sono che abbiano seguito le decisioni prese a Stoccolma?
R. – Durante tutta la settimana sono stati toccati un po’ tutti questi punti fondamentali. Proprio ieri è stato lanciato anche un video. Si sta puntando molto alla sensibilizzazione degli individui, quindi con programmi anche delle scuole, programmi di pubblicità, che possano portare a una maggiore consapevolezza da parte di tutti i cittadini su come valorizzare meglio sia il cibo sia la risorsa idrica. Ci sono chiaramente anche dibattiti a carattere politico che vanno a rivedere la cosiddetta "governance", cioè gli assetti istituzionali che possano permettere di promuovere più celermente l’adozione di certe misure, di incentivi che permettano agli agricoltori di utilizzare queste pratiche migliorative di maggiore produttività della risorsa idrica. Ognuno dei vari rappresentanti sia di agenzia che dei Paesi sta portando a casa un "pacchetto" di iniziative che si tratta solo di mettere in pratica. Però, il momento più importante è quando si ritornerà.
D. – Si è parlato o si parlerà a Stoccolma anche della controversa questione della privatizzazione dell’acqua?
R. – No, qui non se ne parlerà specificatamente ma sulla privatizzazione in generale ci sono diverse vie e diverse opinioni. Rimane che l’acqua è considerata sempre un bene pubblico e che deve avere una gestione di carattere condivisa dalla società e dove la privatizzazione può entrare soltanto entro i limiti delle utilities, delle compagnie, che in qualche modo possano provvedere ai servizi. Ma nelle decisioni sulla allocazione, sulla gestione, sulle modalità della tariffazione, deve rimanere pubblico.
In Slovacchia, Congresso europeo della famiglia su cultura e valori morali
◊ È in corso a Trnava, nella Repubblica Slovacca, il VII Congresso europeo della Famiglia, organizzato dalla Confederazione internazionale dei movimenti cristiani per la Famiglia in collaborazione con la Conferenza episcopale locale. Il tema scelto è “La cultura e i valori morali della famiglia nella società globalizzata”. Tra i relatori, c’è il vicepresidente della Federazione europea delle associazioni familiari cattoliche, Giuseppe Barbaro, che affronterà nel suo intervento i temi della sobrietà e della solidarietà all’interno della famiglia. Roberta Barbi lo ha intervistato:
R. - Tutti sappiamo che, in questo momento, i motivi della crisi economica mondiale - europea in particolare - siano da addebitarsi alle speculazioni finanziarie internazionali. Forse meno evidente è che sono venuti a mancare negli ultimi anni, due virtù comportamentali fondamentali anche per la costruzione del bene comune, che sono la sobrietà e la solidarietà, che trovano la loro origine più forte proprio all’interno della famiglia, che dovrebbe ritrovare queste virtù comportamentali per contribuire in maniera determinante al rilancio dell’economia nel nostro continente.
D. - Il congresso è incentrato sulla cultura e i valori della famiglia nella società globalizzata. Che significato assume questo in un’epoca di crisi economica e valoriale?
R. - Questa è la battaglia che da tempo le famiglie associate stanno combattendo: quella del riconoscimento della soggettività sociale, giuridica e anche politica, della famiglia, perché i valori e le relazioni che si vivono all’interno della famiglia, dovrebbero essere - in qualche modo - il modello delle relazioni che si devono vivere anche all’interno della società.
D. - Come può la famiglia riappropriarsi dei suoi valori fondamentali?
R. - Faccio riferimento alle parole di Giovanni Paolo II che prima esorta le famiglie a diventare ciò che esse sono, e successivamente a credere in ciò che sono. Quindi, innanzitutto, un lavoro di sensibilizzazione e di riscoperta dei valori relazionali familiari all’interno delle famiglie. Ma questo deve andare di pari passo con il riconoscimento del ruolo e della funzione della famiglia, all’interno della società e in particolare da parte della politica sembra ignorare il ruolo della famiglia o quando lo fa lo fa solo in chiave assistenziale...
D. - Come spesso ha ripetuto il Papa, la famiglia è una priorità, in quanto luogo di testimonianza dell’amore cristiano e "piccola chiesa domestica"…
R. - Io sono sposato da oltre 30 anni e ho una famiglia con tre figli. Credo che ci siano tante famiglie come la nostra, che possono testimoniare che la famiglia è una grande risorsa della nostra società, una risorsa soprattutto relazionale. Basta pensare che spesso viene rappresentata anche come un’icona della Trinità.
D. - Cosa augurerebbe a una coppia che sta per sposarsi?
R. - Di costruire una famiglia che sappia riscoprire, giorno dopo giorno, quella scelta che c’è all’origine del matrimonio; quell’amore che ha spinto due persone a promettersi di vivere tutta la vita insieme è una conquista fatta giorno dopo giorno. Avere questa perseveranza e questa fiducia: il Sacramento del matrimonio è quel di più che aiuta a conseguire questo risultato.
Greenaccord celebra sulle Dolomiti la Giornata per la salvaguardia del Creato
◊ Una camminata sulle Dolomiti tra il Trentino e il Veneto. E’ così che da domani diversi giornalisti di testate nazionali celebreranno la VII Giornata per la salvaguardia del Creato che si celebra il prossimo primo settembre. L’iniziativa, promossa dall’associazione culturale Greenaccord Onlus, coinvolgerà anche dei gruppi giovanili provenienti dalle diocesi di Belluno, Trento, Bolzano e Como. Marina Tomarro ha intervistato Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord:
R. - Partiremo, innanzitutto, dall’idea di contemplazione. Portare i giornalisti a contemplare uno dei paesaggi più belli del territorio italiano le montagne delle Dolomiti, partendo dalle Pale di San Martino fino ad arrivare alle Dolomiti bellunesi. E poi anche il cammino come scoperta di sé e dei compagni di viaggio. Ci saranno tanti giovani che affiancheranno i giornalisti. Questo rapporto tra giornalisti e giovani serve per far crescere il desiderio di responsabilità personale; mani operose che possano aiutare a risanare le ferite inferte dall’uomo al Creato.
D. - Tema della Settima giornata per la salvaguardia del Creato, è proprio "educare alla custodia del Creato per sanare le ferite della Terra". Allora quanto la comunicazione può fare in questo senso?
R. - Io direi che è un ruolo importantissimo, perché noi chiamiamo i giornalisti che si occupano dell’ambiente “Sentinelle del Creato”, proprio per voler dimostrare che loro sono persone chiamate a vigilare, innanzitutto, affinché queste ferite non vengano inferte, e se ci sono, aiutare ad informare la popolazione a far si che tanta gente si rimbocchi le maniche e, soprattutto, anche a guidare le scelte politiche verso itinerari più sostenibili, e soprattutto attenti all’amore per il Creato.
D. - E nel cammino, i giornalisti attraverseranno anche alcuni boschi storici. Perché questa scelta?
R. - I boschi sono i polmoni del pianeta, ci danno aria e ci consentono di vivere. Quindi hanno una valenza enorme, anche per l’economia locale, perché i boschi, gestiti bene, danno anche la possibilità di avere delle risorse economiche. Vedo questa valenza del bosco e della montagna in genere, molto importante, anche per ricordare che la montagna, è stata nella Bibbia, il luogo prediletto da Dio per gli appuntamenti più importanti con l’uomo.
Ascoltiamo il commento di don Giuseppe Bratti, direttore dell’ufficio di comunicazioni sociali per la diocesi di Belluno Feltre, e tra i promotori dell’iniziativa.
“Le ferite della Terra sono molteplici. Però, sono meno note le iniziative di salvaguardia del territorio che quotidianamente, la gente che vive in montagna, opera e applica. È molto difficile pensare che un prato falciato possa contribuire a sanare le ferite della Terra, sembra una cosa ovvia. In realtà, se il prato non è falciato, prolifera un bosco - non coltivato - e il territorio ne perde non solo in bellezza paesaggistica, ma anche in tenuta delle acque meteoriche. Per cui è necessario che anche i mass media aiutino chi opera e pratica questo tipo di attività, a diffondere questo messaggio”.
Film coraggiosi per la pace e i diritti umani alla Mostra del Cinema di Venezia
◊ Settimana Internazionale della Critica e Giornate degli Autori presentano a Venezia due film coraggiosi: istanze di pace tra Israele e Palestina si levano grazie ai giovani registi di entrambi i Paesi che decidono di lavorare insieme nel film a episodi Water, mentre il belga Marc-Henri Wajnberg gira un documentario sulla povertà, il dolore e l’orrore che attraversano le strade di Kinshasa, nelle quali migliaia di bambini cercano il loro riscatto a ritmo di rap. Il servizio di Luca Pellegrini:
Istanze di pace, coscienze che si ribellano, documentazione dei dolori. A Venezia due finestre si aprono su due mondi dove la vita è a repentaglio, l’umanità offuscata. Il cinema si fa così speranza e denuncia. Sono i bravi registi coraggiosi che possono intraprendere un cammino di verità e accompagnare gli spettatori a scoprirla. Ci prova “Water”, il film ideato da Yael Perlov dell'Università di Tel Aviv e che ha inaugurato la Settimana Internazionale della Critica: otto registi israeliani e palestinesi hanno girato, lavorando fianco a fianco insieme a tecnici e cast di entrambi i popoli, sette episodi liberamente ispirati al tema dell’acqua, che per i due Paesi senza pace è un ulteriore motivo di scontro. Difficoltà produttive immaginabili, superate dalla buona volontà. “Al di là dell'indifferenza in cui ormai viviamo e che scoraggia ogni iniziativa – ricorda Yael – ero attorniata dalle paure e dai pregiudizi dei giovani registi, sia israeliani che palestinesi. Ma alla fine la risposta è stata entusiasmante”. Ahmad Bargouthi, volto noto della televisione palestinese, ha dichiarato che per lui era importante dimostrare come sia possibile lavorare insieme e vivere come vicini e amici. Gli fa eco l’israeliano Pini Tavger, che ha confessato come finalmente poteva conoscere i colleghi palestinesi non su un campo di battaglia, ma condividendo con loro una passione e un set. Un film dal profondo spessore civile e morale. Come lo è “Kinshasa Kids”, presentato alle Giornate degli Autori. Segue quelle degli “shegués”, i bambini che invadono le strade della capitale della Repubblica Democratica del Congo. Le famiglie li abbandonano, ufficialmente perché accusati di stregoneria, dunque indemoniati. Ragione molto più pratica e non meno terribile: sono una bocca in meno da sfamare, per chi in casa ne ha troppe, mentre il lavoro o un sussidio sono assolute utopie. Se ne calcolano trentamila e a tutti loro il belga Marc-Henri Wajnberg dedica il suo film. Che si svolge, però, a ritmo di rap. La musica trascina, scompagina, restituisce loro fiducia nella vita. E’ una lotta per la sopravvivenza. Il nome col quale si presenta la nuova band degli “shegués” non fa sconti: “Il Diavolo non esiste”. Loro, si trasformano in angeli.
12mila giovani da tutto il mondo a Budapest per il "Genfest" dei Focolari
◊ Stanno raggiungendo in queste ore la città di Budapest migliaia di giovani di un centinaio di Paesi del mondo per partecipare al Genfest, manifestazione promossa dal 31 agosto al 2 settembre dal Movimento dei Focolari. I giovani - riferisce l'agenzia Sir - hanno scelto come tema la costruzione di “ponti di fraternità” dando vita ad un articolato programma che si svolgerà allo Sport Arena di Budapest con un corredo di stand, spazi artistici e addirittura un’area sportiva e in vari punti della città. Sono 12 mila i giovani che si sono iscritti alla manifestazione: 3.000 i volontari coinvolti e 600 tra attori, tecnici e staff. Domani mattina alle 10 una delegazione internazionale del Genfest sarà ricevuta in Parlamento. Poi, in serata, la festa avrà inizio con un concerto allo Sport Arena dove ad accogliere i giovani ci saranno autorità civili e religiose ungheresi. Sabato, il programma seguirà la metafora della costruzione di un ponte: si alterneranno cioè giovani di varie parti del mondo che racconteranno con testimonianze di vita ma anche con coreografie e brani musicali il loro impegno a realizzare la fraternità universale. Sono previsti anche collegamenti con Nuova Zelanda, Indonesia e Svezia. Il tutto è continuamente ripreso in diretta televisiva su Internet live streaming. La manifestazione è comunque già diventata un evento web: il Genfest infatti può ufficialmente contare di pagine Facebook in 7 lingue e canali su Twitter in 4 lingue. La giornata si concluderà con il lancio dell’ “United World Project”, progetto che ha come obiettivo finale quello di promuovere la creazione di un Osservatorio permanente mondiale sulla fraternità e ottenerne il riconoscimento presso l’Onu. Dallo Sport Arena, i 12 mila giovani scenderanno per strada e raggiungeranno in marcia verso il Danubio il Ponte delle Catene dove realizzeranno un Flashmob. Il Genfest si concluderà domenica 2 settembre: nella piazza della basilica di Santo Stefano, in centro città: sarà il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Budapest, a celebrare la Messa cattolica mentre in contemporanea, nelle varie chiese di altre confessioni cristiane presenti in città, si svolgeranno celebrazioni per i membri delle rispettive Chiese. (R.P.)
Giornata internazionale degli scomparsi: oltre 14 mila solo nei Balcani
◊ Ricordare le decine di migliaia di persone vittime di sparizioni forzate, fare pressione sui governi affinché non abbandonino le indagini. Queste le finalità dell’odierna Giornata internazionale degli scomparsi, istituita dalle Nazioni Unite nel 2010. Soltanto nei Paesi della ex Jugoslavia – denuncia Amnesty International in un rapporto - mancano all’appello oltre 14 mila persone, quasi la metà del totale degli scomparsi nel decennio di conflitti iniziato nel 1991. Le loro famiglie sono ancora in attesa di verità e giustizia. “Per loro il capitolo delle sparizioni forzate – sottolinea Jezerca Tigani, vicedirettrice del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International – non è chiuso e rimane una fonte quotidiana di dolore”. “Le vittime delle sparizioni forzate nei Paesi della ex Jugoslavia appartengono a tutti i gruppi etnici. Sono civili e soldati, donne e uomini, bambine e bambini. Le loro famiglie - sottolinea Jezerca Tigani - hanno il diritto di sapere la verità sulle circostanze della loro scomparsa, su loro destino e sullo svolgimento e l’esito delle indagini”. Alcuni responsabili di queste sparizioni – si legge nel rapporto – sono stati sottoposti alla giustizia del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia, il cui mandato però è prossimo alla fine. I tribunali nazionali – precisa inoltre l’organizzazione umanitaria – agiscono con lentezza. “L’assenza di indagini e processi per le sparizioni forzate e i rapimenti – sottolinea Jezerca Tigani – resta un problema grave. Il principale ostacolo resta l’impunità”. (A.L.)
Elezioni in Angola: la Chiesa condanna l'astensione ed invia suoi osservatori
◊ Ci saranno anche osservatori della Chiesa cattolica a garantire il corretto svolgimento delle elezioni generali del 31 agosto in Angola. Il team di osservatori è coordinato da P. Belmiro Tchissengueti, segretario esecutivo della Commissione “Giustizia e Pace”. Le elezioni legislative sono indirettamente anche presidenziali, perché secondo la nuova Costituzione il capo del partito vincitore alle elezioni parlamentari diventa Presidente della Repubblica. In un messaggio, giunto all’agenzia Fides, i vescovi angolani invitano la popolazione a recarsi a votare. “L'elezione dei governanti effettuata liberamente dai cittadini è il vero pilastro della democrazia. Invece ogni governo che si insedia con la forza o per successione ereditaria solo con ironia potrebbe essere chiamato democratico” afferma il messaggio. “Pertanto, in una democrazia, il titolare reale del potere è il popolo che, attraverso le elezioni, delega il potere ai funzionari eletti. Ne consegue - proseguono i vescovi - che le elezioni sono un diritto del popolo, un diritto che non può essere usurpato in nessun caso. Un diritto civico che è pure un dovere, se la mancanza del suo esercizio porta all’elezione di un candidato inetto. In questo caso, l'astensione è una vera e propria colpa non solo civile, ma anche anti-patriottica. Pertanto nessun cittadino può restare indifferente alle elezioni”. I vescovi indicano alcuni criteri generali per orientare gli elettori nella scelta dei partiti e dei candidati da votare, in particolare considerando il loro programma. Tra i temi più importanti sono indicati: povertà, aumento del divario tra ricchi e poveri, disuguaglianza nelle opportunità, disparità regionali, difesa della vita fin dal concepimento, protezione della famiglia, recupero dei valori etici e spirituali. Da valutare inoltre la competenza dei candidati in grado di metterlo in pratica. Solo dieci fa - riporta l'agenzia Misna - l’Angola è uscita da una lunga e devastante guerra civile. Da allora la vita politica è dominata dall’Mpla, che nel 2008 ha ottenuto l’81% dei consensi a fronte del 10% degli ex ribelli dell’Unita. Nonostante i miliardi di dollari garantiti ogni anno dall’esportazione del petrolio e l’avvio di una difficile ricostruzione post-bellica, la grande maggioranza della popolazione dell’Angola vive in condizioni di povertà. (R.P.)
Sudafrica: il vescovo di Rustenburg chiede giustizia per i minatori di Marikana
◊ Lo scorso 16 agosto una protesta sindacale da parte dei minatori della miniera di Marikana, Sudafrica, finì in tragedia e causò la morte di 44 persone a seguito degli scontri con la polizia. Come riportato dall’agenzia Fides, mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg, si è espresso sulla questione, dichiarando: “Non sono a conoscenza di progressi nelle trattative sindacali, so solo che ieri le autorità governative hanno tenuto un incontro con i sindacati per trovare un accordo di pace al fine di stemperare le tensioni ed evitare nuove violenze. La tensione tra i lavoratori – ha proseguito il vescovo – rimane alta. Non sono segnalate violenze ma continuano le intimidazioni nei confronti di coloro che vogliono andare a lavorare. Dall’8 al 13% dei minatori sono al lavoro. I minatori chiedono un forte aumento salariale, passando dagli attuali 4.000 Rand mensili a 12.500. Questa situazione dura da anni – conclude – In Sudafrica il divario di reddito tra una minoranza di ricchi e i milioni di poveri è il più grave del mondo, superiore anche a quello di Paesi dell’America Latina, come il Brasile”. (L.P.)
Sud Sudan: sempre più grave l’emergenza malattie e malnutrizione nei campi profughi
◊ Non si arresta l’emergenza nei campi profughi del Sud Sudan. A seguito del conflitto in corso nello stato del Kordofan da giugno 2011 i rifugiati nel campo profughi di Yida, nello stato sud sudanese dell’Upper Nile, sono raddoppiati. Come riportato dall’agenzia Fides, ormai si contano circa 60mila persone alle quali manca completamente l’accesso all’acqua potabile e l’assistenza sanitaria. Questo alimenta il proliferare di malattie, soprattutto diarroiche. Secondo i testimoni di una clinica allestita dall’organizzazione Medici Senza Frontiere (Msf), i problemi principali rimangono la malnutrizione e l’igiene. La malnutrizione, conseguenza della diarrea, rimane il principale problema sanitario vista la difficoltà di distribuire acqua. Inoltre, le piogge torrenziali dell’ultimo periodo impediscono ai camion con generi alimentari di raggiungere il campo e questo fa sì che i profughi di Yida abbiano cibo ormai solo per un altro mese. L’instabilità della regione, dovuta alle piogge e ai bombardamenti che non si arrestano, fa temere che una nuova ondata di profughi possa riversarsi nel campo e che questo possa aggravare ulteriormente la situazione. (L.P.)
Costa d'Avorio: appello al dialogo per salvare il Paese dalla violenza
◊ La nazione ivoriana è in “pericolo” e rischia un’esplosione a causa dell’“odio, delle violenze e dell’intolleranza”: è il quadro difficile tracciato all'agenzia Misna dal presidente della Commissione dialogo, verità e riconciliazione (Cdvr), Charles Konan Banny, dopo l’ondata di attacchi contro le Forze armate che da inizio agosto ha causato una decina di vittime. Ma, secondo l’ex primo ministro, “non è ancora troppo tardi per rimettersi sulla strada della riconciliazione”. Banny si aspetta dal Capo di Stato Alassane Dramane Ouattara, “presidente di tutti gli ivoriani”, “iniziative tese alla ripresa del dialogo con l’opposizione”. Nonostante la crisi post-elettorale – conclusasi con 3000 vittime – sia terminata da maggio 2011, la Costa d’Avorio è regolarmente teatro di violenze, attacchi armati e scontri intercomunitari che allontanano il ritorno alla sicurezza e alla stabilità. Parte in causa nel clima di insicurezza diffusa soprattutto nelle regioni occidentali è l’opposizione politica del Fronte Popolare Ivoriano (Fpi) dell’ex presidente Laurent Gbagbo, in attesa di processo per crimini contro l’umanità presso la Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja. Ai sostenitori di Gbagbo, che hanno “perso al gioco democratico”, il presidente della Commissione dialogo, verità e riconciliazione ha chiesto di “accettare la mano tesa dal governo” e di “sedersi al tavolo del dialogo in tutta onestà, libertà e sincerità”. Banny si è proposto come mediatore dicendosi anche pronto a “parlare direttamente o indirettamente” con l’ex presidente. E’ prevista per domani ad Abidjan l’apertura del processo a carico di Laurent Akoun, segretario generale ad interim del Fpi, accusato di disturbo dell’ordine pubblico per le sue dichiarazioni durante un comizio politico tenuto all’inizio del mese. Prima di lui è stato arrestato il numero tre del partito, l’ex ministro Alphonse Douati, incolpato per minaccia alla sicurezza dello Stato. Dal Ghana, dove è stato arrestato la scorsa settimana, potrebbe essere estradato Justin Koné Katinan, portavoce in esilio di Gbagbo. Da subito il governo ha accusato le forze pro-Gbagbo di coinvolgimento nelle aggressioni a carico delle Forze armate di Costa d’Avorio (Frci) mentre per l’opposizione si sta trattando di una vera e propria “persecuzione”, di una “caccia alle streghe”. (R.P.)
Nigeria: gli agostiniani restano accanto al popolo che soffre
◊ “Contribuire a portare la pace, ricostruire il dialogo, essere accanto al popolo che soffre”. Con questi obiettivi il priore generale dell‘ordine di Sant‘Agostino, Padre Robert F. Prevost, ha spiegato la decisione presa dai circa settanta frati della provincia agostiniana della Nigeria di “restare accanto al popolo che soffre”, nonostante la difficile situazione in cui versa il Paese. “Vivere in quella tensione non è facile. I nostri confratelli agostiniani hanno preso la decisione di restare lì, di dare la testimonianza della presenza di Cristo in mezzo al popolo”, ha sottolineato ieri in occasione della Messa celebrata sulla tomba di Sant‘Agostino nella basilica di San Pietro in Ciel d‘Oro a Pavia. Gli sforzi degli agostiniani in Nigeria - riporta l'agenzia Sir - sono orientati a “promuovere la pace, il dialogo, il rispetto reciproco, riconoscendo la dignità di ogni persona, sia essa cristiana o musulmana o di altra religione. Sono rimasti - ha aggiunto - per promuovere veramente l’esperienza di pace e unità che sono segni dell‘esperienza di Dio. Lo fanno con coraggio perché sarebbe più facile scappare. È testimonianza anche per noi”. La carità, ha concluso, “crea l‘unità. Il mondo ha bisogno di questa testimonianza d’amore”, che “si attua promuovendo il dialogo e la pace e insegnando ciò che è veramente il Regno di Dio”. (R.P.)
Venezuela: dopo l’esplosione nella raffineria scatta la solidarietà della Chiesa
◊ Sabato 1 e domenica 2 settembre tutte le chiese di Caracas si mobiliteranno in favore delle vittime dell’esplosione nella raffineria di Amuay del 25 agosto in cui persero la vita 41 persone, e per tutte le vittime delle calamità naturali che si sono abbattute sul territorio nell’ultimo periodo. Come riporta l’agenzia Fides, le chiese si trasformeranno in veri e propri centri di raccolta di generi alimentari, medicinali, attrezzature e tutto ciò che può risultare utile ed essere inviato alle vittime. Il cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo della capitale venezuelana, ha invitato tutti gli abitanti a dare il proprio contributo e a portare nei Centri il materiale da poter inviare nella zona di Paraguanà dove si è verificata l’esplosione, come pure nelle zone investite dalle piogge torrenziali. Il cardinale ha anche espresso un ringraziamento a tutti gli organismi governativi e privati, istituzioni di diverso tipo e orientamento politico, come a tutti i volontari che in questi giorni stanno portando soccorso alle popolazioni colpite. (L.P.)
Slovacchia: nota dei vescovi sul matrimonio come solo legame tra uomo e donna
◊ La Conferenza episcopale della Slovacchia ha sollevato un’obiezione fondamentale, rivolta al Ministero degli affari esteri, riguardo alla proposta di creazione del Comitato per i diritti di lesbiche, omosessuali, bisessuali, transessuali e intersessuali (Lgbti). I vescovi - riferisce l'agenzia Sir - fanno appello al Governo perché rifiuti la proposta, che “contraddice la sua dichiarazione programmatica di impegno verso la piena applicazione della norma essenziale del diritto di famiglia, che dichiara che il matrimonio è il solo legame tra uomo e donna e deve essere protetto e recare vantaggio alla società”. Secondo il presidente della Conferenza episcopale, mons. Stanislav Zvolenský, le richieste avanzate della comunità Lgbti, come le unioni ufficiali e l’adozione di figli per le coppie omosessuali, “violano la protezione legale dell’istituzione del matrimonio e della famiglia”. La creazione di tale comitato “non è necessaria”, in quanto l’agenda dei diritti delle persone Lgbti è attualmente gestita da un comitato già esistente, il Comitato per la prevenzione e l’eliminazione del razzismo, della xenofobia, dell’antisemitismo e di altre forme di discriminazione. “Ci sono molti altri gruppi di persone che possono essere assai più a rischio di discriminazione, come i bambini non nati o le famiglie con molti figli, che non hanno un comitato speciale a protezione dei loro diritti”, conclude la lettera dei vescovi. (R.P.)
Taiwan: conclusa la VII Giornata della gioventù nazionale
◊ Si è svolta a Chayi, Taiwan, la VII Giornata della gioventù a livello nazionale, tenutasi dal 23 al 27 agosto. Oltre 300 giovani provenienti da varie parrocchie, scuole e movimenti cattolici di Taiwan hanno avuto la possibilità di arricchire la propria fede con numerose esperienze di condivisione, sotto il tema “Rallegratevi sempre nel signore”, frase tratta da capitolo 4 della Lettera ai filippesi. Come riporta l’agenzia AsiaNews, tra i vari momenti vissuti insieme a numerosi sacerdoti e religiose, particolarmente intensi sono stati la Veglia di Riconciliazione durante la seconda serata, e la ricca ed emotiva Eucarestia finale che ha dato a tutti i presenti un forte senso di speranza e la voglia di continuare a costruire con gioia una comunità di fede attorno al messaggio di Gesù. La prima Giornata della gioventù di Taiwan è stata organizzata nel 2004 da un gruppo di giovani cattolici che avevano partecipato alle precedenti Giornate Mondiali della Gioventù. Da allora, ogni anno la Giornata viene organizzata da una differente diocesi e, dal 2010, vede il pieno coinvolgimento delle comunità parrocchiali che, anche attraverso le famiglie della comunità, ospitano i giovani partecipanti. Ma un altro evento attende la Chiesa di Taiwan: sabato 1° settembre sarà celebrato a Kaohsiung il funerale del cardinale Shan Kuo-hsi. (L.P.)
Portogallo: inizia oggi il pellegrinaggio dell'urna di Don Bosco
◊ Dopo il Madagascar, la peregrinazione delle reliquie di Don Bosco in vista del Bicentenario della nascita del fondatore dei salesiani, fa tappa in Portogallo. L’urna – riporta l’agenzia Ansmag - oggi farà il suo ingresso nell’Ispettoria portoghese dei salesiani a Capo Verde. Prenderanno così il via molte iniziative per radunare i fedeli attorno al "santo dei giovani". Il programma prevede tra le altre cose, messe, veglie, processioni a piedi e in bicicletta, oltre a spettacoli teatrali e musicali. Da Capo Verde le reliquie raggiungeranno l’isola di Madeira, dove sosteranno a Funchal, e successivamente faranno il loro ingresso nel Portogallo continentale, iniziando da Mirandela, nel nord est del Paese. La data senza dubbio più attesa è quella del 14 settembre, quando la reliquia di Don Bosco, dopo aver già visitato molte opere salesiane – tra le altre: Braga, Mogofores, Estoril e Manique – raggiungerà la capitale. Il giorno seguente il patriarca della città, il cardinale José da Cruz Policarpo, anche presidente della Conferenza episcopale portoghese, presiederà una messa solenne. L’urna terminerà il suo percorso nell’Ispettoria “Sant’Antonio” del Portogallo il 18 settembre. Dal giorno seguente inizierà la peregrinazione per le case dell’Ispettoria di Siviglia. Il pellegrinaggio delle reliquie del fondatore della Famiglia salesiana è iniziato nell’aprile del 2009 e si concluderà il 31 gennaio 2014, dopo aver attraversato tutti e cinque i continenti, nelle nazioni in cui operano i salesiani. Le celebrazioni del bicentenario si apriranno poi ufficialmente il 16 agosto 2014, ricorrenza della nascita di Don Bosco, presso la basilica di Colle Don Bosco, in Piemonte. Tra gli eventi in programma: un congresso storico internazionale che avrà luogo a Roma dal 19 al 23 novembre 2014; un convegno pedagogico internazionale, in programma sempre a Roma dal 19 al 21 marzo 2015; un incontro dei vescovi salesiani che sarà ospitato dalla diocesi di Torino tra il 21 ed il 25 maggio 2015, seguito, dal 6 al 9 agosto, da un congresso internazionale di Maria Ausiliatrice. Spazio anche ai giovani, ‘cuore’ della pedagogia di Don Bosco: a loro è riservato l’evento del Movimento giovanile salesiano in programma a Torino dall’11 al 15 agosto 2015. Il giorno seguente, infine, a Colle Don Bosco, si chiuderanno ufficialmente le celebrazioni del bicentenario. (L.Z.)
Perdonanza celestiniana: a Collemaggio mons. Molinari chiude le celebrazioni
◊ “S. Celestino ci ricorda ancora una volta che Gesù Cristo, con il suo sangue, ci ha riconciliati con Dio, con noi stessi, con i fratelli e con la creazione intera. Ma noi dobbiamo saper accogliere questo dono. E lasciarci trasformare da questo dono”. Sono, queste, le parole pronunciate ieri sera da mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo metropolita de l’Aquila, nell’omelia della celebrazione eucaristica di chiusura della Porta Santa, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila. “Ricordiamo oggi il martirio di S. Giovanni Battista”, ha detto mons. Molinari ripreso dall'agenzia Sir, che come Celestino “ha messo Dio al primo posto” e Dio ha rischiato tutto pur di non “tradire mai la verità” e non piegarla “alle proprie piccole visioni egoistiche”. Se ogni cristiano, ha affermato mons. Molinari in conclusione alla Perdonanza Celestiniana, “sapesse seguire Celestino nel suo ‘folle’ gesto di rinuncia e sapesse scegliere la via dell’umiltà”, molta santità “avvolgerebbe la Chiesa intera”. Con il dono della Perdonanza “S. Celestino ci spalanca, a nome della Chiesa, le porte di questo oceano di misericordia che viene da quel Dio che già ci ha riconciliati in Cristo” con un perdono che non è una “grazia a buon mercato” ma “esige la nostra collaborazione, la nostra risposta, la nostra conversione”. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 243