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Sommario del 16/08/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Messaggio del Papa ad un’associazione polacca per la difesa della vita: aiutare le coppie in difficoltà ad accogliere i figli
  • Benedetto XVI: perdonare non è ignorare ma trasformare
  • Polemiche sulla Preghiera per la Francia: mons. Paglia solidale con i vescovi francesi
  • Oggi in Primo Piano

  • Onu: esercito e ribelli siriani colpevoli di crimini di guerra, possibile coinvolgimento di Al Qaeda
  • Cinque Paesi arabi invitano i propri connazionali a lasciare il Libano
  • In Australia, sì ai pacchetti di sigarette anonime. Oms: decisione storica
  • Aiuti contro la "fuga dei cervelli" dal Sud Italia. Svimez: "Primo passo nella strada giusta"
  • A sette anni dalla morte di frère Roger, resta viva la sua eredità nella comunità di Taizé
  • Salesiani in festa per l'anniversario della nascita di Don Bosco
  • Il Cammino delle Pievi in Carnia: iniziativa dell'arcidiocesi di Udine
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq: 21 morti e oltre cento feriti in una serie di attentati
  • Wikileaks: l'Ecuador concede l'asilo politico ad Assange
  • Visita del Patriarca Kirill a Varsavia per la riconciliazione tra Polonia e Russia
  • Australia: l'8 settembre ordinazione di quattro ex pastori anglicani entrati nella Chiesa cattolica
  • Taiwan: giovani cristiani, buddisti e taoisti uniti per il dialogo interreligioso
  • Giornata nazionale della gioventù a Timor Est
  • L'Ungheria celebra la memoria di Santo Stefano, evangelizzatore del Paese
  • Pakistan: celebrazione interconfessionale per l'anniversario dell'indipendenza
  • La tragedia dei profughi del Mediterraneo in un film proiettato al festival di Venezia
  • Eletta a Vienna la nuova direttrice dell’Istituto "Madonna della Strada"
  • Appello Ue: sostenere cultura e arte per vincere la crisi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messaggio del Papa ad un’associazione polacca per la difesa della vita: aiutare le coppie in difficoltà ad accogliere i figli

    ◊   Benedetto XVI ha inviato un messaggio ai partecipanti al 301.mo Pellegrinaggio a piedi da Varsavia al Santuario di Czestochowa, in occasione del 25.mo anniversario dell’iniziativa, in difesa della vita, chiamata “Opera per l’adozione spirituale del concepito”. Si tratta di un’iniziativa di preghiera – che dura nove mesi - sull’intenzione di tutelare la vita nascente minacciata nel seno materno. Il testo del messaggio è stato letto, ieri mattina, dal cardinale arcivescovo di Varsavia, Kazimierz Nycz, durante la Messa per i pellegrini celebrata presso il Santuario mariano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Nel messaggio, il Papa esprime il proprio apprezzamento per le persone impegnate nell’“Opera per l’adozione spirituale del concepito” che, con profonda fede, promuovono i valori evangelici della vita e dell’amore per contrastare la minaccia dell’aborto come anche le altre minacce alla vita. Benedetto XVI auspica, inoltre, che l’impegno dell’Opera possa penetrare sempre più nei cuori degli uomini affinché cresca l’aiuto spirituale ai bambini la cui vita è minacciata come anche il sostegno alle coppie in difficoltà nell’accogliere una nuova vita e alle famiglie provate dal dramma dell’aborto. Nel 25.mo dell’Opera, che si celebra sul tema “La Chiesa – casa della vita”, il Papa esprime quindi l’auspicio che tale iniziativa possa essere occasione di approfondimento dei legami personali e comunitari con Cristo, riconosciuto in ogni bambino concepito. L’“Opera per l’adozione spirituale del concepito” è nata nel 1987 a Varsavia, per iniziativa di un gruppo pastorale legato ai pellegrinaggi al Santuario di Czestochowa. L’Opera si è diffusa poi in tutta la Polonia, diffondendosi in seguito anche all’estero.

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    Benedetto XVI: perdonare non è ignorare ma trasformare

    ◊   Il perdono è la notizia quotidiana di cui avrebbe bisogno il mondo: ce lo ricorda il Vangelo odierno in cui Gesù invita Pietro a perdonare il fratello che commette colpe contro di lui fino a settanta volte sette, cioè sempre. Ma cosa è il perdono? Ripercorriamo la catechesi di Benedetto XVI sull’argomento in questo servizio di Sergio Centofanti.

    “Nulla può migliorare nel mondo – afferma Benedetto XVI - se il male non è superato. E il male può essere superato solo con il perdono. Certamente, deve essere un perdono efficace. Ma questo perdono può darcelo solo il Signore. Un perdono che non allontana il male solo a parole, ma realmente lo trasforma”:

    “Perdonare non é ignorare ma trasformare: cioè Dio deve entrare in questo mondo e opporre all’oceano dell’ingiustizia un oceano più grande del bene e dell’amore”. (Vespri ad Aosta, 24 luglio 2005)

    “Non c’è giustizia senza perdono” – ricorda il Papa – ma nello stesso tempo “il perdono non sostituisce la giustizia” e non significa “negazione del male” né deve far venire meno la “denuncia della verità del peccato”. Il concetto di perdono nel cristianesimo fa nascere “una nuova idea di giustizia” che non si limita a punire ma riconcilia e guarisce di fronte ai contrasti nelle relazioni umane, spesso anche familiari, dove “siamo portati a non perseverare nell’amore gratuito, che costa impegno e sacrificio”:

    “Invece, Dio non si stanca con noi, non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incontro per primo”. (Udienza generale, 30 maggio 2012)

    Perdonare settanta volte sette – dice Gesù – perché anche noi abbiamo bisogno di essere perdonati sempre, anche se non lo percepiamo:

    “Gesù … ci invita al difficile gesto di pregare anche per coloro che ci fanno torto, ci hanno danneggiato, sapendo perdonare sempre, affinché la luce di Dio possa illuminare il loro cuore; e ci invita a vivere, nella nostra preghiera, lo stesso atteggiamento di misericordia e di amore che Dio ha nei nostri confronti: «rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», diciamo quotidianamente nel «Padre nostro»”. (Udienza generale, 15 febbraio 2012)

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    Polemiche sulla Preghiera per la Francia: mons. Paglia solidale con i vescovi francesi

    ◊   In tutte le chiese della Francia è risuonata ieri, in occasione della Solennità dell’Assunzione, la Preghiera alla Vergine per la nazione. Un’antica preghiera caduta in disuso e riproposta dai vescovi francesi. Si è pregato per le vittime della crisi economica, per la Siria, i governanti, le famiglie, i giovani. Ma alcuni media hanno scatenato una rovente polemiche accusando i vescovi di aver mobilitato i cattolici contro il progetto sulle unioni omosessuali, voluto dal governo di François Hollande. Ma com’è stato recepito il messaggio di questa preghiera? Justine Vassogne, collega della redazione francese, lo ha chiesto al giornalista e blogger cattolico Patrice de Plunkett:

    R. – Le message est très bien passé. A Lourdes, par exemple, devant les …
    Il messaggio è passato molto bene. A Lourdes, per esempio, alla presenza dei 20 mila fedeli del pellegrinaggio nazionale, o a Parigi – dove c’ero anch’io – in occasione della grande processione alla cattedrale di Notre Dame; io stesso ho potuto rilevare che i fedeli non hanno percepito alcuna ambiguità ascoltando il messaggio. Per loro è stato un appello alla solidarietà, alla generosità, alla compassione nella società attuale, ed è stato – ovviamente – anche un appello alla responsabilità dei governanti. Ma non c’è stato alcun equivoco nella ricezione del messaggio. La polemica c’è stata: ma né ieri né l’altro ieri e non è venuta dai fedeli cattolici. La polemica è venuta dalla lobby Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) che ha orchestrato la pressione sui governanti per imporre l’introduzione del matrimonio omosessuale nel Codice civile. E’ sufficiente leggere il testo della preghiera per rendersi conto che non si è trattato di una manifestazione politica partigiana: si è trattato semplicemente di un appello – come ho detto – alla responsabilità di fronte ad un qualcosa di così fondamentalmente importante com’è la struttura familiare in una società. Nessuna persona ragionevole ha capito diversamente.

    Sulle polemiche che hanno accompagnato la preghiera per la Francia, ascoltiamo - al microfono di Benedetta Capelli - mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:

    R. – Sento di essere solidale con la Conferenza episcopale francese, con il cardinale Vingt-Trois che esorta a pregare perché i bambini crescano con un padre una madre: perché poi di questo si tratta. E ha ragione il cardinale Barbarin nel dire che parlare di matrimonio gay vuol dire uno shock di civiltà. Nessun vuol negare i diritti individuali: assolutamente no! Ma il matrimonio è un’altra cosa, e la famiglia nasce dal matrimonio. Ecco, tenere insieme questo plesso che è culturale – ma per noi è anche religioso – credo che sia una grandissima sfida che dobbiamo affrontare in tutti gli angoli del nostro pianeta.

    D. – Quali sono oggi le minacce contro le famiglie?

    R. – Purtroppo, c’è una sorta di moda culturale che parte dall’esaltazione assoluta dell’individuo. L’individuo diventa lo snodo di tutto il pensiero, di tutta la politica e dell’economia stessa. Ma è qui – a mio avviso – la radice della crisi: perché quando si incomincia a distruggere il “noi” che trova nella famiglia la sua prima cellula, mettiamo in crisi la stessa struttura della società. A me ha fatto molto impressione, ad esempio, recuperare la formula di Cicerone che, ovviamente non era cristiano, e che definiva la famiglia “principium urbis et quasi seminarium rei publicae” vale a dire che la famiglia quasi diventa il genio per l’edificazione della città e della società. Ora, non difenderla anzi, ferirla, direi bastonarla come sta accadendo, è veramente miope. In Italia, se non ci fosse stata la realtà familiare, questa crisi economica sarebbe stata drammatica, soprattutto per i più giovani. Ecco perché io credo che dobbiamo recuperare la concezione della famiglia come risorsa indispensabile per l’umanità. Purtroppo, si sta rafforzando sempre più la convinzione che la famiglia sia un peso e non una risorsa. Ed è questa una battaglia enorme e centrale che dobbiamo fare tutti: ovviamente i credenti, ma anche attraverso un’alleanza più larga possibile. La crisi contemporanea, se non rinsalda anche culturalmente la centralità della famiglia, rischia di avere un esito certamente più difficile, se non più drammatico.

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    Oggi in Primo Piano



    Onu: esercito e ribelli siriani colpevoli di crimini di guerra, possibile coinvolgimento di Al Qaeda

    ◊   In attesa del rinnovo, in giornata, della missione degli osservatori Onu in Siria, ieri un rapporto delle Nazioni Unite ha lanciato precise accuse contro l’esercito del presidente Assad e le milizie dell’opposizione, responsabili in varia misura - dice il documento - di crimini di guerra e contro l’umanità. A preoccupare c’è anche il rischio di accordi dei ribelli con Al Qaeda, come annunciato dal leader degli insorti ad Aleppo. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Molto più che un sospetto, questa volta a paventare che Al Qaeda possa scendere in campo nella sanguinosa guerra civile siriana è stato in prima persona il comandante delle milizie ribelli ad Aleppo, Abu Ammar. Se l'Occidente continua a rifiutarsi di inviarci armi per combattere le forze del presidente Assad, potremmo ricorrere all'aiuto di Al Qaeda. Una minaccia che per ora non ha nulla di reale, ma che potrebbe concretizzarsi se la battaglia ad Aleppo non dovesse avere esiti favorevoli ai ribelli. Dalla sua, il regime di Assad cerca di limitare il suo isolamento, messo ancor più in luce dalla sospensione della Siria dalla Conferenza dei Paesi islamici e dal documento Onu. Bouthaina Shaaban, inviato a Pechino di Damasco, in un’intervista ringrazia apertamente Cina e Russia, che hanno - afferma - una visone reale del conflitto in Siria. Il diplomatico ha invitato le due potenze a collaborare, insieme con l’Iran, per trovare una soluzione alla sanguinosa crisi. Anche stamani già alcune decine di vittime.

    Per un commento su questi sviluppi della crisi siriana, Giancarlo La Vella ha intervistato Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Sono cose ampiamente note per chi ha voluto guardare la situazione siriana in modo meno semplicistico. In realtà noi abbiamo sempre bisogno di raccontare le vicende in cui vi sia un cattivo - e Assad non ci sono dubbi che lo sia - e i buoni, che erano i rivoltosi, spesso propagandati come gruppi liberali a favore della democrazia. Ma all’interno dell’opposizione c’è un po’ di tutto e, ovviamente, chi si sta rafforzando in questo clima di guerra civile sono le frange più estreme, cioè i salafiti, che sono estremamente settari e dogmatici, e i gruppi jihadisti vicini ad Al Qaeda, che spesso utilizzano gli stessi metodi operativi.

    D. - La possibilità, dichiarata dai ribelli di Aleppo, che si possano fare accordi con al Qaeda provoca ancora più preoccupazione sugli esiti di questa guerra civile…

    R. – Dà più preoccupazione, ma di fatto si sta dicendo una cosa che già è avvenuta. Al Qaeda è più che altro ormai una sigla, ma da mesi i servizi iracheni segnalavano come i combattenti jihadisti vicini alla rete e al terrorismo sunnita estremista, che per anni hanno operato in Iraq, si fossero spostati oltre frontiera per combattere Assad. Non è un mistero che Arabia Saudita e Qatar sostengano i gruppi salafiti. I gruppi salafiti sono quegli estremisti sunniti che hanno una contiguità, una posizione di ambiguità nei confronti del jihadismo globale. Che poi ci sia l’etichetta Al Qaeda o di qualcosa d’altro, non cambia un discorso comunque estremamente violento, come si vede a Damasco con gli attentati con le autobombe o i kamikaze. Questo è il tipico modus operandi del jihadismo globale.

    D. – E’ allora questo il momento da parte della comunità internazionale di operare con una missione un po’ più decisa rispetto al semplice invio di osservatori dell’Onu?

    R. – Da un lato abbiamo un regime crudele, al di là di ogni misura come quello di Assad, che è indifendibile, dall’altra parte abbiamo sempre più un’opposizione che minaccia di prendere il potere e fare quello che sta facendo Assad in questi mesi, cioè una pulizia etnica, una serie di attacchi contro tutte le minoranze non sunnite nel Paese: cioè, gli alawiti ma anche le comunità cristiane che sono molto forti in Siria. Di fronte a questo scenario è evidente che continuare a leggere la realtà siriana in modo dicotomico, buoni e cattivi, non ci aiuta. E’ evidente che la comunità internazionale debba fare qualcosa. Non so se andare verso una “no fly zone” o una missione, tipo quella della Libia, che è rischiosissima e irriterebbe molto la Russia e la Cina, sia la soluzione giusta. Forse bisognerebbe cercare anche di coinvolgere gli attori regionali presenti, cercando una soluzione che non sia solo la caduta di Assad. Certo Assad se ne deve andare, ma, prima che se ne vada, occorre anche costruire un dopo, per non lasciare la Siria nelle mani dell’anarchia e di una guerra civile ipersettaria.

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    Cinque Paesi arabi invitano i propri connazionali a lasciare il Libano

    ◊   Cinque Paesi arabi del Golfo hanno chiesto ieri ai loro cittadini di lasciare il Libano, a causa dei rischi per la sicurezza legati all'aggravarsi della crisi in Siria. Si tratta di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Kuwait. I cinque Paesi hanno invitato alla prudenza i concittadini che non possono rientrare in patria. I rischi sono legati a possibili rappresaglie di sciiti (vicini agli alawiti di Assad) contro Paesi a maggioranza sunnita, che sarebbero più vicini ai ribelli. Dei motivi di preoccupazione Fausta Speranza ha parlato con padre Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:

    R. – Si capisce questa reazione, anche considerando che sempre più profughi arrivano in Libano, che è un Paese piccolo, che ha una situazione fragile. Ci sono persone simpatizzanti del regime che appartengono agli sciiti, altri che sono su posizioni opposte e appartengono ai sunniti, altri sono cristiani e sono preoccupati qualunque siano gli sviluppi. La situazione libanese è sempre molto delicata e il minimo cambiamento altrove può ripercuotersi sulla situazione libanese. Questo da sempre.

    D. – Che cosa dire di questi equilibri tra sciiti e sunniti? Sappiamo che la famiglia di Assad, presidente della Siria, è alawita, una fazione degli sciiti…

    R. – L’11 per cento della popolazione siriana è alawita, appartiene allo sciismo ed è collegata, da una parte, anche politicamente all’Iran, e dall’altra ad Hezbollah. Questo fatto crea una difficoltà in tutto il Medio Oriente perché purtroppo sunniti e sciiti sono in qualche modo contrapposti ancora più di quanto si possa immaginare di musulmani e cristiani proprio perché appartengono alla stessa tradizione ma non sono d’accordo tra di loro. La rivoluzione in Siria è nata come un’opposizione simile a quella in Tunisia, Libia e Egitto, cioè una reazione contro la dittatura per una maggiore libertà e uguaglianza tra tutti, ma ora sta diventando una reazione di sunniti contro sciiti. Anche il sostegno della Turchia viene a confermare questo. Per questi motivi la situazione in Siria è esplosiva e non si vede come arrivare a una formula che possa unire.

    D. – Quale può essere una via d’uscita in questo contesto?

    R. – L’unica via è quella di dire: vogliamo vivere come cittadini indipendentemente dalle nostre tradizioni religiose. Ma il Medio Oriente non è preparato a questo e l’unica via d’uscita, non solo per la Siria ma anche per l’Egitto e ovviamente per il Libano, è trovare una soluzione dove ogni gruppo abbia pieno diritto ad avere la propria tradizione, i propri costumi, ecc., che ci sia una linea comune che rispetti la religione senza appartenere a una fazione religiosa.

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    In Australia, sì ai pacchetti di sigarette anonime. Oms: decisione storica

    ◊   L’Alta corte australiana ha stabilito che non è contraria alla Costituzione la legge che prescrive che, dal primo dicembre prossimo, i pacchetti di sigarette siano venduti in Australia in confezioni anonime che riportino immagini scioccanti dei danni provocati dal fumo. La pronuncia era attesa anche in altri Paesi come Gran Bretagna, Norvegia, Canada e India che stanno pensando a legiferare in tal senso. Sulla possibile efficacia di questa misura di deterrenza psicologica, Marco Guerra ha chiesto un parere al dott. Riccardo Pistelli responsabile del servizio di Fisiopatologia Respiratoria - Ambulatorio Tabagismo dell’Università Cattolica di Roma:

    R. - Questo tipo di decisione sicuramente viene percepito in modo molto pericoloso dalle multinazionali del tabacco, le quali non avevano nessun problema, per esempio, rispetto a tutti i messaggi di tipo razionale come: il fumo fa male, il fumo uccide, il fumo danneggia gravemente la salute. Questo, anzi, era visto molto favorevolmente da chi produce le sigarette, perché eliminava la possibilità che ci fossero dei contenziosi legali basati sul fatto della non informazione. Al contrario, questo tipo di proibizione rispetto al marchio, sposta l’attenzione su un campo di tipo completamente emozionale, suggestivo, togliendo al consumatore alcuni elementi importanti per il consumo, e questo sicuramente costituisce un elemento di novità. È auspicabile che, qualora se ne dimostri l’efficacia, poi, questo provvedimento venga esteso anche in Europa.

    D. - Diciamo che viene meno l’appeal del pacchetto e della sigaretta stessa?

    R. - Sicuramente. Basta pensare cosa ha fatto del suo logo la più grande multinazionale del tabacco, presente, ad esempio sulle moto da corsa, sulle automobili di Formula uno, su oggetti di vestiario, scarpe, cinture, cappelli ... Un colore e un logo sono estremamente importanti. Questo sicuramente è un elemento molto interessante dal punto di vista della novità dell’approccio, e potrebbe essere efficace. Sicuramente è molto temuto: su questo non ci sono dubbi.

    D. - Dalle sue osservazioni, può affermare che le politiche proibizioniste riescono a ridurre la diffusione del tabagismo?

    R. - Diciamo che esiste una serie di politiche che possono essere – comunque - di tipo dissuasivo. L’esempio classico è quello italiano che proibisce il fumo all’interno dei locali dove una volta si poteva fumare, sui treni … Molti fumatori acquisiscono - attraverso questa necessità imposta di non fumare in alcuni ambienti e per alcune ore - la consapevolezza della possibilità di non fumare. Alcuni smettono, altri si rendono conto della possibilità di poter non fumare, e questo può essere sicuramente utile. Nei fatti, ha ridotto significativamente il numero dei fumatori.

    D. - Come operatori sanitari in contatto con i consumatori di tabacco, cosa chiedete al legislatore?

    R. - Chiediamo coerenza in tutte le scelte che fa. In Italia, negli ultimi anni c’è stata una notevole coerenza che credo bisognerebbe estendere - per esempio - a ciò che riguarda tutte le attività del servizio nazionale che dovrebbero essere rivolte a questo obiettivo, e che attualmente trovano riscontro soltanto nei piani sanitari regionali, senza che però ci sia alcuna traduzione di questo in termini operativi. Ad esempio, tutto ciò che viene fatto come unità contro il tabagismo, viene fatto nella stragrande maggioranza dei casi come volontariato. Ancora, un’altra cosa che può essere fatta è porre molta attenzione al costo delle sigarette, una cosa che può sembrare banale; ma un costo più elevato, sicuramente riduce la quantità di fumo. Comunque, anche se fa male fumare anche una sola sigarette, è molto meglio fumarne una che fumarne dieci. E quindi ci sono una serie di elementi che possono essere aggiunti a quelle politiche che sono state fatte negli ultimi anni e che hanno portato a risultati sicuramente positivi.

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    Aiuti contro la "fuga dei cervelli" dal Sud Italia. Svimez: "Primo passo nella strada giusta"

    ◊   Una misura dal duplice scopo: combattere la crisi e contrastare la "fuga di cervelli" dal Mezzogiorno d'Italia. Si può definire così lo stanziamento di 320 milioni di euro annunciato, in questi giorni, dal ministro dell’Istruzione, Profumo. Si tratta di un progetto, denominato “Smart cities”, finalizzato all’innovazione, alla creazione di imprese e alla valorizzazione delle competenze e delle professionalità dei giovani nel Sud Italia. “Un primo passo nella strada giusta”, commenta Luca Bianchi, vice direttore dello Svimez, Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. - Quello delle “Smart cities” è un progetto importante, perché coniuga - in qualche misura - innovazione e promozione dell’imprenditoria giovanile, quindi favorisce la capacità dei giovani di mettersi in proprio su settori innovativi. Questo è un tema importante anche perché - noi l’abbiamo denunciato da molti anni - il Mezzogiorno è un’area di fortissima emigrazione intellettuale, e questo è un fenomeno che bisogna assolutamente arginare per dargli possibilità di sviluppo.

    D. - Questa diaspora può essere quantificata in qualche modo?

    R. - Parliamo negli ultimi dieci anni, di 700 mila giovani che sono andati via dal Mezzogiorno per andare nel Centro-Nord e all’estero. Vuol dire che ogni anno abbiamo un flusso di 60-65 mila under 35, che vanno fuori dal Mezzogiorno; inoltre abbiamo altri 60 mila ragazzi che noi chiamiamo “pendolari di lungo raggio”, cioè che pur rimanendo residenti nel Mezzogiorno, svolgono la loro attività lavorativa nel Centro Nord. Sono prevalentemente laureati, e questo lo abbiamo verificato, sono quelli che hanno i voti di laurea più alti ad andarsene. Proprio i migliori rischiano di andare via, e questo diventa un elemento che tenderà ad aumentare il divario tra Nord e Sud.

    D. - Perché i progetti, come quello delle "Smart cities", possono invertire la tendenza?

    R. - Perché bisogna riprendere a fare un’azione pubblica seria nel Mezzogiorno. Il Sud ha avuto l'attenzione del governo in maniera molto saltuaria, semplicemente attraverso erogazione di risorse. Noi abbiamo sempre detto che serve l’intervento pubblico, servono anche le risorse per il Mezzogiorno, ma devono essere accompagnati da progetti molto chiari ed identificabili. E’ quello che fa il progetto "Smart cities". Puntare sui giovani qualificati, come "target" di politica di sviluppo, è la strada giusta. Le risorse stanziate sembrano tante, ma rispetto alla dimensione effettiva del problema, probabilmente non saranno neanche sufficienti. Però è un primo passo.

    D. - Ma la questione che resta cruciale è quella del buon utilizzo di questi fondi. Anche per questo, il ministro Profumo ha parlato della necessità di una campagna di educazione alla legalità a partire dalle scuole ..

    R. - Questo è senz’altro importante. Io credo che negli ultimi anni nel Mezzogiorno, siano stati fatti passi in avanti straordinari. Nelle nuove generazioni c’è una fortissima coscienza di rispetto della legalità e credo che i grandi movimenti come “Ammazzateci tutti”, “Libera”, stiano affermando questa cultura della legalità. Quindi va bene accompagnare questo processo che è già in atto, ma il vero problema è soprattutto della politica: deve rinnovarsi, stabilire delle regole chiare e controllare che le risorse pubbliche non vadano ad alimentare la malavita. Per il resto, credo, che la società meridionale abbia fatto grandi passi avanti negli ultimi anni e sia pronta ad accogliere pienamente questa cultura della legalità di cui parla il ministro Profumo.

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    A sette anni dalla morte di frère Roger, resta viva la sua eredità nella comunità di Taizé

    ◊   Sette anni fa, il 16 agosto 2005, moriva frère Roger Schultz, fondatore della Comunità ecumenica di Taizé, ucciso da una squilibrata mentre celebrava la Messa. Taizé, fondata nel 1940, è una comunità monastica, basata sull’accoglienza e sulla fratellanza universale e conta oggi un centinaio di confratelli. Sull’eredità di frère Roger, Michele Raviart ha intervistato frère David, uno dei membri della comunità:

    R. – Quello che è bello è che l’eredità di frère Roger è ancora viva nella vita della comunità. Possiamo vederlo in tutti i giovani che visitano la comunità ogni giorno e che partecipano agli incontri animati dalla comunità. Adesso sono attesi 4 mila giovani e vivere questo giorno di ringraziamento per la vita di frère Roger è bellissimo.

    D. – Qual è stato il rapporto di frère Roger e in, generale, di Taizé, con i Pontefici?

    R. – E’ dagli anni ’50 che frère Roger andava a Roma regolarmente per incontrare il Santo Padre, per parlare, per vivere la comunione in una forma molto concreta. Essendo, infatti, una comunione ecumenica noi abbiamo nella comunità fratelli provenienti da diverse Chiese cristiane. E’ importantissimo che i segni di comunione siano visibili, siano concreti. E questa ricerca di comunione con Roma e con il Santo Padre è stata molto, molto presente sin da Pio XII. Poi con Giovanni Paolo II, frère Roger andava ogni anno a Roma per incontrarlo. E questa relazione, questo rapporto continua ancora adesso.

    D. – In questi giorni si festeggiano i 50 anni della Chiesa della Riconciliazione sulla collina di Taizé. Come è stato vissuto questo evento dalla comunità?

    R. – Tanta gente, tanti giovani sono venuti a trovare Dio in questa chiesa e hanno preso tante decisioni importanti nella loro vita in questo tempio. Dobbiamo pregare per tutti quelli che sono passati qui e anche ricordare che questa chiesa è nata come un progetto di riconciliazione tra tedeschi e francesi. Dobbiamo essere ancora attenti ai segni di riconciliazione...

    D. – Taizé si occupa anche di solidarietà internazionale. Ci vuol parlare del progetto “Operazione Speranza” in Sud Sudan?

    R. – Frère Alois, il priore della comunità, ha pensato quest’anno di poter fare un gesto concreto di aiuto in un Paese nuovo, il Sudan del Sud, e aiutare i giovani, i bambini, che non hanno avuto un’educazione, in 20 anni di guerra, con una scuola. Uno dei nostri fratelli della comunità è andato in Sud Sudan, ha visto questa iniziativa. Noi abbiamo pensato che sia importante appoggiarla e lasciare che lo facciano tutti quelli che vogliono partecipare con noi a questo progetto.

    D. – A fine anno si terrà a Roma l’incontro dei giovani di Taizé, come vi state preparando?

    R. – Abbiamo ogni anno un incontro europeo, dove giovani da tutta Europa e anche da altri continenti vengono per 6 giorni di preghiera e d’incontro. 25 anni dopo l’ultimo incontro ritorniamo a Roma e possiamo dire che c’è gioia e un’accoglienza molto calorosa, molto bella, da parte della Chiesa di Roma, delle parrocchie, dei preti e anche della città, del comune, delle autorità civili. Sarà un bell’incontro.

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    Salesiani in festa per l'anniversario della nascita di Don Bosco

    ◊   La famiglia salesiana è in festa, oggi, per il compleanno del suo fondatore, San Giovanni Bosco, nato il 16 agosto 1815. Stamani, in Piemonte, si è tenuto il tradizionale pellegrinaggio a piedi da Castelnuovo al Colle Don Bosco, concluso dalla Santa Messa presieduta dal rettore maggiore dei Salesiani, don Pascual Chávez. Sul significato di questo pellegrinaggio, Isabella Piro ha intervistato don Sergio Pellini, direttore generale della Tipografia Vaticana e già rettore della Basilica del Colle Don Bosco:

    R. - E’ innanzitutto una vera esperienza spirituale che si ripete in un contesto particolare unico tra le colline del Monferrato. E’ un luogo carico di ricordi, di emozioni, di segni e tutto parla: basta lasciarsi prendere dal silenzio, quel silenzio anche misterioso che avvolge il clima di quell’ambiente, ma che parla al cuore di tante persone che vivono interiormente quest’esperienza.

    D. - Nel corso del pellegrinaggio si tiene anche il tradizionale atto di affidamento a Maria. Quale devozione lega don Bosco alla Madonna?

    R. – Penso alla prima "Ave Maria" che don Bosco ha detto con Bartolomeo Garellli nella Chiesa di San Francesco di Assisi a Torino con il quale dà inizio al catechismo, all’opera educativa. Penso alla grande Basilica di Maria Ausiliatrice che sta a visibilizzare quanto Maria ha operato attraverso prodigi, miracoli. Penso al monumento stesso vivente dedicato a Maria che sono le figlie di Maria Ausiliatrice. La devozione, l’attenzione alla Madonna, diventano fondamentali, direi essenziali, per comprendere l’opera dello Spirito in don Bosco.

    D. - Oggi inizia la seconda fase di preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco che si celebrerà nel 2015. Dopo la conoscenza della storia di questo Santo, si avvia ora lo studio della sua pedagogia. Quali sono i cardini di questo metodo educativo?

    R. – Il trinomio allegria, studio e pietà. Oppure quelle tre “s” che ricordava sovente quali salute, scienza, santità. La moralità, la cultura, l’evangelizzazione e la civilizzazione. Lo stesso si dica anche per i grandi orientamenti di metodo, ad esempio farsi amare piuttosto che farsi temere. La ragione, la religione, l’amorevolezza, i tre cardini su cui poggia il sistema preventivo di don Bosco. L’essere padre, fratello, amico. Guadagnare il cuore dei giovani. L’educatore consacrato al bene dei suoi allievi.

    D. – “Da mihi animas cetera tolle” era il motto di don Bosco ovvero la preghiera al Signore: “Dammi le anime prenditi tutto il resto”. Cosa significa questa invocazione?

    R. – Significa puntare alle cose più importanti! Fare tutto per amore e con amore, questa è la via della santità.

    D. - Cosa dice all’uomo di oggi San Giovanni Bosco?

    R. – Direi innanzitutto che l’inquietudine che ha vissuto don Bosco guardandosi attorno deve provocare, come lo ha fatto per lui, azioni di speranza di futuro. Lavorare con i giovani significa proprio orientare in questa direzione. Significa anche amare il Papa, amare la Chiesa. Sappiamo quanto don Bosco abbia fatto proprio per dare segni concreti di questa unità, di questo amore per la Chiesa e per il Santo Padre. La fiducia nella Provvidenza, la preoccupazione di portare a Dio, ovunque, in tutto il mondo: pensiamo alla grande dimensione missionaria. E poi l’attenzione per il mondo del lavoro che dà anche futuro e garanzia ai progetti che i giovani portano nel loro cuore.

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    Il Cammino delle Pievi in Carnia: iniziativa dell'arcidiocesi di Udine

    ◊   Un itinerario in 18 tappe lungo sentieri di montagna per scoprire tesori di fede, arte e natura. E’ quello proposto, fino al 4 settembre, dall'iniziativa “Cammino delle Pievi in Carnia” della arcidiocesi di Udine. Ispirato al Cammino di Santiago de Compostela, il percorso - lungo quasi 200 chilometri - raggiunge 10 chiese antiche e un Santuario ed è accompagnato da una serie di eventi quali concerti e rappresentazioni. I partecipanti hanno a disposizione la mappa del cammino, una Guida dettagliata e la “Carta del pellegrino” per apporre il timbro di ogni tappa percorsa. Adriana Masotti ha intervistato mons. Giordano Cracina, prevosto di San Pietro in Carnia e promotore, insieme ad un gruppo di laici, del progetto:

    R. – Vuole essere una proposta per cristiani e persone di buona volontà, di ripercorrere attraverso i vecchi sentieri il collegamento tra le più antiche Chiese della nostra diocesi della Carnia, in Friuli. Lo scopo è quello di aiutare questi fedeli anche a riscoprire un pò un percorso verso il Signore, con momenti di meditazione, con occasioni anche di riscoperta del patrimonio culturale ed artistico che c’è nelle Pievi, ma anche con momenti di ristoro e benessere per il corpo. Vengono infatti proposte durante il tragitto delle soste per ritemprarsi fisicamente.

    D. – Dieci le Pievi che il cammino permette di raggiungere. Che cosa rappresentano le Pievi in questo territorio, quello della Carnia?

    R. – Noi chiamiamo con il nome di “Pieve”, quelle antiche Chiese che avevano due caratteristiche: il fonte battesimale ed il cimitero circostante. Attraverso la rivisitazione di queste Pievi, vogliamo aiutare i pellegrini, i turisti, chi può essere in cammino, a riscoprire le radici della fede e della testimonianza di cultura e di vita cristiana nei nostri territori.

    D. – Qual è la risposta della gente all’iniziativa?

    R. – Diciamo che c’è un buon flusso di persone che fanno il percorso sia singolarmente, in coppia, ma anche in gruppi: gruppi di catechisti che fanno gli esercizi spirituali itineranti e gruppi di cresimandi che fanno alcune tappe. Soprattutto abbiamo voluto curare l’accessibilità per le famiglie, il percorso è quindi facilmente praticabile anche per bambini. Direi che c’è una buona risposta, chiaramente noi la alimentiamo anche attraverso un comitato del "Cammino delle Pievi”, che segue costantemente lo svolgimento degli itinerari.

    D. – Ci sono anche delle serate?

    R. – Durante le soste nelle Pievi abbiamo fatto, per esempio, dei concerti, oppure qualche drammatizzazione sacra, quindi viene offerto qualche momento specificatamente culturale, individuato e collocato lungo il cammino.

    D. – Questa iniziativa può essere una via di evangelizzazione per l’uomo di oggi, per i giovani?

    R. – Noi la riteniamo veramente tale, abbiamo creato un gruppo di giovani che vengono preparati durante l’inverno, per poi essere presenti d’estate in ogni Pieve per accogliere i pellegrini e spiegare un po’ quello che si trova nella Pieve. C’è pertanto anche un insieme di persone coinvolte, i giovani vengono stipendiati e tutti gli altri lavorano come volontari gratuitamente.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq: 21 morti e oltre cento feriti in una serie di attentati

    ◊   Nuovi episodi di violenza in Iraq: sarebbero almeno ventuno le persone rimaste uccise a seguito di una serie di attentati che hanno colpito varie città dell’Iraq, tra cui la capitale Baghdad; oltre alle persone uccise si registrano circa cento feriti. Questi nuovi episodi vanno ad aggiungersi ai tanti atti violenti dell’ultimo periodo. Solo ieri, infatti, in altri attacchi erano rimaste uccise tredici persone. Al momento non ci sono rivendicazioni degli attentati, tuttavia alcuni osservatori internazionali, presenti in Iraq da quando lo scorso luglio sono tornati ad aumentare atti di violenza e attentati, collegano questa situazione al conflitto in Siria che starebbe destabilizzando tutta l’intera regione. (L.P.)

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    Wikileaks: l'Ecuador concede l'asilo politico ad Assange

    ◊   L’Ecuador ha concesso asilo politico a Julian Assange, fondatore di Wikileaks. L’uomo, ricercato in Gran Bretagna e Svezia per la divulgazione di documenti diplomatici segreti, si era rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra. Dura la condanna da parte del Foreign Office britannico che giudica “deplorevole” questa decisione e che "un uso simile delle rappresentanze diplomatiche è incompatibile con quanto stabilito dalla Convenzione di Vienna". E ha aggiunto: "Abbiamo già messo in chiaro le implicazioni di tutto ciò sulle nostre relazioni diplomatiche”. Il ministro degli Esteri di Quito, Ricardo Patino, parla invece del “diritto d’asilo come di un diritto umano fondamentale” e che Assange si troverebbe “in grave pericolo”, qualora fosse estradato in Svezia. (M.R.)

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    Visita del Patriarca Kirill a Varsavia per la riconciliazione tra Polonia e Russia

    ◊   Al via oggi la visita in Polonia del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. Domani, assieme al presidente della Conferenza episcopale polacca (Kep), mons. Jozef Michalik, firmerà a Varsavia un messaggio comune delle due Chiese ai rispettivi popoli russo e polacco. Il messaggio conterrà una riflessione riguardante la storia dei due popoli attraverso i secoli, l’appello al reciproco perdono e alla riconciliazione ma anche un richiamo a continuare il dialogo per dare una testimonianza comune soprattutto di fronte alle sfide del mondo moderno e dell’odierna Europa. In Polonia il Patriarca Kirill incontrerà il metropolita Sawa, capo degli ortodossi polacchi, e visiterà alcuni centri religiosi, tra i quali il sacro monte di Grabarka, importante luogo di culto ortodosso. Sarà ricevuto anche dal presidente della Repubblica Bronislaw Komorowski. Per mons. Wojciech Polak, segretario generale della Conferenza episcopale polacca, si tratta di un evento veramente importante, sia per la Polonia sia per la Russia, in vista del superamento di reciproci attriti che affondano le radici nella storia dei due Paesi. Il messaggio comune – afferma il presule - non potrà certo risolvere tutti i contrasti e i dubbi storici esistenti, che dovranno essere risolti con il tempo, ma è l’inizio di un processo di riconciliazione. Processo che dovrà basarsi sulla verità storica.

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    Australia: l'8 settembre ordinazione di quattro ex pastori anglicani entrati nella Chiesa cattolica

    ◊   Il prossimo settembre quattro ex pastori anglicani australiani riceveranno l’ordinazione sacerdotale nella Chiesa cattolica. Si tratta di James Grant, Neil Fryer, Christopher Seton e Ramsay Williams, membri del nuovo Ordinariato personale di Nostra Signora della Croce del Sud, eretto il 15 giugno scorso per accogliere gli anglicani australiani che hanno deciso di entrare nella Chiesa cattolica. L’ordinazione avrà luogo l’8 settembre, Festa della Natività della Vergine, presso la cattedrale di San Patrizio di Melbourne. Insieme a loro – riferisce il sito dell’Ordinariato http://ordinariate.org.au - ci saranno altri quattro candidati al sacerdozio dell’arcidiocesi. L’Australia è il terzo Paese ad avere un Ordinariato personale per gli ex anglicani che decidono di entrare nella Chiesa cattolica secondo quanto stabilito dalla Costituzione apostolica di Benedetto XVI “Anglicanorum Coetibus” : il primo ad essere istituito nel 2011 è stato quello di Nostra Signora di Walsingham, in Inghilterra, mentre lo scorso mese di gennaio è stato eretto quello della Cattedra di San Pietro per gli ex episcopaliani degli Stati Uniti. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Taiwan: giovani cristiani, buddisti e taoisti uniti per il dialogo interreligioso

    ◊   La Conferenza Taiwanese per la religione e la pace (Tcpr) organizza annualmente eventi interreligiosi tra i giovani. Quello di quest’anno, alla 13.ma edizione, si è tenuto dal 2 al 5 agosto a Hualian, sulla costa orientale di Taiwan. Come riporta l’agenzia AsiaNews, hanno partecipato giovani rappresentanti di dieci differenti religioni, tra cui buddisti, cattolici, taoisti, protestanti e ikuantao. “L’obiettivo principale – spiega Chen Caiqi, professoressa in una delle più importanti scuole cattoliche di Taipei e studiosa della Tcpr – è far conoscere i giovani fra loro per evitare che vi siano facili fraintendimenti tra le religioni. Dialogando e lavorando insieme, i ragazzi stringono autentiche amicizie che aprono la strada a future collaborazioni e a un arricchimento reciproco”. (L.P.)

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    Giornata nazionale della gioventù a Timor Est

    ◊   Dal 6 al 12 agosto scorsi si è svolta, presso la parrocchia salesiana di Laga, a 150 km da Dili, nel Paese di Timor Est, la XXI Giornata Nazionale della Gioventù. I giovani della Gioventù Salesiana hanno animato la preghiera e le attività durante tutta la settimana. Lo riferisce l’Agenzia Ans. All’Eucaristia conclusiva, presieduta dal vescovo della diocesi di Baucau, mons. Basilio do Nascimento, hanno partecipato circa 7000 fedeli. La Giornata Nazionale della Gioventù si è aperta con un Congresso nazionale durato l’intera settimana. Circa 850 i giovani che vi hanno partecipato provenendo dalle parrocchie di Timor Est. Diversi gli interventi di personaggi ecclesiali e civili. La preghiera e i momenti di distensione sono stati animati dal Movimento Giovanile Salesiano (MGS) guidato da don Elias Maia, delegato ispettoriale per la Pastorale giovanile. Durante la preghiera, alcuni testimoni hanno condiviso le esperienze di fede sperimentate durante la permanenza della Croce dei Giovani nell’area affidata alla cura dei salesiani della parrocchia di Laga. A conclusione del congresso, sabato 11 agosto, è stato celebrato il sacramento della Cresima; 996 giovani hanno ricevuto la Confermazione dalle mani dei tre vescovi di Timor Est: mons. Basílio do Nascimento, vescovo di Baucau, mons. Alberto Ricardo da Silva, vescovo di Dili, e mons. Norberto do Amaral, vescovo di Maliana. Durante la celebrazione di domenica 12 agosto, il vescovo di Baucau, che ha presieduto l’Eucaristia, ha chiesto ai cattolici, soprattutto ai giovani, di promuove a Timor Est una cultura cattolica ed ha sottolineato, inoltre, come la presenza della Croce dei Giovani nella parrocchia di Laga abbia aiutato i fedeli a riscoprire la dimensione della preghiera. Il passaggio della Croce dei Giovani nelle cinquanta cappellanie appartenenti alla parrocchia di Laga, durato circa un anno, ha risvegliato nei cristiani la necessità e l’urgenza di pregare in comunione con altri fratelli in Cristo. La Croce dei Giovani, dopo aver sostato per un anno nella parrocchia di Laga, è stata affidata alla parrocchia di Suai, della diocesi di Maliana. Questa attività si ispira alla Giornata Mondiale della Gioventù voluta da Giovanni Paolo II nel 1985. A Timor Est viene celebrata ogni anno e dal 2008 è denominata Giornata Nazionale della Gioventù, mentre prima era chiamata Pasqua Nazionale dei Giovani.

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    L'Ungheria celebra la memoria di Santo Stefano, evangelizzatore del Paese

    ◊   Il 20 agosto tutta l’Ungheria è in festa per le celebrazioni di Santo Stefano e della festa nazionale. Canonizzato da Papa Gregorio VII nel 1083, Stefano è stato fondatore e primo re d'Ungheria, e in seguito alla sua conversione al cristianesimo evangelizzatore dell’Ungheria. Il 20 agosto si commemora sia la traslazione delle spoglie di Santo Stefano a Buda, sia il giorno in cui la tradizione data la sua incoronazione a re. La più importante reliquia del santo sovrano è la mano destra, detta anche «la sacra destra», portata in processione il 20 agosto in occasione della festa ungherese più antica e più popolare a lui dedicata. Interessanti le vicissitudini di questa reliquia e della devozione di cui venne fatta oggetto. Durante il periodo della dominazione turca, infatti, si persero le tracce della mano di Santo Stefano, che fu ritrovata alcuni secoli dopo nella città dalmata di Ragusa e riportata in Ungheria grazie all'intervento dell’imperatrice Maria Teresa. Successivamente la reliquia venne trasferita nella Basilica di Santo Stefano a Budapest, dove ancora oggi è custodita. Intorno al 1860 la processione della «sacra destra», che si svolgeva nel quartiere del Palazzo Reale, divenne popolarissima. Oggi, nella piazza antistante alla Basilica di Santo Stefano il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, primate d’Ungheria e presidente della Conferenza Episcopale Ungherese, presiederà nel pomeriggio (ore 17.00) la Messa solenne per l'odierna memoria liturgica di Santo Stefano d’Ungheria. Seguirà la processione solenne della “sacra destra” – reliquia del Santo Re, custodita nella Basilica a lui dedicata. (S. L.)

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    Pakistan: celebrazione interconfessionale per l'anniversario dell'indipendenza

    ◊   Il 14 agosto è la data che segna la fine del colonialismo britannico nel 1947 e la nascita del nuovo Stato pakistano. Come ogni anno, riferisce l’agenzia Asianews, ci sono state numerose manifestazioni celebrative tra le quali una tenuta a Faisalabad, nel Punjab, in cui la Fondazione Pace e sviluppo umano (Phd) assieme alla Care Foundation, ha promosso una festa interconfessionale per celebrare l'indipendenza, nel corso della quale si sono letti passi tratti dalla Bibbia e dal Corano, è risuonato l'inno nazionale e semplici cittadini - cristiani e musulmani, assieme a leader politici e sociali - hanno sventolato bandiere e stendardi. Tuttavia, come dichiarano alcuni attivisti cristiani citati dall'agenzia Asianews, si continuano a registrare numerosi episodi di violenza e persecuzioni verso singoli o comunità. E' il caso delle minoranze indù, di cui si contano ormai oltre 300 famiglie già fuggite in cerca di rifugio e protezione in India. (L.P.)

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    La tragedia dei profughi del Mediterraneo in un film proiettato al festival di Venezia

    ◊   Un film denuncia sui profughi nel Mediterraneo sarà proiettato alla prossima Mostra del cinema di Venezia. “Mare chiuso”, questo il titolo della pellicola di Andrea Segre e Stefano Liberti, si soffermerà in particolare su di un episodio del marzo 2011, quando non fu soccorso un barcone alla deriva con 72 profughi dalla Libia, sebbene fosse stato avvistato dai mezzi militari in perlustrazione. Morirono in 63, ne sopravvissero solo 9. Una tragedia che è stata denunciata dal Consiglio d’Europa, che in un comunicato si scaglia contro i troppi morti nel Mediterraneo: “lo scorso anno furono 1500 le vittime accertate, cioè quelle di cui siamo a conoscenza grazie a qualche superstite dei naufragi”, si legge ancora nel messaggio, duramente critico anche verso quei respingimenti che “non rispettarono le leggi sul dovere di accoglienza dei profughi”. La proiezione avverrà venerdì 31 agosto, alla presenza del presidente della Biennale Paolo Baratta, del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e della vicesegretaria generale del Consiglio d’Europa Maud de Boer. Particolarmente rilevante sarà la partecipazione di uno dei 9 superstiti e del sacerdote che, avvertito dal cellulare di un naufrago, lanciò l’sos che rimase inspiegabilmente inascoltato. (M.R.)

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    Eletta a Vienna la nuova direttrice dell’Istituto "Madonna della Strada"

    ◊   Maria Christine Hochleitner è stata eletta direttore generale dell’Istituto Secolare "Madonna della Strada" a seguito dell’assemblea generale che ha avuto luogo dal 5 agosto ad oggi a Vienna, nella don Bosco Haus. L’istituto, che fa riferimento alla spiritualità di Sant’Ignazio, fu fondato nel 1936 dal gesuita padre Carl Dinkhauser e dalla laica Maria Elizabeth von Strachotinsky, e ricevette l’approvazione papale il 3 gennaio 1953. Come riporta l’agenzia Zenit, la spiritualità dell’Istituto è anche mariana, cioè i suoi membri guardano a Maria, Madre del Signore, e la scelgono come modello di vita, ringraziandola per aver testimoniato che occorre cercare Dio in tutte le circostanze della vita e per aver vissuto la sua vita in forma totalmente donata a Dio. L’Istituto è formato da numerose donne impegnate ogni giorno in attività professionali in varie parti del mondo, come Austria, Canada, Irlanda, Corea, Filippine, Giamaica, Giappone, India, Repubblica Ceca, Slovacchia, Taiwan, Ungheria e Stati Uniti d’America, che testimoniano la loro fede nel loro ambiente di lavoro. (L.P.)

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    Appello Ue: sostenere cultura e arte per vincere la crisi

    ◊   Il 13 e il 14 agosto si è tenuto a Edimburgo un grande summit internazionale che ha coinvolto vari ministri della cultura europei, ma anche artisti, esperti, studiosi e insegnanti, per ribadire il programma “Europa creativa”. Androulla Vassiliou, la Commissaria europea incaricata di occuparsi di educazione, di giovani, di patrimonio artistico e di multilinguismo, afferma l’importanza di iniettare liquidità nel vasto campo della conoscenza, per fa crescere l’Europa, per superare la crisi, per avvicinare i popoli e alimentare il progresso della civiltà. “Cultura e arti hanno il potere di trasformare la vita delle persone e di avvicinare gli Stati”. La politica comunitaria in tale ambito va di pari passo con quelle nazionali nell’intento di “promuovere la diversità e il dialogo interculturale”, oltre che di porre il potenziale della cultura al servizio della creatività, dell’innovazione, della ricerca applicata, essenziale per far emergere praticabili risposte anti-recessione. Il programma dovrà finanziare nei prossimi anni, con una cifra di circa 1,8 miliardi di euro, cinema, televisione, musica, editoria, arti dello spettacolo e tutela del patrimonio culturale, perché non bisogna trascurare il fatto che “l’industria creativa” può creare Pil e posti di lavoro. Le riflessioni emerse dal meeting di Edimburgo vanno a inserirsi in un quadro molto preoccupante: in questo periodo di crisi e di lotta al debito pubblico, infatti, gli Stati sono portati a compiere dei tagli, anche drastici, proprio nel campo della cultura, della tutela del patrimonio artistico, alle università e alle scienze. (L.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 229

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito http://it.radiovaticana.va/index.asp

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.