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Sommario del 19/09/2011
◊ Benedetto XVI chiede alla Chiesa in India di continuare ad accogliere tutti, soprattutto i poveri e di promuovere la giustizia e i diritti inalienabili della persona nell’intera società. L’invito è stato espresso ai vescovi indiani in visita "ad Limina", ricevuti stamane nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Il servizio di Roberta Gisotti:
Ha ricordato, anzitutto, Benedetto XVI come l’India vanti quale “parte della sua ricca e antica eredità” “una lunga e ragguardevole presenza cristiana che ha contribuito alla società indiana ed ha beneficato la sua cultura in svariati modi, arricchendo la vita di innumerevoli cittadini, non solo quelli cattolici”:
“The most significant concrete resources of the Churches…..”
“La più concreta rilevante risorsa” delle Chiese locali in India – ha osservato dunque il Papa - non sono gli edifici, le scuole, gli orfanatrofi, i conventi o le canoniche, ma sono i fedeli “che testimoniano la presenza amorevole di Dio attraverso vite di santità”.
“Most importantly, the Church in India proclaims its faith and love to society at large….”
“Ancora più importante” - ha aggiunto il Santo Padre – è che “la Chiesa in India proclama la sua fede ed amore alla società in generale e lo mette in atto preoccupandosi di tutte le persone, in ogni aspetto delle loro vite spirituali e materiali”:
“In particular, the Catholic Church is the friend of the poor”.
“In particolare – ha sottolineato – la Chiesa cattolica è amica del povero”. “Come Cristo accoglie senza eccezione tutti quanti si avvicinano a lei per ascoltare il messaggio divino di pace, speranza e salvezza”. Per questo è imperativo – ha raccomandato – che il clero, i religiosi, i catechisti nelle diocesi “siano attenti ai diversi contesti linguistici, culturali, economici di coloro debbono servire”:
“I encourage you, dear brothers, to carry forward the Church’s efforts…”
Infine, l’incoraggiamento a proseguire negli sforzi “per promuovere il benessere della società indiana attraverso una costante attenzione alla promozione dei diritti fondamentali - diritti condivisi da tutta l’umanità – e invitando i fedeli cristiani e di altre tradizioni religiose a raccogliere la sfida di affermare la dignità di ogni persona”, che si esprime nei diritti inalienabili, morali, spirituali e materiali. “Questa dignità” – ha rimarcato infine Benedetto XVI – “non è semplicemente una concessione accordata da qualsiasi autorità terrena. E’ un dono del Creatore, e deriva dal fatto che siano stati creati a sua immagine e somiglianza”.
In India, la Chiesa è dunque impegnata nel difendere e promuovere diritti e valori che abbattano differenze e divisioni. In questi anni, molti sforzi sono stati volti a superare il sistema delle caste che talvolta influenza anche la comunità cristiana. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo di Bhopal, mons. Leo Cornelio, ricevuto stamani da Benedetto XVI in occasione della visita “ad Limina Apostolorum”:
R. – In India il sistema delle caste esisteva ed esiste tutt’oggi, e molti di quelli che appartengono alla classe più bassa come anche i dalit si convertono. Quando si convertono al cristianesimo - o anche ad altre religioni – la Chiesa non fa differenze. Tra i cristiani, però, ci sono delle differenze e bisogna superare quest’ostacolo. Poco a poco, noi facciamo tutto il possibile per riuscirci. A volte, in alcuni Stati, questa differenza è più marcata, mentre da noi, nel nord del Paese, è meno visibile. Vorremmo avere una comunità che rispetti tutti, senza differenze tra i tribali o a causa del sistema della casta.
D. – Qual è, oggi, la vera ricchezza dell’India e a quale speranza questo Paese può legare il proprio futuro?
R. –L’India è un Paese molto giovane e siamo ricchi di entusiasmo e di speranza per il futuro. Pensiamo positivamente e lavoriamo per questa speranza e questa gioventù. Credo che questa sia una cosa positiva, un esempio per tutto il mondo. (vv)
Benedetto XVI riceve un gruppo di astronauti della Stazione Spaziale Internazionale
◊ Benedetto XVI ha ricevuto stamani, a Castel Gandolfo, un gruppo di astronauti della Stazione Spaziale Internazionale. Si tratta degli astronauti con i quali il Pontefice aveva dialogato nello storico collegamento con lo spazio, avvenuto lo scorso maggio. In particolare, il Papa ha incontrato gli astronauti Roberto Vittori e Paolo Nespoli che gli hanno restituito una medaglia d’argento raffigurante la Creazione dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina e che era stata portata sulla Stazione spaziale. Tra gli altri doni scambiati: un atlante dell’universo e un quadro con foto della Stazione spaziale, della bandiera vaticana e della bandiera della Nasa. Il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese, e il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea, Jean-Jacques Dordain, hanno dichiarato di essere profondamente emozionati ed onorati che il Papa abbia ricevuto gli equipaggi della Stazione Spaziale Internazionale, dimostrando che i voli spaziali "sono il simbolo di pace e cooperazione internazionale che preparano il futuro dell’umanità". (A.G.)
Il cardinale Koch: il Papa in Germania rafforzerà l'ecumenismo
◊ Giovedì prossimo, 22 settembre, il Papa si recherà in Germania per il suo 21.mo viaggio apostolico internazionale. Una visita di quattro giorni nella patria della Riforma protestante: tra gli eventi più attesi è l'incontro con i rappresentanti della Chiesa evangelica tedesca nell'ex Convento agostiniano di Erfurt, dove visse Lutero. Il viaggio avrà, dunque, una forte impronta ecumenica come afferma il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, al microfono di Barbara Castelli, del Centro Televisivo Vaticano:
R. – Diese Reise hat deshalb einen besonderen ökumenischen Akzent, weil die …
Questo viaggio in Germania ha un accento ecumenico proprio perché porterà il Santo Padre anche nella città di Erfurt, dove Lutero ha vissuto da monaco agostiniano e dove il Santo Padre incontrerà i rappresentanti del Consiglio della Chiesa evangelica tedesca e parteciperà a una celebrazione liturgica ecumenica. Bisogna sottolineare che i rapporti con la Chiesa luterana sono buoni.
D. – Quali sono le principali sfide per il dialogo?
R. – Ich glaube, mit allen Kirchen die aus der Reformation heraus entstanden sind, …
Credo che oggi sia necessario che, con tutte le Chiese nate dalla Riforma, ci interroghiamo sull’essenza della Chiesa. Nel 1999, ad Augusta, abbiamo firmato insieme la Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione. Ora però, come è scritto in quella Dichiarazione, credo che sia arrivato il momento di affrontare le questioni ecclesiologiche: qual è l’essenza della Chiesa, la natura della Chiesa? Credo che questi siano i punti sui quali ora debba essere condotto il dialogo.
D. – Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani quali frutti auspica da questo viaggio di Benedetto XVI?
R. – Ich glaube, dass der Heilige Vater ganz sicher die Ökumene vertiefen wird. …
Credo che sicuramente il Santo Padre rafforzerà l’ecumenismo. Ha a cuore soprattutto che l’ecumenismo ritrovi le sue radici spirituali perché è un compito che ci è stato affidato dal Signore quando nella preghiera sacerdotale ha chiesto che tutti i suoi discepoli siano “una cosa sola”. In questo senso, non abbiamo alternative all’ecumenismo: è un compito che il Signore ci ha affidato, e questo – ne sono convinto - è quello che il Papa riporterà in primo piano. (gf)
◊ Sulle aspettative in Germania per il viaggio apostolico di Benedetto XVI nella sua terra natale, ascoltiamo mons. Florian Schuller, rettore dell'Accademia Cattolica della Baviera, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – La prima aspettativa riguarda il discorso del Santo Padre davanti ai membri del nostro Parlamento, a Berlino. Da questo discorso penso ci si aspettino degli impulsi per una morale politico-economica, anche per via della colossale crisi mondiale e non soltanto finanziaria. Questa è anche una crisi della perdita di fiducia nelle possibilità di risoluzione dei grandi problemi dell’umanità. Un’altra aspettativa riguarda il campo dell’ecumenismo: molti attendono una nuova interpretazione di Martin Lutero.
D. – In Germania, come altrove, il laicato cattolico è molto variegato, in particolare nel campo politico: c'è un filo conduttore comune in questo settore?
R. – In Germania, come in ogni società moderna o postmoderna, con i suoi problemi così complessi, è quasi impossibile trovare un unico filo conduttore. Quello che accomuna i cattolici è senz'altro la base etica: la dignità dell’uomo, la dignità umana. L’idea fondamentale del primo articolo della nostra Costituzione è che la voce della Chiesa, attraverso i laici, venga udita nel campo della bioetica, dell’etica sociale ed economica e della politica energetica.
D. – Nella Germania di oggi, che si trova di fronte ad un forte processo di scristianizzazione – processo dovuto alla secolarizzazione che avanza - qual è l’atteggiamento dei laici cattolici?
R. – Questa scristianizzazione è un problema fondamentale, che naturalmente interessa tutti noi. Proprio per questo le nostre accademie cattoliche sono i luoghi preferiti – ed anche molto fecondi– per il dialogo necessario fra credenti e non.
D. – Quali sono le principali richieste del laicato cattolico?
R. – Da almeno 500 anni qui abbiamo avuto i cattolici da una parte e i cristiani della tradizione riformatrice dall’altra. Questa situazione spinge quasi necessariamente i cattolici a ripensare di continuo la loro prassi personale ed ecclesiale, confrontandola con quella dei protestanti. Questo è un paragone inevitabile ma anche fertile. Direi che siamo un po’ più critici degli altri ma non per questo meno fedeli. (vv)
◊ Il Papa ha ricevuto stamani mons. Anthony Francis Sharma, vescovo titolare di Gigti, vicario apostolico del Nepal, in Visita “ad Limina Apostolorum”.
Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Manchester, presentata da mons. John B. McCormack per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato a succedergli mons. Peter A. Libasci, finora vescovo titolare di Satafis ed ausiliare della diocesi di Rockville Centre.
Presa di possesso del cardinale Bartolucci
◊ L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione che mercoledì prossimo, alle ore 18, il cardinale Domenico Bartolucci, già Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia, prenderà possesso della Diaconia dei Santissimi Nomi di Gesù e Maria in Via Lata, Via Del Corso, 45.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Torniamo a vedere Dio nell’orizzonte del mondo: videomessaggio di Benedetto XVI alla vigilia del viaggio in Germania.
A proposito della musica delle “reducciones” gesuitiche: in prima pagina, un fondo di Lucetta Scaraffia “Il vero multiculturalismo”.
In rilievo, nell’informazione internazionale, la Libia: ancora nessun accordo sul nuovo Governo.
Quando un caffè aiutava la qabbalah: in cultura, Anna Foa sul Festival internazionale di letteratura ebraica a Roma.
Mirò e le leggende da sfatare: Sandro Barbagallo recensisce la retrospettiva londinese dedicata al pittore catalano.
Un articolo di Alessandro De Carolis sulla Radio Vaticana e la buona musica: l’emittente del Papa alla Sagra Musicale Umbra; con un contributo di Marcello Filotei dal titolo “A volte Loretta Goggi è meglio di Mozart”.
Un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo “Martire tra la gente bene di Capodimonte”: la cripta dei vescovi nelle catacombe di San Gennaro.
Nell’informazione vaticana, l’Angelus e l’udienza ai vescovi dell’India in visita “ad limina”.
Tensione tra Turchia e Bruxelles sulla presidenza di turno dell'Ue a Cipro
◊ La Turchia congelerà le proprie relazioni con l’Unione Europea se l’anno prossimo Bruxelles assegnerà a Cipro la presidenza di turno semestrale dell’Unione, nonostante un possibile fallimento dei negoziati per la riunificazione dell’isola. A sostenerlo uno dei quattro vice-premier turchi, che ha messo in chiaro come si tratti ormai di una “decisione” del governo. Salvatore Sabatino ha chiesto a Luigi Bonanate, docente di Relazioni Internazionali presso l’Università di Torino, se l’Unione Europea può fare a meno della Turchia dal punto di vista strategico?
R. - Certamente sì, come ne ha fatto a meno fino a ieri, anche perché, specialmente in termini strategici, la Turchia comunque fa parte della Nato sin dagli anni Cinquanta, anche se nessuno ci pensa o se ne ricorda. Quindi, è sempre stata integrata nel sistema difensivo occidentale, non soltanto europeo.
D. – Questa mossa quanto allontana Ankara dall’Unione Europea, ambizione che invece ha sempre avuto?
R. – Credo proprio per niente: non cambierà assolutamente nulla, nel senso che suppongo che queste siano vicende del tutto occasionali, tempeste in un bicchier d’acqua che in realtà non sono grossissimi problemi. La Turchia continua ad essere rinviata, quindi se sarà rinviata di un altro mese o di un altro anno, o se addirittura questa provocazione potesse servire a risvegliare l’Unione affinché riapra i dossier turchi, questo potrebbe essere anche una buona cosa! Anche perché l’Europa ha bisogno di rifarsi un po’ la facciata, in questo momento …
D. – Può essere considerato anche un pretesto della Turchia per sollevare ancora una volta la questione cipriota di cui si parla davvero pochissimo?
R. – Sì e no: la questione cipriota ormai risale ai primi anni Cinquanta, è una storia lunghissima che avevamo praticamente tutti dimenticato. Adesso siamo arrivati al paradosso, appunto, che una parte – anche se quantitativamente e storicamente più rilevante, cioè quella di origine greca – diventi addirittura presidente dell’Unione. Ma a questo non ci si può far niente! La rotazione è statutaria, è fissa ed obbligatoria per tutti.
D. – Su una cosa non ci sono dubbi: la Turchia sta tentando di costruirsi un ruolo di primazia nei Paesi della “primavera araba”. Questa rottura potrebbe trascinare questi Paesi in una posizione di contrapposizione con Bruxelles?
R. – Ecco, qui tocchiamo questo altro tasto direi ancora più significativo, che non riguarda tanto Bruxelles quanto il mondo: perché sembra che in quella parte del Mediterraneo – insomma intorno a Cipro, ma che vuol dire sulle coste turche, sulle coste libanesi, sulle coste israeliane fino all’Egitto, in sostanza – si stiano scoprendo grossissimi giacimenti di gas.
D. – Quindi, nessun “neo-ottomanesimo”; alla base di tutto questo, comunque, secondo lei, ci sarebbero questioni economiche …
R. – Secondo me, sì. Certamente un altro aspetto significativo – ma io, personalmente, penso (forse perché lo spero e cerco di ritenerlo meno importante) che ci sia quello religioso. Erdogan in qualche modo – diciamolo alla buona – ha un po’ tradito i principi dello Stato laico, della laicità turca. Il Paese è ottomano ma è un Paese in cui religione e politica sono nettamente separati. Da qualche anno in qua, come sappiamo tutti, questo distacco è stato un po’ colmato. Però, non mi sembra che la Turchia – almeno fino ad oggi – abbia dato prove di integralismo. Quindi, se possibile lo lascerei sullo sfondo, perché servirebbe anche a far capire agli altri Paesi mediorientali, ma anche a tutti noi, che la religione è una cosa, la politica è un’altra. E quando si incontrano, ne vengono fuori dei grandi pasticci. (gf)
◊ A Berlino i socialdemocratici mantengono la maggioranza alle elezioni comunali. La capitale tedesca probabilmente non sarà però più guidata da una coalizione tra Spd e l'estrema sinistra della Linke, ma da una maggioranza con i Verdi, guidata dall'attuale sindaco Klaus Wowereit. Tiene il fronte cristiano-democratico della cancelliera Merkel e continuano a perdere voti i liberaldemocratici. Tra le novità, sfonda all'8% il “Partito dei pirati”, che vuole Internet senza vincoli. Per una lettura di questo voto e le possibili ricadute sul governo Merkel, Francesca Smacchia ha intervistato Adriana Cerretelli, corrispondente del “Sole 24 Ore” da Bruxelles:
R. – L’indebolimento della Merkel è nell’aria da tempo e questa non è altro che una conferma. Però mi sembra che nel bipolarismo tedesco stiano emergendo forze terze più che un grandissimo exploit della SPD, che sostanzialmente tiene, come tiene anche il partito della Merkel. Quindi, ancora una volta, tutto questo paradossalmente può non aiutare a trovare soluzioni, nel senso che la Merkel starà sulla difensiva, tanto più che il suo partner liberale ha subito a Berlino una sconfitta bruciante.
D. – Comunque la cancelliera Merkel dovrà trovare altri alleati per le prossime elezioni politiche?
R. – Credo che questo sia un po’ nell’ordine delle cose; quale alleato è naturalmente il grande punto interrogativo, perché bisogna vedere quali saranno i risultati che otterrà l’Spd adesso che ha il nuovo leader Steinbrueck e quale credibilità si confermerà per Steinbrueck. In questo momento è l’ex ministro delle finanze che faceva parte della grande coalizione con la Merkel. In questo momento la popolarità di Steinbrueck è molto alta, supera quella della Merkel in termini relativi e dunque sarà un po’ qui che si gioca la partita, se Steinbrueck riuscirà ad ottenere una maggioranza tale da consentirgli di dare una propria coalizione o se di nuovo saranno i due grandi partiti costretti a governare insieme.
D. – Il partito dei pirati ha sfondato con l’8 per cento. E’ il partito che vuole sostanzialmente internet senza vincoli, seppure a livello regionale si può leggere come un voto di protesta per la politica tradizionale …
R. – Io penso senz’altro di sì. Sono i partiti che raccolgono i voti dei giovani. Non ci dimentichiamo che un partito dei pirati si è affermato anche in Svezia e più o meno con le stesse motivazioni. Il nord Europa sente molto il bisogno di una società governata in un modo diverso, con un diverso riconoscimento dei problemi, della ricerca di un futuro più sicuro per i giovani che in fondo sono le grandi vittime di questo periodo di riassestamento degli equilibri economici mondiali. I sintomi di insicurezza che sono sopravvenuti in un’Europa che aveva invece un modello ufficiale che dava sicurezza in contrasto con quello americano, sono un po’ diffusi ovunque. (bf)
Crisi economica: inizia una settimana difficile per i mercati europei
◊ “La disgregazione dell'Euro porterà alla disgregazione dell'Europa”. Lo ha ribadito il cancelliere tedesco Angela Merkel che ha consigliato ai membri della sua coalizione di governo di “pesare molto attentamente le parole per non innervosire i mercati” dell'Eurozona. Oggi sono, infatti, in forte calo le Borse europee dopo il nulla di fatto sulla crisi greca e sull’Euro nel vertice dei ministri dell’Economia europei tenutosi nel fine settimana in Polonia. Torna a correre anche il differenziale di rendimento fra i titoli italiani e i Bund. Il servizio di Debora Donnini.
Si apre un’altra settimana difficile sul fronte economico europeo e in particolare sulla Grecia, dopo la fumata nera del vertice Ecofin su una possibile soluzione della crisi greca e sull’Euro. Indignato si dice l’ex-presidente della commissione europea Jacques Delors che punta il dito contro il mancato accordo dei ministri delle Finanze Ue che hanno rimandato le decisioni a metà ottobre. Sentiamo in proposito l’economista Alberto Quadrio Curzio:
“I ministri finanziari che si sono riuniti informalmente la settimana scorsa non hanno raggiunto conclusioni soddisfacenti perché si sono troppo concentrati sull’approvazione di regole procedurali complesse che andrebbero bene in situazioni normali, ma che non vanno bene in situazioni di emergenza come questa. E’ davvero inconcepibile che il rafforzamento del cosiddetto fondo 'salva Stati' deciso il 21 luglio non sia ancora stato ratificato da tutti i Paesi. E’ stato ratificato da 5 paesi su 17; ci sono Paesi recalcitranti alla ratifica tra cui la Slovacchia, Paese che nell’Unione europea monetaria pesa per lo 0,7 per cento del Pil".
Cosa si può fare, dunque? Ancora Quadrio Curzio:
“Io credo che l’Europa stessa, se vuole salvarsi e uscire da questa crisi, deve passare a un sistema di cooperazioni rafforzate dove il potere decisionale in campo economico non può essere distribuito in modo uniforme tra Stati che pesano il 27 per cento del Pil dell’Europa e Stati che pesano lo 0,7 o lo 0,4 per cento del Pil dell’Europa”.
Il Fondo monetario internazionale chiede ad Atene misure aggiuntive per la riduzione del deficit. E intanto le Borse europee vanno male. Tra le principali la peggiore è Francoforte con -3,15%. Milano è a -2,42%. Cresce il differenziale di rendimento fra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. L’indicatore che esprime anche il maggior grado di rischio dei primi sui secondi è risalito a 381 punti. E l’agenzia di rating Moody’s lancia l’allarme sulla manovra italiana che dovrebbe portare al pareggio di bilancio entro il 2013 perché potrebbe avere conseguenze negative sul rating delle regioni e dei comuni italiani.
Il grazie di mons. Bertin per la Colletta della Cei in favore del Corno d’Africa
◊ Gratitudine e speranza: sono i sentimenti espressi dal vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin, all’indomani della Colletta nazionale nelle parrocchie, promossa dalla Cei in favore delle popolazioni del Corno d’Africa colpite da una terribile siccità. In questa intervista di Alessandro Gisotti, mons. Giorgio Bertin auspica che tale importante gesto di solidarietà esorti la comunità internazionale a raddoppiare gli sforzi per il Corno d’Africa:
R. – Vorrei che questa iniziativa di solidarietà non termini semplicemente in un gesto umanitario limitato nel tempo; io vorrei che sia l’occasione per aprire maggiormente la mentalità delle persone e soprattutto anche le relazioni tra popoli, tra Stati, perché quello che sta succedendo nel Corno d’Africa è certamente la conseguenza della siccità, della mancanza di pioggia, ma l’aggravarsi di essa è anche conseguenza di una mancanza di vera solidarietà tra i popoli.
D. – Lei è anche presidente della Caritas locale: cosa sta facendo, tra le mille difficoltà della situazione di conflitto sul terreno, la Caritas per le popolazioni del Corno d’Africa?
R. – Io sono a servizio di due Paesi a nome della Chiesa, la Somalia e Gibuti, e le due situazioni sono molto diverse. Mentre a Gibuti, per rispondere ai problemi della siccità, la nostra azione non trova grossi ostacoli di sicurezza, in Somalia, nel centro sud, invece il problema più grave è proprio quello dell’insicurezza. Si può anche dire – caso "strano" - che mentre c’è una forte buona volontà di venire in aiuto a quelle popolazioni, il problema grave è come raggiungerle, perché la volontà che si esprime anche attraverso le donazioni poi trova uno sbocco molto difficile. (bf)
Il Vis inaugura a Luanda una casa famiglia per i bambini poveri dell'Angola
◊ Weekend di festa a Luanda, capitale dell’Angola, per l’inaugurazione della Casa Famiglia “Domenico Savio”. Il progetto, coordinato dal Vis, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo d'ispirazione salesiana, mira al rafforzamento della Rete di Protezione Sociale per la prevenzione, il recupero e il reinserimento di bambini e adolescenti angolani che vivono in condizioni disagiate. Il programma di interventi promosso dal Vis, in collaborazione con l’Unione Europea e la Cooperazione Italiana, prevede anche la riabilitazione di sette strutture di accoglienza tra case famiglia, centri diurni e asili. Camilla Spinelli ha intervistato Fulvia Boniardi, volontaria Vis e responsabile del progetto a Luanda:
R. – Abbiamo appena inaugurato una delle case-famiglia che fanno parte di un progetto per il reinserimento sociale dei ragazzi di strada di Luanda. Il progetto prevede una serie di step che iniziano con la sensibilizzazione per le strade, dove i ragazzi si incontrano e vivono normalmente. Poi li invitiamo a venire a conoscere il nostro centro di accoglienza, dove c’è un progetto di alfabetizzazione e dove si svolgono attività sportive ed artigianali. Lo step successivo è il passaggio in queste case-famiglia, dove una coppia angolana accoglie, in media, 10-15 ragazzi.
D. – Quali sono i rischi maggiori cui sono esposti questi ragazzi?
R. – La strada è una vita senza regole, loro spesso fanno uso di droghe e sniffano benzina. Di solito vivono in gruppi in cui, ovviamente, vige la legge del più forte e quindi i più piccoli sono spesso vittime di violenza da parte dei più grandi. Non sono stanziali ma girano per alcune zone della città, cercando soprattutto di guadagnarsi il pane quotidiano attraverso dei lavoretti.
D. – Il vostro obiettivo è anche quello di riabilitare alcune strutture di accoglienza, come ad esempio gli asili...
R. – Accanto al lavoro che si fa direttamente per i ragazzi di strada, c’è anche il lavoro di prevenzione e sensibilizzazione delle famiglie. Stiamo parlando di zone della capitale altamente vulnerabili a livello sociale. Questa sensibilizzazione prevede anche la riabilitazione di tre asili, che ospitano dai 100 ai 120 bambini di età compresa tra i tre ed i cinque anni, i quali vivono in zone dove manca acqua, elettricità, dove la famiglia spesso non ha una struttura come quella cui facciamo riferimento noi. Il rischio, perciò, è che questi ragazzini possano poi fuggire da queste famiglie non appena raggiungono i 9, 10 anni. (vv)
A Roma, un'iniziativa per la raccolta di oggetti usati per l'infanzia
◊ “Progetto Roma Ama le Mamme”: è il titolo dell’iniziativa promossa dall’associazione "Salvamamme" e dall’Azienda Municipalizzata per l’Ambiente (Ama) di Roma, che prevede la raccolta di oggetti nuovi e usati per l’infanzia da destinare a famiglie in difficoltà con figli minori. Raccolta che avverrà in concomitanza con le domeniche dedicate a “Il Tuo Quartiere non è una Discarica”. Per saperne di più, Marco Guerra ha intervisto Grazia Passeri, presidente dell’Associazione "Salvamamme-Salvabebè":
R. – Dal prossimo mese saremo su venti punti, affiancando l’Ama nella raccolta, “Il mio quartiere non è una discarica”. Il concetto è: metti al bambino di un’altra mamma quello che metteresti a tuo figlio. Quindi, qualcosa di pulito, perfetto, anche nuovo; ci arrivano tanti prodotti nuovi che il bambino non ha potuto mettere perché magari era troppo grande o troppo piccolo.
D. – Quali prodotti sono maggiormente richiesti in questa raccolta che avvierete con l’Ama?
R. – Chiediamo prima di tutto le carrozzine, i passeggini e i piumoncini: le famiglie da noi portano migliaia e migliaia di vestiti, e la carrozzina è fondamentale.
D. – Che tipo di famiglie si rivolgono ai vostri servizi?
R. – C’è un abbondante 75 per cento di famiglie immigrate e un 25 per cento di famiglie italiane. Sono persone piene di dignità, oneste, che hanno scelto di farsi aiutare ed è una cosa grande il lasciarsi aiutare a superare i propri problemi, per essere pronti poi a dare una mano agli altri.
D. – Con la crisi avete avvertito una maggiore richiesta da parte dell’utenza?
R. – Sì, c’è una maggiore richiesta, questo è un fatto abbastanza evidente. Le istituzioni ci stanno vicine. Noi abbiamo sempre una grande positività, dando informazione e aiuto. C’è una richiesta enorme da parte delle famiglie, non di lasciare i bimbi con il parto in anonimo, ma di essere sostenute nella loro difficile realtà quotidiana. (bf)
Importante riconoscimento a padre Chiera, fondatore della “Casa de Menor” di Rio de Janeiro
◊ Il quotidiano “O Dia” di Rio de Janeiro ha assegnato il prestigioso riconoscimento “Orgoglio di Rio” a padre Renato Chiera, fondatore della Casa da Menor, da oltre 30 anni impegnato al fianco dei meninos de rua brasiliani. Solo sette personalità hanno ricevuto questo riconoscimento prima del sacerdote piemontese. In questa intervista di Alessandro Gisotti, padre Renato Chiera parla del suo impegno al fianco dei bambini di strada ed invita il Papa a visitare la Casa do Menor, in occasione della Gmg di Rio del 2013:
R. - Per noi non è tanto importante l’onore di questo riconoscimento, anche perché personalmente questo lo dimenticherò subito, ma è invece molto importante che la società - attraverso questo riconoscimento - prenda coscienza di quello che noi stiamo facendo: questo è veramente importante! Non per me, né per la “Casa do menor”, ma è importante per i ragazzi: siamo in un Paese che non sa cosa fare con i propri ragazzi e continua a lasciarli morire, tutti i giorni, in quei cimiteri chiamati “crackolandia”. Anche il governo dovrà prenderne atto! Io sto prendendo contatti con sindaci, deputati e persone che sono preoccupate per questa diffusione del crack, che conta ormai un milione di consumatori abituali: anche il governo di Rio sta cercando di capire come intervenire.
D. - “Crackolandia”, perché diventano davvero “città del crack”?
R. - Sì. L’altro giorno la “Casa do menor” ha organizzato un seminario sul tema: “Non è il crack che uccide, è la mancanza d’amore, è la mancanza di senso della vita”. Siamo stati i primi a organizzare un seminario su questo tema e abbiamo voluto così lanciare un grido: abbiamo avuto una grandissima risposta di politici e di persone del popolo. Il seminario - il primo nel suo genere - si è tenuto al Municipio ed è stato organizzato insieme alla Segreteria di azione sociale. La grande emergenza, la grande tragedia, la grande epidemia oggi si chiama crack. Voi non riuscirete mai ad immaginare cosa è questo mondo… Io sentivo parlare del crack, sentivo dire che si stava diffondendo in modo orribile: il crack sta letteralmente uccidendo i ragazzi… C’è in atto attraverso l’uso del crack un “genocidio” dei nostri ragazzi e nessuno sa cosa fare… La presidente Dilma Rousseff è preoccupata ed ha convocato anche le associazioni religiose, che prima non voleva interpellare e far intervenire: ora dice invece che se non ci fossero i gruppi religiosi, questa sarebbe ormai una calamità pubblica.
D. - La prossima Gmg si svolgerà a Rio de Janeiro fra due anni: c’è un’iniziativa particolare a cui sta pensando la “Casa do menor”?
R. - Noi sappiamo che il Papa ama molto la gioventù e ama molto gli esclusi; sappiamo anche che ovunque il Papa vada, è sempre molto attento a questo mondo degli esclusi. Noi della “Casa do menor” abbiamo il coraggio di invitarlo, vogliamo invitarlo: i nostri ragazzi stanno già scrivendo lettere, anche se non sappiamo ancora bene a chi mandarle, che invitano il Papa, dicendo: “Papa vienici a trovare! Tu che ci vuoi bene, tu che vuoi bene ai ragazzi, vieni a trovarci qui alla ‘città dei ragazzi di strada’… Dobbiamo sentire che tu ci ami, che la Chiesa ci ama e che Dio ci ama attraverso te!”. Noi non sappiamo come arrivare al Papa; non abbiamo potere, ma Dio può arrivarci attraverso questi ragazzi. Io credo che il Papa sarebbe contento di compiere un gesto di questo tipo. (mg)
India-Nepal: cresce il numero dei morti per il sisma. Colpita la Chiesa del Sikkim
◊ Si aggrava di ora in ora il bilancio del sisma che ha colpito la zona dell’Himalaya: il primo bilancio provvisorio parla di 40 morti. Il vescovo di Darjeeling, Steven Lepcha, ha offerto la sua testimonianza esclusiva all'agenzia AsiaNews sul terremoto, che non ha risparmiato la sua diocesi. “Sono profondamente addolorato per il terremoto che ha colpito la zona ieri notte. La Chiesa cattolica soffre per la perdita di vite umane. Preghiamo per coloro che sono morti, e per le famiglie in lutto, e per gli amici. Chiediamo che Dio dia loro la benedizione della forza, e della consolazione”, ha dichiarato. Il presule racconta che nel Sikkim “una parte della scuola di St. Francis, a Jorethang, è crollata e purtroppo due dei nostri studenti sono imprigionati sotto le macerie. Imploriamo Dio che salvi le loro vite. La maggior parte delle scuole, delle chiese, degli ostelli e degli altri edifici presentano grosse crepe, ma Dio nella sua misericordia ha risparmiato le nostre vite. I nostri ragazzi ospitati negli ostelli sono stati spostati in luoghi più sicuri”. Mons. Steven Lepcha illustra il lavoro dei cristiani in queste ore drammatiche: “Tutto il nostro personale religioso, e il personale medico preparato si è prodigato subito per assicurare un servizio di emergenza, e la nostra diocesi è impegnata profondamente nel fornire aiuto alle vittime di questo disastro, senza discriminazione di casta o di credo”. La situazione in India, Nepal e Tibet è ancora molto grave. Piogge e frane ostacolano la ricerca di superstiti del terremoto mentre il bilancio delle vittime, provvisorio, è di almeno 45 persone. Le nubi pesanti hanno impedito per ore agli elicotteri di levarsi per raggiungere la regione più colpita, lo Stato nord-orientale indiano del Sikkim. Le scosse sono state sentite fino a 1.000 chilometri di distanza, a New Delhi verso ovest e in Bangladesh, ad est. (R.P.)
Unicef: “In Somalia il più alto tasso di mortalità infantile al mondo”
◊ Con 180 decessi ogni 1000 nati vivi, la Somalia detiene il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni più alto del mondo. Il drammatico dato emerge dal recentissimo rapporto “Livelli e tendenze della mortalità infantile” realizzato dall’Igme, il Gruppo delle Inter-agenzie delle Nazioni Unite per la stima della mortalità infantile, guidato dall’Unicef e dall’Oms. La situazione appare anche più allarmante alla luce del conflitto cronico e da una siccità ricorrente che stanno colpendo il Paese del Corno d’Africa. “Anche prima dell’attuale crisi, un bambino su sei moriva prima del quinto compleanno. Ora ci aspettiamo un numero di morti ancora maggiore”, ha infatti sottolineato Rozanne Chorlton, rappresentante Unicef in Somalia. L’esponente del agenzia dell’Onu per Infanzia ha poi citato i numeri della ricerca, secondo cui nel centro e nel sud del Paese, 750mila persone sono a rischio imminente di morte e 1,5 milioni di bambini hanno bisogno di immediata assistenza umanitaria, di cui 336.000 bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione acuta. In particolare, nella regione di Bay viene registrato il più alto tasso di malnutrizione acuta globale, intorno al 58%, una percentuale quasi quattro volte sopra la soglia di emergenza del 15% fissata dall’Oms. Inoltre, nei prossimi mesi, con l'inizio delle piogge, il rischio di epidemie, come la malaria e la polmonite, è destinato a far aumentare ulteriormente la mortalità. Con uno stato di malnutrizione acuta, il rischio per un bambino di contrarre infezioni può infatti aumentare fortemente e può portarlo alla morte. Già nel mese di agosto in Somalia meridionale e centrale, si è verificato un drammatico aumento del numero di casi segnalati di morbillo (1.903 casi), polmonite (oltre 9.500 casi) e diarrea acuta causata dall’acqua non potabile (7.109 casi). Nel mese di ottobre, durante le pioggie, si prevede un aumento di questi casi, come della malaria. Con l'escalation dell'emergenza nel 2011, l'Unicef ha intensificato la sua azione in Somalia – dove è operativo dal 1972 - nei settori della nutrizione, della salute e dell’istruzione. “Per essere sicuri di salvare la vita dei bambini, abbiamo bisogno di un serio investimento nel futuro della Somalia per fare in modo che una crisi come quella attuale non si ripeta mai più. Questo investimento deve iniziare dai bambini, che sono sempre i primi a soffrire durante i periodi di carestia e di crisi”, ha detto in conclusione la Chorlton. (M.G.)
Pakistan: dopo le alluvioni nel Sindh, epidemie di colera e dengue. I bambini i più colpiti
◊ Il colera e la dengue, febbre emorragica, sono i pericoli principali per le popolazioni del Sindh, Pakistan del Sud, colpite da gravi alluvioni che hanno causato circa sei milioni di sfollati. Le piogge monsoniche stanno gravemente colpendo in particolare i bambini della zona. L’agenzia Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) in Pakistan, ha stimato quasi cinque milioni e mezzo di persone colpite dalle inondazioni, tra queste 2,5 milioni di bambini che rimangono le vittime più vulnerabili. L’acqua inquinata dei fiumi - riferisce l'agenzia Fides - sta favorendo il proliferare di malattie diarroiche. Finora sono morte almeno 270 persone in 23 distretti della provincia a causa delle pandemie, mentre 1,2 milioni di abitazioni sono state completamente spazzate via dalle inondazioni e circa mille scuole sono state trasformate in ripari d’emergenza. Le inondazioni dello scorso anno avevano già indebolito i bambini che ora rischiano la malnutrizione. Sono migliaia quelli che si trovano ancora a dover combattere il freddo e la fame. La scarsa igiene è la causa più comune della diffusione della dengue, ma le piogge abbondanti rendono favorevole il terreno al mosquito vettore della malattia. Lahore è la città più gravemente colpita. (R.P.)
Onu-Palestina: per padre Pizzaballa "non si può prescindere dal dialogo"
◊ “La soluzione dei due Stati, già ribadita in svariate occasioni, è quella giusta. Ma quale che sia l’epilogo di questo processo, è chiaro che non ci potrà essere nessuna conclusione se israeliani e palestinesi non si metteranno seduti intorno ad un tavolo a discutere, cosa che da tempo ormai non fanno”. Per padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, la prossima richiesta palestinese alle Nazioni Unite, di vedersi riconosciuto il proprio Stato, non può prescindere dal dialogo “senza del quale le cose possono solo esasperarsi, cosa che non ci auguriamo. La speranza – dichiara all'agenzia Sir il Custode – è che non ci siamo gruppi, movimenti, associazioni o singoli elementi che approfittino della situazione in chiave violenta. Su questo punto, sono abbastanza fiducioso perché vedo la popolazione stanca ed esausta di ogni forma di violenza. Non credo ad una Terza Intifada. Nei Territori - aggiunge padre Pizzaballa – c’è un clima di attesa mista a curiosità per questa richiesta che farà il 23 settembre lo stesso presidente Abu Mazen in assemblea Onu sul cui esito favorevole non sembrano esserci dubbi” anche se solo nella veste di ‘osservatore permanente' come Stato non membro. “Attesa ma anche realismo – sottolinea il Custode - perché tutti sanno che senza dialogo e negoziato a due non si va da nessuna parte. Questo riconoscimento potrebbe essere un’ulteriore pressione per riavvicinare le due parti, ma non mi farei troppe illusioni”. Lo scorso 11 settembre i capi cristiani delle chiese di Gerusalemme hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui, senza entrare nel merito della richiesta di riconoscimento, ribadiscono la necessità di due Stati per i due popoli e l’urgenza di negoziati. Un sondaggio condotto in questi giorni, su un campione di 1200 palestinesi della Cisgiordania e Gaza, dal Centro palestinese della ricerca politica (Pcpsr) diretto da Khalil Shikaki, rivela che l’83% dei palestinesi giudica giusta la decisione del presidente Abu Mazen di ricorrere all’Onu per esigere la piena adesione dello Stato della Palestina. Tuttavia il 78% crede che Israele, in risposta, congelerà il versamento dei dazi doganali dovuti all’Anp, aumenterà i check points e gli insediamenti. Il 64% teme che gli Usa bloccheranno gli aiuti economici. Solo il 35% degli intervistati sostiene il ricorso alla lotta armata. In caso di nuove elezioni, Abu Mazen otterrebbe il 59% dei consensi mentre Hamas solo il 34%. (R.P.)
I vescovi del Secam: le elezioni in Africa siano libere e democratiche
◊ “È necessario garantire la libertà dei cittadini africani nell’esercizio dei loro diritti democratici e creare condizioni giuste per la realizzazione di tale obiettivo”: è quanto affermano i vescovi del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), al termine dell’incontro organizzato insieme al Catholic Relief Service (Crs) e svoltosi ad Accra, in Ghana, dal 12 al 16 settembre. I cinque giorni di lavori si sono concentrati sul tema “Il ruolo della Chiesa nella promozione di elezioni pacifiche e credibili in Africa”, argomento quanto mai attuale, considerato che dodici Paesi africani saranno chiamati alle urne entro la fine dell’anno ed altri quattordici voteranno nel 2012. Osservando “con costernazione” che spesso le elezioni in Africa “sono manipolate per soddisfare gli interessi personali o di partito, a scapito del bene comune”, il Secam ribadisce che “la Chiesa, nella sua missione profetica, ha un ruolo positivo da svolgere nel processo elettorale, in nome del bene comune”, ovvero un ruolo di “osservatrice”, che dovrebbe essere “ben accolto”. Naturalmente, i vescovi africani non nascondono alcune criticità, come il fatto che “certi cristiani usano ancora le identità etniche in ambito politico, con l’obiettivo di escludere alcune persone”, o come l’impegno della Chiesa stessa, insieme a quello dei leader politici, “non sempre sia efficace”, “in favore della pace e dello sviluppo del continente”. Di qui, l’appello ai responsabili governativi “affinché si applichino coscienziosamente alla gestione del potere e tutelino il bene comune dagli interessi personali, etnici, religiosi o dei singoli partiti”. Allo stesso tempo, la Chiesa stessa viene esortata a “creare una maggiore presa di coscienza del bisogno di unità, al di là di tutte le frontiere”. Poi, il messaggio del Secam riporta con dovizia le principali cause delle violenze elettorali che si verificano frequentemente in Africa: la mancata volontà politica di mettere in atto le riforme democratiche, la gestione niente affatto imparziale degli organi elettorali, l’analfabetismo, la povertà e l’inadeguata educazione civica dei cittadini, la manipolazione delle identità etniche e, in ultimo, le “cattive influenze esterne”. I vescovi africani riconoscono anche “il ruolo importante che i mass media possono giocare nei processi elettorali”, poiché “le piattaforme mediatiche ormai sono sempre più utilizzate”. Purtroppo, però, in diverse occasioni i media stessi sono stati usati “per promuovere l’odio e la violenza”, attraverso la diffusione di “messaggi schierati dal punto di vista etnico e politico”. Alla luce di tutto questo, il Secam e il Crs propongono alcune “raccomandazioni”: la promozione dell’educazione civica, il rafforzamento del dialogo ecumenico ed interconfessionale, un maggiore impegno nella società civile da parte delle donne e dei giovani, la ratifica dei protocolli regionali e dell’Unione Africana sulle elezioni, la realizzazione, da parte della Chiesa, di attività che promuovano elezioni pacifiche e una buona governance. I vescovi auspicano, quindi, elezioni trasparenti, credibili ed obiettive, e chiedono ai mass media di “aderire al Codice deontologico professionale, dando prova di una grande autoregolamentazione, al fine di diffondere l’armonia tra i popoli”. Infine, l’invito conclusivo è ad utilizzare al meglio le risorse della Chiesa del continente, “per sostenere l’edificazione della pace”. (A cura di Isabella Piro)
Indonesia: ad Ambon torna la calma ma il clima è sempre molto teso
◊ La situazione ad Ambon sta tornando alla normalità, dichiarano all'agenzia AsiaNews fonti locali, dopo che nei giorni scorsi gli scontri fra musulmani e cristiani hanno lasciato un bilancio di sette morti e 60 feriti, oltre che danni materiali ingenti, fra cui alcune case bruciate. Oggi gli studenti sono tornati a scuola normalmente, le bancarelle sono riapparse sulle strade e i rickshaw hanno ripreso a circolare nelle zone già teatro di scontri violenti. E tutto sembra tranquillo in due diversi quartieri, Galunggung, un’area a maggioranza musulmana, e Galala, una zona abitata da cristiani protestanti, entrambe nel centro di Ambon. La polizia e l’esercito sono presenti in zone strategiche, ma la tensione rimane alta, soprattutto fra coloro che hanno perso le case in seguito agli incendi appiccati da sconosciuti. Nel frattempo si stanno svolgendo dialoghi e conferenze interreligiose in parecchi luoghi, sia a Java che in altre aree a Maluku. Una campagna di pacificazione è in corso anche a Negeri Siri Sori Salam, un quartiere a maggioranza musulmana sull’isola di Saparua. Un incontro fra cristiani e musulmani è organizzato dai responsabili dell’islam per evitare conflitti futuri. Gli scontri dei giorni scorsi hanno avuto origine da alcuni messaggi Sms, e la polizia sta indagando proprio in questo senso. La tensione è stata creata facendo circolare la voce che il noto Fronte di difesa islamica (Fdi) di Java era sbarcato a Maluku per preparare un altro attacco contro quartieri cristiani a Waringin, la chiesa di Silo e ad Aster. Pastori e leader musulmani sono stati informati dei messaggi provocatori, così da evitare potenziali conflitti. A Java est la polizia sta usando cani da fiuto per rintracciare armi nascoste di gruppi islamici radicali e inviate ad Ambon. Funzionari di polizia controllano attentamente i viaggiatori verso Ambon che partono dal porto di Tanjung Perak; cani e metal detector sono utilizzati per controllare chi si imbarca verso Maluku. E la stessa procedura è in vigore in parecchi porti di pesca “tradizionali”, quali Ponorogo, Pasuruan, Banyuwangi e Gresik. “Questo messaggio Sms provocatorio, che invita alla missione della jihad ad Ambon ci ha preoccupato”, ha dichiarato il capo della polizia di Java est, il generale Hadiatmoko. Fino ad oggi sono state confiscate 130 armi da taglio a passeggeri diretti ad Ambon. Il consiglio islamico degli Ulema di Java est ha messo in guardia la comunità musulmana dal credere a messaggi Sms in cui si invita alla jihad da parte di radicali islamici. Gli scontri della settimana scorsa sono nati da un semplice incidente di motocicletta, guidata da un giovane musulmano. E’ morto a causa delle ferite riportate nell’incidente mentre lo portavano in ospedale; ma un Sms ha diffuso la notizia falsa secondo cui era stato ucciso dai cristiani. E i musulmani hanno cercato vendetta. Nel periodo fra il 1999 e il 2022, Ambon è stata teatro di scontri religiosi fra musulmani e cristiani, che hanno portato alla morte di migliaia di persone: novemila, secondo alcuni, oltre a migliaia di sfollati e senzatetto. (R.P.)
All'Unione Europea le sofferenze dei cristiani iracheni
◊ La settimana scorsa gli arcivescovi iracheni Bashar Warda di Erbil e Amil Nona di Mosul hanno incontrato il Presidente del Consiglio Europeo, Hermann Van Rompuy. Nel colloquio, i due presuli di rito caldeo hanno ricordato le sofferenze dei cristiani in Iraq, dicendo che nel Paese non c'è libertà religiosa e sottolineando la necessità che i fedeli ricevano aiuti per costruire scuole, frequentate al 90% da allievi musulmani. “L'istruzione aiuterebbe a sviluppare una nuova cultura e la libertà di religione, aprendo nuove prospettive per i giovani”, ha indicato l'arcivescovo Warda. L'incontro con Van Rompuy - riferisce l'agenzia Zenit - è durato mezz'ora e si è svolto a Bruxelles nel contesto delle visite organizzate dall'associazione caritativa cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), che sostiene i cristiani perseguitati e sofferenti. Durante la discussione, Van Rompuy si è informato sulle condizioni di vita della popolazione irachena, sui diritti delle donne e su come l'Europa possa essere di aiuto. Nell'arcidiocesi di mons.Nona, Mosul, i cristiani e gli edifici ecclesiali sono bersaglio di attacchi ripetuti, e il predecessore del presule, l'arcivescovo Faraj Rahho, è morto nel marzo 2008 dopo essere stato rapito. Per l'arcivescovo Warda, dal 2003 sono circa 500 i cristiani uccisi per motivi religiosi o politici. Nello stesso periodo, ha aggiunto, 66 chiese sono state attaccate, e 4.000 famiglie di cristiani iracheni sono fuggite nella sua diocesi di Erbil, nel nord curdo, per evitare violenze e intimidazioni. I due arcivescovi hanno anche sottolineato a Van Rompuy la propria preoccupazione per la situazione dei diritti umani a causa dell'articolo 3 della Costituzione dell'Iraq, che sancisce la supremazia della legge islamica, la shari'a. Hanno inoltre incontrato alcuni membri del Parlamento Europeo e della Commissione dell'Unione Europea e Hans-Gert Pöttering, ex Presidente dell'Europarlamento e attualmente presidente della Fondazione Konrad Adenauer. La visita, commenta Acs, “ha dimostrato la crescente preoccupazione dell'Unione Europea per i cristiani del Medio Oriente”. (R.P.)
Iraq, mons. Sako: i cristiani mediorientali, tra islam di Stato e fondamentalismo
◊ Le trasformazioni che i Paesi del Medio Oriente stanno affrontando negli ultimi anni rischiano di fomentare il fondamentalismo. Mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, spiega all'agenzia AsiaNews che la minoranza cristiana, abituata a vivere sotto l’islam di Stato, deve cercare il dialogo con i suoi concittadini musulmani e spiegare loro che è possibile vivere insieme con rispetto reciproco e dignità. Sulla primavera araba e il tentativo occidentale di importare il proprio modello di democrazia, l’arcivescovo ribadisce: tentativi inefficaci, meglio puntare sull’educazione dei giovani. Da anni la geografia politica del Medio oriente – in Iran, Iraq, Egitto, Tunisia, Libia – ha iniziato a subire trasformazioni. Tali cambiamenti preoccupano molto le minoranze religiose ed etniche, soprattutto cristiane. Un Medio oriente diviso in Stati etnici, come spesso si parla, distrugge il mosaico del pluralismo millenario, senza portare alcuna soluzione. Con un islam di Stato, i nostri cristiani orientali hanno in realtà trovato un modo di vivere più o meno positivo. Abbiamo vissuto per 14 secoli insieme, in una convivenza pacifica anche se condizionata. Noi cristiani orientali siamo consapevoli del nostro futuro in questi Paesi a maggioranza musulmana. Senza semplificare o esagerare, comprendiamo che nell’islam lo Stato e la religione camminano insieme e non possono essere distinti. Anche in quei Paesi cosiddetti laicizzati non c’è mai stata una separazione dei due poteri, come nel caso dell’occidente. Oggi invece, la situazione è cambiata del tutto. L’islam fondamentalista sta crescendo e diventando un fenomeno sempre più preoccupante. I fondamentalisti vogliono che la legge islamica (Shari’a) diventi la legge fondamentale dello Stato, per salvaguardare la loro identità religiosa ed etnica (umma, comunità di veri credenti) dall’occidente “ateo e corrotto”. Il Corano insegna ai musulmani che l’islam, la religione insegnata da Maometto, il profeta più grande di tutti, è l’unica religione vera e completa. Per questo predicano la necessità di una guerra santa (Jihad) per proteggerla e propagarla. Ma questo può diventare molto pericoloso. La primavera araba ha portato una forte richiesta di democrazia e di riconoscimento dei diritti della persona. Ma al di là della propaganda internazionale, questa idea è purtroppo qualcosa di formale, che appartiene a principi teorici e non alla realtà concreta. Ora come ora il modello europeo democratico non funziona nel Medio Oriente: ci vuole molto tempo perché esso sia applicabile ed esige una nuova cultura e la formazione dei giovani. Noi minoranze cristiane, che viviamo in questi Paesi da sempre, per avere un futuro dobbiamo contare solo su noi stessi, sapendo che l’occidente è guidato solo da interessi economici e politici, sempre legati al petrolio. Bisogna dire ai nostri concittadini musulmani in modo chiaro e senza ambiguità che noi siamo parte integrante di questa popolazione. Noi siamo cittadini originali di queste zone: abbiamo contribuito molto alla formazione della cultura musulmana, durante il califfato degli omayyadi e degli abbasidi; eravamo i protagonisti del rinascimento della nazione araba nel 18mo secolo; oggi, vogliamo mantenere il nostro ruolo fianco a fianco. Dobbiamo dire loro: vi rispettiamo e vi amiamo perché Dio è amore e ci ama tutti. A nostra volta, vi chiediamo di rispettarci così come siamo e di rispettare la nostra religione. Solo così potremo fidarci gli uni degli altri, e stringere sempre di più i nostri rapporti. Per questo, è necessario studiare insieme le ragioni delle nostre paure e delle nostre speranze. Con coraggio e sincerità, dialogare del nostro destino comune con i fondamentalisti, i fratelli musulmani, i salafiti, le autorità sunnite e sciite. E mostrare loro la nostra lealtà, il nostro impegno e la volontà di vivere insieme con rispetto e dignità. (R.P.)
Siria: settimana di riconciliazione dei monaci della comunità di Deir Mar Musa
◊ Una settimana di digiuno per la riconciliazione in Siria: i monaci della comunità di Deir Mar Musa (fondata dal gesuita Paolo Dall’Oglio) lanciano un appello per una settimana di digiuno e preghiera, dal 23 al 30 settembre, per la riconciliazione in Siria. Da alcuni mesi il Paese è attraversato da dimostrazioni, violentemente represse dal regime, che chiedono un’ apertura al pluralismo. “La comunità di Deir Mar Musa al Habasci, nella montagna di Nebek – si legge nell’appello dei monaci ripreso dall'agenzia Sir - intende trascorrere otto giorni di digiuno, preghiera e sakina, per supplicare Dio l’Eccelso, Padre di misericordia, per ottenere la riconciliazione tra i cittadini sulla base di una comune scelta per la non-violenza come unico metodo in grado di garantire una riforma duratura, senza scivolare nella guerra civile e il circolo vizioso della vendetta”. “Chiediamo per la Siria - continuano i monaci - il miracolo della riconciliazione. Lo attendiamo da Dio, nella conversione gli uni verso gli altri dei cuori delle figlie e figli di questa terra. Il nostro Paese è ferito, e le anime sono piene di sentimenti di subita ingiustizia e di paura della persona altrui. Ognuno vede l'altro come un pericolo per la comunità, come un nemico della patria; gli è difficile riconoscerlo come un essere umano a lui simile, che ha gli stessi diritti e dignità, anche se li ha egli stesso snaturati. La riconciliazione ha, a nostro avviso – chiariscono i monaci -, diverse porte, anche se sono anch’esse oggetto di dialogo e di negoziato. Ci auguriamo che si apra la porta della libertà di espressione e di stampa, che cresca l’etica degli operatori del settore dei media, all’esterno e all’interno del paese”. Infatti, “non è possibile sfuggire alla menzogna che attraverso la pluralità delle fonti d’informazione. Oggi, è effettivamente impossibile per qualsiasi paese, l’isolarsi dalla società globale. Dobbiamo quindi cercare un minimo di obiettività, attraverso la pluralità mediatica mondiale, pur essendo coscienti dei suoi limiti e reagendo contro di essi”. I monaci suggeriscono anche al Governo siriano di invitare il Comitato internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa assieme ad altre organizzazioni umanitarie internazionali non di parte “perché cooperino con le Organizzazioni non governative siriane, al fine di raggiungere tre obiettivi: garantire il carattere pacifico delle manifestazioni; accompagnare i giornalisti per coprire gli avvenimenti; fornire la mediazione tra le parti in conflitto per comunicare e raggiungere la riconciliazione e la pace”. (R.P.)
Messico: fra minacce e timori arriva nella capitale la Carovana della Pace
◊ Il Movimento per la Pace con giustizia e dignità (Mpjd), guidato dal poeta Javier Sicilia, ha chiesto alle autorità di garantire la sicurezza degli attivisti che danno vita alla Carovana della Pace, che ha percorso il Messico meridionale e oggi raggiungerà la capitale. Emilio Alvarez Icaza, membro del Mpjd, ha detto all’agenzia Efe da Coatzacoalcos, nello stato orientale di Veracruz, che negli ultimi due giorni ci sono stati segnali preoccupanti per la sicurezza dei sostenitori e dei membri della Carovana, che era partita il 9 settembre dal centro del Paese verso il sud, ed ora è di ritorno. Ha citato a questo proposito le violenze contro il sacerdote cattolico fra Tomas Gonzalez, difensore dei diritti dei migranti, che ha partecipato ad un atto della Carovana a Palenque, nel Chiapas. Fra Tomás González è stato arrestato ieri dai militari nello stato di Tabasco e uno dei suoi collaboratori è stato schiaffeggiato da un civile, ha reso noto Alvarez Icaza, che ha anche denunciato il fatto che alle prime ore di domenica alcuni estranei abbiano cercato di entrare in casa sua, nella capitale del Messico. Ha anche raccontato che la sera del 17 settembre, quando la carovana era in viaggio da Tabasco a Coatzacoalcos, il personale di sicurezza ha chiesto agli attivisti di fermare la marcia per una presunta presenza di persone armate. Dopo un controllo non hanno rilevato alcuna irregolarità. "Questi fatti ci invitano a lanciare un messaggio forte per salvaguardare la sicurezza della carovana" ha detto Alvarez Icaza. Il Mpjd ha pubblicato una dichiarazione nella quale sottolinea che "la situazione è preoccupante" e invita le autorità a garantire "l'integrità dei difensori dei diritti umani". La Carovana, che viaggia su autobus, è passata ieri dal porto di Veracruz e dalla città di Xalapa, per continuare oggi verso la capitale della nazione, dove arriverà nel pomeriggio. A "Zocalo", la piazza principale di Città del Messico, si concluderà la marcia. La Chiesa cattolica è stata sempre presente a queste iniziative di pace. Mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo della diocesi di San Cristóbal de las Casas, si è espresso a favore della Carovana, e proprio pochi giorni fa ha pubblicato una lettera alla comunità nazionale ricordando che questa iniziativa cerca la pace e la riconciliazione, alzando la voce a nome delle vittime della violenza. (R.P.)
Perù: appello del cardinale Cipriani per la tutela della vita nascente e della famiglia
◊ Proteggere la vita dal concepimento fino alla morte naturale e tutelare la famiglia contro il tentativo di stabilire “il protocollo dell’aborto terapeutico”, come efficace scorciatoia per depenalizzarlo. L’arcivescovo di Lima e primate del Perú, cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, ha nuovamente esortato il presidente Ollanta Humala a onorare la promessa più volte espressa nel programma di governo di rispettare la vita anche e soprattutto sul piano legislativo. Il porporato, citato da L’Osservatore Romano, si riferisce in particolare a una proposta del ministro della Donna, Aída García Naranjo. “Spero che il ministro — ha sottolineato— si adoperi con efficacia e costanza per difendere la vita”. Il cardinale ha poi ricordato che “il presidente Humala, durante gli incontri che hanno preceduto la sua elezione, ha, più volte, promesso di operare per difendere la vita in ogni sua fase. Non si tratta di fare polemiche, ma di evidenziare l’importanza, lo spessore di tali affermazioni sul piano politico e sociale. Quanto detto esige di onorare la parola data”. L’arcivescovo di Lima ha fatto riferimento in particolare all’incontro privato tenutosi il 21 marzo scorso e alle parole pronunciate dal presidente del Perù: “Humala ha dichiarato alla stampa che la difesa della vita è al primo posto nei suoi programmi, così pure la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”. Riguardo alla proposta del ministro Aída García Naranjo, il cardinale ha lanciato l’allarme circa l’esistenza di pressioni esterne al Paese, che vogliono promuovere l’aborto, l’eutanasia, l’ideologia del genere, il consumo di droghe che distruggono i valori fondamentali della famiglia e della stessa società. Il cardinale ha quindi spiegato che “oggi, con il progresso scientifico, si è in grado di intervenire all’interno del grembo materno per curare patologie del feto. In questo orizzonte, allora, l’aborto volontario va respinto con forza e determinazione. Con esso si sopprime la vita nascente, si compie l’assassinio di un essere umano”. “La vita di ogni bambino fin dal suo concepimento, è sacra – ha aggiunto il porporato -, è un dono che va quindi difeso. Non si può compiere un omicidio in nome di una gravidanza indesiderata, riducendo la persona a cosa di cui disporre”. Per questo motivo il cardiale ha chiesto infine “un sistema di accoglienza per garantire un futuro sicuro alla vita che nasce, quando la madre la rifiuta o non può sostenerla. Un’istituzione permanente che prenda cura dei neonati e ne garantisca lo sviluppo integrale”. “Vorrei un’agenda — ha auspicato in conclusione il cardinale Cipriani Thorne — in cui si rispetti la vita fin dal concepimento, in cui si rispettino la costituzione della famiglia, uomo e donna, e la sua stabilità”. (M.G.)
El Salvador: parte la consultazione nazionale “Educazione per un Paese senza violenza”
◊ La Chiesa cattolica sostiene con forza la consultazione nazionale dal titolo “Educazione per un paese senza violenza”. Lo ha ribadito mons. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, il quale, riferendosi alle condizioni di insicurezza che si sono verificate in alcune scuole, ha detto che il problema non può più essere rimandato e il Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione (Cne) deve cercare una soluzione. La consultazione avrà inizio oggi, coinvolgendo vari gruppi scelti con cura, tra cui studenti di istituti nazionali, imprenditori, politici, giornalisti, Ong e sindaci. A loro verrà consegnato un questionario sulla violenza nelle scuole e sulle proposte per eliminarla. Il risultato della consultazione nazionale sarà elaborato da un team tecnico specializzato, e poi consegnato al ministero della Giustizia e della Sicurezza Pubblica, ai mass media, ai partiti politici e ad altri settori della vita nazionale. Mons. Rosa Chavez ha sottolineato che l'iniziativa ricorda molto il dibattito nazionale per la pace degli anni '80, che si è impegnato per porre fine alla guerra civile attraverso il negoziato, come poi è accaduto. Inoltre il Presule insiste sul fatto che "non esiste una soluzione se non siamo uniti", sperando che l'esito della consultazione diventi una proposta di ampio consenso. Riguardo alla motivazione di questa consultazione nazionale, mons. Rosa Chavez ha fatto pervenire all’agenzia Fides il suo pensiero, espresso durante un recente incontro con la stampa: “Vogliamo raccogliere questi elementi scollegati tra loro che lasciano intravedere una situazione caotica. I fatti sono evidenti: primo, la violenza dentro e fuori le scuole; secondo, la sfiducia nella polizia; terzo, la richiesta di non avere la polizia vicino. Tutto questo dimostra che c'è qualcosa che non va." (R.P.)
India: cristiani chiedono giustizia a 10 anni dalle violenze indù in Gujarat
◊ “L’armonia si costruisce con i fatti, non con le parole”. Così il gesuita padre Cedric Prakash, direttore del Centro per i Diritti Umani, la Giustizia e la Pace “Prashant”, ad Ahmedabad, in India, commenta all’agenzia Fides la notizia del digiuno di tre giorni del leader estremista indù Narendra Modi, capo del governo in Gujarat e membro del partito nazionalista Baratiya Janata Party, per affermare “il suo impegno per l’armonia sociale e comunitaria in Gujarat”. Il religioso bolla l’iniziativa definendola uno “show” e “come cristiano” chiede al leader indù di costruire l’armonia rendendo giustizia alle vittime delle violenze in Gujarat del 2002. “Se a dieci anni dai massacri – si interroga padre Cedric - le vittime chiedono ancora giustizia; se le minoranze religiose cristiane e musulmane, restano emarginate e discriminate in tutti i campi, soprattutto istruzione e occupazione, di quale armonia si sta parlando?”. Al digiuno di Modi, in Gujarat ha risposto il leader dell’opposizione regionale, Shankersinh Vaghela: anch’egli ha iniziato a digiunare, in un singolare “duello di digiuni”. La sfida è nata dopo che la Corte Suprema del Paese ha deciso di escludere, per il momento, il capo dell’esecutivo del Gujarat dagli accusati per disordini tra indù e musulmani, verificatisi nel 2002. Modi ha iniziato un digiuno nel tentativo di scrollarsi di dosso l’accusa di “complicità nei massacri”. Vaghela, del Partito del Congresso, ha avviato il suo digiuno con un fine opposto: denunciare la “politica corrotta” di Modi. Nel luglio scorso il Governo del Gujarat, stato dell’India occidentale, ha ammesso che tutte le prove relative ai massacri del 2002 – quando persero la vita circa 2.000 cittadini musulmani, attaccati da migliaia di militanti radicali indù – sono state distrutte. La notizia ha creato sconcerto e indignazione fra i legali delle vittime e nella società civile, anche perché molti dei processi ai presunti responsabili sono ancora pendenti. (M.G.)
India: la Chiesa eroga incentivi alla natalità in Kerala
◊ La Chiesa cattolica dello indiano del Kerala sta programmando da tempo una serie di iniziative per il sostegno alle famiglie e alla natalità. Secondo quanto riferisce L’Osservatore Romano, le parrocchie hanno stabilito l’erogazione di una somma di denaro (pari a circa 225 dollari a famiglia) sotto forma di deposito intestato alla nascita del quinto bambino o bambina. L’obiettivo di queste iniziative è contrastare il forte calo demografico che si è registrato in questi ultimi anni nel Kerala, sebbene si tratti di una delle zone dell’india con più le alte prospettive di crescita economica e quindi di benessere sociale, come testimonia il tasso più alto a livello nazionale in materia di alfabetizzazione (oltre il 90% della popolazione), il più basso tasso di abbandoni delle scuole e, in generale, una positiva aspettativa di vita tra le persone. I programmi di sostegno sono curati con la collaborazione di un’organizzazione pro-life che opera all’interno della diocesi di Mananthavady. Il vicario di una parrocchia di Kalpetta, padre Jose Kocharackal riferisce che sono diversi i nuclei familiari che hanno beneficiato o intendono beneficiare degli incentivi. Oltre a quella di Kalpetta, infatti, i programmi stanno coinvolgendo i territori di altre parrocchie, con un crescente interesse da parte della popolazione. Un coordinatore del programmi, Salu Mecheril, ha spiegato che essi “godono di una crescente popolarità e che i promotori stanno lavorando per estendere gli incentivi in tutte le comunità parrocchiali della diocesi”. Nel 2008, in occasione di una riunione della Kerala Catholic Bishops’ Conference, era emersa la preoccupazione che la tendenza al decremento delle nascite possa incidere a lungo termine sulla consistenza numerica della popolazione cristiana. Dall’episcopato si osserva che la tendenza alla denatalità “è motivata soprattutto da un crescente egoismo sociale”. La globalizzazione ha infatti portato grandi trasformazioni sociali e il tradizionale modello di famiglia indiana — ma anche di quella asiatica in generale — risentono del mutato contesto socio, culturale ed economico. E le conseguenze si ripercuotono, fra l’altro, proprio sulla dimensione dei nuclei familiari. Se da una parte, infatti, si considerano i vantaggi dello sviluppo economico, dall’altra si conclude necessariamente che occorre arginare il conseguente materialismo che porta all’erosione di valori fondamentali, come la famiglia, su cui si reggono le società. Nel 2001, secondo un censimento, i cristiani in Kerala rappresentavano il 19% degli oltre 31 milioni di residenti, ma in calo rispetto al 1991. Le iniziative della Chiesa locale però stanno ricevendo apprezzamento nelle parrocchie, dove si esprime “gioia per il fatto che si stia promuovendo una cultura della vita”. (M.G.)
Portogallo, i vescovi sulla crisi economica: “Cristiani chiamati all’impegno per il bene comune”
◊ “Ricercare nuove forme di economia improntate alla solidarietà” per sfuggire ai meccanismi troppo spesso spietati, fatalistici dei mercati che sembrano smarrire sempre più la dimensione etica. Suona così l’appello lanciato dal presidente della Commissione di pastorale sociale della Conferenza episcopale portoghese (Cep), mons. Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, ausiliare di Lisbona, durante un incontro svoltosi nella diocesi di Leiria-Fátima, in Portogallo, sui temi dello sviluppo sociale e dell’azione caritativa. Durante le tre giorni di lavoro, di cui riferisce L'Osservatore Romano, si è posto l’accento sull’esigenza di trovare un altro tipo di economia, compatibile e solidale con l’esistenza umana, solidale con le persone, con la natura, con la cultura, con il sapere scientifico. “Una solidarietà - come ha sottolineato il vescovo ausiliare di Lisbona - non più intesa come un vago sentimento di compassione o di commozione superficiale nei confronti delle difficoltà di tante persone, ma al contrario, come decisa e perseverante determinazione ad impegnarsi per il bene comune”. Per questo motivo è importante ravvivare un sentimento comunitario, capace di mobilitare in tutti nuove forme di partecipazione nei luoghi e nelle occasioni di convivenza civile. “Non ci potrà essere una cittadinanza nazionale, europea o mondiale, fino a che ognuno di noi - ha evidenziato il presule - non sarà coinvolto in modo solidale anche nel proprio condominio, via, quartiere, nella sua parrocchia e nella sua scuola”. Al momento attuale della crisi, ha aggiunto, “è importante mobilitare la partecipazione e promuovere una profonda trasformazione di mentalità” come derivazione dalla dimensione anche politica della fede - nel senso più alto, cioè per la promozione integrale della persona - che chiama il cristiano a un impegno personale nella vita sociale e politica per portarvi la luce del Vangelo. “Cristo — ha proseguito mons. Moreira Azevedo - continua a piangere, a gridare nelle voci di coloro che sono colpiti dalla crisi attuale”. È allora giunto il momento di ripensare i comportamenti etici e civici con vigorosa lucidità, e con il coraggio “capace di congregare le energie necessarie in uno sforzo di riforma profonda dello stile di vita orientato dal consumismo, fondata invece sulla speranza di un umanesimo aperto alla trascendenza, che si ponga l’obiettivo di una vita felice per tutti”. L’episcopato portoghese aveva denunciato, in più occasioni, che nel Paese sono in aumento le disuguaglianze nella distribuzione del reddito e che l’equità nella distribuzione delle prestazioni sociali è in declino. I vescovi hanno sollecitato una maggiore attenzione al “potenziale dell’economia sociale” e un impegno lungimirante a favore di “una reale e condivisa equità nella distribuzione della ricchezza e del reddito e sostenibilità dello sviluppo per soddisfare le molte esigenze dei cittadini, specialmente più deboli”. (M.G.)
Mozambico: festa finale a Maputo per i Giochi Africani
◊ Con un passaggio di consegne tra i ministri dello Sport di Mozambico e Repubblica del Congo-Brazzaville, si è conclusa ieri a Maputo la X edizione dei Giochi africani. Allo stadio nazionale di Zimpeto, costruito per ospitare il massimo evento sportivo continentale, c’è stato spazio prima per l’ultima medaglia in palio, con la finale di calcio maschile disputata tra Ghana e Sudafrica: a prevalere sono stati alla fine i ghanesi, battendo per 5-3 i rivali ai rigori dopo che al termine del tempo regolamentare e dei supplementari non si era andati oltre l’1-1. Per i padroni di casa del Mozambico - riferisce l'agenzia Misna - l’occasione di conquistare un oro (sarebbe stato il primo) era sfumato poco prima nella finale di basket dove ad avere la meglio sono stati i cestisti della Nigeria per 62-57. Il medagliere finale sorride al Sudafrica che ha conquistato un totale di 156 medaglie: 61 d’oro, 55 d’argento e 44 di bronzo. Subito dopo l’Egitto e la Nigeria. Il Mozambico, Paese ospitante, ha conquistato 24 medaglie, 12 d’argento e 12 di bronzo. La prossima edizione dei Giochi africani si terrà a Brazzaville nel 2015. (R.P.)
Festa di San Gennaro: avvenuto l'evento dello scioglimento del sangue
◊ “Oggi tutti gioiamo pienamente nel Signore e lo ringraziamo per aver manifestato, ancora una volta, il suo amore misericordioso e la sua particolare predilezione per la santa Chiesa napoletana e per la nostra città, permettendo che l'evento dello scioglimento del sangue del nostro Santo Protettore, il martire Gennaro, si rinnovasse, anche oggi, in questo giorno particolare, che commemora la data del suo martirio”. Sono le parole pronunciate stamani dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, durante la solenne concelebrazione eucaristica nella Cattedrale della città campana in occasione dell’odierna festa di San Gennaro. “Come sappiamo e crediamo – ha aggiunto il porporato - si tratta di un evento non determinato dalla mano né dalla volontà dell’uomo e, quindi, non differibile per scelte umane; è un evento che si ripete da secoli e, ripetendosi, consolida la fede del nostro popolo, che si sente particolarmente amato da colui che la Provvidenza ha posto come testimone e protettore della sua vita e della sua storia sociale, culturale e religiosa”. “Il sangue di San Gennaro – ha spiegato il cardinale Crescenzio Sepe - è sangue vivo e continua a sciogliersi proprio per dire e confermare l’amore che lo ha portato al martirio e che vivo e attuale è il suo amore per Cristo, per la Chiesa e per il popolo di Napoli”. Il porporato si è poi soffermato sulla situazione della città. “Sono troppi – ha detto- i fronti del disagio e della sofferenza, al punto che si fa sempre più diffuso un senso di sfiducia, se non proprio di impotenza'”. L’arcivescovo di Napoli ha quindi richiamato le istituzioni, le associazioni, i sindacati a lavorare insieme affinché il capoluogo campano possa ritrovare la speranza. La Solennità di San Gennaro è stata scandita, stamani, da una serie di riti iniziati con la Liturgia della Parola nella Cappella del Tesoro e l’apertura della cassaforte che contiene il reliquario con le ampolle del sangue. E’ seguita la processione verso l’altare maggiore della Cattedrale dove sono state esposte le Sacre Reliquie. La Liturgia è proseguita con i riti di impetrazione e la solenne concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Napoli. Alle ore 18.30, in Cattedrale, si terrà infine la celebrazione eucaristica presieduta da mons. Lucio Lemmo, vescovo ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi partenopea. Da domani e fino al prossimo 26 settembre, il sangue di San Gennaro sarà offerto alla venerazione dei fedeli dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle 16.30 alle 18.30. (A.L.)
La Coldiretti dona mezzo milione di api alla “fattoria del Papa”
◊ In occasione della celebrazione della Giornata della Salvaguardia del Creato, gli agricoltori della Coldiretti hanno donato al Santo Padre un alveare composto di otto arnie con mezzo milione di api al lavoro per l'impollinazione e la produzione di miele nella “fattoria pontificia” di Castel Gandolfo. Ognuna delle otto arnie a regime produrrà circa 35 chili di miele all’anno per un totale di 280 chili grazie al progetto di miele italiano–filiera corta realizzato dall’Azienda Agricola del Vaticano in collaborazione con Coldiretti-Campagna Amica che offrirà la necessaria assistenza tecnica. Un nettare naturale disponibile per la tavola del Santo padre e dei suoi ospiti. Un insetto profondamente simbolico. Le api non sono importanti solo per la produzione di miele, ma sono delle vere sentinelle dell'equilibrio naturale globale tanto che la loro scomparsa avrebbe conseguenze disastrose per la salute e l'ambiente. L'alimentazione umana infatti - rileva la Coldiretti - dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale proprio le api concorrono per l'80%. L’azienda agricola del Vaticano di Castel Gandolfo dove è stato allestito l’alveare proveniente dalla cooperativa La Sonnina, è un pezzo storico della dimora estiva dei Pontefici. L'Osservatore Romano descrive la fattoria del Papa come “un modello nel suo genere. Intanto, per la sua caratteristica della quale vanno fieri i fattori. Nonostante sia sempre stata tenuta al passo con i tempi e dotata delle tecnologie più moderne e sofisticate, la fattoria ha infatti conservato intatto l’aspetto del rustico antico, mostrando come sia possibile che l’ordine, la pulizia e le esigenze razionali dell’agricoltura moderna, estremamente tecnologizzata, possano sempre conciliarsi con il sapore della tradizione. Così, nell’ala principale dell’antico casale si scopre una modernissima pastorizzatrice per il latte ottenuto da 25 mucche in produzione che sono sistemate in una moderna stalla, allestita nel 2008. Non meno efficiente il pollaio. Un ampio recinto nel quale circa trecento galline ovaiole sono libere di razzolare a piacimento. Una sessantina sono i polli da carne, anch’essi rigorosamente ruspanti. A completare questo quadro sono un vivaio, dal quale si ricavano i fiori e le piante necessarie per adornare i Palazzi pontifici, un frutteto soprattutto di albicocchi e peschi sufficiente alle esigenze interne e un uliveto secolare che dà frutti per una discreta quantità di olio, fra i duemila e i tremilacinquecento litri. Solo poche bottiglie fanno una fugace comparsa tra gli scaffali dell’annona in Vaticano. E naturalmente tutti i prodotti arrivano sulla tavola del Papa. (M.G.)
Escalation di violenza nello Yemen: decine di morti in scontri tra manifestanti e forze di sicurezza
◊ Sono almeno 20 le vittime degli scontri in corso a Sanaa e Taez tra manifestanti che chiedono l'allontanamento del presidente Ali Abdallah Saleh e forze di sicurezza yemenite. Tre delle vittime sono soldati dissidenti, due sono bambini. Ne danno notizia fonti mediche. Le vittime di oggi si sommano alle 46 di ieri. Da parte sua, il ministro degli Esteri dello Yemen esprime “dispiacere e condanna per tutti gli atti di violenza ed il sangue versato'' ieri a Saana. Ma della triste domenica di sangue ci racconta, Salvatore Sabatino:
È stata una delle manifestazioni più imponenti degli ultimi mesi. L’opposizione yemenita si è data appuntamento nella capitale Sanà’a; nella piazza del cambiamento, dove i dimostranti erano accampati da mesi. Proprio qui sono scoppiati gli scontri con la polizia, che dapprima ha utilizzato i gas lacrimogeni e idranti per disperdere la folla; poi, è passata alle armi; testimoni hanno raccontato di una vera e propria carneficina e che alcune persone sono state calpestate nella ressa. Da parte sua, il Ministero della difesa ha scritto sul suo sito web che i manifestanti hanno lanciato bombe incendiarie dando fuoco ad un'auto della polizia e ha incolpato il partito di opposizione islamico, Islah, di aver aperto il fuoco sulla marcia di protesta. In mattinata, intensi bombardamenti avevano interessato un quartiere settentrionale di Sanà’a, dove è situata la residenza di un influente capo tribale che ha partecipato alle contestazioni contro il regime. Altre imponenti manifestazioni contro il presidente Saleh, si sono tenute a Taiz, Ibb e Dhammar, tre città a sud di Sanà’a, e a Saada, nel nord.
Medio Oriente: iniziativa palestinese all’Onu, i no di Israele e Hamas
È la settimana dell’appello palestinese all’Onu. Con ogni probabilità il 23 settembre il presidente Abu Mazen presenterà la richiesta di riconoscimento di un proprio Stato davanti alle Nazioni Unite. Israele e Hamas attaccano l’iniziativa, mentre la diplomazia internazionale preme ancora per una riapertura dei negoziati. Il servizio di Fabrizio Angeli:
L’hanno chiamata la “tempesta diplomatica perfetta”, prima ancora che sia stata scatenata. La richiesta di riconoscimento di uno Stato palestinese arriverà nelle mani del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon solo venerdì prossimo, ma il sistema di equilibri del Medio Oriente e non solo è già scosso dall’atterraggio a New York del presidente palestinese Abu Mazen. “All’indomani del voto – ha dichiarato il leader dell’Autorità nazionale palestinese – si creerà una situazione molto difficile, ma Israele non dovrebbe lasciarsi sfuggire la chance per la pace”. Il premier israeliano Netanyahu si è detto convinto che il tentativo de”Anp sia destinato a fallire, mentre dalla Striscia di Gaza anche il governo di Hamas l’ha definito “un’avventura politica pericolosa”, ribadendo che Abu Mazen non ha il mandato di tutti i palestinesi. La diplomazia internazionale, Stati Uniti in testa, sta ancora cercando di riportare i contendenti al tavolo delle trattative, per scongiurare un appello dai risultati destabilizzanti. La Palestina vorrebbe un riconoscimento dei confini del 1967, antecedenti l’occupazione israeliana dei Territori, che comprenderebbe Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est come capitale.
I talebani rivendicano l’uccisione di 8 persone a Karachi
Un attentato talebano compiuto davanti a un commissariato di polizia ha causato la morte di almeno otto persone a Karachi, nel Pakistan meridionale. Obiettivo dei terroristi era il comandante del commissariato, rimasto illeso. “Continueremo a colpire quanti sono contro i talebani e contro l’Islam”, ha dichiarato un portavoce. Intanto un drone americano si è schiantato in una zona tribale del nord-ovest del Pakistan, roccaforte di Al Qaeda. Lo si apprende da fonti della sicurezza pakistana.
Ancora proteste e ancora morti in diverse località della Siria
Almeno tre civili sono stati uccisi e altri 15 sono rimasti feriti dal fuoco sparato dalle forze di sicurezza fedeli al presidente al Assad in due diverse località del Paese: a Hirak, nella regione meridionale di Daraa, e a Hula, nei pressi di Homs. Lo riferisce il Consiglio supremo della rivoluzione siriana, una delle piattaforme degli organizzatori delle proteste anti-regime. A Dael, poco distante da Hirak, per tutta la notte si erano svolti cortei di protesta. Rastrellamenti anche in altre regioni della Siria. Secondo i Comitati di coordinamento locale, un'altra piattaforma degli attivisti anti-regime, tra sabato e ieri, 13 civili sono stati uccisi dalle forze lealiste.
Continua l’assedio alle roccaforti di Gheddafi, tensione all’interno del Cnt
Si combatte ancora per le città di Sirte e Bani Walid, residui bastioni fedeli al colonnello Gheddafi. Anche stamani si registrano violenti scontri tra forze dell’ex regime e insorti del Consiglio nazionale di transizione, che nel frattempo faticano a dare alla Libia una stabilità politica. Ieri a causa di imprecisate “divergenze” è slittato l’annuncio da parte del premier Jibril del nuovo governo ad interim, che dovrebbe condurre il Paese alle elezioni e alla stesura di una nuova Costituzione.
Burundi: violenze di ribelli nella capitale, almeno 24 morti
Almeno 24 persone sono morte ieri sera nell’attacco a un bar nei pressi della capitale del Burundi, Bujumbura. Secondo le autorità locali gli attacchi sarebbero opera di banditi armati, mentre per la popolazione i responsabili apparterrebbero alle Forze nazionali di liberazione, che starebbero preparando negli ultimi mesi una nuova ribellione. Il Burundi ha vissuto tra il 1993 e il 2006 una lunga guerra civile che ha provocato 300 mila morti.
Sudan: accordo Nord-Sud per aprire dieci passaggi di frontiera
Il Sudan e il Sud Sudan hanno raggiunto oggi un accordo per l’apertura di dieci passaggi lungo la frontiera comune di duemila chilometri, chiusa ormai da diversi mesi. L’intesa è stata firmata al termine del primo incontro diplomatico ad alto livello tra i due Paesi, dopo la proclamazione d’indipendenza del Sud da Khartum del 9 luglio scorso. “Ci siamo trovati d’accordo – ha dichiarato il ministro della Difesa sudanese – per facilitare i movimenti e la comunicazione tra le popolazioni dei nostri due Paesi”.
Obama presenta piano antideficit da 3mila miliardi: critiche sulla "tassa per ricchi"
Prevede più di tremila miliardi di dollari di tagli al deficit nei prossimi dieci anni il piano che il presidente americano Obama si appresta a presentare oggi alla Casa Bianca. Circa metà dei risparmi arriveranno da un aumento delle tasse per i ricchi e le grandi aziende. Con la nuova “Buffett rule”, ispirata al guru della finanza Warren Buffett, per chi guadagna più di un milione di dollari la pressione fiscale sarà in linea con quella della classe media. Proprio Warren Buffett, infatti, più volte ha denunciato che i ricchi americani pagano una quota inferiore sul reddito in tasse federali rispetto alla classe media, perchè i guadagni sugli investimenti sono tassati meno degli stipendi. Una tassa – ha commentato l’opposizione repubblicana - che “causerà la lotta di classe”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 262