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Sommario del 14/08/2012
Memoria di San Massimiliano Kolbe. Il Papa: l’amore vince le tenebre dell’odio e dell’egoismo
◊ Oggi la Chiesa celebra la memoria di San Massimiliano Kolbe, sacerdote francescano polacco morto nel lager nazista di Auschwitz per salvare un padre di famiglia. Il Papa lo ha definito una “luce” che “ha incoraggiato altri a donarsi” per essere vicini ai sofferenti e agli oppressi. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Vincere il male con il bene, l’odio con l’amore: è ciò che ci ricorda il Vangelo odierno dedicato al “comandamento nuovo” di Gesù: “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati”. Parole che padre Kolbe ha vissuto fino in fondo e che – come dice il Papa – invitano tutti noi a seguire l’amore senza misura del nostro Signore:
“Quelle parole di Gesù, ‘come io vi ho amati’, ci invitano e insieme ci inquietano; sono una meta cristologica che può apparire irraggiungibile, ma al tempo stesso sono uno stimolo che non ci permette di adagiarci su quanto abbiamo potuto realizzare”. (Udienza generale, 9 agosto 2006)
L’amore verso Gesù passa attraverso il sì di Maria. E padre Kolbe, sacerdote mariano nel suo dna, ha continuato a dare speranza e consolazione a quanti erano con lui nel bunker della fame di Auschwitz, totalmente affidato alla Madre di Dio fino alla fine. Era il 14 agosto 1941:
“'Ave Maria!': fu l’ultima invocazione sulle labbra di san Massimiliano Maria Kolbe mentre porgeva il braccio a colui che lo uccideva con un’iniezione di acido fenico. È commovente costatare come il ricorso umile e fiducioso alla Madonna sia sempre sorgente di coraggio e di serenità”. (Udienza generale, 13 agosto 2008)
I martiri non si scoraggiano nel fare il bene anche quando il male sembra distruggere tutto:
“Apparentemente le loro esistenze potrebbero essere ritenute una sconfitta, ma proprio nel loro martirio risplende il fulgore dell’Amore che vince le tenebre dell’egoismo e dell’odio. A San Massimiliano Kolbe vengono attribuite le seguenti parole che egli avrebbe pronunciato nel pieno furore della persecuzione nazista: ‘L’odio non è una forza creativa: lo è solo l’amore’”. (Udienza generale, 13 agosto 2008)
◊ La Chiesa celebra domani la Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria: domani mattina, alle 8.00, il Papa presiederà la Santa Messa nella parrocchia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo. A mezzogiorno, il tradizionale appuntamento dell’Angelus, nel cortile del Palazzo Apostolico della cittadina laziale. Sul significato di questa Festa, ascoltiamo mons. Carlo Liberati, vescovo-prelato e delegato pontificio per il Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei. L'intervista è di Marco Guerra:
R. – Con la morte, la vita cambia aspetto, cambia modalità, è come una strada che continua con un’altra esperienza. Questo è vero, anzi la nostra vita è così esaltata dopo la morte che noi siamo destinati a entrare nella gloria, nella Risurrezione. Maria Santissima in questo è un esempio straordinario perché Lei entra in questa esperienza prima di noi: noi nella morte siamo irriconoscibili per una fase transitoria fino al giorno della Risurrezione e veniamo anche umiliati nella polvere, nella corruzione del sepolcro; questo non poteva essere il presente dopo la morte di Maria perché Lei era preservata dal peccato originale, perché Lei era la madre di Cristo Redentore. Il modo in cui Maria fu assunta in Cielo è quello proprio dell’eternità, del corpo che viene glorificato e che non ha niente da spartire con la corruzione e la polverizzazione del corpo umano fino al giorno della gloria.
D. - La solennità dell’Assunzione conferma l’impossibilità di disgiungere il corpo e lo spirito nel percorso verso la salvezza…
R. – Noi non potremmo mai essere separati. Dopo la morte c’è un periodo di transizione, che è quello del sepolcro, ma poi siamo destinati alla ricomposizione. Siamo destinati alla gloria, la gloria ci esalterà. La Madonna ha conosciuto subito questo. Nelle apparizioni mariane – Fatima, Lourdes, Guadalupe, ecc. - avviene che i veggenti, interrogati su quella Signora, hanno tutti detto che la bellezza della Madonna era indicibile perché non poteva essere descritta, perché superiore, diversa. Quando è stato loro mostrato un dipinto di Maria Santissima oppure una statua, hanno dato uno sguardo sconsolato e hanno detto: no, era molto più bella! Perché c’era la “Doxa tou Theou”, cioè il segno inconfondibile della gloria di Dio.
D. – Quindi la glorificazione del corpo di Maria ci insegna a ripudiare ogni forma di umiliazione del corpo umano…
R. - Il corpo, insieme all’anima, cioè la persona, è creato per la felicità definitiva. Si pensi alla tristezza, all’umiliazione e al degrado della prostituzione, della schiavitù sul lavoro, della perdita della libertà, della perdita dell’autonomia di pensiero, di azione, delle soggezioni alle mode, alle consuetudini, ai miti del nostro tempo, il mito del piacere ... Tutto questo non ha nulla da spartire con quello che ci aspetta nell’eternità e quindi la glorificazione immediata dopo la “Dormitio” del corpo di Maria ci insegna che essendo la nostra vocazione totalmente diversa dalle vicende del mondo, i giovani devono capire che l’effimero va superato, che loro devono guardare più in alto, non solo alle stelle del cielo e gli astri, ma devono reclinare il capo nel silenzio della loro coscienza e del loro cuore, e cercare quei valori come la pace, la serenità, l’equilibrio, la pazienza, la fortezza, la purezza interiore, che non hanno tramonti ma che sono perenni e ci avvicinano allo splendore di Dio, alla bellezza di Maria.
D. – Come viene onorata l’Assunzione al Santuario della Madonna di Pompei?
R. - Con tutti i canti mariani espressi nelle lingue di tutto il mondo cattolico. Se lei viene a Pompei sentirà tutti i più bei canti in tutte le lingue che la Chiesa cattolica innalza alla Vergine Maria e che riempiono il nostro Santuario. Cerchiamo di ricreare un clima di contemplazione, di raccoglimento, di necessario silenzio al mistero dell’amore di Dio, come in quel giorno a Nazareth tra Gabriele e Maria Santissima.
D. – Le forme di devozione e le celebrazioni che accompagnano questa Solennità possono alimentare la fede del singolo e dell’intera comunità cattolica?
R. – E’ difficile essere cristiani sul serio se non si diventa anche mariani, con lo spirito di Maria: per essere cristiani bisogna saper dire sì al Signore. La Madonna è la creatura che dice un sì totale, sempre, a Dio che la chiama. I sacerdoti che conosco che recitano il Rosario sono i più zelanti, i più miti, i più coraggiosi: in una parola sola sono più santi. Non credo che quel Rosario sia estraneo. E’ uno strumento straordinario di perfezione.
Indagini sulla fuga di documenti vaticani. Padre Lombardi: trasparenza e rigore
◊ Il metodo è quello della trasparenza e del rigore: così il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, in una nota a proposito della pubblicazione, ieri, della requisitoria e della sentenza relative alla fuga di documenti riservati vaticani. Il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet, accogliendo le richieste del promotore di giustizia Nicola Picardi, ha rinviato a giudizio due persone: Paolo Gabriele, aiutante di camera di Benedetto XVI, accusato di furto aggravato, e Claudio Sciarpelletti, dipendente della Segreteria di Stato, accusato di favoreggiamento. Ascoltiamo la nota di padre Lombardi:
La sentenza di rinvio a giudizio che conclude una parte dell’istruttoria condotta dalla magistratura vaticana sulla vicenda della pubblicazione di documenti riservati non rappresenta certo l’esito finale delle indagini e delle riflessioni su che cosa questa vicenda significa e in quale contesto è maturata. Si riferisce infatti ad un reato specifico e a due persone (una direttamente responsabile e una solo molto indirettamente coinvolta), e non a un complesso più articolato di eventi e relazioni su cui la stessa magistratura e una commissione cardinalizia sono state chiamate a indagare, con competenze specifiche e prospettive diverse. Tuttavia la pubblicazione della sentenza e della requisitoria che l’ha preceduta non vanno sottovalutate, perché sono un passo concreto, compiuto con strumenti e metodi giuridici specifici, per affrontare i problemi con rigore e trasparenza, senza scorciatoie o coperture per quanto benintenzionate. Una pubblicazione ampia e completa come quella di ieri mattina, con la sola riserva dei nomi e cognomi di persone da tutelare, è un atto coraggioso e finora piuttosto insolito nelle usanze vaticane. La decisione del Papa di incoraggiare il lavoro della magistratura ha un suo valore significativo, di rispetto scrupoloso per la competenza e l’autonomia di questa istituzione, e di fiducia nel contributo che può dare nel difficile e faticoso cammino per cercare la verità e stabilire la giustizia con strumenti umani. Forse l’avvicinamento è ardito, ma ci viene da pensare che come il confronto con le istituzioni esterne di Moneyval aiuta certamente a crescere nella direzione della trasparenza economica e finanziaria, così il maggiore riconoscimento del ruolo della magistratura può aiutare oggi a crescere nella direzione della trasparenza e della coerenza nel campo della comunicazione e della discussione di altre questioni non strettamente ecclesiastiche. Il contributo della magistratura non basta dunque per affrontare l’intera gamma dei problemi, ma è serio e impegnativo, e può far riflettere sotto una nuova angolatura sulla serietà delle questioni della fedeltà alle istituzioni che si servono, del valore della fiducia e della comunicazione confidenziale, della solidarietà e della responsabilità dell’unione nel servizio delle istituzioni. Anche questa è una prospettiva in cui si può leggere la linea assunta consapevolmente dal Santo Padre nello stabilire tempi e modi per guidare i suoi collaboratori con lungimiranza in un servizio della Chiesa sempre più efficace ed evangelico.
Mons. Tomasi: intervenire subito per evitare nuova crisi alimentare mondiale
◊ Cresce l’allarme, a livello internazionale, per l’aumento dei prezzi dei beni alimentari. Un’emergenza acuita dalla siccità negli Stati Uniti, la peggiore negli ultimi 60 anni, che ha determinato un notevole ribasso nei raccolti di mais e soia. Per evitare una nuova crisi alimentare, dopo quella del 2007-2008 che provocò numerose rivolte in molti Paesi, i membri del G20 si riuniranno il 27 agosto. In tale occasione, potrebbe essere convocata una Conferenza mondiale sull’emergenza, tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre. Secondo la Coldiretti, la crisi alimentare potrebbe colpire anche l’Italia che importa l’80 per cento della soia di cui ha bisogno. Sul rischio di una nuova crisi alimentare mondiale, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:
R. – Le statistiche sono molto serie: il calcolo è di 170 milioni di bambini rachitici o fisicamente indeboliti, perché hanno un'alimentazione inadeguata. Ci sono Paesi che soffrono la fame, come lo Yemen per esempio, dove si calcola che 10 milioni di persone siano affamate e 260 mila bambini malnutriti e a rischio di morte. Poi ci sono il Sahel, la Somalia e il Sud Sudan. Nel contesto delle Nazioni Unite si parla di un bisogno di quasi otto miliardi di dollari per poter rispondere alle emergenze attuali e ne sono arrivati meno di quattro. Quindi, il problema rimane ed è complicato da quella che viene percepita come l’inizio di una nuova crisi, a causa della siccità negli Stati Uniti e in altri Paesi, come l’Australia e la Russia, produttori di cibo. La siccità negli Stati Uniti è la peggiore degli ultimi 60 anni per cui la produzione di soia e di mais viene ridotta e questi cereali hanno registrato nel mese di luglio un balzo del 17 per cento in più nei prezzi, rispetto al mese di giugno. Ci troviamo veramente spiazzati nella programmazione. Questo alzarsi dei costi può avere delle ripercussioni anche sociali, se pensiamo alla crisi del 2007-2008 per il costo del cibo, che ha visto sommosse e proteste in 30 Paesi, dal Bangladesh fino ad Haiti. Bisogna stare attenti e calcolare bene le conseguenze di questo momento.
D. – In che modo si può prevenire l’esplodere di una nuova crisi alimentare?
R. – Questo è il compito che dovranno assumersi i rappresentanti del G20, che si pensa dovranno incontrarsi o a settembre o ad ottobre: affrontare la politica globale del cibo nel mondo di oggi. Bisogna tenere in conto le cause di questa scarsità di cibo. Certo la siccità è una delle cause, ma c’è anche il fatto che una grande quantità di cibo, di prodotti agricoli – dal mais alle barbabietole alla canna da zucchero – vengono usati per produrre biocarburanti, specialmente l’etanolo. Quindi, si è aperta in questi giorni, in maniera rinnovata, la controversia su come trovare una politica adeguata che equilibri la necessità dell’ambiente e quindi di ridurre l’anidride carbonica che viene emessa nell’aria a causa dell'uso del petrolio e così via, ma dall’altra di dare priorità al cibo, perché il cibo è una necessità legata alla vita. Del resto, in questa politica globale che si dovrebbe formulare, bisognerà tener conto di come la speculazione finanziaria sul mercato delle “commodity” del cibo sia ancora importante e che ci vogliono delle regole per evitare sfruttamenti che abbiano delle conseguenze, soprattutto sugli strati più poveri e più bisognosi della popolazione.
D. – La Santa Sede ribadisce che non si può pensare ad un commercio dei beni primari come gli alimenti, per l’appunto, come fossero beni comuni...
R. – Questo viene enfatizzato dalla Dottrina sociale della Chiesa, quindi dalla voce del Papa soprattutto, per la sua connessione: perché il diritto al cibo, il diritto all’acqua sono legati strettamente alla vita. Non si può giocare o speculare per vantaggi prettamente economici su queste “commodity”, questi beni che sono importanti, soprattutto in questo momento. Ci vuole quindi una possibilità di distribuzione più equa.
Siria, l'ex premier fuggito in Giordania: il regime di Assad è quasi alla fine
◊ La Siria ancora stretta nella morsa della violenza. Pesanti scontri in tutto il Paese, a Damasco è giunta Valerie Amos, rappresentante Onu per gli Affari umanitari, che dovrà fare il punto sugli aiuti ai profughi. Mentre la Conferenza dei Paesi Islamici ha deciso l’espulsione della Siria dall’organizzazione, pesano le dichiarazioni dell’ex premier siriano fuggito in Giordania. Benedetta Capelli:
“Il regime di Damasco sta commettendo crimini contro la popolazione, io non potevo continuare a guardare”. Riad Hijab, ex premier siriano, spiega così la sua decisione di ripiegare in Giordania. In una conferenza stampa, sottolinea che solo l'Esercito Siriano Libero sta difendendo i civili dalla violenza del regime che ormai – afferma – controlla il 30% del Paese e non ha più la forza economica e finanziaria per resistere. Parole che arrivano nel giorno in cui i ministri degli Esteri dei Paesi della Conferenza Islamica, riuniti alla Mecca, hanno deciso di sospendere la Siria dall'Organizzazione nonostante la contrarietà dell’Iran. Un modo per isolare ancora di più il presidente Assad. In Siria gli scontri continuano soprattutto ad Aleppo e a Damasco, secondo l’opposizione, solo ieri sono state 160 le vittime, cento i civili uccisi. La tv iraniana Al Alam ha reso noto il rapimento di un suo reporter, fermato dai ribelli ad Homs mentre rientrava a casa. Intanto cresce l’emergenza umanitaria, a Damasco è giunta Valerie Amos, vice segretario generale dell'Onu per gli affari umanitari. In programma incontri con il sottosegretario agli Esteri siriano per discutere degli aiuti a più di un milione e mezzo di sfollati all'interno della Siria e ai circa 150 mila rifugiati nei Paesi confinanti.
Quali conseguenze dell’espulsione, che sarà ratificata domani, della Siria dall’Oci, Organizzazione della Conferenza Islamica? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Stefano Torelli, membro del Cisip, Centro Italiano di Studi dell’Islam politico:
R. – Diciamo che le conseguenze di questa decisione adottata sono in realtà più simboliche che altro. Si tratta di un’organizzazione abbastanza importante, dal punto di vista politico Fra l’altro anche in seno a queste organizzazione è maturata l’ennesima spaccatura tra il blocco arabo-sunnita e l’Iran. Peraltro, bisogna ricordare che il presidente dell’organizzazione è un turco e anche questo ha un suo peso. Le conseguenze sono più simboliche che effettive, perché stanno a dimostrare ancora una volta l’isolamento in cui il regime di Damasco si trova, anche all’interno dello stesso blocco dei Paesi islamici, dei Paesi musulmani.
D. – Quella proposta che era stata fatta del mediatore dell'Onu e dell'Unione Africana, Kofi Annan, di inglobare l’Iran in una trattativa per favorire l’uscita di scena di Assad, può ancora essere una prospettiva valida?
R. – Più che una prospettiva valida realisticamente potrebbe essere l’unica vera prospettiva percorribile. L’Iran è un attore fondamentale da coinvolgere in qualsiasi negoziato che riguardi i conflitti in Medio Oriente. E Kofi Annan è stato realista e anche lungimirante. D’altro canto, però, vi sono equilibri politici difficili da scardinare e quindi, oggi come oggi, soprattutto per il veto di Paesi come gli Stati Uniti e di altri. E’ chiaro che ormai si è arrivati ad un punto in cui Stati Uniti, Occidente e in parte anche Turchia, che invece prima si poneva sempre come un interlocutore tra l’Occidente e l’Iran, abbiano maturato la decisione. La sensazione è che la crisi siriana non debba più passare neanche per Teheran, ma debba essere risolta in altro modo. Quale altro modo non è stato messo bene in chiaro.
D. – Tra poco scade il mandato degli osservatori Onu in Siria. Che bilancio si può fare di questa missione?
R. – Non è un successo. E’ stata una missione che è stata messa in campo soprattutto per cercare, anche tramite l’azione diplomatica, come assicurava Kofi Annan, di trovare delle soluzioni condivise, ma le caratteristiche stesse di questa missione hanno subito messo in evidenza, a mio avviso, la debolezza della missione stessa. La Siria è ormai – nessuno lo nasconde più – un vero e proprio teatro di guerra civile e la missione attuale dell’Onu prevede l’invio di 300 soldati, non armati, a titolo di osservatori, per monitorare la situazione. Mi sembra che l’azione dell’Onu sia stata più simbolica che efficace, dal punto di vista reale.
Sudafrica: 9 morti in una miniera, in scontri tra sindacati
◊ In Sudafrica, nove persone, tra cui due poliziotti, sono state uccise in scontri tra sindacati rivali e forze dell'ordine in una miniera della Lonmin, terzo produttore mondiale di platino, a 100 km a Nord-ovest da Johannesburg. Le vittime sono due agenti, due guardie di sicurezza, tre minatori e due civili. La polizia ha reso noto che i due agenti sono morti dopo essere stati colpiti dalla folla impazzita con un 'panga', il tradizionale machete. Un altro poliziotto è rimasto ferito gravemente. Della tensione e dei problemi che ci sono intorno alla miniera, che ha visto episodi di scontri già da gennaio, Fausta Speranza ha parlato con l’africanista Angelo Turco, docente presso la Libera Università Iulm di Milano:
R. – La miniera è un punto dolente, tant’è vero che anche al recente Congresso dell’African National Congress se n’è parlato molto e il presidente Zuma si è espresso escludendo le nazionalizzazioni che erano state ventilate. Teniamo conto che in Sudafrica si produce l’80 per cento del platino mondiale e che la società Lonmin è la terza produttrice al mondo. Teniamo anche conto che è una società in difficoltà.
D. – Perché queste difficoltà e queste tensioni?
R. – La difficoltà è dovuta al fatto che il costo mondiale del platino è in caduta, e quindi i margini di profitto sono modesti, si assottigliano sempre di più; non ci sono investimenti ulteriori da parte delle società minerarie e quindi il malessere dei lavoratori di queste società è palpabile. Tenga conto, peraltro, che questo scoppio di violenza, che non è il primo ma rientra in una serie iniziata a gennaio, ha comportato un abbassamento della quotazione alla Borsa di Londra della società del 5%, seguito da un abbassamento registrato ieri dell’1,5% … Quindi, ci sono delle ripercussioni finanziarie immediate che non possono che aggravare la situazione.
D. – Ricordiamo le condizioni del Sudafrica? E’ sempre il Paese che si è lasciato alle spalle l’apartheid, ma vive implicazioni sociali ancora dolorose …
R. – Molto dolorose. L’apartheid è cosa che appartiene al passato, si dice: tutti ce lo ripetiamo come un mantra. Però, nella pratica sociale e nello svolgimento dei rapporti sociali, l’apartheid è una realtà rimasta. Il divario di ricchezza tra gli strati più bassi della società e quelli più alti è tra i più imponenti al mondo e quindi il Sudafrica continua a rimanere un Paese nel quale ci sono pochi ricchi e moltissimi poveri, anche se le statistiche tendono ad occultare questo dato di fondo.
D. – In Africa, lo sfruttamento delle risorse minerarie è sempre stato un’arma a doppio taglio: da una parte una grandissima potenzialità per il continente, dall’altra una sorta di "dannazione" perché porta guerre, conflitti, la lunga mano di sfruttatori internazionali …
R. – Purtroppo, c’è da dire che queste straordinarie risorse minerarie, in genere naturali, idriche, forestali, non hanno portato alcun beneficio, finora, all’Africa nonostante ormai si siano celebrati tra l’anno scorso e due anni fa i cinquant’anni delle indipendenze delle ex colonie. E oggi, malauguratamente, non si vede la strada di un recupero di sovranità non tanto da parte degli Stati, ma delle popolazioni africane su queste straordinarie risorse intorno alle quali ormai vanno profilandosi giochi e attori, al primo piano dei quali ritroviamo ovviamente la grande Cina …
◊ Vigilia della Solennità dell’Assunta di preghiera e speranza per le comunità cristiane nel Nord della Nigeria. Appena lunedì scorso l’ennesimo attentato contro una chiesa costato la vita a 20 fedeli. Un perdurare delle violenze che ha spinto alcune associazioni cristiane a chiedere le dimissioni del presidente Jonathan, “perché incapace di garantire la sicurezza”. Ma per capire con quale animo i cristiani si apprestano a celebrare l’Assunzione, Marco Guerra ha intervistato mons. Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria:
R. – Now we pray that there will be no new attacks as we celebrate the Feast …
Preghiamo perché non ci siano nuovi attacchi proprio mentre celebriamo la festa dell’Assunta. Crediamo nella potente intercessione di Maria perché possiamo raggiungere, in Nigeria, sicurezza e pace. Certo, i cristiani sono preoccupati ogni volta che vanno a Messa o ad assistere ad una funzione religiosa, perché i gruppi terroristici hanno la tendenza ad attaccare in occasioni in cui si radunano le folle. E non si può prevedere quando e come questo possa succedere, e questa è la ragione per cui molti cristiani hanno timore e sono ansiosi. Il risultato è che molti preferiscono rimanere a casa perché hanno paura degli attentati. Ciò nonostante, possiamo dire che i cristiani continuano ad andare a Messa, sono coraggiosi e solidamente radicati nella loro fede e non temono gli attacchi del male.
D. – Qual è la sua speranza in occasione di questa Solennità?
R. – I am very optimistic that we shall have a free celebration of the Feast of the …
Sono ottimista e voglio pensare che potremo celebrare in serenità la festa dell’Assunta: speriamo e preghiamo che accada così! Come ho già detto, viviamo con questo clima di tensione e di paura e di ansia perché le azioni di questi terroristi non sono prevedibili: attaccano in maniera molto particolare. Quando ti aspetti l’attentato da una parte, loro si volgono dall’altra e attaccano lì … Quindi, non è facilmente prevedibile dove andranno a colpire. Ma noi cristiani siamo ottimisti e speriamo nel Signore. Sono molto ottimista e penso che celebreremo una Messa bellissima e che tutto andrà bene.
D. – L’associazione dei cristiani nel Nord ha chiesto le dimissioni del presidente Johnatan perché - dicono - non è capace di garantire la sicurezza ai cittadini. Cosa ne pensa?
R. – I’m not a party of that opinion because the wasn’t any wide consultation …
Non condivido questa opinione perché non c’è stata consultazione tra i cristiani su questa opzione delle dimissioni del presidente. Quello che penso io è che il presidente dovrebbe essere più attivo, dovrebbe esplorare tutte le vie per porre fine a questi atti di terrorismo. Io vedo una mancanza di iniziative, di creatività e di volontà politica e questo fa sì che il Paese sia assoggettato a questa forma di terrorismo che attacca la gente, uccide e distrugge. Piuttosto, rivolgerei un appello al presidente affinché avvii azioni più drastiche, urgenti ed efficaci per interrompere le nefaste attività di Boko Haram. Le sue dimissioni non risolverebbero il problema. Io vorrei un presidente più attivo, un presidente che non abbia paura dei criminali, che abbia il coraggio di affrontarli e di indurli a porre fine alla loro attività. Le persone che finanziano queste attività terroristiche devono essere individuate attraverso un sistema di intelligence appropriato e punite: questo, credo, riuscirebbe a mettere fine alle attività di Boko Haram.
◊ Vicenda dell’Ilva. Gli atti del Gip di Taranto sul sequestro dell’impianto sono giunti al Ministero della Giustizia per valutare se sussistano irregolarità sullo stop all’uso dello stabilimento a fini produttivi. Il ministro dell’Ambiente Clini ha fatto sapere che “il Consiglio dei ministri sta valutando se sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, non per aprire un conflitto con la magistratura ma per chiarire i ruoli". "In Italia nessuna legge attribuisce il compito di monitoraggio ambientale all'autorità giudiziaria", ha proseguito il ministro che ha sottolineato come l’azione della magistratura metta a rischio l’intero sistema industriale italiano. Luca Collodi ne ha parlato con l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro:
R. - Lavoro e salute non possono essere in opposizione. Nella situazione attuale, vediamo seriamente minacciata la possibilità del lavoro, e seriamente attaccata la salute. Per cui, una soluzione che potrebbe essere realizzata è quella di continuare l’esperienza lavorativa, altrimenti 15 mila persone perderebbero il posto di lavoro. In tempi di crisi, una disoccupazione in massa è un problema molto grave e già ci sono molte famiglie che, angosciate, vengono a visitarmi. Dall’altro lato, l’iniziativa della magistratura ha messo in evidenza - più di quanto non lo sapessimo - la gravità dell’attacco alla salute fatto dalle emissioni che contaminano l’ambiente. Il mio giudizio è che lo Spirito ci illumini in una soluzione che contempli l’attenzione ai due aspetti. E penso che se lo Stato decide di intervenire, si può dare continuità al lavoro, mettendo però in atto subito le bonifiche richieste e auspicate.
D. - Perché su una fabbrica come l’Ilva, vitale per l’economia italiana, si deve arrivare a Ferragosto con uno scontro tra poteri dello Stato?
R. - C’è qualcosa che non funziona. Quello che ho auspicato da subito è che la questione dell’Ilva fosse considerata come questione nazionale. Alla mia prima partecipazione all’Assemblea generale della Cei - sono a Taranto dall’inizio di gennaio - dopo la prolusione del cardinale Bagnasco che insisteva sul tema del lavoro, ho detto che volevo e voglio collocare questa vertenza come elemento di condivisone per tutta la Chiesa italiana. Perciò, il primo aspetto che ha reso grave e quindi è venuto ad essere un elemento turbativo di questa estate, è stato proprio quello di aver lasciato il problema limitato ad una situazione locale.
D. - Quindi la vertenza dell’Ilva, mons. Santoro, è un esempio di cattiva gestione del bene comune?
R. - Certamente. È un esempio del predominio dell’interesse particolare sull’interesse del bene comune.
D. - I lavoratori dell’Ilva sembrano però spaccarsi tra chi difende la salute e chi il lavoro...
R. - Sembrano spaccarsi, ma anche qui, obbediscono più ad orientamenti – diciamo - “politici”: voglio vedere cosa rispondono quelli che non difendono il posto di lavoro davanti alla prospettiva di essere mandati via, di essere licenziati. Il mio orientamento è che serve un sacrificio comune, per il bene di tutti. Quindi, che lo stabilimento continui la produzione - magari ridotta - e che l’intervento dello Stato ponga in atto da subito le misure che tendono a realizzare le bonifiche, senza dilazionare più quest’azione di miglioramento di un’industria sostenibile. Perciò, una riduzione della produzione, un sacrificio - ma allo stesso tempo - un intervento deciso senza procrastinare nulla nell’azione delle bonifiche.
Ue: la Consulta tedesca non rinvierà la sentenza sul fondo "salva-Stati"
◊ La Corte costituzionale tedesca non rinvierà la sentenza sulla compatibilità della Legge Fondamentale tedesca con il fondo "salva-Stati" europeo, prevista entro il 12 settembre prossimo. Smentite quindi le indiscrezioni del quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt, che ipotizzavano una dilazione dei tempi, in seguito al ricorso di un gruppo di euroscettici. Intanto in Francia si registra, una crescita zero per il terzo trimestre consecutivo. Ad annunciarlo è l’Istituto nazionale di statistica francese, che smentisce di un soffio le attese di recessione della Banca di Francia, che prevedeva una contrazione del Pil dello 0,1%. Su base annuale, la crescita della Francia si attesta tuttavia sullo 0,3%. (M.R.)
Terremoto in Iran: il governo di Teheran apre agli aiuti dall'estero
◊ Gli americani che decideranno di aiutare le vittime dei due terremoti che hanno colpito sabato scorso il nord-ovest dell’Iran, potranno farlo senza incorrere in sanzioni. Ad affermarlo è la portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Vitoria Nuland, che ha affermato che coloro i quali “desiderano fornire assistenza umanitaria agli iraniani potranno inviare cibo e medicine senza dover ottenere una licenza per le transazioni”. A sorpresa un’apertura agli aiuti internazionali è venuta questa mattina da Teheran, che ieri aveva negato ogni bisogno di assistenza dall’esterno. Riferisce l’agenzia governativa iraniana Irna che il vice-presidente della Repubblica islamica, Mohammed Reza Rahimi, avrebbe affermato come “l’Iran sia pronto a ricevere aiuto dall’estero”. Il cambiamento della linea ufficiale potrebbe testimoniare le difficoltà delle autorità iraniane nel gestire le conseguenze dei due terremoti, che hanno causato finora oltre 300 morti, mentre oltre 50mila persone hanno perso le loro abitazioni. (M.R.)
Mons. Shomali: i cristiani di Terra Santa presenza attiva e positiva
◊ Si è tenuta la scorsa fine-settimana a Betlemme la conferenza di presentazione e di studio sui dati relativi alla presenza dei cristiani nei Territori Occupati, in Israele e nella Diaspora, soprattutto in America Latina, promossa dalla Chiesa luterana. I lavori sono stati aperti da interventi significativi tra i quali quelli del pastore Mitri Al Raheb, del vescovo anglicano Munib Younan, del vicario patriarcale per la Palestina mons. William Shomali e del Dr. Hanna Issa, segretario generale del Comitato Islamo-Palestinese. Nel suo intervento – riporta il sito del Patriarcato di Gerusalemme - mons. William Shomali, in rappresentanza del Patriarcato Latino di Gerusalemme ed in qualità di Vicario per la Palestina, ha sottolineato tra le altre cose che “non ci si può limitare a guardare la sola freddezza dei dati statistici, pur sempre importanti e significativi, ma che da essi si sappia guardare con speranza al futuro, senza creare un muro virtuale di lamentela; nonostante il calo significativo dei dati statistici dabbiamo essere capaci di coltivare la speranza, che sola ci sostiene nella certezza che Dio non abbandonerà mai questa Sua Santa Terra, al solo destino umano. I cristiani non sono solo statistiche e percentuali ma una presenza attiva e positiva, un ponte fra le diverse culture della Terra Santa”. I lavori si sono sviluppati attorno a quattro sessioni. La prima ha visto i convegnisti affrontare la problematica della “presenza cristiana a Gerusalemme, nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza“. La seconda ha affrontato il tema della "presenza cristiana all’interno d’Israele". La terza è stata dedicata alla presenza dei "cristiani palestinesi in America Latina". La quarta ed ultima sessione ha affrontato il delicato tema delle strategie da adottare per poter affrontare il futuro. Tre libri sono stati pubblicati per sviluppare queste tematiche. Tra gli altri hanno preso parte al convegno oltre ai relatori e ai moderatori mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale Latino per Israele e il Patriarca emerito di Gerusalemme, Michael Sabbah. (L.Z.)
Usa. I vescovi: il rispetto dei lavoratori al centro dell'economia
◊ “Il rispetto per il lavoro ed i lavoratori è la chiave di una rinnovata economia”: è quanto scrive mons. Stephen Blaire, presidente della Commissione per la Giustizia e lo sviluppo umano, organo della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. In vista del Labour Day, che quest’anno ricorre il 3 settembre, il presule ha diffuso una nota, intitolata “Porre il lavoro e i lavoratori al centro della vita economica”. “Milioni di americani – si legge nel testo – soffrono a causa della disoccupazione, della sottoccupazione, della povertà, e ciò rappresenta un grave fallimento, economico e morale, della nostra nazione”. Ricordando i 12 milioni di americani senza lavoro, le tante persone sottopagate o che hanno rinunciato a cercare un impiego, i 10 milioni di famiglie di lavoratori poveri, i 46 milioni, tra cui 16 milioni di bambini, che vivono nella miseria, mons. Blaire parla di “un’economia fallata” e, citando l’Enciclica “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI, ricorda che “la povertà è spesso il risultato di una violazione della dignità del lavoro dell’uomo”, sia a causa della mancanza di opportunità di impiego, sia per lo “scarso valore dato al lavoro e ai diritti che ne derivano” (CV n.63). Di qui, la sottolineatura forte che il presule fa sui “terribili costi umani” prodotti da un’economia fallata, ovvero “lavoratori sfruttati e maltrattati, salari in calo, famiglie stressate”. Di fronte a tale realtà, nota mons. Blaire, “molti lavoratori lottano per uno stipendio equo, un lavoro sicuro, per avere voce nel mondo economico” poiché “non riescono ad acquistare i beni che producono, a soggiornare negli alberghi che puliscono, a mangiare il cibo che raccolgono, preparano o servono”. Per questo, scrive il vescovo statunitense, “un’economia che permette questo tipo di sfruttamento e di abusi richiede la nostra attenzione e la nostra azione”. Ricordando, quindi, l’impegno della Chiesa verso i lavoratori sfruttati, aiutati tramite il Servizio per i migranti e i rifugiati e la Campagna cattolica per lo sviluppo umano, mons. Blaire chiama in causa “ogni persona ed ogni istituzione” della società – imprese, governo, sindacati, enti privati – affinché collaborino nel sostenere gli impiegati e nel creare un sistema economico che “serva la persona, piuttosto che il contrario”. Infine, il presule chiede di pregare per tutti i lavoratori, soprattutto per quelli privi di un impiego dignitoso, affinché si instauri “un’economia giusta che davvero onori la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori”. (I.P.)
Violento terremoto tra Russia e Giappone, nessun rischio tsunami
◊ Un violento terremoto d’intensità 7.7 nel Nord-est dell’Oceano Pacifico si è verificato intorno all’una del pomeriggio, ora locale, investendo il Giappone e l’estremo oriente russo. L’epicentro è stato segnalato in mare aperto, a 160 chilometri dalla città russa di Poronaysk. Il sisma è stato avvertito ad Iwate e Aomori, nella zona di Hokkaido e Honshu, Giappone, e sull’isola russa di Sakhalin. Non si segnalano vittime o danni particolari al momento, e soprattutto, secondo quanto riportato dal U.S. Geological Survey e dall’Agenzia Meteorologa giapponese, non si segnala un pericolo tsunami. (L.P.)
Emilia: nuova chiesa per i terremotati a Novi di Modena
◊ A Novi di Modena, uno dei centri più colpiti dal terremoto in Emilia dello scorso 29 maggio, domani 15 agosto, Festa dell’Assunta, si terrà l’inaugurazione della nuova chiesa dedicata a “Maria, stella dell’evangelizzazione” e al Beato Giovanni Paolo II. “Forse non tutto sarà pronto, ma il desiderio dei donatori, così come il nostro, è di celebrare la Solennità dell’Assunta nella chiesa dedicata alla Madonna”, dichiara all'agenzia Zenit don Ivano Zanoni, parroco di Novi, che prosegue: “Nella nuova aula liturgica la comunità riprenderà finalmente il suo cammino di fede e di preghiera. Si tratta di un grande segno di rinascita per Novi ed è tra le prime chiese a sorgere nella zona terremotata. Per tutti – conclude - è dunque un punto di partenza e lo è anche per me: ho voglia di dire la Messa dentro una chiesa”. La celebrazione, come riporta l’agenzia Zenit, sarà presieduta da mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi, e concelebrata da don Guido Tedeschini, direttore di Telepace, l’emittente televisiva cattolica che si è fatta carico della realizzazione dell’edificio, costruito totalmente in legno e in grado di ospitare 170 persone a sedere e 250 in piedi. (L.P.)
Due persone si danno fuoco in Cina per i diritti del Tibet
◊ Almeno due immolazioni sono avvenute, ieri sera, nella città di Aba, nella provincia cinese del Sichuan, per chiedere la liberazione del Tibet e il ritorno del Dalai Lama. Le due persone che si sono date fuoco - riferiscono fonti di agenzia - sono un monaco del monastero di Kirti, dove sono avvenute la maggior parte delle immolazioni fino ad oggi, e un laico. Non si conoscono ancora le condizioni dei due, che sono stati portati via dalla polizia, mentre diversi tibetani sono scesi in piazza per protestare contro le autorità cinesi. Scontri sono avvenuti vicino al posto di polizia della città e notizie non confermate parlano di un tibetano rimasto ucciso durante le colluttazioni con le forze dell’ordine. Alcune voci parlano anche di una terza immolazione nella città, ma non ci sono riscontri ufficiali. Qualora questo gesto fosse confermato, si tratterebbe del cinquantesimo episodio di questo genere dal febbraio 2009. Nei primi nove mesi del 2012 c’è stata una media di cinque immolazioni al mese. (M.R.)
Grande festa in Brasile per la fine dell’Anno clariano
◊ Si sono concluse, in questi giorni, a Canindè - una cittadina dello Stato brasiliano del Cearà – le celebrazioni per l’anno Clariano, indetto per commemorare gli 800 anni della “vocazione di Santa Chiara”. Organizzato dalla Famìlia Franciscana Brasileira, di cui fanno parte 164 Congregazioni, l’anno si è chiuso con un Congresso cui hanno partecipato 1.500 persone tra religiosi e religiose, monache clarisse e clarisse cappuccine, membri dell’Ordine Francescano Secolare e giovani della Gifra, la Gioventù Francescana. La scelta del luogo non è stata casuale, ma “imposta” dalla presenza a Canindè del famoso Santuario di San Francesco stimmatizzato, raggiunto ogni anno da oltre un milione di persone provenienti soprattutto dal Nord Est del Paese, la zona in cui un’endemica siccità rende estremamente difficile la vita della gente che vede in San Francesco il consolatore delle proprie “piaghe”. Per tre giorni, dal 9 al 12 agosto, i francescani hanno "invaso" le vie strette e assolate della cittadina brasiliana, familiarizzando con la gente, che ha visto in loro la letizia e la fratellanza predicate da San Francesco, un Santo che essa venera con una fede semplice, viva e plurisecolare, al punto che la città è considerata l’“Assisi brasiliana”. Il Congresso si è chiuso con una solenne concelebrazione, seguita da una “ciranda” (danza accompagnata dal canto dall’inno composto per la circostanza) e dalla distribuzione del pane a tutti i presenti, in ricordo del miracolo avvenuto quando Santa Chiara, nel piccolo refettorio di San Damiano e su invito di Papa Gregorio IX, benedisse il pane su cui restò impressa la croce. Il movimento francescano è composto, in Brasile, da 30.560 unità, divise tra i quattro Ordini maschili, le Clarisse, l’Ordine Francescano Secolare e il movimento giovanile. Un “piccolo esercito” che vuol far rivivere nel popolo brasiliano l’intramontabile spirito di Assisi, fondato sulla povertà e sulla letizia che vengono da un serio attaccamento al Vangelo. (A cura di padre Egidio Picucci)
Festa dell'Assunta: iniziativa di Sant'Egidio per i più bisognosi
◊ Come ogni anno, anche domani avrà luogo la tradizionale “cocomerata di ferragosto” organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio nella Festa dell'Assunta. Come lo stesso movimento riporta attraverso un comunicato, circa 1500 persone, poveri della strada, senza fissa dimora, ma anche anziani, immigrati, amici della Comunità e gruppi di volontari provenienti da Roma e da molte parti d’Italia, si sono dati appuntamento presso la mensa di via Dandolo nel quartiere Trastevere a Roma. Durante l’estate si intensificano gli sforzi di Sant'Egidio per i bisognosi. Oltre alla mensa di via Dandolo, infatti, proseguono le cene nelle stazioni e in tutti quei luoghi, dal centro alla periferia, in cui si radunano le persone senza dimora. Ma anche i pranzi con gli anziani nei quartieri Testaccio, Esquilino, Monteverde, Tufello, San Giovanni, Tor Bella Monaca e ovunque ci sia bisogno. Inoltre centinaia di ragazzi volontari provenienti da tutta l’Italia sono arrivati nella capitale per trascorrere un periodo di vacanza con la Comunità da dedicare ai più poveri. Domani, alle ore 17, circa 1500 persone si ritroveranno alla mensa di via Dandolo per trascorrere insieme qualche ora nel giorno dell’Assunta e fare festa insieme con la cocomerata. (L.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 227