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Sommario del 06/08/2012
Minacce senza precedenti contro la libertà della Chiesa: così il Papa ai Cavalieri di Colombo
◊ In un’epoca in cui si va restringendo l’esercizio del diritto alla libertà religiosa, il Papa elogia in un messaggio, pubblicato oggi dalla Sala Stampa vaticana e a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, la testimonianza di fede dei Cavalieri di Colombo che si riuniranno da domani fino al 9 agosto in California. Il servizio di Benedetta Capelli:
“Proclamare la libertà in tutto il Paese”: su questo tema si svilupperà, a partire da domani, il 130.mo Convegno Supremo annuale dei Cavalieri di Colombo ad Anaheim, in California. Un tema – scrive il Papa nel suo messaggio – che evoca “gli ideali biblici di libertà e giustizia”, alla base della fondazione degli Stati Uniti d’America, e che richiama le nuove generazioni alla responsabilità di “preservare, difendere e promuovere questi grandi ideali”. “In un’epoca in cui azioni concertate vengono messe in atto per ridefinire e restringere l'esercizio del diritto alla libertà religiosa – evidenzia Benedetto XVI – i Cavalieri di Colombo hanno lavorato senza sosta per aiutare la comunità cattolica a riconoscere e a dare risposta alla gravità senza precedenti di queste nuove minacce alla libertà della Chiesa e alla testimonianza morale pubblica''. Hanno poi difeso “i diritti di tutti i credenti, come cittadini individuali e nelle istituzioni, lavorando responsabilmente alla costruzione di una società democratica ispirata dalle loro credenze, valori e aspirazioni”. Da qui il richiamo al laicato cattolico, decisivo per il progresso della missione della Chiesa e soprattutto di fronte alle sfide del momento. “I Cavalieri di Colombo – scrive il Papa - sono stati pionieri nello sviluppo dell’apostolato laico”. Così ricorda quanto detto all’inizio dell’anno ai vescovi degli Stati Uniti, in visita ad limina, riguardo la necessità di “un laicato cattolico impegnato, articolato e ben preparato, dotato di un senso critico forte dinanzi alla cultura dominante e del coraggio di contrastare un secolarismo riduttivo che vorrebbe delegittimare la partecipazione della Chiesa al dibattito pubblico sulle questioni che determineranno la futura società americana”. (Discorso ai vescovi Usa in visita ad Limina, 19 gennaio 2012). Di fronte a questi urgenti bisogni, il Papa incoraggia il Supremo Consiglio a continuare nell’attività di catechesi e nella formazione spirituale, attività che a lungo hanno caratterizzato l’Ordine. “Ogni Cavaliere – aggiunge – è chiamato a testimoniare la sua fede in Cristo, il suo amore per la Chiesa e il suo impegno” per diffondere nel mondo il messaggio di Cristo. Richiamando poi l’imminente apertura dell’Anno della Fede, Benedetto XVI assicura le sue preghiere perché ogni Cavaliere manifesti con la vita la sua fede. In conclusione, il Papa esprime la sua gratitudine per le preghiere offerte dai Cavalieri in questo anno, nel 35.mo anniversario della sua ordinazione episcopale. “Un atto di solidarietà spirituale, una testimonianza di amore per il Successore di Pietro, un segno di fedeltà, lealtà e sostegno – ha concluso il Papa - durante questi tempi difficili”.
Viaggio in Libano. I Patriarchi del Medio Oriente: attendiamo il Papa messaggero di pace e speranza
◊ I Patriarchi delle Chiese del Medio Oriente hanno inviato dei messaggi di benvenuto a Benedetto XVI, in vista del viaggio apostolico in Libano, in programma dal 14 al 16 settembre prossimo. Si tratta di sette documenti, pubblicati sul sito web ufficiale della visita papale, in cui viene sottolineata la grande attesa per un avvenimento già definito storico. I Patriarchi auspicano che la visita in Libano, 15 anni dopo quella di Giovanni Paolo II, possa dare rinnovato slancio alle speranze di pace, dialogo e sviluppo dei popoli del Medio Oriente. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Santo Padre, scrive il Patriarca maronita Béchara Boutros Rai, verrete in Libano come “pellegrino di solidarietà e di compassione”. La vostra visita, soggiunge, incoraggerà “quanti sono oppressi nella loro libertà e nella loro dignità”. Verrete, scrive il Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, come “pellegrino d’unità” e di pace per tutti i popoli del Medio Oriente. “Noi – conclude – attendiamo con fervore il momento” della visita che “farà vivere al nostro Paese e alla regione dei momenti intensi di preghiera, riconciliazione e di fruttuosa apertura gli altri”. Sul tema della pace si sofferma anche il Patriarca di Cilicia degli Armeni, Nersès Bébros XIX, che vede nella visita del Papa un invito a percorrere “una via possibile per cambiare il volto delle società” mediorientale. Il Patriarca si sofferma sull’insicurezza che contraddistingue la realtà del Medio Oriente ed auspica dunque che i cristiani siano “agenti di pace e collaborazione” anche riguardo al “movimento per la democrazia e la responsabilità politica” nella regione. Dal canto suo, il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, evidenzia che tutto il Medio Oriente, “vivendo in difficili condizioni”, ha bisogno di “ascoltare la voce” del Papa, “il suo insegnamento, la sua preghiera e la sua condivisione con quanti soffrono”. Particolarmente importante, sottolinea il messaggio, sarà la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale che aiuterà i cristiani del Medio Oriente ad essere “un segno di comunione e testimonianza”. Il nostro auspicio, conclude mons. Twal, è che la visita in Libano “rafforzi la speranza dei cristiani, il processo del dialogo islamo-cristiano e i valori della giustizia e della pace”. Gratitudine al Papa viene espressa dal Patriarca di Babilonia dei Caldei, Emmanuel III Delly, che sottolinea come Benedetto XVI abbia sempre levato alta la voce per la pace e la riconciliazione, di cui tutto il Medio Oriente, segnato da guerre e violenze, ha un grande bisogno. Il viaggio in Libano, è la speranza del Patriarca, seminerà “ovunque la fratellanza e il dialogo costruttivo”. Noi cristiani, si legge ancora, abbiamo “un grande bisogno dell’unità”, del dialogo e dell’“impegno collettivo”. E un aiuto in questa direzione, ne è convinto, potrà venire dall’Esortazione post-sinodale per il Medio Oriente.
Anche il Patriarca melchita Gregorios III auspica che la visita aiuti a costruire la pace e ad allontanare “le paure dell’islamofobia e della cristianofobia” rafforzando la convivenza comune e “i valori della libertà religiosa, di culto e di coscienza”. Il Patriarca sottolinea, quindi,che l’Esortazione post-sinodale aiuterà i cristiani libanesi e del mondo arabo a comprendere “il proprio ruolo, la propria missione e la propria testimonianza” in Paesi a maggioranza musulmana. Ancora, ribadisce l’urgenza di risolvere il conflitto israelo-palestinese. E sottolinea il ruolo che la Santa Sede, con la sua leadership “morale e diplomatica”, può esercitare affinché “si arrivi ad un pieno riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina”. Della grande attesa per la visita parla anche il Patriarca Copto Anba Boulos Najib. In un tempo segnato dall’instabilità, si legge nel messaggio, la visita del Papa potrà ricolmare i cuori della gente di gioia e di tranquillità radicando i cristiani “nel cammino di speranza al quale sono stati chiamati”. La vostra visita, scrive il Patriarca dei siro-cattolici Ignace Youssef III Younan, “ci ispirerà coraggio laddove c’è paura, chiarezza laddove c’è confusione”. Ricorda così il terribile massacro compiuto nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad due anni fa. Quella strage, scrive il Patriarca di Antiochia dei siri, ci ricorda come “l’annuncio del Vangelo sia al tempo stesso testimonianza e martirio”. Una vocazione, soggiunge, che “la nostra Chiesa condivide oggi come nel passato con le Chiese sorelle, visto anche lo sconvolgimento in Siria che richiama e rischia di ripetere la tragedia dell’Iraq”. Il Patriarca spera infine che, anche grazie alla visita in Libano, i diritti dei cristiani siano rispettati e in particolare il loro diritto alla libertà religiosa.
Festa della Trasfigurazione. Il Papa: nelle tenebre del mondo, lasciarsi penetrare dalla luce di Dio
◊ Oggi la Chiesa celebra la Festa della Trasfigurazione del Signore. Un evento – ha affermato Benedetto XVI – che ci invita a seguire la luce di Dio per emergere dalle tenebre della vita. Ripercorriamo le catechesi del Papa su questa pagina evangelica. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il mistero del male avvolge l’esistenza di ogni uomo e la vita del mondo, introducendosi anche nei meandri della Chiesa perché il nemico semina la sua zizzania. La comprensione umana delle cose – osserva il Papa - si fa difficile quando la sofferenza e l’iniquità oscurano il nostro pellegrinaggio terreno:
“L'esistenza umana infatti è un cammino di fede e, come tale, procede più nella penombra che in piena luce, non senza momenti di oscurità e anche di buio fitto. Finché siamo quaggiù, il nostro rapporto con Dio avviene più nell'ascolto che nella visione; e la stessa contemplazione si attua, per così dire, ad occhi chiusi, grazie alla luce interiore accesa in noi dalla Parola di Dio". (Angelus, 12 marzo 2006)
Come Pietro, vorremmo restare tutti sul Tabor a gustare pezzetti di Paradiso in terra. Vorremmo seguire noi stessi, chiusi nel nostro egoismo, ma la strada che indica Gesù è un’altra:
"Qui è il punto cruciale: la trasfigurazione è anticipo della risurrezione, ma questa presuppone la morte. Gesù manifesta agli Apostoli la sua gloria, perché abbiano la forza di affrontare lo scandalo della croce, e comprendano che occorre passare attraverso molte tribolazioni per giungere al Regno di Dio”. (Angelus, 17 febbraio 2008)
“La Trasfigurazione – ricorda il Papa - è un avvenimento di preghiera: pregando Gesù si immerge in Dio … e così la luce lo invade”: ma “non esce dalla storia, non sfugge alla missione per la quale è venuto nel mondo”:
“Per un cristiano … pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore”. (Angelus del 4 marzo 2007)
Nella Trasfigurazione di Gesù compare una nube luminosa: c’è buio e c’è luce, il buio della nostra comprensione e la luce interiore del cuore aperto alla voce del Padre che invita ad ascoltare il Figlio. Ascoltarlo come ha fatto Maria:
“Ascoltarlo nella sua Parola, custodita nella Sacra Scrittura. Ascoltarlo negli eventi stessi della nostra vita cercando di leggere in essi i messaggi della Provvidenza. Ascoltarlo, infine, nei fratelli, specialmente nei piccoli e nei poveri, in cui Gesù stesso domanda il nostro amore concreto. Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce: è questa la via maestra, l'unica, che conduce alla pienezza della gioia e dell'amore”. (Angelus, 12 marzo 2006)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L’orizzonte di Dio: Benedetto XVI durante l’Angelus a Castel Gandolfo.
In rilievo, nell’informazione internazionale, la Siria e le violenze senza tregua.
In cultura, un articolo di Claudia di Giovanni dal titolo “L’altro ‘Quo Vadis?’”, muto e in nitrato di cellulosa: ritrovata nella Filmoteca Vaticana una rara pellicola del film per la regia di Georg Jacoby e Gabriellino D’Annunzio.
E i dentisti si levarono in difesa dei colleghi ebrei: Anna Foa sulla coraggiosa opposizione al regime nazista che portò anche ai fischi durante il congresso del 1938.
Quel Felsenburgh che sarebbe piaciuto a Hitler: Enrico Reggiani su “Il signore del mondo” di Robert Hugh Benson riproposto nella prima versione italiana.
Un articolo di Marco Beck dal titolo “Ci leggono in pochi. Ma in compenso scriviamo in greco”: la “fedeltà al canto” di una cultura millenaria in un florilegio che propone testi tra i più esemplari della poesia antica e tardoantica, da Omero al VI secolo.
◊ La chiave di tutto è entrare nel cuore delle persone. Il preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás, riflette sui problemi provocati dall’attuale crisi mondiale ed esorta a “non perdersi in progetti superficiali”, frutto di divisioni e contrasti, “ma riscoprire che c’è qualcosa di più profondo, di più evangelico”. La crisi, insomma, rappresenta una possibilità di riscatto dell’umanità, un’occasione di cui approfittare, partendo dai fondamentali della società, come la famiglia. Stefano Leszczynski ha intervistato padre Adolfo Nicolás su questi temi:
R. – Ci sono due aspetti da prendere in considerazione: uno è quello che attiene alla famiglia umana, l’altro è quello che riguarda la famiglia vera e propria. Riflettendo sulla vita cristiana mi sono sempre più convinto che la famiglia è veramente il luogo dove la gente cresce come persona. E cresce anche nel seguire Cristo, perché la famiglia pone tante questioni ai genitori ed i genitori imparano, nella famiglia, a dimenticare se stessi. E questo avviene di continuo, è un qualcosa che non si ferma: ogni età ha i suoi problemi, le sue sfide, i propri percorsi di crescita e tutto questo è molto concreto quando avviene nell’ambito di una famiglia, dove si vede che la relazione deve essere una relazione creativa, una relazione dinamica. Non può essere ‘egoistica’: “tu hai il tuo posto e io ho il mio”, perché questo non funziona. Deve essere una relazione continua di interazione, e allora è una sfida continua per i genitori: o si cresce insieme o nessuno vive, la famiglia diventa un inferno. Allora, credo che se la Chiesa vuol parlare oggi di santità e di come seguire Cristo, la famiglia è il posto dove si impara. E gli altri che non hanno come compito principale quello di sviluppare la propria famiglia, devono svolgere un lavoro di assistenza, di accompagnamento e di testimonianza. Il ruolo essenziale della famiglia è quello di un luogo di crescita..
D. – La famiglia come punto di riferimento da sostenere e da sviluppare, ma allo stesso tempo un punto di riferimento al quale guardare come esempio anche quando si parla di rapporti tra gli Stati, tra le parti ricche e le parti povere del mondo?
R. – Sì, questo sarebbe il secondo aspetto: il secondo aspetto è la famiglia come famiglia umana. Credo che oggi la consapevolezza del mondo sia più grande anche in termini di ecologia: siamo più consapevoli del fatto che se distruggiamo il nostro mondo anche noi ne soffriamo, che è la stessa vita umana ad essere in pericolo; non è soltanto la vita dei gorilla o di alcuni animali in via d’estinzione ad essere in pericolo, ma è la vita umana a soffrirne. Possiamo notarlo già in molti luoghi: a Tokyo, per esempio, l’uomo ha distrutto l’habitat dei corvi e questi sono venuti in città ed è una piaga. I corvi arrivano e cercano da mangiare tra i rifiuti e allora i rifiuti diventano sempre più disordinati. Si mettono delle reti per evitare che vengano dispersi, ma si creano altri problemi perché i corvi sono intelligenti, sono tra gli uccelli più furbi. E’ una situazione che vediamo nei piccoli segni, ma anche nei grandi segni: la mancanza di aria, la mancanza d’acqua ecc. Non è una questione di mera ecologia, ma innanzitutto di ‘ecologia umana’. L’esperienza che abbiamo recentemente fatto in Africa (in occasione della Congregazione dei Procuratori della Compagnia di Gesù a Nairobi, in Kenya, nella seconda settimana di luglio, n.d.a.) è stata molto importante per noi perché abbiamo visto come in Africa, privata delle sue risorse e devastata da conflitti provocati da chi vuole impossessarsene, i popoli abbiano conservato la propria umanità, che manifestano con un forte senso di accoglienza, di ospitalità, di vicinanza agli altri. Gli africani si sentono in relazione con il resto del mondo. E’ vero quello che ci ha detto il Provinciale dell’Africa orientale quando ci ha salutati con un “Bentornati a casa”, perché l’Africa è la casa di tutti, è il luogo dove tutto è cominciato, dove possiamo trovare ancora questi residui di umanità, che l’Europa forse ha dimenticato.
D. – Quale era lo scopo dell’assemblea di Nairobi?
R. – Si è trattato di un raduno di delegati provenienti da tutto il mondo. Un raduno importante, anche se non importante come l’Assemblea generale che si svolge sempre qui a Roma, ma si trattava di un’Assemblea di delegati per aiutare il governo della Compagnia ad avere prospettive nuove, diverse da quelle che solitamente ci sono nell’ambito delle Provincie.
D. – Parlando dell’attuale crisi come un tempo di opportunità lei ha citato la figura di Sant’Ignazio. Qual è la giusta interpretazione per dare speranza all’umanità di oggi?
R. – Il nostro tempo è molto simile al tempo in cui viveva Sant’Ignazio. Si trattava di un’epoca in cui tutto stava cambiando: era cambiata la comunicazione, avevano scoperto la stampa, iniziavano i grandi viaggi, si cominciava ad andare in America, in Asia…; ma anche una situazione simile a quella attuale per quanto riguarda i cambiamenti nei valori, con un cambio di prospettiva, cambiamenti in ambito scientifico, nuove possibilità. Una situazione che fa scoprire a Sant’Ignazio che la chiave di tutto è entrare nel cuore delle persone. Non perdersi in progetti superficiali, ma andare al cuore delle persone per far scoprire loro che c’è qualcosa di più profondo della sola geografia, della politica o delle divisioni che esistevano in quella piccola Europa del passato che credeva di rappresentare il mondo. Credo che sia dunque un momento molto importante per approfittare della crisi senza lamentarsi, ma per scoprire quali sono le nuove forme di comunicazione e di scambio che permettono alla famiglia umana di svilupparsi, soprattutto oggi che sappiamo essere molto più complessa e diversa da quello che credevano gli europei dell’epoca di Sant’Ignazio.
D. – Quindi i toni catastrofistici non servono. Cosa serve per guardare avanti, al futuro dell’umanità?
R. – I toni catastrofistici sono soltanto quando si ha una visione molto ristretta del mondo e anche con limiti anche geografici molto limitati, però quando si guarda al mondo con tutte le sue possibilità e quando si vede, come abbiamo notato in Africa, che valori che sono già perduti in Europa continuano a rimanere vivi in Africa, questo ci dà la speranza che non tutto è perduto. Sono valori che adesso tornano e l’Africa avrà molto più peso nel futuro di quanto non abbia adesso, e lo stesso vale per l’Asia.
D. – Quindi è meglio essere accoglienti con chi arriva da questi continenti…
R. – Certamente abbiamo bisogno di Asia e Africa, non soltanto come Chiesa, ma anche come umanità. E’ la famiglia umana intera che fa vivere la famiglia.
Caos in Siria: diserta il primo ministro di Assad, ad Aleppo battaglia sempre più dura
◊ Caos politico in Siria: il primo ministro di Assad, Riad Hijab, ha disertato, rifugiandosi in Giordania con la famiglia e altri dignitari. Intanto si moltiplicano i fronti di battaglia: a Damasco un’esplosione ha colpito la sede della televisione di Stato, e nella provincia di Hama, secondo l’opposizione, continuano gli attacchi delle forze governative, che avrebbero già provocato circa 40 vittime e 120 feriti. Ad Aleppo, intanto, è in corso un'aspra battaglia per il controllo della città. Il servizio di Davide Maggiore:
In un comunicato Riad Hijab ha detto di considerarsi da questo momento “un soldato della rivoluzione”. Dal suo rifugio in Giordania, l’ormai ex premier ha parlato inoltre di un “genocidio collettivo” in corso nel Paese. La sua defezione, hanno spiegato fonti dell’opposizione, era organizzata da tempo e la fuga è stata protetta dai miliziani dell’Esercito Libero Siriano. Secondo gli attivisti, inoltre, il governo è sempre più infiltrato ai suoi vertici. Altre fonti riferiscono che anche il ministro delle Finanze avrebbe tentato di abbandonare il governo di Damasco, ma sarebbe stato arrestato. Nella stessa capitale, le truppe di Assad assediano uno dei quartieri centrali della città, mentre non avrebbe provocato vittime, secondo fonti governative, la bomba esplosa nel palazzo della tv di Stato. Il fronte principale è però ancora quello di Aleppo: continuano i bombardamenti sulla città, ma sono state riportate anche notizie di combattimenti con armi automatiche. Ascoltiamo il giornalista Cristiano Tinazzi, che si trova alla periferia della città:
R. - Stamattina mi trovavo in un altro villaggio vicino da dove sono partite decine di miliziani per andare a dare man forte ai combattenti ad Aleppo, e con loro anche i carri amati che avevano sequestrato nei giorni scorsi all’esercito governativo. In questa zona hanno bombardato anche questa notte: sono caduti diversi colpi di artiglieria pesante che provenivano dalla zona di Al Hamdania, sempre ad Aleppo, dove c’è una base militare governativa, colpi che hanno colpito case civili; non c’era un obiettivo militare specifico ed io ed altre persone siamo dovute scappare perchè i colpi erano sempre più vicini e continuavano a cadere. Da quanto hanno detto i miliziani questa mattina la situazione è che comnuque stanno guadagnando terreno nella parte centrale di Aleppo, nonostante l’esercito, che pare abbia schierato 20 mila uomini, abbia centinaia di carri armati. Quindi è una situazione che si potrebbe protrarre per settimane.
D. - Qual è la situazione al Aleppo? Si parla di pesanti combattimenti nella zona di Salaheddine...
R. - La linea del fronte tra i due gruppi è proprio Salaheddine. I miliziani questa mattina si stavano dirigendo proprio in quella zona che stavano appunto trincerando con i cecchini ed i carri armati. Il posto che è stato distrutto più di tutti è lì; la situazione è devastante, ci sono bombardamenti, anche 15 colpi al minuto che cadono sulle case. I cannoni sparano direttamente sulle abitazioni. Non c’è selezione degli obiettivi e viene colpito tutto il quartiere dove ci sono ancora tantissimi civili. La zona intorno ad Aleppo è sotto il controllo dei ribelli. L’esercito si trova dall’altra parte della città e tiene sotto controllo alcuni dei quartieri.
D. - Qual è invece la situazione dei civili ad Aleppo? Continua la loro fuga dalla città?
R. - Sì. In tutti i Paesi qui intorno è tutto chiuso, non c’è niente. Non c’è una macchina che passa. La gente ha paura, è terrorizzata. Sono mesi che vengono bombardati ciclicamente e "a caso". Non c’è un obiettivo specifico che viene colpito, vengono colpite le case. Per cui la gente è fuggita. Sembra di trovarsi in un paese fantasma. Ci sono pochissime persone, la maggior parte uomini; ci sono le file per il pane. Prima siamo passati davanti ad uno dei pochi panifici rimasto aperto in zona. C’erano tante persone in fila per prendere il pane perchè il problema qui è trovare da mangiare, benzina – che ormai è aumentata -, e riuscire a muoversi perchè quasi nessuno ormai si sposta. Quei pochi che sono rimasti sono uomini, le donne sono al confine nei campi profughi.
Commando jihadista attacca guardie egiziane al confine con Israele: oltre 20 i morti
◊ E' alta la tensione al confine fra Egitto e Israele, dopo l’attacco del commando di jihadisti al posto di frontiera all'altezza della Striscia di Gaza. E sale il numero delle guardie egiziane e dei miliziani uccisi: almeno 16 guardie sono morte quando il commando si è impossessato di due blindati dell'esercito egiziano: uno è riuscito a sconfinare in Israele, l'altro è esploso prima. Quello sconfinato è stato colpito dall’aviazione israeliana a Kerem Shalom, valico di passaggio proprio fra Israele, Egitto e Striscia di Gaza, e sembra siano rimasti uccisi 8 miliziani e non 5 come detto in un primo momento. Il valico di frontiera di Rafah è chiuso e in tutta l'area è stato decretato lo stato di allerta. Della instabilità dell'area Fausta Speranza ha parlato con Janichi Cingoli, direttore del Centro Italiano per la pace in Medio Oriente:
R. - Siamo in una situazione di vuoto nel Sinai, che si è creato perché le truppe egiziane controllano molto di meno il territorio e i beduini locali si sono fatti infiltrare da componenti legati ad Al Qaeda. Questo crea una situazione per cui il territorio risulta un po’ senza controllo. La cosa impressionante è che questi terroristi non hanno semplicemente attaccato un obiettivo israeliano ma non hanno esitato ad uccidere soldati egiziani come se non ci fosse differenza fra israeliani ed egiziani. Quindi qui l’obiettivo è duplice: da un lato, rivendicare gli attacchi contro gli israeliani, ma dall’altro anche di destabilizzare, in qualche modo, questa transizione estremamente delicata che è in atto in Egitto, con Mursi che è stato eletto dai Fratelli Musulmani e che cerca un accomodamento con la giunta militare. Questo si vede anche nella composizione del nuovo governo che ha una ridottissima presenza dei Fratelli Musulmani: solo quattro ministri.
D. - Cosa può significare questa escalation di violenza terroristica nella fase geopolitica dell’area?
R. - C’è un problema: questo nuovo governo e questa nuova presidenza dicono di volere riconfermare i trattati internazionali. C’è stato anche l’episodio della lettera di Mursi a Peres in cui confermava la volontà di andare avanti su un discorso di pace con Israele, lettera che poi è stata ufficialmente ritrattata. In ogni caso, c’è una situazione di incertezza e così all’interno si inseriscono queste attività terroristiche che hanno un doppio obiettivo: da un lato, quello di colpire Israele ma, dall’altro, sicuramente proprio quello di colpire l’attuale leadership egiziana. Il tutto avviene in un momento di stallo negoziale pressoché completo, quindi il messaggio che viene dato è che la via diplomatica non paga e che l’unica cosa da perseguire è la via armata, la violenza. Il ritardo della diplomazia apre sempre dei varchi.
D. - In questo momento l’emergenza Siria non aiuta. Le energie sono concentrate sulla questione siriana…
R. – Sì è vero, però più complessivamente direi che in questa fase la questione israelo-palestinese è comunque molto marginalizzata. Gli stessi israeliani pensano più ai loro problemi interni e non concentrano la loro attenzione sul problema del processo diplomatico. Anche i palestinesi sono assorbiti molto dalle loro questioni interne. Quindi francamente percepisco una situazione di blocco del processo diplomatico, di un orizzonte diplomatico che non si vede in questa fase, almeno fin dopo le elezioni della prossima presidenza degli Stati Uniti, se sarà Obama o Romney a vincere le elezioni. E quindi in una situazione di questo tipo è chiaro che i vuoti vengono riempiti.
◊ La città giapponese di Hiroshima ha ricordato oggi il bombardamento atomico di 67 anni fa. I morti furono oltre 250mila e tre giorni dopo altre migliaia di vittime si registrarono nel bombardamento di Nagasaki. Di “orrendo delitto” ha parlato l’arcivescovo Pier Luigi Celata, segretario emerito del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nella Messa celebrata ieri nella cattedrale di Hiroshima, in memoria delle vittime della bomba. Ma cosa resta di quanto accaduto allora? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Maurizio Simoncelli, vice-presidente di Archivio Disarmo:
R. – Resta il fatto che da due bombe fatte esplodere nell’agosto 1945, oggi ce ne troviamo 19.000 circa; resta il fatto che l’umanità comunque è minacciata da una disponibilità di armi nucleari infinitamente superiore a quello che si potesse immaginare; resta il fatto che, effettivamente, rispetto agli anni della Guerra fredda, siamo andati diminuendo enormemente questi arsenali. Rimane il fatto che il Trattato di non proliferazione nucleare, che era stato ideato ormai più di 40 anni fa per porre da un lato un argine alla corsa agli armamenti nucleari, e dall’altro lato per procedere effettivamente anche ad un disarmo, questo Trattato non è più – come dire – adeguato ai tempi, perché se da un lato effettivamente una riduzione del numero delle testate c’è stato, abbiamo visto però che in questi anni alcuni Paesi si sono dotati di queste armi nucleari rimanendo al di fuori del Trattato di non proliferazione, come Israele, come il Pakistan, come l’India, come la Corea del Nord … Si teme che altri Paesi vogliano fare la stessa cosa – pensiamo all’Iran …
D. – Tra l’altro, c’è un’incognita pesante, che è quella che riguarda la Corea del Nord di cui non si dispongono dati …
R. – Sì, non si dispongono dati; si stima – almeno da parte degli esperti – che possa avere due-tre testate nucleari. Ad oggi, gli esperimenti che la Corea del Nord ha fatto in questo ambito lanciando dei missili, peraltro sono stati tutti fallimentari. Sono passati ormai quasi 60 anni dalla vicenda di Hiroshima e Nagasaki e l’umanità ancora non è riuscita a risolvere e ad affrontare in senso pacifico la questione dell’arma nucleare, anzi, si continua a fare affidamento su questa; anzi, addirittura anche armi nucleari di tipo tattico, da usare su un teatro relativamente ristretto, non intercontinentale – come le bombe B61 che sono depositate in Germania, in Italia e in Turchia – verranno progressivamente modernizzate proprio per far sì che possano essere utilizzate, possano essere pienamente inserite all’interno delle strategie di sicurezza occidentali.
D. – Qualche tempo fa si è chiusa la conferenza Onu sul commercio delle armi: anche qui un fallimento, riflesso di sempre uguali divisioni nella comunità internazionale. In cosa sperare, allora, se anche su questo non troviamo un accordo?
R. – La grande novità di questi anni è la capacità della società civile di far sentire la sua voce. Infatti, abbiamo visto che i governi lasciati a se stessi, nel chiuso delle stanze degli esperti, non riescono ad uscir fuori da queste logiche. Se di fronte al fallimento della Conferenza di New York sul commercio delle armi convenzionali dobbiamo prenderne atto, dobbiamo anche considerare che questa Conferenza è stata imposta dalla società civile che ha costretto i governi di tutto il mondo ad affrontare questo tema. E questo è già un grande risultato! Tanto è stato fatto: ricordiamo, ad esempio, la vicenda delle mine antiuomo, la cui produzione e commercio mondiale sono stati vietati in seguito ad una grande mobilitazione internazionale, come anche le cluster bombs. Dobbiamo pensare che dobbiamo continuare a premere in questa prospettiva.
"Curiosity" su Marte. Padre Funes: abbattuta un'altra frontiera nel cosmo
◊ E’ iniziata con successo questa mattina all’alba italiana la missione spaziale più ambiziosa mai tentata su Marte: l’arrivo di un robot chiamato “Curiosity” che cercherà di capire se c’è forma di vita sul "pianeta rosso" attraverso l’esame del suolo, in diretto contatto con i laboratori americani. Un exploit tecnologico senza precedenti, costato due miliardi e mezzo di dollari, con cui “gli Stati Uniti hanno fatto la storia”, come ha commentato il presidente Usa, Barack Obama. Il servizio di Gabriella Ceraso:
“Touchdown confirmed. We are safe on Mars!”.
“Arrivo confermato. Siamo salvi su Marte!”. Sono le parole più attese da Cape Canaveral che hanno accompagnato l’ammartaggio di “Curiosity” all’alba di questa giornata, per l’Italia, le sette e trenta. Dopo sette minuti di silenzio la sonda, penetrata nell’atmosfera a oltre 20mila km all’ora ha rallentato, si è stabilizzata e ha calato il Rover che ha subito fotografato – raggiunto il suolo – proprio il "pianeta rosso". “Ottima impresa, ma non la prima”, commenta padre José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana:
“Non dimentichiamo che nel 1976 già sono arrivati i Vikings, poi – recentemente, nel 2004 – gli altri Rover … Direi che è un nuovo risultato importante, che però si inserisce in una tradizione in cui gli Stati Uniti certamente hanno avuto la leadership”.
“Pensiamo all’ispirazione che con questa impresa possiamo dare ai giovani del mondo”, hanno detto dalla Nasa. E questo è già un risultato, sottolinea padre Funes:
“Io stesso, quando gli astronauti sono arrivati sulla luna, ero un bambino e sono stato ispirato da questa esplorazione …”.
Ma i risultati più attesi sono quelli scientifici: “Curiosity”, questa macchina su ruote, pesante una tonnellata e alimentata per la prima volta a energia nucleare, dovrà trovare tracce di vita nel passato attraverso – probabilmente – l’acqua presente su Marte. E’ una nuova frontiera che viene abbattuta, proprio grazie alla curiosità connaturata all’uomo, sostiene padre Funes. Ma c’è anche qualcos’altro:
“C’è la ricerca e la domanda su noi stessi: che senso ha l’esistenza di un uomo? Siamo piccolissimi in questo universo fatto da cento miliardi di galassie … E’ una domanda che ciascuno di noi deve porsi …”.
Una settantina di vescovi amici dei Focolari in visita al paese della Beata Chiara Luce Badano
◊ E’ in corso a Forno di Coazze, in provincia di Torino, l’incontro estivo dei vescovi e di alcuni cardinali, amici del Movimento dei Focolari: una settantina i partecipanti provenienti da Europa, Asia, Africa e America. L’obiettivo è approfondire la spiritualità di comunione promossa da Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, attraverso momenti di riflessione e di condivisione della vita. In programma anche una visita a Sassello, il paese di Chiara Luce Badano, una giovane del Movimento proclamata beata nel settembre 2010. Ma che cosa significa per un vescovo vivere l’esperienza di questi giorni? Adriana Masotti lo ha chiesto a mons. Alberto Taveira Correa, arcivescovo di Belem do Parà, in Brasile.
R. – I vescovi hanno nella propria vocazione la dimensione della collegialità, il che vuol dire assumere, in comunione con il Papa, le responsabilità delle proprie diocesi. Tutte le esperienze di unità e di collegialità fanno bene al vescovo, e quando ci troviamo ogni anno per dieci giorni diventa un momento di scambio e di arricchimento della nostra esperienza pastorale. Tutti noi torniamo alle nostre diocesi con una nuova disposizione, per servire le nostre Chiese. Noi siamo chiamati ad uscire dalle nostre Chiese per fare questo ritiro, questo incontro e sentiamo che quando torniamo siamo rinnovati, meglio disposti al lavoro pastorale.
D. – Tema centrale di meditazione e di condivisione del vostro incontro è “La presenza di Gesù nel fratello”. A parlarne è venuta da voi la presidente del Movimento, Maria Voce. Qual è la sua impressione sulle cose ascoltate?
R. – La mia impressione è positiva. Maria Voce ci ha parlato della presenza di Gesù nel fratello. Secondo la spiritualità, è uno dei punti più importanti della spiritualità e dell’unità del Movimento dei Focolari. Ha presentato questi temi con una grandissima chiarezza e ha fatto bene a tutti i vescovi, perché la presenza di Gesù nel fratello è indicata nel Vangelo e poi tutta la teologia della Chiesa, il Concilio Vaticano II ribadiscono la presenza di Gesù nel fratello. Così siamo stati spinti a lavorare di più perché si riconosca la presenza di Gesù e la carità possa crescere tra di noi.
D. – La presenza di Gesù nel fratello non è, appunto, una novità, come lei diceva. Ma che cosa può cambiare nella vita di un cristiano, in particolare di un vescovo, se vedere Gesù in ogni prossimo diventa un comportamento costante?
R. – E’ un’anima nuova, perché nasce una nuova mistica del riconoscimento di questa presenza, dell’avvicinamento delle persone. Infatti, oggi il ministero del vescovo è soprattutto il ministero del rapporto dell’avvicinamento delle persone, dell’inizio di questi rapporti, del fare il primo passo; e cambia nel senso di una qualità migliore del rapporto con le persone.
D. – Lunedì prossimo sarete in visita al Paese natale di Chiara Luce Badano, una giovane del Movimento proclamata beata nel settembre 2010. Perché avete pensato a questa iniziativa?
R. – Pensiamo che sia importante approfondire la conoscenza dei luoghi in cui ci siamo riuniti: abbiamo fatto una visita a Torino, con la sua storia e quella dei Santi di questa città; abbiamo visitato una comunità viva in cui la spiritualità del Movimento è cresciuta; e dobbiamo approfittare della grazia di avere la possibilità di andare a Sassello per visitare i luoghi di Chiara Luce Badano, perché così possiamo vedere un testimone che la Chiesa ha riconosciuto: una giovane che è anche patrona dei giovani. Per noi, che prepariamo la Giornata mondiale della gioventù in Brasile è importante perché è stata riconosciuta come uno dei punti di riferimento per la Giornata. Anche il Papa ha citato spesso Chiara Luce Badano …
Stati Uniti: strage in un Tempio Sikh, 7 morti
◊ Nuova strage negli Stati Uniti: sette morti e tre feriti gravi è il bilancio del massacro compiuto ieri in un Tempio Sikh a Oak Creek, nei pressi di Milwaukee, in Wisconsin. Sarebbe stata compiuta da un solo uomo, un bianco, di circa 40 anni, che ha fatto irruzione nel tempio sparando all’impazzata prima di essere ucciso a sua volta da un agente accorso sul posto. Le autorità considerano l’attacco come un atto di “terrorismo interno” che arriva appena due settimane dopo il massacro - 12 morti e 58 feriti - compiuto da un folle durante la prima dell'ultimo film di Batman in un cinema del Colorado. L'assassino sarebbe un ex militare congedato dall'esercito nel 1998, per cattiva condotta e ubriachezza in stato di servizio. I Sikh, noti per la barba lunga e il turbante, sono scambiati spesso per musulmani e fatti oggetto di attacchi dopo l’11 settembre 2001: si tratta di una religione nata in india nel XV secolo che non riconosce il sistema delle caste, invita a ricordare Dio in ogni momento e a lavorare onestamente, condividendo il guadagno. Questa ennesima strage fa riemergere il dibattito negli Stati Uniti sulla vendita libera delle armi nel paese. Dopo il massacro nel Colorado il presidente Obama per la prima volta aveva parlato di un maggiore controllo sull’acquisto indiscriminato di pistole e fucili denunciando le pressioni della lobby delle armi. (A cura di Sergio Centofanti)
◊ I vescovi degli Stati Uniti chiedono l’intervento del Congresso per risolvere l’impasse sul cosiddetto Individual Mandate, le direttive del Dipartimento per la salute e i servizi umani (HHS) che prevedono la copertura sanitaria obbligatoria anche per la prescrizione e la somministrazione di farmaci anti-concezionali e abortivi e per gli interventi di sterilizzazione. L’Amministrazione Obama - come è noto - ha concesso un anno di tempo alle organizzazioni religiose (considerate peraltro tali sulla base di alcune caratteristiche restrittive stabilite dalle autorità federali) per mettersi in regola con le direttive entrate in vigore il primo agosto. Una decisione contestata dall’Episcopato in quanto si tratta di un semplice rinvio che non risolve affatto il nodo della questione: quello della tutela della libertà religiosa e di coscienza che i tribunali non potrebbero garantire in tempi brevi a chi ricorre in giustizia contro le nuove disposizioni. È quanto rileva una lettera inviata ai Rappresentanti e ai Senatori dal cardinale Daniel DiNardo, presidente della Commissione per le attività pro vita della Conferenza episcopale (Usccb). Nella missiva si ribadisce che l’imposizione a tutti i datori di lavoro dell’obbligo di fornire anche servizi abortivi e contraccettivi ai propri dipendenti, come previsto dalla riforma sanitaria, è una scelta politica “scriteriata” che “non ha precedenti” negli Stati Uniti e che i vescovi continueranno, dal canto loro, a sostenere “un servizio sanitario per tutti che difenda la vita in particolare dei poveri e dei più vulnerabili”. Il cardinale DiNardo evidenzia in particolare che le nuove disposizioni penalizzeranno in primo luogo quelle organizzazioni religiose a scopo di lucro che per rimanere fedeli ai propri convincimenti religiosi e morali si rifiuteranno di applicarle. Per il solo fatto di essere a scopo di lucro esse saranno infatti automaticamente escluse dall’esenzione prevista per le (poche) organizzazioni riconosciute come religiose dalle autorità federali. Per fare valere i propri diritti esse si vedrebbero costrette quindi a ricorrere in giudizio e ad attendere i tempi lunghi della giustizia. Di qui la pressante richiesta dei vescovi americani di un intervento “tempestivo” del Congresso su questa “questione fondamentale”. A sostegno delle ragioni dell’episcopato la lettera cita la sentenza con cui il 27 luglio un tribunale in Colorado ha dato ragione a un’azienda gestita da una famiglia cattolica, che ha fatto ricorso contro il mandate. (A cura di Lisa Zengarini)
Colombia. La Chiesa promuove la Settimana per la pace
◊ Sarà presentata questo giovedì, a Bogotá, la Settimana per la pace 2012, l’annuale appuntamento promosso dalla Cec, la Conferenza episcopale della Colombia), tramite il Segretariato nazionale della pastorale sociale (Snps/Caritas Colombiana) e la Redepaz (Rete Nazionale d’iniziative per la Pace). La settimana, giunta alla sua XIX edizione, si terrà dal 9 al 16 settembre con lo slogan "Concordiamo la pace, costruiamo relazioni" . Il tema proposto – riporta un comunicato della Cec - mira a promuovere l'impegno civile per la pace come strategia per sostenere una soluzione politica al conflitto armato interno che da decenni insanguina il Paese, per la costruzione di una pace integrale e la giusta riparazione delle vittime. Per sottolineare l’importanza di quest’ultimo aspetto, il Segretariato Nazionale di Pastorale Sociale ha voluto aggiungere allo slogan scelto il sottotitolo: "Riparazione e restituzione alle vittime, un percorso per una pace duratura". La Settimana per la pace è una delle tante iniziative promosse dalla Chiesa colombiana in questi decenni per la riconciliazione del Paese segnato dalle violenze del narcotraffico, della guerriglia e dei gruppi paramilitari. Lanciata per la prima volta nel 1994, è diventata nel tempo un importante luogo di incontro di numerose organizzazioni e associazioni della società civile e del mondo ecclesiale impegnate nella riconciliazione, nella promozione del dialogo e della giustizia sociale. Anche quest'anno sono decine e decine le università, le organizzazioni, i centri culturali e le organizzazioni territoriali che hanno aderito alle diverse iniziative in programma. (L.Z.)
India: fede e speranza in carcere, la testimonianza di padre Arun Ferreira
◊ Cinque anni in prigione solo perché impegnato a favore degli emarginati e delle vittime di violenza. È la storia, raccontata da AsiaNews, di Arun Ferreira raccontata in occasione della giornata che la Chiesa indiana dedica alla pastorale delle carceri. Padre Errol Fernandes, studioso e professore universitario, la definisce “una storia di speranza che ci ricorda la sfida quotidiana del Cristo crocifisso e risorto”. Arun Ferreira, 39 anni, fin da giovane ha mostrato grande impegno e partecipazione sociale, aiutando anche i musulmani in difficoltà vittime degli estremisti indù. È stato arrestato nel 2007, con generiche accuse di adesione al movimento Naxalita perché, negli ultimi anni il governo indiano ha improntato una politica della sicurezza che non vede di buon occhio l’attivismo sociale. Ma nonostante violenze e abusi, finalmente nel 2012 viene scarcerato su cauzione. A sostenerlo in questi difficili anni è stato l’aiuto spirituale dei suoi genitori durante le visite. Padre Fernandes sottolinea come Arun non abbia mai perso la voglia di combattere per la giustizia e la verità. La sua vicenda, sottolinea ancora il sacerdote, “ci invita ad andare oltre il dolore del momento, le ingiustizie e gli errori” ed è testimonianza di come “si possa sopportare qualsiasi sfida o difficoltà grazie alla fede”. (L.P.)
Perù: la Chiesa impegnata contro lo sfruttamento delle risorse minerarie
◊ “Imparare a risolvere i problemi in un clima di tolleranza e rispetto della dignità umana”. È l’esortazione dell’arcivescovo di Trujillo, mons. Miguel Cabrejos, e del sacerdote Gastòn Garatea, mediatori tra il governo e i dirigenti civici di Cajamarca, nel nord del Perù, a seguito dell’annuncio dell’estensione per altri trenta giorni dello stato d’emergenza proclamato a luglio in tre provincie peruviane. Le tre provincie si oppongono al cosiddetto progetto "Conga", un piano del valore di quasi 5 miliardi di dollari per lo sfruttamento delle risorse aurifere locali. Temendo danni irreversibili alle fonti idriche locali, da tempo Cajamarca si oppone al progetto "Conga", promosso dall’azienda mineraria statunitense "Newmont", che già dagli anni ‘90 sfrutta nella zona quella che è considerata la più grande miniera d’oro dell’America Latina. A seguito dell’estensione dello stato d’emergenza, il governatore regionale George Santos si è rifiutato di tornare al tavolo. In una nota riportata dall’agenzia "Misna", i due mediatori della Chiesa peruviana hanno invitato Santos a proseguire i difficili negoziati “per far sì che le parti in conflitto si ascoltino”. (L.P.)
Mali: centinaia di bambini arruolati come soldati nel Nord
◊ Secondo il rapporto della Coalizione maliana per i diritti del bambino (Comade), che raggruppa 78 associazioni locali e internazionali, centinaia di minori tra i 9 e i 17 anni sono stati arruolati dai gruppi armati attivi nel nord del Mali. Come riporta l’agenzia Misna, i minori vengono utilizzati come combattenti, sminatori, corrieri e spie, ma anche in cucina e come schiavi sessuali. Da aprile il nord del Mali è sotto il controllo di diversi gruppi armati e nelle immediate vicinanze di Gao da alcuni mesi sarebbe in funzione un campo di addestramento in vista di un possibile futuro scontro con le forze dell’esercito maliano sostenuto dalla comunità internazionale. Sempre l’agenzia Misna alcuni mesi fa aveva riferito che erano soprattutto i tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) ad avere tra i loro ranghi dei minori; ora però sono i gruppi islamisti a cercare di rafforzarsi reclutando soldati senza tener conto della loro età. (L.P.)
Libia: attacco alla Croce Rossa, sospese le attività
◊ La Croce Rossa (Circ) ha sospeso le sue attività a Bengasi e Misurata a seguito degli attacchi subiti nell’ultimo periodo (cinque in tre mesi). Come riporta l’agenzia Misna, la Croce Rossa riferisce in un comunicato che la sede di Misurata è stata bersaglio di un attacco con armi pesanti che non ha causato feriti tra i dipendenti ma che ha comportato grossi danni. Dichiara Ishfaq Muhamed Khan, capo della delegazione del Circ in Libia: “Siamo sconcertati da questo atto e dal deliberato obiettivo di colpire persone che hanno messo a rischio la loro vita al servizio del popolo libico sia durante che dopo il conflitto”; Muhamed Khan ha poi annunciato la sospensione delle attività con il personale di Bengasi e Misurata che verrà trasferito in altre zone del Paese. Questi episodi rischiano di offuscare i significativi passi in avanti in ambito politico registrati nell’ultimo periodo, con il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) che si è detto disposto a cedere al Congresso nazionale uscito dalle elezioni dello scorso 7 luglio. I duecento membri del Congresso dovranno formare un governo e scegliere i delegati dell’Assemblea che lavorerà al testo della Costituzione. (L.P.)
Libertà religiosa in pericolo in India: la denuncia degli attivisti indiani
◊ La libertà religiosa è un diritto sancito dalla Costituzione indiana. Tuttavia le minoranze religiose nel Paese spesso non godono dei diritti di base ed è a rischio anche la laicità dello Stato. A sottolinearlo ad AsiaNews è Sajan K. George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) in relazione alla recente pubblicazione del Rapporto 2012 della Commissione Usa sulla libertà religiosa nel mondo, elaborato dal Dipartimento di Stato americano. “La Costituzione indiana - spiega Sajan K. George - garantisce la libertà religiosa. Tuttavia, abbiamo sperimentato che la realtà è ben diversa e non è affatto sbagliato affermare che in molti Stati, soprattutto quelli guidati dal partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (Bjp), i cristiani non godono di tutti i diritti e di una piena libertà religiosa”. Prosegue poi sottolineando gli attacchi contro fedeli e luoghi di culto e confermando che l'attuale scenario di laicità della nazione viene spesso disatteso nei fatti. A causa di un “crescente nazionalismo” e della “incapacità dello Stato di intervenire - conclude - è possibile affermare che “il carattere laico della democrazia indiana è in serio pericolo”. Per gli attivisti del Gcic nel 2011 si sono registrati ben 136 episodi di attacchi anti-cristiani, dei quali 49 nello Stato del Karnataka, epicentro delle violenze contro la minoranza anche a causa delle politiche promosse dal governo locale. (L.P.)
Diaconi permanenti ordinati a Taiwan, è la prima volta
◊ È stato avviato a Taiwan un importante progetto pastorale riguardante l’ordinazione di diaconi permanenti. Più di cento persone hanno partecipato alle riunioni tenutesi il 28 e il 29 luglio, provenienti dalle sette diocesi di Taiwan. Per questo progetto è stato incaricato mons. Zhou Jiyuan, vescovo ausiliare di Taipei, che racconta ad AsiaNews: “È un compito che richiede pazienza, ma iniziamo con fermezza e speranza per permettere a questo tipo di vocazione di svilupparsi anche nella Chiesa cattolica di Taipei”. Finora a Taiwan non ci sono diaconi permanenti. Continua mons. Jiyuan: “All’inizio a Hong Kong l’80% del clero, per diverse ragioni, era contrario a questo tipo di proposta per laici sposati o celibi, ma poi è stato un successo. È una vocazione non solo dettata dal calo delle vocazioni sacerdotali, ma ha le sue solide radici bibliche negli Atti degli Apostoli. Il diacono permanente non è un mezzo prete o un fedele con una marcia in più – prosegue – ma è una vocazione in se stessa”. La sua missione prevede la celebrazione liturgica dei matrimoni, dei funerali, l'amministrazione dell'Eucarestia per i malati, la lettura del Vangelo nella Messa, la visita agli ospedali, alle carceri, ai malati sieropositivi e ai più emarginati in genere. Per poter diventare diacono permanente, bisogna avere almeno 25 anni o, se si è sposati, almeno 35, e bisogna studiare teologia e altri corsi; come sottolineato alla due giorni di presentazione, l’età compresa tra i 45 e i 55 anni è la migliore. I candidati devono avere un proprio salario perché l’incarico di diacono permanente, eccezion fatta per alcune spese, non prevede uno stipendio e ci si può ritirare dalla missione a 75 anni. (L.P.)
Olimpiadi: Bolt si conferma l’uomo più veloce del mondo
◊ Grande emozione ieri sera ai Giochi olimpici di Londra. Usain Bolt si è confermato campione olimpico dei 100 metri. Nella finale dell'Olympic Stadium, il velocista giamaicano ha difeso con successo l'oro di Pechino stabilendo il nuovo record olimpico in 9’’63. Argento per il connazionale Yohan Blake, campione del mondo in carica, in 9"75 (eguagliato il record personale), mentre il bronzo va all’americano Justin Gatlin, campione ad Atene, che ferma il cronometro a 9"79, anche per lui primato personale. Ora Bolt proverà a bissare il successo anche sui 200 metri. (A.G.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 219