![]() | ![]() |

Sommario del 29/09/2011
◊ Per Benedetto XVI è il momento dei saluti alla comunità di Castel Gandolfo, che lo ha accolto e accompagnato con gioia e affetto nel periodo estivo. Il Papa, che farà rientro in Vaticano sabato pomeriggio, ha incontrato ieri i dipendenti delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, mentre stamani - nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico – ha salutato le diverse comunità religiose e civili locali. Nei suoi discorsi, il Papa ha sottolineato quanto sia importante la preghiera e il silenzio ed ha ricordato che sta per iniziare il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato alla Vergine Maria. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Profonda riconoscenza”: è il sentimento espresso da Benedetto XVI a quanti hanno permesso la sua “serena permanenza” a Castel Gandolfo, definita dal Papa località “gentile e accogliente”. A partire dal vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, il Pontefice ha ringraziato le comunità civili e religiose di Castel Gandolfo come anche gli addetti ai diversi servizi del Governatorato. Né ha mancato di salutare le forze dell’ordine italiane e gli ufficiali e avieri del 31.mo stormo dell’Aeronautica Militare, che provvede ai voli pontifici. Il Papa ha assicurato a tutti la sua preghiera:
“Il Signore, ricco di bontà e di misericordia, che non fa mai mancare il suo aiuto a coloro che confidano in Lui sia sempre il vostro saldo sostegno. Su di voi vegli con materna protezione la Vergine Maria, che nel mese di ottobre invocheremo in modo speciale con la recita del santo Rosario”.
Ieri, incontrando i dipendenti delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, diretti da Saverio Petrillo, il Papa si è soffermato sulla bellezza del vivere a contatto con la natura, in un clima di silenzio. Sia l’una che l’altro, ha sottolineato, “ci avvicinano a Dio”:
“La natura, in quanto capolavoro uscito dalle mani del Creatore; il silenzio, che ci permette di pensare e meditare senza distrazioni l’essenziale della nostra esistenza. Romano Guardini affermava: ‘solo nel silenzio giungo davanti a Dio e solo nel silenzio conosco me stesso’. In un ambiente come questo è più facile ritrovare se stessi, ascoltando la voce interiore, direi la presenza di Dio, che dà senso profondo alla nostra vita”.
“Abitando qui a Castel Gandolfo”, ha detto, “ho vissuto in questi mesi momenti sereni di studio, di preghiera e di riposo”. Ed ha rammentato le belle occasioni delle udienze generali nella cornice “familiare e gioiosa” del cortile del Palazzo apostolico o della piazza prospiciente. Il Signore, è stato il suo auspicio, “ricompensi ciascuno con l’abbondanza dei suoi doni e custodisca nella pace voi e le vostre famiglie”. Ha così messo l’accento sull’importanza della preghiera dei fedeli che, si è detto sicuro, non “verrà a mancare” dopo la partenza da Castel Gandolfo. Il cristiano, ha detto ancora, “si distingue essenzialmente per la preghiera e la carità”. Di qui l’invito a continuare “ad esercitare l’una e l’altra” nella vita, dando testimonianza della propria fede:
“Tanto la preghiera quanto la carità ci consentono di tenere sempre fisso il nostro sguardo su Dio a vantaggio dei fratelli: il rapporto con il Signore, nella preghiera, alimenta il nostro spirito e ci permette di essere ancora più generosi e aperti nella carità verso i bisognosi”.
Il Papa ha così rivolto un pensiero alle famiglie e ai bambini impegnati nei primi giorni di scuola. Infine, un richiamo all’importanza della formazione cristiana. Benedetto XVI ha invitato “i ragazzi a partecipare con impegno al catechismo, e anche gli adulti ad approfittare sempre delle occasioni formative”.
Il Metropolita Hilarion in Vaticano: il Papa aiuta cattolici e ortodossi a comprendersi meglio
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo il Metropolita di Volokolamsk, Hilarion, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca. Philippa Hitchen ha intervistato il Metropolita Hilarion al termine dell’incontro con Benedetto XVI:
R. – His Holiness is the man of faith...
Sua Santità è l’uomo della fede e ogni volta che lo incontro sono incoraggiato dal suo spirito, dal suo coraggio e dalla sua dedizione alla vita della Chiesa in tutto il mondo. E naturalmente sono molto colpito dalla sua conoscenza delle tradizioni ortodosse e dall’attenzione che lui rivolge al dialogo tra i cattolici e gli ortodossi. Pochi giorni fa, quando si trovava in Germania, ha incontrato i rappresentanti della Chiesa ortodossa tedesca e ha parlato del dialogo in corso tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Si pensa che questo atteggiamento del capo della Chiesa romana cattolica aiuterà molto nel futuro a comprenderci meglio reciprocamente.
D. – Cosa si può dire circa un incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill?
R. – We believe that such meeting...
Crediamo che, presto o tardi, in futuro, ci sarà questo incontro. Noi non siamo ancora pronti a discutere la data, il luogo o il protocollo di un tale evento, perché quello che conta per noi principalmente è il contenuto di questo incontro. Non appena saremo d’accordo sul contenuto, sui punti per i quali ancora siamo in disaccordo o abbiamo opinioni divergenti, allora credo che potremo avere questo incontro. Richiede, comunque, una preparazione molto attenta e non dobbiamo avere fretta per avere tale incontro in un particolare momento. (ap)
◊ La vita della Chiesa in Indonesia al centro dell’udienza concessa stamane dal Papa, nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, al presidente dei vescovi del Paese asiatico, mons. Martinus Dogma Situmorang, vescovo di Padang, in visita ad Limina Apostolorum. Lisa Zengarini ha intervistato il presule sulle sfide pastorali emergenti nella società indonesiana e sulle risposte offerte dalla comunità ecclesiale:
R. - La nostra Chiesa è viva e fiorisce con tutte le sue sfide interne, perché dobbiamo continuare a rafforzare la fede dei nostri fedeli e la nostra vita comunitaria, ma allo stesso tempo è una Chiesa aperta al dialogo e all’annuncio della Buona Novella agli altri, perché i fedeli non devono restare chiusi in se stessi. Inoltre dobbiamo dare maggiore attenzione alla formazione dei nostri giovani e alla famiglia esposti alle pressioni, anche violente, della vita moderna per garantire il futuro della nostra Chiesa e conservarla nella fede. E poi, lo ripeto, dobbiamo essere capaci di convivere con i credenti di altre fedi, perché siamo una minoranza che non vuole essere timida e titubante, ma capace di esprimersi, di dare un contributo qualitativamente valido. Per questo spingiamo anche i nostri laici a partecipare alla vita politica e alla vita economica. Il problema sono i gruppi fondamentalisti foraggiati, aiutati o protetti non si sa da chi, che la comunità maggioritaria, quella musulmana, tollera non per simpatia, ma perché incapace di affrontarli. Le stesse autorità civili non sembrano in grado di affrontare con giustizia questa situazione, quindi di punire le azioni che minano la convivenza pacifica delle persone, la Costituzione del Paese e il suo futuro. Se non possiamo vivere insieme in pace come Nazione, come può progredire la famiglia umana nel mondo?
D. - A questo proposito, c’è comunque un dialogo con alcune organizzazioni musulmane, anche autorevoli, con le quali esiste una collaborazione in alcuni campi. Cosa ci può dire in proposito?
R. - Sì, abbiamo un rapporto regolare con i capi delle altre religioni: musulmani, protestanti, induisti, buddisti e confuciani. Partendo dall’analisi della situazione sociale, denunciamo i mali che non vengono affrontati e non sono risolti dalle autorità e diamo suggerimenti a tutte le parti. Questo avviene a livello nazionale con risultati, a mio avviso, positivi che influiscono anche sul dialogo a livelli più bassi. Devo dire, tuttavia, che questa collaborazione non riesce alla stessa maniera in tutte le parti del Paese, perché c’è il fondamentalismo che non è solo il frutto di convinzioni religiose, ma anche di interessi economici, politici e sociali, per cui non è una cosa semplice. Quando ci sono episodi di violenza settaria non dobbiamo infatti pensare automaticamente che sia uno scontro tra religioni. Per la Chiesa è importante rafforzare lo spirito di dialogo: anche se non siamo accettati in alcune aree del Paese e subiamo ancora violenze, non dobbiamo fermarci. Dobbiamo consolidare la collaborazione con quella maggioranza di musulmani di buona volontà che sono rimasti moderati e che vogliono la nostra amicizia.
D. - A proposito di dialogo religioso ed ecumenico, in diversi Paesi nel mondo proliferano sette cristiane che a volte possono creare problemi anche alla Chiesa cattolica: avete questo tipo di problema in Indonesia?
R. Sì lo abbiamo. Ci sono sette che fanno un proselitismo aggressivo che ci disturba, non tanto perché allontanano alcuni nostri fedeli, ma perché seminano la discordia. A farne le spese non è neanche tanto la Chiesa cattolica, quanto piuttosto le stesse le chiese protestanti che subiscono il proselitismo di queste nuove Chiese, alcune delle quali provenienti dall’estero, altre nate da divisioni nelle chiese locali. Questo tipo di proselitismo è contrario alla testimonianza cristiana e alla volontà di dialogo tra le religioni, perché contraddice veramente quanto andiamo dicendo e quello che vogliamo realizzare con i credenti di altre fedi.
D. - Lei ha accennato prima ai laici e ai giovani. Come possono diventare una ‘speranza’ per il futuro della Chiesa in Indonesia e quindi per la nuova evangelizzazione?
R. - Non solo possono, ma devono contribuire all’evangelizzazione, anche perché, se ai chierici è riservato il dialogo ufficiale, sono i laici che hanno contatti quotidiani con i musulmani e i protestanti. Quello che diciamo sempre è: ‘Siete voi i portavoce della Chiesa nella vita della società’. Noi incoraggiamo i laici, aiutandoli anche a sopportare con pazienza il clima di ostilità che respira in alcune aree del Paese. Certo non è facile e non c’è una ricetta valida per tutte le situazioni.
D. - Cosa ci può dire sulla presenza della Chiesa indonesiana nei media che sono così importanti nel mondo di oggi?
R. - Sì, siamo consapevoli della loro importanza. Facciamo diverse cose in questo campo. Ad esempio, tutte le nostre parrocchie hanno un bollettino. Abbiamo una rivista a diffusione nazionale che si chiama “Hidu” (“Vita”). Inoltre cerchiamo di incoraggiare i nostri giovani e i nostri intellettuali a scrivere sui giornali e sulle riviste. Ci sono diversi scrittori cattolici apprezzati nella società indonesiana. Abbiamo poi radio in quasi tutte le diocesi. Per quanto riguarda la televisione, usufruiamo di alcuni spazi per la trasmissione delle Messe e delle omelie, ma anche di riflessioni su temi non strettamente cattolici come la promozione umana, la fratellanza , la corruzione.
◊ Benedetto XVI ha inviato un telegramma al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, nella ricorrenza di Rosh Ha-Shanah, di Yom Kippur e di Sukkott. Il Papa auspica che queste feste così significative “possano essere occasioni di tante benedizioni” e “fonte di infinita grazia”. In particolare, il Papa si augura che cresca in ebrei e cristiani “la volontà di promuovere la giustizia e la pace in un mondo che ha tanto bisogno di autentici testimoni della verità”. Dio, conclude il Pontefice, “protegga la comunità ebraica e ci conceda di approfondire l’amicizia tra noi, in questa città di Roma e ovunque nel mondo”.
Giornata delle Comunicazioni Sociali 2012 sul tema “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”
◊ “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”: è questo il tema scelto da Benedetto XVI per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si svolgerà il 20 maggio 2012, nella domenica che precede la Pentecoste. Il Messaggio del Papa per questo evento viene tradizionalmente pubblicato il 24 gennaio, nella memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
“La straordinaria abbondanza di stimoli della società della comunicazione – afferma una nota del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali - porta in primo piano” il silenzio, “un valore che, a prima vista, sembrerebbe addirittura in antitesi ad essa”. Nel pensiero di Benedetto XVI – prosegue il testo – “il silenzio non è presentato semplicemente come una forma di contrapposizione a una società caratterizzata dal flusso costante e inarrestabile della comunicazione, bensì come un necessario elemento di integrazione. Il silenzio, infatti, proprio perché favorisce la dimensione del discernimento e dell’approfondimento, può esser visto come un primo grado di accoglienza della parola”.
“Nessun dualismo, quindi – rileva la nota - ma la complementarità di due funzioni che, nel loro giusto equilibrio, arricchiscono il valore della comunicazione e la rendono un elemento irrinunciabile al servizio della nuova evangelizzazione. Emerge, poi, con una certa evidenza – conclude il comunicato - il desiderio del Santo Padre di sintonizzare il tema della prossima Giornata Mondiale, con la celebrazione del Sinodo dei Vescovi che avrà come tema, appunto, "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della Fede cristiana”.
La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è stata stabilita dal Concilio Vaticano II con il Decreto Inter Mirifica del 1963.
◊ Nell’anno del suo 80.mo di fondazione – e nel giorno in cui la liturgia ricorda il suo patrono, l’Arcangelo Gabriele – la Radio Vaticana ha vissuto questa mattina un momento di festa particolarmente intenso. Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha presieduto una Messa solenne nei Giardini Vaticani, seguita dalla tradizionale consegna delle onorificenze ad alcuni colleghi distintisi nel loro servizio in seno all’emittente. La cronaca di Alessandro De Carolis:
Un bellissimo sole ancora estivo a illuminare le straordinarie “architetture” naturalistiche all’intorno e lo sguardo della Vergine di Lourdes posato su chi oggi “è” la Radio del Papa. Così si presentava questa mattina, prima delle 9, il colpo d’occhio sulla piccola spianata di fronte alla Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani. Una cornice prestigiosa e suggestiva per una Messa particolarmente solenne, che ha visto riunirsi attorno al cardinale Tarcisio Bertone la comunità di lavoro della Radio Vaticana – molti i sacerdoti concelebranti dell’emittente e molti anche i familiari, per un totale di circa 400 persone – insieme con autorità del Governatorato della Città del Vaticano, del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e di altri organismi pontifici.
Nel salutare all’omelia la principessa Elettra Marconi, presente alla liturgia, il segretario di Stato è riandato con la memoria all’incontro, alla fine degli anni Venti del Novecento, tra Pio XI e Guglielmo Marconi, da cui scaturì, il 12 febbraio 1931, la scintilla che diede vita ai primi circuiti e alle prime antenne della Radio Vaticana. “La lungimirante saggezza” di quella scelta, ha constatato il cardinale Bertone, è evidente anche oggi, otto decenni dopo. Ma se è cambiato il modo di servire gli obiettivi per cui fu costruita, per la Radio del Papa non ne è mai mutata la sostanza:
“Occorre perciò che la Radio Vaticana continui ad essere un mezzo di comunicazione tipicamente ecclesiale, legato cioè in modo vitale alla Chiesa, allo stesso modo in cui il tralcio è un tutt’uno con la vite che lo alimenta (...) Nel dare conto a tutti della realtà della Chiesa e della presenza in essa del Risorto, voi favorite le condizioni perché l’uomo d’oggi apra il cuore alla sua presenza salvifica e accolga la mediazione della Chiesa, voluta dal Signore quale strumento efficace di salvezza”.
Tra i suoi compiti fondamentali e universalmente noti, la Radio Vaticana ha quello di diffondere nel mondo gli insegnamenti del Papa. Tuttavia, ha osservato il cardinale Bertone:
“Non si tratta soltanto di fare da cassa di risonanza di quanto fa e dice il Papa, ma di riportare fedelmente le verità insegnate dalla Chiesa, soprattutto in materia di fede e di morale, così come vengono autenticamente interpretate e insegnate dal Magistero (...) Sappiamo infatti come l’opinione pubblica guardi alla nostra Emittente come alla ‘Radio del Papa’, e consideri quanto essa trasmette come un ‘resoconto quanto mai autorevole’”.
L’altro compito della Radio, l’annuncio poliglotta e multiculturale del Vangelo, deve essere portato avanti “in dialogo con il mondo”, avendone imparato i “linguaggi”, facendo attenzione – ha indicato il segretario di Stato – a che questo processo di mediazione non si trasformi in “mondanizzazione”, cioè in un “annacquamento” della verità del messaggio stesso:
“Si tratta di presentare le ragioni della fede, che, in quanto tali, vanno al di là di qualsiasi visione ideologica e devono avere pieno diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico. Da questa esigenza nasce il vostro impegno costante a dare voce ad un punto di vista che rispecchi il pensiero cattolico in tutte le questioni, non ultime quelle etiche e sociali”.
L’ultima considerazione del porporato è stata per l’“espansione” registrata dalla Radio del Papa in 80 anni. La nuova collocazione la vede immersa nella crossmedialità, all’incrocio di vie di comunicazione digitali dai confini mobili e continuamente estensibili, che impongono continue sfide nel segno della multimedialità:
“Tali sfide sembrano chiederle di inserirsi con decisione e coraggio nel mondo della multimedialità e di sviluppare, nella logica di una sempre maggiore condivisione dei contenuti, nuove sinergie, specie con le altre istituzioni di comunicazione della Sede Apostolica”.
Conclusa la Messa, si è subito proceduto al conferimento delle onorificenze a sei membri della Radio: Pietro Cocco, assistente del direttore dei Programmi e responsabile del Webteam, Sean Patrick Lovett, responsabile della redazione inglese e del canale 105 live, Maurizio Boggio del Supporto tecnico, Giuseppe Miss, responsabile dell’Officina del Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria, Angelo Pacifici, dell’Ufficio acquisti. Ma a essere insignita per prima è stata Maria Tonceva, una pensionata della redazione bulgara della Radio Vaticana, alla quale le parole cariche di affetto dedicatele dal direttore generale, padre Federico Lombardi, sono risuonate in modo particolarmente emblematico in un contesto celebrativo come quello degli 80 anni di fondazione dell’emittente:
“Esempio di vita cristiana, di ottimismo e serenità. Moglie, madre, nonna, saggia e affettuosa. Il suo spirito giovanile ci ricorda che anche dopo 80 anni di vita si può essere annunciatori di gioia e di speranza, come deve fare la Radio Vaticana”.
In coincidenza con la ricorrenza odierna, sul sito web dell'emittente pontificia è liberamente consultabile da oggi la monumentale "Cronistoria della Radio Vaticana", redatta dal gesuita padre Juan Fèlix Cabasés, che a cavallo degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso guidò, innovandola, la sezione dell'emittente denominata all'epoca "Redazione centrale" (oggi SeDoc). L'opera - preceduta da una "Introduzione" e conclusa da alcune "Appendici" - descrive in modo minuzioso la storia della Radio del Papa lungo sette Pontificati, dalla fondazione al compimento dell'80.mo anno di attività. A renderla unica, e certamente utile per lavori di ricerca e approfondimento, è la dovizia di informazioni a carattere "encicplopedico" che la contraddistingue e l'originale struttura che permette di seguire al lettore lo sviluppo della Radio Vaticana parallelamente ai maggiori avvenimenti internazionali ed ecclesiali del periodo preso di volta in volta in esame.
Concluso il convegno mondiale dei vescovi francescani: intervista con il cardinale Hummes
◊ Con una concelebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro si è concluso stamani il secondo convegno mondiale di cardinali, vescovi e membri del Definitorio generale dell’Ordine francescano dei Frati Minori. L’incontro, iniziato ieri, si è svolto intorno al tema “Il rapporto tra l’Ordine francescano e la Chiesa”. Cristiane Murray ne ha parlato con il cardinale Cláudio Hummes, prefetto emerito della Congregazione per il Clero:
R. - Durante il convegno abbiamo meditato soprattutto sulla comunione dei Frati Francescani con la Chiesa, che è stato sempre uno dei temi più importanti per San Francesco. La sua prima regola era molto forte, perché diceva: i frati siano cattolici. San Francesco voleva dire tutto con questa prima regola, e cioè: non è possibile essere Francescani al di fuori della comunione della Chiesa o essendo in conflitto con essa. Abbiamo quindi riflettuto tutti su questo ed abbiamo anche visitato i luoghi francescani. Come San Francesco è venuto a Roma, anche noi abbiamo fatto questo pellegrinaggio dai luoghi francescani fino a Roma. Questa mattina abbiamo celebrato, tutti insieme, la Santa Messa presieduta dal cardinale Comastri - affiliato all’Ordine francescano ed anche professo del Terzo ordine - presso la Tomba di San Pietro, come segno della nostra comunione, del rinnovamento del nostro amore per la Chiesa ed anche del nostro impegno missionario. Oggi il Papa tiene molto a quest’impegno nella nuova evangelizzazione. Noi vescovi francescani siamo 112 in tutto il mondo, mentre oggi, presenti all’incontro, eravamo in 52”. (vv)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In merito ai discorsi di Benedetto XVI in Germania, in prima pagina, un editoriale di Ferdinando Cancelli dal titolo "Antidoti contro la disumanità".
La costosa prigione del debito: nell'informazione internazionale, Luca M. Possati sui rischi della crisi in Europa.
In cultura, un articolo di Marco Agostini dal titolo "Un mantello di fuoco per l'ultimo viaggio di Girolamo": in un capolavoro del Domenichino una lettura della spiritualità eucaristica del Seicento.
Anticipazione dell'editoriale del nuovo direttore della "Civiltà Cattolica", Antonio Spadaro, e del saluto del direttore uscente, GianPaolo Salvini.
Come ribaltare la storia: Giulia Galeotti su cosa racconta la lunga vicenda del voto alle donne.
Un articolo di Umberto Broccoli dal titolo "Quella potenza che camminava su quindicimila chilometri di basolato": all'avanguardia per secoli il sistema di comunicazione viaria degli antichi romani.
La natura e il silenzio ci avvicinano a Dio: nell'informazione vaticana, il grazie di Benedetto XVI ai dipendenti delle Ville Pontificie.
◊ Si svolge da oggi al 2 ottobre a Tirana, in Albania, la plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee): al centro dell’incontro il tema della nuova evangelizzazione, nella prospettiva del Sinodo convocato dal Papa nell’ottobre 2012 su quest’argomento. Ad aprire i lavori, la prolusione del cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Budapest e presidente del Ccee. Sergio Centofanti ha chiesto al porporato di parlarci del tema della plenaria:
R. – Qui in Albania, naturalmente, non possiamo parlare di quest’argomento senza provare una commozione profonda per la memoria dei martiri, per quel triste esperimento fatto all’epoca comunista di imporre l’ateismo come "religione" di Stato, togliendo la libertà a qualsiasi confessione religiosa. Ricordiamo i martiri di questa terra che costituiscono, attraverso la loro testimonianza, una fonte di forza per l’Europa di oggi e anche per tutti noi che lavoriamo nei singoli Paesi.
D. – Quale messaggio intendete lanciare da Tirana per la nuova evangelizzazione?
R. – Per noi, qui in Europa, la nuova evangelizzazione significa la diffusione e la riscoperta della Buona Novella di Gesù Cristo nelle circostanze di diverse società che hanno nelle radici della loro cultura il cristianesimo, ma che si sono allontanate, in grande misura, dalla fede cristiana: ci sono quindi delle “masse” in Europa che non hanno avuto mai un vivo contatto concreto con la fede cristiana. Per cui rievangelizzazione da una parte, rinnovamento dell’identità cristiana dall’altra e soprattutto ricerca del linguaggio per trasmettere meglio questo buon messaggio che la Provvidenza ci ha affidato. Sicuramente l’uomo europeo è cambiato; le circostanze antropologiche sono nuove; la gente è molto aperta alla comunicazione attraverso le immagini, attraverso gli effetti audiovisivi, attraverso impressioni e sensazioni momentanee, ma è anche molto aperta al movimento: pensiamo ai pellegrinaggi, al turismo. La parola pronunciata e scritta, il ragionamento logico, a volte, crea difficoltà in molti nostri contemporanei: quindi se da una parte dobbiamo imparare tutti questi nuovi linguaggi della comunicazione, d’altra parte dobbiamo conservare anche quei linguaggi che sono, forse, meno di moda. Non possiamo rinunciare alla Bibbia, non possiamo rinunciare all’estensione testuale della nostra fede, non possiamo neanche rinunciare ad un ragionamento logico, ad una argomentazione. Dobbiamo sempre tener presente l’uomo nella sua totalità e per questo abbiamo provato, negli anni precedenti e in diversi Paesi e in diverse città del continente, nuove forme di missione - missioni parrocchiali, missioni cittadine – e nuove forme di dialogo col mondo della cultura, col mondo anche del lavoro. Speriamo molto di poter rinforzare, di poter far crescere questo nostro lavoro attraverso questo impegno continentale ed universale.(mg)
Al Consiglio di sicurezza si discute la candidatura palestinese
◊ Dopo l’approvazione di massima, da parte di Israele, del processo di pace stilato dal Quartetto dei mediatori per il Medio Oriente, cioè Onu, Unione Europea, Stati Uniti e Russia, lo Stato ebraico ha annunciato la realizzazione di nuovi insediamenti, proprio mentre da domani al Consiglio di Sicurezza dell’Onu si discute la candidatura della Palestina alle Nazioni Unite, dove sembrano esserci almeno otto membri non permanenti favorevoli. Su questi aspetti, Giancarlo La Vella ha raccolto l’analisi di Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. - L’ingresso della Palestina all’Onu è una partita che si sta giocando su diversi piani. C’è la questione della domanda ufficiale, presentata al Consiglio di Sicurezza, che sta andando avanti con le sue procedure, procedure che però, già non immediate di per sé, andranno poi a rilento anche per il tentativo – soprattutto da parte degli Stati Uniti – di evitare di arrivare ad utilizzare il diritto di veto e quindi di evitare di doversi esporre nei confronti dell’opinione pubblica dei Paesi arabi. Teniamo presente che serve, comunque, una maggioranza di nove voti per avere il “sì” del Consiglio di Sicurezza e, in questo momento, la Palestina non ce li ha ancora. Parallelamente a tutto questo, sta andando avanti anche il tentativo del Quartetto di rimettere attorno al tavolo dei negoziati gli israeliani e i palestinesi, ma questo è un tentativo tutto in salita.
D. - Quali sono i punti di base del piano di pace stilato del Quartetto su cui sembra ci sia stata un’approvazione di massima israeliana?
R. - Il piano del Quartetto è molto vago: non si va oltre la questione di una ripresa del negoziato. Ci sono, è vero, delle scadenze, nel senso che entro tre mesi ci sarebbe un impegno a portare le proposte sul tavolo per quanto riguarda la definizione dei confini, però questo è un tema sul quale le parti sono talmente lontane che, senza un forte arbitrato da parte della comunità internazionale, è impensabile un accordo. Dall’altra parte, i palestinesi ripetono comunque la loro condizione: non negozieranno sinché non ci sarà un congelamento dell’espansione degli insediamenti, cosa che Israele non accetta.
D. - Proprio su questo aspetto, l’argomento degli insediamenti sembra essere usato da Israele sia nei confronti della comunità internazionale sia nei confronti dei palestinesi stessi…
R. - Qui si gioca sostanzialmente su un’ambiguità di fondo. Per la legge israeliana gli insediamenti e le costruzioni all’interno di Gerusalemme est sono due cose diverse. Mentre Gerusalemme est è un territorio dello Stato israeliano a pieno titolo, gli insediamenti, invece, hanno uno status giuridico particolare e questi di Ghilo – di cui si parla in queste ore – sono di Gerusalemme est. In queste ore Netanyahu sta quindi rispondendo alle obiezioni, dicendo che questi non sono insediamenti ma trattasi della normale espansione della città di Gerusalemme. La verità è che, ancora una volta, siamo di fronte all’ambiguità di questo processo di pace, perché è evidente che c’è una “questione-Gerusalemme” che, prima o poi, bisognerà mettere al centro dell’attenzione. (vv)
Istat: la crisi economica aggredisce le famiglie italiane. L'opinione dell'economista Becchetti
◊ La crisi ha letteralmente aggredito le famiglie italiane. Secondo l’Istat, nel secondo trimestre la propensione al risparmio è stata pari all'11,3%, in calo di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Si tratta del dato peggiore da undici anni a questa parte. Male anche il potere d’acquisto. Alessandro Guarasci:
In forte sofferenza le famiglie italiane, terminale della crisi. L’Istat ha rilevato che il potere di acquisto delle famiglie nel secondo trimestre dell'anno è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,3% rispetto al secondo trimestre 2010. Aumenta il reddito disponibile, dello 0,5% rispetto a tre mesi prima. Ma è in forte calo la propensione al risparmio, anche di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,2 punti percentuali rispetto al secondo trimestre 2010. Insomma le famiglie italiane continuano ad essere virtuose ma hanno sempre meno margini d’azione. L’economista Luigi Becchetti:
R. – Come sappiamo, l’Italia è arrivata a questa crisi con una situazione relativamente buona rispetto al resto del mondo. Non dimentichiamo che noi abbiamo il rapporto ricchezza-reddito più alto del mondo di 7,8. Le famiglie, quindi, avevano delle buone riserve. Però, man mano, la crisi sta riducendo queste riserve e sono successi fatti piuttosto gravi: abbiamo saputo che negli ultimi mesi quasi 400 mila posti di lavoro sono stati persi nella fascia tra i 25 e i 34 anni. Quindi, giovani cui non sono stati rinnovati i contratti temporanei.
D. – Evidentemente la cassa integrazione non riesce a far fronte a tutti i bisogni. Mancano altri strumenti in Italia, secondo lei?
R. – Assolutamente sì. C’è da sempre una disparità di trattamento tra chi lavora nelle grandi imprese e chi nelle piccole, dove c’è una tutela minore. Bisogna andare assolutamente verso un sistema universale di tutela, come nei Paesi del Nord Europa. Non è possibile che, se licenziati dall’Alitalia, si abbia diritto a sette, otto anni di cassa integrazione, e se invece si esce da una piccola impresa fondamentalmente non si abbiano tutele.
D. – In questo senso lei che cosa si aspetta dalla riforma fiscale che il governo dovrebbe varare tramite la delega?
R. – Credo che la situazione sia un po’ difficile, come nella giungla di agevolazioni, e su questo il governo vuole essenzialmente risparmiare, tagliando molte agevolazioni alle imprese. In questo momento creare un sistema di sicurezza universale, uguale per tutti, qualunque sia l’impresa da cui provengono, non è semplice e sicuramente costerà qualcosa, rispetto al sistema attuale. (ap)
◊ Cresce il dibattito in Italia su una rinnovata presenza dei cattolici nella società civile e in politica. Ne ha parlato lunedì scorso il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, in occasione dell’apertura della sessione autunnale del Consiglio episcopale permanente della Cei. Fabio Colagrande ha intervistato mons. Arrigo Miglio, vescovo d’Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani. Quali le sue impressioni?
R. – Anzitutto, l’impressione di una cultura unitaria che sta crescendo, quindi un movimento unitario dentro al mondo cattolico, una consapevolezza maggiore di ritrovare un’unità culturale su quelli che sono i valori alla base della vita dell’uomo e della vita della famiglia, ma sono anche i valori fondanti per ogni sviluppo sociale e anche per ogni discorso sulla pace. Quindi, una nuova responsabilità da parte del mondo cattolico. Le parole, dunque, che il cardinale Bagnasco ha pronunciato lunedì 26 non mi sorprendono, direi mi confermano che c’è un cammino, c’è uno sviluppo della situazione, della coscienza del mondo cattolico in Italia, della nuova consapevolezza dell’urgenza di una presenza. Si sta rafforzando direi questa base culturale comune, che è la condizione indispensabile, perché poi i cattolici possano trovare forme incisive di presenza nel Paese, a servizio del vero bene comune.
D. – Potremmo dire che c’è un modo nuovo con il quale i cattolici vogliono contribuire al bene comune del Paese, proponendo dei valori che puntano sull’uomo, che in qualche modo possono essere condivisi al di là della religione, della confessionalità...
R. – Mi pare davvero la grande sfida che i cattolici, che la Chiesa ha oggi in Italia. Aiutare a capire, e questo dipende in parte anche da noi - quindi, l’attenzione al linguaggio, al modo di porci - aiutare a capire, al di là dei pregiudizi, che i punti fermi su cui la Chiesa continua ad insistere sono per il bene di tutti, non sono bandiere confessionali: sono le condizioni per uno sviluppo. Diciamo che non mancano le voci laiche, che riconoscono anche questo. Ad esempio il collegamento strettissimo tra i valori legati alla vita e alla famiglia e quelli della giustizia, dello sviluppo sociale e della pace. Vorrei poi sottolineare, in particolare, un impegno con i giovani. Credo che questa sia una strada da tenere d’occhio in modo particolare: l’incoraggiamento ai giovani, a prepararsi e a buttarsi anche nell’impegno politico. Certo, c’è bisogno di fare spazio ai giovani: molti giovani sarebbero disponibili, ma non sempre riescono a trovare lo spazio sufficiente. Questo lo ha sottolineato anche il Santo Padre in diversi discorsi, nei suoi viaggi all’estero: incoraggiare i giovani ad un servizio diretto, non solo nel sociale, ma anche nella politica. D’altra parte i giovani cercano una presenza di tipo nuovo ed è un po’ quanto ha detto molte volte anche il Papa: il bisogno di una nuova generazione di cattolici impegnati in politica, dove il nuovo non è solo anagrafico, non è solo cronologico, ma è forma nuova di presenza. Questo spiega anche una certa cautela: si va avanti a piccoli passi per capire quali possano essere queste forme nuove. (ap)
◊ C'è anche l'arcivescovo di Bouaké, mons. Paul-Simon Ahouanan Djro, tra gli 11 membri della Commissione Verità e Riconciliazione, istituita ieri dal Presidente ivoriano Alassane Ouattara. La Commissione è ispirata alla Commissione Verità e Riconciliazione costituita in Sudafrica all'indomani della fine dell'apartheid. "Mons. Ahouanan Djro è uno dei tre Vicepresidenti della Commissione. Gli altri due sono un religioso musulmano ed un rappresentate dei capi tribali" dicono all'agenzia Fides fonti della Chiesa locale da Abidjan. La Costa d'Avorio sta uscendo da 10 anni di divisioni e di violenza, un periodo turbolento iniziato nel settembre 2002 e concluso nell'aprile di quest'anno con la vittoria delle forze di Ouattara, appoggiate dai militari francesi e dell'Onu, contro quelle dell'ex Presidente Laurent Gbagbo, che si trova ora agli arresti. Fonti locali descrivono così la situazione della Costa d'Avorio dopo i drammatici eventi della conquista di Abidjan da parte degli uomini di Ouattara: "C'è una tranquillità relativa, perché ci sono ancora casi di violenza in diverse città del Paese. Sono comunque casi alquanto isolati, che non risparmiano però la stessa Chiesa cattolica. Due giorni fa, per esempio, un gruppo di banditi ha assalito la residenza del vescovo di San Pedro. Due settimane fa era stata assalita la casa dei Padri Cappuccini". Queste azioni - proseguono le nostre fonti - sono commesse da ex militari e guerriglieri rimasti disoccupati dopo la conclusione della guerra civile, che hanno conservato le armi. Durante la fase finale della battaglia per il controllo di Abidjan inoltre 5.000 detenuti erano stati liberati dalla principale prigione della città. Gli ex carcerati erano stati armati per prendere parte ai combattimenti". "Comunque ci si può spostare in tutto il Paese senza problema, e in diverse zone sono iniziati i lavori di ricostruzione" concludono le fonti di Fides. (R.P.)
Pakistan: continuano il pregiudizio e l'intolleranza religiosa
◊ “Qualche giorno fa sono andato a farmi stampare alcune immaginette sacre e fotografie raffiguranti il volto di Gesù e la Croce. Il personale della tipografia dopo aver visto le immagini religiose si è rifiutato di fare il lavoro e mi ha parlato della loro politica di non stampare quel tipo di raffigurazioni.” E’ accaduto ad un diacono camilliano di Okara, nel Punjab. Mushtaq Anjum, ha aggiunto che continuano a dilagare il pregiudizio e l’intolleranza verso le persone che professano altri credo e religioni, diversi da quella musulmana. “Questa situazione chiama tutti noi cristiani ad essere molto più coraggiosi nel seguire Cristo di fronte alle difficoltà, ed è anche una sfida per la Chiesa del Pakistan a non cedere alle pressioni e continuare a professare la propria fede. Il governo e le autorità competenti dovrebbero entrare nel merito dell’istruzione scolastica e rivedere la programmazione che alimenta l’intolleranza verso i cristiani e le altre minoranze”, ha raccontato all’agenzia Fides il diacono prossimo all’ordinazione sacerdotale, che si celebrerà il 28 ottobre. Parlando di pregiudizio e intolleranza religiosa, padre Francis Lazarus, parroco di Chak, ad Okara, ha detto che “questo particolare episodio rispecchia il crescente clima di intolleranza religiosa che impera nella società pakistana. I Cristiani di tutto il paese sperimentano quotidianamente questo tipo di agonia e discriminazione”. Da quando il Pakistan è diventato uno Stato indipendente, ospita diversi gruppi etnici e popolazioni appartenenti a gruppi religiosi musulmani, hindu, cristiani, ecc. Negli ultimi 30 anni l’intolleranza religiosa è aumentata in modo drammatico nonostante l’impegno della Chiesa cattolica, di altre denominazioni religiose e dei leader musulmani. La gente onesta e di buona volontà continua a lavorare per la pace e l’armonia. Tuttavia, questi sforzi rimangono circoscritti. La maggior parte delle volte, in situazioni critiche e difficili, per paura, questi leader rimangono in silenzio, pregiudicando i loro sforzi per l’armonia religiosa. I pregiudizi non si limitano ai gruppi fondamentalisti, sono penetrati nel tessuto sociale. La gente, nei luoghi comuni, mercati, villaggi, hanno assunto un atteggiamento radicale nell’approccio e non accettano più persone con idee e credo religiosi diversi dai loro. (R.P.)
Egitto: più di 100mila i copti egiziani emigrati dalla caduta del regime Mubarak
◊ Più di 100mila cristiani copti hanno abbandonato l’Egitto dalla caduta del regime del presidente Mubarak a marzo e la cifra sembra destinata a salire. È quanto risulta da una ricerca pubblicata dall’"Egyptian Union for Human Rights" del Cairo di cui riferiscono le agenzie Kna e Apic. Secondo le stime del direttore dell’organizzazione per i diritti umani Naguib Gabriel, il numero degli emigrati cristiani potrebbe raggiungere 250mila alla fine dell’anno e di questo passo la comunità copta, che rappresenta oggi il 10% della popolazione egiziana e costituisce il nerbo dell’economia locale, potrebbe ridursi di un terzo nei prossimi dieci anni. La causa dell’esodo sono le intimidazioni dei fondamentalisti salafiti e la mancanza di protezione da parte del nuovo governo. Nonostante il cambio di regime, continuano infatti le violenze e le discriminazioni contro i cristiani nel Paese. Ad essere colpita è soprattutto la giovane élite economica copta. La maggioranza degli espatriati si sono stabiliti negli Stati Uniti: 16mila sono in California, 10mila nel New Jersey, 8mila a New York e 8mila in altri Stati americani. 14mila sono andati invece in Australia e altri cercano una nuova patria in Europa, in particolare in Olanda, Italia, Regno Unito, austria Germania e Francia. (L.Z.)
Filippine: a Mindanao, cristiani espropriati e ridotti al silenzio
◊ A Jolo, Marawi, Basilan e altre aree di Mindanao, la minoranza cristiana subisce soprusi e pressioni. Lo affermano fonti dell'agenzia AsiaNews a Mindanao. Secondo le fonti il clima di impunità, i rapimenti, i continui scontri fra esercito e gruppi estremisti islamici e la crisi economica hanno creato una miscela ormai insopportabile per la popolazione cristiana che teme a manifestare la propria fede in pubblico. “La cattedrale di Jolo – spiegano – è posta al centro della città ed è da sempre un simbolo di unità e amicizia fra musulmani e cristiani. Fino a qualche anno fa il portone principale era aperto a tutte le ore, ma a causa dei continui attacchi di vandalismo ora vi si accede solo per l’ingresso laterale. Il sagrato è sorvegliato giorno e notte da militari e polizia”. Le fonti raccontano che la stessa situazione si vive a Basilan e a Cotabato. Qui nelle scorse settimane entrambe le chiese sono state colpite con bombe carta che hanno danneggiato parte dei muri e delle vetrate. Questi atti garantiscono pubblicità ai giovani estremisti, che imparano l’intolleranza verso i cristiani da predicatori senza scrupoli, spesso finanziati da Paesi esteri, che mirano a diffondere una visione dell’islam restrittiva e integralista. “La situazione è molto difficile – spiegano le fonti di AsiaNews – i cristiani non possono reagire. L’unica alternativa alla fuga è subire in silenzio questi soprusi”. Per padre Sebastiano d’Ambra, missionario Pime a Zamboanga e fondatore di Silsilah (catena), movimento per il dialogo interreligioso, vi sono però alcuni segni di speranza che potrebbero in futuro cambiare la situazione di queste province, considerate le più pericolose dell’intero arcipelago. “A Basilan – racconta – abbiamo organizzato una serie di incontri con alcuni leader musulmani e cristiani dove abbiamo raccontato la nostra esperienza di dialogo interreligioso fatta nelle altre città e ascoltato le problematiche vissute dalla popolazione locale. Ciò ha dato il via a un rapporto fra i vari leader religiosi locali, fra cui il vescovo ed alte autorità islamiche, che da qualche mese stanno collaborando per affrontare i problemi delle due comunità”. Da questa esperienza di dialogo è nato l’Interfaith Council of Leaders, che ha lo scopo di far incontrare cristiani e musulmani su fatti concreti e non problematiche teoriche. Ad esempio, il sacerdote spiega che a Basilan la popolazione non ha accesso all’energia elettrica. Per sollecitate l’amministrazione pubblica i rappresentanti delle comunità cristiane e musulmane hanno scritto un manifesto di protesta, con all’interno alcune proposte concrete utili per affrontare il problema. “Quello che noi proponiamo – afferma padre D’Ambra – è uno spirito di dialogo a tutto tondo, anche su argomenti che non riguardano la religione. Il nostro compito non è parlare semplicemente del dialogo, ma rispondere in modo concreto alla realtà che ci circonda”. (R.P.)
Siria: i timori dei cristiani e le speranze di una nuova era di democrazia
◊ “Come cristiani del Medio Oriente desideriamo che nei Paesi dove vi sono regimi dittatoriali o teocratici ci sia una autentica democrazia, basata sul rispetto dell'altro e sul rispetto dei diritti umani”: è quanto dice all’agenzia Fides padre Paul Karam, teologo e direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Libano, all’indomani dell’incontro fra personalità musulmane e cristiane di Libano e Siria, tenutosi a Beirut. Padre Karam spiega: “Siamo molto attenti a quanto accade in Siria e negli altri Paesi arabi: i cristiani in Siria temono che si possa ripetere nel Paese lo scenario dell'Iraq, dove il 60% di cristiani, all’indomani della caduta di Saddam Hussein, è stato costretto a fuggire per mancanza di sicurezza”. Il direttore nazionale delle Pom prosegue: “Nessuno può sapere cosa accadrà nei prossimi mesi: lo ha detto anche di recente il patriarca maronita Bechara Rai. Ma il suo pensiero è stato frainteso, estrapolato dal contesto e male interpretato per interessi politici. Il patriarca ha segnalato che esiste il rischio che un domani i cristiani e le altre minoranze non siano adeguatamente tutelate. E dunque i cristiani intendono contribuire a costruire un futuro realmente democratico, basato sulla libertà religiosa, sul rispetto dell’altro, sulla convivenza pacifica”. Padre Karam aggiunge: “Riteniamo che le aspirazioni alla vera libertà non debbano mai essere strumentalizzate per interessi politici ed economici. Guardiamo con fiducia al futuro. Abbiamo una grandissima speranza: Cristo è la nostra speranza. Desideriamo costruire un clima di vera pace, di pieno rispetto della libertà religiosa e auspichiamo che in Sira possa iniziare una nuova era di democrazia, di riconciliazione e di armonia”. (R.P.)
Thailandia: i cattolici contro la corruzione, “minaccia nazionale”
◊ La corruzione rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale. Essa colpisce la società, l’economia, la politica e – al tempo stesso – mina i valori etici su cui si fonda l’umanità intera. Per questo vari gruppi della Chiesa cattolica thai – il movimento giovanile, uomini d’affari, manager, professori ed educatori, insieme alla Commissione di Giustizia e pace – hanno organizzato martedì scorso un convegno, al quale hanno partecipato 200 persone fra leader religiosi e cittadini. L’incontro, incentrato sul tema “Se una corruzione ‘trascurabile’ diventa accettabile, come potrà sopravvivere la nazione thai?”, partiva da una recente inchiesta condotta dall’università cattolica dell’Assunta. Secondo i dati diffusi dai ricercatori, per il 62% dei giovani thai è accettabile una “quantità minima” di corruzione, mentre solo il 38% la bolla come del tutto “inaccettabile”. L’Indice di percezione della corruzione, stilato da Transparency International - precisa l'agenzia AsiaNews - indica che la Thailandia si trova al 78mo posto al mondo, con un indice di 3,5 punti su un massimo di 10. La nazione con il minor tasso di corruzione percepita è Singapore, con un punteggio di 9,3. Inoltre, il 75% degli intervistati – sondaggio della Camera di Commercio dell’università di Thailandia – dichiarano di non voler “interferire” nel caso in cui fossero coinvolti in una vicenda di corruzione, preferendo “non fare nulla”. Il 56% circa ritiene un “problema grave” la corruzione; il 32% pensa che “tutti” debbano fare qualcosa per combatterla e il 20% punta il dito contro il governo, che “non ha intenzioni serie” nel combatterla. Presiedendo la cerimonia inaugurale del convegno, alla presenza di oltre 200 delegati, mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok, ha ricordato l’attenzione mostrata da Benedetto XVI sulla crisi economica mondiale e l’enciclica papale 'Caritas In veritate': “Il mercato – ha sottolineato il presule – non è il luogo in cui il più forte schiaccia il più debole. Economia e finanza, in quanto strumenti, possono essere usate in malo modo”. Per questo, spiega ancora l’arcivescovo di Bangkok, “non bisogna fare attenzione agli strumenti”, ma piuttosto “ai singoli” che li usano e alla loro “coscienza morale” e al bisogno assoluto di una maggiore responsabilità sociale in tema di mercato”. Banjon Sowmanee, presidente della Fondazione missione islamica, aggiunge che “solo gli insegnamenti della fede e della morale saranno il terreno” sul quale si potrà cercare di risolvere questa piaga sociale. (R.P.)
Vescovi italiani: conclusi i lavori del Consiglio permanente
◊ L’ultima giornata del Consiglio permanente si è concentrata inizialmente sulla prossima Settima Sociale dei cattolici italiani del 2013 che metterà al centro la famiglia, il cui valore è rilevante non solo in ordine all’educazione, ma anche rispetto a questioni come il calo demografico, il fisco, il lavoro. Ci si è poi soffermati – spiega una nota della Cei - su un aspetto legato al fenomeno dell’immigrazione cioè la presenza nel nostro Paese di romeni e di ucraini, una parte dei quali è cattolica di rito orientale, a cui va assicurata la necessaria cura pastorale. Si è poi approvato il progetto di una pastorale per l’accompagnamento dei fidanzati, la cui stagione esistenziale è vista come un’occasione privilegiata per annunciare il Vangelo del matrimonio e insieme un nodo problematico, dato il contesto culturale. Molti di quelli che partecipano oggi ai percorsi di preparazione al matrimonio sono spesso lontani dall’esperienza ecclesiale, ma disponibili ad una proposta se c’è una reale capacità di avvicinarsi al mondo degli affetti per orientarli verso una scelta definitiva. Una particolare attenzione – è stato detto - va riservata alla celebrazione liturgica del matrimonio e alla pastorale del dopo matrimonio. E’ stato quindi approvato il Messaggio per la Giornata per la vita che si celebrerà il prossimo 5 febbraio ed avrà come tema: ”Essere giovani, essere aperti alla vita”. Si è poi operata una verifica dell’iniziativa “Prestito della Speranza” che, oltre ad aver ampliato il bacino potenziale dei richiedenti e facilitato le condizioni dei finanziamenti, ha rappresentato un esempio concreto di vicinanza alla gente in questo tempo di crisi economica. E molteplici sono state le iniziative che hanno imitato lo spirito e la forma di questa solidarietà indirizzata alle famiglie che si ritrovano senza una fonte di reddito sicura. Due apposite riflessioni sono state dedicate - riferisce la nota della Cei - alla Gmg di Madrid e al Congresso Eucaristico di Ancona. Del primo appuntamento che ha visto la partecipazione di oltre 100.000 giovani italiani si è sottolineato la positività della preparazione nelle diocesi, la straordinaria intensità della giornate madrilene insieme a Benedetto XVI e l’effetto che - grazie ai media cattolici (Avvenire, Tv2000, Radio in Blu, portale www.chiesacattolica.it) - ha avuto l’evento spagnolo su quanti sono rimasti a casa. Quanto al Congresso Eucaristico Nazionale è stato rilevato che le partecipate celebrazioni e le molteplici riflessioni hanno manifestato una Chiesa concentrata sull’essenziale, Gesù Cristo – Eucaristia, e quindi prossima alle vicende difficili della gente, a cominciare dalla crisi occupazionale. Da ultimo, è stato ricordato il 40° anniversario di Caritas italiana, il cui momento più alto sarà l’incontro con Benedetto XVI il prossimo 24 novembre in Vaticano, al termine del Convegno nazionale dei direttori diocesani della Caritas , in programma a Fiuggi dal 21 al 23 novembre prossimi. Nei giorni scorsi, facendo seguito alle indicazioni della Santa Sede date a tutte le Conferenze episcopali del mondo, il Consiglio episcopale permanente ha affrontato l’esame della bozza che mira a esplicare, in rapporto alla realtà italiana, le Linee-guida della Congregazione della Dottrina della Fede, circa gli abusi sessuali su minori compiuti da chierici. Le convinzioni più condivise - si legge nella nota della Cei - rimandano alla necessità di un sempre più rigoroso percorso formativo per i futuri preti, l’ascolto delle vittime, l’accompagnamento dei sacerdoti coinvolti, ferme restando le conseguenze penali. (R.P.)
Consiglio Mondiale delle Chiese: dall'Onu "un'azione forte verso i palestinesi"
◊ “Un’azione forte e positiva verso la Palestina”: a chiederla all’Onu è il Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc) che ha salutato la richiesta di riconoscimento di uno Stato palestinese, fatta dal premier Abu Mazen lo scorso 23 settembre, come “un’opportunità per la pace”. Il segretario generale del Wcc, Olav Fykse Tveit, ha dichiarato che “si tratta di un’opportunità unica per l’Onu di prendere delle importanti decisioni, adempiendo al suo ruolo stabilito nella Carta delle Nazioni Unite, per far si che la pace e la giustizia prevalgano tra israeliani e palestinesi, e con i loro vicini”. “In tutto il mondo arabo – ha affermato il segretario del Wcc – i popoli si stanno levando per chiedere libertà e dignità ed ottenere Stati democratici. E’ opportuno che l’Onu sostenga attivamente la formazione di uno stato democratico palestinese”. Tveit - riferisce l'agenzia Sir - ha poi stigmatizzato la decisione israeliana, assunta ieri, di edificare 1100 unità abitative nei Territori Occupati definendola “un duro monito” che chiede “azioni responsabili e coraggiose da parte dell’Onu”. Chiudendo la sua dichiarazione il segretario del Wcc ha ribadito, in accordo con i leader delle Chiese di Gerusalemme, “la necessità di intensificare le preghiere e gli sforzi diplomatici per la pace tra palestinesi e israeliani”. (R.P.)
Ecumenismo: incontro tra il metropolita Hilarion e il cardinale Koch
◊ Il futuro della cooperazione tra la Chiesa romana cattolica e la Chiesa ortodossa russa. Di questo hanno parlato il metropolita Hilarion di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca e il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ad un incontro di lavoro che si è svolto ieri a Roma presso la sede del dicastero vaticano. All’incontro di ieri con il presidente del dicastero vaticano per l’ecumenismo, hanno partecipato anche mons. Brian Farrell, vice-presidente dello stesso Pontificio Consiglio, l’arciprete Dimitry Sizonenko, segretario del Dipartimento del Patriarcato russo responsabile per le relazioni intercristiane. Ai colloqui si è parlato della “protezione dei cristiani e del superamento della cristianofobia”, temi su cui più volte si è espresso anche il Patriarcato di Mosca. All’incontro si è discusso dei “risultati a cui è giunto il dialogo ortodosso-cattolico all’interno della Commissione teologica congiunta e della cooperazione nel campo dell’educazione”. Il metropolita Hilarion – riferisce l'agenzia Sir – si è soffermato nell’incontro con i membri della Comunità di Sant’Egidio su temi cruciali quali la promozione dell’eredità cristiana in Europa e la protezione dei cristiani in vari Paesi del mondo. Ad accoglierlo nella sede della Comunità di Sant’Egidio c’erano il vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia e il segretario generale della Comunità, Adriano Roccucci. Il presule ha sottolineato l’importanza della partecipazione della Chiesa ortodossa russa al Meeting interreligioso per la pace che si è svolto quest’anno a Monaco. “C’è stato uno scambio di opinioni – si legge in un comunicato del patriarcato di Mosca diffuso oggi – sulle possibili prospettive di sviluppo delle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Conferenza episcopale italiana”. In questo contesto – prosegue la nota – “i partecipanti all’incontro hanno preso in considerazione progetti congiunti nel campo della cultura e dell’educazione”. Al termine dell’incontro, il metropolita Hilarion ha donato al vescovo di Terni una copia del libro commemorativo pubblicato in occasione del 65.mo anniversario del Dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. (A.L.)
Paraguay: i vescovi chiedono di partecipare attivamente al referendum del 9 ottobre
◊ I vescovi del Paraguay invitano tutti i cattolici, e i cittadini in generale, a partecipare con il loro voto al referendum in programma per domenica 9 ottobre. Il Tribunale superiore di giustizia elettorale (Tsje) ha infatti deliberato di tenere la consultazione popolare perchè i cittadini esprimano il loro parere sulla modifica alla Costituzione nazionale, che consentirebbe a circa un milione di paraguaiani che vivono e lavorano all'estero, di esercitare il loro diritto di elettori. “E' importante per i cittadini partecipare attivamente, presentandosi ai seggi elettorali per esprimere la loro volontà sulla proposta di modifica, si legge nel testo della nota dei vescovi inviata all’agenzia Fides. Il voto è un diritto, ma anche un obbligo. In questo senso, la Chiesa insegna che ‘la partecipazione è un dovere che tutti consapevolmente devono realizzare, in modo responsabile e per il bene comune. Il cittadino è chiamato ad esercitare liberamente e responsabilmente il proprio ruolo civico per se stesso e per gli altri. La partecipazione è uno dei pilastri dell'ordine democratico’(dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa)”. Il comunicato dei vescovi del Paraguay ripropone uno dei punti fondamentali espressi nella loro Lettera pastorale per il Bicentenario dell'Indipendenza nazionale: "non si può costruire la Repubblica, la Nazione e la Patria, senza cittadini integri. Dobbiamo interpretare alla luce del Vangelo il significato dell’autorità politica, della cittadinanza e della democrazia. Questi concetti costituiscono il corpo di una nazione e la crescita di un popolo. Così si può sviluppare ciò che noi chiamiamo un Nuovo Paraguay". Infine il testo ricorda che “un cittadino integro è colui che si è impegnato a partecipare alla costruzione di una società democratica, reclamando i suoi diritti e nell'adempimento dei suoi doveri”. Nella comunità nazionale paraguaiana, in modo speciale fra i politici, c'è un particolare interesse per riuscire ad ottenere il voto di oltre un milione di connazionali residenti all'estero, soprattutto in vista delle elezioni generali del 2013. I soldi guadagnati che inviano in Paraguay dai loro luoghi di residenza in diversi Paesi del mondo, costituiscono infatti un contributo costante al sistema finanziario e quindi alla crescita dell'economia nazionale. (R.P.)
Brasile: i vescovi intervengono sulla riforma del nuovo codice forestale
◊ “Il nuovo codice forestale del Brasile deve essere pensato per la nostra generazione, ma anche e soprattutto per le generazioni future. Deve essere improntato agli ineludibili criteri della giustizia e dell’etica, fondamenti della convivenza e del bene comune”. Lo sottolineano i vescovi della Conferenza nazionale del Brasile (Cnbb) riferendosi alla legge di riforma del codice forestale approvata dalla Camera dei deputati del Parlamento federale nel maggio scorso e che potrebbe diventare definitiva a breve con la firma del presidente della repubblica. Presso la sede nazionale della Cnbb a Brasília – riferisce L’Osservatore Romano - si è svolta una cerimonia promossa dalla Commissione della silvicultura e dello sviluppo sostenibile nata di recente in seno alla Cnbb: è stato piantato un piccolo albero, quale simbolo “di vita e di pace”. Il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente della Cnbb, ha sottolineato l’attenzione dei presuli ai lavoratori della terra e alla salvaguardia dell’ambiente . “Vogliamo — ha detto — che il nuovo codice sia in linea con le esigenze dei piccoli agricoltori e con la tutela del creato che va custodito nella sua integrità e bellezza”. Il segretario generale della Cnbb, mons. Leonardo Ulrich Steiner, nel suggerire alcune proposte da inserire nel testo del nuovo codice forestale ha detto che esso deve garantire in modo efficace la conservazione e l’uso sostenibile delle foreste in tutto il Brasile; venire incontro in modo nuovo e dignitoso alle famiglie degli agricoltori e alle popolazioni indigene; rispettare il processo tecnico-scientifico e garantire il recupero delle aree forestali depredate illegalmente; evitare disastri ambientali; combattere la cultura dell’impunità; contribuire all’approvvigionamento di acqua di buona qualità per le città e combattere con sistematicità il disboscamento illegale. “La riflessione della Cnbb sul nuovo codice è importante — ha concluso il presule — per sensibilizzare i politici sulle preoccupazioni e sulle attese del popolo brasiliano. Non è in gioco la sopravvivenza ma il vivere in modo equilibrato e responsabile”. Insieme con quello dei presuli si moltiplicano, intanto, gli appelli di solidarietà con gli attivisti indigeni che in questi giorni in tutto il Brasile stanno dando vita a cortei e manifestazioni, nel tentativo di difendere il «polmone verde» del pianeta. La legge infatti continua a innescare critiche. (R.P.)
Cina: il ruolo della Caritas locale in aiuto della popolazione colpita dai disastri naturali
◊ Non fare distinzioni di appartenenza religiosa, operare per motivi umanitari, per portare l’amore dei cattolici: queste le caratteristiche che contraddistinguono gli aiuti e i soccorsi dei cattolici alle popolazioni colpite dai disastri naturali. Ancora una volta infatti - riferisce l'agenzia Fides - i volontari cattolici guidati dall’ente caritativo cattolico Jinde Charities si trovano in prima linea per aiutare la popolazione colpita dall’alluvione delle ultime settimane. Secondo quanto comunicato da Jinde Charities, fino a ieri l’ente caritativo aveva portato riso, olio da cucina, coperte e zucchero, per un valore complessivo di 110 mila Yuan (circa 14 mila euro) a 420 famiglie, per un totale di più di duemila persone, di un villaggio della provincia del Si Chuan sommerso dall’acqua. Domenica scorsa Jinde Charities ha portato 80 tonnellate di riso a tre villaggi di 3.530 famiglie, in totale circa 120 mila persone, in due distretti di Yi Yang, nella provincia di Hu Nan. Il segretario della sezione del partito comunista di uno dei tre villaggi si è espresso con queste parole: “siete così tempestivi, ci avete garantito l’alimentazione di un mese in questo momento così difficile. Vi saremo grati per tutta la vita”. Durante un sopralluogo alle zone colpite dall’alluvione, i volontari cattolici hanno scoperto che gli abitanti di un villaggio avevano grande difficoltà ad avere l’acqua portabile. Quindi hanno deciso subito di stanziare 200 mila Yuan (circa 24 mila euro) per risolvere il problema, offrendo così a 327 famiglie (1.460 contadini) la possibilità di avere l’acqua portabile. Anche altri enti cattolici, come il Centro di Servizio Sociale della diocesi di Xi An, stanno aiutando la popolazione che ha subito le conseguenze dell’alluvione. (R.P.)
◊ “Un provvedimento anti-democratico e una violazione del diritto ad essere genitori”. Con queste parole i vescovi del Kerala, in India, hanno espresso la loro ferma contrarietà a un progetto di legge sul controllo della natalità che vuole introdurre severe misure per scoraggiare le famiglie numerose. Il “Kerala Womens’ Code Bill”, la cui stesura è stata coordinata da un ex giudice della Corte Suprema dello Stato, impone il limite massimo di due figli a famiglia, pena una sanzione pecuniaria di 10mila rupie (pari acirca 2000 dollari), o tre mesi di carcere, oltre ad altre misure deterrenti come l’esclusione delle famiglie numerose dai servizi sociali. Tra le norme proposte vi è anche quella che vieta a organizzazioni religiose o politiche di contrastare le politiche di controllo demografico. Queste norme “minano i valori della famiglia e dividono la società”, ha dichiarato il portavoce della Conferenza episcopale del Kerala (Kcbc) ricordando come la Chiesa locale sia da tempo impegnata nella lotta contro l’aborto e nella tutela e promozione delle famiglie numerose. Critiche al progetto - riferisce l’agenzia Ucan – sono state espresse anche da altre Chiese cristiane locali e dalla comunità musulmana. “È un tentativo di limitare la libertà religiosa e ci opporremo”, ha dichiarato Abdul Samad Pukkottur, della Federazione dei giovani sunniti del Kerala. Il primo ministro Oommen Chandry ha assicurato, da parte sua, che il governo deciderà solo dopo avere consultato tutte le parti e che ha preso nota delle critiche mosse al provvedimento. La Chiesa cattolica in Kerala sta programmando da tempo una serie di iniziative per il sostegno alla natalità. Ultimamente le parrocchie hanno stabilito l’erogazione di una somma di denaro (pari a circa 225 dollari a famiglia) sotto forma di deposito intestato alla nascita del quinto bambino o bambina. L’obiettivo è contrastare il forte calo demografico che si è registrato in questi ultimi anni nello Stato , nonostante si tratti di una delle aree con le migliori prospettive di crescita economica e quindi di benessere sociale, come testimonia l’alto tasso di alfabetizzazione (oltre il 90% della popolazione, il più alto dell’India), il più basso tasso di abbandoni scolastici e, in generale, una buona aspettativa di vita. (L.Z.)
Kenya: scellino ai minimi storici, emergenza sociale per milioni di persone
◊ “Rincari a catena stanno aggravando l’emergenza sociale per milioni di keniani”. E’ quanto dichiara alla Misna padre Francisco Carrera, direttore a Nairobi della rivista dei missionari comboniani “New People”. In settimana, a causa della crisi dell’euro, il cambio dello scellino rispetto al dollaro è crollato ai minimi storici. In tre giorni la moneta keniana ha perso il 6%, il 30% dall’inizio dell’anno. Per la prima volta, per acquistare un dollaro ci vogliono 100 scellini, ieri per la precisione 104. La caduta è stata accentuata dalle difficoltà dell’euro e dal rischio di una bancarotta della Grecia, fatti che hanno favorito l’apprezzamento di un dollaro sempre più bene rifugio e, allo stesso tempo, allontanato gli investitori da mercati emergenti ora ritenuti a rischio. Il crollo dello scellino dovrebbe rendere in prospettiva più competitivi i beni di esportazione keniani, dal tè, ai fiori, al turismo. Nell’immediato, però, pesano i rincari delle importazioni di idrocarburi con prezzi denominati in dollari. “Nell’arco di pochi mesi – sottolinea padre Carrera – i prezzi di alcuni prodotti sono triplicati; l’inflazione, poi, non riguarda solo la benzina ma anche i generi alimentari. Dalla farina al biglietto dell’autobus, tutto costa di più perché per spostare merci e persone ci vuole il carburante e il Kenya lo compra all’estero”. A pesare sono d’altra parte i costi di un apparato amministrativo percepito spesso come corrotto e inefficiente. “Nel governo siedono ben 42 ministri – ricorda il direttore di ‘New People’ – e non aiuta nemmeno la Costituzione approvata l’anno scorso: la creazione di enti a livello di distretto promette di avvicinare il governo ai cittadini ma porterà con sé costi aggiuntivi”. (A.L.)
Etiopia: milioni di cristiani hanno celebrato la festa del ritrovamento della Croce di Cristo
◊ Dieci milioni di persone hanno celebrato martedì scorso in tutta l’Etiopia la festa di Meskel, che ricorda la scoperta della Croce di Gesù Cristo da parte di Sant’Elena, e la fine della stagione delle piogge. Gli etiopici commemorano il rinvenimento della Croce dal IV secolo; Sant’Elena, prima imperatrice cristiana di Roma, avrebbe offerto il braccio destro della Croce alla Chiesa ortodossa etiopica. La reliquia si troverebbe oggi a Wollo, nei pressi di un monastero, tra le montagne del nord del Paese, dove sarebbe stata interrata. Ad Addis Abeba, riferisce il portale www.rnw.nl/africa, le strade sono state riempite di margherite gialle, chiamate fiori di Meskel in amarico, la lingua nazionale dell’Etiopia, e ogni angolo della città è stato adornato con addobbi di margherite e foglie a forma di piramide (demeura). Centro delle celebrazioni è stato Mesquel Square, nel cuore della capitale dove centinaia di persone si sono riunite per prendere parte alla Messa presieduta dal patriarca etiopico, l’Abuna Paulos. Al termine della celebrazione il patriarca ha acceso una gigantesca demeura al centro della piazza per ricordare il modo in cui Sant’Elena avrebbe trovato la Croce sulla quale il Cristo è stato crocifisso: secondo la leggenda, sarebbe stato il fumo di un fuoco ad aver indicato all’imperatrice la direzione da imboccare per trovarla. Una volta acceso il fuoco, i fedeli vi hanno cantato e danzato intorno per poterne poi attingere le ceneri e segnarsi una croce sulla fronte. (T.C.)
Svizzera: convegno del Consiglio Mondiale delle Chiese sui problemi etici dell'ecosistema
◊ “I cambiamenti climatici producono un forte impatto non solo sul ciclo della natura ma anche sulla vita delle comunità umane più vulnerabili la cui sopravvivenza dipende in gran parte dall’ecosistema»: è quanto è stato sottolineato nel corso del convegno “Bridging the gap: Faith and Ethics Perspectives”, tenutosi nei giorni scorsi in Svizzera presso la sede del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). L’incontro – riferisce un comunicato del Wcc ripreso dall’Osservatore Romano - è stato organizzato dal “Geneva Interfaith Forum on Climate Change, Enviroment and Human Rights” insieme alla sezione tedesca del Forum sui diritti umani e alla United Evangelical Mission. All’apertura Nafisa D’Souza, esperta indiana dei problemi sociali collegati ai cambiamenti climatici e direttrice del Laya Resource Centre in Andhra Pradesh, ha svolto una relazione sul ruolo delle organizzazioni religiose presso le istituzioni internazionali nel proporre i problemi delle piccole comunità rurali che vivono ai margini del mondo industrializzato. “Queste comunità – ha sottolineato - subiscono molto più delle altre le conseguenze dei cambiamenti climatici e chiedono che venga loro riconosciuto il diritto a vivere in un ambiente dove siano rispettate le leggi della natura”. Sulle prospettive future, si è detta ottimista sul ruolo che le organizzazioni religiose hanno nella promozione dei diritti di queste comunità nel dibattito sui cambiamenti climatici. “Le nostre organizzazioni — ha detto — riaffermano i legami tra la sfera religiosa e il contesto etico. Esse sono parte di quel movimento schierato a difesa dell’ambiente e per il rispetto dei diritti delle comunità che da questo più dipendono”. Sulla stessa linea l’intervento di Guillermo Keber, esperto del Wcc sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici: “Le organizzazioni religiose – ha detto sono pienamente consapevoli dei vari aspetti etici e sociali che comportano in questo mondo le variazioni del clima. Spesso sono gli stessi missionari ad essere i diretti testimoni di quanto avviene nelle piccole comunità che dipendono grandemente dall’ecosistema. In altre relazioni, sono state sottolineate le istanze di quelle popolazioni che hanno dovuto lasciare i loro luoghi d’origine a causa dei cambiamenti climatici e che ora vivono in un permanente stato di disagio e di emarginazione non integrandosi nel nuovo contesto. Le conclusioni della riunite saranno presentate alla prossima convenzione Onu sui cambiamenti climatici a «United Nations Framework Convention on Climate Change», in programma a Durban, in Sudafrica, dal 28 novembre al 9 dicembre. (L.Z.)
Irlanda: ad ottobre il mese missionario incentrato sul tema “Insieme nella fede”
◊ “Together in faith” (“Insieme nella fede”) è il tema del mese missionario promosso a ottobre dalla Conferenza episcopale irlandese. Tale evento, ricordano i vescovi, è un’importante occasione per tutti i cattolici per rinnovare l’impegno di annunciare il Vangelo e per dare maggiori prospettive alle attività pastorali. In occasione della Giornata missionaria mondiale, la World Mission Ireland – riferisce "L’Osservatore Romano" - porterà le preghiere, la solidarietà e l’aiuto finanziario della Chiesa cattolica in Irlanda a tutte le comunità cristiane sparse nel mondo, specialmente a quelle più bisognose. La Conferenza episcopale irlandese ha invitato i fedeli a essere generosi e solidali con il prossimo. Accogliendo lo slogan “Insieme nella fede” come tema del mese missionario del 2011, il vescovo di Ardagh e presidente del Consiglio episcopale irlandese per le missioni, mons. Colm O’Reilly, ha spiegato che “ottobre è un momento speciale nel calendario della Chiesa cattolica in quanto ci permette sia di riflettere sulla missione, sia di rinnovare il nostro lavoro missionario per il presente”. In particolare — ha proseguito il presule — nella domenica missionaria ricorderemo tutti i missionari, ma soprattutto quelli nati in Irlanda. Faremo in modo che i missionari e i tanti volontari laici irlandesi siano al centro della loro attività pastorale”. “La nostra missione di quest’anno — ha dichiarato padre Gary Howley, direttore della World Mission Ireland — si concentrerà in particolare sulla Repubblica del Sud Sudan e sulla sua recente indipendenza”. “È un Paese che va aiutato e sostenuto con azioni concrete. Al momento, 1762 missionari irlandesi sono impegnati nella loro opera pastorale in 84 Paesi del pianeta, tra cui proprio in Sud Sudan. Il mese della missione — ha proseguito il sacerdote — è un momento importante per celebrare la nostra fede, il lavoro di tutti i missionari e di tutti coloro che rendono possibile il loro impegno”. “Nelle nostre preghiere — ha proseguito il vescovo O’Reilly — ricordiamo coloro che nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e in tutto il mondo vivono situazioni di bisogno, in particolare i membri dell’Apostolic Work Society, che offrono un prezioso sostegno al lavoro dei nostri missionari nel mondo”. Ragguardevoli sono stati anche quest’anno i risultati raggiunti nel 2011 per il sostegno ai Paesi in via di sviluppo. Il denaro raccolto sarà utilizzato per fornire generi di prima necessità ai sopravvissuti al terremoto e allo tsunami in Giappone. (A.L.)
A Milano incontro su “Legami di pace, esperienze di dialogo tra cristiani e musulmani”
◊ Un importante momento di riflessione e attualità apre la seconda edizione de “I Colori delle Missioni” promossa dai frati missionari Cappuccini di Milano per celebrare l’ottobre missionario. L’incontro si terrà sabato prossimo presso il Teatro Rosetum di Milano. Il prof. Paolo Branca, esperto di Paesi arabi dell’Università Cattolica di Milano, e Ali Hassoun, pittore libanese sciita, approfondiranno la delicata tematica del dialogo tra diverse culture. “Legami di pace – esperienze di dialogo tra cristiani e musulmani” prende spunto dalla proiezione del contributo video “Colori complementari” per evidenziare la complementarietà delle differenze e la possibilità di costruire dei “ponti di pace”. Il filmato “Colori complementari–Santo Francesco di Assisi e il Sultano di Babilonia Melik Al-Kamel Ribâ es-Salâm/legami di pace” parte dallo storico incontro tra San Francesco e il sultano di Babilonia per riprendere oggi la consapevolezza francescana di “riuscire a mettersi d’accordo su un punto che sia comune alle rispettive credenze” e testimoniare la bellezza del dialogo attraverso l’amicizia. Accostando due colori complementari "il contrasto che si determina esalta, infatti, le proprietà cromatiche di entrambi". (A.L.)
Civiltà Cattolica: il saluto di padre Salvini. Il 'testimone' al nuovo direttore padre Spadaro
◊ ''L'avvicendamento, richiesto da me gia' da diversi anni, e' una cosa naturale e anche opportuna, per evitare che il lavoro quotidiano alla direzione della rivista si sedimenti in un'abitudine e renda difficile, per chi e' chiamato a dirigerla, lo studio e il continuo aggiornamento che un compito culturale richiede''. Con queste parole, nel numero in uscita, padre Gian Paolo Salvini saluta i lettori di Civilta' Cattolica nel lasciare dopo 26 anni la direzione della rivista dei Gesuiti. Il nuovo numero e' firmato dal suo successore, padre Antonio Spadaro, 45 anni. ''C'e' in me un senso di sollievo nel lasciare ad altre mani capaci la responsabilita' di un'opera che occupa un posto qualificato nel panorama culturale cattolico italiano'', scrive Salvini, 75 anni, che nel 1985 succedette alla guida di Civilta' Cattolica a padre Bartolomeo Sorge. ''E' una rivista - aggiunge - che ha accompagnato tutta la storia dell'unificazione del nostro Paese nei suoi primi 150 anni di vita dall'Unita', e ha sempre cercato di fornire una visione per quanto possibile oggettiva, illuminata dalla fede, sulle vicende dell'Italia e del mondo, visione frutto di un lavoro di gruppo e di una riflessione possibilmente pacata e ragionata''. (R.P.)
Il parlamento tedesco approva la riforma del fondo salva-Stati europeo
◊ Con 523 voti favorevoli, 85 contrari e 3 astensioni, la Camera bassa del parlamento tedesco ha ratificato stamani il potenziamento del fondo salva Stati europeo. Sempre in mattinata sono arrivati ad Atene gli esperti della Troika (Fmi, Ue e Bce) per fare il punto sul risanamento dei bilanci ellenici. La missione ha preso il via tra le proteste dei dipendenti pubblici che hanno occupato cinque ministeri e diversi uffici governativi. Il Servizio di Marco Guerra:
Il Bundestag ha approvato la legge che ratifica il rafforzamento della dotazione e delle competenze del fondo salva-Stati europeo. L’esito della votazione era atteso da tutti i Paesi membri Ue che guardavano all’economia più forte del Vecchio continente per ricevere un segnale di stabilità, anche in vista del voto di quei Paesi dove serpeggia ancora un certo scetticismo in merito al piano salva Grecia, come la Svolacchia. Il testo – che domani sarà votato dalla Camera alta – prevede quasi un raddoppio del contributo tedesco (da 123 a 211 miliardi) per gli aiuti ai Paesi in crisi. La Germania così diventa il decimo Paese ad approvare la proposta formulata nel vertice europeo del 21 luglio. In base questo accordo, tutti i parlamenti dei 17 Paesi dell'Eurozona devono approvare l'adozione delle nuove misure. Obiettivo che la Commissione Ue punta di raggiungere entro metà ottobre. Intanto, stamani ha preso il via la visita della "troika" ad Atene allo scopo di riprendere le trattative con il governo greco sulle riforme strutturali necessarie per il risanamento dell'economia del Paese. Sotto la lente d'ingrandimento il programma di rientro al quale è legato il via libera della sesta tranche del prestito da 110 miliardi. I tre membri di Fmi, Ue e Bce sono stati accolti dalle occupazioni di almeno cinque ministeri e altri uffici governativi. L'intenzione dei manifestanti è di impedire l'accesso agli esperti negli uffici pubblici per sottolineare l'opposizione ai nuovi tagli ai salari.
Siria, violenze
Non si allenta la tensione in Siria: l'ambasciatore americano, Robert Ford, è stato assalito stamani nel suo ufficio a Damasco con lanci di pietre da un gruppo di lealisti, subito dopo essersi recato in visita a un noto dissidente. Successivamente, il Ministero degli esteri siriano ha accusato gli Usa di “incitare i gruppi armati alla violenza contro l'esercito”. Intanto, secondo i dissidenti una bambina è stata uccisa dalla polizia a Homs, durante un raid in cui sono state arrestate 32 persone, mentre militari disertori hanno annunciato di aver ucciso 80 uomini di Assad in due imboscate nel nord. Notizie, queste ultime, non verificate da media indipendenti né confermate dal regime.
Libia, mandato di arresto internazionale per Saadi Gheddafi
L’Organizzazione internazionale della Polizia criminale (Interpol) ha emesso un mandato d’arresto per Saadi Gheddafi, figlio dell’ex-rais della Libia, per crimini commessi quando era alla guida della Federcalcio locale. La richiesta è arrivata dalle nuove autorità libiche, con l’accusa di appropriazione indebita e intimidazione armata. Il “provvedimento di allerta” si rivolge in particolare ai Paesi confinanti con la Libia e a quelli che hanno collegamenti con il Niger, dove secondo gli inquirenti si nasconderebbe il figlio del colonnello. Quello di oggi è il primo mandato d’arresto diramato su richiesta del Consiglio nazionale di transizione libico.
Attentati in Afghanistan, uccisi tre soldati Isaf e due poliziotti
Nuovi attentati talebani in Afghanistan contro le forze di sicurezza locali e internazionali. Tre soldati dell’Isaf sono morti in seguito all’esplosione di un ordigno nell’est del Paese e almeno due agenti di polizia sono stati uccisi da uno scoppio nella provincia occidentale di Herat. Secondo il nuovo rapporto presentato dall’Onu, gli episodi di violenza in Afghanistan nei primi otto mesi del 2011 sono cresciuti del 40 per cento rispetto allo scorso anno. Nei soli mesi estivi, le vittime civili sono state 971.
Yemen, riprendono gli scontri tra esercito e milizie degli oppositori
È durata solo tre giorni la tregua proclamata dal presidente yemenita, Saleh, al suo ritorno dall’Arabia Saudita, dove si era rifugiato dopo un attentato. Pesanti scontri sono avvenuti nei sobborghi della capitale Sanaa tra i militari dell’esercito fedeli a Saleh e le milizie tribali legate all’opposizione. I combattimenti sono riesplosi proprio nel giorno in cui il vicepresidente Mansour Hadi ha annunciato l’avvio dei negoziati per attuare la transizione al potere proposta dal Consiglio di cooperazione del Golfo.
Arabia Saudita, annullata condanna per donna trovata alla guida di un'automobile
Il re dell'Arabia Saudita, Abdullah, ha annullato la condanna a dieci frustate inflitta a Sheima, una donna che aveva violato il divieto a guidare l'auto. A dare l'annuncio, con un messaggio sul web, è stata una donna della famiglia reale, la principessa Amira Tawil, che si è felicitata con tutte le donne saudite. La condanna risaliva al 26 settembre scorso, all’indomani di una serie di riforme annunciate dal monarca saudita, fra le quali la possibilità di votare ed essere elette concessa alle donne dalle municipali del 2015. E in questo contesto la guida dell'auto è diventata per le donne il simbolo delle loro rivendicazioni e da li' era partita in giugno la loro provocazione con l’iniziativa "Women2drive".
Usa: terrorismo, arrestato un cittadino americano
Un giovane cittadino americano è stato arrestato mentre progettava di colpire Campidoglio e Pentagono con degli aeromodellini carichi di esplosivo e telecomandati a distanza. Per gli inquirenti, nessuno è mai stato in pericolo e l’uomo non avrebbe rapporti con i terroristi. Il servizio di Fabrizio Angeli:
Una specie di legge del taglione: vendicare gli attacchi degli aerei senza pilota americani ai terroristi in Pakistan usando le loro stesse armi. Sembra questo il piano solitario di Rezwan Ferdaus, il ventisettenne con una laurea in Fisica che gli agenti dell’Fbi hanno tenuto sotto controllo più di un anno prima di arrestarlo ieri a Boston. Fingendo di essere membri di Al Qaeda con l’incarico di reclutare terroristi negli States, gli investigatori hanno seguito l’intera pianificazione del suo progetto omicida: attaccare i Palazzi della politica di Washington, in particolare il Pentagono, già colpito l’11 settembre del 2001, e la sede del parlamento, dove quello stesso giorno si sarebbe dovuto abbattere l’aereo poi precipitato in Pennsylvania. Simbolica anche la scelta dell’arma, piccoli aeromodellini carichi di esplosivo da telecomandare a distanza verso gli obiettivi. Secondo fonti investigative, Ferdaus non era in collegamento con alcuna rete terroristica e pare avesse assunto le sue posizioni radicali guardando dei video su internet. E proprio alla vista di un video in cui il giovane dinamitardo mostrava la costruzione di alcuni cellulari detonatori per i mini-droni, i finti terroristi dell’Fbi hanno fatto scattare le manette.
Cuba, nuove aperture dal governo
Il governo di Cuba ha autorizzato la compravendita di automobili nuove, proibita per mezzo secolo, una delle misure più attese delle riforme del presidente Raul Castro, secondo un decreto pubblicato oggi. Nelle stesse ore, il presidente americano, Barack Obama, ha detto che gli Stati Uniti sono pronti a cambiare la loro politica nei confronti di Cuba, ma finora non hanno visto alcun passo avanti, da parte dell'Avana, tale da giustificare l'abbandono dell'embargo.
Africa, resta alto l’allarme per il terrorismo di matrice islamica
In Africa, si sono moltiplicate negli ultimi mesi le segnalazioni di azioni terroristiche, e nelle scorse settimane anche il generale Carter Ham, responsabile del comando statunitense nel continente, ha richiamato l’attenzione sui fondamentalisti di Al Qaeda nel Maghreb islamico, gli shabaab somali e la setta nigeriana "Boko Haram". Davide Maggiore ha chiesto a Mario Giro, responsabile delle relazioni internazionali della comunità di S. Egidio, un’opinione sulle proporzioni del fenomeno:
R. – Al Qaeda nel Maghreb islamico è una vecchia conoscenza di chi conosce il Sahel. Loro sono già internazionalizzati, ma si tratta di alcune centinaia di uomini di cui si conoscono abbastanza bene i contorni, si conoscono i nomi: sono nascosti nella zona a sud dell’Algeria, verso il Mali, adesso anche verso il Niger. Vivono di rapimenti e questo crea un’instabilità nella zona. Non bisogna però sovrastimare la capacità di questi gruppi. Gli shabaab sono l’ultimo prodotto della tragica guerra civile somala e fanno parte dell’involuzione in cui è caduta la Somalia da vari anni. "Boko Haram" è un fenomeno più recente, l’ultimo prodromo di questo estremismo islamico di matrice nigeriana e a questo punto, forse, in parte fuori controllo.
D. – Che rapporti hanno questi movimenti con la rete di al Qaeda propriamente detta?
R. – E’ difficile stabilirlo. Più che un’unità di strategia mi sembra che sia piuttosto un richiamarsi a un’ideologia ma non mi sembra che ci possa essere almeno da quello che si vede un’unità operativa. Il fatto che esistano questi pericoli per la stabilità di intere aree - parliamo della Nigeria, del Sahel del Corno d’Africa - era qualcosa che già si sapeva.
D. – Si è detto che con la "primavera araba" il progetto ideologico jihadista è fallito. Questo vale anche per il contesto africano?
R. – Io direi di sì. La "primavera araba" era stata preceduta da una "primavera africana", in realtà. In Africa abbiamo avuto transizioni democratiche che hanno dimostrato che è possibile andare verso la democrazia in maniera non violenta. Il fenomeno jihadista è in perdita di velocità. Certo, può fare ancora molto del male però è chiaro che nella testa e nell’immaginario della gioventù africana musulmana, così come in quella araba, oggi la parte vincente è quella che va verso una democrazia. Naturalmente una democrazia endogena, con un passaggio lento e progressivo, però questo fa ben sperare.
D. – Il passaggio di poteri in aree come Libia e Egitto non rischia di favorire i movimenti jihadisti dal punto di vista operativo?
R. – Sicuramente ci sono i passaggi di armi. Lo svuotamento delle caserme ha messo in circolo molte armi, quindi noi vedremmo a breve termine una capacità operativa di armi probabilmente cresciuta. Io mi aspetto piuttosto che queste armi provochino altre ribellioni interne tipo quelle tuareg o di altre tribù seminomadi nell’area. (bf) (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Fabrizio Angeli)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 272