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Sommario del 21/08/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • La Chiesa fa memoria di S. Pio X. Il Papa: con lui la verità di Cristo fu comunicata anche ai più semplici
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: Obama non esclude intervento in caso di uso di armi chimiche. Mons. Zenari: rispetto per il diritto umanitario
  • Siria, uccisa giornalista giapponese. Reporter senza frontiere: Damasco "oscura" i media
  • Crisi: Borse in rialzo, le agenzie di rating "vedono" ripresa Pil dal 2013
  • Etiopia. La morte del premier Zenawi. P. Cavallini: si profilano scenari critici
  • La lotta all'evasione fiscale in Italia: intervista con il professor Carlo Garbarino
  • Al Meeting di Rimini, l'intervento del cardinale Rouco Varela sul discorso del Papa a Ratisbona
  • Al via la Tendopoli dei giovani al Santuario di San Gabriele, ai piedi del Gran Sasso
  • Emilio Salgari, romantico creatore di eroi: lo scrittore ricordato nel 150.mo della nascita
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India. La Chiesa solidale con i cittadini del nordest dopo le violenze nell’Assam
  • Nigeria. L'arcivescovo di Lagos: il governo dialoghi con i Boko Haram
  • Indonesia: la fine del Ramadan segnata da violenze e episodi di intolleranza
  • Zambia: no dei vescovi a definizione costituzionale del Paese come “nazione cristiana”
  • El Salvador, emergenza nazionale a causa della febbre “dengue”
  • Terremoto in Indonesia: sei morti e decine di feriti
  • L’Unione Africana sottolinea l’importanza delle donne per lo sviluppo del continente
  • Svizzera: il Coe promuove l’VIII Giornata Internazionale di preghiera per la pace
  • Il Ramadan salva 67 operai nepalesi in difficoltà in Qatar
  • Australia: a settembre, Conferenza nazionale sulla Pastorale per i non udenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    La Chiesa fa memoria di S. Pio X. Il Papa: con lui la verità di Cristo fu comunicata anche ai più semplici

    ◊   Il 21 agosto è per la Chiesa universale il giorno della memoria di San Pio X. Papa Sarto fu eletto al soglio pontificio nel 1903 e si spense il 20 agosto 1914. Il suo Pontificato, ha ricordato due anni fa Benedetto XVI dedicandogli un’udienza generale, è stato esemplare in molti circostanze della sua azione pastorale. Alessandro De Carolis ricorda alcune considerazioni del Papa in questo servizio:

    Un piano inclinato tra i vertici della sapienza del cielo e la gente meno istruita, che quella sapienza voleva comprendere ma aveva bisogno di essere aiutata. In un decennio alla guida della Chiesa universale, Pio X varò riforme destinate a lasciare, ha affermato Benedetto XVI, “un segno indelebile”. Dai sacerdoti al Popolo di Dio, nulla sfuggì alla sua sensibilità pastorale, che lo spinse a scrivere il celebre Catechismo:

    “Da autentico pastore aveva compreso che la situazione dell’epoca, anche per il fenomeno dell’emigrazione, rendeva necessario un catechismo a cui ogni fedele potesse riferirsi indipendentemente dal luogo e dalle circostanze di vita (...) Questo Catechismo chiamato ‘di Pio X’ è stato per molti una guida sicura nell’apprendere le verità della fede per il linguaggio semplice, chiaro e preciso e per l’efficacia espositiva”.

    Del resto, il motto che campeggiava sul suo stemma pontificio non faceva mistero dei suoi intendimenti: Instaurare omnia in Christo, “Rinnovare tutte le cose in Cristo”. Fu così anche per la liturgia, o la musica sacra, riviste anch’esse allo scopo di condurre i fedeli a una più profonda vita di preghiera e a una più piena partecipazione ai Sacramenti. Da qui, la decisione di far accostare alla Prima Comunione i bambini verso i sette anni di età, una rivoluzione di mentalità non da poco per l’epoca:

    “Cari fratelli e sorelle, San Pio X insegna a noi tutti che alla base della nostra azione apostolica, nei vari campi in cui operiamo, ci deve essere sempre un’intima unione personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Questo è il nucleo di tutto il suo insegnamento e di tutto il suo impegno pastorale”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, l'intervento di Obama sulla crisi siriana: l'uso di armi chimiche cambierebbe la strategia americana.

    Attraverso le tenebre: in cultura, Lucetta Scaraffia su limiti e pregi di una nuova storia dell'eugenetica.

    Un articolo di Vicente Carcel Orti dal titolo "La Repubblica aspra e triste di Ortega y Gasset": il 17 dicembre 1931 il nunzio Tedeschini informava il cardinale Pacelli di un imporetante discorso del filosofo contro il radicalismo che si andava imponendo in Spagna.

    Quando un deserto era una città: Rossella Fabiani sugli antichi insediamenti monastici del Basso Egitto.

    Camminando nel quinto vangelo: Marco Tibali spiega l'importanza del pellegrinaggio nell'Anno della fede.

    L'eredità ricevuta va difesa in modo condiviso: Pietro Petraroia su ambiente, cultura e sviluppo.

    Un silenzio eloquente: nell'informazione religiosa, un articolo sulla decisione del cardinale O'Brien di sospendere il dialogo diretto con il Governo scozzese sulle unioni omosessuali.

    Un ospedale grande cinque continenti: nell'informazione vaticana, un articolo sulla risposta del Bambino Gesù al desiderio manifestato al Papa di assicurare salute ai piccoli sofferenti del mondo.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: Obama non esclude intervento in caso di uso di armi chimiche. Mons. Zenari: rispetto per il diritto umanitario

    ◊   La Francia accusa le autorità siriane di ''esercitare in modo sistematico vincoli ed intimidazioni nei confronti dei rappresentanti dei media, mentre avrebbero l'obbligo di proteggere la libertà di stampa e i giornalisti''. Lo afferma una nota del ministero degli Esteri, dopo l'uccisione della reporter giapponese Mika Yamamoto ad Aleppo. Da Aleppo ma anche da Daraa e Hama continuano a giungere notizie di vittime e feriti civili. Il presidente Usa Obama è tornato a chiedere l’uscita di scena di Assad e ha affermato di non escludere un intervento se il regime dovesse usare armi chimiche. Fausta Speranza ne ha parlato con mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco:

    R. – Non sta a me entrare nei dettagli di quello che dice Obama. Io direi che in questo momento bisogna esigere da tutte le parti in conflitto il rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale, che come vediamo è andato a pezzi, per colpa sia degli uni che degli altri, entrambi i belligeranti. Quello che occorre esigere in questo momento è il rispetto dei limiti che sono già fissati dal diritto umanitario internazionale. Rimaniamo tutti senza parole. E’ difficile per tutti fare commenti, siamo un po’ tutti sbalorditi e profondamente rattristati, preoccupati anche per il futuro. Anche la partenza dei caschi blu della missione di osservatori delle Nazioni Unite è stata un colpo triste. Tre-quattro mesi fa si era riposta un bel po’ di fiducia nella loro missione e ora questa partenza ci piomba ancora in questa realtà. Però, la comunità internazionale non deve lasciare, deve continuamente tentare. Adesso speriamo che il nuovo inviato possa ancora ricucire.

    D. – Si parla sempre di più di una guerra civile con dinamiche di tensione tra sunniti, sciiti e altre forze che vanno al di là delle ragioni della rivoluzione, del vento della cosiddetta “primavera araba”. La richiesta di democrazia, più rispetto di diritti umani è stata la spinta iniziale di questa rivolta. Però, sembra che adesso il conflitto, la guerra civile, abbia preso tutt’altro carattere. E’ così?

    R. – Purtroppo, c’è l’impressione e la paura generale che le cose stiano sfuggendo di mano… Io vorrei rifarmi a una dichiarazione che in questi giorni ha fatto il nuovo inviato delle Nazioni Unite, Lakhdar Brahimi, che ha detto: sì, il mediatore può facilitare la pace, però in fondo sono i siriani che devono cercare e trovare le vie della pace. La comunità internazionale, beninteso, deve aiutare, però occorre che i "compiti a casa" siano fatti dagli stessi siriani. Trovare questo cammino della pace è una cosa molto ardua, che costerà sacrifici, una cosa dolorosa, ma è una cosa che non possono fare altri al posto dei siriani, bisogna incoraggiarli veramente: che tutti i gruppi etnici e religiosi trovino insieme il cammino della pace. C’è anche l’apporto delle nostre comunità cristiane e sto vedendo qua e là l’apporto dei cristiani. In questa situazione così tragica la missione dei cristiani di essere per vocazione costruttori di ponti è molto chiara e ci sono qua e là begli esempi. Sto vedendo, non solo a livello personale, testimonianze molto belle, eroiche, anche a livello di comunità parrocchiali. Ci sono laici e giovani impegnati in questa missione - molto urgente e molto necessaria in questo momento - che è proprio quella dei cristiani, di costruire dei ponti.

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    Siria, uccisa giornalista giapponese. Reporter senza frontiere: Damasco "oscura" i media

    ◊   Tra i giornalisti inviati in Siria si conta una nuova vittima. Si tratta di Mika Yamamoto, cronista giapponese di 45 anni, uccisa ieri ad Aleppo in circostanze ancora da chiarire. A riferirlo è stata la tv panaraba al Jazira, che ha citato attivisti antiregime, secondi i quali la giornalista sarebbe stata uccisa dal fuoco dei militari di Damasco. “Le condizioni degli operatori dei media col regime di Assad non sono mai state facili”, spiega al microfono di Gabriella Ceraso il vice presidente di Reporter senza frontiere-Italia, Domenico Affinito, vicepresidente di Reporter senza frontiere Italia:

    R. - Risulta che dal marzo 2011 ad oggi, siano morti 33 giornalisti, più di 30 in carcere, e una situazione sul territorio che è sempre più deteriorata. I giornalisti vengono visti come parte in causa del conflitto. Abbiamo cominciato con l’inizio della primavera del 2011, con una fortissima repressione da parte del regime verso i giornalisti locali, che venivano considerati come non aderenti alla linea del regime. Ultimamente, abbiamo assistito a violenze e rapimenti a danno invece di giornalisti filo-governativi da parte delle forze ribelli.

    D. - All’inizio c’era in realtà un black out sulla Siria. Questo forse fa riferimento alla situazione esistente in realtà molto prima. Mi sembra che Bashar Al Assad sia uno dei cosiddetti “predatori della libertà di stampa”...

    R. - In Siria non c’era né libertà di espressione, né libertà di stampa. Diamo un dato: la Siria ha concesso al regime siriano 365 visti ai giornalisti stranieri dal marzo 2011 ad oggi: pochissimi. All’inizio non sapevamo nulla di ciò che stava succedendo in Siria, come non sappiamo nulla di cosa stava succedendo in Birmania all’inizio, o quello che succede all’interno della Corea del Nord. Poi, in Siria è successo che la gente si è rivoltata, quindi pian piano si sono aperti degli spiragli, il regime sta scricchiolando. Però, ripetiamolo ancora una volta, le violenze da condannare. Anche se un giornalista prende una posizione netta a favore di una parte o di un’altra, deve potersi esprimere. Noi sappiamo che alcuni giornalisti lo fanno magari perché sono coinvolti anche nelle dinamiche di un regime, oppure perché vengono pagati per farlo: ci sono tante motivazioni, però questo non può assolutamente giustificare una violenza.

    D. - Forse, c’è anche un altro fenomeno che si registra su quanto sta accadendo in Siria. Si lavora tanto da fuori per cercare contatti attraverso altri mezzi di comunicazione...

    R. - Questo è un fenomeno che accade non solo con la Siria, cioè utilizzare i giornalisti locali per farsi dare delle informazioni e ricostruire la situazione interna. Questo funziona, ma ovviamente bisogna sempre verificare le fonti. L’anno scorso abbiamo lanciato un appello per chiedere ai media occidentali di tutelare maggiormente le loro fonti locali, perché il fatto che un giornalista, uno stringer siriano, lavorasse per un giornale straniero, era considerata una cosa molto grave da parte del regime, e subiva una serie di conseguenze altrettanto gravi.

    D. - In base alla sua esperienza, dopo la caduta di un regime che cosa succede alla stampa? Si ha la possibilità di far nascere un’organizzazione?

    R. - Sia in Iraq, sia in Afghanistan, alla caduta del regime c’è stata una moltiplicazione di testate, di tv, di radio... Di solito questo succede: c’è una ricchezza, una vivacità, subito dopo la fine di un regime, che non è ovviamente paragonabile con la situazione precedente. Speriamo possa succedere anche in Siria.

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    Crisi: Borse in rialzo, le agenzie di rating "vedono" ripresa Pil dal 2013

    ◊   Le notizie del nuovo pacchetto di misure economiche in Grecia e le previsioni di possibile ripresa per l’Italia fornite dalle agenzie di rating spingono il rialzo le Borse europee. Cala anche lo spread tra titoli di stato italiani e spagnoli e quelli tedeschi. Per il punto della situazione, il servizio di Marco Guerra:

    Dopo le incertezze di ieri, le Borse europee a metà seduta si muovono tutte in territorio positivo. Milano la migliore con un più 1,58%. In mattinata, la Spagna ha fatto il pieno in un'asta di titoli stato collocando sul mercato 4,51 miliardi di bond. Buone notizie anche per quanto riguarda lo spread: il differenziale di rendimento tra titoli italiani e tedeschi è sceso sotto 410 punti con tasso di rendimento al 5,65%; Il differenziale calcolato sui Bonos di Madrid è a 465 punti con il rendimento al 6,21%. I mercati continuano tuttavia a tenere gli occhi puntati sulla Grecia e alle prossime mosse della Bce. Sono intanto apprezzate le indiscrezioni della stampa ellenica, secondo cui Atene si appresta a varare una nuovo pacchetto di tagli alla spesa pubblica pari a 13,5 miliardi di euro. Il governo greco vorrebbe però ottenere una proroga di due anni sulla tabella di marcia per abbattere il deficit.

    E una prospettiva di uscita dalla crisi viene disegnata anche dalle agenzie di rating che parlano di uno scenario meno cupo per Spagna, Italia e Portogallo dal 2013, quando dovrebbe arrestarsi la caduta del Pil. La recessione – afferma un rapporto di Moody's – potrebbe tuttavia durare fino al 2016. E sulle prossime mosse dell’Europa per salvare la Grecia e la moneta unica si saprà qualcosa di più dai colloqui di domani tra il presidente dell'Eurogruppo Juncker e il primo ministro greco Samaras. Quest’ultimo partirà poi per un tour europeo che lo porterà ad incontrare la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Holland. Il premier greco sosterrà la necessità di una moratoria di due anni per attuare le riforme.

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    Etiopia. La morte del premier Zenawi. P. Cavallini: si profilano scenari critici

    ◊   Dall’Etiopia è giunta questa mattina la notizia della morte improvvisa del primo ministro, Meles Zenawi, causata da un’infezione. Da tempo malato e assente dalla scena pubblica, Zenawi era alla guida del governo dal 1995 ed era all’estero per curarsi. Lo sostituisce ad interim il vice primo ministro, Hailemariam Desalegn. Quale significato ha la scomparsa di Zenawi per le vicende dell’Etiopia e dell’intero Corno d’Africa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al comboniano, padre Giuseppe Cavallini, per anni in missione in Etiopia:

    R. - La notizia è stata un po’ scioccante anche se non si faceva vedere in giro da due mesi. Era un uomo sempre presente sullo scenario sia interno che internazionale. Le conseguenze future credo che non siano prevedibili in tempi brevi, ma saranno di sicuro abbastanza serie, tanto più se si considera che la settimana scorsa è venuto meno anche il patriarca della Chiesa ortodossa che era anche un suo grande amico. Erano legati dal fatto di essere entrambi dell’etnia tigrina, e quindi il venir meno di due figure rilevantissime dello scenario etiopico apre scenari assolutamente imprevedibili, di sicuro molto critici, anche perché era un uomo che dal punto di vista internazionale molto stimato, ed aveva come si sa, un appoggio molto forte da parte degli Stati Uniti, essendo un po’ l’Etiopia “il gigante”del Corno d’Africa, ed essendo lui quello che condizionava molto le scelte politiche dell’intero quadro. Io credo che le due sfide più grandi che emergeranno dal punto di vista interno, saranno legate alla successione, perché Hailemariam Desalegn, l’uomo che l’ha sostituito - e che fino ad oggi era vice primo ministro e ministro degli Esteri - non è una figura nota e proviene da una delle tribù del sud tradizionalmente meno legate al potere. Non credo che i tigrini gli permetteranno grandi spazi, mentre invece la situazione critica sarà la relazione con la Somalia dove sono ancora coinvolti. L’Etiopia tra l’altro dà spazio alla presenza degli Stati Uniti con i droni che risiedono proprio in Etiopia per il controllo soprattutto della Somalia. In secondo luogo, va considerato il rapporto con l’Eritrea, dove ai confini ogni tanto ci sono scaramucce. Certamente, le forze di opposizione al governo di Meles ora faranno la voce grossa.

    D. - Un personaggio così, come mai non è riuscito a influire più di tanto nella caotica situazione somala?

    R. - In Etiopia, aveva addirittura abbattuto le famose Corti islamiche qualche anno fa, proprio invadendo il territorio. Poi furono gli Stati Uniti ad ordinare praticamente al governo di Addis Abeba di ritirarsi, in modo che i somali non vedessero in modo sempre più negativo questa presenza degli etiopici. Di sicuro era un uomo potentissimo a livello locale. Direi che è stato uno degli elementi cardine anche per la politica e per dell’intervento delle forze dell’Unione Africana proprio in Somalia.

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    La lotta all'evasione fiscale in Italia: intervista con il professor Carlo Garbarino

    ◊   Per combattere l’evasione fiscale “non basta la sola repressione”, ma “bisogna indurre e consolidare comportamenti di massa strutturalmente corretti”. Queste le parole del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, che in un’intervista al Corriere della Sera, invita i “cittadini onesti” a “non stare più al gioco di chi si crede furbo”, perché favorire l’evasione significa pagare due volte “per il servizio ottenuto” e per le prestazioni sociali gratuitamente assicurategli”. Ma come si possono creare questi comportamenti virtuosi nella società? Michele Raviart lo ha chiesto a Carlo Garbarino, docente di diritto tributario all’Università Bocconi di Milano.

    R. – Condivido pienamente l’opinione del presidente della Corte dei Conti: è un’opinione estremamente meditata e ragionevole. Il recupero dell’evasione è un processo che richiede tempo: non è una medicina immediata. E questo per motivi strutturali: perché evidentemente devono aumentare i controlli, i controlli devono essere equi, devono gradualmente instillare nel sistema un più alto livello di ottemperanza fiscale. La repressione, o comunque l’applicazione della legge, è soltanto un importante aspetto di questa cura che è più complessa. E’ chiaro che se domani noi recuperassimo tutta l’evasione italiana che si aggira intorno al 20-25% del Pil, noi risolveremmo tanti problemi. Ma questo non è possibile!

    D. – Per il governo, la lotta all’evasione fiscale fa parte del recupero di fiducia dei cittadini verso lo Stato. D’altra parte, spesso questo impegno viene visto come una vessazione. Come si può evitare questo cortocircuito?

    R. – La parola è equità. Equità significa che bisogna essere flessibili, capire le situazioni, usare un certo tipo di discrezionalità. Ad esempio, certo le imposte, una volta riscosse, vanno in mano ad Equitalia, ci sono dei processi burocratici; però, c’è caso e caso, perché altrimenti il cittadino percepisce il recupero dell’evasione come un’aggressione dell’Ordinamento giuridico nei confronti di certi soggetti. Le misure di questo governo sono le misure per recuperare il gettito; di equità se n’è vista poca.

    D. – Con la crisi, sono cambiati i motivi per i quali i cittadini evadono?

    R. – Sono cambiati molto: infatti, in un momento di crescita, anche magari sette-otto anni fa, l’evasione era una forma di incremento del proprio reddito netto e quindi ancora più censurabile. Qui, adesso però c’è la crisi. Ci sono dei fenomeni di fortissima limitazione del denaro, del credito e quindi in certe situazioni, soprattutto per quanto riguarda i famosi piccoli imprenditori e simili, manca il denaro contante anche per fare piccoli investimenti nella loro attività, ovvero per far fronte ai propri consumi. E quindi quando evadono hanno quel flusso di cassa che permette loro di far fronte a esigenze immediate che chiaramente non sono coperte dal sistema del credito o dalla liquidità. Continuano ad esserci quei personaggi evasori totali che evadono milioni di euro che sono personaggi riprovevoli; ma non sono tutti così!

    D. – L’imposizione fiscale italiana è tra le più alte d’Europa. Quali sono le implicazioni non solo economiche, ma anche sociali di questa alta tassazione?

    R. – Noi stiamo pagando imposte non in base alla nostra attuale capacità contributiva, ma per coprire dei buchi del passato. Quindi, dovendo poi avere imposte che sono sostanzialmente risarcitorie più che relative ad una ricchezza attuale, per tutti gli italiani viene ridotto il flusso di cassa. E, quindi, evidentemente questo crea dei problemi che sono tipici dei fenomeni di recessione: siamo costretti ad aumentare le tasse per pagare i debiti ma aumentando le tasse per pagare i debiti riduciamo la vitalità del sistema.

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    Al Meeting di Rimini, l'intervento del cardinale Rouco Varela sul discorso del Papa a Ratisbona

    ◊   Tra molteplici iniziative di taglio culturale e politico, prosegue a Rimini la 33.ma edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli, promosso da Comunione e Liberazione. Dopo i vari dibattiti di ieri sul tema della libertà religiosa, atteso per il pomeriggio di oggi un altro importante intervento sul tema centrale del Meeting, ovvero quello del rapporto fra l’uomo e l’infinito. Il servizio nel nostro inviato, Federico Piana:

    Gli appuntamenti più importanti di questa nuova giornata ci saranno nel pomeriggio quando l’arcivescovo di Madrid il cardinale Antonio Maria Rouco Varela terrà una conferenza sull’attualità del discorso di Ratisbona di Benedetto XVI e ne traccerà le sfide future, accompagnato dalle riflessioni di esperti di diritto canonico e quando, alla presenza del presidente della Fondazione del Meeting Emilia Guarnieri, uno dei più insigni teologi del panorama spagnolo Javier Prades López approfondirà il rapporto dell’uomo con l’infinito, tema della kermesse ciellina.

    Ieri, era stato il dibattito sulla libertà religiosa nel mondo a dominare il Meeting, testimonianze e racconti che hanno messo in rilievo come proprio in questi anni sia un diritto sempre più violato soprattutto tra l’indifferenza dei media internazionali. Abdel-Fattah Hassan docente all’Università del Cairo.

    “Dobbiamo parlare sinceramente senza nascondere queste realtà. Purtroppo finora ci sono giornalisti che trovano questo argomento un cruciale e spinoso”.

    Per Franco Frattini, ex-ministro degli Esteri italiano e presidente della Fondazione Alcide De Gasperi, nodo fondamentale da sciogliere è la reciprocità:

    “Questo tema della reciprocità è un tema fondamentale che riguarda non uno dei diritti ma la base di tutte le libertà, quella di poter credere, di poter professare il proprio credo”.

    Un invito alla comunità internazionale ad impegnarsi di più per difendere la libertà religiosa ieri era arrivato da Sua Beatitudine Chrysostomos II, primate della Chiesa ortodossa di Cipro per il quale la divisione dell’isola in due Stati rimane un problema annoso difficile da risolvere.

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    Al via la Tendopoli dei giovani al Santuario di San Gabriele, ai piedi del Gran Sasso

    ◊   “Giovane…. questo mondo è per te!" Il tema della Tendopoli dei giovani 2012 al Santuario di San Gabriele, il santo passionista vissuto nell’800, patrono dell’Abruzzo. Giunta alla 32.ma edizione, la manifestazione, ad Isola del Gran Sasso, sarà aperta oggi pomeriggio dal vescovo di Teramo-Atri, Michele Seccia. Quindi in serata l’arrivo da Assisi della Fiaccola della speranza. Tanti gli incontri nei cinque giorni del raduno con personalità religiose e della cultura oltre ad aventi ricreativi e musicali fino alla chiusura, sabato prossimo 25, con la Marcia e la Messa nella Basilica celebrata dal cardinale Angelo Comastri. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Giovane questo mondo è per te!" Una sollecitazione, un incoraggiamento o anche un monito rivolto ai giovani? Padre Francesco Cordeschi, ideatore ed anima della Tendopoli:

    R. – E’ una precisa scelta. Devono comprendere che non possono fuggire da questa realtà. La realtà di questo mondo è quella che si permette, che stiamo vivendo. Dentro questa realtà i giovani, che sono la parte migliore di questo mondo, devono starci e cambiarla con il loro impegno, devono cambiarla facendo uscire fuori da loro la verità che li abita, che è Gesù Cristo. Quindi è un monito, un monito per invitarli a svegliarsi, ad essere desti, per stare dentro questa realtà e cambiarla dal di dentro.

    D. - Padre Cordeschi, perché i giovani di oggi appaiono più ansiosi, spaventati, fragili? Siamo stati noi genitori a non averli corazzati?

    R. - Viviamo in un mondo che si fregia, si vanta di dire che la verità non ci sta, che ognuno ha la sua verità, e il più forte fa prevalere la propria verità. Dinanzi a questa insicurezza generale i giovani si perdono, sono bloccati. Non sono cattivi, sono semplicemente paralizzati, devono quindi svegliarsi. Colpa dei genitori, della società? E' tutta una realtà che si è creata dove gli adulti spesso e volentieri hanno perso il senso della loro vocazione di essere persone che devono di fatto dare se stessi, dare la vita, dare Gesù, che è il nostro scopo, è lo scopo della nostra vita e che abita questa storia.

    D. – La Tendopoli 2012 segna anche il 150.mo anniversario della morte di san Gabriele. Quale modello di vita questo santo passionista di altri tempi può dare ai giovani oggi?

    R. – L’esempio, credo, più eclatante, più forte che può dare San Gabriele ai giovani è questo: non occorre fare, bisogna lasciarsi fare. San Gabriele non ha fatto nulla di eccezionale, ha semplicemente imprestato la sua vita al Signore perché il Signore potesse fare di lui quello che voleva. San Gabriele è un prototipo, è come la Vergine Santissima, che ha detto al Signore: Signore, eccomi, fa' di me quello che ti pare. Il mondo deve capire: non è chi fa che conta, ma chi si lascia fare realizza il nuovo e il nuovo è sempre e soltanto Gesù.

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    Emilio Salgari, romantico creatore di eroi: lo scrittore ricordato nel 150.mo della nascita

    ◊   Un prolifico scrittore, il cui grande talento narrativo diede origine a personaggi amati in molte parti del mondo. Diverse iniziative ricordano oggi Emilio Salgari a 150 anni dalla nascita: autore di dozzine di romanzi d’avventura – celebre il suo “Ciclo dei pirati” e quello dei “Corsari” – Salgari continua ad affascinare i lettori del 21.mo secolo, sfidando il monopolio del divertimento digitale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    L’inseguimento di una goletta britannica a bordo di un praho stipato di agguerriti pirati malesi. Duelli in punta di spada e sanguinose scorrerie tra i mari delle Antille infestati dai corsari. Scene mozzafiato nelle praterie del Far West – dove bisonti scuoiati diventano l’improvvisato riparo da un incendio – o sui bastioni di Famagosta, ultimo baluardo cristiano dell’isola di Cipro investito dall’orda saracena. Chi ha letto in gioventù, e non solo, i romanzi di Emilio Salgari non finirà mai di ringraziare lo scrittore, veronese di nascita e torinese di adozione, per aver regalato ore di emozioni vivide e incancellabili più di qualsivoglia fantasmagoria in 3D. Chi non si è entusiasmato alla prodezza di Sandokan che uccide in un memorabile corpo a corpo una tigre per poi offrirne la pelle all’amata Lady Marianna, o non ha sentito gli occhi inumidirsi davanti alle lacrime del Corsaro Nero, costretto da un giuramento ad abbandonare su una scialuppa in mezzo all’oceano la donna che ama perché figlia del suo più acerrimo nemico? Scene cult, si direbbe oggi, di quando la fantasia era “analogica” e a nutrirla non ci pensavano i miliardi di pixel della moderna grafica computerizzata ma le suggestioni evocate dalla penna di un grande maestro dell’avventura, che attingeva per le sue meravigliose descrizioni dai libri della Biblioteca Civica Centrale di Torino, che Salgari – immaginifico narratore di grandi imprese – raggiungeva ogni mattina nel meno epico dei modi, in tram.

    È noto che la vita di Emilio Salgari fu lontana anni luce dal fascino di quella dei suoi eroi. Ed è triste che a spronare la magistrale creatività di uno scrittore capace di sfornare oltre 80 romanzi in circa 30 anni – 200 opere considerando anche i racconti – ci fosse un cronico bisogno di denaro, per le cure da offrire a sua moglie malata, e soprattutto le dure condizioni imposte dagli editori, che lo avevano reso una sorta di “schiavo” della penna in un’epoca in cui il diritto d’autore era ancora un seme senza radici. Ma delle ambasce che gli amareggiarono molti dei suoi giorni, non si trova riflesso nei personaggi salgariani, così pieni di dignità e romantiche passioni, signorilità e orgoglio, scolpiti nelle mille trame suggerite dallo scontro tra amore e odio, coraggio e morte. Sandokan e Yanez, il Corsaro Nero e Capitan Tempesta, la Scotennatrice e Tremal Naik: i miti dei ragazzini di ieri e l’altro ieri chiedono di sedersi ancora accanto a quelli di oggi, invitandoli a spegnere per un po’ gli ultra-effetti delle playstation per lasciarsi intrigare dalla magia, forse sconosciuta ma potente, della pagina scritta. Quella che non ha bisogno di cuffiette per sentire nella testa il clamore della battaglia e una voce che continua a tuonare:

    “Sambigliong! Issa la bandiera!... Inghilterra, la Tigre è ancora viva!”

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    Nella Chiesa e nel mondo



    India. La Chiesa solidale con i cittadini del nordest dopo le violenze nell’Assam

    ◊   La "All India Catholic Union" (Aicu), la più importante Associazione laicale cattolica indiana che rappresenta i circa 17 milioni di cattolici nel Paese, denuncia la campagna di odio lanciata in queste settimane da alcuni gruppi estremisti contro i cittadini provenienti dal nordest dell’India. Decine di migliaia di immigrati sono fuggiti da diverse città del sud dell’India, tra le quali Bangalore e Hyderabad, per fare rientro a casa, dopo avere ricevuto messaggi minacciosi sui propri telefonini. A scatenare la campagna i recenti scontri etnici nello stato nordorientale dell’Assam tra la tribù dei Bodo e immigrati musulmani che hanno provocato decine di morti e migliaia di sfollati. “Esprimiamo la nostra solidarietà con i cittadini del nord-est e condanniamo quelli che stanno usando i mezzi di comunicazione per portare il Paese sull’orlo del baratro”, ha dichiarato il neo-presidente dell’Aicu, Eugene Gonsalves, che li ha esortati a non lasciarsi intimidire. Gonsalves – riporta l’agenzia Ucan – ha anche ringraziato il governo federale e quelli statali del Bengala Occidentale, dell’Andhra Pradesh e del Karnataka e la società civile per la pronta reazione contro queste azioni intimidatorie. L’Associazione, riunita lo scorso week-end a Kolkata per la sua sessione annuale, ha inoltre invitato le autorità dell’Assam a provvedere ai 400 mila sfollati interni fuggiti a causa degli scontri. E un accorato appello alla calma è stato lanciato anche da mons. Thomas Dabre, vescovo di Pune, teatro in queste ultime due settimane di ripetuti attacchi contro gli immigrati dal nordest. Parlando a 500 fedeli dopo la Messa domenicale, il presule ha stigmatizzato le violenze ricordando la tradizione di “uguaglianza, pace e armonia” della città e assicurando alle vittime la protezione della diocesi. “Il nostro auspicio – ha concluso mons. Dabre – è che il governo intervenga e prenda misure perché i cittadini dal nordest possano vivere in sicurezza e non abbandonino le loro case”. Lo Stato nordorientale dell'Assam non è nuovo alle violenze etniche. In genere, i disordini nascono da dispute di tipo economico, in cui la diversità etnica è solo una circostanza aggravante. Più volte, il Bodoland Territorial Council (Btc), autorità territoriale non autonoma che amministra le zone a maggioranza Bodo, ha denunciato i soprusi compiuti dai settlers musulmani, che dal confine con il Bangladesh entrano in modo illegale in India e si appropriano dei terreni degli indigeni. (L.Z.)

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    Nigeria. L'arcivescovo di Lagos: il governo dialoghi con i Boko Haram

    ◊   Il governo della Nigeria cerchi il dialogo con i fondamentalisti dei Boko Haram, perché “la guerra non ha mai portato ad una pace duratura nella storia dell’umanità”. Sono le parole dell’arcivescovo di Lagos, mons. Alfred Adewale Martins che nei giorni scorsi ha incontrato la stampa locale. Proprio ieri, intanto, la Nigeria ha registrato nuove violenze anticristiane: a essere colpita, questa volta, è stata una scuola cattolica di Damagun. Si allunga, quindi, la lista degli attacchi anti-cristiani perpetrati dai Boko Haram che da diverso tempo stanno devastando il Paese africano. Episodi “deplorevoli” ed “attacchi vili”, li definisce mons. Martins. Ribadendo poi che “l’Islam è una religione di pace”, il presule sottolinea che “coloro che realizzano tali atti di terrorismo contro i fratelli nigeriani non sono veri musulmani, bensì terroristi intenzionati a destabilizzare la nazione”. Di qui, l’appello al governo affinché “agisca urgentemente e con decisione contro simili aggressioni”, ma senza tralasciare la via della mediazione, perché “è sempre meglio quando tutte le parti in causa si siedono ad un tavolo ed espongono le proprie rimostranze sotto forma di dialogo costruttivo”. Un ulteriore invito mons. Martins lo rivolge a tutti i fedeli affinché “continuino a pregare Dio, l’unico che può portare davvero la pace e l’armonia tanto desiderate nel Paese”. Poi, l’arcivescovo di Lagos si sofferma sul ruolo della stampa, essenziale anche in passato per la costruzione di un Paese democratico e “capace di parlare con una voce sola contro tutte le forme di oppressione, mostrando così alla popolazione la giusta via da seguire”. “I mass media – spiega il presule – sono agenti di cambiamento che possono mobilitare, rafforzare e promuovere i valori positivi nella società”. Per questo, mons. Martins invita i giornalisti a non tralasciare la loro “speciale vocazione” guardando a Dio, “il primo comunicatore che ha creato l’uomo e l’universo attraverso il potere della parola”. Essenziale, quindi, “far risuonare il Vangelo fino ai confini della terra, grazie anche alle moderne tecnologie” e usando la professione giornalistica “in modo positivo, per il bene dell’umanità e a maggior gloria di Dio”. Infine, bollando come “scioccanti e deplorevoli” i numerosi attacchi avvenuti nel Paese contro alcuni professionisti dei media, mons. Martins chiede al governo di tutelare i loro diritti e difendere le loro vite, poiché essi “educano, informano ed intrattengono il pubblico”, un compito “prezioso per la crescita di una nazione”. (I.P.)

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    Indonesia: la fine del Ramadan segnata da violenze e episodi di intolleranza

    ◊   Una Santa Messa bloccata e un attentato contro una stazione di polizia caratterizzano la fine del Ramadan in Indonesia. Come riporta l’agenzia AsiaNews, un gruppo di estremisti islamici ha impedito la celebrazione di una liturgia eucaristica a Majalaya, nel West Java. Il sacerdote avrebbe ricevuto una telefonata da parte delle forze di polizia della zona che avvertivano dei possibili incidenti o attacchi contri i cristiani che avrebbero preso parte alla Messa nel giorno di Idul Fitri, la festa che segna la fine del Ramadan. L’episodio si inserisce in un contesto già molto difficile per i fedeli cristiani della zona. Le celebrazioni cristiane da molti anni si tengono in una stanza all’interno di un capannone, perché le autorità locali non concedono le autorizzazioni necessarie alla costruzione di un luogo di culto permanente. Un caso simile, l’ultimo in ordine di tempo, a quello della parrocchia di San Giovanni Battista a Parung che ha portato i fedeli a vedersi bloccata la possibilità di utilizzo della loro “Casa di Preghiera” con il rischio dell’abbattimento. Inoltre, sempre nel giorno di Idul Fitri, una stazione di polizia della città di Solo, nello Java centrale ha subito un attentato. Mentre la popolazione era intenta a festeggiare in strada, qualcuno ha lanciato una granata all’interno dell’edificio, episodio che fortunatamente non ha causato vittime. Uno degli aspetti più preoccupanti di questi episodi è che, a differenza di quanto accadeva in passato, oggi anche le tradizionali ricorrenze islamiche non sono più immuni da rischi di violenze. (L.P.)

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    Zambia: no dei vescovi a definizione costituzionale del Paese come “nazione cristiana”

    ◊   I vescovi dello Zambia auspicano che l'attuale processo di revisione costituzionale abbia finalmente successo, dopo i precedenti tre tentativi falliti di scrivere una nuova Costituzione e ribadiscono la propria contrarietà a inserire nel suo preambolo la definizione dello Zambia come una "nazione cristiana". Secondo i presuli, “un Paese non può praticare i valori e i precetti del cristianesimo, mediante una mera dichiarazione”. È quanto afferma un documento inviato al Comitato tecnico incaricato di redigere la nuova Legge fondamentale. “Il principio della separazione tra Stato e religione – si legge nel testo pervenuto all’agenzia Fides – non deve andare perduto. Affermare che lo Zambia è una nazione cristiana entrerebbe in contraddizione con il carattere multireligioso della società zambiana riconosciuto nel preambolo della prima bozza del Comitato tecnico”. Nel documento, i presuli presentano anche alcune loro proposte per la nuova carta costituzionale che a loro avviso dovrebbe escludere l'introduzione di norme che prevedano la pena di morte e l'aborto. Tra le altre proposte presentate dalla Conferenza episcopale, vi sono norme sulla cittadinanza e sullo sfruttamento delle risorse naturali del Paese. I vescovi zambiani sono intervenuti più volte sulla riforma della Costituzione che il Paese attende ormai da diversi anni. Anche nelle precedenti occasioni si erano detti contrari all’idea di una religione di Stato cristiana. (L.Z.)

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    El Salvador, emergenza nazionale a causa della febbre “dengue”

    ◊   Sembra non volersi arrestare l’epidemia di febbre “dengue” che affligge El Salvador. Sono ormai circa 18 mila i casi di sospetto contagio dall’inizio dell’anno: di questi, 4800 sono confermati. L’allerta è scattata in cinque dei 14 dipartimenti del Paese, dove il 50% dei casi sospetti è risultato positivo e nei quali le amministrazioni attueranno piani d’azione immediati. La causa della malattia sembra essere la zanzara "Aedes aegypti", contro la quale sono iniziate delle massicce campagne di sradicamento. Come riporta l’agenzia Misna, lo stato d’emergenza nel Paese resterà in vigore nei mesi di agosto e settembre. Successivamente, una volta valutato l’evolversi della situazione, si decideranno nuovi eventuali provvedimenti. Questa non è la prima epidemia di febbre “dengue” che colpisce il Paese. Già nel 2000, infatti, un’epidemia causò venticinque morti, soprattutto bambini, e altri 3000 casi di contagio. (L.P.)

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    Terremoto in Indonesia: sei morti e decine di feriti

    ◊   Al momento sono sei le vittime accertate del violento terremoto che ha colpito l’Indonesia lo scorso 18 agosto. L’epicentro si troverebbe a circa 20 km di profondità, nei pressi di un gruppo di villaggi sparsi nei distretti di Parigi Moutong e Sigi. Il bilancio, ancora provvisorio, riporta anche 43 persone ferite e circa 400 abitazioni che hanno riportato danni seri. Alcuni villaggi sono completamente inaccessibili a causa di frane e smottamenti e, solo nel villaggio di Saula, sono almeno 70 le famiglie costrette ad evacuare dalle proprie case. Nella memoria della gente è ancora fresco il ricordo dei terremoti del 2004, cui fece seguito un violento tsunami e che causò la morte di centinaia di migliaia di persone in tutta l’Asia, e del 2009, che provocò la morte di altre 700. (L.P.)

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    L’Unione Africana sottolinea l’importanza delle donne per lo sviluppo del continente

    ◊   Nkosazana Dlamini-Zuma, il primo presidente donna della Commissione dell’Unione Africana, è intervenuta al vertice della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) in corso in questi giorni a Maputo. “Il successo dell’Unione Africana dipenderà dalla realizzazione e armonizzazione delle decisioni prese dalle comunità economiche regionali”, ha dichiarato, come riporta l’agenzia Misna, in uno dei suoi primi interventi da capo dell’organizzazione. “È per questo che una relazione forte, dinamica e simbiotica tra la Commissione e gli organismi regionali è fondamentale per l’integrazione e lo sviluppo dell’intero continente”, ha continuato poi, sottolineando la necessità di “infrastrutture sostenibili di cui i cittadini possano beneficiare”. “Un’Africa unita – ha proseguito – potrà assistere le persone a far fronte a questioni urgenti come la lotta ai cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare e idrica, la relazione tra salute e sviluppo”. “Il continente è dotato di risorse umane in abbondanza. Fino a quando il sostegno esterno dei donatori costituirà la spina dorsale del nostro sviluppo non raggiungeremo mai le priorità che ci siamo prefissi, quindi diamoci da fare perché il futuro non guardi alla nostra generazione come quella delle opportunità sprecate”, ha concluso evidenziando come per raggiungere questi obiettivi sia necessario il ruolo delle donne, che “devono essere coinvolte in maniera più significativa nell’economia e avere parità di accesso allo studio e alle nuove tecnologie”. (L.P.)

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    Svizzera: il Coe promuove l’VIII Giornata Internazionale di preghiera per la pace

    ◊   Una Giornata internazionale di preghiera per la pace: è l’iniziativa promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe) per il 21 settembre, in coincidenza della Giornata internazionale della pace, sancita dall’Onu. “I partecipanti all’iniziativa – si legge in una nota – sono invitati a pregare ed agire insieme per una pace equa nelle comunità, nelle nazioni e nel mondo”. Le preghiere, che possono essere condivise sui social network come Facebook (www.overcomingviolence.org) e Twitter (hashtag ), oppure inviate al Coe tramite email (webeditor@wcc-coe.org) e possono guardare alla pace sotto vari aspetti: sociale, economico, ecologico o politico-militare. Richiamando, poi, il tema scelto quest’anno da “Pace in Terra”, comunità di base cristiana con sede negli Stati Uniti, il Coe invita i fedeli a pregare in particolare per il “cessate il fuoco”, da intendere sia come tregua dei conflitti armati nel mondo, sia come riconciliazione in famiglia, sul luogo di lavoro, nelle comunità parrocchiali. Giunta all’ottava edizione, la Giornata internazionale di preghiera per la pace è nata nel 2004 su iniziativa degli allora segretari generali del Coe e dell’Onu, il reverendo Samuel Kobia e Kofi Annan, e rientrava nelle iniziative ecumeniche programmate per il “decennio contro la violenza”, svoltosi tra il 2001 ed il 2010. (I.P.)

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    Il Ramadan salva 67 operai nepalesi in difficoltà in Qatar

    ◊   Il Ramadan salva 67 operai nepalesi. È successo ad Hosalal Ali Usel, a circa 35 km da Doha, in Qatar. Gli uomini, impiegati nella Bajra Qatar Company, una ditta che fornisce manodopera edile, da circa quattro mesi non percepiscono più lo stipendio e, non potendo quindi nemmeno mangiare, durante il mese sacro del Ramadan si sono rivolti a una moschea che li ha accolti, in virtù di uno dei pilastri dell’Islam che è proprio la carità verso i poveri e i bisognosi. “Siamo senza soldi e senza lavoro” racconta Raghav Ansari, originario del distretto di Parsha in Nepal, che continua: “Non potendo mangiare, io e i miei amici eravamo troppo deboli e siamo stati licenziati”. Come riportato dall’agenzia AsiaNews, gli operai, ora che il Ramadan è finito, temono di ritrovarsi nella stessa situazione di prima, e chiedono aiuto alla propria ambasciata affinché li aiuti a tornare a casa. Rishiram Ghimire, un diplomatico, dichiara: “I 67 operai sono venuti a chiedere aiuto. Stiamo cercando di risolvere il problema. Abbiamo parlato con il datore di lavoro che ha promesso di pagare i salari arretrati entro un mese e mezzo”. Il Nepal ha più di quattro milioni di suoi cittadini impiegati all’estero, il 10% dei quali sono donne, spesso vittima di abusi sessuali, maltrattamenti e sfruttamento sul posto di lavoro a tal punto che il governo si è deciso a bloccare l’immigrazione delle donne sotto i trent'anni. (L.P.)

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    Australia: a settembre, Conferenza nazionale sulla Pastorale per i non udenti

    ◊   “Conosco il mio Pastore e il mio Pastore conosce me”: su questo tema si svolgerà, dal 24 al 26 settembre, a Sydney in Australia, una Conferenza internazionale cattolica per gli operatori della Pastorale riservata ai non udenti. L’evento, informa una nota, “è promosso dalla Conferenza episcopale australiana e dall’Università cattolica nazionale e vuole offrire agli operatori pastorali del settore l’opportunità di condividere le loro esperienze ed arricchire la propria formazione ed informazione sul servizio per i non udenti”. Tra i relatori che interverranno alla conferenza figurano, tra gli altri, Patricia Mowbray, responsabile dell’Ufficio progetti per i non udenti del Segretariato per la vita pastorale, Colin Allen, presidente della Federazione mondiale dei non udenti, e padre John Hill, docente dell’Università di Melbourne. Durante i lavori, si terrà anche una riflessione sul Congresso eucaristico internazionale, svoltosi a Dublino, in Irlanda, dal 10 al 17 giugno scorsi. (I.P.)
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 234

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.