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Sommario del 21/09/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Domani Benedetto XVI a Berlino, prima tappa del viaggio apostolico. L'arcivescovo Woelki: il Papa, "un grande uomo europeo"
  • Il vescovo di Erfurt, Joachim Wanke: dal Papa il coraggio per essere testimoni in una società che ignora Dio
  • Le annunciate defezioni sulla visita del Papa al Bundestag. Il presidente Lammert: scelte legittime, ma è una pagina storica
  • Rinuncia e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Poche ore alla pena capitale per Troy Davis. Il cardinale Turkson: fare il possibile per salvare una vita
  • Tensioni a Lampedusa. Mons. Perego: gli isolani modello di ospitalità, vanno sostenuti dal governo e dall'Europa
  • Giornata internazionale della Pace. Ban Ki-moon: sono con i giovani in prima linea per la libertà
  • 50 anni fa la scomparsa di padre Soccorsi, direttore della Radio Vaticana dal 1934 al 1953
  • Giornata mondiale dei malati di Alzheimer: i primi da curare sono i pregiudizi
  • Chiesa e Società

  • Pakistan: 7 milioni di senzatetto e 800 mila sfollati per le alluvioni
  • Terremoto sull’Himalaya: si aggrava il bilancio delle vittime
  • Alluvioni in Cina: decine di morti e milioni di sfollati
  • Giappone: allerta per il passaggio del tifone Roke, si teme per Fukushima
  • Ue: mons. Gadecki invoca "autonomia e cooperazione" tra Stato e Chiesa
  • Oggi a Bruxelles conferenza a 30 anni dalla "Laborem exercens" di Giovanni Paolo II
  • Belgio. Mons. Leonard: screening psicologico nei seminari per prevenire casi di pedofilia
  • India: oltre 55 attacchi anticristiani nel 2011. I vescovi: urge una legge per le minoranze
  • Indonesia. Minacce contro chiese cristiane. Tensione anche nelle Sulawesi e nelle Molucche
  • Corno d'Africa: Salesiani e Acs accanto alla popolazione colpita dalla crisi alimentare
  • Burundi: l’appello dei vescovi contro il rischio di una spirale di violenza
  • Malawi: sale la tensione politica, anche la Chiesa nel mirino del governo
  • Unicef: appello per il diritto all’istruzione nei Paesi del Medio Oriente
  • Bolivia: nuovo appello alla riconciliazione dei vescovi sul caso Tipnis
  • La visita del delegato apostolico in Myanmar: “L’amore al centro della vita”
  • India: solidarietà dei vescovi per le proteste anti-nucleare
  • Filippine: la Chiesa sempre al primo posto nella fiducia dei filippini per la difesa dei valori
  • Presentato a Ho Chi Minh Ville il primo dizionario cattolico in vietnamita
  • Argentina: la Caritas ricorda l’importanza di coinvolgere i poveri nello sviluppo del Paese
  • Irlanda: cattolici, anglicani e metodisti insieme per il Congresso eucaristico internazionale
  • Presentate a Londra le prime due copie della nuova traduzione inglese del Messale Romano
  • Gmg 2013: la Croce e l’icona arrivate a San Paolo del Brasile tra 100 mila giovani
  • Russia: a Mosca demolita una casa delle Suore di Madre Teresa
  • 24 Ore nel Mondo

  • Medio Oriente: oggi Obama incontra Abu Mazen e Netanyahu
  • Il Papa e la Santa Sede



    Domani Benedetto XVI a Berlino, prima tappa del viaggio apostolico. L'arcivescovo Woelki: il Papa, "un grande uomo europeo"

    ◊   Benedetto XVI inizierà domani in Germania il suo 21.mo viaggio apostolico internazionale accompagnato dal motto "Dove c’è Dio, là c’è futuro". Una visita intensa di quattro giorni che lo porterà in tre diocesi, dall’Est all’Ovest del Paese: Berlino, prima tappa del viaggio, e poi Erfurt e Friburgo. Il servizio del nostro inviato a Berlino Sergio Centofanti:

    La Germania è pronta ad accogliere il Papa. C’è grande attesa per questo terzo viaggio nella sua terra natale, il primo ufficiale in terra tedesca perché avviene in seguito all’invito del presidente federale. Benedetto XVI ha voluto salutare il popolo tedesco già sabato scorso con un breve videomessaggio trasmesso dalla Tv pubblica Ard, esprimendo la sua grande gioia di potersi recare ancora una volta in Germania.

    Tra gli eventi più importanti il discorso al Bundestag, domani pomeriggio – è prevista l’assenza di alcuni parlamentari di sinistra in segno di protesta – e lo storico incontro con gli evangelici nel Convento agostiniano dove visse Lutero: qui per il Papa la vera grandezza dell’appuntamento non consisterà in qualche risultato sensazionale, ma nel pregare insieme con i fratelli luterani, dando una comune testimonianza di fede. E poi ancora gli incontri con gli ebrei, i musulmani e gli ortodossi. Momenti centrali sono le celebrazioni eucaristiche nello Stadio Olimpico della capitale – presenti oltre 70 mila fedeli – e poi nella Domplatz di Erfurt, quindi a Friburgo, e i Vespri mariani nel piccolo Santuario di Etzelsbach, omaggio ai cattolici che hanno perseverato nella fede nonostante le persecuzioni durante il regime comunista. Importanti anche gli incontri istituzionali con il presidente tedesco Wulff, la cancelliera Merkel, i giudici della Corte costituzionale e l’ex cancelliere Kohl, che il Papa ha desiderato salutare. L’ultima tappa a Friburgo prevede gli incontri con i seminaristi, i cattolici impegnati e la veglia di preghiera con i giovani.

    Ma quale Germania trova il Papa? La quarta potenza economica mondiale, la prima in Europa, il secondo Paese al mondo per gli aiuti ai Paesi poveri, il terzo per l’accoglienza degli immigrati. Una nazione con un tasso di natalità tra i più bassi del Pianeta: nel 2050 la popolazione potrebbe scendere dagli attuali 82 milioni a 69 milioni nonostante l’apporto degli immigrati. Un Paese ancora in cerca di una piena unità, perché la riunificazione di 21 anni fa non ha ancora cancellato le differenze tra le due Germanie, quella occidentale e quella ex comunista. Se a Berlino ed Erfurt, nell’Est, la disoccupazione viaggia al 13 e all’11%, nella ricca Friburgo, nel Sud-Ovest, i senza lavoro sono appena il 4%. E l’attuale crisi internazionale sta spingendo parte dell’opinione pubblica a non voler pagare il salvataggio di Stati europei in difficoltà. Un Paese in cui cattolici e luterani, ormai numericamente alla pari, costituiscono circa i due terzi della popolazione a fronte di un altro terzo di cosiddetti “non credenti”. Ma ci sono da calcolare anche 4 milioni di musulmani, in gran parte turchi.

    Sia la comunità cattolica che quella luterana stanno attraversando un momento di difficoltà: continuano a perdere fedeli, che dichiarano di non voler più appartenere ad alcuna Chiesa. Il secolarismo avanza: a Berlino dove il Papa arriverà domani oltre il 60% dei cittadini non professano alcuna religione - i cattolici sono appena il 7% - tra l’altro è prevista una manifestazione contro questa visita. Il Papa, da parte sua, nel videomessaggio di sabato scorso, ha auspicato che Dio possa tornare nell’orizzonte delle persone, “questo Dio così spesso totalmente assente, del quale però abbiamo tanto bisogno”. Durante la visita ad Limina dei vescovi tedeschi nel 2006, aveva già detto che nonostante Dio sembra scomparire “sempre di più dalla coscienza pubblica”, in “molti guardano, domandando e sperando, al messaggio cristiano e si aspettano da noi risposte convincenti”. I lontani, dunque, attendono Dio, forse senza saperlo. E Benedetto XVI incoraggia i cristiani a rafforzare lo “spirito missionario” e la “creatività”, percorrendo “cammini anche nuovi”, nella consapevolezza – sottolinea – che “la Chiesa in Germania dispone di grandi risorse spirituali e religiose”. Tra i cattolici è iniziato quest’anno un “processo di dialogo” di fronte alle tante domande di rinnovamento della Chiesa: ma “sarà la fede – afferma il Pontefice – a scandire (…) il ritmo della riforma che è fondamentale e di cui abbiamo bisogno”.

    Il Papa chiede di accompagnare i giorni del suo viaggio con la preghiera perché il Signore aiuti a “far riscoprire la bellezza e la freschezza della fede” perché “entri nel mondo una luce della speranza, che è luce che viene da Dio e che ci aiuta a vivere”.

    Ad accogliere il Papa in Germania, tra le altre autorità religiose e civili, sarà il nuovo arcivescovo di Berlino, mons. Rainer Maria Woelki, nominato alla guida di questa diocesi il 2 luglio scorso. Alla vigilia della visita di Benedetto XVI, padre Bernd Hagenkord, responsabile del Programma tedesco della Radio Vaticana, ha raccolto una sua dichiarazione:

    “Il Santo Padre sarà ospite nella nostra arcidiocesi di Berlino. Salutarlo qui, a nome di tutti i cristiani berlinesi, è per me un grande dono che non ho meritato. La prima visita ufficiale del Papa tedesco nella capitale della Germania ci rende fieri, sebbene i cristiani berlinesi siano pochi. Ci aspettiamo alcune proteste per questa visita, ma invito tutti prima ad ascoltare ciò che vuol dire il Papa per poi dare un giudizio. In questo modo scopriranno certamente il messaggio di un grande uomo europeo, un eminente intellettuale ed un profondo e fiducioso credente nella realtà di Dio. Sono sicuro che gli incontri, le celebrazioni, le parole del Papa e la sua presenza, avranno la capacità di aprire i nostri occhi per il grande orizzonte della Chiesa universale e di concentrare i nostri cuori sulla meta del nostro lavoro, che è il Cristo vivente. Santo Padre, un benvenuto di cuore!”. (vv)

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    Il vescovo di Erfurt, Joachim Wanke: dal Papa il coraggio per essere testimoni in una società che ignora Dio

    ◊   Dopo la prima tappa del viaggio a Berlino, il Papa si recherà a Erfurt, nei “nuovi Länder”, quelli della Ex Germania comunista. Quali le attese per questa visita? Padre Berndt Hagenkord lo ha chiesto al vescovo di Erfurt, Joachim Wanke:

    R. – Dass der Papst die Gläubigen stärkt und uns hilft in der veränderten …
    Che il Papa rafforzi i credenti e ci aiuti a proseguire con fiducia, nella mutata situazione spirituale e politica, il nostro cammino di cristiani. Questa visita in Germania manifesta l’attenzione del Santo Padre non soltanto per i fedeli, ma per tutte le persone che vivono qui. E’ noto che le tendenze secolaristiche sono molto forti – il nostro tempo è un tempo in cui Dio è dimenticato e noi abbiamo perso di vista l’orizzonte nel quale è Dio - e molte persone, qui, in particolare nella ex Germania Est, fin da bambini mancano di qualsiasi legame con la fede cristiana. La popolazione cattolica è veramente una minoranza, in queste regioni orientali e la visita del Papa – oltre ad essere per noi una grande gioia e un grande onore – rafforza la nostra appartenenza alla Chiesa universale e ci dà nuovo coraggio per vivere da cristiani cattolici nella situazione di diaspora in cui ci troviamo.

    D. – Quale significato ecumenico ha la visita del Papa nel Convento agostiniano di Erfurt, dove visse Lutero?

    R. – Der Papst hat selbst auch die Anregung gegeben …
    Il Papa stesso ha sollecitato e poi ha accettato l’invito a recarsi nel Convento agostiniano nel quale ha vissuto Lutero. Siamo felici che questo incontro con i vertici della Chiesa evangelica tedesca avvenga qui da noi, a Erfurt, perché questo sottolinea anche l’accresciuto buon rapporto ecumenico, che esisteva già ai tempi della ex Germania comunista. Noi sappiamo che solo insieme – cristiani evangelici e cattolici – possiamo essere testimoni del Vangelo nella nostra società. E l’incontro con il Papa darà nuovo impulso alla buona atmosfera ecumenica che viviamo in questa regione.

    D. – Nella Chiesa tedesca è attualmente in corso il “processo di dialogo”: quale potrà essere il contributo del Papa?

    R. – Wir leben in einem tiefen geistigen Umbruch unserer Zeit, …
    In questo nostro tempo, viviamo un profondo rivolgimento spirituale e anche la Chiesa si trova di fronte ad un cambiamento profondo: è importante che il Papa ci trasmetta una parte di quel coraggio e di quella fiducia, che ci aiutino ad affrontare queste nuove sfide. Io sono profondamente convinto del fatto che solo il dialogo possa favorire la costruzione di nuove strade in situazioni nuove: non gli uni contro gli altri, ma nella ricerca responsabile della volontà di Dio per il “qui” e l’“oggi”. (gf)

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    Le annunciate defezioni sulla visita del Papa al Bundestag. Il presidente Lammert: scelte legittime, ma è una pagina storica

    ◊   Il Papa domani pomeriggio parlerà davanti al Bundestag, a Berlino. Un evento storico ma che sarà disertato da alcune decine di deputati in segno di protesta. Gudrun Sailer ha chiesto al presidente del Parlamento federale tedesco, Norbert Lammert, con quali sentimenti accolga il Papa e come guarda a queste polemiche:

    R. – Ich freue mich auf seinen Besuch …
    Io sono felice di questa visita e sono grato al Papa per aver accettato l’invito che gli ho rivolto a suo tempo. Io guardo a questo agitarsi con un misto di divertimento e sbigottimento.

    D. – Cosa c’è dietro questa protesta?

    R. – Ja, was dahinter steckt müssen Sie die Beteiligten oder Betroffenen fragen. …
    Questo dovrebbe chiederlo ai partecipanti o comunque alle persone coinvolte. Non penso però che ci sarebbe stata tutta questa grande attenzione del pubblico se queste manifestazioni all’apparenza “eroiche” fossero state messe a confronto con altre simili assenze in occasione di eventi parlamentari importanti. Infatti, anche in quelle occasioni, per ragioni diverse, un certo numero di deputati non era presente. E’ nella natura stessa di un parlamento liberamente eletto, con liberi deputati, che nessuno sia costretto a stare a sentire cose che non ritenga essere importanti o accettabili, né – al contrario – che alcuno possa addurre le sue ragioni personali a sostenere l’ammissibilità o meno di discorsi di altre persone o di inviti rivolti ad altre persone. Ritengo questi gesti di protesta – che diventano uno spettacolo mediatico sotto ogni aspetto inadeguato – non seriamente ponderati ma che, secondo la nostra Costituzione, essi siano legittime è altrettanto fuori di dubbio.

    D. – Come considera il fatto che il Papa venga in Germania?

    R. – Es ist ja ein unter jedem Gesichtspunkt historisches Ereignis, dass zum ersten …
    E’ un evento storico sotto ogni punto di vista, il fatto che dopo circa 500 anni, per la prima volta sia un tedesco a ricoprire questo supremo incarico della Chiesa cattolica, forse “la” più ampia comunità religiosa del mondo. Per la prima volta in assoluto un Papa – a prescindere dalla sua nazionalità – parla davanti ad un parlamento tedesco eletto: questo non si è mai verificato nella storia di questo Paese. In questo senso, con o senza legami con la Chiesa e a prescindere dalle convinzioni religiose, questo che ci accingiamo a vivere è un evento storico eccezionale. E pur nella rispettosa osservanza dello scetticismo o anche del rifiuto che può esserci da parte di singoli membri del Bundestag, non ho nessun dubbio che in futuro nessuno potrebbe capire il fatto che un Papa tedesco sia venuto in visita nella sua terra natìa, se un parlamento eletto non avesse colto l’occasione di chiedergli un discorso al popolo tedesco. (gf)

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    Rinuncia e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accolto la rinunzia, per raggiunti limiti di età, presentata dal presidente del dicastero, il cardinale Velasio De Paolis, ed ha nominato al suo posto mons. Giuseppe Versaldi, finora vescovo di Alessandria, elevandolo alla dignità ai arcivescovo. Il Papa, inoltre, ha nominato il 50.enne segretario della medesimo dicastero don Lucio Ángel Vallejo Balda, del Clero della Diocesi di Astorga, in Spagna. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha conseguito la licenza in Teologia presso la Facultad de Teologia del Norte de España (Burgos) e seguito i corsi di Dottorato in Teologia presso la Universidad Pontificia de Salamanca e i corsi di Diritto presso la Universidad Nacional de educación a distancia e la Universidad de Salamanca. È stato formatore e professore della Scuola preparatoria nel Seminario di Astorga e del Collegio Giovanni XXIII in Zamora, oltre che parroco di varie parrocchie e insegnante di Teologia nel Seminario Maggiore di Bragança, in Portogallo. Dal 1991 è amministratore generale del Vescovado di Astorga, segretario del Consiglio diocesano degli affari economici e parroco di 13 parrocchie.

    Negli Stati Uniti, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Indianapolis presentata da mons. Daniel M. Buechlein, in conformità al can. 401 – paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

    In Brasile, Benedetto XVI ha nominato ausiliare di Brasília mons. Leonardo Ulrich Steiner, finora vescovo prelato di São Félix e attualmente segretario generale della Conferenza nazionale dei vescovi a Brasília. Il 51.enne neo presule ha emesso la professione religiosa nell’Ordine dei Frati Minori nel 1976 ed è stato ordinato sacerdote due anni dopo. Ha studiato Filosofia e Teologia presso i Francescani di Petrópolis e ha conseguito il Baccellierato in Filosofia e in Pedagogia presso la Facoltà Salesiana di Lorena. Ha ottenuto, presso la Pontificia Università Antonianum a Roma, la Licenza e il Dottorato in Filosofia. Dopo gli studi, ha svolto i ministeri di parroco, formatore in Seminario, maestro dei novizi, docente, alcuni dei quali lo hanno impegnato anche al rientro in Brasile. Nel 2005 è stato nominato vescovo prelato di São Félix. Nella Conferenza episcopale Brasiliana è stato di recente eletto segretario generale.

    Il Papa ha nominato presidente della Pontificia Accademia Romana di Archeologia il dott. Marco Buonocore, archivista capo della Biblioteca Apostolica Vaticana. Romano, 57 anni, il neo responsabile della Pontificia Accademia è laureato in Lettere classiche presso l'Università degli Studi di Roma e dal 1981 è dipendente della Biblioteca Apostolica Vaticana, nominato Scriptor Latinus nel 1989 e Direttore della Sezione Archivi dal 2003. In precedenza, ha insegnato latino e greco nel Licei di Roma. Dal 1988 è incaricato dall'Accademia delle Scienze di Berlino e Brandenburgo del Supplemento al Corpus Inscriptionum Latinarum, volume IX, relativo alla Regio IV augustea (Italia centrale). È stato Docente presso l'Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti, presso la Terza Università degli Studi e l'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma. Socio effettivo della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, ha ricoperto gli incarichi di Bibliotecario-archivista e Curatore delle stampe. In occasione del Bicentenario della sua fondazione ha curato il volume "I duecento anni di attività della Pontificia Accademia Romana di Archeologia (1810-2010)". I suoi lavori scientifici, quasi 400 tra articoli e monografici, seguono principalmente tre filoni di ricerca: quello delle antichità classiche con specifico riguardo all'epigrafia latina ed alla storia delle realtà municipali dell'Italia romana centro-meridionale; quello della tradizione manoscritta degli autori classici latini e della loro ricezione in ambito medievale e umanistico; quello della costituzione degli archivi e la loro incidenza nella storia sociale ed economica moderna. È stato, inoltre, curatore di alcune mostre internazionali, come quelle allestite nel Salone Sistino dei Musei Vaticani, nel 1992, dedicata al Bimillenario di Orazio, e nel 1996, intitolata "Vedere i Classici. L'illustrazione libraria dei testi antichi dall'età romana al tardo medioevo".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per dare un futuro alla Chiesa in Europa: in prima pagina, Gianluca Biccini alla vigilia della terza visita di Benedetto XVI in Germania; nell'informazione vaticana, i contributi dell'arcivescovo di Berlino, monsignor Rainer Maria Woelki, dell'arcivescovo di Friburgo in Brisgovia, presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Robert Zollitsch, e del vescovo di Erfurt, monsignor Joachim Wanke.

    Il paradosso dell'Africa: nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia su crescita economica senza sviluppo sociale.

    In cultura, un articolo di Paolo Vian dal titolo "Nel cuore della Riforma cattolica": la parabola umana di Marcello II Cervini in una nuova e accurata biografia di Chiara Quaranta.

    Quando l'arte cominciò a raccontare: Fabrizio Bisconti sui preziosi avori del V secolo custoditi al Museo Bizantino di Berlino.

    Ed è tutto merito del fidecommesso papale: Antonio Paolucci sul perché una visita alla Galleria Borghese è un'esperienza indimenticabile.

    Giuseppe Zecchini sul contraddittorio rapporto tra Roma e la Giudea, analizzato in un convegno internazionale di storia antica a Cividale del Friuli.

    Biografia di un giornale: Yves Pitette racconta "La Croix" in un libro che esce domani in Francia.

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    Oggi in Primo Piano



    Poche ore alla pena capitale per Troy Davis. Il cardinale Turkson: fare il possibile per salvare una vita

    ◊   Sarò messo a morte stasera in Georgia, negli Stati Uniti, Troy Davis, il 42.enne condannato a morte per l’omicidio, nel 1989, di un poliziotto. Il comitato per la grazia ieri sera aveva negato la clemenza a colui che è divenuto un simbolo per gli attivisti contrari alla pena capitale. Francesca Sabatinelli:

    Il saluto alla famiglia e il tradizionale pasto del mercoledì: sono gli eventi che scandiranno l’ultima giornata di vita di Troy Davis. L’iniezione letale sarà alle 19, ora locale, fino a quel momento Davis proclamerà la sua innocenza: non smetterò la lotta fino all’ultimo respiro, ha fatto sapere. Fino a stasera, quindi, regge ancora la speranza di vedere la giustizia della Georgia fare un passo indietro di fronte alla mancanza di reali prove della colpevolezza di questo 42.enne afroamericano, messo a morte per l’uccisione nel 1989 di un poliziotto bianco. Sette testimoni su nove hanno ritrattato le loro dichiarazioni, l’arma non è mai stata trovata, tantomeno sono state rinvenute tracce, come il Dna, che riconducessero a Davis. La corsa per fermare il boia non si arresta, migliaia le persone che continuano a manifestare per chiedere la commutazione della pena. La sezione statunitense di Amnesty International sta cercando di contattare chiunque “abbia qualche potere per fermare questa grave ingiustizia”. Riccardo Noury, di Amnesty Italia:

    R. - Un sistema giudiziario non è mai perfetto e quando questo sistema prevede la pena capitale c’è un rischio enorme di commettere errori fatali e irreversibili. Questo pare essere il caso per Troy Davis.

    D. – Non si può non notare il fatto che Troy Davis sia un afroamericano. Quanto può aver pesato questo?

    R. – Può aver pesato, ma certamente quello che ha pesato ancora di più è che la vittima fosse un poliziotto bianco e che il tutto si svolgesse in Georgia. Questo è un esempio ulteriore di quanto il sistema della pena capitale sia infarcito di errori, di discriminazioni, di procedure inique: una delle tante ragioni per cui la pena di morte non dovrebbe esistere. Purtroppo, non dovremmo avere esempi di persone probabilmente innocenti messe a morte per dimostrare che la pena di morte è un errore capitale.

    Gli appelli alla clemenza si susseguono e si uniscono a quelli già lanciati in precedenza, compreso quello di Benedetto XVI. Ascoltiamo il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.

    “Il messaggio del Vangelo non può cambiare. Noi ci auspichiamo di poter realizzare questo messaggio del Signore in tutte le situazioni: Egli è venuto perché noi avessimo la vita e l’avessimo nella sua pienezza. In questa situazione noi non possiamo entrare nel merito e stabilire se la sentenza sia meritata o no; noi possiamo semplicemente fare un appello: ci auguriamo che il sistema penitenziario in questo caso possa fare tutto il possibile per risparmiare la vita e mirare alla conversione e alla trasformazione della persona. Pensiamo che, anziché sopprimere la vita di qualcuno, anche se è colpevole, se noi riuscissimo a provocare una conversione, un cambiamento di vita, questo potrebbe aiutare la riconciliazione e la reintegrazione nella società”.

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    Tensioni a Lampedusa. Mons. Perego: gli isolani modello di ospitalità, vanno sostenuti dal governo e dall'Europa

    ◊   Immigrazione. E’ ancora il caos nel Centro di accoglienza di Lampedusa dato alle fiamme ieri sera, durante una rivolta di tunisini, dopo l’annuncio di prossimi rimpatri. La Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta, ma sull’isola in queste ore è vera e propria rivolta urbana a colpi di pietre tra isolani e maghrebini e cariche della polizia: decine i feriti, mentre gli insegnanti si sarebbero barricati nelle scuole per paura. Sindacati e opposizione denunciano la totale assenza del governo, dal canto suo il sindaco De Rubeis ha promesso il pugno duro contro ogni forma di violenza. Cecilia Seppia ha sentito mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei:

    R. – I vescovi della Cei ieri hanno preso in esame – tra i punti più importanti del loro ordine del giorno – proprio la situazione dei 60 mila immigrati, che in questi mesi si sono imbarcati a Lampedusa, ponendo l’attenzione, da una parte alla distinzione fra gli immigrati e i richiedenti asilo e, dall’altra, al rispetto e alla cura di ogni persona. Credo occorra andare in una duplice direzione: la prima è quella di rafforzare ogni forma di tutela, evitando condizioni di vita nei centri che possano generare esasperazioni, che credo sia uno dei motivi anche che hanno portato a questa situazione drammatica; la seconda, evitare anche violenze e conflittualità, che portano all’indebolimento di una tutela dei diritti, a nuove paure, a nuove distanze.

    D. – Tante le questioni in gioco: la sicurezza, l’accoglienza, la convivenza. Ma all’origine delle tensioni, come diceva lei, da un lato c’è la condizione drammatica in cui queste persone si trovano a vivere e, dall’altra, appunto, la paura, l’annuncio di rimpatri imminenti, come in questo caso. Si risolvono così le cose?

    R. – Io credo che il tema dei rimpatri sia un tema molto importante, è, però, un tema a cui si arriva solo dopo un’analisi non approssimativa delle situazioni, dopo un’attenzione particolare ai minori – non dimentichiamo che sono arrivati tremila minori in questi mesi a Lampedusa – e dopo un’attenzione posta alla creazione di condizioni di cooperazione internazionale nei Paesi, e nello specifico in Tunisia, che oggi mancano completamente.

    D. – Va rafforzata la rete umanitaria, lei l’ha detto spesso, troppo debole, troppo legata all’occasione, al momento, all’emergenza...

    R. – Certamente, la rete umanitaria e questi canali umanitari di rimpatrio devono essere rafforzati per evitare che ogni esperienza, anche drammatica, venga lasciata all’improvvisazione e generi ulteriormente conflittualità.

    D. – Oggi, centinaia di tunisini stanno manifestando per le strade di Lampedusa al grido di “libertà”. Anche la gente dell’isola, però, è esasperata e continua a denunciare l’abbandono...

    R. – La gente di Lampedusa ha dimostrato grande attenzione, grande solidarietà in senso complessivo in questi mesi, bisogna dare atto. Molti hanno anche segnalato questo impegno molto forte da parte di tutte le realtà istituzionali dell'isola. Io credo che non debba essere lasciata sola e quella rete di accoglienza di questi 60 mila, che è nata, debba essere rafforzata sul territorio italiano, perché un’isola non sia lasciata sola a vivere ed affrontare una situazione che, invece, deve interessare – come abbiamo detto – tutto il nostro Paese ed anche il contesto europeo.

    D. – Entriamo nel concreto: lei dice che bisogna interpellare anche l’Europa, ma come? Cosa bisogna fare?

    R. – Rafforzare la rete che è nata sul territorio italiano – prima ancora con l’Anci – che riguarda i rifugiati, rafforzare le realtà di accoglienza anche nelle nostre comunità, come la stessa Caritas, la stessa Migrantes hanno creato con una rete forte. Queste sono le prime condizioni importanti sul territorio. Non dimentichiamo che nel contesto europeo l’Italia, per quanto riguarda soprattutto i rifugiati, ha ancora un’attenzione troppo debole: cinque volte meno della Francia e sette volte meno della Germania. Quindi, credo che un primo aspetto sia quello di rafforzare questa rete. Un secondo aspetto importante è che queste problematiche che l’Italia vive oggi, come porta d’Europa, siano oggettp di un confronto serio in sede comunitaria, perché effettivamente il dramma di un Nord Africa sia vissuto come problema politico europeo.

    D. – Dopo l’ennesimo episodio di violenza, anche il sindaco di Lampedusa, De Rubeis, ha minacciato in qualche modo il pugno duro nei confronti degli immigrati. C’è un appello, un messaggio che vuole fargli arrivare?

    R. – Continuare a rappresentare effettivamente l’impegno di un’isola che in questi mesi ha dato una grande dimostrazione di attenzione, al punto tale che era stata indicata come possibile Premio Nobel per la pace, facendo veramente del superamento della conflittualità e della violenza un punto di partenza per rispettare, tutelare i diritti sia delle persone che vivono nell’isola, sia delle persone che sono arrivate. (ap)

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    Giornata internazionale della Pace. Ban Ki-moon: sono con i giovani in prima linea per la libertà

    ◊   “Pace e Democrazia: Fai sentire la tua voce!”: il tema dell’odierna Giornata internazionale della Pace, indetta dall’Onu per richiamare l’attenzione di popoli e Paesi sulla necessità della non violenza per dirimere i conflitti. In questa data viene chiesto a tutti i belligeranti di rispettare il cessate-il-fuoco. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Peace is our mission; our day-to-day quest”.
    “La pace è la nostra missione; la nostra ricerca quotidiana”: ricorda il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nel suo messaggio per la Giornata, dedicata quest’anno alla pace e alla democrazia, guardando agli scenari attuali.

    “Democracy is a core value of the United Nations. It is crucial for human rights”.
    “La democrazia è un valore (...) cruciale per i diritti umani”, “da speranza agli emarginati e potere alle persone”.
    “But democracy does not just happen; it has to be nurtured and defended”
    Però non avviene e basta, sottolinea il leader delle Nazioni Unite, ma “deve essere nutrita e difesa”. Allora il mondo ha bisogno – aggiunge – che voi parliate di giustizia sociale e libertà di stampa, di ambiente pulito e di emancipazione femminile, di stato di diritto e che ognuno abbia voce sul proprio futuro.

    Cita i “giovani”, il segretario generale dell’Onu, “quest’anno in prima linea sul fronte della libertà”. Rende quindi “omaggio agli attivisti e alle persone comuni per il coraggio e la determinazione nel costruire un futuro migliore”. E promette: “Noi, alle Nazioni Unite, faremo causa comune con loro” per realizzare le nostre “aspirazioni di dignità, sicurezza ed opportunità per tutti”. E conclude:

    “To all those seeking peace, this is your day, and we are with you”.
    “A tutti quelli che cercano la pace, questo è il vostro giorno, e noi siamo con voi”.
    In data odierna si celebra anche la Giornata internazionale di preghiera per la pace, indetta dal Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). E per la prima volta quest’anno una pagina di Facebook ospita le intenzioni formulate da fedeli, sacerdoti, religiosi e laici di ogni età, in tutto il mondo. Sono infatti ben 54 – secondo dati aggiornati – gli Stati in Africa, Asia, America, Europa interessati da conflitti armati di maggiore o minore entità, che coinvolgono ben 205 tra eserciti regolari, ribelli e gruppi guerriglieri. La strada per la pace globale è ancora molto lontana.

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    50 anni fa la scomparsa di padre Soccorsi, direttore della Radio Vaticana dal 1934 al 1953

    ◊   Cinquant’anni fa, il 21 settembre del 1961, moriva padre Filippo Soccorsi, direttore della Radio Vaticana dal 1934 al 1953. Nato a Roma il 26 marzo del 1900, dopo aver conseguito la laurea in matematica e fisica, entrò nel 1922 nella Provincia torinese della Compagnia di Gesù. Ordinato sacerdote nel 1931, fu chiamato da Papa Pio XI, nel 1934, alla direzione della Radio Vaticana, inaugurata tre anni prima. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Padre Filippo Soccorsi considerò la Radio sempre come un mezzo di apostolato: “Mi sono fatto sacerdote – era solito dire – non per stare solo vicino alle macchine, ma per stare vicino alle anime”. La Radio era uno strumento per raggiungere le anime e l’impegno di padre Soccorsi – scrive Fernando Bea nel suo libro “Qui Radio Vaticana. Mezzo secolo della Radio del Papa” – fu subito volto a trasformare l’emittente in un centro di diffusione e di informazione permanente ed universale. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, la Radio Vaticana restò una voce libera che trasmetteva i discorsi del Pontefice con parole di conforto per gli oppressi e accorati appelli a deporre le armi:

    “...Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”. (Radiomessaggio di Pio XII del 1939)

    Durante la guerra, fu anche istituito l’Ufficio Informazioni e la l'emittente pontificia divenne lo strumento indispensabile per rintracciare civili, prigionieri e militari dispersi. Furono trasmessi oltre un milione e duecento mila messaggi con appelli indirizzati ai dispersi, i cui nomi venivano scanditi lentamente:

    "Palmieri Antonio, 330.364. Bonancin Fabiano, da Sebastiana. Per il campo 353, caporal maggiore Tonino"...

    In quegli anni difficili, padre Soccorsi – che dalla polizia italiana in un’informativa del 1940 veniva definito “uomo (…) di sentimenti contrari al regime” – si adoperò per aiutare i rifugiati in Vaticano. Molti, tra questi, furono impiegati come addetti della Radio. Nel dopoguerra, padre Soccorsi si adoperò per l’ammodernamento e il potenziamento degli impianti impegnandosi, in particolare, nel rendere la Radio uno strumento di educazione civile e religiosa. Nel 1953, fu nominato direttore della Radio Vaticana padre Antonio Stefanizzi e padre Soccorsi ricevette una lettera di ringraziamento di Papa Pio XII, nella quale il Pontefice ricordava, oltre alle trasformazioni tecniche, “la mirabile missione di carità e di assistenza” della Radio durante la Seconda Guerra mondiale. Negli ultimi anni della sua vita è stato direttore spirituale dello studentato dei Gesuiti al Gesù di Roma e ogni sabato – ricorda l’Osservatore Romano – passava ore e ore nel confessionale della Chiesa di Sant’Ignazio.

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    Giornata mondiale dei malati di Alzheimer: i primi da curare sono i pregiudizi

    ◊   Nel mondo i malati di Alzheimer e di altre demenze sono circa 36 milioni, di questi tre quarti non ricevono una diagnosi. Eppure grazie ad interventi tempestivi i governi potrebbero risparmiare fino a 10 mila dollari per paziente. E’ la denuncia del Rapporto mondiale Alzheimer 2011 presentato oggi a Milano, in occasione della 18.ma Giornata mondiale dedicata a una malattia che solo in Italia colpisce un milione di persone. Tanti ancora i pregiudizi da abbattere, come l’errata convinzione che la demenza faccia parte del normale invecchiamento e che non ci sia nulla da fare. Ma chi è il malato di Alzheimer? Al microfono di Paolo Ondarza la presidente della Federazione Alzheimer Italia, Gabriella Salvini Porro:

    R. – Fondamentalmente, è una persona che perde lentamente le sue capacità. Prima perde la memoria e l’orientamento: non riconosce i posti e poi non riconosce le persone. Fino a un grado avanzato di malattia, la persona che si ha davanti è come quella di prima: il dramma è che quella persona – che è tua mamma, tuo papà, tuo marito o tua moglie – ti sembra uguale, ma dentro non ricorda più la sua identità.

    D. – Mettere a disposizione fondi per la ricerca e per la terapia è un investimento. Voi ci tenete a spiegarlo e, pur consapevoli della gravità dell’attuale crisi economica, dite ai governi che spendere ora, significa risparmiare più avanti, più tardi…

    R. – In Italia si parla di un milione di persone con demenza, di cui circa 600 mila con malattia di Alzheimer: fra vent’anni saranno due milioni e due milioni vuol dire due milioni di famiglie che non riescono a lavorare, che producono meno, che acquistano meno…

    D. – Tra i tanti eventi organizzati per questa Giornata dell’Alzheimer, avete lanciato anche un’iniziativa di sensibilizzazione su Facebook, un canale "giovane" per eccellenza…

    R. – Fra gli utenti di Facebook abbiamo chiesto di cancellare, di spostare, di togliere la loro fotografia dal loro profilo e lasciare la sagoma bianca di default, che sta a significare proprio la perdita dell’identità come nel caso della malattia di Alzheimer. Vogliamo raggiungere e sensibilizzare così soprattutto i giovani. (mg)

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    Chiesa e Società



    Pakistan: 7 milioni di senzatetto e 800 mila sfollati per le alluvioni

    ◊   Ad un anno di distanza dalle alluvioni che l’anno scorso hanno colpito il Pakistan causando oltre 20 milioni di senzatetto, “in questi giorni il dramma del 2010 si sta ripetendo nelle pianure del Sindh e del Beluchistan”. A lanciare l’allarme è il Cesvi: “Ancora una volta massicce precipitazioni monsoniche hanno gonfiato i fiumi facendoli straripare e allagando strade e terreni - oltre 600.000 ettari di terra coltivabile”. Quasi 7 milioni i senzatetto, 650.000 le case distrutte o gravemente danneggiate, perduti il 72% delle coltivazioni e il 40% dei capi di bestiame. Più di 800.000 sfollati - riferisce l'agenzia Sir - hanno dovuto lasciare la casa e le zone di origine: di questi, almeno un quarto sono bambini al di sotto dei 12 anni. Il governo pakistano - che fino alla settimana scorsa ha cercato di gestire l’emergenza - il 18 settembre ha richiesto l’aiuto della comunità internazionale. Il Cesvi, già presente con progetti di emergenza nel vicino Punjab, ha prontamente inviato un team di esperti in aiuti di prima necessità e, insieme alle altre Ong internazionali che fanno parte del consorzio Alliance2015, sta programmando le prime distribuzioni di kit igienico-sanitari: “È fondamentale – spiega - intervenire nel settore dell’igiene comunitaria per scongiurare il pericolo di epidemie di colera, malaria e dengue”. (R.P.)

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    Terremoto sull’Himalaya: si aggrava il bilancio delle vittime

    ◊   Si aggrava il bilancio delle vittime del violento terremoto di magnitudo 6.9 che due giorni fa ha investito la catena dell’Himalaya, colpendo diversi Paesi: i morti accertati salgono a 98; 65 dei quali solo nello Stato del Sikkim, nella parte nordorientale dell’India; 8 le vittime in Nepal e 7 nel Tibet. La scossa è stata talmente forte da essere avvertita anche a chilometri di distanza, addirittura a New Delhi e nel Bangladesh. Oltre alle vittime, il sisma ha causato l’interruzione della corrente elettrica e delle linee telefoniche, mentre migliaia di persone sono costrette a dormire all’addiaccio nonostante l’insistenza delle piogge che hanno, a loro volta, aggravato la situazione con inondazioni e smottamenti che hanno bloccato diverse strade, rendendo difficile la messa in moto della macchina dei soccorsi. “Uno scenario devastante”, è la testimonianza oculare di padre Felix Baretto, vicario generale della diocesi di Darjeeling e parroco della chiesa di S. Tommaso apostolo a Gangtok, raccolta dall'agenzia AsiaNews, che riferisce anche del crollo della Chiesa dei credenti ad Ambithang Mangan, in cui è rimasta uccisa la moglie del pastore. Domani un gruppo della Caritas e della Chiesa locale incontrerà il district copllector di Mangan per coordinare gli aiuti alla popolazione. (R.B.)

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    Alluvioni in Cina: decine di morti e milioni di sfollati

    ◊   Alluvioni e frane in Cina, causate da una settimana di piogge intense hanno ucciso almeno 57 persone, e hanno obbligato altre milioni ad abbandonare le loro case. I dati ufficiali forniti dalle autorità parlano di 12 milioni e 300mila persone sfollate nel Sichuan, nell’Henan e nello Shaanxi, nel nord, nel centro e nel sudovest del Paese. Le previsioni affermano che le alluvioni in Sichuan sono probabilmente le peggiori mai avvenute dal 1847. Le alluvioni - riporta l'agenzia AsiaNews - hanno distrutto grandi estensioni di coltivazioni agricole e hanno ritardato le operazioni di raccolta. Secondo dati provvisori, più di 120mila case sono crollate a causa delle piogge, delle alluvioni e delle frane. Le perdite economiche sono stimate attualmente in due miliardi e 700 milioni di dollari (un miliardo e 900 milioni di euro), ha dichiarato il ministero per gli Affari civili. Oltre alle vittime riconosciute ci sono 29 persone che mancano all’appello. Il governo centrale ha organizzato squadre di soccorso per distribuire tende, coperte e vestiti. Il vicesindaco di Xi’an, la capitale dello Shaanxi, ha dichiarato che una frana il 17 settembre ha colpito un quartiere suburbano, seppellendo una fabbrica di mattoni e un dormitorio per operai, uccidendo 17 persone; altre 15 mancano all’appello. In Sichuan più di 600mila persone sono state evacuate dalle loro abitazioni, dal momento che i maggiori tributari dello Yangtze, il fiume più lungo della Cina, hanno superato tutti i livelli di pericolo. (R.P.)

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    Giappone: allerta per il passaggio del tifone Roke, si teme per Fukushima

    ◊   È altissimo il livello d’allarme in Giappone per l’atteso passaggio del tifone Roke, il 15.mo della stagione, che questa mattina è già arrivato ad Hamamatsu, nella prefettura di Shizuoka, e si sta ora dirigendo verso la parte centroccidentale dell’isola di Honshu e potrebbe toccare anche la capitale Tokyo. Il tifone ha già ucciso sei persone mentre circa un milione e 300mila hanno ricevuto l’ordine o l’allerta per l’evacuazione. Roke, infatti, porta con sé venti che soffiano a oltre 200 chilometri all’ora e piogge torrenziali: il timore più grande è che raggiunga anche la regione di Tohoku, dove si trova l’impianto nucleare di Fukushima, già fortemente provato dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo scorso. La società Tepco, che ha in gestione la centrale, ha fatto sapere che è stata adottata ogni misura possibile per evitare danni, come la momentanea sospensione di tutte le operazioni, a terra e in mare. Anche altrove si è cercato di correre al riparo per limitare i danni che si prevedono ingenti: molte strade sono state chiuse, diversi i collegamenti ferroviari interrotti e tanti i voli cancellati, mentre nelle campagne si registrano già parecchie inondazioni che hanno distrutto i raccolti. Roke lascerà il territorio nipponico presumibilmente nel pomeriggio di domani. (R.B.)


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    Ue: mons. Gadecki invoca "autonomia e cooperazione" tra Stato e Chiesa

    ◊   Autonomia e cooperazione reciproche: secondo mons. Stanisław Gądecki, arcivescovo di Poznan (Polonia), deve essere questo il rapporto tra Chiesa e Stato. Nell’omelia della “messe de rentrée” (messa di ripresa) delle attività dell'Unione europea tenutasi, nell’ambito del semestre di presidenza polacca, ieri sera a Bruxelles nella cattedrale dei Santi Michele e Gudula, mons. Gadecki ha osservato: “La Polonia ha avuto l'onore di presiedere per sei mesi l'Unione europea e noi celebriamo questo evento liturgicamente, qui a Bruxelles, occasione per riflettere sulla presenza della Chiesa nello spazio pubblico”. Nel sottolineare “la necessità dell’autonomia dello Stato e della Chiesa, della vita pubblica e della vita religiosa”, l’arcivescovo di Poznan - riferisce l'agenzia Sir - ha poi affermato: “Oggi nessuno dei rappresentanti della Chiesa cattolica auspica un forte legame tra religione e politica, che porterebbe inevitabilmente alla politicizzazione della Chiesa. Al contrario, proclamando la necessità dell’autonomia, viene proclamata una situazione in cui la Chiesa - liberata da falsi legami con lo Stato - può dedicarsi ai suoi propri fini. Uno di questi obiettivi – ha tuttavia chiarito - è la realizzazione di compiti pubblici. Quindi, quando si predica l'autonomia istituzionale, si deve tener presente la necessità di una cooperazione in molti ambiti della vita umana”. Secondo mons. Gadecki, “la Chiesa deve impegnarsi nei settori dell'istruzione scolastica e dei servizi sociali (asili, ospedali, case di cura), affrontare la questione di un equo e umano sistema del lavoro e preoccuparsi per la pace e lo sviluppo sostenibile”. Oggi, ammette, “molti potrebbero affermare che è auspicabile” che essa “rimanga in silenzio e non interferisca nella vita pubblica o nella politica” ma, avverte, “la Chiesa non può tacere” quando “è in gioco l’inalienabile valore della dignità umana” e i cristiani “devono essere ‘sale della terra’ anche in relazione alla vita sociale”. Per l’arcivescovo di Poznan, l’assenza della Chiesa “non solo limiterebbe i diritti della Chiesa, ma sarebbe dannosa anche per il popolo e per lo stesso Stato. In una società pluralista e in un moderno Stato democratico la Chiesa non vorrebbe essere trattata come uno ‘straniero ostile’, ma come entità libera in un Paese libero”. Presenti alla messa anche mons. André-Joseph Leonard, primate del Belgio; mons. André Dupuy, nunzio apostolico presso l'Ue; mons. Adrianus Herman van Luyn, vescovo di Rotterdam e presidente della Commissione episcopati Comunità europea (Comece), e mons. Piotr Mazurkiewicz, segretario generale dello stesso organismo episcopale. (R.P.)

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    Oggi a Bruxelles conferenza a 30 anni dalla "Laborem exercens" di Giovanni Paolo II

    ◊   ”Laborem exercens: il posto centrale del lavoro nell’economia sociale di mercato europea”: è il tema della conferenza in programma oggi pomeriggio a Bruxelles, per iniziativa della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece). Nel trentennale dell’enciclica di Giovanni Paolo II, l’incontro proporrà un’analisi della situazione odierna e delle problematiche più urgenti del mondo del lavoro, alla luce dei principi dell’etica cristiana e della dottrina sociale della Chiesa. Ad aprire i lavori sarà il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, con una riflessione sul valore e significato del lavoro umano. Si susseguiranno, quindi, tre tavole rotonde su “Benessere economico, affari e bene comune”, “Come ridurre la disoccupazione in Europa” e “Qualità di vita, lavoro dignitoso e condizioni lavorative: il posto della persona, delle società e dello Stato”. Prendono parte al dibattito numerosi parlamentari europei, tra i quali Mario Mauro, Alojz Peterle, Patrizia Toia, Sylvie Goulard e Jan Olbrycht; apporti verranno anche dal gesuita padre Pierre Martinot-Lagarde, consigliere speciale del direttore del Bit di Ginevra e da Martin Wilde, segretario generale di Uniapac Europa. La sintesi degli interventi e i rilievi conclusivi sono affidati al parlamentare europeo Vito Bonsignore, presidente del gruppo di lavoro sul dialogo interreligioso e sugli affari religiosi dell’Europarlamento. (A cura di Marina Vitalini)

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    Belgio. Mons. Leonard: screening psicologico nei seminari per prevenire casi di pedofilia

    ◊   Uno “screening” più attento del profilo psicologico dei candidati al sacerdozio. Anche così la Chiesa cattolica belga intende contrastare il fenomeno pedofilia. E’ mons. André Léonard, arcivescovo di Maline-Bruxelles e primate del Belgio a parlarne in un’intervista rilasciata ad una rete televisiva belga e rilanciata oggi dalla Conferenza episcopale. Mons. Léonard ha spiegato che tutti coloro che entreranno in seminario per diventare preti saranno sottoposti prima ad un esame psicologico che permetterà di analizzare il loro profilo fin dall’inizio degli studi. I seminaristi saranno poi seguiti nella formazione da un’equipe di psicologi. “La Chiesa – ha detto l’arcivescovo – deve meglio proteggere i bambini”, per questo deve essere “più vigilante che mai”. Nel rilanciare la notizia - riferisce l'agenzia Sir - la Conferenza episcopale ha spiegato attraverso Joel Rochette, direttore del seminario di Namur, che l’impegno profuso dalla Chiesa per una maggiore vigilanza psicologica dei candidati sacerdoti è “positivo” ma che da un punto di vista strutturale “non vi è nulla di nuovo. All’interno della Chiesa – ha detto -, già da molti anni si fa questo screening psicologico. E’ che oggi lo si rende semplicemente pubblico”. L’analisi psicologica del candidato rimane strettamente riservato al segreto professionale per cui lo psicologo non rivelerà mai i dettagli della sua analisi ma dà il consenso o meno perché il candidato possa continuare nella sua strada di formazione verso il sacerdozio. Il sistema funziona. “Ci sono stati casi – dice il direttore del seminario di Namur – in cui l’equilibrio psicologico e affettivo era insufficiente e la candidatura è stata rifiutata”. Joel Rochette mette però in guardia da un rischio: quello della “stigmatizzazione. Il rischio cioè – spiega – che i candidati siano puntati a vista fin dall’inizio del loro cammino di formazione e che siano comunque considerati come presunti colpevoli. E questa sarebbe un'ingiustizia”. (R.P.)

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    India: oltre 55 attacchi anticristiani nel 2011. I vescovi: urge una legge per le minoranze

    ◊   Una chiesa attaccata e danneggiata in Karnataka due giorni fa; un incontro di preghiera interrotto e impedito da estremisti in Madhya Pradesh; 7 cristiani arrestati in Andhra Pradesh e un Pastore protestante arrestato in Uttar Pradesh, con la falsa accusa di “conversioni forzate”: sono gli ultimi episodi che fonti nella comunità cristiana indiana riferiscono all’agenzia Fides, notando che gli episodi di violenza perpetrati da gruppi radicali indù nei confronti dei cristiani continuano. Secondo un Rapporto inviato a Fides dal “Global Council of Indian Christians” (Gcic) – organismo ecumenico che monitora la condizione dei fedeli nel Paese – nel 2011 si sono verificati almeno 55 gravi casi di violenze, dei quali 35 in Karnataka e 20 in Orissa. Ma la cifra non abbraccia centinaia di episodi riguardanti intimidazioni, percosse, minacce, interventi per disturbare assemblee domestiche, piccoli danni a edifici e luoghi di culto. “Tutto ciò non solo disturba la pace e l’armonia nel Paese, ma danneggia anche l’immagine del Paese all’estero” nota il Gcic, ricordando che l’India è menzionata negativamente nel recente Rapporto sulla Libertà religiosa nel mondo, del Dipartimento di Stato Usa. Per questo i vescovi indiani “sostengono con forza l’adozione di un provvedimento legislativo a tutela delle minoranze, etniche e religiose in India”, commenta mons. Vincent Concessao, arcivescovo di New Delhi. Intanto è fermo in Parlamento il “Communal Violence Bill”, proposta di legge del governo (guidato dal Partito del Congresso), che intende prevenire e dare allo Stato federale maggiori poteri, in caso di violenze verso le minoranze. L’arcivescovo spiega che “i partiti di opposizione (come il Baratiya Janata Party, partito nazionalista indù), ma anche il Trinamool Congress, partito nella coalizione di governo, si oppongono al provvedimento: affermano che, per proteggere le minoranze, esso danneggerebbe la maggioranza. Ma il fine della legge è solo prevenire la violenza, adottando misure adeguate e penalizzando fortemente coloro che innescano e portano avanti conflitti. Per questo continueremo a chiedere al governo di approvare la legge, facendo pressioni insieme con tutte le minoranze etniche e religiose. Speriamo sia approvato per il bene dell’India: contribuirà a creare armonia sociale e migliorerà il buon nome del Paese a livello internazionale”. (R.P.)

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    Indonesia. Minacce contro chiese cristiane. Tensione anche nelle Sulawesi e nelle Molucche

    ◊   In Indonesia è in atto una campagna volta a esasperare le tensioni interconfessionali, che potrebbe sfociare in nuovi scontri fra cristiani e musulmani dopo le recenti violenze nelle Molucche e ad Ambon. Al momento - riferisce l'agenzia AsiaNews - non è dato sapere chi sia la “mente” interessata a provocare nuovi incidenti; la polizia non chiarisce se si tratta di propaganda politica o a sfondo religioso. Resta il fatto che più volte, nei giorni scorsi, sono circolati sms e messaggi – privi di fondamento – che denunciavano attacchi a chiese cattoliche o luoghi di culto cristiani in varie zone dell’arcipelago. Padre Jimmy Tumbelaka, sacerdote della diocesi di Manado, nelle Sulawesi del Nord, rettifica le voci circolate fra giornalisti e attivisti per i diritti umani, secondo cui sarebbero state bruciate due chiese cattoliche e una casa di preghiera protestante a Poso. È stato incendiato, chiarisce il prete originario di Manado, “solo l’ingresso principale della chiesa di Santa Teresa a Poso, non l’intero edificio”. In passato il luogo di culto era la più importante chiesa cattolica a Poso; il 23 maggio 2000 ha subito un violento attacco da parte di gruppi estremisti, che hanno appiccato il fuoco all’edificio. Padre Tumbelaka ha vissuto in prima persona le violenze confessionali fra cristiani e musulmani a Poso fra il 1998 e il 2001. Egli si è anche battuto con forza per il rilascio di tre fedeli cattolici – Fabianus Tibo, Marinus Riwu e Dominggus da Silva – condannati a morte e giustiziati per gli scontri islamo-cristiani. Il sacerdote invita con forza “i miei concittadini indonesiani, di tutte le fazioni, a non lasciarsi trascinare da sentimenti di odio contro gli altri”. Intanto il gruppo islamico radicale “Fronte dei difensori dell’Islam” (Fpi) ha annunciato di “essere pronto ad inviare miliziani a combattere la guerra santa contro i cristiani nelle Molucche”: come riferiscono fonti dell'agenzia Fides nella comunità cristiana indonesiana, un comunicato ufficiale del Fpi esorta i musulmani di Ambon a “svegliarsi” e promette tutto il sostegno necessario, come “nuovi soldati per la jihad”. Dieci giorni fa Ambon, capitale delle isole Molucche (nell’Est dell’arcipelago indonesiano) è stata sconvolta da scontri fra cristiani e musulmani, innescati da provocatori dopo un incidente stradale in cui è rimasto vittima un uomo musulmano. L’appello del Fpi – movimento estremista che sta alimentando conflitti interreligiosi soprattutto a Giava, nei sobborghi della metropoli Giacarta – desta preoccupazione nei cristiani indonesiani, nelle Molucche e nella capitale. Attualmente la situazione ad Ambon è tranquilla e relativamente stabilizzata, ma la tensione resta alta. Fonti di Fides informano che la chiesa cristiana di Silo, al confine fra la zona cristiana e musulmana, ha ripreso le celebrazioni liturgiche, anche se permane un ampio dispiegamento delle forze di polizia nell’isola, anche a protezione dei luoghi di culto. I leader religiosi, cristiani e musulmani, continuano ad adoperarsi per mantenere la pace sociale e religiosa. (R.P.)

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    Corno d'Africa: Salesiani e Acs accanto alla popolazione colpita dalla crisi alimentare

    ◊   I Salesiani presenti in Etiopia, impegnati nell’attività di coordinamento degli aiuti per i rifugiati provenienti dalla Somalia e per la popolazione locale, accusano la comunità internazionale di essersi mossa troppo tardi per la carestia che affligge il Corno d’Africa e i cui segni erano già evidenti nel dicembre dell’anno scorso. I Paesi più colpiti dalla gravissima crisi alimentare che secondo l’Onu coinvolgerà 13 milioni di persone delle quali 750mila a rischio morte, sono, oltre alla Somalia e l’Etiopia, Gibuti, l’Eritrea, il Sud Sudan, l’Uganda e la Tanzania. Uno dei coordinatori del progetto in loco dell’associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), Mattia Grandi, riferisce all'agenzia Zenit che la situazione è particolarmente difficile nel campo di transito di Dolo Odo, dove i somali devono sostare per qualche giorno in attesa di essere registrati: senza registrazione, infatti, non possono ottenere lo status di rifugiati e quindi non hanno accesso ai programmi umanitari e alla distribuzione degli aiuti delle Nazioni Unite. Il campo, previsto per cinquemila presenze, ospita ora circa 15mila persone, tra cui molte donne e molti bambini e il flusso di persone che dalla Somalia fuggono dalle aree controllate dalle milizie di Shabaab non conosce sosta e ammonta a circa duemila persone al giorno. (R.B.)

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    Burundi: l’appello dei vescovi contro il rischio di una spirale di violenza

    ◊   Un “atto ignobile”, una “pura azione terroristica”: così mons. Evariste Ngoyagoye, arcivescovo di Bujumbura, ha definito, in un’intervista alla Misna, l’uccisione di almeno 39 civili, domenica sera, nel locale “Chez les amis” a Gatumba. In campo sono scesi tutti i vescovi del Burundi, che in un messaggio hanno invitato la popolazione a “non cadere in una spirale di violenza” e a seguire, invece, la linea del dialogo. Una “condanna senza riserve” a quanto accaduto arriva anche dalla Commissione nazionale indipendente per i Diritti umani, che ha chiesto ufficialmente al governo di “inquadrare i movimenti giovanili affiliati ai partiti, impedendo loro di essere influenzati da chi viola la norma fondamentale del rispetto della vita umana”. Il clima politico nel Paese è andato deteriorandosi dopo le elezioni comunali dello scorso anno il cui risultato non è stato riconosciuto dall’opposizione che ha risposto boicottando le successive presidenziali e legislative; inoltre, negli ultimi mesi, alcuni esponenti simpatizzanti con l’opposizione hanno deciso di lasciare il Burundi. (R.B.)

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    Malawi: sale la tensione politica, anche la Chiesa nel mirino del governo

    ◊   Da oggi e per tre giorni il Malawi sarà “città morta”: questa l’iniziativa presa dall’opposizione al governo, in seguito al divieto della polizia alla manifestazione di protesta indetta per oggi e approvata anche dalla Corte Suprema. La manifestazione, prevista originariamente per il 17 agosto, era stata poi fatta slittare come segno di buona volontà verso il presidente Bingu wa Mutharika, in attesa che questi rispondesse alle richieste dell’opposizione. Il Malawi, ricorda l'agenzia Fides, è da tempo sprofondato in una grave crisi politica ed economica e anche la Chiesa è entrata nel mirino del governo, come spiega padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano da 30 anni nel Paese: “Si sono moltiplicati gli attacchi alle chiese da parte del presidente che ci vede come nemici del suo governo”, ha detto, spiegando le motivazioni alla base di tanta ostilità: un discorso pubblico in cui il presidente della Conferenza episcopale locale e vescovo di Mzuzu, mons. Joseph Mkasa Zuza avrebbe detto che chi crede di essere perfetto e di non avere bisogno di alcun consiglio è, invece, uno sciocco perfetto, discorso che il presidente ha creduto essere riferito a sé. Da allora sono iniziati gli attacchi contro le chiese: “È in atto una vera e propria campagna di diffamazione contro il vescovo, con accuse molto pesanti verso la sua persona e il suo ministero – ha aggiunto padre Gamba – e chi accusa un vescovo accusa tutta la Chiesa”. Solidarietà a mons. Zuza è stata espressa, intanto, dal Public Affairs Committee. (R.B.)

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    Unicef: appello per il diritto all’istruzione nei Paesi del Medio Oriente

    ◊   Settembre è il mese in cui gli alunni di buona parte del mondo torna a scuola, ma questo non è possibile in alcuni Paesi del Medio Oriente dove proseguono i conflitti armati. A lanciare l’appello al diritto all’istruzione è il direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa dell’Unicef, Shahida Azfar, che ricorda come l’educazione dei giovani sia anche un obbligo morale per qualsiasi governo e stima che nell’area ci siano 4.7 milioni di bambini in età da scuola primaria e 4.3 milioni di ragazzi in età da scuola superiore che restano fuori dal sistema. In particolare la situazione è drammatica in Libia, Siria e Yemen. In Libia l’anno scolastico è iniziato il 17 settembre scorso e molte scuole primarie non lesionate che si trovano in aree dove non si combatte più hanno effettivamente riaperto, ma per l’inizio delle lezioni delle superiori bisognerà aspettare ancora qualche settimana perché gli edifici sono occupati dai miliziani. L’Unicef, comunque, sta lavorando a stretto contatto con il Ministero dell’Istruzione locale. Anche in Siria l’anno scolastico ha preso l’avvio il 18 settembre, ma già nel corso dell’estate si era riusciti a proteggere lo svolgimento delle lezioni di recupero per gli studenti del governatorato di Daraa. Nello Yemen, poi, l’anno scolastico è stato inaugurato, ma già quello precedente, a causa delle manifestazioni antigovernative, ha subìto uno stop complessivo di due mesi. Molte, inoltre, le scuole requisite dai militari o utilizzate come ricovero per gli sfollati: 44 nella capitale Sanaa e 80 nelle città di Aden e Lahj. L’Unicef ha infine ricordato l’esistenza di una risoluzione Onu che riconosce alle scuole, come già fatto per gli ospedali, lo status di oasi di sicurezza nelle guerre. (R.B.)

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    Bolivia: nuovo appello alla riconciliazione dei vescovi sul caso Tipnis

    ◊   La Conferenza episcopale della Bolivia ha lanciato un nuovo appello ai settori in conflitto per il caso Tipnis (Territorio Indigeno Parco Nazionale Isiboro Secure), invocando un dialogo sincero e costruttivo. Le popolazioni indigene stanno infatti protestando con una marcia che si dirige a La Paz a difesa del Tipnis, loro habitat, minacciato dalla costruzione di un’autostrada approvata dalle autorità. Sia le loro posizioni che quelle del governo si sono irrigidite, rifiutando il dialogo, inoltre alcuni settori sociali si sono mostrati contrari alla marcia tentando di bloccarla nei pressi di Yucumo. “La Conferenza episcopale boliviana, nel contesto della sua missione pastorale e spinta dal peggioramento nei giorni scorsi del problema del Tipnis, ancora una volta richiama le autorità e i settori interessati al fine di evitare qualsiasi scontro e violenza, che lungi dal risolvere il conflitto, aggrava le divisioni e i risentimenti tra fratelli, con conseguenze imprevedibili che noi tutti potremmo rimpiangere”: è quanto riporta il testo della dichiarazione presentata alla stampa, di cui copia è stata inviata all’agenzia Fides. “Incoraggiandoli a presentare e difendere i loro legittimi interessi sulla strada del dialogo piuttosto che con la forza, invitiamo i leader delle organizzazioni dei coloni e le organizzazioni interculturali a riconoscere la libertà di manifestazione dei loro fratelli indigeni della pianura, con cui condividono le stesse angosce e speranze. Inoltre ricordiamo a tutti che, secondo i principi cristiani e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, costituisce un atto criminale il fatto di evitare che eventuali aiuti umanitari possano raggiungere la loro destinazione. Invitiamo le autorità nazionali ad assumersi la responsabilità che questi diritti umani fondamentali siano rispettati e garantiti” continua la dichiarazione dei vescovi. L’appello dei vescovi è forte e chiaro: "Esortiamo le parti interessate a riprendere la via del dialogo autentico e costruttivo, sulla base di una reale volontà delle parti, la ricerca della verità, la reciproca capacità di ascolto e una sincera disposizione al compromesso circa le proprie posizioni dinanzi alla priorità del bene di tutti". La dichiarazione è firmata da mons. Oscar Aparicio, vescovo ausiliare di La Paz e segretario della Conferenza episcopale in data 19 settembre. (R.P.)

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    La visita del delegato apostolico in Myanmar: “L’amore al centro della vita”

    ◊   “L’amore è il centro della vita umana”: così il delegato apostolico per il Myanmar, mons. Giovanni D’Aniello, nella Messa che due giorni fa ha celebrato nella cattedrale del Sacro Cuore a Mandalay, dove era in visita. Il presule ha poi incontrato il vescovo di Myitkyina, mons. Francis Daw Tang, diversi sacerdoti e molti fedeli, che ha ringraziato per la “calorosa accoglienza”. Tra le altre tappe della visita, che sarà replicata all’inizio del 2012, anche il seminario di PyinuOo Lwin, dove ha pranzato con i fedeli. Nei giorni scorsi, precisa poi l'agenzia AsiaNews, in occasione della cerimonia sul Monte Inkhine per l’esaltazione della Santa Croce, mons. Tang ha lanciato un appello ai cristiani affinché s’impegnino per la pace nel Paese e preghino per i leader politici e gli sfollati della guerra che insanguina il nord del Myanmar, al confine con la Cina, e vede contrapporsi l’esercito regolare alle milizie ribelli dello Stato del Kachin. Nell’area, infatti, vivono circa centomila cattolici e dopo mesi di conflitto il cibo comincia a scarseggiare e le malattie a farsi strada: per portare sollievo alla popolazione, la Chiesa locale ha aperto una scuola professionale per la formazione di infermieri e ha avviato la costruzione di scuole e centri educativi, occupandosi anche del mantenimento degli studenti più bisognosi. (R.B.)

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    India: solidarietà dei vescovi per le proteste anti-nucleare

    ◊   Immediata chiusura della centrale di Koodankulam (in Tamil Nadu) e graduale dismissione di tutte le centrali esistenti in India; una moratoria su tutti i progetti nucleari; una decisa virata verso le fonti alternative di energia, ecocompatibili: sono le richieste presentate al governo indiano dalla Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi indiani, che esprime piena solidarietà verso tutti coloro che – senza distinzione di etnia, religione, casta, stato sociale – sono giunti al nono giorno di digiuno e di protesta nonviolenta in Tamil Nadu (India meridionale) per chiedere la chiusura della centrale nucleare di Koodankulam. In una nota inviata all’agenzia Fides, il segretario della Commissione,Charles Irudayam, il vescovo presidente, mons. Yvon Ambroise, e altri vescovi membri, come mons. Gerald Almeida e mons. Mathew Arackal, invitano il governo a “garantire la protezione dei cittadini e il loro diritto alla vita”, sanciti dell’art. 21 della Costituzione, nonché a proteggere l’ecosistema e la natura (art. 51 della Carta). I vescovi esprimono amarezza per il comportamento della polizia, che ha caricato senza motivo manifestanti nonviolenti come studenti, pescatori e lavoratori, accampati in un sit-in e impegnati in un digiuno di massa. Costoro vedono un pericolo per la loro vita e la loro tranquillità (in caso di un incidente nucleare) e una minaccia alla loro sopravvivenza quotidiana, a causa dei danni all’ecosistema che la centrale produrrà. Mons. Yvon Ambroise, “facendo proprie le gioie, le speranze, i dolori, le ansie della popolazione”, si è recato ad incontrare i manifestanti, esprimendo loro sostegno, incoraggiamento e solidarietà della Chiesa indiana. (R.P.)

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    Filippine: la Chiesa sempre al primo posto nella fiducia dei filippini per la difesa dei valori

    ◊   Nelle Filippine la Chiesa e i mezzi di informazione sono le istituzioni nelle quali i cittadini hanno maggiore fiducia. Secondo i risultati di un recente sondaggio diffusi in questi giorni, il 51% dei filippini considera, infatti, la Chiesa come l’istituzione più affidabile, seguita a distanza dai media giudicati credibili dal 22% della popolazione. Il sondaggio è stato condotto alla Eon Inc. su un campione di 500 persone con un livello di istruzione medio-alto. Soddisfazione per i risultati della ricerca, come riferisce l’agenzia Ucan, è stata espressa da diversi vescovi dai microfoni di Radio Veritas. Secondo mons. Arturo Bastes, vescovo di Sorsogon, essa dimostra che “nonostante i suoi difetti, la Chiesa è importante per la gente, soprattutto nella vita dei poveri”. Per l’arcivescovo di Cagayan de Oro Antonio Ledesma i cittadini filippini hanno fiducia nella Chiesa perché riconoscono il suo impegno in difesa della fede e dei valori morali. Essi apprezzano in particolare l’impegno delle organizzazioni cattoliche nella lotta contro corruzione e per il buon governo. Lo conferma il fatto che tanta gente comune si rivolge alle istituzioni ecclesiastiche per avere aiuto. “Questo è il ruolo della Chiesa: di aiutare tutti senza di distinzione di posizione o status sociale”, ha affermato da parte sua mons. Ruperto Santos, vescovo di Balanga. Da rilevare che il sondaggio è stato realizzato prima della controversia politica scoppiata questa estate sulla vicenda delle donazioni ricevute da alcuni vescovi dall’ente pubblico delle lotterie, donazioni peraltro dichiarate successivamente regolari dal Senato. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Presentato a Ho Chi Minh Ville il primo dizionario cattolico in vietnamita

    ◊   La Chiesa in Vietnam ha il suo primo dizionario cattolico vietnamita. Il volume è stato presentato domenica a una cerimonia a Ho chi Minh-Ville da mons. Paul Bui Van Doc, vescovo di My Tho e presidente della Commissione episcopale per la dottrina della fede della. “L’opera – ha detto il presule ai 200 presenti – nasce dal grande desiderio della nostra Chiesa di promuovere una teologia cattolica indigena ed è un primo importante passo in questa direzione”. Finora infatti i dizionari cristiani utilizzati in Vietnam sono traduzioni da originali stranieri. Alla stesura dell’opera, che ha richiesto quattro anni di lavoro in cui sono stati usati i documenti e i libri teologici più aggiornati e in particolare il Catechismo della Chiesa cattolica, hanno contribuito circa 150 tra vescovi, sacerdoti, religiosi, ma anche laici esperti di storia della Chiesa, cultura, linguistica, filosofia, biblistica e teologia. In questa prima versione il dizionario contiene 500 termini cristiani di base con definizioni concise, chiare e comprensibili, accompagnate dalle parole equivalenti in cinese, latino, inglese e francese. Il coordinatore del dizionario, padre Pierre Nguyen Chi Thiet ha anticipato all’agenzia Ucan che nei prossimi anni è prevista l’aggiunta di un altro migliaio di termini cattolici attinenti alla Chiesa, al cristianesimo, alla teologia morale, al diritto canonico, alla pastorale, alla filosofia, alla spiritualità e alla teologia. (L.Z.)

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    Argentina: la Caritas ricorda l’importanza di coinvolgere i poveri nello sviluppo del Paese

    ◊   “L’obiettivo principale della Caritas Argentina è quello di far sì che anche i poveri siano coinvolti nello sviluppo integrale del Paese, vivendo il Vangelo nella sua carità trasformatrice”: è quanto afferma, in un’intervista rilasciata all’agenzia Aciprensa, il coordinatore generale dell’organismo, José Luis Pagliettini. In particolare, il responsabile Caritas sottolinea che “un tempo, l’operato della Caritas si concentrava sul fattore prettamente assistenziale. Successivamente, si è cominciato a parlare di un obiettivo più mirato alla promozione, mentre oggi pensiamo nell’ottica della carità che trasforma, enfatizzando la prospettiva evangelica della vita, a partire dai valori del Regno dei Cieli e di Gesù, dando così molto spazio alla persona umana”. Ricordando, poi, il capillare operato portato avanti dalla Caritas Argentina attraverso le parrocchie e rivolto al sostegno delle necessità delle comunità più indigenti, José Luis Pagliettini ribadisce un altro punto di forza dell’organismo, ovvero un sistema di finanziamento nazionale, sia pubblico che privato, che evita “la dipendenza dalla cooperazione internazionale”. Certo, le criticità non mancano, come “la carenza di risorse umane”, ma fondamentale è “l’immagine che la Caritas ha nella società”. Infatti, conclude Pagliettini, “si tratta dell’organizzazione sociale più riconosciuta e più affidabile. E questo è, per noi, motivo di grande orgoglio, ma anche di grande responsabilità”. (I.P.)

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    Irlanda: cattolici, anglicani e metodisti insieme per il Congresso eucaristico internazionale

    ◊   L’arcidiocesi cattolica di Dublino, la Chiesa anglicana e quella metodista d’Irlanda scendono in campo fianco a fianco per promuovere il prossimo Congresso eucaristico internazionale (Iec), che avrà luogo a Dublino dal 10 al 17 giugno 2012. L’iniziativa prevede la presentazione di uno “stand ecumenico informativo”, disponibile, fino a domani, ad Athy, nel corso dell’80.ma edizione del Campionato nazionale di aratura. L’evento agricolo è, infatti, un appuntamento annuale che da sempre fornisce alle diverse confessioni cristiane l’occasione di collaborare sul piano ecumenico. Nello stand appositamente preparato, cattolici, anglicani e metodisti si riuniranno per pregare insieme, in uno spazio condiviso. La preghiera comune sarà offerta ad orari regolari, ma tutte le persone presenti potranno affiggere le proprie intenzioni di preghiera su un apposito muro, denominato appunto “muro di preghiera”. Giovedì, inoltre, lo stand riceverà la visita dei due arcivescovi di Dublino, il cattolico Diarmuid Martin e l’anglicano Michael Jackson. Al campionato nazionale di aratura sarà esposta anche la campana simbolo dell’Iec, che sta compiendo un pellegrinaggio in tutte le diocesi irlandesi, richiamando l’importanza della preghiera, del rinnovamento e della partecipazione al Congresso. Soddisfazione per l’iniziativa dello stand è stata espressa da padre Kevin Doran, segretario generale dell’Iec: “Siamo felici di essere rappresentati all’80.mo campionato nazionale di aratura. Tanto più che nel 2012 ricorrerà anche l’80.mo anniversario del primo Congresso eucaristico internazionale ospitato dall’Irlanda, svoltosi nel 1932”. Naturalmente, il lavoro da fare per il 2012 è ancora molto, conclude padre Doran, ma “le risposte ricevute finora rivelano un grande entusiasmo per l’Iec. Ora, chiediamo ai fedeli di dare corpo a questo entusiasmo attraverso il volontariato e di diventare parte di questo grande viaggio”. L’obiettivo del Congresso, lo ricordiamo, è quello di “promuovere la consapevolezza della centralità dell’Eucaristia nella vita e nella missione della Chiesa, per contribuire a migliorare la comprensione e la celebrazione della liturgia, guardando anche alla dimensione sociale del mistero eucaristico”. (I.P.)

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    Presentate a Londra le prime due copie della nuova traduzione inglese del Messale Romano

    ◊   Domenica pomeriggio sono state ufficialmente presentate a Londra le prime due copie della nuova traduzione inglese del Messale Romano che entrerà in uso nella Chiesa del Regno Unito a partire dal prossimo Avvento. Si tratta di due messali d’altare che sono stati consegnati al presidente della Conferenza episcopale inglese e gallese mons. Vincent Nichols e a mons. Arthur Roche, presidente del Dipartimento episcopale per la vita cristiana e il culto e della Commissione internazionale per l’inglese nella Liturgia (Icel). L’occasione è stata la solenne Messa di ringraziamento celebrata nel pomeriggio di domenica nella cattedrale di Westminster per il primo anniversario del viaggio apostolico di Benedetto XVI nel Regno Unito, a cui hanno partecipato tutti i vescovi ed i seminaristi locali, insieme ad alcuni rappresentanti della Chiesa anglicana e del Governo. Uno dei due volumi, avvolti in un’elegante custodia di velluto rosso, è stato usato da mons. Nichols per la celebrazione. Durante la cerimonia l’arcivescovo di Westminster ha vivamente ringraziato i responsabili del Catholic Truth Society (Cts) che ne ha curato la pubblicazione, affermando che il nuovo Messale una grande importanza per la vita della Chiesa nel Regno Unito. Il Segretario generale della Cts Fergan Martin ha dichiarato, da parte sua, che questa impresa editoriale è stata una grande soddisfazione e piacere per la casa editrice. La nuova traduzione inglese del Messale Romano ha richiesto otto anni di intenso un lavoro, a cui Benedetto XVI aveva dato un forte incoraggiamento durante la sua visita nel Regno Unito, esprimendo parole di grande apprezzamento per l’impegno profuso in questa impresa. Come auspicato dal Santo Padre, l’introduzione dei nuovi testi è stata un’importante occasione di catechesi per la Chiesa locale. I cambiamenti più importanti sono quelli che riguardano le parole per la Confessione dei peccati, quelle del Gloria, del Credo e del Santo. (L.Z.)

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    Gmg 2013: la Croce e l’icona arrivate a San Paolo del Brasile tra 100 mila giovani

    ◊   E' iniziato il percorso verso la Giornata di Rio de Janeiro nel 2013. La croce e l’icona della Giornata Mondiale della Gioventù infatti, sono arrivate domenica scorsa a San Paolo del Brasile, dove sono state protagoniste di un evento intitolato “Bote Fé”, che si è svolto nell’aeroporto Campo di Marte e dove i momenti di preghiera sono stati accompagnati da momenti di musica e fraternità. Vi hanno partecipato circa centomila giovani, che hanno così potuto “assaggiare” l’atmosfera che regnerà in città nel 2013, quando vi si terrà la prossima Gmg. L’arcivescovo di San Paolo, cardinale Odilo Scherer, ha aperto la giornata affermando che “la Chiesa ha fiducia nei giovani”. Gli ha fatto eco il vescovo ausiliare, mons. Tarcisio Scaramussa, responsabile diocesano del settore Gioventù: “La grande aspettativa era avere un buon inizio – riferisce la Zenit – con una risposta consistente a livello di interesse, e questo è stato già confermato con la partecipazione a Madrid e ora qui”. In effetti, Bota Fé è stato un primo banco di prova dal punto di vista organizzativo: a disposizione dei fedeli ci sono state la tenda delle confessioni, la cappella per l’Adorazione, la rappresentazione del Rosario, il video sulla storia della Gmg e sulla Giornata di Madrid, Messe e testimonianze. “Il giovane è una priorità: la Chiesa crede nel presente e nel futuro – ha aggiunto mons. Scaramussa – il giovane è la Chiesa di oggi e il rinnovamento delle forze per la Chiesa del domani, oltre alla gioia che la gioventù ha e di cui la Chiesa ha bisogno”. (R.B.)

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    Russia: a Mosca demolita una casa delle Suore di Madre Teresa

    ◊   Mentre Mosca si affretta a presentare una statua di bronzo di Madre Teresa, il prossimo 24 settembre, il comune demolirà un ospizio delle Missionarie della carità (l’ordine religioso fondato dalla beata di Calcutta) per "mancanza di permessi". Del tutto vani - riferisce l'agenzia AsiaNews - i tentativi di mediazione da parte della Chiesa ortodossa russa – compreso l’intervento del patriarca Kirill – di fermare l’ordine di demolizione, giunto il 16 settembre scorso. Invece, la statua di Madre Teresa, beatificata nel 2003 da Giovanni Paolo II, sarà posta vicino alla cattedrale dell’Immacolata Concezione. Collocato nella parte orientale della città, l’ospizio – composto da due strutture – ha attirato l’attenzione del municipio moscovita tre anni fa, quando le autorità locali hanno chiesto a un tribunale di ordinare alle Missionarie di demolire uno dei due edifici e rimuovere l’ultimo piano dell’altra. “La distruzione di un luogo – dichiarano le Missionarie della carità – costruito grazie alle donazioni volontarie di persone da tutto il mondo, è un segno di cecità al dolore umano e di disprezzo verso chi aiuta i più poveri”. Il comune ha optato per un eloquente silenzio stampa. L’ospizio moscovita di Madre Teresa, fondato nel 1990 e gestito da missionarie provenienti da tutto il mondo, si occupa non solo di bambini abbandonati, malati terminali, senzatetto e disabili, ma svolge anche attività di recupero alcolisti. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Medio Oriente: oggi Obama incontra Abu Mazen e Netanyahu

    ◊   C’è attesa per l’incontro del presidente americano, Barack Obama, con il leader dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, previsto stasera a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York. Obama dovrebbe incontrare nelle prossime ore anche il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. Intanto, l'Arabia Saudita fa sapere di aver donato 200 milioni di dollari alle autorità palestinesi per sostenere le spese necessarie per presentare la richiesta di riconoscimento come Paese membro delle Nazioni Unite prevista per questa settimana. Il servizio di Fabrizio Angeli:

    Gli Stati Uniti hanno solo due giorni a disposizione per cercare di evitare la mossa di Abu Mazen, che venerdì ha intenzione di presentare all’Onu un appello per il riconoscimento di uno Stato palestinese. La richiesta costringerebbe Obama a porre un veto al Consiglio di sicurezza che preferirebbe evitare, per non peggiorare la propria situazione agli occhi dell’opinione pubblica mediorientale. Tutta la diplomazia occidentale preme ancora per riaprire il tavolo delle trattative di pace tra Israele e palestinesi lontano dal Palazzo di vetro di New York, dove l’Anp sa di avere l’appoggio dell’intero mondo arabo. Obama discuterà oggi con il premier Netanyahu la problematica situazione di Israele, che ha elevato lo stato di allerta nel proprio territorio nazionale e in Cisgiordania per il timore di manifestazioni della popolazione palestinese. E il nodo israeliano è stato già ieri al centro del colloquio tra il presidente americano e il turco Erdogan. “Si stanno facendo sforzi – ha dichiarato Obama – per migliorare le relazioni tra Israele e Turchia dopo il tragico incidente della flottiglia umanitaria a Gaza”.

    Quattro donne morte nel Kurdistan turco
    All'indomani dell'attentato ad Ankara, costato la vita a tre persone e il ferimento di quindici, un altro attacco è avvenuto in Turchia nella provincia di Siirt, all'estremità sudorientale dell'Anatolia, coincidente con una parte del Kurdistan turco. Il bilancio è di quattro donne morte e di altre due che hanno riportato lesioni gravi.

    Ancora morti in Siria
    All'indomani della morte di sette civili siriani, altri tre sono stati uccisi dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad nella regione nordoccidentale, a ridosso del confine con la Turchia. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che precisa che da stamani sono ripresi i rastrellamenti delle milizie lealiste alla ricerca dei soldati disertori nella provincia di Jabal az Zawiya.

    La condanna di Ban Ki-moon per l’assassinio di Rabbani
    Ferma condanna ad un attacco che ha colpito “chi lavora per il ritorno della pace in Afghanistan”. È la reazione del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, all’assassinio dell’ex presidente afghano, Burhanuddin Rabbani, ucciso da due talebani ieri nella sua abitazione di Kabul. Rabbani era al momento presidente dell'Alto Consiglio per la Pace, incaricato del dialogo con gli insorti. Stamani, una folla di afghani ha marciato sotto la casa dell’uomo politico, innalzando gigantografie di Rabbani e indossando fasce nere in segno di lutto. L’attuale capo di Stato afghano, Hamid Karzai, appena appresa la notizia ha lasciato l’Assemblea generale dell’Onu di New York per far rientro in patria. Sui motivi di questo ennesimo assassinio in Afghanistan, Giada Aquilino ha intervistato Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

    R. - E’ ancora presto per delineare i motivi di ciò che è successo. Rabbani era un personaggio molto controverso, legato a uno dei periodi peggiori dell’Afghanistan, cioè l’Afghanistan dei mujaheddin. Aveva molti nemici, tanto fra i talebani quanto all’interno di quella "galassia" che sostiene il presidente Karzai. Certo, è un segnale chiaro che dice diverse cose. La prima è che non esistono più luoghi sicuri a Kabul: la città sta scivolando un po’ verso la Baghdad degli anni peggiori, del 2006, del 2007. L’altra cosa che ci dice è che il percorso di pacificazione nel Paese è molto difficile e confuso. C’è tutta una serie di elementi che non la vogliono, sia fra i sostenitori di Karzai, sia fra quell’insieme variopinto che noi etichettiamo come “talebani”, ma che in realtà racchiude al suo interno forze molto diverse.

    D. – Dieci anni fa l’uccisione di Shah Massoud, il Leone del Panshir, considerato dagli afghani l’eroe della resistenza antisovietica, in un’azione che ricorda molto quella che ha portato alla morte di Rabbani. Poi, due mesi fa, l’assassinio del fratello di Karzai. Perché questa scia di sangue non si interrompe?

    R. – Non si interrompe e, anzi, aumenta perché le condizioni in Afghanistan continuano a peggiorare. Siamo “entrati” nel 2001, dopo gli attentati dell’11 settembre, ormai dieci anni fa, e pensavamo di aver sconfitto i talebani rapidamente, ma non è stato così. Gli Stati Uniti, la Nato, la comunità internazionale hanno compiuto ogni tipo di errore possibile, politico e militare, in quel Paese. Ci siamo distratti per troppi anni e quando, intorno al 2008-2009, abbiamo riconcentrato la nostra attenzione sull’Afghanistan era troppo tardi. Ovviamente, di fronte a questi fallimenti, ci sono due tentazioni. La prima è quella della comunità internazionale che vuole lasciare il Paese il prima possibile; la seconda è che in Afghanistan sono già in atto tutte le mosse e gli accorgimenti dei vari gruppi, movimenti politici e attori locali afghani che pensano all’Afghanistan senza più la presenza internazionale.

    Kosovo: sempre alta la tensione sulla frontiera serba
    Resta ancora alta la tensione nel nord del Kosovo, dove da venerdì scorso la popolazione di etnia serba ha elevato barricate e blocchi stradali in segno di protesta contro la presa di controllo di due posti di frontiera con la Serbia da parte di poliziotti e doganieri kosovari albanesi. Agenti della Missione europea nel Paese hanno arrestato un giovane serbo accusato di aver sparato contro la casa di un poliziotto di etnia albanese. Secondo un quotidiano di Belgrado, tra i dimostranti starebbero prevalendo le posizioni più radicali e nazionaliste, da sempre ostili al Kosovo. Intanto, per passare il tempo sui due valichi si organizzano letture di poesie, esibizioni folkloristiche e partite di calcio. Nei giorni scorsi, le forze Nato nel Paese avevano avvertito che le barricate sono illegali e non costituiscono una forma pacifica di protesta.

    Fmi, taglio delle stime sulla crescita globale. Positivo solo il rialzo entrate fiscali
    Mentre il Fondo monetario internazionale (Fmi) taglia ancora le stime sulla crescita dell’economia mondiale per il prossimo anno, in rallentamento per la debolezza dell’Eurozona e degli Stati Uniti, emerge un dato in controtendenza: un maggior afflusso medio di entrate fiscali rispetto al passato, che viene giudicato positivamente dal direttore del Dipartimento Affari fiscali dell’Fmi, Carlo Cottarelli. Francesca Baronio lo ha intervistato:

    R. – Le notizie positive sono che negli ultimi due anni c’è stato un miglioramento dei conti pubblici dei Paesi avanzati e che questo miglioramento è stato: o in linea con le aspettative per la maggior parte dei Paesi o meglio delle aspettative. Ci sono state delle eccezioni ovviamente - come Grecia, Portogallo e Irlanda - dove le cose sono andate peggio, ma in generale i conti fiscali sono migliorati significativamente e più delle aspettative in molti Paesi.

    D. – Nonostante ciò, l’Europa continua ad essere sotto attacco, cosa si può fare per rassicurare i mercati?

    R. – Deve fare due cose. Prima di tutto, parlare in maniera più chiara: c’è una certa confusione nelle dichiarazioni che vengono fatte dai diversi rappresentanti dei vari Paesi, anche se credo ci sia la volontà di trovare una soluzione. La seconda cosa, è muoversi rapidamente per attuare le decisioni che sono state annunciate il 21 luglio, che sono decisioni importanti e che fondamentalmente dicono che i Paesi europei sosterranno gli altri Paesi che sono in crisi se un aggiustamento fiscale e strutturale si verificherà in questi Paesi.

    D. – Chiedere il rigore fiscale e al tempo stesso invocare la crescita non è come un cane che si morde la coda?

    R. – Non credo che sia un cane che si morde la coda. Occorre fare le cose in maniera corretta, non esagerare in una direzione o nell’altra. I Paesi hanno necessità nel medio periodo di avere un aggiustamento fiscale e quindi di avere un piano su come il debito pubblico sarà ridotto o come sarà ripagato nel medio periodo. I Paesi che hanno un piano e che non hanno problemi di finanziamento nel breve termine possono nel breve periodo rallentare l’aggiustamento per evitare di pesare troppo sulla crescita, attraverso un aumento molto rapido delle tasse o un taglio troppo drastico della spesa.

    D. – Obama ha appena presentato un piano di riforma fiscale: va nella giusta direzione?

    R. – Sì, credo vada nella giusta direzione. E’ un piano importante in termini di aggiustamento complessivo: nei prossimi dieci anni figura un aggiustamento cumulativo di quattro trilioni di dollari. E’ un piano che bilanciato guarda sia alla spesa che alla tassazione. Il problema fondamentale è che questa è una proposta e bisognerà vedere se il Congresso raggiungerà un accordo per rendere operativo questo piano. (ap)

    Messico: narcotraffico, trovati 35 corpi in strada
    I cadaveri di 35 persone assassinate sono stati trovati in due furgoni parcheggiati sotto un ponte nella città marittima di Veracruz, nel Messico orientale. I morti, molti dei quali con precedenti penali, erano probabilmente membri del cartello della droga Los Zetas, che nell’ultimo anno sta combattendo contro il cartello del Golfo per il controllo della zona. Sono quasi 42 mila le persone rimaste uccise da quando il presidente del Messico, Felipe Calderon, ha lanciato una campagna contro le bande del narcotraffico nel 2006. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 264

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.