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Sommario del 12/08/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Condividere il pane con i fratelli. Appello del Papa all'Angelus per le popolazioni alluvionate di Filippine e Cina e i terremotati in Iran
  • L'apertura alla bellezza di Dio diventa amore per gli altri: così il Papa al concerto promosso dalla Caritas di Ratisbona
  • Santa Sede e vescovi statunitensi profondamente orgogliosi del contributo delle religiose negli Usa
  • Oggi in Primo Piano

  • Terremoto in Iran, 250 morti. Si mobilita la rete Caritas
  • La guerra di Aleppo: gli insorti non si arrendono. Salta il vertice arabo di Gedda
  • Olimpiadi, giornata conclusiva. La testimonianza di Daniele Molmenti, oro nella canoa
  • Fame causata dalla finanziarizzazione dell’agricoltura: vertice a Londra
  • Settimana per la pace in Colombia. Mons. Henao Gaviría: lottare contro droga e narcotraffico
  • Incendi in Sicilia. Mons. Plotti: progetto criminale per colpire le zone turistiche
  • In aumento le vittime del gioco d’azzardo. Mons. D’Urso: non c’è più nessun freno
  • Il nuovo vescovo di Ivrea Aldo Cerrato: l’amicizia con Gesù cambia la vita
  • Il Museo diocesano di Agrigento presenta la fede attraverso l’arte
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucciso un altro sacerdote in Colombia. In 27 anni, assassinati 2 vescovi, 79 preti, 8 religiosi e 3 seminaristi
  • Appello degli ordinari di Terra Santa per fermare il traffico di esseri umani nel Sinai
  • Concluso a Monaco di Baviera il primo incontro dei giovani caldei d'Europa
  • Nigeria: siccità e conflitti, la Caritas intensifica gli aiuti
  • Vaticano: 90 anni del dispensario pediatrico di Santa Marta, assiste 360 famiglie
  • Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata Onu dei giovani
  • Mauritius. A settembre, al via le iscrizioni per la Gmg di Rio 2013
  • Cile. La nuova evangelizzazione al centro dell’incontro teologico-pastorale nazionale
  • Crisi economica ed evangelizzazione al centro del Sinodo delle Chiese valdesi in Italia
  • Il Papa e la Santa Sede



    Condividere il pane con i fratelli. Appello del Papa all'Angelus per le popolazioni alluvionate di Filippine e Cina e i terremotati in Iran

    ◊   Il Papa all’Angelus a Castel Gandolfo, dopo aver commentato il Vangelo di questa domenica sul pane disceso dal cielo, ha lanciato un accorato appello in favore delle popolazioni alluvionate delle Filippine e della Repubblica Popolare Cinese e dei terremotati in Iran. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Le immagini che vengono dall’Asia sono drammatiche: decine i morti nelle Filippine e in Cina colpite da violenti piogge. Ingenti i danni, migliaia gli sfollati. Ancora più pesante il bilancio del terremoto che ha colpito il Nord-ovest dell’Iran. Ecco l’appello del Papa:

    “Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per quanti hanno perso la vita e per tutte le persone provate da così devastanti calamità. Non manchi a questi fratelli la nostra solidarietà e il nostro sostegno”.

    Un appello che si ricollega alla sua catechesi in cui commenta il discorso di Gesù sul pane disceso dal cielo. “Mangiato con fede – sottolinea - questo pane trasforma la nostra vita e ci incoraggia a condividere" quanto abbiamo "con i nostri fratelli e sorelle che hanno fame di cibo materiale e spirituale e soprattutto di amore e di speranza”.

    Il Papa spiega cosa vuol dire Gesù quando con la moltiplicazione dei pani e dei pesci sfama una folla di cinquemila uomini:

    “Gesù vuole aiutarli a comprendere il significato profondo del prodigio che ha operato: nel saziare in modo miracoloso la loro fame fisica, li dispone ad accogliere l’annuncio che Egli è il pane disceso dal cielo (cfr Gv 6,41), che sazia in modo definitivo”.

    Ricorda che anche il popolo ebraico, durante il lungo cammino nel deserto aveva sperimentato un pane disceso dal cielo, la manna, che lo aveva mantenuto in vita. Ora, Gesù parla di sé come del vero pane disceso dal cielo, capace di mantenere in vita per sempre:

    “Lui è il cibo che dà la vita eterna, perché è il Figlio unigenito di Dio, che sta nel seno del Padre, venuto per donare all’uomo la vita in pienezza, per introdurre l’uomo nella vita stessa di Dio!.

    Nel pensiero ebraico – rileva – “era chiaro che il vero pane del cielo, che nutriva Israele, era la Legge, la parola di Dio”:

    “Ora Gesù, nel manifestarsi come il pane del cielo, testimonia di essere Lui la Parola di Dio in persona, la Parola incarnata, attraverso cui l’uomo può fare della volontà di Dio il suo cibo (cfr Gv 4,34), che orienta e sostiene l’esistenza. Dubitare allora della divinità di Gesù, come fanno i Giudei del passo evangelico di oggi, significa opporsi all’opera di Dio”.

    I Giudei – spiega il Papa – “non vanno oltre le origini terrene di Gesù e per questo si rifiutano di accoglierlo come la Parola di Dio fattasi carne”. Come dice Sant’Agostino “erano lontani da quel pane celeste, ed erano incapaci di sentirne la fame”:

    "E dobbiamo chiederci se noi realmente sentiamo questa fame, la fame della Parola di Dio, la fame di conoscere il vero senso della vita. Solo chi è attirato da Dio Padre, chi lo ascolta e si lascia istruire da Lui può credere in Gesù, incontrarlo e nutrirsi di Lui e così trovare la vera vita, la strada della vita, la giustizia, la verità, l'amore".

    Infine, il Papa, ricordando che mangiare il pane vivo significa rinascere a una vita più vera, eleva la sua preghiera a Maria:

    “Invocando Maria Santissima, chiediamole di guidarci all’incontro con Gesù perché la nostra amicizia con Lui sia sempre più intensa; chiediamole di introdurci nella piena comunione di amore con il suo Figlio, il pane vivo disceso dal cielo, così da essere da Lui rinnovati nell’intimo del nostro essere”.

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    L'apertura alla bellezza di Dio diventa amore per gli altri: così il Papa al concerto promosso dalla Caritas di Ratisbona

    ◊   L’apertura alla bellezza di Dio ci apre all'amore per gli altri, in particolare verso i più bisognosi: è quanto ha affermato Benedetto XVI, ieri sera, a conclusione del concerto promosso in suo onore nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo dalla Caritas di Ratisbona nel novantesimo di attività dell’organizzazione. I brani musicali sono stati eseguiti dal violoncellista Thomas Beckmann, fondatore di un'associazione che assiste i senzatetto in Germania. L'artista è stato accompagnato al pianoforte dalla moglie Kayoko Matsushita, da Yuko Kasahara e dalla corale Vokalensemble Cantico di Ratisbona, diretta da Edeltraud Appl. Il servizio di Paolo Ondarza:

    Benedetto XVI ricorda santa Chiara, nel giorno in cui la Chiesa ne fa memoria. Una donna che dalla trasparenza di Dio ha ricevuto la luce e l’ha portata al mondo: lo stesso atteggiamento del musicista che aprendosi alla "splendente bellezza e forza vitale del Creatore", la “claritas divina”, supera se stesso in una tensione verso il Bene. Per questo – spiega il santo Padre – è consequenziale che gli artisti si impegnino per il bene e per l’aiuto e il sostegno ai bisognosi: partendo dalla loro profonda esperienza della bellezza, trasmettono il bene che hanno ricevuto in dono”. In questo modo – ha proseguito il Papa – “il Bene fluisce nel mondo” e, come santa Chiara, “l’uomo diventa trasparente riflesso della presenza e dell’agire del Creatore”. Considerazioni suggerite al Santo Padre dal concerto, offerto dalla Caritas di Ratisbona nel 90.mo di fondazione. Uno spettacolo intitolato “in onore di Dio e per la gioia degli uomini”, eseguito nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo dal violoncellista Thomas Beckmann, fondatore dell’associazione per l’assistenza ai senzatetto «Insieme contro il freddo», alla quale vanno i compensi delle sue esibizioni, e cantato dall’ensemble “Cantico”. L’esibizione, con brani di Monteverdi, Homilius, Pachelbel, Beethoveen, è stata salutata da Benedetto XVI come “un girotondo di composizioni vocali e strumentali”. “La musica - ha detto - è un’espressione dell’ambito spirituale, di un luogo interiore della persona, aperto a tutto quello che è vero, buono e bello”. “Non è dunque un caso che spesso la musica accompagni la preghiera, facendo risuonare i sensi e le emozioni nell’incontro con Dio”. Aprirsi alla bellezza che viene dal Creatore - ha infine sottolineato il Papa riferendosi al nome dell'associazione fondata da Beckmann - vince "il freddo che è dentro di noi e apre il nostro cuore".

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    Santa Sede e vescovi statunitensi profondamente orgogliosi del contributo delle religiose negli Usa

    ◊   “La Santa Sede e i vescovi degli Stati Uniti sono profondamente orgogliosi dello storico e costante contributo delle religiose” americane attraverso il loro impegno sociale, pastorale e spirituale, l'assistenza sanitaria e l'educazione cattolica, e “in molti altri settori dove raggiungono quanti sono ai margini della società”: è quanto ha affermato l’arcivescovo di Seattle J. Peter Sartain, a conclusione dell’Assemblea annuale della Conferenza delle superiore religiose del Paese, la Leadership Conference of Women Religious (Lcrw), svoltasi a Saint Louis.

    Mons. Sartain, incaricato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per il dialogo con la Lcwr, ha sottolineato che la Conferenza delle superiore religiose “porta doni unici ai suoi membri e alla Chiesa in generale. Questa unicità include la sensibilità verso la sofferenza” e la povertà sia in America Latina che nelle città americane, sia di fronte alla vita dei bambini non ancora nati che per le vittime della tratta di esseri umani.

    “Le religiose – prosegue l’arcivescovo di Seattle - hanno dato un contributo duraturo al benessere del nostro Paese e continuano a farlo oggi. Per questo meritano il nostro rispetto, il nostro sostegno, i nostri ringraziamenti e le nostre preghiere”. Il presule assicura il suo impegno a lavorare “insieme con i membri della Lcwr” per affrontare le questioni sollevate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede “in un clima di preghiera e di dialogo rispettoso”. Occorre lavorare “per chiarire qualsiasi malinteso” – ribadisce – “ed io rimango veramente fiducioso che lavoreremo insieme senza compromettere l'insegnamento della Chiesa o il ruolo importante della Lcwr. Non vedo l'ora – conclude - di continuare le nostre discussioni per collaborare nel promuovere la vita consacrata negli Stati Uniti”.

    Durante l’Assemblea annuale della Conferenza delle superiore religiose degli Stati Uniti – riferisce un comunicato della Lcwr – tra i molti temi di carattere sociale discussi nel corso dei lavori - oltre alla valutazione del rapporto elaborato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede - sono state affrontate con particolare attenzione anche questioni relative ai flussi migratori (regolari e irregolari) verso gli Usa, la presenza di lavoratori stranieri e la questione dei ricongiungimenti familiari. L’Assemblea ha ribadito l’importanza di proseguire sulla strada di un dialogo franco e costruttivo con i rappresentanti incaricati della Congregazione per la Dottrina della Fede su delicate questioni di tipo etico e morale. Pertanto, si legge nel comunicato finale dell’Assemblea, la Lcwr avvierà al più presto un colloquio con l’arcivescovo J. Peter Sartain, incaricato dal dicastero vaticano. L’Assemblea ha, inoltre, sottolineato l’importanza dei valori emersi dal Concilio Vaticano II in materia di teologia, ecclesiologia e forme di vita consacrata. Nel suo intervento conclusivo, suor Pat Farrell, Osf, ha suggerito 6 strumenti per affrontare le sfide che il mondo attuale presenta. Tra questi strumenti vengono indicati: la contemplazione, la capacità di avere una voce profetica, la solidarietà con gli emarginati, la comunità, la non violenza e la capacità di vivere una gioiosa speranza. L’Assemblea ha, infine, rivolto un appello al Congresso statunitense affinché passi il Dream Act e una riforma globale dell’immigrazione che abbia presente in maniera prioritaria il problema dei ricongiungimenti familiari e il percorso verso l’acquisizione di una piena cittadinanza. I partecipanti hanno evocato in quest’ambito anche la piaga del traffico di esseri umani e la necessità di debellarla.

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    Oggi in Primo Piano



    Terremoto in Iran, 250 morti. Si mobilita la rete Caritas

    ◊   Come ricordato il Papa ha invocato solidarietà e sostegno per le popolazioni dell’Iran, colpite ieri pomeriggio da due violente scosse di terremoto. I sismi, di magnitudo 6.3 e 6.4, hanno devastato il Nord-ovest del Paese, a 60 chilometri dalla città universitaria di Tabriz. Circa 250 sono le persone rimaste uccise mentre circa 1500 sono i feriti, in un’area che conta quasi 130mila abitanti. Sulla situazione degli aiuti in Iran, che già nel 2003 era stato colpito da un terremoto che aveva ucciso 31mila persone, Michele Raviart ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell’Area internazionale della Caritas italiana:

    R. – Siamo entrati in contatto da ieri con Caritas Iran, con cui collaboriamo da più di vent’anni soprattutto in situazioni di questo tipo, purtroppo ricorrenti in quel Paese. Pare che la situazione sia molto più grave di quello che si pensava all’inizio e quindi temiamo una conta sia delle vittime, sia dei feriti, soprattutto i feriti gravi, molto più alta di quelle che attualmente circolano.

    R. - Chi sta operando adesso sul campo e di cosa hanno bisogno i terremotati?

    R. – Prevediamo uno spostamento di persone perché molte case di questa zona del Nord-ovest non sono adatte anche per quanto riguarda lo sciame sismico, quindi temiamo l’allestimento di numerosi campi profughi. Temiamo poi per l’arrivo, nei mesi prossimi, dell’inverno. Caritas Iran, con il nostro supporto, è già in contatto con l’autorità locali proprio per trovare siti dove rilocare, temiamo, migliaia di persone.

    D. – In generale, l’Iran è aperto agli aiuti internazionali in queste circostanze?

    R. – Noi abbiamo collaborato con loro nel ’90 e poi nel 2003, soprattutto dopo il terremoto di Bam e quello di Zarand è stato possibile collaborare, evidentemente stando alle loro condizioni, cioè nella programmazione complessiva che fa il governo locale insieme alle agenzie dell’Onu. Sono condizioni precise alle quali bisogna sottostare, però è stato possibile collaborare occupandoci soprattutto delle fasce più deboli; penso soprattutto a coloro che hanno subito traumi alla spina dorsale e quindi gente che poi di fatto risulterà invalida per tutta la vita.

    D. – Qual è l’entità dei danni? Si parla di 110 villaggi colpiti, alcuni dei quali sono stati spazzati via a causa delle infrastrutture fatiscenti…

    R. – Sì, è un Paese dove la prevenzione è molto limitata, cioè la costruzione di edifici antisismici. Purtroppo non è stato fatto molto negli ultimi anni e quindi i villaggi colpiti sono numerosissimi. Raggiungere i villaggi più isolati sarà molto difficile. Quello che prevediamo è un lavoro molto lungo, molto intenso, molto ampio.

    D. – Quali sono le persone più colpite?

    R. – In questo momento è impossibile dirlo, però, generalmente, le persone che vivono più a casa sono proprio donne e bambini e quindi anche negli altri terremoti in Iran queste persone sono state le più colpite. In questa circostanza, nelle zone rurali, zone tradizionali, è molto probabile che sia ancora così e bisognerà fare un lavoro di carattere culturale per accostarsi a queste persone con discrezione, aiutando soprattutto coloro che hanno più bisogno.

    D. – Il governo ha già annunciato la fine delle operazioni di soccorso ma da ieri pomeriggio sono seguite altre 80 scosse di assestamento. Quanto potrà durare l’emergenza?

    R. – Temiamo che la fine delle operazioni di soccorso non sia tale. Lo sciame sismico tipico di queste situazioni molto probabilmente implicherà un lavoro di emergenza, quindi aiuti umanitari, viveri, soprattutto medicinali e interventi di squadre sanitarie, che dovrà durare a lungo. Per gli standard internazionali generalmente queste operazioni durano almeno tre mesi.

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    La guerra di Aleppo: gli insorti non si arrendono. Salta il vertice arabo di Gedda

    ◊   Si continua a combattere ad Aleppo in Siria, dove l’esercito di Bashar Al-Assad e gli insorti si contendono il quartiere strategico di Salahddin. Ieri scontri si erano verificati anche nel centro di Damasco. Intanto, sul piano diplomatico, è saltato l’incontro dei ministri degli Esteri della Lega Araba, previsto per oggi a Gedda, in Arabia Saudita. All’ordine del giorno c’era la nomina del successore di Kofi Annan all’incarico di inviato speciale per la crisi siriana, già indicato dall’Onu nella persona di Lakhdar Brahimi, già uomo delle Nazioni Unite in Iraq e Afghanistan. Il servizio di Michele Raviart:

    L’esercito di Bashar Al-Assad continua a bombardare Aleppo, in quella che per molti osservatori è la battaglia decisiva per le sorti del presidente. E mentre gli insorti annunciano orgogliosamente una “resistenza feroce” all’esercito, appare sempre meno chiaro capire quale tra le due parti stia prevalendo nella seconda città della Siria. Ieri gli insorti avevano annunciato di aver riconquistato il quartiere di Salahddin, mentre il quotidiano governativo Al-Watan celebraval’imminente irruzione delle truppe di Assad nel quartiere di Al-Sukkari, altra roccaforte del Free Syrian Army. Scontri anche a Damasco, dove è stato ucciso un giornalista dell’agenzia governativa Sana, mentre il Consiglio nazionale siriano, organo dirigente dell’opposizione, ha denunciato l’esecuzione da parte dell’esercito di dieci civili nella città di Homs. Ci sarebbe invece un banale intervento chirurgico al ministro degli Esteri saudita Saud al Faisal dietro la sospensione del vertice delle diplomazie arabe previsto per oggi a Gedda per discutere la nomina del nuovo inviato congiunto di Lega Araba e Onu. Per capire se sarà il diplomatico algerino Lakhdar Brahimi, bisognerà probabilmente attendere il vertice straordinario della Lega Araba di martedì prossimo a La Mecca, dove oggi è atteso l’arrivo del presidente iraniano Ahmadinejad. In quell’occasione l’Iran, storico alleato di Bashar-al Assad e della minoranza alawita-sciita, si siederà accanto l’Arabia Saudita, aperta sostenitrice dei ribelli sunniti, per quello che potrebbe essere un momento cruciale per gli sviluppi della crisi siriana.

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    Olimpiadi, giornata conclusiva. La testimonianza di Daniele Molmenti, oro nella canoa

    ◊   Ultimo giorno alle Olimpiadi di Londra: questa sera la cerimonia di chiusura. Ieri la Giamaica guidata da Bolt ha ottenuto il nuovo record mondiale alla 4x100, con uno spettacolare 36,85. La nuova geografia disegnata dal medagliere olimpico vede in testa gli Stati Uniti, seguiti da Cina, Gran Bretagna e Russia. Ottava, finora, l'Italia: tra le medaglie d'oro italiane c'è anche quella di Daniele Molmenti, primo nel K1 slalom sulla canoa. Ventotto anni, friulano, Molmenti si è fatto conoscere per la sua simpatia ma anche per la sua fede cristiana. Sarà lui a portare la bandiera italiana nella cerimonia di chiusura. Benedetta Capelli lo ha intervistato:

    R. - Da Pechino, dove sono arrivato decimo ed ho perso la medaglia, è iniziato questo cammino verso l’oro. Sono stati quattro anni difficilissimi, perché ho dovuto limare le piccole cose che mi mancavano. Però ho fatto la differenza con l’aiuto di Pierpaolo Ferrazzi, il mio allenatore della Forestale. Con lui siamo davvero riusciti a fare un salto di qualità importantissimo e a portare a casa questo oro.

    D. - In Italia, l’attenzione al tuo sport - la canoa - manca. Vuoi lanciare un appello?

    R. - Il mio sport ed anche tutti gli altri sport sono considerati minori, anche se abbiamo visto pure in questa Olimpiade di minore non c’è niente, anzi l’impegno a volte è anche maggiore e sicuramente questi sport hanno registrato dei buoni risultati negli ultimi anni. L’appello è rivolto soprattutto alle famiglie che di solito tendono a portare i ragazzini solamente a giocare a calcio. In realtà ci sono altri sport, altre attività che sono anche più belle e che possono sicuramente far maturare la persona in maniera diversa.

    D. - Dal punto di vista della fede, sono tanti gli atleti che in questa Olimpiade hanno ringraziato, pregato secondo il proprio credo …

    R. - Non voglio entrare in una polemica, però ho letto delle interviste rilasciate da alcuni atleti in cui hanno dichiarato di fare il segno nella croce perché porta fortuna. Ecco, io vivo la fede in maniera un po’ diversa. Non penso che Dio abbia tempo per darci la spinta durante le nostre prestazioni. Certo è che la fede dà una motivazione, una carica in più. Io di solito faccio il segno della croce trenta secondi prima di partire e ormai è un gesto automatico. È un po’ un ringraziamento. Di solito chiedo che io possa dare quello che ho nelle braccia e nella testa; nulla di più di quello che sono in realtà.

    D. - Cosa ha dato di più la fede nella tua vita di sportivo?

    R. - Nel 2007, feci un incidente molto grave con la moto dove mi ruppi la schiena. Ho perso delle opportunità e stavo perdendo il mio primo sogno olimpico. Lì ho avuto la forza di continuare, di stringere i denti nonostante il dolore nei cento giorni dopo l’incidente per affrontare le prime gare per entrare nella squadra nazionale. In quel momento, se non avessi avuto la fede, non penso sarei riuscito ad andare avanti, perché solo con la preghiera sono riuscito a sopportare il dolore che i medicinali non mi facevano passare. Ho sempre avuto la sicurezza che con il lavoro che ho fatto, con la mia mentalità, sarei potuto ritornare ad essere un grandissimo atleta.

    D. - Don Mario Lusek, il cappellano della squadra azzurra, ti ha definito un vero friulano, un vero cristiano. Sono definizioni che ti piacciono?

    R. - Mi fa molto onore. Friulano lo sono di nascita; porto sempre la bandiera del Friuli con me in tutto il mondo; cerco di essere cristiano nei limiti che la mia carriera sportiva mi permette. Giriamo tanto per il mondo, ed è difficile trovare sempre una chiesa cristiana, cattolica quando sei in Cina, in Australia o da qualche altra parte nel mondo. Però insomma, nel mio piccolo, cerco di essere un buon cristiano praticando la fede e leggendo il Vangelo.

    D. - Hai dedicato la tua medaglia ad una canoista scomparsa, Barbara Nadalin...

    R. - Barbara è mancata tre settimane fa a causa di una malattia al sangue. È stata olimpionica nel 1996. È stata il mio primo punto di riferimento. Sono praticamente cresciuto avendo Barbara come mio esempio. Mi ha insegnato che per arrivare a questi livelli non c’è fortuna, non c’è il caso, ma solamente tanto impegno e tanto lavoro. Mi ricordo benissimo di tanti inverni passati al freddo del fiume Noncello di Pordenone dove ci allenavamo insieme...

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    Fame causata dalla finanziarizzazione dell’agricoltura: vertice a Londra

    ◊   Un summit, oggi a Londra, sulla fame nel mondo in coincidenza con la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici. Lo ha voluto il premier britannico David Cameron perché ci fosse l’attenzione di tutta la comunità internazionale. Annunciando l’iniziativa, ha spiegato di voler promuovere “una nuova alleanza in tema di sicurezza alimentare e di nutrizione per aiutare 50 milioni di persone ad uscire dalla povertà nei prossimi 10 anni”. A parte situazioni radicate da anni, l'aumento del prezzo del cibo tra il 2010 e il 2011 ha fatto precipitare più di settanta milioni di persone nella povertà estrema. Fausta Speranza ha parlato della questione dei prodotti agricoli con Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid Italia, organizzazione impegnata nel promuovere iniziative a sostegno dei Paesi del Sud del mondo:

    R. – Si tratta sempre più di una crisi di un mercato – quello agricolo in particolare – che ha avuto degli sviluppi particolarmente importanti negli ultimi cinque-sei anni, e dobbiamo ricordarci, peraltro, che in realtà le stime della Fao su quanto servirebbe per sconfiggere la fame in tutto il mondo, dal punto di vista delle risorse finanziarie, rendono il problema ridicolo: si parla di una quarantina di miliardi di dollari che è una cifra infinitesimamente minore rispetto a quella che si impiega per i salvataggi delle banche o dei debiti sovrani dei Paesi europei o per problemi di questo genere. I prezzi dei prodotti agricoli negli ultimi mesi si stanno alzando; ci si potrebbe anche domandare: “Ma come mai il fatto che i prezzi dei prodotti agricoli aumenti diventa un problema per gli agricoltori, cioè per chi in realtà produce e dovrebbe guadagnarci?”. Non dimentichiamoci che è soprattutto nelle zone rurali che la fame si fa sentire maggiormente. E, in realtà, questo succede perché i prezzi dei prodotti agricoli sono fatti nelle grandi extensions, nelle grandi fattorie – detto in parole semplici – dove si produce in grandi quantità. Quindi, i prezzi sono dettati da aziende multinazionali, non dai piccoli agricoltori che uno per uno producono un’offerta equilibrata di questi prodotti. Quindi, in realtà questa è la grande ironia: la crisi dei piccoli produttori agricoli è legata al loro scarso potere di acquisto, nonostante i prezzi a cui si vendono i prodotti agricoli. Infatti, avendo poche risorse economiche in generale, riescono comunque meno a stare sul loro mercato, a comprarsi le sementi per l’anno successivo, a comprare i diserbanti, insomma, tutto quello che serve per le loro piccole produzioni. E rimangono prigionieri nelle mani dei grandi produttori che hanno acquistato grandi estensioni di terra, che hanno la capacità di avere in stock grandi quantità di quanto serve e di immetterlo sul mercato a loro piacimento, facendo anche fluttuare i prezzi. Quindi, questa dinamica della finanziarizzazione dell’agricoltura ha un impatto che è sicuramente molto diverso dall’impatto della crisi che viviamo noi. La nostra crisi non è direttamente legata alle dinamiche che vediamo soprattutto nei Paesi poveri dove il problema è la capacità dei piccoli agricoltori di stare sui mercati, rispetto alle grandi aziende.

    D. – Non è debellata la fame nel mondo ma sicuramente le caratteristiche della distribuzione sul territorio in qualche modo cambiano. Come fotografare oggi il drammatico fenomeno?

    R. – La prima cosa da sottolineare e da rammentare sempre è che la fame in certi Paesi non è, come si tende a dipingerla, il frutto di qualche cosa che non è andata bene, in particolare la sfortuna di un cattivo raccolto o di piogge mancate o cose di questo genere, ma è sempre più un fenomeno che è legato appunto alla finanziarizzazione dell’agricoltura. Ormai si scambiano beni nel settore agricolo, a partire dalle sementi e poi anche dai prodotti veri e propri, alla Borsa, come si fa per qualsiasi altra commodity che si possa scambiare sul mercato. Quindi i grandi attori di questo commercio riescono a fare e a controllare i prezzi, schiacciando i piccoli agricoltori che invece non hanno la stessa capacità negoziale. Questo crea fortissimi squilibri e, quindi, come in tante questioni legate alla lotta alla povertà, in particolare la lotta alla fame, si può fare cercando di mettere un freno o di porre delle regole in modo tale che questi forti squilibri di potere tra gli attori delle politiche agricole vengano in qualche modo attenuati. Quindi, la fame è una questione di giustizia, non di sfortuna. E questo è il primo e più importante messaggio, forse, da cui partire.

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    Settimana per la pace in Colombia. Mons. Henao Gaviría: lottare contro droga e narcotraffico

    ◊   “Accordiamoci per la Pace, costruiamo convivenza”: è il tema scelto quest’anno per la Settimana per la Pace che si svolgerà in Colombia dal 9 al 16 settembre, e che è stata presentata nei giorni scorsi a Bogotá dalla Conferenza Episcopale Colombiana. Un momento in cui si ribadirà l’impegno dei cittadini per la pace, come strategia per una soluzione politica del conflitto armato in atto nel Paese, per la costruzione della Pace globale e la riparazione integrale delle vittime. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Uccisioni illegali, rapimenti o sparizioni, sfollamento forzato. La violenza in Colombia si esprime così. Lo testimonia l’ultimo rapporto annuale di Amnesty International, precisando che nel 2011 sono state uccise 45 persone tra difensori dei diritti umani e leader comunitari e una trentina di sindacalisti. Dietro l’efferata repressione in atto ci sono i gruppi della guerriglia, i paramilitari, le forze di sicurezza, colpevoli anche di perpetrare violenza sessuale contro donne e ragazze. Il processo di giustizia e pace in questo Paese, che continua ad essere dilaniato dal conflitto, ha fatto pochi progressi, e i colpevoli, paramilitari soprattutto, alla fine, denuncia Amnesty, godono di una ingiustificabile impunità. Nonostante siano anche implicati nel commercio della droga, che rappresenta la grossa percentuale del Prodotto interno lordo. La Colombia è uno dei maggiori produttori di cocaina, nella cui coltivazione sono implicati soprattutto i bambini, si parla di quasi cinquemila. E sono proprio i minori ad essere diventati nel Paese tra i maggiori consumatori di droga. E’ quanto ha denunciato mons. Héctor Fabio Henao Gaviría, direttore del Segretariato Nazionale di Pastorale Sociale, nel presentare la Settimana per la pace 2012. Mons. Henao Gaviría si è rivolto direttamente alla società colombiana per ribadire che la prevenzione resta l’aspetto più importante nella lotta alla droga, soprattutto per evitare che bambini e bambine entrino a contatto con il mondo degli stupefacenti. Queste le sue parole:

    "E’ necessaria la prevenzione, ed è necessario anche aiutare e sostenere chi è già caduto nella rete della droga. E’ la società tutta che deve farsi carico di questo problema che, anche se riguarda alcune persone, alcuni individui, colpisce tutta la comunità. Quindi, se da una parte è necessario un maggiore impegno della società per evitare che i bambini e i giovani cadano nel mondo della droga, dall’altra occorre assolutamente sostenere chi dalla droga vuole uscire. Per arrivare a questo ovviamente non esiste una formula unica, occorre affrontare il problema sotto i suoi vari aspetti: dal narcotraffico alla produzione".

    Per mons. Henao Gaviría, dunque, è necessario che la questione droga sia affrontata a livello comunitario, con l’obiettivo di aiutare le persone ad uscire dalla dipendenza. Ma oggi quali alternative si possono offrire a chi ha bisogno di aiuto? Ecco la sua risposta:

    "La sfida è creare di una società che sia capace di essere felice, al di là della droga. La droga è un tema direttamente collegato alla Settimana per la pace perché droga, violenza e criminalità sono strettamente associate qui in Colombia. Il tema della pace passa inevitabilmente attraverso una discussione del tema della droga, inteso come traffico ma anche come consumo. E’ un tema che coinvolge la vita profonda della società colombiana e la sua economia".

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    Incendi in Sicilia. Mons. Plotti: progetto criminale per colpire le zone turistiche

    ◊   Mons. Alessandro Plotti, amministratore apostolico della diocesi di Trapani, celebra stamani la Messa con la comunità di Makari, uno dei centri molto provati nei giorni scorsi dai roghi che hanno distrutto vaste aree del territorio trapanese, compresa la bellissima macchia mediterranea della Riserva naturale dello Zingaro. Ascoltiamo mons. Plotti al microfono di Marco Guerra:

    R. – Chi ha avuto le fiamme vicino casa ha avuto veramente la paura di perdere tutto, come è successo a Makari e in altri paesi. La reazione è stata forte, di paura, anche di sdegno, perché in fondo tutti gli anni ritorna questo fenomeno di cui non si riesce a venire a capo. La Chiesa, con i suoi parroci, è stata molto vicina alle persone, che sono state aiutate a vincere questa paura e in qualche modo a far fronte a questa emergenza in maniera costruttiva senza creare panico, proprio perché non si capisce quale sia la logica che sta dietro a questi incendi.

    D. - Anche l’ultima Enciclica del Papa, la Caritas in veritate, pone l’accento sulla salvaguardia del creato…

    R. - Noi abbiamo coste marine meravigliose. Siamo in una terra stupenda. Naturalmente il fatto che venga deturpata in questo modo è un “vulnus”, è una ferita a quella armonia del Creato che invece dovrebbe essere un’esigenza. Credo che bisogna educare la gente a una maggiore vigilanza perché credo che questi fenomeni si prevengano soltanto nella misura in cui si formi la coscienza che il Creato è di tutti e tutti ne sono responsabili.

    D. – E’ possibile sensibilizzare le comunità di fedeli su queste tematiche?

    R. – Bisogna intanto educare la gente a una maggiore salvaguardia. Molti di questi incendi sono divampati per l’incoscienza di qualcuno che per bruciare rovi e sterpaglie nel proprio orto, nel proprio piccolo campo, ha creato incendi di proporzioni gigantesche. Credo che la comunità cristiana dovrebbe parlarne di più, educare soprattutto le nuove generazioni a farsi carico di una vigilanza sui comportamenti perché molto spesso questi fenomeni sono dolosi nella misura in cui partono da una disattenzione e da una incoscienza di fronte alle conseguenze. Noi per la Giornata della salvaguardia del Creato ci proponiamo di fare una ricognizione dei fenomeni che portano disgregazione e che portano violenza nei confronti della natura.

    D. - Lei ha parlato anche di intenzioni, di chi si serve dei roghi per ottenere profitti. C’è anche la mano della criminalità organizzata?

    R. - E’ un’ipotesi, perché effettivamente i roghi, gli incendi, sono divampati in zone turistiche, creando un danno enorme all’economia di questa terra che già è di per sé precaria. Si potrebbe pensare che c’è anche il desiderio di far vedere che in fondo non c’è sufficiente controllo da parte dello Stato e quindi per difendere il Creato bisogna ricorrere a forze che hanno governato e governano spesso i rapporti tra le persone e tra le istituzioni. Certamente si intravede un piano, un progetto davvero criminale di colpire quelle zone turistiche.

    D. - Voi cosa chiedete alle istituzioni?

    R. – Intanto la prevenzione e il controllo perché purtroppo la guardia forestale, il servizio civile, intervengono quando arriva l’emergenza. Bisognerebbe invece fare una mappatura un po’ più dettagliata dei luoghi a rischio e controllarli perché molto spesso questo territorio è abbandonato a se stesso. Il sindaco di San Vito Lo Capo si è lamentato che sono stati lasciati soli, non c’erano i Canadair, non c’era soprattutto un personale qualificato che potesse intervenire in maniera efficace.

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    In aumento le vittime del gioco d’azzardo. Mons. D’Urso: non c’è più nessun freno

    ◊   Il gioco d’azzardo sbarca su Facebook. Tra breve tempo, gli iscritti del Regno Unito potranno puntare soldi veri per tentare la sorte. Un test su larga scala dopo il quale bingo, slot machines e poker saranno messi a disposizione degli utenti di tutto il mondo. Allarme per il timore che questa ulteriore operazione di diffusione delle scommesse on-line possa far aumentare il numero dei malati di ludopatia e spingere tra le braccia degli usurai nuove migliaia di giocatori. Federico Piana ne ha parlato con mons. Alberto D’Urso, segretario della Consulta Nazionale antiusura:

    R. – Sto pensando in questo momento soprattutto alle persone sole che, stimolate, saranno anch’esse ancora di più vittime. Sto pensando in questo momento alla tutela dei minori, sempre più evanescente. Sto pensando in questo momento alla cura dei malati del gioco patologico. Sto pensando che mentre noi predichiamo di rileggere questo fenomeno - per il quale dai 10miliardi di euro del 2001 spesi dagli italiani si è arrivati agli 80miliardi spesi lo scorso anno, con le previsioni dei 100miliardi per la fine di quest’anno e l’anno venturo - qui si è veramente in discesa, non c’è nessun freno. Credo sia arrivato il momento che il governo Monti faccia un esame di coscienza.

    D. - Secondo lei come si può evitare che una famiglia, un giovane, una coppia, vengano devastate da questo gioco d’azzardo, ormai senza più freni?

    R. – Innanzitutto credo che la pubblicità ingannevole sia una delle prime cause e credo che l’abolizione della pubblicità ingannevole sia doverosa. Inoltre, noi con le fondazioni antiusura in Italia, da tempo, abbiamo segnalato disastri personali legati all’azzardo, disastri familiari e finanziari. Tutte queste cose non sono minimamente un punto di riferimento. Infine, credo che le agenzie educative dovrebbero far sentire di più la loro voce e innanzitutto, certamente, le Chiese. Ma bisognerebbe cercare di dare anche più voce alle famiglie che hanno subìto le conseguenze della pubblicità ingannevole, perché credo che la prevenzione resti la forma migliore per poter combattere l’azzardo.

    D. – Quindi per combattere questa pubblicità ingannevole lei propone una campagna per far conoscere le storie tragiche di quanti sono caduti nell’usura...

    R. – Queste storie vanno fatte conoscere perché bisogna mettere un po’ in guardia. Credo che abbandonare queste persone sia davvero insopportabile.

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    Il nuovo vescovo di Ivrea Aldo Cerrato: l’amicizia con Gesù cambia la vita

    ◊   Benedetto XVI lo ha nominato pochi giorni fa nuovo vescovo d’Ivrea: si tratta di mons. Edoardo Aldo Cerrato, 62 anni, piemontese, finora procuratore generale della Famiglia oratoriana di San Filippo Neri. Il prossimo 8 settembre, il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, lo ordinerà vescovo, mentre l’ingresso ufficiale ad Ivrea è fissato per il 7 ottobre. Al microfono di Isabella Piro, mons. Cerrato racconta con quali sentimenti ha accolto il nuovo incarico:

    R. – Mi chiedevo perché il Signore avesse scelto proprio me per una missione così sublime. La risposta la conoscevo: Dio sceglie secondo criteri che non sono i nostri, ci si sente indegni, ma tutta la storia della salvezza testimonia che Dio sceglie vasi di creta per portare il suo tesoro.

    D. – Quali saranno le linee guida della sua missione episcopale?

    R. - Ciò in cui desidero crescere anche come vescovo è la mia amicizia con Gesù Cristo, da cui tutto dipende. Ciò di cui sono certo è che nell’amicizia personale di ognuno di noi con Cristo crescerà anche la nostra reciproca amicizia di discepoli del Signore.

    D. - Cosa porterà con sé ad Ivrea del carisma di San Filippo Neri?

    R. – Padre Filippo mi ha guidato a comprendere e ad accogliere le verità della fede e la bellezza della vita, lo sguardo cristiano posato sull’uomo e sulla storia; in una parola, Gesù Cristo vivo e presente oggi, con il quale ad ognuno è possibile l’incontro che cambia la vita. E’ una lezione che apprezzo tantissimo.

    D. - Al centro del suo stemma episcopale lei ha posto un’immagine della Madonna…

    R. - Maria ha avuto il primo posto, quello che a Lei è dovuto, perché in Lei è iniziata la storia nuova di cui noi facciamo parte, è Lei l’aurora della Redenzione, la Madre della divina grazia. La mia povera esperienza me lo ha confermato mille volte. Ecco perché c’è la Vergine Santa nel capo del mio stemma.

    D. – La presa di possesso della diocesi avverrà il 7 ottobre, proprio nel giorno in cui si apre il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione…

    R. – Sì e oltretutto è la festa del Rosario: il mistero di Cristo contemplato dal popolo cristiano nella semplicità della preghiera quotidiana. E’ una gioia per me pensare che proprio in quel giorno, in quella domenica, si apre il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e la coincidenza mi pare proprio provvidenziale. Nuova evangelizzazione: proporre Cristo - il Rosario ce lo insegna - attraverso il cuore, la fede, la carità di Maria. La nuova evangelizzazione che altro può essere se non proprio questo?

    D. – Quali sono i suoi auspici per questa sua nuova missione pastorale?

    R. – Vorrei, questo è il mio intento, essere innanzitutto vicino ai preti. L’esperienza di 18 anni di procuratore della Famiglia oratoriana, se mi ha insegnato qualcosa, è proprio questo: vale di più un momento di vicinanza fraterna di tutti i programmi pastorali, pur indispensabili.

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    Il Museo diocesano di Agrigento presenta la fede attraverso l’arte

    ◊   Speciali aperture al pubblico questa estate del Museo diocesano di Agrigento, in Sicilia. Un programma di eventi culturali ad ingresso libero proposti nei fine settimana, sta richiamando un numero sempre più ampio di persone alle quali la Chiesa agrigentina vuole aprire spazi di incontro e di dialogo. Concerti, serate di letteratura e degustazioni stanno offrendo nuove modalità di aggregazioni nella diocesi. Ne parla al microfono di Tiziana Campisi, don Giuseppe Pontillo, direttore del Museo Diocesano di Agrigento.

    R. - La diocesi si deve manifestare come Chiesta aperta non solo attraverso la catechesi, il culto e la carità; ma la catechesi, il culto e la carità devono essere espressi attraverso forme che non sono né accessorie né sussidiarie, ma che fanno parte proprio della natura stessa della Chiesa. La Chiesa, nel corso della storia, è stata la prima promotrice della cultura attraverso l’arte e della fede attraverso l’arte. Il Museo diocesano e l’Ufficio Beni culturali ed ecclesiastici di Agrigento, con gli itinerari di arte e fede, hanno proprio questo fine: aiutare ad entrare in relazione con la dimensione architettonica e con la dimensione artistica con una nuova proposta, che non passa solo dal classico annunzio catechistico o catechetico, ma passa anche attraverso la riscoperta del messaggio che l’architettura sacra e l’arte sacra può mandare ad una realtà che talvolta si sente distante da quelli che sono i canali ordinari che la Chiesa utilizza. Quindi, le iniziative che abbiamo pensato questa estate, aprendo le porte del Palazzo arcivescovile di Agrigento, intendono far vivere il luogo della fede - che comunemente viene interpretato come un luogo della gestione del potere ecclesiastico - come luogo della comunione attorno al vescovo.

    D. - Quali altri spazi la Chiesa sta utilizzando per andare incontro al mondo e soprattutto per prepararsi alla nuova evangelizzazione?

    R. - In diocesi, nell’ambito ecclesiale, ad esempio, le chiese che erano chiuse al culto sono state individuate come poli culturali, attraverso i quali far passare un certo tipo di messaggio che può raggiungere cattolici e non.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucciso un altro sacerdote in Colombia. In 27 anni, assassinati 2 vescovi, 79 preti, 8 religiosi e 3 seminaristi

    ◊   Una nuova vittima della violenza in Colombia fra i membri del clero. Padre Pablo Sánchez Albarracín, 67 anni, della diocesi Cúcuta, parroco di "Santa María Madre de Dios" (Municipio Los Patios) è deceduto dopo 72 ore di agonia. Il sacerdote era stato aggredito il 9 agosto scorso da un uomo che si era introdotto nella sua abitazione con un'arma da taglio: sin dal primo momento le sue condizioni erano apparse disperate. Secondo la polizia locale il prete era molto amato dai fedeli e non aveva mai ricevuto alcun tipo di minaccia. In Colombia ormai sono decine i sacerdoti uccisi negli ultimi 40 anni. Molti sono stati assassinati dagli uomini del narcotraffico, altri dai paramilitari o dai gruppi della guerriglia. Nella città di Cúcuta, da molto tempo, esiste un grave problema di ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini è praticamente inesistente. La Chiesa locale ha ricevuto numerose minacce e "richieste" di abbandono del territorio. Lo scorso 15 luglio, il nunzio apostolico, mons. Aldo Cavalli, aveva visitato la città per incoraggiare il personale ecclesiastico a continuare il lavoro pastorale. "La Chiesa non lascerà mai questa gente e non abbandonerà la sua missione evangelizzatrice", aveva esplicitamente affermato il presule. Già il 12 maggio scorso, un altro sacerdote, padre Gustavo Garcia, era stato ucciso da un uomo che voleva derubarlo del suo cellulare. Secondo l’episcopato colombiano fra il 1984 e il settembre 2011, nel Paese sono stati uccisi 2 vescovi, 79 sacerdoti, 8 religiosi e 3 seminaristi. (A cura di Luis Badilla)

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    Appello degli ordinari di Terra Santa per fermare il traffico di esseri umani nel Sinai

    ◊   Gli ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) hanno espresso “profonda preoccupazione” per il traffico di esseri umani nel Sinai e “per la sorte dei richiedenti asilo africani che sono stati rapiti durante il loro passaggio attraverso il Sinai”. Come riportato dal Sir, l’appello è stato sottoscritto da venti leaders religiosi cattolici, tra cui Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, mons. Giorgio Lingua, nunzio in Iraq, e mons. Antonio Franco, nunzio in Israele. “Nei giorni scorsi ci sono stati cambiamenti drammatici della situazione in Sinai. Con il dispiegamento di truppe egiziane, a seguito degli incidenti violenti nella zona di confine israelo-egiziano, si è aperta un’opportunità che potrebbe fermare questa piaga che sono le prigioni e i campi di tortura nel Sinai”. “Le autorità egiziane – prosegue il comunicato - hanno dichiarato di non essere in grado di agire in questa zona ‘fuori legge’ nel Sinai e contro le bande criminali che approfittano dei richiedenti asilo africani. Nonostante la crescente pressione internazionale, i funzionari egiziani hanno ripetutamente spiegato che a causa delle restrizioni degli accordi di Camp David del 1978 e la smilitarizzazione di questa zona, l'Egitto non può intraprendere le azioni necessarie. Questo immobilismo del governo centrale ha lasciato posto ai campi di tortura”. La situazione oggi potrebbe però cambiare: “Il recente dispiegamento di forze - per gli ordinari cattolici - consente alle autorità di chiudere i campi e garantire che la tratta di esseri umani venga fermata. In questo momento, ci sono sempre centinaia di persone (principalmente da Sudan ed Eritrea) detenuti in questi campi nel Sinai. Vengono torturati (appesi, bruciati con ferri roventi, folgorati e sistematicamente violentati). Tutto questo è stato documentato dagli attivisti che credono coraggiosamente ai diritti umani”. Il messaggio conclude con l’appello affinché “il grido degli oppressi sia udito da coloro che oggi hanno la possibilità di liberarli dalla prigionia”. Questo non è il primo appello contro lo scempio del traffico di esseri umani nel Sinai. Lo scorso 20 marzo ne era stato lanciato un altro che riprendeva le parole di Benedetto XVI del 5 dicembre 2010 con cui il Pontefice esortava la comunità internazionale a prestare attenzione “alle vittime dei trafficanti e dei criminali, degli ostaggi eritrei e di altre nazionalità nel deserto del Sinai”. In quel primo messaggio l’Aocts chiedeva alle autorità israeliane e egiziane di “intensificare gli sforzi per lottare contro la tratta di esseri umani nel Sinai”. (L.P.)

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    Concluso a Monaco di Baviera il primo incontro dei giovani caldei d'Europa

    ◊   Un incontro dedicato alla preghiera per una spiritualità della nuova evangelizzazione ha visto coinvolti, dal 6 al 10 agosto a Monaco di Baviera, numerosi giovani caldei provenienti da diversi Paesi europei. Essi hanno risposto così all’invito rivolto da Benedetto XVI per l’Anno della Fede ritrovandosi in Germania con l’intento di tornare alle sorgenti della spiritualità della Chiesa d’Oriente, una Chiesa martire e sofferente dando un chiaro segno della sua vita e della sua presenza in ogni parrocchia. L’incontro, durante il quale si sono alternati intensi momenti di preghiera e di meditazione, ha avuto inizio — come riferisce il sito Baghdadhope ripreso dall’Osservatore Romano — con la Messa presieduta da mons. Philip Najim, procuratore a Roma del Patriarcato di Babilonia dei Caldei, che ha letto il messaggio ai numerosi partecipanti consegnatogli dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Il messaggio, che descrive l’incontro dei giovani caldei come preparatorio per "vivere intensamente l’Anno della Fede che avrà inizio il prossimo 11 ottobre", ricorda come proprio in quel giorno si celebrerà il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II che dedicò particolare attenzione alle Chiese orientali cattoliche con il decreto “Orientalium Ecclesiarum”. Il porporato ha sottolineato come il “pellegrinaggio alle sorgenti” della professione di fede sia la risposta al motu proprio Porta fidei di Benedetto XVI la cui vita, vissuta in parte nella diocesi di Monaco di Baviera, si è sviluppata all’insegna delle certezze dove “Dio può tutto e vince tutto”. I giovani caldei riuniti nella città tedesca — afferma ancora il messaggio del cardinale — devono ricordare la fedeltà di Cristo alla Chiesa “nonostante l’umanità tenti in ogni epoca di metterlo fuori dalle porte della propria esistenza”, e devono farlo anche in nome della loro Chiesa Madre, quella Chiesa caldea “che nelle prove non ha mai smesso di confessare il nome di Cristo e attende una nuova stagione di primavera in cui voi dovete essere protagonisti dell’annuncio di Dio agli uomini”. (L.Z.)

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    Nigeria: siccità e conflitti, la Caritas intensifica gli aiuti

    ◊   A seguito dell’acuirsi dell’ instabilità nel nord della Nigeria - dovuta sia alla crisi alimentare che sta colpendo la fascia del Sahel, sia al conflitto tra diversi gruppi che ha finora provocato oltre 9.000 sfollati e molte vittime anche nelle comunità cristiane - la Caritas locale, in collaborazione con la rete internazionale Caritas e organizzazioni locali musulmane, ha avviato un piano di risposta annuale che prevede diversi ambiti di intervento (www.caritasitaliana.it). La Caritas Italiana ha messo a disposizione un primo contributo di 40.000 euro. Le attività principali sono volte a migliorare l’accesso la cibo delle persone colpite nonché a fornire un sostegno psico-sociale agli sfollati in condizioni di trauma. La Nigeria è un Paese ricchissimo di petrolio e purtroppo da esso dipendente. Allo stesso tempo la sua popolazione ha un indice di sviluppo umano molto basso collocandosi al 156.mo posto su 187 della classifica 2011 stilata dall’Onu. La situazione è resa ancora più grave e instabile dalle grandi disuguaglianze socio-economiche che si registrano all’interno del Paese.

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    Vaticano: 90 anni del dispensario pediatrico di Santa Marta, assiste 360 famiglie

    ◊   Trecentosessanta famiglie, da ogni parte del mondo e di ogni religione, sono state accolte quest'anno nel dispensario pediatrico di Santa Marta in Vaticano. Lo riferisce l'Osservatore Romano, in un articolo sui 90 anni della struttura diretta dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, e che si avvale della collaborazione di volontari. Le famiglie più numerose assistite sono quelle dell'America Latina e del Nord Africa. E se – sottolinea il quotidiano della Santa Sede - nel primo caso si tratta di Paesi di consolidata tradizione cattolica (75 nuclei sono arrivati dal Perù e 56 dall'Ecuador) nel secondo sono nazioni a maggioranza musulmana (27 famiglie sono venute dall'Egitto, anche a causa dei noti avvenimenti della ''primavera araba'', e una ventina dal Marocco). Seguono una quindicina di nuclei romeni, una decina della Libia, altrettanti della Moldavia, della Nigeria, della Turchia e dell'India. Dal punto di vista del credo religioso, il gruppo principale dei cattolici (212 famiglie) precede quello molto consistente dei seguaci dell'islam (85). Ortodossi (32), evangelisti (13) e avventisti (una decina) completano il quadro delle famiglie cristiane, seguite dai buddisti (otto). Santa Marta fornisce assistenza medica e sostegno psicologico, assicura generi di prima necessità con la distribuzione di latte, pannolini, carrozzine, alimenti, abbigliamento, giocattoli. I bambini sono sottoposti a controlli periodici, e consultazioni specialistiche sono previste anche per le loro mamme. In tale contesto è essenziale il lavoro volontario dei medici: pediatri, ginecologi, ecografisti, dermatologi, dentisti, allergologi, otorini, ortopedici, generici e psicologi. Alcuni di loro fanno parte dell’associazione Santi Pietro e Paolo, che versa anche un contributo mensile. Il dispensario fornisce inoltre prodotti medicinali, grazie alla Farmacia Vaticana. Ampia collaborazione è assicurata poi dal Banco alimentare di Roma, dalla direzione dei servizi economici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, dalla Domus Sanctae Marthae, dal capitolo della Basilica di San Pietro. Un altro servizio è il sostegno scolastico ai fratelli e ai genitori dei bambini ospiti. E non mancano le attività ludiche nel giardino attrezzato della sede e le vacanze estive al mare grazie alla casa messa a disposizione dall’associazione Pro Infanzia di Roma, che sostiene anche l’annuale gita degli ospiti abituali del dispensario. Fondato con la benedizione di Pio XI, all’indomani della fine della prima guerra mondiale, l’8 maggio 1922, il dispensario pediatrico è stato fortemente voluto da una donna newyorkese, Dula Dracek, azionista di un’azienda produttrice di latte. L’anno precedente aveva chiesto a Benedetto XV di poter creare una rete di distribuzione dell’alimento per i bambini poveri di Roma. Fu poi Pio XII a intervenire più volte, anche di tasca propria, a sostegno dell’opera. E i suoi successori ne seguirono l’esempio, assicurando locali sempre più ampi, in base all’aumento delle richieste. Negli anni Settanta del secolo scorso, il comitato delle donne americane smise di inviare latte, continuando però a sostenere l’opera attraverso un contributo annuale in dollari statunitensi. Anche Benedetto XVI, agli inizi del pontificato, ha visitato la struttura, incontrando ospiti e volontari il 30 dicembre 2005.

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    Messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata Onu dei giovani

    ◊   “Nel mondo non ci sono mai stati tanti giovani come in questa generazione e questa circostanza è un’opportunità senza precedenti per l’aumento del benessere dell’intera famiglia umana”. Queste le parole del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon per la giornata internazionale della gioventù che si celebra oggi in tutto il mondo. Il segretario generale ricorda inoltre come ancora troppi giovani, inclusi quelli con un alto livello di istruzione, soffrano per gli scarsi salari, il precariato e la disoccupazione. Le nuove generazioni sono le più colpite dalla crisi e un gran numero di ragazzi non ha prospettive immediate, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che sono quelli con il maggior numero di giovani. Il rischio, prosegue Ban Ki-moon, è quello di creare una “generazione perduta” di sogni e talenti sprecati. Per questo bisogna lavorare per e con i giovani, perché sono “creativi, pieni di risorse ed entusiasti agenti del cambiamento”, come hanno recentemente dimostrato alla conferenza di Rio sullo sviluppo sostenibile. Le aspettative dei giovani vanno ben oltre l’aspirazione ad un lavoro: vogliono sedersi attorno ad un tavolo e partecipare attivamente alle scelte politiche. Il messaggio del segretario generale dell’Onu si chiude con un appello ai governi, alle imprese private e al mondo accademico, affinché aprano le porte ai giovani e rafforzino la loro partnership con le organizzazioni giovanili. (M.R.)

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    Mauritius. A settembre, al via le iscrizioni per la Gmg di Rio 2013

    ◊   “Iscrivetevi a questa bella avventura con il Signore! Non abbiate paura di far conoscere la Buona Novella!”: con queste parole, il sito Internet della diocesi di Port-Louis, nelle Mauritius, esorta i ragazzi a prepararsi alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà in Brasile, a Rio de Janeiro, dal 23 al 28 luglio 2013. Per i giovani che vorranno far parte della delegazione mauriziana in Brasile, l’appuntamento è per i prossimi 1 e 2 settembre quando, a livello diocesano, verranno ufficialmente aperte le iscrizioni alla Gmg. Dal 14 settembre, poi, i ragazzi interessati potranno scaricare dal sito Internet (www.dioceseportlouis.org) il modulo per dare la propria adesione all’evento. Intanto, in preparazione all’incontro di Rio, i giovani delle Mauritius hanno partecipato numerosi, lo scorso aprile, alla Giornata diocesana della gioventù che si celebra ogni anno, a livello locale, nella domenica delle Palme. Il tema dell’evento era stato quello della prevenzione del suicidio giovanile poiché, come avevano ricordato i vescovi locali, “nel Paese non passa una settimana senza che la stampa non racconti un tentativo di suicidio da parte di un giovane”. La Giornata della gioventù era diventata, quindi, “il momento ideale per inviare un segnale forte, non solo ai ragazzi, ma anche a tutta la popolazione delle Mauritius, per aiutarli a crearsi un’identità e a sfruttare le proprie risorse personali, così da realizzarsi pienamente”. Di qui, la raccomandazione che la Chiesa mauriziana dava all’importanza dell’accoglienza e dell’ascolto, sia dei ragazzi che dei loro genitori, così da prevenire le tendenze suicide. La Giornata diocesana della gioventù aveva visto alternarsi momenti di preghiera, testimonianze e riti penitenziali, per poi concludersi con una Messa solenne, presieduta dal vescovo di Port-Louis, mons. Maurice Piat, nella Chiesa di Ste-Croix, al termine della quale era stata esposta anche la Croce simbolo della Gmg. (I.P.)

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    Cile. La nuova evangelizzazione al centro dell’incontro teologico-pastorale nazionale

    ◊   Fede, nuova evangelizzazione, l’eredità e l’incarnazione del messaggio della quinta conferenza di Aparecida, sono i temi del secondo incontro teologico-pastorale nazionale che si terrà, dal 23 al 25 agosto, a Concepción. Vi parteciperanno vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici provenienti dalle diocesi del Paese. “L’incontro — spiega John Inostroza, direttore dell’Istituto di teologia dell’Università cattolica della Santissima Concezione e uno degli organizzatori dell’evento — assume un connotato speciale perché dà la possibilità di percepire l’accoglienza del messaggio di Aparecida nella nostra riflessione teologica e nella nostra pratica pastorale”. E il messaggio è quello di una missione permanente e continentale” che è iniziata cinque secoli fa, si rinnova, ricomincia e deve durare a lungo. E ancora, secondo il direttore dell’Istituto di teologia citato dall’Osservatore Romano , ad arricchire l’evento di significati e di prospettive sono il Sinodo sulla nuova evangelizzazione che si svolgerà il prossimo ottobre e l’inizio dell’Anno della fede. La Chiesa — puntualizza — deve trovarsi in uno stato di missione permanente che non è proselitismo né marketing, ma attrazione. Come Cristo “’attira tutti a sé’ con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale e concreta alla carità del suo Signore”. È questo — evidenzia John Inostroza — il tesoro di cui è ricco il Continente latinoamericano, ecco il suo patrimonio più prezioso: la fede in Dio Amore, che in Cristo Gesù ha rivelato il suo volto». La missione permanente e continentale — conclude il direttore dell’Istituto di teologia dell’Università cattolica della Santissima Concezione — è una proposta positiva del sì dinanzi al fuoco incrociato del fondamentalismo e del secolarismo: tra una religione senza ragione e una ragione senza religione. Riconoscendo l’armonia tra fede e ragione.

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    Crisi economica ed evangelizzazione al centro del Sinodo delle Chiese valdesi in Italia

    ◊   La crisi economica e l’evangelizzazione: saranno questi i temi principali del prossimo Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi che si terrà dal 26 al 31 agosto a Torre Pellice, vicino Torino, alla presenza di 180 membri. Riguardo al tema della crisi, spiega la pastora Maria Bonafede, moderatore uscente della Tavola Valdese: “L’illusione di uno sviluppo senza limiti è finita. Si tratta di immaginare e praticare nuovi stili di vita e le Chiese possono fare molto a questo riguardo”, poiché “i cristiano portano in sé una preziosa speranza” che “orienta verso un orizzonte di giustizia e di pace”. Quanto all’evangelizzazione, la pastora ribadisce: “Il tesoro del Vangelo, che ha cambiato le nostre vite, non è un bene privato; al contrario, dobbiamo annunciarlo e condividerlo con le persone che incontriamo”. Tra gli altri temi che verranno esaminati durante i lavori, ci sono le politiche migratorie, la laicità dello Stato ed i giovani, ai quali è stata dedicato la Campagna 2012 dell’otto per mille. Un contributo che, tra l’altro, quest’anno ha visto un incremento del 12%. Al termine del Sinodo, si procederà all’elezione del nuovo moderatore. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 225

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.