![]() | ![]() |

Sommario del 30/09/2011
Messaggio del Papa ai vescovi europei: cercare strade nuove di evangelizzazione
◊ Papa Benedetto XVI incoraggia i vescovi europei a “individuare con audacia missionaria strade nuove di evangelizzazione specialmente al servizio delle nuove generazioni”. Lo fa con un messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, indirizzato al presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), cardinale Péter Erdő. L’occasione è stata ieri l’apertura dell’assemblea plenaria del Ccee riunito a Tirana fino al 2 ottobre, nel 40.mo della sua nascita. Il servizio di Fausta Speranza:
Il Papa incoraggia i vescovi europei definendo il Ccee una “preziosa struttura di collegamento tra episcopati europei che – aggiunge - da quarant’anni promuove una proficua collaborazione in attività pastorali ed ecumeniche”. Da parte sua, il presidente del Ccee, il cardinale Erdő, proprio in occasione del quarantesimo anniversario, ribadisce, nella sua prolusione, la missione: “sostenere la Chiesa in tutto il continente – dice - e avere una speciale attenzione per le Chiese che nell’ultimo secolo hanno sofferto molto sotto la dittatura dei regimi atei”. “Oggi – afferma - possiamo affermare con fiducia che la rinascita della Chiesa in questi Paesi è prova della Provvidenza divina e della fede in Cristo crocifisso e risorto”. “Se l’Europa dei popoli sta ancora cercando di imparare a ‘respirare con due polmoni’, - sottolinea ricordando un’espressione di Giovanni Paolo II - noi siamo convinti che, sin dalla sua fondazione, il nostro Consiglio sia stato uno spazio privilegiato per guardare sempre all’intera Europa con le sue difficoltà e i suoi problemi ma anche con i tanti frutti della benedizione di Dio”.
Poi una parola in riferimento alla “grave situazione economica di tanti Paesi europei” di fronte alla quale – sottolinea il cardinale Erdő -, la Chiesa "cerca di mostrare una via d'uscita”. Per giungere a questa via d'uscita – spiega - è fondamentale aprire la ragione e il cuore a Dio e quindi avere anche un'altra prospettiva della vita sociale determinata dalla solidarietà e dalla gratuità". E il presidente del Consiglio dei vescovi europei avverte: “Uno dei sintomi più visibili della crisi in Europa è senz'altro il collasso dell'economia, ma molto più profonda e insidiosa è la crisi etica e antropologica che si annida specialmente nella vita delle famiglie, nelle strutture educative, nei media….”. Parla inoltre delle discriminazioni dei cristiani: “Basta dare uno sguardo ai fatti riportati dall'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa – dice - per rimanere sconcertati di fronte al numero di casi presenti in Europa di persone discriminate, in modo velato o evidente, nel loro luogo di lavoro o nei vari ambiti della vita sociale soltanto perché sono cristiane”. “D'altra parte, - aggiunge - noi tutti sappiamo come, l'influenza di un certo atteggiamento anti-cristiano si diffonde sistematicamente nei mezzi di comunicazione sociale, nei libri di scuola o nell'opinione pubblica”. C’è da dire che stamane, Jean-Luc Moens, coordinatore delle missioni cittadine in Europa, ha presentato il risultato di un questionario del CCEE, dal quale emerge l’immagine di una Chiesa che si trova a vivere “in una situazione simile a quella degli Atti degli Apostoli, immersa in una cultura straniera”. Emerge una grande diversità tra Paesi ma anche un elemento comune: la necessità di aiutare tanti cristiani ad andare oltre la professione di fede per scoprire una relazione personale con Cristo.
L’assemblea degli episcopati europei ha accolto ieri la richiesta di mons. Milan Šašik, vescovo eparchiale di Mukachevo dei Ruteni di rito bizantino, di diventare membro del Consiglio Ccee, secondo la formula proposta dalla Congregazione per le Chiese Orientali. Pertanto il Ccee è ora composto dai presidenti delle 33 Conferenze episcopali presenti in Europa e dagli arcivescovi di Lussemburgo, del Principato di Monaco, di Cipro dei Maroniti, dal vescovo di Chişinău (Rep. Moldova) e dal vescovo eparchiale di Mukachevo. Vi partecipano inoltre il presidente della Conferenza episcopale del Kazakhstan e il Patriarca di Gerusalemme dei Latini che hanno lo status di invitati permanenti.
◊ Oggi, alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa in corso a Tirana, è intervenuto anche l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione: il presule ha sottolineato che la secolarizzazione rappresenta una sfida in positivo per i cristiani, chiamati a portare un messaggio di speranza all’umanità in crisi. Sergio Centofanti ha chiesto a mons. Fisichella una riflessione sull’invito di Benedetto XVI a cercare nuove strade di evangelizzazione:
R. – Le nuove strade di nuova evangelizzazione sono quelle che devono toccare i differenti contesti, all’interno dei quali innanzitutto noi veniamo ad operare. Non dimentichiamo che viviamo in una società in continuo movimento. Ci sono delle grandi sfide in Europa: il fenomeno dell’immigrazione da un Paese all’altro, fenomeno che porta con sé anche una conoscenza di culture diverse e di religioni diverse. Non dimentichiamo che siamo in un periodo della comunicazione e che inevitabilmente questo comporta anche la capacità dell’individuazione di linguaggi nuovi, che siano efficaci, capaci cioè di raggiungere l’interlocutore nel suo stesso mondo. Non dimentichiamo che viviamo anche un momento particolare in cui, paradossalmente, se da una parte c’è una grande indifferenza nei confronti della fede, dall’altra però c’è anche una sincera ricerca di Dio. Quindi, dobbiamo essere capaci anche di coniugare questi elementi. Si deve essere capaci di ripercorrere le nuove strade grazie alla forza del patrimonio di fede che abbiamo ricevuto e far conoscere nuovamente, anche se in contesti diversi, quel patrimonio di cultura che si è sviluppato proprio a partire dai contenuti della fede.
D. – Il Papa nel suo messaggio ai vescovi europei parla di “audacia missionaria”...
R. – E’ una bella espressione, perché l’audacia significa, nella semantica stessa, la capacità di fidarsi e quindi di lasciarsi anche trasportare. Io penso che noi dobbiamo proprio ritrovare questo: ritrovare la grande audacia di diventare ancora missionari e soprattutto di essere una comunità che diventa missionaria. L’evangelizzazione, la nuova evangelizzazione, non può essere soltanto un desiderio di singoli credenti, ma deve essere la consapevolezza di tutta quanta la Chiesa, quindi delle diverse Chiese, che ripercorrono, sempre in questa trasmissione viva della fede di sempre, nuove strade e nuovi sentieri, ma comunitariamente. Ecco perché io sono convinto che ci sia bisogno di rafforzare l’identità cristiana, ma coniugandola con un profondo senso di appartenenza alla comunità e quindi alla Chiesa. Questa audacia missionaria deve fare in modo tale che - se può servire l’espressione che può sembrare uno slogan, ma non lo è - se un tempo eravamo abituati a fare le missioni al popolo, oggi dobbiamo essere capaci di creare la consapevolezza per cui tutto un popolo si fa missionario, tutta la comunità diventa evangelizzatrice. (ap)
◊ “Perché la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale”, del prossimo 23 ottobre, “accresca nel Popolo di Dio la passione per l’evangelizzazione e il sostegno all’attività missionaria con la preghiera e l’aiuto economico alle Chiese più povere”. E’ questa l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di ottobre. Un tema, quello dell’annuncio del Vangelo, a cui il Papa ha dedicato numerosi interventi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
L’annuncio del Vangelo “è il servizio più prezioso che la Chiesa può rendere all’umanità”: è quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio per la prossima Giornata Missionaria Mondiale. Il Papa sottolinea che l’evangelizzazione vivifica la Chiesa e il suo spirito apostolico. D’altro canto, il Pontefice ha sempre tenuto a precisare che “se non è animata dall’amore”, la missione si riduce ad attività filantropica. Per i cristiani, vale invece l’esortazione dell’apostolo Paolo: “L’amore di Cristo ci spinge”:
“Ogni battezzato, come tralcio unito alla vite, può così cooperare alla missione di Gesù, che si riassume in questo: recare ad ogni persona la buona notizia che 'Dio è amore' e, proprio per questo, vuole salvare il mondo”. (Angelus, 22 ottobre 2006)
Il Papa osserva inoltre l’urgenza dell’evangelizzazione per gli uomini del nostro tempo: nessun popolo, è il suo auspicio, sia privato della luce di Cristo. E ciò, prosegue, anche se nell’opera missionaria si incontrano mille difficoltà, fino alla disponibilità “a dare la propria vita per il nome di Cristo e per amore degli uomini”:
“Chi partecipa alla missione di Cristo deve inevitabilmente affrontare tribolazioni, contrasti e sofferenze, perché si scontra con le resistenze e i poteri di questo mondo. E noi, come l’apostolo Paolo, non abbiamo come armi che la parola di Cristo e della sua Croce” (Discorso alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2010)
Ancora, il Papa rammenta che tutti i cristiani, non solo i missionari, esistono “per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita”. “Non vi è niente di più bello”, aveva detto nella Messa di inizio Pontificato, che conoscere Cristo e “comunicare agli altri l’amicizia con Lui”:
“L’evangelizzazione ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che la conversione del mondo a Cristo non è da noi prodotta, ma ci viene donata” (Discorso alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2010)
“Tutto nella Chiesa – ribadisce – è al servizio dell’evangelizzazione” ed “ogni cristiano dovrebbe fare propria l’urgenza di lavorare per l’edificazione del Regno di Dio”. Ma su quali basi fondare la missione? Il Papa indica nella Parola di Dio e nei Sacramenti le solide fondamenta dell’evangelizzazione:
“Solo radicati profondamente in Cristo e nella sua Parola si è capaci di non cedere alla tentazione di ridurre l’evangelizzazione ad un progetto solo umano, sociale, nascondendo o tacendo la dimensione trascendente della salvezza offerta da Dio in Cristo. E’ una Parola che deve essere testimoniata e proclamata esplicitamente, perché senza una testimonianza coerente essa risulta meno comprensibile e credibile”. (Discorso alle Pontificie Opere missionarie, 14 maggio 2011)
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, alcuni presuli della Conferenza episcopale dell’Indonesia, in visita "ad Limina".
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il positivismo miope: in prima pagina, Carlo Bellieni su quando gli interessi economici invadono il campo etico.
Lo Yemen e il mosaico delle tribù: nell'informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone su una transizione complessa dopo 33 anni di regime.
Oltre i muri della divisione tra i popoli: in cultura, il discorso dell'arcivescovo Dominique Mamberti, cui la Saint John's University (Queens, New York) ha conferito il dottorato honoris causa in giurisprudenza.
Felicità antinazista: Cristiana Dobner su Eugenia Schwarzwald, la “Frau Doktor”.
Un articolo di Antonio Paolucci dal titolo “Nel mercato della Bellezza”: quando Firenze divenne la capitale dell'antiquariato.
Quadrighe a tempo di rock: Silvia Guidi recensisce il “Ben Hur Live”, con un articolo di Emilio Ranzato sul grande regista William Wyler, morto trent'anni fa.
La continuità di un servizio in spirito di collaborazione: nell'informazione vaticana, in un'intervista di Mario Ponzi, il cardinale Giovanni Lajolo traccia un bilancio della sua missione (nel momento in cui lascia l'incarico) in qualità di presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e di presidente del Governatorato.
◊ Si sono conclusi i lavori della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente della Cei. Questa mattina nella sede della nostra emittente la conferenza stampa finale, alla presenza del segretario generale, mons. Mariano Crociata, che ha illustrato in relazione all’analisi fatta dai vescovi in questi giorni della realtà italiana le linee guida e le priorità della Chiesa dei prossimi anni, in primo piano educazione cristiana, famiglia e formazione sacerdotale. Il servizio di Gabriella Ceraso.
Mettersi in ascolto del presente, per darne una lettura di fede, sotto la spinta dell’invito fatto in apertura dal cardinale Bagnasco a “non rimanere spettatori intimiditi di un Paese disamorato e rassegnato, che subiscono l‘oscuramento della speranza collettiva”. Da questa consapevolezza condivisa sono partiti i vescovi italiani nei lavori della settimana. Nello specifico, ha preso forma l’urgenza di “concorrere alla rigenerazione del soggetto cristiano”, ossia alla riproposta in chiave sociale dell’esperienza di fede, riconosciuta come questione decisiva. Questo dopo una prima fase di analisi attenta della realtà svolta dai vescovi, da cui emerge, dicono, un Occidente scosso da una globalizzazione non governata, da un generale calo demografico ed incapace di correggere abitudini di vita superiori alle proprie possibilità. Da qui la questione morale e il rischio povertà per le famiglie. Mons. Crociata:
“L’immagine di istituzioni compromesse da comportamenti impropri, da corruzione diffusa, da speculazione: questa considerazione amareggia a fronte dei drammi che si vivono, come quello dell’immigrazione o di un progressivo impoverimento delle famiglie e dell’esigenza di provvedimenti economici, che provino ad affrontare la gravità della crisi”.
In questa analisi, e mons. Crociata lo ha ribadito rispondendo anche ai giornalisti, non c’è un giudizio politico, che non compete alla Cei, la quale – dice - non fa i governi e neanche li manda a casa, bensì c’è lo sforzo a far convergere il senso di responsabilità intorno a valori condivisi:
“Perché attorno a questi valori si ritrovi una volontà di sostenere e accompagnare il Paese in questa fase che presenta difficoltà di vario genere”.
I vescovi si richiamano alla sapienza della Dottrina sociale della Chiesa che può dare speranza, dicono, passando attraverso la riaffermazione del primato della persona, della famiglia, di percorsi politici innovativi cui i cattolici si impegnino con ritrovato vigore, pur senza pensare di fare rinascere un partito politico. Quindi sono state valorizzate sia le tante iniziative con cui la Chiesa sostiene il bene comune nel tessuto sociale e soprattutto è stata ribadita dai vescovi la centralità dell’educazione alla fede. Ancora mons. Crociata:
“L’esigenza di fare della fede l’orizzonte all’interno del quale il nostro sguardo e la nostra iniziativa si muovono. Ed è proprio dalla fede che sgorga la speranza. In questo senso, la questione di Dio rimane decisiva anche come fondamento di una ripresa, pur in una situazione difficile”.
Da qui il Consiglio permanente ha formulato il programma di lavoro della Cei per il prossimo quadriennio, mettendo a fuoco soggetti e metodi dell’educazione in rapporto in questo primo periodo, verso il 2020, con la comunità ecclesiale. Alla famiglia, a tutto tondo - non solo soggetto sociale, ma anche giuridico, antropologico, teologico - sarà invece dedicata la prossima la 47.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che probabilmente si svolgerà in una città del nord. Rimandata invece alla prossima sessione di lavoro la definizione finale della bozza esplicativa per l’Italia delle linee guida della Congregazione della Dottrina della Fede circa gli abusi sessuali sui minori compiuti da chierici.
Nuovo venerdì di protesta in Siria. Le preoccupazioni della comunità cristiana
◊ Proseguono le manifestazioni in Siria, giunte oggi al 31.mo venerdì di protesta dal marzo scorso, mentre continuano le violenze delle forze leali al presidente Bashar Al-Assad. Sette sono state le vittime civili duranti i rastrellamenti nella regione centrale di Homs, tra cui due bambini, mentre la città di Rastan è stata bombardata dall’aviazione del regime. Obiettivo dei raid alcune migliaia di soldati disertori che avrebbero abbandonato l’esercito per unirsi all’opposizione. Intanto la comunità cristiana siriana sta vivendo con inquietudine l’attuale situazione del Paese. Ascoltiamo in proposito il patriarca greco-melkita di Antiochia, Gregorios III Laham, al microfono di Emer McCarthy:
R. - Io non ho paura come cristiano, ho paura del caos che potrà crearsi dopo queste rivoluzioni. Non c’è un avvenire prevedibile e, dunque, io ho paura come cittadino! Direi che c’è più paura tra i musulmani – sunniti, sciiti, alawiti … - che non tra i cristiani. Noi viviamo infatti in un mondo musulmano e c'è preoccupazione piuttosto per i contrasti tra le diverse fazioni musulmane che cercano una vendetta le une contro le altre: hanno una storia molto sanguinosa. Io credo che l’Europa debba fare pressioni per una pacificazione. Poi vorrei dire anche un’altra cosa: non bisogna dimenticare la situazione del conflitto israelo-palestinese, perché senza una soluzione a questo problema saremo sempre nella logica del conflitto, dell’islamismo, del fondamentalismo … Questa è una causa sempre viva per il diffondersi dell’islamismo, del fondamentalismo e del terrorismo. E’ da 63 anni che viviamo questa situazione. Io mi domando con amarezza: perché i Paesi europei non hanno approfittato della richiesta dell'Autorità palestinese di essere membro dell'Onu e quindi di essere riconosciuto come Stato? Ma i Paesi europei non hanno reagito in maniera positiva e con responsabilità... (bf)
Tensione al confine tra Kosovo e Serbia
◊ Alta tensione nel nord del Kosovo al confine con la Serbia, dove da giorni si registrano incidenti tra serbi da una parte e poliziotti kosovari dall’altra, appoggiati dalla missione europea “Eulex” e dalle forze Nato della “Kfor”. Della delicata situazione, si è occupato anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu che non ha, però, raggiunto alcuna posizione condivisa. Tuttavia, il problema al confine non sarebbe di natura politica ma di criminalità comune. Ne è convinto don Matteo Di Fiore, direttore del Centro salesiano del Kosovo, raggiunto telefonicamente a Pristina da Luca Collodi:
R. - Dal 25 luglio scorso, il governo del Kosovo ha deciso di controllare i confini nella parte Nord della Serbia, vicino a Mitrovica. Questo ha trovato l’opposizione di alcune bande che hanno interesse a lasciar liberi questi confini, per poter far passare varie merci di contrabbando - armi, alcol, gasolio - e poter essere quindi liberi di muoversi con facilità in tal senso. Il governo del Kosovo, con l’apporto delle forze internazionali, ha deciso di porre un freno a tutto questo e regolarizzare il tutto anche per quanto riguarda la parte kosovara.
D. - Si tratta non tanto di questioni etniche tra serbi e kosovari ma di criminalità che teme di dover cessare i propri traffici illegali…
R. - Sì, è proprio così. Infatti, internamente al Kosovo, non avvengono contrasti etnici: la Costituzione del Paese dice molto chiaramente di dover rispettare e riconoscere anche le minoranze etniche, tra cui appunto i serbi.
D. - In questo momento, com’è la situazione dei cristiani presenti in Kosovo?
R. - Il 5 settembre, per il secondo anno consecutivo, abbiamo organizzato un bellissimo ricordo per Madre Teresa nella cattedrale di Pristina. C’è stata una grandissima partecipazione, anche da parte delle autorità kosovare. La convivenza è quindi molto tranquilla, anche se c’è qualche gesto sporadico da parte di fanatici musulmani. In genere, comunque, la situazione è tranquilla e pacifica.
D. - In Kosovo ci sono infiltrazioni dell’integralismo musulmano o anche dei tentativi d’infiltrazione?
R. - Si dice che potrebbero esserci, però non sono tali da avere ricadute degne di nota. (vv)
◊ “Misericordia – sorgente di speranza”: è questo il tema del secondo Congresso Mondiale della Divina Misericordia che si terrà da domani al 5 ottobre a Cracovia, in Polonia, presso il Santuario di Łagiewniki, dove Santa Faustina Kowalska, l'apostola della Divina Misericordia, trascorse gli ultimi anni della sua vita. Il programma del Congresso - oltre a momenti di preghiera, conferenze e una preghiera ecumenica con l'intercessione del Beato Giovanni Paolo II, il Papa che ha istituito la Domenica della Divina Misericordia - prevede anche una marcia del silenzio per la pace presso il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Tra quanti hanno promosso l'organizzazione di questi Congressi, è il cardinale Camillo Ruini. Ascoltiamo la sua riflessione in questa intervista:
R. – Ricordo il Congresso svoltosi a Roma, qualche anno fa, con il cardinale Stanisław Dziwisz e con il cardinale Christoph Schönborn. Penso che questo Congresso di Cracovia sia ancora più importante dopo la Beatificazione di Giovanni Paolo II, che è stato il grande apostolo della Misericordia di Dio del XX e del XXI secolo. Qui è nata ed è vissuta suor Faustina Kowalska, la grande mistica che ha avuto dal Signore Gesù direttamente la manifestazione, la rivelazione della Misericordia di Dio per gli uomini del nostro tempo. Ricordiamo anche che da qui viene Giovanni Paolo II, che nella sua seconda Enciclica – "Dives in Misericordia", Dio ricco di Misericordia – ha indicato all’umanità la strada per la quale la Misericordia di Dio oggi deve passare.
D. – L’uomo contemporaneo come si pone oggi di fronte al tema della Misericordia?
R. – Oggi forse molti non conoscono più questo tema della misericordia, ma l’umanità ha particolarmente bisogno della Misericordia di Dio. Anche oggi la gente sente nel proprio cuore che ha bisogno del perdono, che ha bisogno della misericordia: sia della Misericordia di Dio, sia anche di essere uomini della misericordia.
D. – Qual è stato il rapporto di Giovanni Paolo II con la Divina Misericordia?
R. – Tutto il Pontificato e – credo – tutta la vita di Giovanni Paolo II è stata segnata dal tema della misericordia. Vorrei ricordare la conclusione della sua vita terrena: l’ultimo libro che ha scritto e nel quale ha affermato che “la Misericordia di Dio è l’unico vero limite posto al male nel mondo”. E di questo Giovanni Paolo II ha fatto esperienza in tutta la sua vita: dal tempo del nazismo al tempo del comunismo, fino al tempo nel quale era Papa e ha dovuto combattere contro la secolarizzazione dell’Occidente. Giovanni Paolo II è stato veramente – posso testimoniarlo per i 20 anni nei quali sono stato suo collaboratore – l’uomo che ha testimoniato e messo in pratica la Misericordia di Dio verso tutti, verso i grandi e i piccoli, verso i vicini e i lontani. (mg)
Nelle Filippine, l’impegno per l’educazione delle missionarie del Santissimo Sacramento
◊ Con l’istruzione si può sconfiggere la povertà: ne è convinta suor Rosanna Favero, missionaria del Santissimo Sacramento, da 20 anni a Mindoro occidentale nelle Filippine. La missionaria – sostenuta dall’Opam, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo – è particolarmente impegnata nel campo dell’educazione delle giovani generazioni. In questa intervista di Alessandro Gisotti, suor Favero racconta la sua esperienza:
R. – Ci siamo resi conto che molti bambini e ragazzi non potevano frequentare la scuola, e quindi, con molta semplicità, abbiamo iniziato a fare quello che noi potevamo fare. L’Opam è subito intervenuta, perché qualcuno ci ha indirizzati all’Opam e ci ha aiutato. Ci ha aiutato finanziariamente ed anche a creare un piccolo capannone. Là abbiamo iniziato a radunare questi bambini e ragazzini. Li abbiamo preparati per essere poi reinseriti nel livello scolastico dove potevano essere accettati e per aiutarci, a loro volta, con gli altri ragazzi a venire. I nostri collaboratori sono stati perciò i ragazzi stessi che abbiamo aiutato all’inizio.
D. – Quindi anche l’importanza di una partecipazione diretta da parte della popolazione...
R. – Certo. In realtà, noi oggi operiamo in 58 villaggi dell’isola. Ma possiamo fare questo solo perché, secondo me, la gente locale ha compreso quale poteva essere la chiave per lo sviluppo del territorio. Queste persone hanno tanti doni, ma a volte non hanno le risorse per poterli sviluppare. Se uno comprende e riesce a vedere – anche attraverso lo studio – il mondo in un’altra dimensione, potrà anche avere dei ruoli, nella società come nel piccolo contesto locale, che possono aiutare gli altri a svilupparsi meglio.
D. – Quanto sono importanti le adozioni scolastiche?
R. – Sono molto importanti. Noi abbiamo visto che queste “adozioni” sono diventate anche un incentivo per le insegnanti stesse, che addirittura sono così incoraggiate un po’ di più. Naturalmente vengono anche aiutate, perché pensiamo a provvedere al materiale necessario, anche per la scuola. In questo modo, si sentono richiamate a riscoprire il valore dell’insegnamento: non è solo il pagare la tassa scolastica o il fornire il materiale didattico di cui necessita il bambino. E’ aiutare a capire il valore della conoscenza, perché una persona ignorante rimane schiava. L’ignoranza è proprio quella forma di schiavitù che bisogna cercare di spezzare. (vv)
Mortalità infantile: da martedì la campagna “Every one” di “Save the children”
◊ Nel mondo ogni anno quasi 8 milioni di bambini continuano a morire prima di aver compiuto 5 anni, circa 1 ogni 4 secondi, la maggior parte per cause facilmente prevenibili e curabili. E’ quanto ricorda Save the Children in vista della sua campagna “Every One”, giunta alla terza edizione, che si terrà martedì 4 ottobre nella sala della Protomoteca del Comune di Roma alle ore 10.30. Save the Children – riferisce l'agenzia Sir - rilancia con questa campagna il suo impegno concreto per salvare 2.500.000 bambini entro il 2015 contribuendo al raggiungimento del quarto Obiettivo di sviluppo del Millennio, che prevede la riduzione di 2/3 della mortalità infantile sotto i 5 anni entro quella data. Nella prima parte della mattinata, avrà luogo un evento dimostrativo simbolico che coinvolgerà oltre 100 bambini delle scuole romane, i calciatori della squadra della Fiorentina e altri testimonial del mondo della tv, del cinema e dello sport impegnati nel sostegno della campagna “Every One” di Save the Children. Seguirà la conferenza di presentazione del Rapporto internazionale “Accesso vietato - Perché la grave carenza degli operatori sanitari ostacola il diritto alla salute dei bambini”, nonché il secondo Rapporto di aggiornamento della campagna Every One, alla presenza di rappresentanti delle istituzioni ed esperti. (A.L.)
Cile: congresso sulla cultura digitale prepara il Sinodo della nuova evangelizzazione
◊ Il Congresso “Chiesa e cultura digitale”, che si celebrerà a Santiago del Cile dal 17 al 19 ottobre, rappresenta un momento nel cammino di preparazione del prossimo Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Lo ha annunciato l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, in un videomessaggio diffuso attraverso Internet ai partecipanti e agli organizzatori. L'incontro - riferisce l'agenzia Zenit - è organizzato dal dicastero vaticano e dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (Celam), attraverso la Rete Informatica della Chiesa in America Latina (Riial), in collaborazione con la Conferenza episcopale cilena e l'Università Cattolica del Cile. Mons. Celli ha affermato che l'incontro costituisce una “felice opportunità”, sostenendo che attualmente non si può immaginare un'ampia riflessione della Chiesa su una nuova pastorale senza far riferimento ai mezzi di comunicazione sociale. “Le nuove tecnologie hanno dato vita a una nuova cultura, a un nuovo modo di essere dell'uomo e della donna di oggi”, aggiunge il videomessaggio. “Parlare di evangelizzazione al giorno d'oggi, non se ne può parlare senza far riferimento a un dialogo profondo con la cultura digitale e senza prendere coscienza del fatto che dobbiamo esercitare una vera pastorale nel contesto della cultura digitale”, spiega. “Mi sembra che questo Congresso sarà un inizio”, ha riconosciuto il presule. “Esamineremo ciò che si sta già facendo nel contesto latinoamericano nel campo della comunicazione. Credo che i lavori serviranno ampiamente, e anche in modo profondo, ai lavori del prossimo Sinodo dei Vescovi”. La prossima assemblea dei vescovi del mondo, convocata da Benedetto XVI in Vaticano nell'ottobre del prossimo anno, si concentrerà sulla nuova evangelizzazione. Durante il Congresso, verrà presentato il lavoro svolto da dieci università dell'America Latina che hanno analizzato aspetti concreti della cultura digitale. Secondo il Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, questa ricerca offrirà una base sicura e certa per compiere un'ulteriore riflessione su quale sia il compito della Chiesa nel suo dovere evangelizzatore. (R.P.)
◊ "Dopo tanto girare torno a casa”. Sono le parole pronunciate dal cardinale Angelo Scola, neo arcivescovo di Milano, ieri durante l'incontro con i rappresentanti del mondo della cultura e del giornalismo presso il Museo diocesano. “In una società così fluida – ha detto il porporato - non abbiamo altra strada che costruire qualcosa di solido che stia dentro l'insieme. Quindi dobbiamo trasformare il bene sociale in una scelta condivisa”. E per farlo occorre ragionare nella logica della “libertà” che “comporta sempre un rischio”. Le riflessioni dell'arcivescovo di Milano sono state precedute dagli interventi di alcune personalità ambrosiane, di nascita e di adozione. Sono stati sottolineati, in particolare, gli aspetti contraddittori dell’attuale momento storico. Il giornalista Gianni Riotta – rende noto l'agenzia Sir - si è soffermato sulla crisi che, quando finirà, “ci farà sentire tutti profondamente diversi rispetto a quello che siamo ora”. Giacomo Poretti, del trio “Aldo Giovanni e Giacomo”, ha poi detto “di non perdere di vista Dio. Ma lei – ha spiegato l’attore rivolgendosi al porporato - non perda di vista gli oratori, dove si praticano i tre 'giochi' più belli per l'uomo: il calcio, il cinema e il teatro”. Giacomo Poretti ha ricordato infine che, nonostante nella città imperversino le multisale, “la Chiesa di Milano ha ancora 120 sale, un patrimonio e una ricchezza per tanti ragazzi”. (A.L.)
India: nell'Andhra Pradesh arrestati otto cristiani pentecostali
◊ “Non c’è tregua all’ondata anticristiana ed è allarmante che anche in assenza della legge anticonversione si manipoli il Codice penale per arrestare i cristiani”. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), si scaglia contro l’ennesimo caso di soprusi contro cristiani. In Andhra Pradesh, lo scorso 23 settembre, la polizia ha arrestato otto pentecostali, accusati da un gruppo di attivisti indù del Rashtriya Swayamsevak Sangh di conversioni forzate. Gli otto pentecostali della Brethen Assembly Church stavano pregando in strada. Un centinaio di estremisti indù li hanno circondati, accusandoli di voler praticare conversioni. Per evitare il linciaggio, la polizia ha tentato di disperdere la folla, portando i cristiani in questura. Ma gli attivisti hanno raggiunto la stazione di polizia, e schierandosi fuori hanno costretto gli agenti ad arrestare il gruppo di cristiani secondo l’art. 153/A del Codice penale. “I cristiani – specifica Sajan George all'agenzia AsiaNews – non hanno violato alcuna legge e sono stati arrestati. Invece il gruppo indù ha causato disordini, disturbato l’ordine pubblico e fomentato il sentimento di sospetto nei confronti dei cristiani, restando impunito”. (A.L.)
Nello Stato indiano dell'Orissa continua il calvario dei cristiani
◊ I cristiani vittime nell’agosto 2008 dei pogrom a Kandhamal, nello Stato di Orissa, attendono ancora che sia fatta giustizia e la loro situazione resta drammatica. E’ quanto sottolinea in una petizione il presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), Sajan K. George, che ha indirizzato al giudice Balakrishna, presidente della National Human Rights Commission (Nhrc) a New Delhi. “Ancora una volta – si legge nella petizione ripresa dall'agenzia AsiaNews - chiediamo attenzione in seguito alle “violazioni dei diritti umani a Kandhamal, in Orissa”. “Vi preghiamo di prendere in considerazione il grido di aiuto di centinaia di vittime dell’odio e dell’apatia del governo”. Oltre 100 cristiani sono stati uccisi tre anni fa nei pogrom, e molti sono stati costretti a fuggire nella giungla per salvarsi. Ma la persecuzione continua ancora. “In molte stazioni di polizia – spiega il presidente del Global Council of Indian Christians - sono state sporte denunce contro i cristiani per presunte conversioni forzate”. “Quando è stato chiesto [ai poliziotti] perché agivano in base a denunce così inconsistenti, hanno rivelato di aver ricevuto ordini dall’alto: i cristiani portati alla polizia sotto denunce false devono essere subito incarcerati non possono uscire su cauzione”. Spesso, si lamenta nella petizione, questa ingiustizia è visibile. Ma più di frequente, è solo la punta di un iceberg. Lo Stato dell’Orissa – conclude Sajan K. George - ha inoltre fallito nelle operazioni di riabilitazione e di ripristino della situazione per le vittime della violenza. (A.L.)
Nel nord dell'India i musulmani ricostruiscono una scuola protestante
◊ Un gruppo di fedeli musulmani nello Stato di Jammu e Kasmir, nell’India nord occidentale, ha deciso di dare il proprio contributo manuale per la ricostruzione di una scuola appartenente ad una comunità cristiana. L’edificio era stato dato alle fiamme nel corso delle forti proteste messe in atto da integralisti musulmani in seguito al rogo del Corano da parte del pastore Terry Jones. Questo episodio, legato al nono anniversario degli attentati terroristici negli Stati Uniti, aveva ricevuto una condanna unanime. La scuola, ora in ricostruzione, si trova a Pulwama, a pochi chilometri da Srinagar. Per Munshi Muktar Ahmed, un insegnante che fa parte del gruppo di volontari musulmani che aiuta nella ricostruzione, “quanto è accaduto lo scorso anno è stato certamente un errore”. Secondo il docente, “l’incendio della scuola cristiana è stata una grossa perdita per tutti gli abitanti di Pulwama in quanto gran parte dei giovani musulmani di questa città la frequentavano con profitto”. La repressione dei disordini del 2010 – ricorda “L’Osservatore Romano - ha provocato 24 vittime ed oltre 100 feriti. “Quanto è accaduto a Pulwama – aggiunge Muktar Ahmed – ha avuto dei risvolti negativi, che prima dei disordini, molti di noi non potevano neppure immaginare”. Il direttore della “Tyndale Biscoe School”, Rajinder Kaul, ha deciso di far svolgere le attività di quest’anno scolastico in alcuni edifici provvisori in attesa del termine dei lavori. L’edificio bruciato dai manifestanti il 13 settembre del 2010 era quasi interamente in legno. (A.L.)
Indonesia. Chiese chiuse o demolite: le sottili pressioni sui cristiani
◊ Nel 2010 in Indonesia sono state chiuse 47 chiese e nei primi 4 mesi del 2011 sono già 9 gli edifici di culto cristiani chiusi o demoliti: come comunica all’agenzia Fides il “Jakarta Christian Communication Forum”, si tratta di chiese considerate “illegali” o “non autorizzate”, per questo le autorità civili, a Giava e in altre province dell’arcipelago indonesiano, impongono la chiusura e la sospensione di ogni attività di culto. In una nota il Forum dei Cristiani di Giakarta, che include leader di tutte le confessioni, si chiede “perché questa pratica riguardi solo le chiese cristiane e non altri luoghi di culto”, notando una pratica discriminatoria, che sottintende una sottile pressione verso i credenti in Cristo. A tale domanda le autorità locali spesso evitano di rispondere. Le motivazioni ufficiali per la chiusura delle chiese parlano di “abitazioni adibite a luoghi di culto, senza alcuna licenza” o senza il numero minimo di 60 fedeli. Ma si tratta, il più delle volte, di provvedimenti presi in seguito alle proteste di gruppi radicali musulmani, come accade nei sobborghi della megalopoli Giakarta (come Bekasi e Bogor), dove è diffusa la presenza del gruppo integralista “Islamic Defenders Front” (Fpi). “I cristiani sono considerati come stranieri che giungono in un territorio” nota il Forum, che indica una serie di 'risposte adeguate': “Occorre essere pronti a superare gli ostacoli; conoscere i regolamenti e rispondere con azioni legali; incontrare le autorità civili; essere presenti nel mondo dei mass media; stabilire un proficuo dialogo con i leader musulmani locali, per alimentare la comprensione reciproca; socializzare con la popolazione locale avviando attività positive”. Il tutto perché i cristiani in Indonesia “vogliono essere una benedizione per la società e la nazione”. (R.P.)
Myanmar: il governo blocca i lavori della diga sull’Irrawaddy, soddisfatti i vescovi
◊ Il governo del Myanmar ha annunciato il blocco dei lavori della diga di Myitsone, sul fiume Irrawaddy, nel Nord del Paese. Il presidente Thein Sein lo ha comunicato al Parlamento dopo oltre una settimana di incontri, eventi pubblici, iniziative della società civile birmana. Alla campagna denominata “Salvate l’Irrawaddy” si sono uniti i monaci buddisti e anche i vescovi. Nei giorni scorsi, la Conferenza episcopale cattolica e i vescovi protestanti avevano scritto una lettera al governo chiedendo “di ascoltare le voci e le preoccupazioni della popolazione”. Tutte voci concordi sul fatto che la diga, oltre a fornire energia idroelettrica alla Cina, avrebbe intaccato la sicurezza alimentare e generato povertà per migliaia di cittadini. Mons. Raymond Saw Po Ray, vescovo di Mawlamyine e presidente della Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi, accoglie con favore la decisione del governo. “E’ un segnale molto positivo per la nazione. Il governo – spiega all’agenzia Fides - ha detto di voler ascoltare la volontà del popolo. Come vescovi e come cristiani abbiamo segnalato le conseguenze del progetto della diga e siamo soddisfatti” di questa decisione. Il prossimo passo, aggiunge il presule, “è la fine del conflitto” che riguarda “le minoranze etniche”. “Come cristiani – osserva Mons. Raymond Saw Po Ray – continueremo a sensibilizzare e ad adoperarci, nel nostro piccolo, per la pace”. “Il 4 ottobre prossimo, festa di San Francesco di Assisi, pregheremo in una speciale Giornata per la pace e per l’unità del Paese”. Proseguono anche gli sforzi nel dialogo interreligioso con i buddisti. Un monaco buddista birmano è stato invitato e sarà presente ad Assisi, il 27 ottobre prossimo, nella celebrazione del 25.mo anniversario della Giornata di preghiera per la pace con i leader delle religioni mondiali. “Siamo certi – conclude il vescovo di Mawlamyine - che questi sforzi daranno frutti”. (A.L.)
Chiesa in Vietnam: la famiglia sia il luogo privilegiato per trasmettere la fede
◊ In Vietnam il Comitato pastorale delle famiglie della Conferenza episcopale ha organizzato la II Conferenza per tutti i comitati delle 26 diocesi del Paese. L’incontro si è svolto nel Centro pastorale dell’arcidiocesi di Saigon, e vi hanno preso parte, oltre ai vescovi, sei associazioni cattoliche, 27 sacerdoti, due suore e 46 laici. In apertura dei lavori – rende noto l'agenzia AsiaNews - il presidente del Comitato pastorale delle famiglie, il vescovo Joseph della diocesi di Đà Nẵng, nella sua omelia ha affermato: “Ora lo sviluppo della tecnica e della scienza sono molto veloci nella nostra società. Tuttavia lo sviluppo umano, e le relazioni fra i membri delle famiglie non hanno seguito questo sviluppo. Inoltre il consumismo sta erodendo le base morali e culturali della famiglia vietnamita. Molti cattolici corrono il rischio di vedere vacillare la loro fede. E per questo la Chiesa affronta questi problemi sociali.”. Durante l’incontro si è discusso della necessità che le “giovani coppie insegnino “loro a casa il catechismo”. Inoltre i sacerdoti delle parrocchie devono aiutare in questo campo le famiglie e gli emigranti. “I sacerdoti delle parrocchie devono ricordare ai laici di pregare insieme ai loro figli, a casa”. In realtà questo è anche il suggerimento fornito dalla Lettera pastorale della Conferenza episcopale vietnamita del 2010, “Assemblea del popolo di Dio”. Durante la riunione si è insistito sulla necessità che, per consolidare la fede dei bambini e degli adulti, i cattolici usino le loro case come luogo di istruzione: “Se le attività pastorali sono fatte bene a casa, avremo sette milioni di scuole per insegnare il catechismo e trasmettere la fede nella società moderna”. (A.L.)
Kenya: migliaia di persone contagiate da una epidemia di dengue
◊ Oltre mille persone sono state contagiate da una epidemia di dengue scoppiata nella città di Mandera, a nordest del Kenya, vicina ai confini con Somalia ed Etiopia. Il Ministero della Sanità Pubblica e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) parlano di 4 morti. In un comunicato dell’Oms ripreso dall'agenzia Fides, si legge che il tasso di contagio è elevato ma fortunatamente i decessi sono contenuti. Ad alimentare i focolai del mosquito vettore, contribuisce il fiume Dawa che attraversa Mandera. Inoltre gli insetti portatori della malattia pungono di giorno quindi a nulla servono le zanzariere per la notte e gli insetticidi di diversa natura, ai quali sono diventati resistenti. Le autorità sanitarie hanno allertato tutti i distretti limitrofi e attivato campagne di sensibilizzazione pubblica. (R.P.)
Australia: drammatiche le condizioni delle donne detenute
◊ “L’attuale situazione di affollamento delle carceri in Australia impone una seria riflessione sui fattori sociali che condizionano le persone che compiono dei crimini”: è quanto sottolinea mons. Christopher Alan Saunders, vescovo di Broome e presidente dell’Australian Catholic Social Justice Council (Acsjc) che, per conto della Conferenza episcopale australiana (Acbc), ha curato un documento, intitolato “Building Bridges Not Walls” sulla popolazione carceraria. In un articolo apparso sul sito in rete dell’arcidiocesi di Sydney per la ricorrenza della Social Justice Sunday, che è stata celebrata dai cattolici d’Australia domenica scorsa, il presule spiega che l’aumento del numero delle persone detenute richiede maggiore attenzione per scoprire, al di là dei singoli casi, le cause sociali che sono alla radice del fenomeno. “Spesso i nostri politici e alcuni organi d’informazione invocano maggiore durezza nell’applicazione delle leggi per combattere la criminalità senza però mai indagare sui motivi generali che spingono sempre più persone a commettere alcuni reati”. Nel documento “Building Bridges Not Walls”, oltre alle statistiche sulla popolazione carceraria, sono pubblicate anche le relazioni inviate dai cappellani che operano all’interno degli istituti di pena. Tra i testimoni di quanto sia avvilente la situazione dei detenuti vi è Margaret Wiseman, l’unica donna laica a essere membro dell’associazione dei cappellani delle carceri nell’arcidiocesi di Sydney. Molte delle donne detenute sono cresciute in famiglie povere e spesso disgregate. “Benché le donne detenute siano solo una piccola percentuale del totale della popolazione carceraria australiana, spesso sono più isolate e più colpite dal senso di esclusione sociale rispetto ai detenuti uomini”. “Molte donne prigioniere sono completamente abbandonate e nessuno viene mai a visitarle”. “Tante, pur avendo diversi figli, sono state abbandonate dai mariti e alle loro spalle non vi è più alcuna relazione stabile”. Passano in prigione — conclude Margaret Wiseman le cui parole sono state riprese dall’Osservatore Romano — una parte della loro vita vivendo in celle anguste che devono condividere con altre detenute. (A.L.)
Francia: il 77% dei francesi desidera “un matrimonio per sempre”
◊ I francesi danno grande importanza alla famiglia, desiderano sposarsi una sola volta nella vita ma difficoltà economiche, lavoro femminile e minore investimento nel rapporto di coppia rendono la vita familiare sempre più difficile. Per questo chiedono ai politici, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 2012, un maggiore impegno per le politiche familiari. E’ quanto emerge da un sondaggio che la Conferenza episcopale francese e il quotidiano cattolico "La Croix" hanno commissionato all’Istituto Ipsos in preparazione del convegno che domani si aprirà a Parigi dal titolo “Famiglie e Società: quali scelte per il domani”. Secondo il sondaggio (realizzato su un campione di 940 persone dai 18 anni in su) il 77% dei francesi desidera costruirsi una famiglia restando sempre con la stessa persona. Questa percentuale sale all’89% degli intervistati dai 25 ai 34 anni. Nel sondaggio - rende noto il Sir - si sottolinea anche che il 55% degli interpellati e il 77% dei cattolici, alle presidenziali del 2012, cambieranno l’orientamento di voto in base alle proposte in materia di politica familiare. Per spiegare l’aumento del numero di separazioni, i francesi indicano varie cause: “La gente fa meno sforzi per restare insieme (per il 50%); le donne lavorano sempre di più e sono più indipendenti (43%); “c’è meno ipocrisia per cui le persone non sono obbligate a rimanere insieme” (36%); “ci sono più difficoltà materiali come la disoccupazione (per il 33%). Quanti hanno partecipato al sondaggio ritengono infine che sia necessario “un cambiamento globale di mentalità” (33%) oppure un “aiuto esterno perché le coppie possano discutere dei loro problemi”. Il 25% chiede anche sostegni materiali (casa, lavoro e possibilità di conciliare vita professionale e vita privata). (A.L.)
Slovacchia: avviata la causa di Beatificazione del novizio Tomas Munk e di suo padre
◊ È stato aperto in Slovacchia il processo diocesano del martirio dei Servi di Dio, il
novizio gesuita Tomas Munk e suo padre Frantisek Munk. Il 27 settembre scorso a Bratislava l‘arcivescovo della città mons. Stanislav Zvolensky ha presieduto l‘atto solenne alla presenza degli altri vescovi. Il tribunale e stato costituito per esaminare le prove e accertare il martirio. Il vicepostulatore padre Ondrej Gabris ha consegnato una lista di 14 testimoni. Tomas e suo padre Frantisek sono stati fucilati il 22 aprile 1945 dai nazisti durante la marcia della morte vicino Sachsenhausen. Erano slovacchi, di origine ebraica. La famiglia, che prima si dichiarava atea, dalla metà degli anni '30 ha iniziato a convertirsi alla fede cattolica, ricevendo il battesimo nel 1939 a Ruzomberok in Slovacchia. Nel 1943 Tomas è entrato nel noviziato della Compagnia di Gesù a Ruzomberok. Nel dicembre 1944 la famiglia Munk è stata arrestata dalle forze naziste sulla base delle leggi razziali. Tomas e stato prelevato dal noviziato sotto minaccia dell’uso della forza. La notte prima dell‘arresto Tomas ha offerto la sua vita a Dio per la salvezza del suo popolo nella preghiera. Frantisek con la moglie Gizela e figli Tomas e Juraj sono stati messi insieme nel campo di concentramento in Sered. All’inizio del 1945 sono stati divisi e con due diversi treni sono arrivati in Germania. Si sono subito perse le tracce della madre e del figlio minore. Si hanno invece notizie di Frantisek e di suo figlio Tomas nel campo di concentramento Sachsenhausen e, successivamente, in quello Lichtenrade. Sulla vita della famiglia Munk, in occasione dell'apertura della causa di beatificazione, il canale cattolico 'Tv Lux' ha trasmesso un film-documentario. (A.L.)
Repubblica Ceca: migliaia di persone al pellegrinaggio nazionale a San Venceslao
◊ Migliaia di pellegrini hanno “invaso” ieri la piazza Mariana di Stara Boleslav per partecipare alle tradizionali celebrazioni della festa di San Venceslao. L’omelia, durante la celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Praga, mons. Dominik Duka, è stata pronunciata dall’arcivescovo di Olomouc, mons. Jan Graubner, che si è concentrato sull’egoismo che porta alla disgregazione delle famiglie. “La nazione non può avere un futuro senza l’opera di abnegazione dei padri e delle madri. San Venceslao – ha aggiunto - impersona l’incoraggiamento a tutti quanti a non vivere soltanto per se stessi”. Era presente anche il presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, che ha messo in guardia dalla disgregazione del sistema dei valori tradizionali, minacciato da “progressisti di tutti i generi” e da vari tipi di “falsi profeti”. “Se ci guardiamo attorno, vediamo i progressisti continuamente all’attacco dei valori e delle virtù tradizionali della nostra società”, ha affermato Klaus, esortando i fedeli a difendere i valori cristiani su cui si è edificata la civiltà occidentale. Le sue parole, secondo cui la Chiesa dovrebbe esercitare la propria autorità in modo più ampio in tutti i settori della vita sociale, sono state accolte dal lungo applauso dei pellegrini. Il pellegrinaggio nazionale a San Venceslao - ricorda il Sir - ha rappresentato il vertice delle celebrazioni iniziate quasi un mese fa. (A.L.)
Chiesa in Austria: il cardinale Schönborn illustra luci e ombre
◊ In Austria l’attività della Caritas è il "vero settore in crescita” nella vita della Chiesa. E’ quanto ha affermato, nell’intervista rilasciata all’agenzia di stampa cattolica austriaca “Kathpress”, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza episcopale austriaca. “Questo trend – ha spiegato il porporato - mostra da un lato le dimensioni dell'emergenza sociale nel Paese, dall'altro la grande stima della popolazione nei confronti della Caritas". Tendenze positive si registrano nel settore della formazione. Il cardinale Schönborn – rende noto l'agenzia Sir - ha posto l’accento, in particolare, sulla gestione ecumenica della Facoltà ecclesiastica di pedagogia di Vienna. Si tratta di "un'avventura entusiasmante e unica al mondo", ha detto l’arcivescovo della capitale austriaca. Tra gli aspetti negativi, invece, il cardinale ha indicato la diminuzione dei praticanti: “Purtroppo non si è ancora riusciti a fermare la diminuzione delle persone che frequentano la Chiesa” . Un altro aspetto non confortante – ha ricordato - è "il declino del prestigio della Chiesa a livello sociale". In considerazione della flessione del numero dei fedeli, il cardinale Schönborn ha infine ipotizzato la diminuzione delle parrocchie per adeguare le strutture alla realtà attuale. (A.L.)
Yemen: ucciso un Imam di Al-Qaeda, ritenuto uno degli eredi di Bin Laden
◊ E’ stato ucciso questa mattina in Yemen, Anwar Al-Awlaki, uno dei leader di Al-Qaeda. L’imam, cittadino americano, era accusato di essere uno dei sobillatori di alcuni degli attentatori dell’11 settembre. Intanto il presidente yemenita Saleh ha annunciato di non avere nessuna intenzione di rassegnare le dimissioni, malgrado le forti proteste nel Paese. Il servizio di Michele Raviart.
Era considerato uno degli eredi di Osama Bin Laden, Anwar Al-Awlaki, l’imam radicale ucciso oggi in Yemen da un raid aereo nella provincia orientale di Marib. L’uomo, 40 anni, era uno dei maggiori ricercati della Cia per il suo coinvolgimento in diversi attentati, come quello nella base texana di Fort Hood nel 2009, in cui morirono 13 persone e quello fallito a Times Square nel 2010. L’imam, noto per le sue invettive antiamericane nelle moschee della California e della Virginia, era stato capace di convertire centinaia di giovani musulmani alla causa della jihad. Ancora poco chiare le dinamiche dell’attacco, anche se fonti tribali parlano di un drone americano che avrebbe fatto fuoco su due veicoli blindati. Intanto il presidente Saleh, da mesi bersaglio di imponenti proteste, ha fatto sapere che non si dimetterà se i suoi oppositori parteciperanno alle prossime elezioni. In quel caso il rischio di una guerra civile sarebbe allora concreto, ha detto Saleh, che poi ha aggiunto: “Se accettiamo di trasferire il potere alle opposizioni, praticamente abbiamo ceduto ad un colpo di Stato”.
Libia: per il segretario Rasmussen “la Nato ha fatto la differenza”
La missione in Libia “non è ancora terminata, ma ha già dimostrato che la Nato può fare la differenza”. Queste le parole del segretario dell’Alleanza atlantica Rasmussen, che ha così rivendicato il ruolo decisivo della Nato per le sorti della guerra. Nel Paese intanto la tv del regime Al Libya, che non trasmetteva da agosto, ha smentito le voci sulla cattura a Sirte del portavoce di Gheddafi Moussa Ibrahim, mentre Mahmud Jibril, primo ministro del Consiglio Nazionale di Transizione (Cnt), ha annunciato che non farà parte del nuovo governo libico. Sul piano diplomatico il Cnt è stato riconosciuto anche dal governo della Somalia, mentre questa mattina è atterrato a Tripoli il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, primo esponente del governo italiano a visitare la Libia dopo la caduta di Gheddafi.
Economia: l’Austria approva il fondo salva-Stati
E’ stato approvato dal Parlamento di Vienna il rifinanziamento del fondo salva-Stati, mentre a Parigi oggi pomeriggio si terrà l’incontro tra il premier ellenico Papandreu ed il presidente francese Sarkozy. In Italia, invece, fanno discutere i dati Istat su disoccupazione ed inflazione. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Il tasso di disoccupazione ad agosto è sceso al 7,9%; meno 0,1% rispetto al mese precedente, mentre è in aumento il numero degli occupati oltre il limite dei 23 milioni, il più alto degli ultimi 2 anni. Ad annunciarlo l’Istat, che però non riserva nessuna buona notizia per i giovani, perché la disoccupazione per loro è salita al 27,6%. E mentre l’inflazione è al livello massimo dal 2008, cresce il malcontento degli industriali; “non c'è più tempo, servono scelte immediate e coraggiose” ha detto la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, ribadendo la necessità di un intervento immediato per superare la crisi economica e riprendere il treno della crescita. Sul fronte europeo la tensione non è certamente più bassa, soprattutto in Grecia, dove prosegue la missione della troika – Ue Bce e Fmi – per verificare i conti ellenici, al fine di sbloccare la sesta tranche di aiuti. Ieri il voto favorevole al Bundestag tedesco per quanto riguarda il fondo salva-Stati; oggi un’altra tappa importante: a votare positivamente sull'ampliamento del fondo Efsf è stata la camera bassa del parlamento austriaco. A Parigi, invece, nel pomeriggio l'incontro tra il primo ministro greco Papandreu e il presidente francese Sarkozy per discutere del piano di tagli alla spesa pubblica attuato da Atene. Prima di volare a Parigi, Papandreu ha avuto a Varsavia un incontro con il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, con il quale, ha riferito un portavoce dell'Ue, ha discusso il rafforzamento della governance economica dell'eurozona, in vista del summit dell'Eurogruppo del 18 ottobre.
Italia: oltre un milione di firme per il referendum sulla legge elettorale
In Italia sono un milione e 210 mila le firme raccolte per il referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale presentate in Cassazione. L'Ufficio Centrale per il referendum della Suprema Corte è chiamato a decidere entro il 15 dicembre. Poi ci sarà il passaggio alla Corte costituzionale, che valuterà l'ammissibilità dei due quesiti referendari. L’eventuale consultazione si dovrebbe tenere tra il 15 aprile e il 15 giugno.
La Bielorussia abbandona il Summit per il partenariato orientale di Varsavia
La Bielorussia si è ritirata questa mattina dal “Summit per il partenariato orientale” di Varsavia, che vede riuniti 27 Paesi dell’Unione Europea e sei Paesi ex-sovietici. La decisione appare come una reazione alle critiche al regime del presidente Lukashenko, accusato dai responsabili europei di reprimere duramente le opposizioni politiche al suo governo. “Non possiamo riprendere il processo di avvicinamento con Minsk, senza che ci siano dei progressi verso la democratizzazione e il rispetto dei diritti dell’uomo”, ha dichiarato alla stampa il presidente dell’Unione Europea Van Rompuy, che ha poi auspicato la “liberazione immediata di tutti i prigionieri politici e l’apertura di un dialogo sincero con l’opposizione”.
Russia: il presidente Medvedev promuove il ritorno di Putin al Cremlino
“Il nuovo governo russo sarà composto da persone nuove”. Così il presidente russo Dimitri Medvedev ha commentato il probabile scambio di ruoli ai vertici della Russia con l’attuale primo ministro Putin. Il ritorno di Putin al Cremlino sarebbe dovuto “alla maggiore popolarità e autorevolezza” di quest’ultimo, ha detto Medvedev, che ha escluso ogni forma di concorrenza con l’ex-presidente.
Gli Stati Uniti all’Iran: “liberate il pastore evangelico accusato di apostasia”
Gli Stati Uniti hanno esortato il governo iraniano a rimettere in libertà il pastore evangelico Youcef Nadarkhani, condannato a morte per apostasia. L’uomo, convertitosi al cristianesimo dall’islam, rischia infatti la vita se non rinuncerà alla propria fede. Il religioso, si legge in un comunicato del portavoce presidenziale Jay Carney, “ha solo agito nel rispetto della propria fede, un diritto universale di tutti” e la sua morte “dimostrerebbe una volta di più che le autorità di Teheran non rispettano né le libertà religiose né i diritti umani”.
Cina: attese per domani proteste contro il governo
Tensioni sociali in Cina in occasione dell'anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese che si celebra domani, 1° ottobre. Migliaia di persone si stanno riversando in queste ore nella capitale Pechino, per protestare e presentare al governo centrale petizioni contro gli abusi commessi dalle autorità locali. Le forze dell’ordine hanno risposto con decine di arresti e condanne, anche se, secondo la Costituzione cinese, ogni cittadino ha il diritto di reclamare contro le ingiustizie subite. Sull’origine di queste istanze, Giancarlo La Vella ha intervistato Francesco Sisci, corrispondente dalla Cina per il Sole 24 Ore:
R. – In occasione della festa del 1° ottobre chiunque in Cina ha lamentele, problemi, questioni aperte, sa che venendo a Pechino e manifestandole, queste rimostranze avranno maggiore forza. Naturalmente questo rovina l’atmosfera di pace che deve essere, in qualche modo, lo specchio dell’ordine in tutto il Paese. Credo sia inevitabile che ci siano tante - anche in numero crescente - manifestazioni e proteste in un contesto di sviluppo economico disordinato, al di là dei legittimi e imperdonabili errori del governo nella gestione della situazione.
D. - Quali sono le richieste più pressanti da parte dei dimostranti?
R. – Di solito la maggior parte delle richieste riguardano la compensazione sulla terra: cioè, i piani di urbanizzazione fanno sì che la terra che era prima agricola venga espropriata ai contadini e i contadini siano compensati in maniera varia; alcuni di questi ritengono di essere ricompensati poco e quindi chiedono più soldi. Queste proteste, bisogna forse stare attenti, non sono proteste sociali, sono proteste molto concrete; non sono proteste ideologiche che sfidano il senso del progresso: moltissima gente protesta per l’accesso alla ricchezza. Le differenze sociali non sono contestate per questioni di principio ma proprio per una distribuzione più equa del reddito. Questo è un punto centrale e temo sia un problema che tormenterà la Cina ancora per molti anni perché in queste fasi di sviluppo, al di là degli aggiustamenti che potranno esserci nella redistribuzione del reddito, si sa che le differenze sociali tenderanno ad aumentare. (bf)
Dal Tribunale internazionale per il Rwanda condanna di due ex-ministri
Due ex-ministri ruandesi sono stati condannati a 30 anni di reclusione ciascuno per le loro implicazioni nel genocidio del 1994. La sentenza è stata emessa dal Tribunale penale internazionale per il Rwanda. Il giudizio, uno dei più pesanti emessi dal tribunale, arriva a 12 anni dall’arresto degli imputati. (Panoramica internazionale a cura di Michele Raviart)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 273