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Sommario del 22/09/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Iniziato il 21.mo viaggio apostolico in Germania. Il Papa al Paese: vengo per parlare di Dio, la libertà è condividere valori non manipolabili
  • Benedetto XVI ai giornalisti sul volo papale: i cristiani siano uniti nel rispondere alle sfide del nostro tempo
  • Domani l'incontro del Papa con gli evangelici nel Convento di Erfurt dove visse Lutero
  • L'arcivescovo di Friburgo Mons. Zollitsch: la visita del Papa accenderà nuovo interesse attorno alla Chiesa
  • Il Papa impone il pallio al cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La Federal Reserve paventa un rallentamento della crescita Usa, Borse europee al ribasso
  • Domenica prossima la Marcia della pace Perugia-Assisi, a 50 anni dalla prima edizione
  • A Bruxelles un Simposio per ricordare il trentennale della "Laborem Exercens" di Giovanni Paolo II
  • Sorprendente, quanto intelligente e umile: cosi la Radio Vaticana ricorda padre Giovanni Giorgianni, a 10 anni dalla morte
  • Chiesa e Società

  • Nord Corea: iniziata la visita di una delegazione di sette leader religiosi sudcoreani
  • Alluvioni in Pakistan: la Caritas unico canale per gli aiuti umanitari alle minoranze religiose
  • Somalia: si aggrava la carestia, le Ong chiedono l’apertura di corridoi umanitari
  • Giappone: il tifone Roke fa circa 16 morti. Allerta per il sito nucleare di Fukushima
  • Libia: appello di mons. Martinelli il ricovero all’estero decine di feriti gravi
  • Campagna Unicef antitetano neonatale per 130 milioni di donne e bambini
  • Guinea Conakry: appello dei capi religiosi per la riconciliazione nazionale
  • Senegal: oltre 200 sacerdoti pronti a impegnarsi per la riconciliazione, la giustizia e la pace
  • Brasile: simboli della Gmg in processione nei quartieri poveri di San Paolo
  • Colombia: la guerriglia continua a sconvolgere la vita dei piccoli centri del Chocò
  • Anche la Chiesa argentina celebra “il mese della Bibbia”
  • La Chiesa dell’Umbria chiama a raccolta i giovani per la visita del Papa ad Assisi
  • Italia. Mons. Pelvi alla Guardia di Finanza: “Sobrietà per far fronte alla crisi”
  • “I Francescani e l’Unità d’Italia”: giornata di studio sul ruolo dell’Ordine nel Risorgimento
  • Istanbul: Simposio cristiano-islamico sulla vita di fede
  • Repubblica Dominicana. Aler: da 39 anni al servizio della comunicazione radiofonica
  • 24 Ore nel Mondo

  • Yemen: quattro morti in scontri tra fazioni militari a Sanaa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Iniziato il 21.mo viaggio apostolico in Germania. Il Papa al Paese: vengo per parlare di Dio, la libertà è condividere valori non manipolabili

    ◊   La vera libertà non è individualismo ma relazione solidale con gli altri, fondata su valori non manipolabili: è quanto ha affermato Benedetto XVI al suo arrivo in Germania per il terzo viaggio apostolico nella sua terra natale. L’aereo papale è atterrato all’Aeroporto internazionale di Berlino-Tegel verso le 10.15. Ad accoglierlo, il presidente tedesco Christian Wulff con la consorte, la cancelliera Angela Merkel, l’arcivescovo di Berlino Rainer Maria Woelki e altre autorità religiose e civili. Al Castello Bellevue, residenza ufficiale del capo di Stato, si è poi svolta la cerimonia di benvenuto. Da Berlino il servizio del nostro inviato Sergio Centofanti.

    Accoglienza calorosa per Benedetto XVI a Berlino, in una giornata un po’ coperta e ventosa ma mite: all’aeroporto due bambini porgono dei fiori al Papa che s’intrattiene a parlare con loro. Quindi il trasferimento al Castello Bellevue, che deve il suo nome alla splendida vista sul fiume Sprea, per la cerimonia di benvenuto. Il Papa ringrazia il presidente Wulff, per l’invito ufficiale in Germania:

    “Auch wenn diese Reise ain offizieller Besuch ist, der die guten Beziehungen...
    Pur essendo questo Viaggio una Visita ufficiale – ha affermato – in primo luogo non sono venuto qui per perseguire determinati obiettivi politici o economici (…) ma per incontrare la gente e parlare di Dio”.

    Il Papa sottolinea come nei confronti della religione ci sia “una crescente indifferenza nella società che, nelle sue decisioni, ritiene la questione della verità piuttosto come un ostacolo, e dà invece la priorità alle considerazioni utilitaristiche”:

    “Es bedarf aber für unser Zusammenleben einer verbindlichen Basis, sonst lebt...
    D’altra parte c’è bisogno di una base vincolante per la nostra convivenza, altrimenti ognuno vive solo seguendo il proprio individualismo. La religione è uno di questi fondamenti per una convivenza riuscita”.

    La religione ha bisogno della libertà – ha affermato citando il grande vescovo e riformatore sociale Wilhelm von Ketteler – ma anche la libertà ha bisogno della religione. La libertà, infatti “ha bisogno di un legame originario ad un’istanza superiore”:

    “Daβ es Werte gibt, die durch nichts und niemand manipulierbar sind,...
    Il fatto che ci sono valori che non sono assolutamente manipolabili è la vera garanzia della nostra libertà. Chi si sente obbligato al vero e al bene, subito sarà d’accordo con questo: la libertà si sviluppa solo nella responsabilità di fronte a un bene maggiore. Tale bene esiste solamente per tutti insieme; quindi devo interessarmi sempre anche dei miei prossimi”.

    La libertà, dunque, “non può essere vissuta in assenza di relazioni”:

    “Im menschlichen Miteinander geht Freiheit nicht ohne Solidarität.…
    Nella convivenza umana non si dà libertà senza solidarietà. Ciò che sto facendo a scapito degli altri, non è libertà, ma azione colpevole che nuoce agli altri e anche a me stesso. Posso realizzarmi veramente quale persona libera solo usando le mie forze anche per il bene degli altri. Questo vale non soltanto per l’ambito privato ma anche per la società”.

    Il Papa guarda alla storia tedesca. “Lo sguardo chiaro anche sulle pagine scure del passato – osserva – ci permette di imparare da esso” e di ricevere stimoli per il presente. E ricorda che la Germania di oggi è diventata quella che è “attraverso la forza della libertà plasmata dalla responsabilità davanti a Dio e dell’uno davanti all’altro”, ma come tutto il mondo ha bisogno di “un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori fondamentali su cui costruire un futuro migliore”.

    Il presidente Wulff ha espresso la sua gioia per la presenza del Papa: qui – ha detto – si troverà a casa sua. Ha sottolineato che la storia della Germania è strettamente intrecciata con il cristianesimo. Ha ricordato alcuni grandi testimoni della fede del secolo scorso, come Dietrich Bonhoeffer, Edith Stein e Bernhard Lichtenberg, che hanno pagato con la vita la loro opposizione a un regime criminale e senza Dio. Senza i valori cristiani e l’impegno degli operai cattolici polacchi, senza il sostegno della Chiesa e di Giovanni Paolo II – ha rilevato – non sarebbe stata possibile quella rivoluzione pacifica che ha portato alla riunificazione della Germania. Nell’attuale società pluralista, la fede, tuttavia – ha proseguito – non è più scontata e ha bisogno di essere confermata. Quindi, ha ricordato l’impegno di milioni di cristiani tedeschi a favore delle popolazioni povere del mondo. E di questo ha ringraziato la Chiesa e Benedetto XI. Chiesa e Stato in Germania – ha aggiunto – sono separate ma la Chiesa non è una società parallela e vive in mezzo alla gente per rispondere ai suoi tanti interrogativi: con quanta misericordia tratta le divisioni nella storia della gente, come tratta le divisioni nella propria storia e gli errori di suoi esponenti, quale il ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa. Il capo di Stato ha poi manifestato apprezzamento per il processo di dialogo avviato dalla Chiesa Cattolica in Germania e per l’incontro di Benedetto XVI ad Erfurt con i luterani.

    Al termine dell’incontro il Papa si è recato presso la sede della Conferenza episcopale tedesca a Berlino per un colloquio molto cordiale con la cancelliera Angela Merkel. Oggi pomeriggio, l’atteso discorso al Bundestag, seguito dall’incontro con i rappresentanti della comunità ebraica.

    Come da usanza, durante il viaggio aereo verso la Germania, Benedetto XVI ha inviato telegrammi di saluto ai presidente delle nazioni sorvolate. Con il capo dello Stato italiano, Giorgio Napolitano, il Papa ha espresso l’auspicio “di un sempre più intenso rinnovamento etico per il bene della diletta Italia”. Al presidente austriaco, Heinz Fischer, sono giunti i saluti del Pontefice assieme all’invocazione “per tutti i cittadini dell’Austria” della protezione e benedizione di Dio. Al presidente della Repubblica ceca, Václav Klaus, Benedetto XVI ha detto di pregare “per il continuo progresso spirituale e materiale del popolo”.

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    Benedetto XVI ai giornalisti sul volo papale: i cristiani siano uniti nel rispondere alle sfide del nostro tempo

    ◊   La sfida della secolarizzazione, lo scandalo della pedofilia, l’impegno per l’ecumenismo, la gioia della visita nella sua terra natale: sono alcuni dei temi forti affrontati da Benedetto XVI sull’aereo papale in volo verso Berlino, nella tradizionale conversazione con i giornalisti al seguito. Ce ne parla Alessandro Gisotti:

    “Vado con gioia nella mia Germania”, felice “di portare il messaggio di Cristo nella mia terra”: è quanto confidato da Benedetto XVI ai giornalisti sul volo papale, rispondendo alle domande in tedesco e in italiano. Il Papa ha affrontato il tema dello scandalo degli abusi su minori da parte di membri del clero, che ha portato in Germania all’“uscita” di molti fedeli dalla Chiesa:

    “Io posso capire che, alla luce di tali informazioni, soprattutto se sono vicine a persone proprie, uno può dire: ‘Questa non è più la mia Chiesa’”.

    E tuttavia, ha soggiunto, questa dolorosa realtà è una “situazione specifica”. E’ allora importante riflettere sul “perché” siamo nella Chiesa:

    “Io direi, è importante riconoscere che, stare nella Chiesa, non vuol dire fare parte di un’associazione ma essere nella rete del Signore, che pesca pesci buoni e cattivi dalle acque della morte alle terre della vita. Può darsi che in questa rete sono proprio vicino a pesci cattivi e sento questo, ma rimane vero che non ci sto per questi o questi altri, ma sono perché è la rete del Signore che è una cosa diversa da tutte le associazioni umane, una rete che tocca il fondamento del mio essere”.

    Ecco allora le ragioni dello stare “nella Chiesa, anche se ci sono scandali e umanità terribili”. E così rinnovare la “consapevolezza della specificità di questo essere Chiesa del popolo da tutti i popoli, che è popolo di Dio”, e così “imparare a sopportare anche gli scandali e lavorare contro questi scandali proprio essendo in questa grande rete del Signore”. A proposito di alcune manifestazioni di dissenso nei confronti della visita, il Papa ha risposto che “è una cosa normale” in una società libera e ancor più “in un tempo secolarizzato”. Ed ha ribadito che “è giusto” che si possa esprimere questa “contrarietà”:

    “Fa parte della nostra libertà e dobbiamo prendere atto che il secolarismo e anche proprio l’opposizione al cattolicesimo nelle nostre società è forte. Quando queste opposizioni si manifestano in modo civile, non c’è nulla da dire contro”.

    D’altra parte, ha proseguito, “è anche vero che c’è tanta aspettativa e tanto amore per il Papa”, nonostante la “vecchia opposizione tra cultura germanica e romanica” e “i contrasti della storia”. C’è, ha detto poi il Papa, “anche un grande consenso alla fede cattolica, una crescente convinzione che abbiamo bisogno” di “una forza morale". Abbiamo bisogno di “una presenza di Dio in questo nostro tempo”:

    “Così insieme all’opposizione, che trovo naturale e da aspettarsi, c’è tanta gente che mi aspetta con gioia, che aspetta una festa della fede, un essere insieme e aspetta la gioia di conoscere Dio e di vivere insieme nel futuro, che Dio ci tiene per mano e ci mostra la strada”.

    Il Papa si è così soffermato sulla visita ad Erfurt, all’antico convento di Martin Lutero, dove incontrerà e pregherà con gli evangelici:

    “Quando ho accettato l’invito di questo viaggio era per me evidente che l’ecumenismo con i nostri amici evangelici dovesse essere un punto forte e un punto centrale di questo viaggio”.

    In questo tempo di secolarismo, ha sottolineato, i cristiani hanno la missione “di rendere presente il messaggio di Dio”, di “rendere possibile credere”. E perciò cattolici ed evangelici, insieme, sono “un elemento fondamentale per il nostro tempo, anche se istituzionalmente” non sono “perfettamente uniti”. Il Papa ha rinnovato la sua gratitudine ai “fratelli e sorelle, protestanti”, che hanno reso possibile questo “segno molto significativo: l’incontro nel monastero dove Lutero ha iniziato il suo cammino teologico”:

    “Sono molto felice di poter mostrare così questa unità fondamentale, che siamo fratelli e sorelle e lavoriamo insieme per il bene dell’umanità, annunciando il lieto messaggio di Cristo, del Dio che ha un volto umano e che parla con noi”.

    Parlando in tedesco, il Papa ha quindi spiegato quanto sia importante per lui essere nato in Germania. “La radice non può essere, né deve essere tagliata”, ha detto ed ha aggiunto scherzosamente: “Purtroppo devo ammettere che continuo ancora a leggere più libri tedeschi che in altre lingue”. Nel "mio modo di essere", ha poi affermato, "l’essere tedesco è molto forte”:

    “Aber bei einem Christen
    “Per un cristiano, però – ha evidenziato – si aggiunge dell’altro; con il Battesimo egli nasce di nuovo, nasce in un nuovo popolo che è composto da tutti i popoli”. Quando poi si assume una “responsabilità suprema” in questo nuovo popolo, ha confidato, “ci si immedesima sempre più in esso”. La radice, ha concluso il Papa, diventa un albero e il fatto “di appartenere a questa grande comunità della Chiesa cattolica” forgia “tutta l’esistenza”.

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    Domani l'incontro del Papa con gli evangelici nel Convento di Erfurt dove visse Lutero

    ◊   Domani mattina il Papa si trasferirà ad Erfurt, in Turingia, dove incontrerà i rappresentanti del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca. L’atteso appuntamento si svolgerà nel Convento agostiniano in cui visse Martin Lutero. Sull’importanza di questo appuntamento, ascoltiamo il pastore Nikolaus Schneider, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca, intervistato dalla Radio della diocesi di Colonia:

    R. – Das Eine ist der Ort selber. Ich glaube, das Augustinerkloster in Erfurt liegt …
    Innanzitutto, il luogo stesso ha la sua importanza. Il Convento agostiniano di Erfurt è il luogo nel quale Lutero è entrato nell’Ordine, Erfurt è il luogo in cui è stato consacrato sacerdote e ha celebrato la sua prima Messa. Quello che per me è importante, è che Lutero sia compreso come “cerniera” tra le nostre due Chiese. Lutero voleva “riformare” la Chiesa, niente di più. Poi, c’è da dire che si è formato su Agostino – che anche il Papa conosce molto bene – e in particolare ha appreso da Agostino la teologia della grazia e la concentrazione sulla persona di Cristo. Penso che questo ci unisca nel cuore di ciò che crediamo ed è espressione della nostra comunione. Quindi, Lutero come “cerniera”. Vorrei poi dire che il Convento agostiniano di Erfurt si trova in una città in cui i cristiani – e parlo di cattolici e luterani messi insieme – sono appena il 20 per cento. Qui si comprende subito il senso della preghiera sacerdotale di Gesù quando chiede al Padre di custodire quanti gli ha affidato, affinché “siano una cosa sola perché il mondo creda”. Siamo quindi sfidati a rendere una testimonianza comune a Nostro Signore Gesù Cristo: potremo raggiungere gli altri nella misura in cui riusciremo ad essere “una cosa sola”.

    D. – Sarà questo luogo che parlerà per Lutero o Lutero stesso diventerà argomento dell’incontro?

    R. – Das weiß ich nicht. Ich kann mir aber vorstellen, dass der Papst etwas …
    Non lo so. Ma immagino che il Papa dirà qualcosa a proposito di Lutero. Sicuramente, è un incontro importante anche in vista del 2017, quando celebreremo i 500 anni della Riforma. Potremo comprendere con quale spirito guardiamo a questo anniversario. Per quanto mi riguarda, posso dire che queste celebrazioni dovranno avere un forte accento ecumenico per essere una forte testimonianza di fede per il presente.

    D. – Come si sono svolti i colloqui preparatori per questa visita nell’ambito della Chiesa evangelica?

    R. – Wir waren uns völlig einig dass wir uns über diesen Besuch freuen, denn …
    Eravamo assolutamente tutti dello stesso parere, eravamo tutti contenti di questa visita, che in definitiva è anche una visita pastorale. Noi tutti abbiamo pensato che questo evento è soprattutto un momento di gioia: i cristiani devono essere felici quando si fanno visita l’un l’altro, perché questo incoraggia ed aiuta la fede. Questa dunque è stata l’atmosfera, fin dall’inizio, da parte nostra.

    D. – Cosa significa questo incontro con il Papa per lei, personalmente?

    R. – Ja, das ist natürlich wirklich etwas ganz besonderes. Ich bin dem Papst …
    Sicuramente è una cosa molto particolare. Ho incontrato il Papa a Colonia, in occasione della Giornata mondiale della gioventù: all’epoca fu una rapida stretta di mano, questa volta ci sarà un po’ più di tempo. Intanto, il capo della Chiesa cattolica è un interlocutore del tutto particolare. Poi, abbiamo di fronte un intellettuale di altissima levatura con il quale il dialogo teologico è sempre un arricchimento, e questo è un’altra particolarità. E’ poi un Papa che viene dalla Germania e quindi ci capisce e conosce bene la nostra Chiesa e la nostra teologia e proprio per questo è un interlocutore particolare: non avremo bisogno di dare tante spiegazioni per fargli comprendere chi siamo, ma possiamo partire dal presupposto che comprenda immediatamente quello che diciamo. Dal primo incontro che ho avuto con lui a Colonia, mi è rimasta un’impressione di trovarmi di fronte ad una persona molto cordiale e attenta. E ne ho avuto conferma nelle due lettere che mi ha inviato, il cui tono era cordiale e fraterno. Per questo, aspetto con gioia personale questo incontro con lui. (gf)

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    L'arcivescovo di Friburgo Mons. Zollitsch: la visita del Papa accenderà nuovo interesse attorno alla Chiesa

    ◊   Oggi pomeriggio il Papa terrà un atteso discorso davanti al Bundestag, il parlamento federale. Su questo evento e sulle altre tappe del viaggio ascoltiamo l’arcivescovo di Friburgo e presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Robert Zollitsch, intervistato da Radio Duomo, l’emittente della diocesi di Colonia:

    R. – Es ist etwas besonderes, dass der Papst im Bundestag eine Rede halt. …
    E’ una cosa del tutto particolare, che il Papa tenga un discorso al Bundestag. Finora solo Giovanni Paolo II aveva parlato in un’aula parlamentare: era accaduto a Varsavia e a Roma. In questo senso è un riconoscimento per il Papa, aver ricevuto questo invito, ed anche per noi. Questo gli offre la possibilità di dimostrare come la collaborazione tra Stato e Chiesa sia utile per entrambi. Poi, potrà richiamare anche quei valori che la nostra società non è più in grado di garantire e proprio per questo corre il rischio di disgregarsi sempre più. Ecco perché è bene avere un “uomo profetico” come è il Papa che ci richiama a questi valori fondamentali.

    D. – Uno degli eventi più importanti di questo viaggio è l’incontro con la Chiesa evangelica …

    R. – Es war für mich schon ein schönes Zeichen …
    Per me è stato già un segno bellissimo il fatto che il Papa abbia detto di voler visitare anche Erfurt, quindi, con lo sguardo rivolto al Paese della Riforma, per ribadire che è lui che cerca l’incontro con le Chiese della Riforma, che vuole il colloquio, e per sottolineare che quello che ci unisce nella fede è molto di più di quello che ci divide: voleva quindi dare un segnale. E il Papa stesso ha insistito perché non si trattasse soltanto di un breve incontro, ma che ci fosse anche una celebrazione comune della Liturgia per rivolgerci insieme a Dio, facendo passare così anche un segnale all’esterno: noi, la Chiesa cattolica, e la Chiesa della Riforma, abbiamo lo stesso fondamento e a partire da questo fondamento cerchiamo di realizzare sempre più quell’unità che Gesù Cristo ci ha detto di cercare. Il Successore di Pietro, simbolo dell’unità della Chiesa, non perde occasione di ricordarlo.

    D. – Cosa può nascere da questo incontro?

    R. – Il Santo Padre è consapevole del fatto che le parole che dirà a proposito di Lutero e dell’ecumenismo saranno molto importanti. Posso immaginare che da questo incontro possa nascere un nuovo compito per la Chiesa cattolica e quella evangelica in Germania: quello di continuare a esaminare alcuni elementi che ancora ci dividono, per avvicinarci ulteriormente nelle questioni fondamentali. Questo sarebbe un risultato molto bello – come accadde, in fondo, anche con Giovanni Paolo II, quando nel corso della sua prima visita ci disse di cercare di confrontarsi sulla Dottrina della Giustificazione. Sono passati anni, ma alla fine siamo riusciti a concordare una Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, per cui oggi possiamo dire che la domanda cruciale che provocò la Riforma, e cioè “come trovo un Dio misericordioso?”, oggi non è più la domanda che ci separa. E questo è un bel dono.

    D. – Dall’Est della Germania, il Papa si sposterà poi nel Sud-Ovest, a Friburgo, la sua diocesi…

    R. – Es ist für uns was ganz besonderes, dass erstmals in der Geschichte …
    Per noi è davvero un evento, perché è la prima volta nella storia della città che un Papa viene a Friburgo. Lo abbiamo invitato di cuore e siamo felici di poter celebrare assieme a lui una festa della fede. Incontrerà i giovani, alla Veglia, e questo è per me molto importante, perché sono loro il futuro della Chiesa.

    D. – Questo viaggio del Papa potrà risvegliare l’interesse per quello che è e che fa la Chiesa cattolica?

    R. – Ich hoffe, dass die Erfahrung sein wird, grade wenn ich an die neuen …
    Spero che l’esperienza possa essere questa, specialmente se penso ai nuovi Länder della Federazione, dove l’interesse per la visita del Papa è veramente grande. La gente percepisce il ruolo del Successore del Pietro: un uomo che non rappresenta soltanto i fedeli cattolici, ma quei valori che vanno al di là del nostro mondo, valori per i quali vale la pena vivere e dai quali sgorga la vita. (gf)

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    Il Papa impone il pallio al cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola

    ◊   Senza la luce di Dio il potere economico è fine a se stesso e non un bene per l’uomo. Un concetto spesso sottolineato dal Papa, che ieri ha trovato nuova eco nella cappella del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove Benedetto XVI ha presieduto all’imposizione del pallio al cardinale Angelo Scola. Riferendosi a Milano, la cui arcidiocesi è stata recentemente affidata al porporato, il Pontefice ha auspicato che la città – importante polo industriale e finanziario – non perda di vista Dio e i valori della fede.

    Alla cerimonia, che si è conclusa con lo scambio di un segno di pace tra Benedetto XVI e il cardinale Scola, erano presenti, fra gli altri, anche i vescovi ausiliari dell’arcidiocesi ambrosiana.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita di Benedetto XVI in Germania.

    Nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede, a Beirut, sulla questione delle munizioni a grappolo.

    In cultura, un articolo di Silvia Guidi dal titolo “Donne incendiarie”: Lucetta Scaraffia racconta il femminile nella storia e nella Chiesa.

    Anello ideale tra Gemelli e padre Pio: Isabella Farinelli sulla poliedrica figura di Maria Sticco, scrittrice, docente e donna dalle molte anime.

    Una pacifica macchina da guerra: Maria Antonietta De Angelis sulla presentazione del restauro della settecentesca Fontana della Galera nei Giardini Vaticani.

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    Oggi in Primo Piano



    La Federal Reserve paventa un rallentamento della crescita Usa, Borse europee al ribasso

    ◊   Tutte al ribasso anche oggi le Borse Europee, così come hanno chiuso in netto calo tutte le piazze asiatiche. Una nuova giornata difficile, dunque, che giunge a poche ore dalle previsioni della Federal Reserve sull'andamento dell'economia statunitense, che ieri ha parlato di "significativi rischi di rallentamento". Questa ondata di ribassi fa capire quanto l’economia sia più che mai globalizzata. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Ugo Bertone, direttore di Finanza e Mercati:

    R. – Partiamo dagli Stati Uniti d’America. L’allarme lanciato dalla Federal Reserve è inusuale nei toni, perché sono estremamente forti, ma è anche inusuale la modestia della risposta: è come aver "gridato al fuoco al fuoco" e poi grazie a questa operazione molto tecnica, che abbasserà comunque il costo del denaro - ma non è questo il vero problema - sembra quasi aver risposto al fuoco con una pistola d’acqua. I mercati sentono l’impotenza della Banca Centrale degli Stati Uniti, il che non è un bel segnale.

    D. – Negli Stati Uniti s’incontrano intanto i ministri economici del Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – che sono poi le economie che stanno resistendo maggiormente alla crisi, nonostante la crescita anche per loro stia rallentando. La fine della crisi, secondo lei, può iniziare da lì?

    R. – Io ne dubito. Abbiamo visto che per fortuna il motore della Cina è riuscito, assieme a quello del Brasile e dell’India, a trascinare e a far galleggiare il mondo dopo la crisi di Lehman Brothers. Ma oggi questi Paesi non sembrano più in grado di fare da locomotive. Lo dimostra il fatto che dall’inizio di agosto, la crisi non li ha affatto risparmiati. In questo momento i Brics si stanno riunendo e stanno cercando una sorta di soluzione comune con l’Occidente, sperando che si riesca ad uscire tutti fuori dalla crisi.

    D. – Stati Uniti ed Europa, le due sponde dell’Atlantico, stanno combattendo una guerra feroce contro la crisi. Quale, secondo lei, tra le due economie riuscirà a uscire prima da questo tunnel?

    R. – La crisi americana è molto grave e relativamente più semplice nei suoi temi: c’è un problema fondamentale di sviluppo e di crescita e, alle spalle, sullo sfondo c’è un grosso conflitto politico sulle tasse. Il ruolo della Federal Reserve non può che venir accompagnato da una scelta che prima o poi faranno tra più tasse o meno tasse, più Stato o meno Stato e fino a quel momento l’America soffrirà. Per l’Europa la situazione è molto più complessa: per la prima volta nella storia c’è una moneta, ma dietro non c’è uno Stato, un’organizzazione comune ed unica e questa è una grossa complicazione in più. In questo momento è molto difficile far capire ai greci che devono fare ulteriori sacrifici, si rischia, da quel punto di vista, un rifiuto generalizzato, che può portare dei guai a tutti, non solo dal punto di vista finanziario e tecnico, ma politico. (ap)

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    Domenica prossima la Marcia della pace Perugia-Assisi, a 50 anni dalla prima edizione

    ◊   Migliaia di persone torneranno a marciare per la pace e la fratellanza tra i popoli, domenica prossima, percorrendo la strada che da Perugia porta ad Assisi, come accadde per la prima volta 50 anni fa. Tra i partecipanti alla Marcia figura anche l’organizzazione Pax Christi. Fabio Colagrande ne ha intervistato il vicepresidente, Sergio Paronetto:

    R. – Quella della non violenza è una grande "famiglia" di esperienze, di volti di pace, ed è presente in tante forme. Spesso è sconosciuta o è inesplorata. E’ bene informarsi e la Marcia Perugia-Assisi può aiutare. La non violenza è efficace e fa bene alla salute delle persone, dei popoli, degli Stati perché ha già realizzato alcune conquiste: vive nelle obiezioni di coscienza al servizio militare e alle spese militari, vive contro la pena di morte, vive nelle campagne contro la fame o la distruzione dell’ambiente. E’ un bene comunque da valorizzare.

    D. – Quali saranno i contenuti della marcia Perugia-Assisi quest’anno, il 25 settembre?

    R. – Mi pare che in questo clima, spesso aggressivo purtroppo, la Marcia voglia mettere al centro della scena politica, anche italiana, le persone e i sette principali valori che sono: la non violenza, la pace, i diritti umani, la libertà, la giustizia e, soprattutto, la responsabilità e la speranza. Camminare per la pace insieme, come faremo, è un segno di gioiosa solidarietà operante e insegna a diventare cittadini attivi, a coltivare nuovi stili di vita, anche personali, basati sulla sobrietà. Ci educa alla “vita buona”, come si dice spesso oggi.

    D. – Come cattolico, quale crede sia il rapporto tra la fede e questo tipo di impegno sociale e anche politico?

    R. – La pace è l’unico grande vero annuncio della fede cristiana e della Chiesa cattolica. E’ la pace cantata dagli angeli a Betlemme ed è il saluto del Risorto nel cenacolo. Quindi per me operare per la pace significa credere nell’umanità, nel suo futuro. Ricordo un saluto di Giovanni Paolo II alla marcia di Perugia-Assisi del 2003. Diceva che occorre riconoscere che si investe poco sulla pace e si preferisce acquistare armi: è come se questa idea venisse sprecata e non poche speranze siano state spente. Lui parlava allora del dovere di coltivare la pace come bene supremo, al quale tutti i programmi e tutte le strategie devono essere subordinate. (bf)

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    A Bruxelles un Simposio per ricordare il trentennale della "Laborem Exercens" di Giovanni Paolo II

    ◊   “La centralità del lavoro umano per l'economia sociale di mercato europea”. Questo il titolo di un simposio sull’Enciclica sociale Laborem exercens di Giovanni Paolo II, che si è svolto ieri a Bruxelles in occasione del 30.mo anniversario del documento pontificio dedicato al tema del lavoro. Tra i relatori dell’appuntamento, organizzato dal gruppo dei Popolari, c’era anche il cardinale Peter Turkson, presidente Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il servizio da Bruxelles di Laura Serassio:

    Disoccupazione, precarietà, conciliazione lavoro-famiglia divario di remunerazione: sono alcuni dei temi affrontati ieri in una conferenza dedicata al trentennale dell’enciclica Laborem exercens. Parlamentari europei e rappresentanti del mondo religioso si sono confrontati sul significato dei precetti di Giovanni Paolo II, interpretandoli nell’odierno contesto di crisi economica. Il lavoro, ha ricordato il cardinale Peter Turkson, del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, non è il prodotto tangibile legato ad un’attività, né quello intellettuale ma l’aspetto spirituale e la dimensione umana e morale. E’ a partire da questo dato che vanno sviluppate questioni fondamentali come la gestione del futuro pensionistico dei lavoratori, ha sostenuto Mario Mauro capogruppo italiano nel Partito popolare europeo. Nei 30 anni intercorsi dalla pubblicazione dell’Enciclica il divario nelle retribuzioni è decuplicato, la società si è trasformata e oggi di fronte ad un nuovo passaggio. Per Martin Wilde, dell’Associazione imprenditori cattolici tedeschi, deve diventare una società della partecipazione sulla base del principio di sussidiarietà enunciato dalla dottrina cattolica. Per l’eurodeputato socialdemocratico, Vittorio Prodi, il cambiamento è verso un prodotto del lavoro meno materiale che tenga maggiormente in conto educazione, cultura, ambiente e altri aspetti materiali che contribuiscono alla qualità della vita.

    Condiviso l’obiettivo della lotta alla disoccupazione definita come “male morale” e sul quale l’Enciclica si esprime con fermezza, dettando l’obbligo di interventi di sostegno per chi non ha un impiego. Non sono mancati riferimenti all’attuale crisi. La Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea ha ricordato tra i compiti della politica il mantenimento di una valuta stabile come condizione indispensabile per un’occupazione diffusa. I politici - ha incalzato Othmar Karas, esperto di dialogo interreligioso dei Popolari - hanno una responsabilità morale e il dovere di perseguire un obiettivo di lungo termine nel nome dell’interesse collettivo. I valori morali su cui si deve basare il mercato valgono non solo per gli individui ma anche per le istituzioni, perché ricopre cariche pubbliche e il loro perseguimento è cruciale a maggior ragione nel delicato periodo che il mondo sta attraversando.

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    Sorprendente, quanto intelligente e umile: cosi la Radio Vaticana ricorda padre Giovanni Giorgianni, a 10 anni dalla morte

    ◊   Dieci anni fa moriva padre Giovanni Giorgianni, scrittore e giornalista responsabile per 26 anni del nostro programma “Orizzonti Cristiani”. La comunità della Radio Vaticana ricorda con viva commozione le sue doti umane e professionali. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Siciliano di Bronte, nel catanese, classe 1924, sacerdote gesuita, padre Giorgianni era approdato alla Radio Vaticana nel 1975, alla guida del programma formativo-culturale “Orizzonti Cristiani”. Quale inviato, aveva partecipato a ben 32 viaggi pontifici. Letterato raffinato, autore di libri e testi radiofonici, esperto comunicatore, era una voce nota e cara ai nostri ascoltatori:

    (Franca Salerno)
    Alzati, e cammina. Meditazione per un giorno di festa proposta dal padre Giovanni Giorgianni:

    "Ma tu, Maestro, cuore celeste, cavaliere del sogno più bello, tu ancora percorri questo giorno. Possa il nostro Dio benedire il tuo nome e il grembo che ti ha custodito e il seno che ti ha allattato. E possa Dio concedere il perdono a ognuno di noi. Noi preghiamo il maestro, questo cuore celeste venuto a palpitare in mezzo a noi, questo cavaliere del sogno più bello venuto ad accendere i nostri sogni verso una patria mai pensata e colma di felicità. Forse siamo indotti a fermarci, a chiedere conforto a un belvedere che si apre sul cammino e che ci illude di aver raggiunto la meta ma la meta è più in alto, oltre la cima della montagna. Il nostro compito non è di fermarci, perché niente e nessuno può sostituire l’incontro sicuro e pacificante con il Signore Gesù. Egli chino sulla nostra pena ci incoraggia: ‘Alzati e cammina, io sono la tua sicurezza e la tua pace. Insieme con me vincerai i pericoli e le paure e godrai di sovrana pace’”.

    La sua presenza alla Radio non è solo un ricordo del passato ma un insegnamento presente. Franca Salerno, sua stretta collaboratrice:

    R. - Era un responsabile sorprendente quanto intelligente e umile, che ha fatto tesoro di tutto il patrimonio del passato, rilanciandolo nelle sue componenti migliori e adeguandolo al mutare dei tempi. Non ha esitato a percorrere - dobbiamo pensare che era il 1975 - strade nuove per cercare di raggiungere non soltanto gli addetti ai lavori o i fedeli, ma quelli considerati “lontani”, i laici. Per questo, ha impostato una programmazione che rispettava ovviamente tutte le grandi solennità religiose, con apposite trasmissioni, ma che inseriva inoltre una rosa di temi che potevano interessare anche gli “altri”, persino i non credenti. Anche le trasmissioni a carattere più religioso venivano proposte con uno stile meno da lezione esegetica e più da provocazione spirituale, che coinvolgeva l’ascoltatore in un confronto con la propria coscienza. Attribuiva quindi grande attenzione anche al "come" le voci proponevano gli argomenti, invitandole tutte a non adoperare toni da "verità in tasca" ma di dialogo, di semplicità. Padre Giorgianni, rispetto alla redazione e a tutti noi che durante il tempo l’abbiamo composta, ci invitava a non sovrapporci mai gli uni agli altri e a fare un lavoro di squadra, in modo che ciascuno, secondo le proprie possibilità, potesse brillare di luce propria. E non è stato facile.

    D. - La Radio Vaticana renderà un omaggio particolare alla figura di padre Giorgianni…

    R. – Sì, lunedì 24 ottobre, alle ore 17.00, si terrà un incontro proprio qui, alla Radio Vaticana, per ricordare la vita e l’opera di padre Giorgianni. L’incontro verrà presieduto dal cardinale Roberto Tucci e come relatore sarà presente il direttore generale, padre Federico Lombardi, insieme con il prof. Angelo Paoluzi e al giornalista padre Vito Magno. Monia Parente e Rosario Tronnolone leggeranno alcune pagine di padre Giorgianni e, nell’occasione, verrà offerto a tutti i presenti un libro edito dalla Lateran University Press. Si tratta di un mio piccolo memoriale sulla storia di “Orizzonti Cristiani”, all’interno della grande storia della Radio Vaticana che quest’anno festeggia i suoi primi 80 anni. Per la prima volta, alcuni posti sono stati riservati agli ascoltatori: quelli che vorranno essere presenti, devono prenotarsi entro e non oltre il 10 ottobre, al numero 06.69.88.30.93. (vv)

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    Chiesa e Società



    Nord Corea: iniziata la visita di una delegazione di sette leader religiosi sudcoreani

    ◊   I leader delle sette maggiori religioni della Corea del Sud sono arrivati ieri nella parte Nord della penisola: si tratta di un viaggio senza precedenti, che cerca di riportare i due lati del confine sul sentiero della pace e della riconciliazione. Ma alcune fonti cattoliche, pur lodando il gesto, spiegano: “Il regime comunista di Pyongyang non ha alcuna intenzione di aprirsi alla religione. Ha soltanto bisogno di aiuti umanitari, e sa che può ottenerli attraverso le comunità religiose”. La delegazione è composta da 24 persone, che hanno raggiunto la Corea del Nord tramite la Cina, dato che non esistono collegamenti diretti fra le due parti della penisola. Il viaggio è stato organizzato su invito del Consiglio nordcoreano delle religioni, uno strumento in mano a Pyongyang che garantisce funzioni “di facciata” per i pochi turisti occidentali e cinesi che arrivano nel Paese. In ogni caso, si tratta di un’opportunità unica: la delegazione rimarrà nel Paese fino a sabato 24 prossimo. Partendo dall’aeroporto internazionale di Incheon, l’arcivescovo di Gwangju mons. Igino Kim Hee-jong ha letto un comunicato congiunto espresso da tutte le religioni: “Porteremo al Nord l’aspirazione alla pace che ogni gruppo religioso del Sud coltiva. Se tutti coloro che amano la religione, nei due Paesi, si uniscono per raggiungere la pace, speriamo che si possa creare un ponte unico verso la riconciliazione”. Il gruppo ha anche ringraziato il governo di Seoul per aver concesso il permesso di partire. Dopo le provocazioni militari di Pyongyang, infatti, il governo ha impedito quasi ogni rapporto fra i due Paesi. Insieme a mons. Kim ci sono il reverendo Kim Yeong-joo, Segretario del consiglio nazionale delle chiese coreane; il venerabile Jaseung, presidente dell’Ordine Jogye del buddhismo coreano; il ven. Kim Ju-won, che guida il buddismo won; il dott. Choi Geun-dok, presidente dell’Associazione confuciana Sung Kyun Kwan; Yim Woon-kil, leader del Chondogyo e Han Yang-won, che guida le religioni tradizionali coreane. Nonostante il viaggio abbia ottime intenzioni, una fonte cattolica spiega all'agenzia AsiaNews: “Pyongyang non ha alcun desiderio di aprirsi in maniera sincera all’idea di religione, anche perché se lo facesse il regime cadrebbe dopo pochi mesi. La religione, come prima cosa, insegna la libertà e non si adatta bene alle dittature. Per questo, anche se è giusto vedere e vivere le situazioni il più possibile, credo che si tratti di un’esca per ottenere più aiuti umanitari possibili dalle persone religiose del Sud”. Al Nord la libertà di culto praticamente non esiste. E’ permessa soltanto l’adorazione del “Caro Leader” Kim Jong-il e del padre, il “Presidente eterno” Kim Il-sung. La società è organizzata in scale gerarchiche, e chi professava una religione era relegato in fondo. Tuttavia, non è stato sempre così: prima dell’indipendenza del Nord, ottenuta grazie alle armi cinesi fornite da Mao, Pyongyang era chiamata “la Gerusalemme d’Asia”. Nel Paese era fortissima la presenza di cristiani, cattolici e protestanti, che hanno contribuito moltissimo allo sviluppo sociale della Corea nei primi anni del ‘900. Forte anche la presenza dei buddhisti, ovviamente, sia dell’Ordine Jogye che dei tradizionalisti; persino la Chiesa ortodossa aveva un buon numero di seguaci, così come lo sciamanesimo e il culto tradizionale. La repressione operata dal presidente Kim contro i religiosi e i fedeli di ogni tipo ha devastato tutto. E’ impossibile, oggi, quantificare il numero di persone che abbiano mantenuto una qualsiasi forma di fede. (R.P.)

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    Alluvioni in Pakistan: la Caritas unico canale per gli aiuti umanitari alle minoranze religiose

    ◊   “L’unico canale per far giungere aiuti umanitari agli sfollati appartenenti alle minoranze religiose, cristiani e indù, è la Caritas, sebbene agenzie governative e altre Ong musulmane lo neghino”: lo dice all’agenzia Fides padre Mario Rodrigues, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Pakistan, dopo le gravi alluvioni che hanno colpito il Sindh nelle scorse settimane, causando oltre 7 milioni di profughi e 1,1 milioni di case danneggiate o distrutte. Il direttore delle Pom afferma: “Occorre prestare la massima attenzione: dopo le inondazioni del 2010, anche enti cattolici hanno fornito aiuti umanitari tramite Ong locali, che però si sono ben guardate dall’assistere le minoranze religiose”. In occasione delle forti inondazioni del 2010, diverse fonti denunciarono la discriminazione nella distribuzione degli aiuti umanitari, che venivano negati alle minoranze religiose. Ora episodi di tal genere si sono ripetuti nel distretto di Bedin. Padre Rodrigues denuncia: “Quello che appare chiaro, in questa ennesima tragedia, è che il governo ha fallito nella prevenzione. Ha voluto le alluvioni e ha lasciato che devastassero, per poter ricevere soldi dall’estero. La povera gente ne soffre le conseguenze. Fra gli sfollati migliaia sono cristiani, che abitano in quasi tutti i distretti del Sindh”. Le Nazioni Unite hanno diffuso un appello di solidarietà per raccogliere 365 milioni di dollari in favore delle popolazioni colpite. Ma i Paesi donatori chiedono al governo pakistano di istituire un sistema di controllo per assicurare trasparenza nella gestione degli aiuti e controllare che i fondi stanziati giungano effettivamente agli alluvionati. Buona parte del denaro raccolto nel 2010, infatti, secondo quanto denunciano gli osservatori, si è perso nei rivoli della corruzione, del clientelismo e del malgoverno. (R.P.)

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    Somalia: si aggrava la carestia, le Ong chiedono l’apertura di corridoi umanitari

    ◊   Peggiora di giorno in giorno la crisi alimentare che sta colpendo la Somalia. È quanto emerge dall’allarme lanciato da oltre 20 Organizzazioni non governative somale e internazionali per le quali “la situazione umanitaria ha raggiunto livelli drammatici, senza precedenti nel Paese”. Secondo quanto riferisce l'agenzia Misna, la siccità e la carestia hanno letteralmente messo in ginocchio il Paese e, intanto, hanno raggiunto quota sei le regioni in cui gli operatori dichiarano ufficialmente lo stato avanzato di ‘carestia’. E le piogge attese nelle prossime settimane, con l’arrivo della stagione umida, non contribuiranno a migliorare la situazione; il diffondersi di malattie come il colera e la malaria “contribuirà invece – avvertono gli operatori – a indebolire ulteriormente donne e bambini già resi estremamente fragili dalla siccità”. In queste condizioni, proseguono le organizzazioni umanitarie, tra cui Oxfam, Medici dal mondo e Caritas Svizzera, sarebbero almeno 750.000 le persone che rischiano la vita nei prossimi quattro mesi. Una situazione aggravata dal divieto di transito per gli aiuti che le milizie ‘Al shabab’ hanno imposto nelle regioni meridionali sotto il loro controllo, a cui gli operatori contrappongono la richiesta di aprire “corridoi umanitari” per raggiungere le fasce più debilitate della popolazione. Oltre alla Somalia, tra i Paesi più colpiti dalla grave crisi alimentare che secondo l’Onu coinvolgerà oltre 13 milioni di persone, anche Etiopia, Gibuti, Eritrea, Sud Sudan, Uganda e Tanzania. (M.G.)

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    Giappone: il tifone Roke fa circa 16 morti. Allerta per il sito nucleare di Fukushima

    ◊   Almeno 16 persone risultano morte o disperse a seguito del passaggio del tifone Roke sul Giappone. La tempesta ha causato anche ingenti danni materiali e si registrano diversi fiumi in piena, smottamenti e frane. Roke si è abbattuto ieri pomeriggio nei pressi della città di Hamamatsu, circa 125 miglia ad ovest di Tokyo per poi dirigersi nel nord est del Paese fino a lambire l’isola settentrionale di Hokkaido. Gli esperti hanno continuato a controllare con attenzione il suo percorso, nel timore che potesse abbattersi sulla centrale atomica di Fukushima e causare nuovi danni che al momento sono esclusi. Per oggi resta in vigore l’ordine di evacuazione per 60mila persone, residenti nelle prefetture di Aichi e Mie. Almeno 240mila cittadini delle prefetture di Odawara e Kanagawa hanno già dovuto abbandonare le abitazioni per il rischio di alluvioni e smottamenti. Gli ordini di evacuazione hanno finora interessato circa 1,21 milioni di giapponesi, appartenenti a 512mila nuclei familiari. Roke ha inoltre portato alla cancellazione di oltre 300 voli interni in Giappone e alla sospensione delle linee ferroviarie Tokaido Shinkansen, che collega Tokyo e Osaka, e della Linea Yamagata Shinkansen, che unisce Shinjo e Fukushima nel nord-est. (M.G.)

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    Libia: appello di mons. Martinelli il ricovero all’estero decine di feriti gravi

    ◊   “A causa dei numerosi scontri degli ultimi mesi, che continuano in alcune parti della Libia, si è creata un’emergenza umanitaria. A Misurata l’ospedale non esiste più, i casi più urgenti sono trattati in alcune case di cura che sono state requisite” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Ieri ho incontrato una delegazione del ‘Saint James Hospital’ di Malta che sta cercando di trasferire 15 ricoverati le cui condizioni sono molto serie, e che necessitano urgentemente di cure specialistiche. Un medico maltese mi ha detto che la Croce Rossa non ha i mezzi per trasferire all’estero i pazienti che necessitano di cure specialistiche. Per le bombe si trovano i mezzi, ma per la Croce Rossa non ci sono” commenta il vicario apostolico di Tripoli. Per questo motivo mons. Martinelli lancia un appello, “perché possano essere ricoverati in strutture straniere decine di giovani, che hanno schegge o pallottole conficcate vicino alla colonna vertebrale, e che quindi rischiano di rimanere paralizzati per tutta la vita se non verranno operati in tempo. Se da una parte la Croce Rossa assicura il trasporto, e dall’altra vi sono ospedali che si offrono di ricoverare questi giovani, ciò sarebbe un grande aiuto per la Libia. Lo dico perché ho raccolto la testimonianza diretta del personale sanitario maltese giunto in Libia per valutare la situazione, che afferma: ‘da soli non ce la facciamo a far fronte a tutte le necessità’. I feriti e i malati da accogliere sono decine e decine. Gli ospedali libici, che in tempo di pace erano di buon livello, oggi non sono sufficienti a far fronte a tutte le necessità” conclude mons. Martinelli. (R.P.)

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    Campagna Unicef antitetano neonatale per 130 milioni di donne e bambini

    ◊   Debellare il tetano neonatale in 39 Paesi in via di sviluppo dove questa malattia è ancora responsabile della morte di 59.000 bambini ogni anno. È l’obiettivo della campagna “Insieme contro il tetano neonatale”, promossa dall’Unicef e sostenuta dalla multinazionale P&G. L’edizione 2011 - la seconda della campagna – si aprirà il prossimo 1° ottobre per concludersi il 31 dicembre e vedrà diverse iniziative sul territorio volte alla raccolta di fondi per sostenere i programmi di vaccinazione. In particolare, durante questi tre mesi tutti potranno aderire alla campagna “1 confezione=1 vaccino”, che si svolgerà nei supermercati e ipermercati. In pratica, per ogni confezione di prodotto partecipante all’iniziativa venduta, P&G donerà all’Unicef l’importo necessario per l’acquisto di una dose di vaccino antitetano. Accanto alla campagna sostenuta attraverso i marchi, è stata creata un’iniziativa speciale sul web in collaborazione con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) con l’obiettivo di coinvolgere e sensibilizzare un pubblico ancora più vasto. Dal 17 al 31 ottobre prenderà infatti il via una gara di solidarietà online che avrà come protagonista la scultura luminosa “Madre Natura”, l’opera che Marco Lodola ha dedicato alla campagna. Con l’iniziativa “1 bacio=1 vaccino” ognuno potrà inviare un bacio virtuale a fronte del quale P&G donerà all’Unicef un vaccino (senza costo quindi per chi partecipa solo con un “clic”), l’utente avrà anche la possibilità di segnalare un Comune italiano a cui donare la scultura luminosa. Il Comune che al termine della campagna avrà ottenuto il maggior numero di preferenze, riceverà dall’Unicef la scultura luminosa di Marco Lodola. La campagna sarà online con il sito e la pagina Facebook dedicata. Il tetano neonatale è una malattia debellata da decenni nei Paesi sviluppati, ma ancora presente in 39 Paesi del mondo, soprattutto nelle aree più disagiate e difficili da raggiungere dove le cure sanitarie di base non sono garantite. Pur essendo facilmente prevenibile attraverso programmi di vaccinazione, rappresenta ancora oggi per milioni di donne e i loro bambini un pericolo di morte. Ogni 9 minuti muore un bambino a causa del tetano neonatale e 130 milioni di donne e dei loro neonati sono a rischio di contrarre questa malattia durante il parto. Secondo la dottoressa Rownak Khan, Senior Immunization Specialist dell’Unicef, “queste morti potrebbero essere prevenute grazie a una semplice vaccinazione”. L’obiettivo dichiarato dell’Unicef è di eliminare il tetano neonatale entro il 2015 e la strada intrapresa sta dando risultati molto significativi come conferma Roberto Salvan, Direttore Generale dell’Unicef Italia: “E’ con piacere che possiamo anticipare che, grazie anche al prezioso contributo di P&G, l’Unicef entro il 2011 riuscirà a eliminare il tetano in 7 dei 26 Paesi a cui sono stati destinati i fondi raccolti con questa iniziativa”. “Ridurre a zero il numero di bambini al di sotto dei 5 anni che muoiono per malattie prevenibili è possibile – conclude l’esponente dell’agenzia Onu per l’infanzia -, e con questa ambizione lavoriamo quotidianamente in oltre 150 Paesi nel mondo”.(M.G.)

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    Guinea Conakry: appello dei capi religiosi per la riconciliazione nazionale

    ◊   Siamo chiamati a “una presa di coscienza chiara delle nostre responsabilità personali e collettive” se “vogliamo insieme scrivere una nuova pagina della storia del Paese liberandoci dalle catene del passato”. Cosi suona l’appello lanciato a tutto il popolo della Guinea Conakry, in un messaggio congiunto dell’arcivescovo di Conakry, mons. Vincent Coulibaly, e dall’Imam della grande moschea Fayçal, Elhadj Mamadou Saliou Camara, entrambi alla guida della Commissione per la riconciliazione nazionale. L’esortazione arriva a pochi giorni dal secondo anniversario del massacro di 130 civili in uno stadio di Conakry, perpetrato il 28 settembre 2009 dalla giunta del capitano Moussa Dadis Camara, e in un contesto di tensione tra forze politiche sulla prossima scadenza elettorale, alla luce del quale i due massimi capi religiosi guineani sottolineano “l’urgenza di riconciliazione”. I due presuli – citati dall'agenzia Misna - propongono di celebrare proprio il 28 settembre il giorno del perdono per dare il via alla riconciliazione nazionale, “un grido di speranza di tutti i guineani”, presentata come “un processo che deve comprendere azioni concrete per porre fine al disaccordo tra persone e comunità in lite per ingiustizie e atti disumani subiti in passato”. Tornando sulle pagine più buie della storia della Guinea – le precedenti repressioni del 1985 e del 2007 – i capi religiosi cristiano e musulmano denunciano la responsabilità diretta di chi era al potere ma anche quella di gruppi sociali ed individui “complici attivi o passivi” che per questo motivo hanno“tratto benefici finanziari, economici e sociali” oltre ad aver goduto di “una piena impunità politica”. Le cicliche repressioni militari ai danni di civili vengono lette dai due alti esponenti religiosi come il segno di una “responsabilità collettiva” che va al di là del potere contingente di chi ha guidato il Paese. Ripetute violazioni dei diritti umani ed ingiustizie sociali vengono tuttavia ricollegate al malgoverno e alla cattiva gestione del patrimonio nazionale da parte dei regimi che si sono succeduti e, di conseguenza, hanno “ipotecato lo sviluppo socio-economico” di tutti i guineani. Mons. Coulibaly e l’imam Saliou Camara suggeriscono di ripartire dal dialogo e dall’istruzione, tenendo conto delle tradizioni e della cultura di ogni etnia, coinvolgendo nel processo di riconciliazione i ‘saggi’. Rivolgendosi alla classe politica i due chiedono infine di “rispettare un periodo di tregua sociale per evitare ogni parola e comportamento provocatorio, ogni iniziativa come meeting e proteste che potrebbero acuire le frustrazioni e alimentare ideologie dannose”. A soli nove mesi dall’investitura del presidente Alpha Condé, il primo eletto democraticamente dall’indipendenza, il clima politico si è incrinato soprattutto dopo il fallito attacco dello scorso luglio contro la sua residenza. Ad alimentare le tensioni ci sarebbe il presunto rifiuto del partito al potere di dialogare con l’opposizione e le sue decisioni bollate come “unilaterali” in vista delle legislative in agenda per il 29 dicembre. Per fare pressione sul governo ma anche sulla commissione elettorale il ‘Collettivo dei partiti di opposizione’ prevede di tenere manifestazioni pubbliche pacifiche a partire dal 27 settembre. (M.G.)

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    Senegal: oltre 200 sacerdoti pronti a impegnarsi per la riconciliazione, la giustizia e la pace

    ◊   Guardare alla realtà sociale e rispondere all’esortazione apostolica dell’ultimo Sinodo sull’Africa: sono questi gli obiettivi fondamentali della 35.ma assemblea generale dell’Unione del Clero Senegalese (Ucs) che si sta svolgendo a Ziguinchor, in Senegal, e alla quale stanno partecipando circa 200 sacerdoti. Giunti dalle 7 diocesi del Paese, dalla Guinea Bissau e dal Gambia, i presbiteri discutono dal 19 settembre e fino a domani su “La sfida della giustizia e della pace in Senegal: quale implicazione per il clero?”. Di fronte alla situazione sociopolitica che non promuove il progresso e non consente la realizzazione personale degli individui a causa di guerre, conflitti e instabilità dei regimi, scrive la testata on line www.scoopsdeziguinchor.com, la Chiesa si sta interrogando su come promuovere pace e giustizia. In particolare, a preoccupare è la difficile situazione che da decenni vive la regione meridionale del Casamance con la conseguente crisi che si sta ripercuotendo in ambito sociale, economico ed umano, nonché sul ministero sacerdotale. A tal proposito l’Unione del Clero Senegalese intende impegnarsi perché si ritrovi il cammino del dialogo, della verità e della riconciliazione. (T.C.)

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    Brasile: simboli della Gmg in processione nei quartieri poveri di San Paolo

    ◊   Quattro chilometri di processione con la Croce della Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg). È l’esperienza vissuta dai giovani della diocesi di San Paolo del Brasile lunedì scorso. Il vicario episcopale per la pastorale della Gente di Strada dell'arcidiocesi di San Paolo, padre Julio Lancellotti, ha affermato che il pellegrinaggio della Croce per le strade di San Paolo deve essere un segno dell'impegno della Chiesa nei confronti di chi soffre. “E' la Croce che va incontro ai crocifissi, è la vita che va incontro alla morte. E' l'amore che va incontro al dolore”, ha dichiarato il prelato all'agenzia Zenit. Il portale dell'arcidiocesi della città informa che dopo una Messa nella cattedrale presieduta lunedì pomeriggio dal cardinale Odilo Scherer, i simboli della Gmg, la Croce pellegrina e l'Icona della Vergine, sono stati portati nella chiesa di Nostra Signora della Buona Morte. I giovani hanno iniziato la meditazione dei misteri dolorosi del Rosario di fronte al Pátio do Colégio, luogo della fondazione della città di San Paolo e in cui si trova la chiesa del Beato José de Anchieta. La Croce pellegrina ha poi proseguito verso la Favela do Moinho. Mentre passavano tra le innumerevoli baracche, i giovani intonavano l'inno della Gmg del 2000, “L'Emmanuel”. “Questo canto esprime ciò che stiamo vivendo in questo momento. È l'Emmanuele, il Dio con noi che viene incontro ai più sofferenti”, ha affermato mons. Tarcísio Scaramussa, vescovo ausiliare di San Paolo e responsabile del settore gioventù dell'arcidiocesi, che ha accompagnato tutto il percorso. Dopo aver lasciato la comunità del Moinho, la Croce si è spostata a Cracolândia, zona caratterizzata dal traffico e dall'uso di droga. La processione è giunta a destinazione in tarda serata, venendo ricevuta con un falò nella chiesa della Buona Morte. Dopo una Messa, i giovani delle nuove comunità dell'arcidiocesi sono rimasti a vegliare fino alle 6.00 di martedì mattina. (M.G.)

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    Colombia: la guerriglia continua a sconvolgere la vita dei piccoli centri del Chocò

    ◊   Le frequenti azioni dei gruppi armati contro la popolazione hanno creato ansia e paura fra gli afro-discendenti e gli indigeni che abitano nel dipartimento di Chocò, tanto che non riescono più a condurre una regolare vita quotidiana e vivono, traumatizzati, nel silenzio, evitando persino di parlare della loro situazione. Nei giorni scorsi ci sono stati almeno altri due attacchi armati da parte delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) in questa zona del territorio nord-occidentale, che si trova al confine con lo stato di Panama. Il primo attacco si è verificato il 18 settembre nella cittadina costiera di Llorò, nella zona dell’Alto Atrato, senza causare vittime; il secondo episodio, il giorno seguente, è avvenuto in un quartiere di Quibdo, la capitale del dipartimento di Chocò, ed ha causato la morte di un poliziotto e il ferimento di un altro. Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, quando si è scatenato il conflitto a Llorò, gli abitanti della zona, quasi tutti neri, si sono rifugiati nelle loro case, sbarrando porte e finestre, invocando la protezione di Dio. La casa parrocchiale è diventata un alveare di persone, soprattutto giovani, che, confusi, correvano avanti e indietro. Poco prima nella parrocchia era stato ricordato Miguel Angel Quiroga, dei religiosi Marianisti, ucciso tredici anni fa dai paramilitari in questo comune. Il sovrintendente di polizia di Llorò, Raúl Gutiérrez ha detto alla stampa che alcuni membri del Fronte 34 delle Farc avevano aperto il fuoco contro l'ufficio di polizia, sparando dalla sponda opposta del fiume Atrato. La sua prima impressione è stata che, con questa azione, i guerriglieri “possano aver voluto distogliere l'attenzione, forse per spostare il trasporto della droga o di altra merce in un punto diverso del fiume”. Mauricio Salinas, portavoce della diocesi di Quibdo, che ogni mattina conduce un programma alla radio comunitaria nel comune di Llorò, ha detto ad una agenzia che “la mancanza di informazioni sicure ha portato solo ansia e panico fra la gente”, perché nessuna autorità del governo ha confermato o smentito quello che è successo. "Il conflitto armato ha cominciato a colpire il Chocó nel 1996 e nel 1997 - ha detto alla stampa il sacerdote tedesco Uli Kollwitz, responsabile della Commissione Vita, Giustizia e Pace della diocesi, spiegando la storia della violenza nella regione -. A quel tempo i paramilitari arrivarono in massa a prendere in consegna il territorio lungo il fiume Atrato, cosa che ha provocato una reazione da parte della guerriglia, che ha rafforzato la propria presenza. Oggi ufficialmente non ci sono più paramilitari, ma la loro presenza è nascosta, così non vanno in giro con pistole e uniformi, ma la gente li conosce, così hanno lo stesso potere di intimidire. La guerriglia poi è presente in tutte le zone degli affluenti del fiume Atrato, ha anche il controllo militare sul territorio e fa pressione su numerose comunità". Dal 1998, quando è stato aperto l'ufficio di polizia a Llorò, sono stati registrati 39 attacchi o interventi violenti da parte dei guerriglieri, che hanno provocato la morte di 19 poliziotti, ha ricordato il sovrintendente Gutierrez. A queste vittime vanno aggiunti più di 800 casi, registrati dalla diocesi, di persone assassinate o scomparse da Llorò per mano di gruppi armati, legali e illegali. (R.P.)

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    Anche la Chiesa argentina celebra “il mese della Bibbia”

    ◊   Come avviene in molti Paesi latino americani, il mese di settembre viene celebrato anche in Argentna come “il mese della Bibbia”. Per decenni, in questo periodo dell’anno, le diverse parrocchie organizzano attività che mettono in evidenza l’importanza del testo sacro per la vita e la fede della comunità. Vengono organizzati incontri, gruppi di lavoro, conferenze per giovani e bambini; viene promossa la vendita ad un prezzo più accessibile di copie del testo sacro; le Chiese si impegnano per iniziative dedicate alla Sacra Scrittura. Sono diverse le proposte per vivere questo periodo, e sono tante anche le attività ecumeniche promosse tra le diverse Chiese cristiane, alcune delle quali fanno parte del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc). Tuttavia questa ricorrenza attira anche partecipanti di altre Chiese che non sono necessariamente legate al movimento ecumenico. Ad esempio, l’Alleanza Cristiana delle Chiese Evangeliche dell’Argentina (Aciera) ha invitato tutti i suoi membri ad un periodo di digiuno e preghiera di 40 giorni, considerandolo una opportunità per riflettere sulla Bibbia e per sottolineare la differenza che può fare per la vita del Paese. L’Aciera riunisce tutte le Chiese che hanno sviluppato una lettura del testo sacro letterale ed organizza incontri regolari molto affollati e marce per le città del Paese. (R.P.)

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    La Chiesa dell’Umbria chiama a raccolta i giovani per la visita del Papa ad Assisi

    ◊   “Dal sogno alla scelta” è il tema, tratto dal testo “Vita Seconda di S. Francesco” di fra Tommaso da Celano, indicato dai vescovi umbri per l’incontro dei giovani in preparazione della visita di Papa Benedetto XVI ad Assisi del prossimo 27 ottobre. La Pastorale giovanile dell’Umbria ha dato appuntamento il 26 ottobre ai giovani di tutte le diocesi, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, che hanno partecipato alla Gmg di Madrid e a tutti coloro che per vari motivi non vi hanno preso parte. Si ritroveranno alle ore 17 presso il Seminario regionale di Assisi per vivere insieme un pomeriggio di preghiera e di comunione con i vescovi, scandito dai Vespri e dalla catechesi sul tema “Giovani sogni e scelte”, durante il quale ai ragazzi sarà presentata la stessa domanda che Francesco fece al Signore nel dialogo avuto nella notte del sogno presso la chiesa di S. Sabino a Spoleto: “Cosa vuoi che io faccia?”. I giovani che vorranno fermarsi la sera ad Assisi, troveranno accoglienza presso il Seminario regionale, per ritrovarsi insieme agli altri il mattino seguente nella cattedrale di San Rufino per poi raggiungere la basilica di San Francesco e ascoltare le parole di Benedetto XVI. “I giovani della nostra regione come tutti i loro coetanei sognano, ma, sull’esempio di san Francesco e san Benedetto, lo fanno con i piedi per terra, con quella concretezza tipica della gente umbra – spiega all'agenzia Sir don Marcello Cruciani, responsabile del Servizio regionale di pastorale giovanile della Ceu -. Ci riuniamo ad Assisi per far incontrare i giovani che hanno partecipato alla recente Gmg, per renderli protagonisti di un evento di portata mondiale come l’incontro interreligioso di preghiera per la pace, ma soprattutto per rilanciare, insieme ai vescovi, un’attività unitaria di Pastorale giovanile. La Chiesa umbra, memore del sogno di san Francesco, vuole affiancarsi ai giovani – prosegue il sacerdote - per orientarli nelle difficili scelte che dovranno fare: la scelta di ‘stare’ con Dio, la scelta della scuola e dell’università, del lavoro, della famiglia e della vita consacrata. I vescovi, e noi sacerdoti con loro, vogliono camminare insieme ai ragazzi nella strada che li porterà a scoprire la loro vocazione. Vocazione che deve avere anche un risvolto concreto di impegno sociale nella nostra Regione”. (M.G.)

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    Italia. Mons. Pelvi alla Guardia di Finanza: “Sobrietà per far fronte alla crisi”

    ◊   “Sobrietà”, è la parola d’ordine per affrontare la crisi indicata dall’arcivescovo Vincenzo Pelvi, Ordinario militare per l'Italia, nella Messa che ha presieduto ieri a Roma in occasione della festa di San Matteo, patrono della Guardia di Finanza. Nell'omelia della celebrazione - ripresa dall'agenzia Zenit - svoltasi presso il Comando Generale della Guardia di Finanza, il presule ha ricordato la prontezza con cui Matteo rispose all'invito di Gesù a seguirlo.“'Egli si alzò e lo seguì'. “La stringatezza della frase mostra chiaramente la prontezza di Matteo nel rispondere alla chiamata – ha indicato –. Ciò significava per lui l’abbandono di ogni cosa. Evidentemente Matteo capì che la familiarità con Gesù non gli consentiva di perseverare in attività disapprovate da Dio”. Anche oggi, ha proseguito l'Ordinario militare, “non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù, come è il caso delle ricchezze disoneste”. Mons. Pelvi ha quindi fatto riferimento al “difficile e non scontato momento storico” in cui “giorno dopo giorno occorre costruire l’edificio della sicurezza economica e della stabilità finanziaria”, “sembra che la responsabilità comune abbia lasciato spazio alla speculazione, al guadagno facile, all’arricchimento fraudolento, molto spesso mascherati da un’efficienza di comodo del mercato”, ha riconosciuto. Desiderare di vivere meglio “non è male”, ha poi sottolineato l'arcivescovo, “ma è sbagliato lo stile di vita che si presume esser migliore, quando è orientato all’avere e non all’essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l’esistenza in un godimento fine a se stesso”. Per questo il presule ha esortato a “riscoprire la sobrietà, stile di vita nei confronti dei beni materiali e del loro uso. Ben più di un semplice accontentarsi di quanto si ha o della capacità di non sprecare, la sobrietà ha una dimensione interiore, abbraccia un modo di vedere la realtà circostante che discerne i bisogni autentici, evita gli eccessi, sa dare il giusto peso alle cose e alle persone”. La sobrietà, ha aggiunto, “è la forza interiore di chi sa distogliere lo sguardo dal proprio interesse particolare e allargare il cuore e il respiro a una dimensione più ampia”. In quest'ottica, bisogna elaborare “piani di rilancio dell’economia, aiutando non solo le banche a spese dei contribuenti, ma anche i piccoli imprenditori, le famiglie”, e “investire sulla crescita integrale dei più poveri”, “per metterli in condizione di partecipare al piano di risanamento globale, senza lasciarli ai margini del benessere. I rischi sarebbero limitati – ha concluso –, perché i poveri danno a garanzia la loro stessa vita”. (M.G.)

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    “I Francescani e l’Unità d’Italia”: giornata di studio sul ruolo dell’Ordine nel Risorgimento

    ◊   “I Francescani e l'Unità d'Italia” è il tema della giornata di studio che si terrà questo sabato, 24 settembre, presso il Convento San Francesco di Firenze. L'evento, di cui da notizia l'agenzia Zenit, è organizzato dalla Provincia Toscana di S. Francesco Stimmatizzato dei Frati Minori e dalla Scuola Superiore Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma. Secondo gli organizzatori la giornata vuole “considerare e approfondire come il mondo francescano reagì alle complesse vicende risorgimentali”. Con l’iniziativa si vuole inoltre sottolineare che tra gli elementi che crearono la consapevolezza di essere italiani, ossia membri di una Nazione, un ruolo importante è stato svolto dalla fede cattolica, e in ciò un ruolo non secondario lo ebbero proprio i Francescani “con la loro predicazione, ma soprattutto la loro presenza mediante insediamenti, opere assistenziali, centri culturali e riviste”. Vista l'ampiezza del tema, verranno presi in considerazione alcuni casi esemplari dell’Italia settentrionale – il veneto con padre Fedele da Fanna –, centrale – padre Marcellino da Civezza, attivo tra Roma e la Toscana – e meridionale, analizzando il caso concreto di Napoli. La giornata prevede vari interventi: al mattino si susseguiranno quelli di Mario Tosti (I religiosi e l’Unità d’Italia), Barbara Faes (Urgente escursione contro una mano di ausiliari massonici, Venezia 1871, scritto da Fedele da Fanna), Andrea Maiarelli (Le demaniazioni degli archivi dei Frati Minori in occasione dell'Unità d'Italia, con particolare riferimento a Toscana e Umbria) e Annibale Zambarbieri (Guelfismo e romanitas: appunti sul Romano pontificato nella Storia d'Italia di Marcellino da Civezza). Nel pomeriggio interverrà Ugo Dovere (I Francescani napoletani di fronte al Risorgimento), mentre Fortunato Iozzelli, Ofm, trarrà le conclusioni dell'incontro. (M.G.)

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    Istanbul: Simposio cristiano-islamico sulla vita di fede

    ◊   Il 23 e 24 settembre, nella casa di accoglienza dei Frati Minori Cappuccini di Yeşilköy, nelle vicinanze di Istanbul, si terrà un Simposio cristiano-islamico sul tema “La vita di fede come pellegrinaggio verso Dio”. Organizzato dalle famiglie francescane residenti nella metropoli turca, il Simposio si inserisce in una serie di iniziative che intendono favorire il dialogo interreligioso partendo dalla conoscenza degli interlocutori. L’esperienza di questi anni (il Simposio è giunto alla decima edizione) dimostra che i rapporti fra le due parti stanno lentamente cambiando: c’è più stima, più comprensione, più tolleranza. Il tema del Simposio di quest’anno è stato scelto perché la Turchia è piena di luoghi che suscitano l’interesse di turisti e di pellegrini (basti pensare alla Cappadocia) che arrivano da ogni parte del mondo e a cui è bene ricordare che la vita è un pellegrinaggio verso Qualcuno che in quei luoghi ha fatto e fa ancora sentire la sua presenza e che, per questo, vanno salvaguardati. E’ quanto faranno notare gli oratori cattolici, ortodossi e musulmani che si alterneranno ai microfoni, parlando del concetto di pellegrinaggio (esteso all’esperienza di alcuni protagonisti); del rapporto tra pellegrino e ambiente; dell’ospitalità del pellegrino (accogliere e lasciarsi accogliere). Come segno tangibile di condivisione, è prevista la partecipazione dei cristiani alla preghiera del venerdi dei musulmani e quella dei musulmani alla preghiera dei cattolici il sabato. (Da Istanbul, padre Egidio Picucci)

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    Repubblica Dominicana. Aler: da 39 anni al servizio della comunicazione radiofonica

    ◊   L'Associazione Latinoamericana di Educazione Radiofonica (Aler) celebra oggi il 39.mo anniversario della sua fondazione. E' una realtà che promuove la comunicazione nelle diverse situazioni, locali e nazionali, costruendo una rete continentale formata oggi da 14 Paesi. La radio in America Latina riesce ad entrare in moltissime case per collaborare al processo di evangelizzazione e di promozione umana, in questo contesto Aler ha contribuito all’educazione attraverso il mezzo radiofonico; ha dato il suo apporto per formare e consolidare le reti nazionali e regionali e ha favorito lo sviluppo di altre radio dotate di nuove tecnologie; ha promosso la collaborazione con organizzazioni partner per poter raggiungere più persone con maggiore efficienza. Per la circostanza l'Organizzazione Cattolica Latinoamericana e del Caribe di Comunicazione, ha pubblicato le dichiarazioni di Humberto Vandenbulcke, promotore della comunicazione popolare della Aler, di cui riportiamo qualche stralcio. Tra i principali elementi che contraddistinguono Aler, Vandenbulcke cita “la capacità di sapersi situare nella realtà e di saper generare quei cambiamenti che crede necessari, sia all'interno dell'organizzazione che all’esterno, con progetti di comunicazione. Nei vari contesti socio-politici dell'America Latina in cui Aler è vissuta, ha dimostrato di essere un’organizzazione che cambia”. Inoltre l’Associazione si è sempre preoccupata della situazione dei settori più vulnerabili, nei vari e complessi contesti socio-politici in cui si è trovata sin dalla sua fondazione, ed ha mantenuto uno sguardo critico verso l'ambiente esterno, al fine di formulare proposte di comunicazione che possano contribuire al cambiamento sociale. “Le innovazioni importanti di Aler non sono state copiate o importate dall'esterno” ha affermato Vandenbulcke, che precisa: “La maggior parte sono state il risultato di processi collettivi di riflessione e di analisi, e di un processo decisionale che ha coinvolto i responsabili delle radio ed altri partner del coordinamento”. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Yemen: quattro morti in scontri tra fazioni militari a Sanaa

    ◊   Altre quattro persone sono rimaste uccise oggi a Sanaa nel quinto giorno consecutivo di violenze nella capitale dello Yemen, che vedono affrontarsi fazioni militari, tribali e manifestanti. Lo riferisce la tv araba Al Jazira, sottolineando che tre delle persone morte erano tra i dimostranti davanti alla sede della tv di Stato. Le truppe degli oppositori guidate dal generale al Ahmar si scontrano da giorni contro le milizie governative del presidente Saleh. “Le due parti non sono pronte a un accordo”, ha dichiarato un mediatore del Golfo lasciando Sanaa. Intanto, nel Paese prosegue la lotta al terrorismo. Dieci presunti membri di Al Qaeda sono stati uccisi da un raid aereo americano nel Sud dello Yemen.

    Anche oggi notizia di morti in Siria
    Almeno quattro civili siriani sono stati uccisi oggi dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad nella regione centrale di Homs. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento locali, principale piattaforma degli organizzatori delle proteste anti-regime in corso da oltre sei mesi.

    Domani l’appello palestinese all’Onu: Obama è contrario
    Cresce l’attesa in vista dell’appello palestinese all’Onu per il riconoscimento di un proprio Stato, che il leader Abu Mazen ha annunciato per domani. In un intervento al Palazzo di vetro di New York, il presidente americano Obama ha ribadito di essere contrario all’idea di una risoluzione che passi per le Nazioni Unite, auspicando una riapertura delle trattative. Gelida la reazione del presidente francese, Nicolas Sarkozy. E oggi sarà il turno dell’iraniano Ahmadinejad. Il servizio di Fabrizio Angeli:

    “Non esistono scorciatoie per porre fine a un conflitto che va avanti da decenni. La pace non verrà dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni dell’Onu”. È una bocciatura completa per le ambizioni palestinesi quella pronunciata dal presidente americano Obama davanti all’Assemblea generale delle Nazioni unite. Il braccio di ferro americano con l’Autorità nazionale palestinese si concluderà quindi con il veto in Consiglio di sicurezza. Obama ha incontrato personalmente il leader dell’Anp, Abu Mazen, e quello israeliano, Netanyahu, per tentare di riavvicinare le parti e riaprire le trattative di pace. Si dissocia il presidente francese, Sarkozy, che invece propone per i palestinesi lo status di Stato non membro osservatore. Una situazione di cui oggi gode solo la Santa Sede e che riconoscerebbe l’esistenza di una comunità territoriale palestinese sovrana, entro i confini del ’67. Intanto, la tensione cresce di ora in ora. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha esortato l’israeliano Netanyahu ad agire con responsabilità. A prendere la parola oggi sarà il presidente iraniano, Ahmadinejad, che è stato di nuovo attaccato da Obama sulla questione dei diritti umani.

    Sulle prospettive aperte dalla richiesta palestinese e sulla possibilità di ripresa del negoziato, Giada Aquilino ha intervistato Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:

    R. – Lo Stato membro dell’Onu è uno Stato membro pieno e qualunque atto contro un membro dell’Onu da parte di altri Stati, altrettanto membri, sarebbe sanzionato e darebbe l’avvio a tutta una serie di processi politici e giuridici ovvi. Ma questo è un traguardo francamente impossibile perché il veto americano è assolutamente garantito. Anche il percorso di pace dei negoziati è un percorso impossibile perché sono anni che ci si prova e che gli americani cercano di incoraggiarlo, ma in Israele soprattutto i vari governi di destra - forse con l’eccezione di Olmert, nell’ultima fase - hanno sempre tergiversato. L’unico percorso che può essere reale e concreto è quello delineato dal presidente francese, Sarkozy: la Palestina, ha detto il capo dell’Eliseo, deve accontentarsi al massimo dello status di Paese osservatore, che darebbe diritto di partecipazione a varie agenzie, a vari organismi dell’Onu. Però, contemporaneamente, ha aggiunto Sarkozy, ci vuole un processo di pace con tappe già prefissate, praticamente una marcia forzata che impedisca a Israele di perdere tempo e di continuare la politica degli insediamenti.

    D. – Sarkozy ha proposto una vera e propria road map, con la ripresa dei negoziati nell’arco di un mese e un accordo definitivo israelo-palestinese entro un anno. Questi tempi potrebbero essere rispettati?

    R. – Gli americani probabilmente si opporranno, perché il presidente Obama è in campagna elettorale, quindi un anno per lui significa l’anno della campagna elettorale. Detto questo, se l’idea passa, sostenuta da un ampio arco di Stati, è difficile che gli americani possano opporsi, anche perché così avrebbero già segnato l’unico punto che importa loro, cioè quello di impedire che la Palestina diventi uno Stato membro a tutti gli effetti. (bf)

    Pakistan: terrorismo, una bomba uccide cinque persone
    Almeno cinque persone sono morte oggi nell’esplosione di una bomba nel nordovest del Pakistan, lungo la frontiera afghana. L’area di Chamar-Qand è nota per la presenza di numerose milizie tribali reclutate dal governo pakistano per combattere i talebani che controllano le zone di confine. Altri due uomini sono stati uccisi durante un assalto a un convoglio di rifornimenti della Nato nel distretto tribale di Kyber, anch’esso vicino alla frontiera afghana.

    Russia: due autobombe in Daghestan, un morto e 60 feriti
    Un agente di polizia è morto e altri 44 sono rimasti feriti insieme con una ventina di civili nell’esplosione di due autobombe nella città russa di Makhachkala, capitale dell’instabile Repubblica caucasica del Daghestan. Secondo fonti locali, l’attentato è avvenuto nei pressi del Ministero dell’interno. Molte delle vittime erano accorse sul posto dopo la detonazione della prima bomba.

    Stretta sull'Islam radicale in Kazakhstan
    La Camera bassa del parlamento di Astana, accogliendo le preoccupazioni del presidente Nazarbaiev sulla crescita dell'estremismo religioso nel Paese, ha votato una nuova legge sull'attività religiosa: rafforzato lo stato secolare, bando alla preghiera in luoghi pubblici, controlli rigidi sui predicatori stranieri. Lo riferisce oggi il sito "Silk Road Intelligencer". Se la legge verrà approvata dal Senato, le cerimonie religiose saranno permesse solo fuori dagli orari d'ufficio, e i missionari stranieri ammessi previa registrazione ufficiale, col rischio di espulsione in caso "minaccino l'ordine costituzionale e la pace pubblica". Il Kazakhstan è il maggiore Paese musulmano dell'Asia Centrale ex sovietica: il 70% dei cittadini crede in Allah. Nazarbaiev ne ha sempre vantato l'armonia tra le diverse religioni, finora immune dall'estremismo radicale denunciato nei vicini Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan. Ma negli ultimi mesi, per la prima volta in 20 anni di indipendenza il Paese ha subito tre attentati sospetti.

    Dopo le scuse di Cameron, la Gran bretagna risarcirà le vittime del "Bloody Sunday"
    Il governo di Londra ricompenserà i familiari dei morti e dei feriti del Bloody Sunday, la "sanguinosa domenica" del 1972 in cui i soldati britannici aprirono il fuoco su una manifestazione non autorizzata a Londonderry, uccidendo 13 persone. Il Ministero della difesa ha dichiarato che le forze armate hanno “agito in maniera sbagliata” e che il governo “si scusa sinceramente” per quanto accaduto quel 30 gennaio. “Siamo in contatto con i legali delle famiglie e dove vi è una responsabilità legale di versare un indennizzo, lo faremo”, ha dichiarato il Ministero in un comunicato, senza però specificare quante famiglie verranno risarcite nè l'ammontare dei pagamenti. I compensi seguono la pubblicazione lo scorso anno dei risultati di un'inchiesta ufficiale, che concluse che non vi era giustificazione per le azioni dei soldati e che le vittime erano tutte disarmate. Il primo ministro britannico, David Cameron, lo scorso anno presentò ufficialmente le proprie scuse, definendo il fatto “ingiustificato e ingiustificabile”.

    Terremoto tra India, Nepal e Tibet: si aggrava ancora il bilancio delle vittime
    È salito a 112 il bilancio ufficiale delle vittime del forte terremoto che ha colpito quattro giorni fa la catena himalayana tra India, Nepal e Tibet. Secondo un’agenzia locale, nella notte sono stati recuperati altri venti corpi tra le macerie. E si scava ancora nello Stato indiano nordorientale del Sikkim, il più colpito dal sisma, dove sono già 73 i morti e i soccorsi non hanno ancora raggiunto quindici villaggi isolati. Quattrocento turisti stranieri sarebbero inoltre rimasti intrappolati nelle vallate del piccolo Stato, celebre per i suoi monasteri buddhisti.

    Due giornalisti condannati per accuse a un ministro in Oman
    Due giornalisti sono stati condannati, in secondo grado di giudizio, a cinque mesi di reclusione in Oman per aver accusato il ministro della Giustizia locale di frode, disonestà e prevaricazione in un articolo uscito a maggio sul quotidiano Azzaman, che è stato poi messo al bando per un mese. Dopo il primo grado di processo, i giornalisti avevano fatto ricorso in appello ed erano stati liberati su cauzione, riuscendo anche a far riaprire la redazione del giornale fino al processo di secondo grado. Tra il febbraio e il marzo scorso, anche l’Oman è stato scosso per alcuni giorni dalle proteste che hanno investito il mondo arabo. Negli incidenti, almeno due manifestanti erano stati uccisi.


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 265

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.