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Sommario del 11/08/2012
Chiusura dell'Anno Clariano. Il Papa: Santa Chiara, mirabile sintesi di obbedienza e profezia
◊ Oggi, nella memoria liturgica a lei dedicata, si chiude ufficialmente l’ottavo centenario della consacrazione di Santa Chiara di Assisi. 800 anni fa Chiara fuggiva, appena diciottenne, dalla casa paterna verso la Porziuncola per dare tutta se stessa a Dio, sui passi di San Francesco. Benedetto XVI ha presentato questa figura come una mirabile sintesi di obbedienza e profezia. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Anche oggi, come ieri, è una questione di scottante attualità: mettere insieme carisma e istituzione, obbedienza e profezia, tradizione e rinnovamento. Ne ha parlato Benedetto XVI nel suo messaggio per l’Anno Clariano. Santa Chiara chiedeva per lei e le sue consorelle una vita di radicale povertà, come non era mai accaduto nella Chiesa. Le autorità ecclesiastiche di quel tempo, siamo nel XIII secolo, erano molto restie, ma alla fine il Papa “si arrese all’eroismo della sua santità” concedendole il cosiddetto “Privilegio della povertà”. Questa la riflessione di Benedetto XVI:
“La sua testimonianza ci mostra quanto la Chiesa tutta sia debitrice a donne coraggiose e ricche di fede come lei, capaci di dare un decisivo impulso per il rinnovamento della Chiesa”. (Udienza generale, 15 settembre 2010)
Santa Chiara poteva rinnovare la Chiesa perché la sua profezia era fondata sull’umiltà:
“Pur essendo la superiora, ella voleva servire in prima persona le suore malate, assoggettandosi anche a compiti umilissimi: la carità, infatti, supera ogni resistenza e chi ama compie ogni sacrificio con letizia”. (Udienza generale, 15 settembre 2010)
E di fronte a quanti, nel suo tempo, volevano cambiare il mondo facendo rumore, lei sceglie il nascondimento e il silenzio del chiostro. “Chiara taceva – ricorda il Papa – ma la sua fama gridava”:
“Sono i santi coloro che cambiano il mondo in meglio, lo trasformano in modo duraturo, immettendo le energie che solo l’amore ispirato dal Vangelo può suscitare. I santi sono i grandi benefattori dell’umanità!”. (Udienza generale, 15 settembre 2010)
Sul significato di questo centenario Paolo Ondarza ha intervistato suor Maria Chiara Cavalli, clarissa del Monastero di sant’Agnese a Perugia:
R. – Ricordare un centenario – otto secoli, nel nostro caso – è fare memoria delle proprie radici, riandare alla grazia delle origini, a quel flusso dello Spirito che è uno Spirito eterno in cui anche noi viviamo e a cui possiamo attingere.
D. – Ottocento anni è una distanza temporale significativa, eppure Santa Chiara resta ancora tanto attuale…
R. – Chiara di Assisi è una donna bella; bella della bellezza di chi ha incontrato Dio ed è vissuto di Lui, aprendo così ad altri una via da percorrere. Guardando a lei, anche in questi nostri giorni così ricchi di novità, possiamo incontrare il Figlio di Dio nel quale siamo resi figli, fratelli e madri. Chiara dice, in una lettera ad una sua sorella: “Conterrai Colui che i cieli non possono contenere”. Per abbracciare tutto, Chiara si fa accoglienza del Signore Gesù come Maria, per portare Gesù – l’amore che redime e salva – ad ogni persona. Anche oggi, tutti cercano un senso all’esistenza, una risposta alla domanda, alle domande che comunque, sempre ci tormentano. Le circostanze personali e sociali ci interrogano; prima o poi incontriamo il dolore. Guardando a Santa Chiara, incontrandola nei monasteri, nelle Clarisse, possiamo intuire una via verso il Cielo, scoprire quell’amore che da sempre cerchiamo e per il quale siamo fatti.
D. – La fuga notturna di Santa Chiara verso la Porziuncola, avvenuta 800 anni fa, non ha cambiato la vita solo di questa donna, ma ha cambiato la vita di un numero straordinario di persone. Ancora oggi, tante donne, tante ragazze scelgono di seguire Santa Chiara in una “via” controcorrente per i nostri giorni, che è quella della clausura: questa è anche la sua scelta, suor Maria Chiara. Che cosa spinge a fare questa scelta?
R. – E’ una scelta di amore: si può capire solo in questa ottica. Se siamo intelligenti, cioè leggiamo dentro le pieghe della nostra storia, di questa storia dell’epoca in cui viviamo, dell’epoca del trionfo della tecnica e dell’informatica, della scienza che sembra risolvere tutti i nostri problemi, ci accorgiamo che invece tutto grida verso un oltre. Come raggiungere il cuore degli uomini, i nostri fratelli più tormentati di ogni luogo della terra? L’indifferenza che sembra così dilagante, non ci appartiene, in verità. Siamo fatti per incontrare l’amore, il perdono, la misericordia, per noi e per tutti, nell’abbraccio della comunione dei Santi. Proprio per questo Chiara c’è, oggi come ieri. Vieni e vedi: non riesco a dire diversamente. Vieni e vedi, perché solo incontrando le clarisse, solo leggendo gli scritti di Chiara si può intuire questo grande mistero che può spaventare, forse, ma in realtà è a misura di persone; direi che realizza pienamente l’umano.
◊ Cresce l’attesa in Libano per la visita del Papa, fra poco più di un mese, per la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente. In questi giorni, proprio in vista dell’evento, alcuni leader cristiani e musulmani libanesi si sono riuniti a Sidone per rinnovare un appello per la pace, il dialogo e la riconciliazione nel Paese e nella regione. Intanto, a Beirut fervono i preparativi per accogliere Benedetto XVI. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di don Guillaume Bruté de Rémur, rettore del Seminario “Redemptoris Mater” della capitale libanese:
R. – Siamo tutti molto felici, e anche un po’ impazienti; i seminaristi, ora, sono per la maggior parte in vari posti di missione per l’estate, alcuni hanno preso un po’ di vacanza. Ritorneranno tutti all’inizio di settembre proprio per gli ultimi preparativi prima che arrivi il Santo Padre. Accoglieremo anche dei fratelli che vengono dall’Egitto, dall’Iraq perché, anche se il Santo Padre viene in Libano, viene per consegnare l’Esortazione che è il frutto del Sinodo per il Medio Oriente e quindi è una visita rivolta a tutti i cristiani dell’area in questo momento un po’ particolare, per non dire difficile …
D. – Il Sinodo per il Medio Oriente aveva come tema “Comunione e testimonianza”: quanto è importante questa visita del Papa per rafforzare la comunione e la testimonianza dei cristiani in Libano e in tutto il Medio Oriente?
R. – Una delle particolarità del cristianesimo orientale è appunto la divisione tra i vari riti: non solo tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica, ma anche la divisione all’interno della stessa Chiesa cattolica tra i riti melkita, maronita, copto … E dunque, anche se queste sono ricchezze enormi, perché ogni Chiesa conserva un patrimonio culturale e religioso e spirituale bellissimo che va protetto e conservato con molta attenzione, c’è però sempre il rischio di un ripiegamento dei cristiani su questi particolarismi delle loro Chiese, dimenticando che la testimonianza che sono chiamati a dare i cristiani oggi in questo mondo mediorientale pieno di rivoluzione, dove l’islam si pone anche con una certa forza ed un certo radicalismo, è proprio l’unità. Per questo la visita del Papa è molto importante: perché viene a sottolineare l’unità di tutte le Chiese cattoliche orientali intorno alla figura di Pietro, ma è anche molto importante per l’ecumenismo. Sappiamo, infatti, quanto questo aspetto sia rilevante agli occhi di Benedetto XVI e quanto egli stia facendo per questa ritrovata unità anche con le Chiese separate, con le Chiese ortodosse che anch’esse sono contente della visita del Santo Padre.
D. – Il Papa incontrerà anche i giovani libanesi. Molte volte accade che, dopo una visita del Papa in un Paese, ci sia una fioritura di vocazioni: può essere questa anche una speranza per il Libano?
R. – Sì. Noi lo speriamo moltissimo e puntiamo molto, nella preparazione della venuta del Santo Padre, sui giovani e proprio su questo fatto: è un momento particolare in cui ciascuno si chiede qual è la propria vocazione. Anche il fatto stesso che il Santo Padre venga a consegnare questo documento come una missione, questo invita tutti noi a prendere coscienza di questa missione e di come possiamo esprimerla nella nostra vita, sia come presbiteri, come vita consacrata … E per questo è molto importante. E’ vero che attualmente in Libano il numero dei cristiani non soffre di una mancanza di vocazioni, perché il numero di vocazioni proporzionalmente al numero dei cristiani è abbastanza alto; però ultimamente si assiste ad un calo delle vocazioni e anche per questo speriamo che la venuta del Santo Padre restituisca un fervore nuovo ai giovani. Io penso che questo sia uno dei motivi per cui il Santo Padre vuole incontrare i giovani, e per lo stesso motivo anche i Patriarchi hanno insistito perché si organizzasse, il sabato 15 settembre, un incontro particolare per i giovani.
◊ Benedetto XVI ha nominato il cardinale Josef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Suo Inviato Speciale alla solenne celebrazione giubilare che avrà luogo a Lviv (Ucraina) l’8 settembre 2012, in occasione del 600° anniversario della sede arcivescovile e metropolita di Lviv dei Latini.
La nuova evangelizzazione inizia dalla credibilità dei testimoni: così mons. Fisichella in Australia
◊ “La Chiesa ha il dovere di annunciare sempre e dovunque il Vangelo e Gesù Cristo”, perché “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”. Così, citando le parole di Benedetto XVI e della lettera agli Ebrei, l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ha aperto oggi il suo intervento al convegno “Proclaim 2012”, a Chatswood, in Australia. “La Chiesa”, attraverso una nuova e continua evangelizzazione, deve “assumersi il compito di trasmettere un patrimonio vivente di cultura e di valori che non ci si può permettere di far cadere nell’oblio”, ha affermato il presule, perché oggi “molte dottrine umane hanno la pretesa di essere migliori delle dottrine della fede”. In questo tempo di crisi si è riscoperto l’interesse per Dio e per la religione, ma è un interesse superficiale, perché “le persone cercano diverse modalità di religione, scelte da ognuno tra quelle che trova piacevoli e che procurino quell’esperienza religiosa che appare più soddisfacente per i bisogni del momento, ha continuato l’arcivescovo. Ecco quindi che la nuova evangelizzazione deve avere la capacità e il dovere “di sapere come dare una spiegazione della nostra fede, indicando Gesù Cristo, il Figlio di Dio, come unico salvatore dell’umanità”. Un’opportunità per rinnovare la Pentecoste è data dall’Anno della Fede, continua mons. Fisichella, durante il quale la comunità cristiana potrà offrire “alle molte persone che possiedono un desiderio di Dio e un profondo desiderio di incontrarlo nella propria vita”, autentiche “amicizie della fede”, in una comunità spiritualmente matura che riunisca assieme i termini di “identità” e “appartenenza”. Obiettivo della nuova evangelizzazione, continua il presule, è quello di formulare una nuova apologia della fede: “ciò che si richiede è che l’atto di fede sia veramente un atto libero, frutto del nostro completo abbandono a Dio, per mezzo del quale ognuno di noi si affida a Lui con il proprio intelletto e con la propria volontà”. “La nuova evangelizzazione”, conclude mons. Fisichella, “incomincia dalla credibilità del nostro vivere come credenti e dalla convinzione che la grazia agisce e si trasforma al punto da convertire il cuore, in un viaggio che impegna ancora i cristiano dopo duemila anni di storia. (A cura di Michele Raviart)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nel cinquantesimo anniversario dell'inaugurazione, a Taizé, della chiesa della Riconciliazione, in prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "Il cammino della riconciliazione".
In rilievo, nell'informazione internazionale, le violenze nel Darfur.
Dostoevskij e la profezia sul Novecento: in cultura, gli articoli di Vladimir Bibichin, Georgij Orechanov e Stefano Alberto tratti dall'ultimo numero ella rivista "La Nuova Europa", che ha dedicato allo scrittore russo il dossier "Dostoevskij e il Dio inutile".
Un articolo del vescovo Enrico dal Covolo dal titolo "Tre chiavi per una nuova cultura economica": la saggia valorizzazione del legame tra crescita, finanza e infrastrutture può contribuire a dare risposte adeguate alle sfide del nostro tempo.
Il rasoio di Samuel Fuller: a cent'anni dalla nascita, Emilio Ranzato ricorda il regista che ha rivoluzionato il cinema americano con la sua poetica originale e iconoclasta.
Un alieno di talento nella fabbrica dei sogni: è morto Carlo Rambaldi, vincitore di tre Oscar per gli effetti speciali di King Kong, E.T. e Alien.
Per un'accoglienza senza confini: nell'informazione vaticana, Gianluca Biccini sui novant'anni del dispensario pediatrico di Santa Marta in Vaticano.
Siria: scontri a Damasco e Aleppo, verso la nomina di Brahimi a inviato speciale
◊ In Siria, violenti combattimenti in pieno centro a Damasco, mentre proseguono gli scontri anche ad Aleppo: secondo l’opposizione sono oltre 200 i morti nel Paese negli ultimi due giorni. Intanto, sul fronte diplomatico è da registrare la visita di Hillary Clinton in Turchia, per incontrare il premier Erdogan e il presidente Gul. La Lega Araba e l’Onu invece discutono del possibile successore di Kofi Annan nel ruolo di inviato speciale. Sull’argomento si terrà domani una riunione d’emergenza dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi. Il nome più probabile è quello dell’ex ministro algerino Lakhdar Brahimi. Davide Maggiore ha chiesto a Ugo Tramballi, inviato del “Sole 24 Ore”, quali prospettive apre questa scelta:
R. - Brahimi è una persona degnissima come tra l’altro lo era Kofi Annan. Il problema non è la persona, l’incarico. Il problema è l’obiettivo. L’obiettivo non lo raggiungerà Brahimi come non lo ha raggiunto Kofi Annan, perché le parti sul campo non hanno alcuna intenzione di aderire, nei fatti, alle richieste, al tentativo di accordo sponsorizzato dalle Nazioni Unite. Continuano sul campo, a fare la loro guerra.
D. - Neanche l’esperienza precedente di Brahimi, in conflitti come quelli dell’Iraq e dell’Afghanistan, può essere un aiuto in questo senso?
R. - Brahimi ha avuto qualche piccolo successo in Afghanistan, ma il Paese oggi non è molto più stabile e molto più pacificato di quanto lo fosse prima; qualsiasi proposta è destinata a fallire se non viene accettata e accolta dalle parti in causa.
D. - D’altra parte, Hillary Clinton è in Turchia per discutere della crisi siriana. Perché questo intervento diretto degli Stati Uniti?
R. - Il fatto che il segretario di Stato Usa vada ad Istanbul - certamente anche a parlare di Siria - non vuol dire un coinvolgimento diretto più di quanto gli americani siano già coinvolti, devo dire con molta attenzione e con un certo distacco e con una certa intelligenza politica. L’internazionalizzazione del conflitto è sotto traccia fin dal suo inizio, e in qualche modo l’ha sancita il ministro degli Esteri iraniano, ricordando che l’Iran non accetterà mai la caduta del regime siriano. In qualche modo, certo, il viaggio di Hillary Clinton in Turchia è anche una risposta agli iraniani, ma non credo che, almeno per il momento, nessun occidentale sotto qualsiasi forma - Nazioni Unite, Nato, Stati Uniti, Unione Europea - abbia alcuna intenzione di essere coinvolto militarmente nel conflitto siriano.
D. - Da parte statunitense non si può quindi ipotizzare una sorta di "seconda linea", parallela o opposta, a quella delle Nazioni Unite?
R. - Posto che esista un piano americano della risoluzione del conflitto, o se decidessero di averne uno, non credo che sarebbe in conflitto con quello delle Nazioni Unite. Ormai anche le Nazioni Unite hanno capito che non c’è soluzione se Bashar al-Assad e il vertice dell’attuale regime non fanno un passo indietro. Io credo che gli Stati Uniti abbiano tutto l’interesse a rafforzare un’eventuale proposta dalle Nazioni Unite, che però al momento non c’è. Al momento c’è uno stallo totale, nel senso che non è possibile alcun negoziato, e non è possibile alcun intervento militare. La Siria ha una massa critica, ha una geopolitica completamente diverse dalla Libia. Quindi ci dobbiamo aspettare - credo - un conflitto molto lungo. Del resto la guerra civile libanese scoppiò nel 1975 e terminò nel 1990 con alti e bassi, con guerre civili diverse all’interno della grande guerra civile libanese. Io credo che dobbiamo aspettarci qualcosa di simile al conflitto libanese.
D. - Quale impatto ulteriore può avere la crisi siriana sul resto della regione, e quanto vasto?
R. - Diciamo che a Bashar Al Assad l’acqua è arrivata alla cintola. Nel momento in cui l’acqua arrivasse al collo, gli Hezbollah libanesi e l'Iran soprattutto, non potrebbero accettare la caduta del regime di Assad o, quanto meno, il trasferimento della Siria nel fronte non dico tanto occidentale, quanto quello sunnita. Questo potrebbe, in ogni momento, provocare un conflitto regionale.
Usa: Romney sceglie il giovane deputato Paul Ryan come candidato vicepresidente
◊ Giornata importante per la corsa alla Casa Bianca: Mitt Romney ha scelto il parlamentare del Wisconsin, Paul Ryan, come candidato alla vice presidenza. Lo affermano fonti del Partito repubblicano, riportate da tutti i maggiori media americani. L’annuncio ufficiale avverrà nelle prossime ore. Per un profilo di Ryan, deputato 42enne, cattolico e conservatore, Alessandro Gisotti ha intervistato Alia K. Nardini, autrice del libro “Neoconservatorismo americano” edito dalla Rubbettino:
R. – Ryan è molto conosciuto per le sue competenze economiche: si è occupato di proporre un’alternativa al budget di Obama per il 2012. Quindi le sue competenze si traducono anche in alternative concrete a quello che i Democratici stanno facendo ora alla Casa Bianca. Inoltre, sui temi sociali Ryan è contrario alle unioni omosessuali e all’aborto. Infine, è favorevole all’abolizione delle imposte o comunque ad una loro drastica riduzione, anche in questo - strizzando l’occhio ai movimenti anti-tasse - raccoglie una parte importante di consensi dell’elettorato.
D. – Quali sono state le ragioni politiche, di strategia elettorale di Romney nella scelta di Ryan?
R. – Si è voluto andare a riequilibrare le critiche che più di sovente vengono mosse a Mitt Romney in campagna elettorale, ovvero che Romney non sia un vero conservatore, ma un moderato travestito da conservatore per conquistare una fetta importante dell’elettorato statunitense. Con Ryan - che sui temi sociali è schierato con la destra tradizionale – si va a riequilibrare questa situazione.
D. – Anche con il profilo di Paul Ryan si conferma che il tema dominante di questa sfida tra Obama-Biden da una parte e Romney-Ryan dall’altra, è l’economia …
R. – Sì, io credo che questo trend sarà confermato per tutta la campagna elettorale: al primo posto c’è l’economia. Sicuramente una ripresa economica dell’America conterà molto. La situazione economica, forse anche indipendentemente dalle politiche che verranno adottate dal presidente Obama da qui a novembre, andrà sicuramente ad influenzare l'esito della sfida elettorale.
Darfur: 25 mila sfollati in fuga dagli attacchi delle milizie favorevoli a Khartoum
◊ Nella regione sudanese del Darfur, le violenze degli ultimi dieci giorni hanno provocato la fuga di 25 mila persone dal campo profughi di Kassab: lo rende noto l’Onu, secondo cui anche le sedi di cinque organizzazioni umanitarie sono state attaccate durante gli scontri, originati dalla morte di un funzionario locale. A tracciare un quadro degli ultimi avvenimenti nell’intervista di Davide Maggiore, è Michele Luppi, giornalista italiano, attualmente in Sud Sudan:
R. - Gli episodi degli ultimi giorni, che hanno riguardato in particolare il campo sfollati di Kassab, nel Nord del Darfur, sono legati a degli attacchi da parte delle milizie di janjaweed, ovvero delle milizie nomadi, che nella regione del Darfur, hanno da sempre sostenuto il regime, e anzi, hanno anche compiuto attacchi nei confronti delle etnie e dei gruppi ribelli del luogo per conto di Khartoum. La cosa che colpisce è il fatto che queste milizie abbiano potuto colpire in maniera indisturbata, un campo profughi dove vivevano circa 30 mila persone. Comunque questo campo di sfollati doveva, in un certo senso, essere protetto da quelle che sono le forze delle Nazioni Unite.
D. - Qual è l’impatto di questa questione nell’area?
R. - Il problema è che abbiamo persone che sono sfollate da anni, dal 2003-2004. È chiaro che questo ha delle conseguenze anche sullo sviluppo dell’intera regione e sulla stabilità di tutti i governi vicini; pensiamo al Sud Sudan, al Ciad...
D. - Ci sono stati, per quanto riguarda il Darfur, diversi accordi di pace negli ultimi anni. Gli ultimi quelli di Doha, nel 2011. Cosa non funziona in questi accordi di pace?
R. - Gli accordi di Doha hanno visto seduti intorno al tavolo solamente alcuni dei gruppi ribelli presenti in Darfur, e a firmarli, il giugno scorso, è stato soltanto uno di questi. I gruppi più attivi non hanno ancora firmato gli accordi di Doha. Tra l’altro, in questi accordi è previsto che il governo centrale avrebbe dovuto iniziare anche una serie di operazioni di sviluppo in Darfur, investendo circa 200 milioni di dollari, cosa che anche a causa della crisi e della recessione, che ha colpito Khartoum dopo la secessione del Sud dal Sudan, non è avvenuta. Quindi diciamo che quelle che sono anche le rivendicazioni politiche, portate avanti dalle milizie degli anni duemila e da questi ribelli del Darfur, non sono ancora state messe in atto da parte del governo di Khartoum. A questo poi, si aggiunge l’instabilità provocata anche dai conflitti degli altri movimenti ribelli, per esempio nel Sud del Sudan.
D. - Cosa potrebbe fare la comunità internazionale in questo senso, per aiutare una transizione verso la pace?
R. - Diciamo che la comunità internazionale sta premendo perché gli altri gruppi ribelli che non hanno ancora firmato gli accordi di Doha si siedano al tavolo. Per la fine dell’anno, dovrebbe tenersi una grande conferenza dei donatori, proprio per cercare di avviare un reale sviluppo del Paese. Il problema è che la questione del Darfur è abbastanza legata a tutto quello che è il clima che oggi si respira tra Nord e Sud Sudan. Quindi diciamo che tutto quello che avverrà nel Paese, sarà - ed è - legato a quelli che sono gli accordi in corso tra Nord e Sud Sudan circa i nodi irrisolti dell’indipendenza del Sud; quindi non solo il petrolio, ma anche i confini e quelli che sono i diritti di cittadinanza. Quindi, in un certo senso, bisogna anche aspettare di cercare di capire se ci sarà e quale sarà il tipo di accordo su tutte queste questioni ancora sospese tra Khartoum e Juba, e vedere poi come la situazione potrà cambiare anche in Darfur. Diciamo che questa è un po’ una situazione di attesa. Non bisogna dimenticare che proprio negli ultimi mesi, la violenza in Darfur è tornata dopo che negli anni scorsi c’era stato un progressivo calo, e proprio in concomitanza con la crescita della tensione tra il Nord e il Sud Sudan.
Londra 2012: vigilia di chiusura dei Giochi, è sfida Cina-Stati Uniti
◊ A Londra, ultime medaglie da assegnare alla vigilia della chiusura delle Olimpiadi. Tante spettacolari prestazioni sportive in questi Giochi ma, come già in passato, i successi in pista, campi da gioco e pedane hanno assunto a volte anche un significato geopolitico. Come già a Pechino 2008, la grande sfida è stata tra Cina e Stati Uniti, superpotenze anche nello sport. Per un bilancio, non solo sportivo, di questo grande evento, Alessandro Gisotti ha intervistato Roberto Zichittella, inviato di “Famiglia Cristiana” ed esperto di Olimpiadi:
R. – Sicuramente la Cina ormai ha preso il posto di quella che una volta era l’Unione Sovietica. Quindi, il confronto con gli Stati Uniti è serrato. Bisogna dire però che questo confronto non è su tutte le specialità olimpiche, perché i cinesi sono abbastanza assenti dalle competizioni di atletica leggera. Comunque, il confronto c’è, c’è questa rivalità anche se non la vediamo su tutte le competizioni.
D. - Qualche altro significato al di là dello sport da queste Olimpiadi, come medagliere?
R. – Il conto delle medaglie è sempre un modo per "pesare" un po’ anche gli equilibri tra i Paesi. Non è un caso che, a luglio, una prestigiosa rivista francese di geopolitica – Diplomatie – abbia dedicato la copertina proprio a questo tema: la geopolitica dello sport. Ci sono anche dati abbastanza curiosi: abbiamo parlato degli Stati Uniti, della Cina. Naturalmente bisogna parlare dei "padroni di casa", la Gran Bretagna. Si sa che chi gioca in casa punta sempre molto sui Giochi e vince, perché evidentemente investe molto sui propri atleti per far bella figura. Abbiamo poi la Russia, la Corea del Sud - al momento quinto posto nel medagliere - poi abbiamo le classiche potenze come la Germania e la Francia. Curiosamente sono quei Paesi che poi troviamo anche nel Consiglio di sicurezza dell’Onu!
D. – I Giochi ormai si stanno concludendo. Quali potrebbero essere le istantanee più significative?
R. – Come istantanee penso ai sorrisi dei vincitori e le lacrime... ricordiamo la schermitrice della Corea del Sud, che contestava la vittoria della tedesca contro di lei, rimasta per un’ora sulla pedana in lacrime, perché non accettava la decisione della giuria. Direi poi il sorriso degli africani. Tra l’altro queste vittorie hanno portato anche alle dichiarazioni dei politici del Kenya, proprio sui giornali di oggi, che stanno quasi pensando ad una candidatura del Kenya alle Olimpiadi del 2024.
D. – Un altro aspetto che colpisce: gli atleti non nascondono la loro fede, pensiamo ad esempio all’atleta protagonista di queste Olimpiadi, Bolt. Diciamo che questo colpisce in una nazione, come l’Inghilterra, che ha una certa visione della laicità…
R. – Sì. Abbiamo visto molti luoghi, molte piste di atletica, prima della partenza e dopo la vittoria e questi gesti: segni della Croce, le dita che indicano il cielo… C’è da chiedersi fino a che punto sia vera religiosità, fino a che punto si tratta invece di gesti quasi scaramantici. In ogni caso, però, sono dei gesti che rimandano a qualcosa di superiore, che gli atleti intendono manifestare. Penso anch’io che questo abbia colpito il pubblico che ha seguito con passione le gare di queste Olimpiadi.
D. – Avendo seguito diverse Olimpiadi negli ultimi 15-20 anni, per che cosa forse si contraddistinguerà nel tempo questa edizione dei Giochi di Londra?
R. – Io direi per la festa: questa Olimpiade è stata un successo, lo riconoscono anche i più scettici, quelli che all’inizio pensavano ad un flop. Certo, manca ancora un giorno. Speriamo dunque che finisca tutto bene. E tuttavia, non ci sono stati problemi di sicurezza, il clima è stato festoso. Direi, quindi, che è stato sicuramente anche un trionfo per la città di Londra e per lo sport ancora la conferma di una festa.
Musica d'estate: al via a Pesaro il Rossini Opera Festival
◊ Inaugurato ieri sera al Teatro Rossini di Pesaro il 33.mo Rossini Opera Festival – che prosegue fino al 23 agosto - con un nuovo e suggestivo allestimento di Ciro in Babilonia, dramma sacro praticamente sconosciuto del quale è stata portata a termine l’edizione critica, in cui vicende bibliche, storiche e di fantasia si fondono nel restituire al pubblico la meraviglia e il piacere di un ascolto inaspettato, grazie alla felice direzione orchestrale di Will Crutchfield e all’originale regia di Davide Livermore. Il servizio è di Luca Pellegrini:
“Or stanco Iddio di tollerarti omai, t’annunzia la pena meritata: il nuovo sol a nascer non vedrai, fian l’arme tue sconfitte e tu morrai”: il profeta Daniello appare in uno squarcio di mura che s’aprono tra dune di sabbia mentre l’empio Baldassarre riceve la tragica profezia nel corso del famoso banchetto. Ciro con le sue schiere persiane arriverà per compierla, conquistando Babilonia. Il ventenne Rossini, esattamente duecento anni fa, iniziava a Ferrara la sua carriera d’operista serio con un libretto aulico e biblico che l’oggi sconosciuto Francesco Aventi gli aveva fornito, condensando parti del Libro di Daniele, di fatti storici noti e di convenzioni teatrali disseminate di affetti, passioni, fedeltà, eroismi. “Rancidissime risorse” le avrebbe chiamate un rancoroso critico quattro anni più tardi. Che in mano, però, a Davide Livermore si rivelano del tutto funzionali grazie a un espediente rischioso e fantasioso, ossia il ricorso al cinema muto. Che irrompe nella messinscena, ricreando un passato di fantasia e meraviglia. Le posture dei personaggi dei grandi kolossal storici e biblici di ieri diventano quelle dei cantanti di oggi, Cabiria e La caduta di Troia di Pastrone, o l’episodio babilonese di Intolerance di Griffith, offrono fondali in movimento o immagini monumentali e creano una tridimensionalità nella quale è assorbito il pubblico del cinema in scena in cui a sua volta si immedesima quello dell’opera in sala. Uno spettacolo felicissimo, calibrato a misura, tutto giustamente in bianco e nero, un nuovo kolossal biblico che è stato applaudito con entusiasmo. Ovazioni che hanno accompagnato anche la straordinaria resa vocale del contralto polacco Ewa Podleś nei panni di Ciro, eroica, energica, umanissima nelle sue emozioni. Splendidi momenti musicali della partitura non mancano e un senso di irreparabile disfatta, di sotterraneo terrore e di inutile vendetta assale l’anima di Baldassare, prima che il grande tempio-mostro di Cabiria, il Moloch, diventi il luogo in cui precipita l’empio re degli Assiri, che aveva sfidato l’Altissimo.
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa 19.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù parla con i giudei a Cafarnao. Il suo discorso scandalizza molti presenti, soprattutto quando dice:
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Non più con la folla, ma con i Giudei è questa volta il dialogo sul pane di vita, disceso dal cielo. L’espressione scandalizza, anche perché Gesù la ripete ben tre volte, con una insistenza che irrita. Se prima si trattava di andare oltre le apparenze del pane materiale distribuito in abbondanza, ora si deve andare oltre la realtà familiare di Gesù: certo, molti conoscono la sua parentela umana, eppure la sua vera identità ha radici nel cielo. Il Padre lo ha mandato per portare a tutti la vita, per rivelare, per mediazioni umane, i segreti della vita divina misteriosa. Il ricordo della manna donata gratuitamente nel deserto o il pane offerto dall’angelo a Elia depresso e in fuga, certo rimanevano simboli potenti della generosità di Dio. Ma ora Dio dona ancora di più: un pane che elimina la morte, che alimenterà la vita in maniera divina, eterna. Gesù stesso si proclama questo pane di eternità, per la vita del mondo. Una sfida per tutti noi: cogliere questa identità divina di Gesù e conoscere il cuore del Padre è possibile se ci facciamo imitatori di Dio, come esorta oggi Paolo: diventando pane e amore, camminando nella carità, come ha fatto Cristo. Vertiginoso ideale, ma ce lo propone Gesù stesso.
Filippine: oltre 110 morti per le alluvioni, l’aiuto della Chiesa
◊ Oltre 110 morti, 300mila sfollati, intere città completamente nel fango: questo il bilancio di due settimane di piogge monsoniche nelle Filippine. Il governo di Manila ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire con aiuti. Centri di emergenza sono stati realizzati un po’ ovunque nel Paese. La gente, fuggita dalle case sommerse dall'acqua, affolla ospedali, scuole ed edifici pubblici. L'agenzia meteorologica governativa ha revocato l'allerta per le precipitazioni nell'area di Manila, il centro più colpito con circa 60 vittime, precisando di attendersi al massimo piogge intermittenti e moderate nelle prossime ore. Nella capitale, i disagi rimangono comunque enormi specie nelle aree più povere, nelle aree pianeggianti vicino ai corsi d'acqua e in quelle dotate di insufficienti infrastrutture per lo scolo delle acque. L'esercito e la polizia coordinano la distribuzione dei soccorsi e l'assistenza agli evacuati. Le precipitazioni delle ultime due settimane sono le più gravi dal 2009 quando il tifone "Ketsana" aveva provocato oltre 460 vittime nell'arcipelago. La Chiesa delle Filippine ha donato alle vittime del maltempo oltre 16mila euro attraverso il segretariato nazionale per il sociale, la giustizia e la pace.
Stati Uniti. Conclusa l’Assemblea annuale della Conferenza delle superiore religiose
◊ Si è conclusa ieri a Saint Louis, negli Stati Uniti, l’Assemblea annuale della Conferenza delle superiore religiose del Paese, la Leadership Conference of Women Religious (Lcrw), cui hanno preso parte oltre 900 partecipanti. Tra i molti temi di carattere sociale discussi nel corso dei lavori - oltre alla valutazione del rapporto elaborato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede - sono state affrontate con particolare attenzione anche questioni relative ai flussi migratori (regolari e irregolari) verso gli Usa, la presenza di lavoratori stranieri e la questione dei ricongiungimenti familiari. L’Assemblea ha ribadito l’importanza di proseguire sulla strada di un dialogo franco e costruttivo con i rappresentanti incaricati della Congregazione per la Dottrina della Fede su delicate questioni di tipo etico e morale. Pertanto, si legge nel comunicato finale dell’Assemblea, la Lcwr avvierà al più presto un colloquio con l’arcivescovo J. Peter Sartain, delegato apostolico incaricato dal dicastero vaticano. L’Assemblea ha, inoltre, sottolineato l’importanza dei valori emersi dal Concilio Vaticano II in materia di teologia, ecclesiologia e forme di vita consacrata. Nel suo intervento conclusivo, suor Pat Farrell, Osf, ha suggerito 6 strumenti per affrontare le sfide che il mondo attuale presenta. Tra questi strumenti vengono indicati: la contemplazione, la capacità di avere una voce profetica, la solidarietà con gli emarginati, la comunità, la non violenza e la capacità di vivere una gioiosa speranza. L’Assemblea ha, infine, rivolto un appello al Congresso statunitense affinché passi il Dream Act e una riforma globale dell’immigrazione che abbia presente in maniera prioritaria il problema dei ricongiungimenti familiari e il percorso verso l’acquisizione di una piena cittadinanza. I partecipanti hanno evocato in quest’ambito anche la piaga del traffico di esseri umani e la necessità di debellarla. (A cura di Stefano Leszczynski)
India: dalit cristiani e musulmani insieme contro le discriminazioni
◊ Si è tenuto ieri in India il “Black day”, un giorno di lutto contro la discriminazione dei cristiani e muslmani. Con questa giornata è stato chiesto al nuovo presidente Pranab Mukherjee, al primo ministro Manmohan Singh e al presidente della United Progressive Alliance (Upa) Sonia Gandi di abolite l’articolo 3 della legge sulle Scheduled Castes (Sc) del 1950 che discrimina i dalit di religione diversa da indù e buddismo. Questa legge riconosce ai membri della Scheduled Castes vari diritti previsti dall’articolo 341 della Costituzione indiana, grazia ai quali i dalit indù hanno facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale e quote di posti di lavoro assegnati nella burocrazia. Ma il terzo paragrafo della norma specifica che non può essere membro di questi gruppi chi confessa una religione diversa dall’induismo. Nel 1956 e nel 1990 sono stati introdotti emendamenti a favore dei buddisti e dei sikh, ma, 62 anni dopo l’approvazione, sono ancora esclusi cristiani e musulmani, i quali sono oggi costretti a vivere ai margini della società, non lavorano e devono sottostare agli antichi obblighi previsti nel sistema delle caste anche se questo è abolito da oltre 60 anni. Dichiara all’agenzia AsiaNews mons. Anthonisamy Neethinathan, responsabile per la Conferenza episcopale indiana (Cbci) della Commissione per la Scheduled Castes e Tribù: “I dalit cristiani indiani sono ancora discriminati per la loro fede. In un Paese laico come l’India è scandaloso che i fuori casta di religione diverse da indù e buddismo vengano privati dei loro diritti a causa della religione”. Questa legge è in evidente contrasto con i principi di uguaglianza (art. 14), divieto di discriminazioni dovute alla propria fede (art. 15) e libertà religiosa (art. 25) previsti dalla Costituzione. Fino ad oggi tutti gli appelli, i richiami e le proteste non hanno ottenuto risposta. Anche molte promesse elettorali a riguardo non sono state mantenute dai politici, ancora succubi della cultura indù che temono l’eventuale reazione dei membri del Bharatiya Janata Party (Bjp), potente partito nazionalista indù. (L.P.)
Malta. Anche i laici del “Movimento Cana” contrari alla legge sulla fecondazione in vitro
◊ Dicono no alla proposta di legge sulla fecondazione in vitro (Ivf), attualmente in discussione in Parlamento, i laici del “Movimento Cana”. L’organizzazione di volontari è patrocinata dalla Chiesa cattolica di Malta ed ha l’obiettivo di sostenere ed aiutare i coniugi nel loro percorso matrimoniale e familiare. La presa di posizione dei laici arriva a pochi giorni dalla Lettera pastorale dei vescovi locali, in cui si ribadiva che “ogni tecnica che sostituisce l’atto coniugale personale non rispetta la dignità della persona umana e dell’unione matrimoniale e quindi non è accettabile”. Forte, inoltre, la preoccupazione della Chiesa maltese per il congelamento o la selezione degli embrioni, tecniche contrarie al principio di difesa della vita umana e della sua dignità. Sulla stessa linea, si pone ora il “Movimento Cana”: in una nota ufficiale, pubblicata sul sito Internet della Chiesa maltese, si ribadisce innanzitutto che “l’uomo non è un prodotto o un oggetto” e che “la vita umana merita tutela e protezione sin dal primo istante del concepimento”. Di qui, il richiamo alla necessità di “aiutare quelle coppie che hanno un problema di infertilità” per far sì che comprendano che, anche se non hanno figli, “la loro missione non è fallita e non sono da meno rispetto alle altre famiglie”. Evidenziando, poi, come “i bambini siano sempre un dono”, il “Movimento Cana” sottolinea che, dove è entrata in vigore, l’Ivf “ha aperto la strada all’aborto”, il che significa che “non tutto ciò che è tecnicamente e clinicamente possibile è eticamente e moralmente accettabile”. Tale principio, però, non implica che “la scienza è contro la fede”, anzi: esse “possono camminare insieme”. E quindi, in linea con la Chiesa maltese, il “Movimento Cana” esorta gli scienziati a continuare ricerche e studi che possano offrire alle coppie sterili “soluzioni moralmente ed eticamente sane, come avviene per la pianificazione naturale della famiglia”. Infine, i laici concludono la loro nota ponendo l’accento sul fatto che “qualsiasi intervento medico deve sempre proteggere il benessere della persona umana, l’unità del matrimonio e della famiglia, insieme alla dignità e alla bellezza della sessualità umana” (A cura di Isabella Piro)
Prosegue il pellegrinaggio delle reliquie di Don Bosco in Angola
◊ Le reliquie di Don Bosco sono arrivate anche nell’est dell’Angola, a Luena. Un solo giorno, ma molto intenso. L’evento, ben preparato da tempo, ha lasciato un segno profondo nel tessuto sociale e religioso della città; un segno di speranza per il futuro salesiano di Luena e per il bene dei giovani dello stato di Moxico. L’urna con la reliquia di Don Bosco, proveniente da Benguela, - riporta l’agenzia Ans - è arrivata all’aeroporto di Luena nel mattino dell’8 agosto. Ad accoglierla una folla numerosa e animata. La vice-governatrice dello Stato di Moxico, Adriana Sofia Cacuassa Bento, ha rivolto le prime parole di accoglienza: affermando che “questo gesto rappresenta un momento di riconoscimento per il lavoro fatto da Don Bosco in Angola”. L’urna, é stata poi portata in processione per oltre 3 ore, passando per le strade di Luena in mezzo a tante persone incuriosite ed ammirate. Lungo il percorso sono state realizzate tre soste, con piccole celebrazioni: presso il Centro Maria Ausiliatrice, nella Cattedrale e alla Scuola Don Bosco. Nel pomeriggio altri due momenti importanti: la venerazione dei fedeli nella chiesa di San Pietro e San Paolo; e la celebrazione dell’Eucaristia davanti al Centro Giovanile Don Bosco, presieduta dal vescovo della diocesi, mons. Tirso Blanco, salesiano. Poi vari gruppi di giovani e di adulti della parrocchia si sono alternati in una veglia di preghiera, meditando e cantando per tutta la notte. Alle prime ore del mattino seguente il superiore dei Salesiani della Visitatoria “Mamá Muxima”, don Filiberto Rodríguez Martín, ha presieduto una celebrazione eucaristica. Alle 6:30 l’aereo con le spoglie mortali di Don Bosco è partito in direzione di Calulo. In una intervista all’agenzia “Angop”, il vescovo di Luena, mons. Blanco, ha detto che l’arrivo dell’urna a Moxico è stato un momento storico e straordinario non solo per i cattolici; un evento che ha aiutato a fortificare il Vangelo di Gesù Cristo nella regione. A Luena, negli anni sessanta, è iniziato un grande movimento di lotta contro i colonizzatori e dieci anni fa fu firmata la pace, dopo 27 anni di guerra. I salesiani sono presenti nella città dal 1981; dal 2002 c’è anche una comunità di Figlie di Maria Ausiliatrice. Ambedue le comunità religiose animano molte attività di evangelizzazione e di promozione umana: la parrocchia di San Pietro e San Paolo (con un territorio di missione di 80.000 kmq), la scuola Don Bosco (con 4.000 alunni, distribuiti in 3 turni), il Centro Educativo Maria Ausiliatrice (con 1.500 alunni), il Centro Professionale Don Bosco (centro di lavoro e di formazione), il Centro Giovanile Don Bosco e il Centro di salute Artemide Zatti.
Giornata dedicata alle minoranze religiose in Pakistan
◊ Si celebra oggi in Pakistan la Giornata dedicata alle minoranze religiose, nel 65.mo anniversario dello storico discorso del fondatore dello Stato pakistano, Mohammad Ali Jinnah, all’Assemblea dell’atto costitutivo della nazione tenuto l’11 agosto 1947. “Siamo parte di un’unica nazione” che continua a marciare per dare vita ad “un Pakistan prospero e unito”, ha dichiarato Paul Bhatti, consigliere speciale del premier e ministro per l’Armonia nazionale in questa giornata dedicata alle minoranze. “Non possiamo arretrare di fronte alle ingiustizie e a mentalità particolari – continua – che vogliono dividere i pakistani e destabilizzare la nazione”. Come riporta l’agenzia AsiaNews, nel suo messaggio Bhatti ha inoltre ricordato due grandi personalità politiche pakistane, l’ex premier Benazir Bhutto e il ministro cattolico per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, suo fratello, entrambi uccisi per mano di fondamentalisti e celebri per aver dedicato la loro vita agli ideali di democrazia, uguaglianza e pace nella società. Fra le priorità da promuovere, sottolinea il ministro, c’è una vera “armonia interconfessionale”, raggiungibile solo attraverso la piena integrazione delle minoranze religiose nel mondo politico, istituzionale, lavorativo e sociale del Paese. (L.P.)
L’arcidiocesi di Madrid celebra il primo anniversario della 26.ma Gmg
◊ In occasione del primo anniversario della 26.ma Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, celebrata nell’agosto dell’anno scorso alla presenza di Benedetto XVI, il cardinale arcivescovo della capitale spagnola Antonio Rouco Varela ha invitato i fedeli dell’arcidiocesi a partecipare a una serie di liturgie di ringraziamento per i frutti del grande evento. Tra gli eventi in programma anche “Misión Madrid” una nuova iniziativa missionaria che sarà lanciata nel prossimo mese di settembre in vista dell’Anno della Fede in continuità con lo spirito missionario e apostolico della Gmg e con il desiderio di essere testimoni e servitori della Verità nel mondo di oggi. Il porporato invita in modo speciale tutti i giovani a rispondere alla richiesta che il Santo Padre ha fatto durante la Giornata Mondiale della Gioventù di “testimoniare la fede negli ambienti più diversi, inclusi quelli dove regna il rifiuto e l’indifferenza”. Una testimonianza che ricordi come non si possa incontrare Cristo senza farlo conoscere agli altri e senza rendere visibile la gioia della fede. La giornata centrale delle celebrazioni sarà domenica 19 agosto. (M.R.)
Taiwan: i gesuiti esortano i giovani a seguire il disegno di Dio
◊ “Non aver paura di rispondere al Signore perché il suo disegno per te è sempre quello migliore”. Questa l’esortazione che il neo-sacerdote gesuita di Taiwan, padre Pedro Chia Sze Siong, ordinato il 4 agosto scorso, ha rivolto ai giovani che ha seguito durante gli anni della sua formazione vocazionale. L’ordinazione del nuovo presbitero - riferisce l'agenzia Fides - è stata presieduta dall’arcivescovo di Taipei, mons. John Hung Shan Chuan, insieme ad una cinquantina di sacerdoti e al cardinale Paul Shan, vescovo emerito di Kaohsiung, appena dimesso dall’ospedale. Oltre 800 fedeli vi hanno preso parte, in maggioranza giovani professionisti che hanno studiato e vissuto intensi e lunghi momenti di spiritualità cristiana con i seminaristi. Padre John Lee Hua, nuovo provinciale dei gesuiti nell’area ha imposto le mani al nuovo sacerdote “con immensa gioia perché continui a diffondere il Vangelo e lo spirito di S. Ignazio”. Il neo sacerdote ha celebrato la sua prima Eucaristia il 5 agosto nella chiesa del Sacro Cuore. Domani 12 agosto si recherà di nuovo nella parrocchia della Sacra Famiglia, dove ha ricevuto l’ordinazione, per celebrare la Messa domenicale. (M.R.)
Hong Kong: i giovani cattolici si preparano a celebrare la Giornata Onu della gioventù
◊ In vista della Giornata della gioventù dell’Onu, domani, il cui tema quest’anno è “la costruzione di un mondo migliore”, i giovani cattolici di Hong Kong si stanno preparando con un’attività educativa incentrata sul servizio caritativo e sulla vita comunitaria, viste come risorse per vivere in pienezza la fede e per adempiere alla propria missione sociale. Secondo quanto riferisce l’Agenzia Fides, l’associazione diocesana di San Vincenzo ha organizzato diverse iniziative a livello parrocchiale, con visite alle famiglie, assemblee e una simulazione di una seduta parlamentare per discutere su temi sociali. Secondo la responsabile dell’associazione di San Vincenzo, “il servizio caritativo aiuta i giovani ad uscire da loro stessi, a conoscere la società, soprattutto nelle sue fasce più deboli che sono la base per la loro crescita umana e integrale”. Il direttore della pastorale dell’Associazione degli Universitari Cattolici ha poi aggiunto: “La vita comunitaria aiuta i giovani a vivere la fede, e trasmette il valore cristiano nella società” (M.R.)
Kenya. La Caritas bandisce un concorso per un addetto alla comunicazione
◊ La Caritas del Kenya ha bandito un concorso per un addetto alla comunicazione. Il vincitore della selezione - informa il sito web della Conferenza episcopale locale (Kec) - dovrà lavorare in tre particolari campi: lo sviluppo della comunicazione on line, la promozione di una maggiore partecipazione tra i membri Caritas e la diffusione di una più ampia conoscenza delle attività messe in atto. Nel dettaglio, il nuovo addetto alla comunicazione dovrà anche intensificare i rapporti con i mass media, locali ed internazionali, agevolando le interviste degli esponenti della Caritas e diffondendo informazioni aggiornate e regolari sui progetti in atto. Tra i requisiti richiesti – riferisci l’Agenzia Fides - “essere a conoscenza ed impegnarsi in favore dei valori della Chiesa cattolica” e “sviluppare un senso di appartenenza alla Caritas, portando avanti i compiti richiesti in linea con le direttive generali”. Il curriculum vitae dei candidati dovrà, inoltre, comprendere una laurea o un master nel settore della Comunicazione, un’esperienza triennale nello stesso ambito e la conoscenza delle tecniche di gestione di un sito web. Il bando del concorso scade il 14 agosto e tutte le domande possono essere inviate, tramite e-mail, all’indirizzo della Conferenza episcopale del Kenya. Da notare che la Chiesa di Nairobi non è la prima ad avviare un’iniziativa simile: nell’agosto dello scorso anno, infatti, la Conferenza episcopale australiana aveva bandito un concorso, sempre on line, destinato ai laici interessati ad entrare nel Consiglio cattolico nazionale per la Pastorale dei Laici. In particolare, ai candidati si richiedeva anche la conoscenza delle più avanzate tecniche di comunicazione, come le teleconferenze. Il Consiglio era stato poi istituito ufficialmente l’8 dicembre. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 224