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Sommario del 17/09/2011
Lettera del Papa per il centenario della Cattedrale dell’Immacolata Concezione a Mosca
◊ E’ stata pubblicata oggi la lettera di Benedetto XVI al cardinale Jozef Tomko, Inviato speciale alla celebrazione per il centenario di consacrazione della Cattedrale dell’Immacolata Concezione a Mosca, che si terrà domenica 25 settembre. Nel documento, in latino, il Papa sottolinea il grande valore di questa cattedrale che fu sconsacrata e trasformata in una fabbrica dal regime comunista sovietico. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un simbolo luminoso della forza della fede. I comunisti hanno cercato di distruggere la Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Mosca. L’hanno deturpata, sconsacrata e poi trasformata in una fabbrica. Negli anni della persecuzione, hanno ucciso il parroco e imprigionato i fedeli. Laddove era l’altare, con gesto di totale spregio, vi hanno costruito un gabinetto. Ma hanno dovuto arrendersi. L’amore dei cattolici per la Vergine, le loro preghiere, il loro coraggio, la loro perseveranza ha prevalso e, 12 anni fa, hanno potuto riavere, riabbracciare la loro Cattedrale. In quell’occasione, l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz affermava commosso: “Anche a Mosca, che nel periodo sovietico è stata considerata la capitale dell’ateismo, l’ultima parola è quella di Dio”.
Benedetto XVI ricorda questa storia di sofferenza e redenzione nella lettera al cardinale Jozef Tomko, suo Inviato speciale alle celebrazioni per il centenario della dedicazione. La Cattedrale moscovita, scrive il Papa, ha come partecipato alla sorte dei credenti russi, alle loro sofferenze. Il Pontefice confida di aver accolto “con gioia” la notizia della celebrazione del centenario di quella che è la più grande chiesa cattolica di Russia. Ancora, il Papa si sofferma sulla secolare devozione mariana del popolo cristiano, di cui la Cattedrale a Mosca è un “significativo monumento”. Nella lettera, si legge infine che il cardinale Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, porterà a tutti i presenti i saluti del Papa e la sua esortazione affinché con l’intercessione di Maria possano condurre una vita piena di fede e carità.
I festeggiamenti per il centenario della Cattedrale, esempio sublime di stile neo-gotico, prevedono vari concerti di musica sacra, l’inaugurazione di un monumento a Madre Teresa di Calcutta, una mostra fotografica, la presentazione del libro e del film dedicati alla storia della Cattedrale. La Messa presieduta dal cardinale Jozef Tomko sarà concelebrata da vescovi provenienti da Russia, Polonia, Stati Uniti, Bielorussia, Kazakhstan e Lituania.
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo: il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana; alcuni presuli della Conferenza Episcopale dell’India, in visita "ad Limina".
Il Papa in Germania con il motto “Dove c’è Dio, là c’è futuro”: editoriale di padre Lombardi
◊ Giovedì prossimo il Papa partirà per Berlino per il suo terzo viaggio apostolico in Germania: una visita di quattro giorni, molto intensa, fitta di eventi importanti. Molto atteso il discorso davanti al Parlamento federale così come l’incontro con gli evangelici nel Convento agostiniano di Erfurt in cui visse Lutero. E poi ancora la Messa nello Stadio Olimpico di Berlino, la visita nel Santuario mariano di Etselsbach e l’incontro con la comunità cattolica a Friburgo. Il viaggio si svolge sul motto “Dove c’è Dio, là c’è futuro”. Ascoltiamo, in proposito, il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
Viviamo in tempi di preoccupazioni per il futuro: futuro del pianeta Terra e della vita su di esso, futuro dell’economia mondiale e della pace fra i popoli, futuro dell’Europa e delle nazioni che ne fanno parte, futuro dei giovani e dei bimbi che si affacciano alla vita. Recandosi nel suo Paese, la Germania, da molti vista soprattutto come potenza trainante nel vecchio continente, ma dove la fede cristiana appare in rapida diminuzione, il Papa ha scelto per il suo viaggio il motto: “Dove c’è Dio, là c’è futuro”. Sono le parole chiave della sua omelia al Santuario austriaco di Mariazell quattro anni fa, quando aveva letto la crisi demografica dell’Europa come segno di mancanza di fiducia nel futuro e aveva reagito: “Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la Terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro”.
Dal primo giorno dopo la sua elezione, Papa Benedetto ci ha spiegato che l’annuncio del primato di Dio sarebbe stato prima priorità del suo Pontificato. Chi è Dio? Come vedere il suo volto? Dove incontrarlo e come parlare con lui? Come il rapporto con Dio orienta la vita di ogni persona e la sua responsabilità nella società, fonda la ricerca della giustizia e del diritto? Dio non è estraneo alla vita. Non ci dobbiamo aspettare dal Papa risposte a questioni marginali, ma a quelle più essenziali. Attraversando un Paese dove la negazione totalitaria di Dio ha dimostrato le sue conseguenze più estreme, rifletteremo insieme su come impegnarci – come persone, come credenti in Dio, come cristiani e come cattolici - per costruire un futuro degno dell’uomo.
Proclamato Beato don Francesco Paleari, il “piccolo prete del Cottolengo”
◊ Si è svolta questa mattina a Torino, nella chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza, la cerimonia di Beatificazione del “piccolo prete del Cottolengo”, come veniva chiamato affettuosamente in vita don Francesco Paleari, il primo sacerdote dell’opera a essere elevato alla gloria degli altari dopo il fondatore, San Giuseppe. La celebrazione è stata presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Roberta Barbi:
La dolcezza di San Francesco di Sales, l’umiltà di San Francesco d’Assisi e lo spirito missionario di San Francesco Saverio: caratteristiche di tre “grandi” che riuniva tutte in sé, questo sacerdote della Congregazione dei preti della Santissima Trinità che si chiamava, come loro, Francesco. Era don Franceschino per chi lo conosceva, a causa del suo fisico minuto, cui corrispondevano, però, la fede e la virtù di un gigante, come ricorda al microfono di Roberto Piermarini il cardinale Angelo Amato:
“Era straordinario, come si dice, nell’ordinario, ma in lui questa affermazione non è banale. Le virtù furono da lui praticate in modo così costante e puntuale da diventare una seconda natura”.
Don Francesco Paleari fu un grande dono per la diocesi di Torino, che gli affidò incarichi sempre nuovi: fu confessore e direttore spirituale del seminario diocesano e predicatore di esercizi spirituali al clero, alle religiose e ai laici, poi provicario generale e vicario per la Vita consacrata. Lui, però, era originario della provincia milanese, nato nel 1863 a Pogliano, da dove partì giovanissimo per rispondere alla chiamata del Signore. Era soprannominato “il prete che sorride” per quel suo viso indimenticabile e quel sorriso aperto che conquistava tutti, un sorriso dell’anima che spalancava i cuori dei fedeli ed era capace di far sentire chiunque vicino a Dio, anche i poveri e i sofferenti accanto ai quali trascorse tutta la vita. “Signore, insegnami a essere furbo”, era la sua preghiera preferita, e per lui “furbo” voleva dire consapevole che tutto ciò che è terreno passa, mentre eterno è solo il Paradiso, cui si deve aspirare senza calcoli e senza perdersi di coraggio. Una fede incrollabile, la sua, sottolineata anche dal cardinale Amato:
“Spirito di preghiera, fervore eucaristico e pietà mariana furono le coordinate della sua santificazione. Da questo spirito di fede, ovviamente, si originava anche la sua eroica carità verso Dio e verso il prossimo, che erano come due fiamme che si sprigionavano dal suo cuore: l’una saliva verso Dio, l’altra si piegava verso il prossimo”.
Il prossimo di don Francesco erano i poveri, gli ammalati, i disabili e i bambini con difficoltà che accudiva con infinita pazienza nella Piccola Casa. Questo grande amore per gli “ultimi” lo aveva respirato fin da piccolo, vivendo in una famiglia dove spesso si faceva fatica a mettere insieme il pranzo e la cena, ma che la domenica accoglieva sempre un povero alla propria tavola, perché non si può ricevere Gesù senza spalancare la porta ai poveri.
La Santa Sede all'Onu: nessuna deroga al diritto alla salute per gli anziani
◊ La vecchiaia non è un peso per la società, ma una benedizione per le generazioni più giovani, e la vita un dono che non può essere interrotto facendo ricorso a forme di eutanasia. A dichiararlo è stato mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio Onu di Ginevra, parlando ieri alla 18.ma sessione del Consiglio dei diritti umani. Il servizio di Davide Maggiore:
L’aumento della popolazione in età avanzata è un fenomeno trasversale a tutte le culture ed è in crescita anche nei Paesi in via di sviluppo. Da qui mons. Tomasi ha preso le mosse nel commentare i dati dello studio Onu sulla realizzazione del diritto alla salute negli anziani. Gli ultra sessantenni erano 760 milioni nel 2010, e dovrebbero raggiungere il miliardo di persone a fine decennio. La Chiesa cattolica, ha spiegato mons. Tomasi, è impegnata nel garantire loro “una cura speciale” senza far coincidere “vecchiaia e malattia”, come raccomanda il documento internazionale. Sono quasi 15.500 le strutture per anziani sostenute dalla Chiesa, nella convinzione che, come ha dichiarato Papa Benedetto XVI “ogni generazione può imparare dall’esperienza e dalla saggezza di quella che l’ha preceduta” e che quindi la cura degli anziani non dovrebbe essere considerata un semplice “atto di generosità” quanto il modo di ripagare “un debito di gratitudine”. La delegazione vaticana ha voluto esprimere una “forte obiezione” riguardo la parte del rapporto in cui si accenna all’ “autonomia del paziente nel decidere sulla fine della vita”. “Crediamo fermamente – ha dichiarato mons. Tomasi – che la vita sia un dono che nessuno ha il cosiddetto “diritto” di terminare”. La morte, ha proseguito il rappresentante della Santa Sede “è il culmine di un processo naturale e nessuno, nemmeno la stessa persona sofferente, ha diritto a causarla o affrettarla”. L’esortazione indirizzata a medici e scienziati, è quindi di “portare avanti ricerche per prevenire e curare le malattie legate alla vecchiaia, senza assolutamente cedere a pratiche che abbreviano la vita, “che si rivelerebbero, nei fatti, forme di eutanasia”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un fondo di Luca M. Possati dal titolo “Erdogan, Obama e la crisi in Vicino Oriente”.
Dottore della coscienza: in cultura, Hermann Geissler sul teologo inglese John Henry Newman, proclamato beato da Benedetto XVI un anno fa a Birmingham.
Visionario in quattro terzi: Emilio Ranzato recensisce il “Faust” di Alexander Sokurov, viaggio a ritroso nello spirito europeo.
Marcello Filotei su Santa Cecilia e i diritti della musica “forte”.
Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Con la nostalgia e la bellezza di un canto corale”: volti e luoghi dell'Italia di ieri nelle fotografie di Pepi Merisio esposte a Chieti.
I nuovi pulpiti nel progetto di don Alberione: nell'informazione religiosa, Giancarlo Rocca in vista del centenario di fondazione della Società San Paolo.
Un forte segno ecumenico: nell'informazione vaticana, Nikolaus Schneider sui buoni rapporti in Germania tra cattolici ed evangelici.
◊ Aiutare il Corno d’Africa, colpito da una terribile carestia, la peggiore degli ultimi 60 anni. Con questo obiettivo, la Conferenza episcopale italiana promuove una colletta nazionale per questa domenica. La raccolta fondi si svolgerà durante le Messe in tutte le chiese e le parrocchie e servirà a sostenere l'impegno della Caritas in questa regione. Isabella Piro ha chiesto a don Vittorio Nozza, direttore della Caritas, quale tipo d'intervento stiano attuando:
R. – Innanzitutto, un intervento di assistenza nutrizionale e sanitaria, garantendo cioè a queste numerose persone la possibilità di essere nutrite ed assistite da un punto di vista sanitario. In secondo luogo, un progetto di approvvigionamento e di conservazione dell’acqua in modo tale che possano accedere a questo bene nella maniera più opportuna possibile, per arrivare anche ad interventi più di futuro e quindi la messa a disposizione di animali di allevamento e di sementi per l’agricoltura. Sono tre progetti che stiamo già sostenendo e che sono condivisi con le Caritas nazionali della Somalia, di Gibuti, del Kenya e dell’Etiopia.
D. - È giusto dire, quindi, che l’obiettivo della Caritas è anche quello di rompere la catena degli aiuti passivi, ricevuti dall’Africa, e di rendere queste popolazioni attive nel costruire il loro futuro?
R. - Sì, questo sì. Logicamente, alla persona affamata bisogna cominciare a consegnare quelli che sono gli elementi necessari per potersi sfamare subito. Contemporaneamente, però, questo primo gesto ha bisogno di una molteplicità di altri progetti capaci di mettere nella condizione, in maniera dignitosa e responsabile, di promuovere il cammino di vita delle persone. Quindi, una molteplicità di progetti che vanno nella direzione della promozione umana, dello sviluppo, della cooperazione, ma anche dell’educazione e della crescita dei piccoli, di coloro che sono concretamente il futuro della vita di ogni popolazione.
D. - A suo parere l’emergenza del Corno d’Africa sui mass-media fa ancora notizia?
R. – Purtroppo, alla divulgazione di questi eventi nella testa e nel cuore di una molteplicità di persone, succedono poi periodi di grande silenzio, di disattenzione: questo non aiuta né a renderci coscienti di ciò che nel mondo avviene, ma nemmeno a tenere alta l’attenzione delle stesse istituzioni nazionali o internazionali perché - di dovere - mettano in atto quelle azioni che devono essere alla base anche di progetti di interventi sussidiari, quali possono essere i nostri o di altri entità o organizzazioni non governative.
D. – Vogliamo ricordare a tutti gli ascoltatori come possono contribuire alla colletta straordinaria?
R. – Attraverso il conto corrente postale no. 347013, specificando “carestia Corno d’Africa 2011”, oppure andando sul sito dove si trovano anche altre opportunità a livello bancario o altro. Tutte le chiese, tutte le comunità parrocchiali sono state sollecitate a partecipare proprio nel momento più alto, più bello della comunione e della fraternità, che è la celebrazione dell’Eucaristia, a trovare il modo di essere generosi, aperti a quella fame di pane e di futuro a cui le popolazioni del Corno d’Africa hanno bisogno di trovare menti e cuori molto generosi. Non è tanto e solamente un mettere a disposizione risorse economiche, ma è condividere, a partire dalla stessa fede, dallo stesso Credo in un Dio che si fa pane, si spezza: non possiamo non essere attenti nei confronti di fratelli che hanno bisogno proprio di pane e di futuro, in maniera molto, molto intensa. (mg)
Abu Mazen: l'Onu riconosca lo Stato palestinese. Netanyahu: no ad azioni unilaterali
◊ L’Unione Europea ha preso atto della volontà dei palestinesi di aderire all'Onu, ma crede che 'una soluzione costruttiva’ per la ripresa dei negoziati sia la migliore e l'unica possibile per giungere alla pace. A dichiararlo è il portavoce del capo della diplomazia dell'Ue, Catherine Ashton. Intanto il presidente palestinese Abu Mazen va avanti con la richiesta di riconoscimento, che dovrebbe avvenire davanti all’Assemblea Generale, ma che potrebbe arrivare al Consiglio di Sicurezza. Ce ne parla Graziano Motta:
Abu Mazen ha confermato che presenterà al Segretario generale Ban Ki-moon la domanda di riconoscimento dello Stato palestinese come membro effettivo delle Nazioni Unite il prossimo venerdì, 23 settembre. Ritiene che, acquisito il riconoscimento dell’Onu di questo Stato, avente come confine le linee di armistizio del 1967 - e questo è un aspetto sostanziale, perché l’entità palestinese non ha avuto finora delle frontiere riconosciute internazionalmente - esisterà la base di una ripresa dei negoziati di pace con Israele, accusato di essere responsabile della loro stasi. Immediata la reazione del primo ministro israeliano Netanyahu: il suo portavoce ha ribadito che non si può pervenire alla pace con un’azione unilaterale all’Onu e, nello stesso tempo, collaborando con l’organizzazione terroristica di Hamas al potere a Gaza; ma vi si giungerà solo con negoziati diretti, per i quali Israele è un partner disponibile.
Sull’importanza dell’intervento del presidente palestinese Abu Mazen Irene Pugliese ha intervistato il professor Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. - Abu Mazen si sente ormai praticamente sicuro di avere la maggioranza dei due terzi all’interno dell’Assemblea generale dell’Onu, però ha detto anche un’altra cosa molto importante: intende comunque coinvolgere anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
D. - Quindi sfida il veto degli Stati Uniti?
R. – Certamente vuole portare fino in fondo il braccio di ferro. E’ una sfida ma in un certo senso, oggi, dà una posizione di forza: con i due terzi ormai acquisiti all’interno dell’Assemblea mette in una posizione molto difficile l’amministrazione americana che ha già annunciato l’intenzione di porre il veto.
D. - Netanyahu durante il colloquio con la responsabile della politica estera europea Catherine Ashton ha detto che Israele potrebbe accettare un innalzamento dello status palestinese all’Onu a patto però che la Palestina non venga dichiarata uno Stato...
R. - Abu Mazen ha insistito molto sul riconoscimento come membro pieno delle Nazioni Unite. Queste sono le posizioni della vigilia. Poi si tratterà di vedere concretamente come verrà formulata la risoluzione per l’approvazione nel dibattito all’interno dell’Assemblea. Comunque il fatto che oggi Netanyahu abbia fatto questo tipo di affermazioni dà l’indice della situazione molto difficile in cui si trova oggi Israele. Al momento è la Palestina a trovarsi in una posizione di forza. Netanyhau, qualche giorno fa, non si sarebbe mai sognato di dire una frase del genere.
D. - Per quanto riguarda l’isolamento di Israele c’è anche poi il fronte egiziano. Ieri era stato il premier Essam Sharaf ad affermare in un’intervista alla tv turca che l’accordo non è sacro ed è sempre aperto a discussioni o cambiamenti. Il governo israeliano ha convocato l’ambasciatore egiziano in merito al Trattato di pace tra i due Paesi. Quanto è importante in questa vicenda il ruolo dell’Egitto?
R. – E’ importantissimo, è un elemento molto delicato per Israele in questo momento: il fatto che questi accordi di pace firmati da Begin e Sadat ormai molto tempo fa restino comunque in vigore è fondamentale per l’equilibrio di Israele. Si è trattato di un accordo di pace che era sostanzialmente garantito da Mubarak. Oggi il nodo viene al pettine perché è l’unica frontiera sicura stabile per lo Stato ebraico. Adesso rimettere in discussione anche il rapporto con l’Egitto sarebbe davvero una catastrofe. (bf)
Al via l'aumento dell'Iva in Italia dal 20 al 21%
◊ Scatta oggi in Italia l’aumento dell’Iva dal 20 al 21%. Rischio rincari per molti prodotti di largo consumo come automobili, ciclomotori, casalinghi e abbigliamento. Secondo una stima della Confesercenti gli effetti si faranno sentire sul portafoglio delle famiglie per 140 euro in più l’anno. Il Codacons intanto ha stimato un rialzo dell'inflazione dello 0,64%. Camilla Spinelli ha sentito Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum:
R. - Gli aumenti riguarderanno soprattutto alcuni beni: la telefonia, dove l’Iva aumenterà dal 20 al 21 per cento e si sa che questo inciderà molto, perché siamo un popolo che usa moltissimo i cellulari. Inciderà anche su tutto ciò che riguarda vestiti, scarpe ed automobili. Tutto questo comporterà un rallentamento della produzione e potrebbe anche significare un ulteriore danno per l’occupazione. Bisogna però dire che non incide sui beni di prima necessità, perché in questo caso si ha un’Iva al quattro per cento.
D. - L’aumento dell’Iva potrebbe portare ad una contrazione del potere d’acquisto del reddito spendibile delle famiglie…
R. - Sì, soprattutto in un momento in cui il Paese non sta bene. Infatti i dati ci dicono che le famiglie iniziano ad erodere il risparmio. Ci sarebbe quindi una contrazione del reddito spendibile ed un contrazione dei consumi, con gli effetti perversi che tutto questo comporta.
D. - Voi dell’Adiconsum parlate di “effetti perversi” sui prezzi dei beni di prima necessità. Di cosa si tratta?
R. - L’effetto "perverso" è quello che definiamo “l’effetto euro”. Quando siamo passati dalla lira all’euro, gli arrotondamenti sono stati al rialzo. Un vestito che costa 120 euro con l’aumento dell’Iva dovrebbe essere messo in vetrina a 121 euro. Immaginiamo quindi che su una serie di beni di prima necessità i negozianti non metteranno su quel vestito un cartellino di 121 euro ma, probabilmente, arrotonderanno da 125 a 130 euro., Questo, perciò, è un effetto "perverso".
D. - Quindi che futuro ci aspetta?
R. - Per molti anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Oggi serve un consumo più responsabile, che punti sul risparmio. Da questo punto di vista, infatti, viene acquistato sempre di più l’usato, come anche i vestiti su Internet, perché il risparmio on line è sostanziale. Ad effetti perversi si susseguono perciò anche effetti positivi, ad esempio una certa responsabilità nel modo di acquistare ed anche di vivere. (vv)
Alla Sagra Musicale Umbra i polifonisti delle Riduzioni gesuitiche del Sudamerica
◊ Continua il percorso della Sagra musicale umbra sul tema "Dal Vecchio al Nuovo mondo". Protagonisti oggi del prestigioso Festival di musica sacra, il Gesuita e compositore Domenico Zipoli e altri polifonisti attivi tra il '600 e il '700 nelle Riduzioni gesuitiche in Sudamerica. Autori completamente dimenticati al cui fianco, in programma ai due concerti odierni a Trevi e a Solomeo, troviamo le maggiori firme del barocco europeo: Monteverdi, Haendel, Pasquini e Scarlatti. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Esiste un patrimonio polifonico europeo che con il suo mirabile intreccio di voci e strumenti ha raggiunto tra il '600 e il '700 il Nuovo Mondo, esistono compositori barocchi nati in Sudamerica o lì emigrati: il frutto è una tradizione musicale feconda ma ancora per lo più d’archivio. I due concerti di oggi tentano di colmare il vuoto proponendo sì l’ascolto del miglior barocco veneto e napoletano, ma anche di ciò che si suonava contemporaneamente in Perù, Bolivia, Paraguay, Messico, opere di polifonisti dimenticati come Juan de Araujo, Diego Josè de Salazar, Francisco Lopez de Capillas e naturalmente di Domenico Zipoli, che ancora novizio lasciò l’incarico di organista alla Chiesa del Gesù a Roma per andare missionario nelle Riduzioni gesuitiche in Argentina, comunità davvero speciali, in cui cultura e fede crescevano nel rispetto e nella pace. Gabriele Giacomelli è tra i maggiori studiosi di Zipoli:
“La musica è stata veramente un veicolo di sviluppo ulteriore, di approfondimento della fede: in una pratica musicale comunitaria nella quale gli indios subito si riconobbero, istituendo questi cori e queste orchestre e cominciando anche a costruire, essi stessi, gli strumenti musicali. E’ chiaro che inizialmente veniva tutto importato dall’Europa… La particolarità dell’evangelizzazione dei Padri gesuiti era quella di rendere poi queste popolazioni perfettamente autonome, anche di comporre e poi di eseguire la musica”.
E la musica di Zipoli da Cordoba sulle Ande, dove il maestro pratese fondò una scuola, attrasse indios di diverse etnie: lo richiedevano e lo veneravano in tutta l’America Latina, più dei contemporanei di area cattolica. Un patrimonio di arte e di fede che come la polifonia di Haendel e di Scarlatti, che risuonava allora in Occidente, continua a contribuire alla formazione di popoli poi non così lontani. Ancora Gabriele Giacomelli :
“Quella di Zipoli pare proprio fosse quella che parlava più direttamente al cuore di queste popolazioni. Probabilmente per le caratteristiche stesse di questa musica, che è una musica piuttosto diretta, che abbandona il contrappunto troppo complesso, che è accattivante dal punto di vista melodico. Ci sono ancora delle realtà, a parte quella della stessa città di Cordoba, anche in aree piuttosto sperdute nel nord della Bolivia: vi sono scuole di musica che hanno in repertorio ancora musica di Zipoli”. (mg)
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa 25.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù racconta la parabola sugli operai dell’ultima ora, pagati dal padrone della vigna come quelli che hanno lavorato tutta la giornata. Questi protestano, ma il padrone così risponde a uno di loro:
“Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Da questa domenica cominciano tre parabole sul lavoro nella vigna. Il simbolo della vigna e della vite è molto presente sia nell’Antico Testamento che nel linguaggio parabolico di Gesù. La chiamata a lavorare nella vigna, a diverse ore del giorno, non sottolinea tanto la partecipazione di tutti al lavoro, quanto il desiderio del padrone – cioè di Dio – di offrire a tutti la gioia di lavorare con lui e di conseguenza di partecipare alla sua generosità, che è per tutti uguale. Ai nostri occhi e alla nostra mentalità sembra strano questo egualitarismo di retribuzione fra i primi e gli ultimi: la giustizia secondo Dio, non priva i primi del giusto salario, né fa privilegi per gli ultimi. Dio vuole avere tutti come collaboratori, e per questo esce più volte a cercare operai; e la sua gioia è quella di dare a tutti una retribuzione piena, senza che ci siano privilegi o emarginazioni. Per capire questo modo di agire bisogna avere un cuore nuovo, ricolmo dello Spirito di Dio. L’invidia e la mormorazione dei primi che mal sopportano la generosità verso gli ultimi arrivati ricorda tanti bravi cristiani che non tollerano che ci sia per tutti pari dignità, per tutti un pane e una casa, un benessere comune. Loro ragionano con logiche di mercato: Dio è fuori mercato, è cuore generoso, tanto generoso. A tutti dona la stessa vita piena, con larghezza.
Carestia nel Corno d’Africa: migliora la situazione nei campi profughi
◊ Con il consistente arrivo degli aiuti umanitari è in via di miglioramento la situazione dei campi profughi allestiti in Etiopia e Kenya per accogliere la popolazione somala in fuga dalla carestia. Secondo una nota dell’Alto commissariato della Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), la fornitura dei servizi sanitari e di nutrizione e la campagna di vaccinazione contro il morbillo, completata due settimane fa, hanno avuto come risultato la netta diminuzione del tasso di mortalità e di malnutrizione all’interno dei campi di accoglienza. In particolare in tutti i campi dell’area di Dollo Ado, in Etiopia, il tasso complessivo di malnutrizione si attesta ora al 35% poiché i programmi di alimentazione nutrizionale per bambini rifugiati sono riusciti a raggiungere i casi più vulnerabili. E si guarda con più ottimismo al futuro anche perché è fortemente diminuito il flusso di sfollati provenienti dalla Somalia. I nuovi arrivati riferiscono tuttavia agli operatori Unhcr che le condizioni in Somalia sono ancora precarie: la maggior parte del bestiame è morto e il cibo è difficile da reperire. Eppure si sta registrando anche un calo degli spostamenti interni verso la capitale Mogadiscio, dove ad agosto sono arrivate 5000 persone contro i 28mila arrivi di luglio. Nella capitale somala, il ritiro del gruppo armato degli integralisti islamici Shebab - che si oppone al governo federale di transizione - non si è però direttamente tramutato in un miglioramento delle condizioni di sicurezza a causa del vuoto di potere creatosi. In particolare, continua a destare preoccupazione l’incidenza di diarrea e morbillo tra gli sfollati. Per questo motivo l’Unhcr ha intrapreso una serie di missioni volte a verificare la situazione in alcuni degli oltre 180 accampamenti di fortuna della capitale somala nei quali è stata effettuata la distribuzione di aiuti d’emergenza. Inoltre, traendo insegnamento dall’esperienza della carestia del 1992, quando il tasso di mortalità infantile raggiunse il suo apice con il tempo più freddo e le piogge nel mese di ottobre, l’Unhcr sta collaborando con l’Unicef nella distribuzione di circa 60.000 coperte per mitigare gli effetti del tempo e i rischi di ipotermia negli insediamenti nell’area di Mogadiscio e nelle regioni limitrofe. In prima linea negli aiuti sono anche i missionari Salesiani che hanno lanciato la campagna “Emergenza Somaly Region”, volta a prestare assistenza a quasi 4 milioni di persone che vivono nei campi profughi della della Somaly Region etiope, dove ogni giorno arrivano oltre un migliaio di persone per chiedere aiuto. Secondo i religiosi “la carestia nel Corno d’Africa non è causata solo dalla grave siccità, ma anche dal prezzo esorbitante di cibo e di ogni altra esigenza” e avvertono anche come la situazione stia diventando insostenibile “perché quando il cibo non arriva a tutti, nascono litigi”. Al momento le Missioni salesiane stanno lavorando per fornire oltre 2.000 razioni di cibo giornaliere e 10.000 litri di acqua due volte al giorno. (M.G.)
Campagna Unicef contro la mortalità infantile
◊ “Vogliamo Zero”, è questo il titolo della campagna contro la mortalità infantile nel mondo che l’Unicef lancerà ufficialmente il prossimo 28 settembre da Roma, in occasione della prima visita in Italia del direttore generale dell’Unicef Anthony Lake. Intanto, ieri, la stessa agenzia Onu per l’infanzia e l'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno presentato nuovi dati che tratteggiano una situazione in netto miglioramento: il numero di bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno è sceso da oltre 12 milioni nel 1990 a 7,6 milioni nel 2010. Nello stesso periodo il tasso di mortalità è diminuito di oltre un terzo, da 88 decessi ogni mille nati vivi a 57. Il Rapporto 2011 sulla mortalità infantile “Levels & Trends in Child Mortality” - citato dall'agenzia Sir - mostra grandi progressi anche nell'Africa subsahariana, la regione con i più alti tassi al mondo, dove la velocità del calo nel tasso di mortalità infantile è in costante aumento: questo ritmo è raddoppiato, passando dall’1,2% l'anno nel periodo 1990-2000, al 2,4% l'anno nel periodo 2000-2010. “La notizia che il tasso di mortalità infantile nell'Africa sub-sahariana sta diminuendo due volte più velocemente rispetto a quanto accadeva dieci anni fa, dimostra che possiamo realizzare dei progressi anche nei luoghi più poveri. - afferma Anthony Lake, direttore generale dell'Unicef - Concentrare maggiori investimenti sulle comunità più svantaggiate ci aiuterà a salvare più vite dei bambini, in modo più rapido e economico”. Questo tasso di progresso, però, non è ancora sufficiente a raggiungere l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio n. 4, che prevede la riduzione di due terzi del tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni entro il 2015. Secondo il Rapporto, rispetto alla tendenza generale, si sono ottenuti progressi meno significativi per quanto concerne la mortalità dei neonati e dei bambini più piccoli, che rimangono i più a rischio: infatti, oltre il 40% dei decessi dei bambini si verifica entro il primo mese di vita e oltre il 70% nel primo anno di vita. I miglioramenti e i progressi sono incoraggianti, ma permangono gravi disuguaglianze. I più alti tassi di mortalità infantile rimangono, infatti, nell’Africa subsahariana, dove 1 bambino su 8 muore prima dei cinque anni – un evento 17 volte più frequente rispetto alla media delle regioni sviluppate (1 su 143). L’Asia meridionale ha il secondo tasso più alto, con 1 bambino su 15 che muore prima dei 5 anni. Nel 2010 circa la metà dei decessi dei bambini sotto i cinque anni in tutto il mondo si è verificato in India, Nigeria, R.D. Congo, Pakistan e Cina. (M.G.)
Pakistan: il depistaggio della polizia per l'assassinio di Shahbaz Bhatti
◊ La polizia pakistana sta diffondendo nuove falsità e nuovi dubbi sull’assassinio di Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico delle minoranze, ucciso il 2 marzo scorso da un commando di estremisti musulmani. Bhatti conduceva da tempo una lotta contro la condanna a morte di Asia Bibi per blasfemia e in difesa delle minoranze religiose del suo Paese. Secondo la polizia di Islamabad, i due sospettati della morte, Zia-ur-Rehman e Malik Abid, sarebbero due ex cristiani di Faisalabad, convertiti all’islam, che avrebbero avuto problemi con la famiglia Bhatti legati a delle proprietà. Le forze dell’ordine hanno anche affermato che non vi sono prove contro di loro. Il Tribunale dell’antiterrorismo ha spiccato un mandato di arresto internazionale a carico di Zia-ur-Rehman e Malik Abid, che dopo l’assassinio sarebbero fuggiti a Dubai Proprio in questi giorni, i due sono stati trasferiti in Pakistan, grazie all’Interpol. Il sovrintendente della polizia e capo della commissione d’inchiesta ha dichiarato però che “i sospetti sono detenuti per l’inchiesta e essi sono stati nominati dalla famiglia Bhatti, ma è troppo presto dire qualcosa sul loro coinvolgimento nell’assassinio di Bhatti, perché non vi è alcuna prova su di loro. Essi sono detenuti sulla base del dubbio e le cose si chiariranno dopo che essi saranno interrogati”. Le dichiarazioni della polizia hanno provocato critiche e forti reazioni nella Chiesa pakistana. Mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad e amico personale di Shahbaz Bhatti, ha detto all'agenzia AsiaNews che “la dichiarazione della polizia è totalmente assurda. Se essi non sono sicuri del coinvolgimento dei sospetti – ha aggiunto - di che cosa li sospettano allora? Come mai il tribunale ha emesso un mandato di cattura se la Commissione d’inchiesta non aveva prove sul loro coinvolgimento?”. Per il vescovo vi è il sospetto che “la polizia sta difendendo i colpevoli, o sta depistando il caso, arrestando alcuni cosiddetti sospetti per poi lasciarli liberi, non essendovi solide prove al riguardo. È chiaro – ha detto ancora – che se non ci sono prove contro i due sospetti, essi saranno rilasciati dal tribunale”. Per mons. Anthony, è urgente una seria commissione d’inchiesta. “È tempo che le autorità prendano le cose sul serio: l’assassinio di Shahbaz Bhatti non è solo l’assassinio di un ministro federale, ma è l’uccisione della voce dei senza voce. Essi hanno messo a silenzio un uomo, ma non possono far tacere la sua visione, i suoi pensieri, la sua lotta per gli emarginati”. L’opinione del prelato è condivisa anche da personalità musulmane. Per l'accademico religioso musulmano, Maulana Mahfooz Khan che ha dei dubbi sulle indagini, è urgente una nuova commissione d’inchiesta. “Il governo – aggiunge – sembra riluttante a interessarsi all’assassinio del suo ministro federale, ucciso in pieno giorno ad Islamabad”. “Shahbaz Bhatti – conclude – ha lottato per i diritti delle minoranze; il suo impegno per l’armonia interreligiosa è stato eccezionale”. (R.P.)
India: nuovi attacchi contro esponenti della minoranza cristiana nel Karnataka
◊ Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), ha denunciato all'agenzia AsiaNews due diversi attacchi contro pastori pentecostali avvenuti ieri nel Karnataka ad opera di estremisti indù. Nel distretto di Hassam, circa 20 attivisti del Sangh Parivar (movimento nazionalista indù) hanno circondato la casa in cui il pastore Daniel Raghu conduceva un servizio di preghiera e l’hanno accusato di praticare conversioni forzate. Gli attivisti hanno poi chiamato la polizia della stazione di Sakleshpur, che ha interrogato e poi arrestato il pastore ai sensi della sezione 153 A del Codice Penale (promozione dell’inimicizia tra gruppi diversi per motivi di religione, razza, nascita, residenza, lingua). Nelle stesse ore, nel distretto di Belgaum circa 40 estremisti del Sangh Parivar hanno interrotto un battesimo pentecostale e insultato il pastore Santhosh Naganoor, accusandolo di praticare conversioni forzate. Incidenti simili “non sono casi sporadici – dice ad AsiaNews Sajan K George –, ma la prova del clima anticristiano del Karnataka”. Tuttavia, il problema più grave “è che questi gruppi nazionalisti indù sono incoraggiati dai risultati della commissione Somashekar – spiega il presidente del Gcic – che ha scagionato il Bjp (Bharatiya Janata Party, il partito ultranazionalista indù) e il Sangh Parivar”. Pubblicato lo scorso febbraio, il rapporto della commissione Somashekar ha scagionato il Bajrang Dal (ala militante giovanile del Sangh Parivar) e il suo coordinatore Mahendra Kumar da ogni responsabilità negli attacchi alle chiese del Karnataka, nel 2008. Dal settembre all’ottobre di quell’anno, nazionalisti indù hanno perpetrato attacchi continui e sistematici contro chiese e luoghi di culto cristiani. Tra i distretti più colpiti, quelli di Bangalore, Mangalore, Dakshina Kannada, Udupi e Kolar. (M.G.)
Bangladesh. Contadini poveri vendono i reni per pagare i debiti: la denuncia delle Ong
◊ E’ una pratica crescente che si sta trasformando in un vero e proprio scandalo: nel nord del Bangladesh i contadini poveri, ridotti in miseria, vendono un rene per pagare i debiti. Il trapianto avviene grazie a centri medici e cliniche compiacenti in Bangladesh, India e Singapore: è la denuncia giunta all'agenzia Fides da diverse Ong che operano in Bangladesh e da operatori umanitari cattolici che segnalano il fenomeno come “sempre più diffuso e preoccupante”. Rosaline Costa, attivista cattolica dell’Ong “Human Rights Hotline Bangladesh”, spiega che “le vittime sono contadini e tribali in condizioni di indigenza. Bande criminali organizzate su base regionale sfruttano la miseria di persone innocenti, specialmente nelle arre rurali, dove la presenza del governo e della polizia è minore e vi è più corruzione. Ma la pratica va avanti da anni, nel silenzio, anche negli slum di città come Dacca. Ora sta venendo alla luce. Come organizzazioni della società civile chiediamo un deciso intervento della autorità e per fermarlo e smantellare i gruppi criminali”. Un rene può fruttare da 130mila takas (1.700 dollari ) fino ai 400mila takasa (oltre 5.000 dollari). I contadini spesso non sono consapevoli che l’intero business del traffico d’organi è illegale, va contro la legislazione internazionale, è punito in Bangldesh con multa e il carcere. Come informa la stampa locale, nel distretto di Joypurhat (nord del Bangladesh) la polizia ha già identificato 42 casi di contadini che hanno venduto un rene ma i casi accertati sono oltre 200, vittime di un racket cresciuto negli ultimi cinque anni. Nell’ultimo decennio traffico di organi – che ha un giro di affari mondiale di circa 50milioni di dollari l’anno – è divenuto molto fiorente in Asia del sud, toccando in particolare India e Pakistan. (R.P.)
Singapore: i cristiani chiedono al nuovo presidente di fermare il traffico di esseri umani
◊ Singapore è un hub per i trafficanti di esseri umani. La lotta a questo allarmante fenomeno deve essere una priorità nell’agenda del nuovo presidente, Tony Tan, eletto due settimane fa. E’ quanto chiede la comunità cristiana di Singapore, che conta circa il 16% della popolazione. Parlando all’agenzia Fides, Joan O'Reilly Fix, direttore delle Comunicazioni della diocesi di Singapore, rimarca che “con il nuovo Presidente la comunità cristiana continuerà a impegnarsi per questioni chiave come preservare l’armonia fra le diverse componenti etniche e religiose, in una società varia e plurale; oppure garantire la necessaria attenzione agli emarginati, agli ammalati e agli anziani”. Ma certo, quella del traffico di esseri umani è “una grave preoccupazione per Singapore e per i Paesi della regione”. Per questo i vescovi di Malaysia, Singapore e Brunei hanno lanciato un programma di coscientizzazione e di azione per contrastare gli effetti nefasti del fenomeno, notando che “tale impegno è parte della missione sociale della Chiesa”. La comunità cristiana porta il fenomeno all’attenzione del Presidente Tan come una “vera emergenza”. Tutta la società è consapevole di come proliferi la tratta di adulti, donne e bambini, definiti “i nuovi schiavi”. La società civile e le organizzazioni a tutela dei diritti umani nel Sudest asiatico, chiedono maggiore impegno del governo e delle forze di scurezza di Singapore. E invitano a inasprire le pene, come deterrente verso i trafficanti: oggi, secondo il Codice Penale vigente, un trafficante che vende minori a scopo di prostituzione subisce una pena massima di 10 anni di carcere ma, come rivela una recente indagine, spesso se la cava con una multa e poche settimane di prigione. (R.P.)
Afghanistan. I Gesuiti: più speranze per il Paese dopo la messa al bando delle bombe a grappolo
◊ I missionari Gesuiti in Afghanistan hanno accolto con favore l’avvenuta ratifica, annunciata dal governo di Kabul, della Convenzione Internazionale per la messa al bando delle bombe a grappolo, che ne vieta l'uso, la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento. “I cittadini afgani hanno sofferto molto per l’uso delle bombe a grappolo. Ratificando il trattato, gli afgani non saranno più vittime di queste armi spregevoli, ma diverranno avvocati della loro messa al bando”, commenta, in una nota inviata all'agenzia Fides, padre Peter Balleis, direttore internazionale del “Jesuit Refugee Service”. Secondo i Gesuiti presenti in Afghanistan, l’eliminazione delle bombe a grappolo “è un passo per dare maggiore speranza di pace al futuro del Paese, dove vi sono circa 10mila militanti che catalizzano l’attenzione internazionale, su 33 milioni di afgani desiderosi di pace”. L’Afghanistan aveva firmato la Convenzione nel 2008 in Norvegia, ma solo l’8 settembre scorso l’ha ratificata, dando al provvedimento efficacia giuridica: agli Stati firmatari si chiede di sbarazzarsi degli arsenali di tali munizioni. Le bombe a grappolo hanno avuto un effetto devastante sul Paese. Utilizzate sin dal 1980 dalle milizia sovietiche, poi dai gruppi ribelli negli anni ‘90 e dalle forze Usa nel 2001-2002, hanno fatto oltre 770 vittime documentate e migliaia di feriti e mutilati, spesso bambini. Il “Jesuit Refugee Service” opera in Afghanistan dal 2005, quando un team di Gesuiti indiani ha avviato programmi nel campo dell’istruzione superiore e universitaria di cui beneficiano oltre 3.600 giovani. In un altro programma, i Gesuiti assistono i profughi rientrati in Afghanistan e, inoltre, i religiosi hanno attivato anche programmi di formazione e sviluppo dedicati specificamente alle donne. (R.P.)
Sud Sudan: migliaia di rifugiati in arrivo dalle zone in guerra nel vicino Sudan
◊ Non si arresta il flusso di rifugiati che si riversano nella neonata repubblica del Sud Sudan per sfuggire ai combattimenti in corso nello Stato del Kordofan meridionale, nel vicino Sudan. Già dallo scorso luglio avevano cominciato ad affluire lentamente nel Sud Sudan a seguito di duri scontri e raid aerei. A partire dalla scorsa settimana poi gli arrivi sono rapidamente aumentati, passando dai 100 al giorno del mese di agosto a una cifra che attualmente può raggiungere le 500 persone al giorno, per un totale di oltre 8000 presenze. Dal Kordofan meridionale continuano infatti ad arrivare notizie di bombardamenti aerei e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) prevede l’arrivo di altri sfollati. Tra i nuovi arrivi vi sono anche alcuni sud-sudanesi che vivevano nello stato del Kordofan, prima che la violenza li costringesse a tornare nel loro Paese d’origine. L’Unhcr riferisce che al momento le persone sono sparpagliate nelle remote regioni settentrionali dello stato di Unity, dove la carenza di piste d’atterraggio e di strade limita drasticamente l’accesso delle agenzie umanitarie. Per riuscire a raggiungerle, gli operatori sono costretti ad utilizzare alcuni quad, uno dei pochi mezzi che riesce a spostarsi in queste aree. Ma con i quad è possibile trasportare solo pochi operatori e pochi aiuti per volta. Di recente il cibo messo a disposizione dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha dovuto essere lanciato sulla regione direttamente dagli aerei. Alla frontiera l’Unhcr ha registrato i nuovi arrivati raccogliendo i dati principali e identificando i più vulnerabili tra loro, che saranno poi seguiti individualmente. L’Agenzia garantisce sostegno a una clinica mobile che si occupa delle necessità sanitarie, mentre le organizzazioni partner sono impegnate nel miglioramento dei servizi igienico-sanitari, della fornitura d’acqua e della cura delle persone in grave stato di malnutrizione. L’Unhcr sta inoltre allestendo un sito nel quale trasferire i rifugiati, tenendoli a distanza dalla frontiera. I lavori di preparazione comprendono la costruzione di cliniche, scuole, sistemi igienico-sanitari e per la fornitura di acqua potabile. Per agevolare il trasporto delle migliaia di rifugiati nel nuovo sito le autorità dello stato di Unity hanno avviato i lavori di riparazione per riaprire con urgenza le strade ad automobili e camion. Finché i lavori non saranno completati, molti rifugiati dovranno recarsi nel nuovo sito a piedi. Per le persone più vulnerabili saranno organizzati trasporti specifici che risparmieranno loro il duro viaggio. (M.G.)
Kenya: i vescovi in visita ai sopravvissuti all'incendio dell'oleodotto
◊ I vescovi del Kenya – rappresentati da mons. Martin Kivuva, presidente di Caritas Kenya - hanno visitato i feriti in ospedale e sono andati nel luogo del disastro e nel vicino campo che ospita circa 200 sopravvissuti all’esplosione e all’incendio, il 12 settembre, di un oleodotto nella popolosa baraccopoli di Sinai, a Nairobi. Oltre cento persone sono morte, a causa di un difetto in una valvola che ha provocato una fuga dalla condotta: molte di loro stavano cercando di recuperare carburante, altre cucinavano nelle vicinanze. I vescovi - riferisce l'agenzia Sir - hanno donato coperte, zanzariere, alimenti e kit sanitari agli sfollati, confortato i parenti delle vittime e invitato i cattolici kenyani alla solidarietà concreta. Hanno poi lanciato un forte appello ai leader politici, perché “si assumano la responsabilità di trasformare l’ambiente vitale dei cittadini keniani e non diventino invece motivo di corruzione, povertà e distruzione. Lo Stato e tutte le autorità coinvolte devono proteggere e promuovere i diritti dei cittadini”. In particolare, hanno chiesto di intervenire sul risanamento degli slums vicini agli oleodotti, spesso causa di incidenti simili. La Conferenza episcopale del Kenya ha indetto, per domenica 18 settembre, un giorno di preghiera e solidarietà per le vittime della tragedia. (R.P.)
Messico: la Chiesa chiede più garanzie per la sicurezza dei giornalisti
◊ I giornalisti sono “profeti coraggiosi”, a volte “martiri della comunicazione”. E’ compito dello stato proteggerli, garantendo “l'esercizio e la libera espressione, di quanti svolgono questa professione” che è anche “una vocazione molto speciale”, “il mestiere della verità”. È quanto ha dichiarato, in un nota pervenuta all'agenzia Fides, padre Antonio Beltran Coronado, coordinatore della Pastorale delle comunicazioni dell'arcidiocesi di Tijuana, all’indomani della morte violenta di due giornalisti, nei primi giorni di settembre. Secondo padre Beltran, chi lavora nel campo dei mass media deve riconoscere, come nei profeti antichi, che “ogni comunicatore è un apostolo della verità”. Nell’opera dei giornalisti “vi è una coerenza che a volte finisce con l’investire la vita stessa dei giornalisti e li fa diventare martiri della comunicazione”. L'incaricato dell'arcidiocesi, padre Beltran, ha fatto un appello a non rinunciare a questo “mestiere di verità e a continuare ad informare in modo fedele”. “Lo Stato deve garantire l'esercizio e la libera espressione, di coloro che si dedicano a questo campo in modo professionale”, ha continuato. Talvolta, ha aggiunto questa professione diventa “una vocazione molto speciale, perché non è qualcosa di redditizio, ma è anche una passione per la ricerca della verità. Allora si tratta di un nobile scopo: è una via che implica di fatto la possibilità di dare le propria vita, per trasmettere la verità ed essere coerente. Dobbiamo lodare, promuovere e sostenere, in diversi modi, questa missione”. Padre Beltran fa un paragone: “Il compito dei sacerdoti è difendere la fede che professano fino all'ultimo respiro. Così, nel campo della comunicazione, il ruolo dei giornalisti è difendere e vivere il valore della verità fino all'ultimo respiro”. Domenica scorsa si è tenuta a Città del Messico una marcia per manifestare pubblicamente contro la violenza mirata, dal tema “Il peggiore crimine è il silenzio” organizzata dalla Commissione dei Diritti Umani del Distretto Federale. (R.P.)
I vescovi messicani ribadiscono “il meraviglioso dono della vita"
◊ La vita è un dono meraviglioso e la sua dignità è inalienabile: questo il messaggio lanciato, nei giorni scorsi, dalla Conferenza episcopale messicana (Cem), al termine della sua settimana di formazione permanente. In una nota diffusa a conclusione dei lavori, i presuli affrontano, innanzitutto, la questione della bioetica, ribadendo che essa, se “ben orientata”, sarà sempre “al servizio dell’uomo” e che, quindi, non deve “attentare all’essere umano”, in nome “del pragmatismo, del liberalismo o dell’utilitarismo”. Poi, la Cem si sofferma sul tema della sessualità “maschile o femminile, iscritta naturalmente a livello genetico, fisiologico, morfologico, affettivo e psichico”, e che oggi viene messa in discussione dalla “teoria del genere”. Un problema, affermano i vescovi messicani, che mette in luce la necessità di “intensificare il servizio pastorale per la famiglia ed i giovani, aiutando i genitori ad insegnare ai figli un’autentica educazione sessuale, affinché vivano l’amore come dono di se stessi”. Soffermandosi, poi, sul tema dei figli, la Cem ribadisce che “secondo il progetto di Dio, essi sono un vero dono e mai un diritto individuale di ognuno. Per lo stesso motivo, i figli devono essere accolti, rispettando la verità dell’atto coniugale, evitando qualsiasi mezzo che lo falsifichi, danneggiando l’unità degli sposi”. In questo senso, “ogni figlio ha una dignità personale unica ed irripetibile” e quindi “gli aiuti tecnici alla procreazione devono rispettare sempre tale verità, evitando di sostituire la logica dell’amore con la logica della procreazione”. Certo: la Cem non dimentica “il dolore che provoca l’infertilità e la sterilità”, ma proprio per questo esorta a trovare terapie adeguate che “rispettino il valore della vita umana” ed insiste sull’importanza di “facilitare le pratiche di adozione”, guardando sempre al bene superiore dei bambini. Altro tema centrale, quello dell’aborto: “Non sarà mai lecita la soppressione della vita innocente di un essere umano! – scrivono i vescovi – L’aborto non è mai una soluzione. Chiediamo assistenza per le donne che si trovano a dover affrontare una gravidanza difficile, affinché possano accogliere il dono della vita”. E ancora, i presuli messicani parlano dell’eutanasia: anch’essa, come l’accanimento terapeutico, “non è una soluzione”, mentre si ribadisce l’importanza delle “cure palliative”, perché “un fine-vita desiderabile è quello che rispetta l’autentica vita umana, che circonda il malato terminale di amore e di cure necessarie ad alleviare il dolore, affinché concluda in modo naturale la sua esistenza”. Infine, la Cem invoca l’intercessione della Vergine di Guadalupe, Patrona dell’America Latina, e del Beato Giovanni Paolo II, le cui reliquie sono in pellegrinaggio nel Paese. (I.P.)
Cile: domani a Santiago per le Fiestas Patrias, Te Deum ecumenico
◊ Un Te Deum ecumenico per le Fiestas Patrias, la principale festa nazionale cilena che ricorda l’istituzione, nel 1810, della prima giunta di Governo, decisivo passo verso l’indipendenza. Domani, 18 settembre, le massime autorità dello Stato, insieme ai rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane presenti nel Paese, si ritroveranno nella cattedrale della capitale per la tradizionale preghiera di ringraziamento. A presiedere il rito, alle ore 11, sarà l’arcivescovo Ricardo Ezzati Andrello. E sarà presente - riferisce L'Osservatore Romano - anche il presidente della Repubblica, Sebastián Piñera Echenique. Come pure sono state invitate le altre maggiori cariche istituzionali, il corpo diplomatico accreditato, i leader politici e sindacali, il mondo accademico e della scuola. Tuttavia, la connotazione forse più significativa sarà data dalla presenza delle delegazioni delle altre confessioni e religioni presenti in Cile. Quella del Te Deum ecumenico è ormai diventata una consuetudine negli ultimi quarant’anni. Da quando, cioè, l’allora arcivescovo di Santiago del Cile, il cardinale Raúl Silva Henríquez, acconsentì a una esplicita richiesta avanzata dal presidente della Repubblica, Salvador Allende. Così anche quest’anno, per il 201° anniversario della prima giunta di Governo, in cattedrale troveranno posto, gli uni a fianco agli altri, rappresentanti ortodossi, luterani, anglicani, metodisti, pentecostali. Insieme a esponenti delle comunità ebraica e islamica. A significare quello spirito di concordia che, senza dimenticare differenze e tensioni, deve animare tutti di fronte alle sfide e le necessità del Paese. E, ovviamente, anche nelle ricorrenze che sottolineano l’indipendenza e l’identità nazionale. In realtà, ufficialmente l’indipendenza del Cile è datata 12 gennaio 1818, quando il generale Bernardo O’Higgins Riquelme ne promulgò la prima Costituzione. Tuttavia il processo di emancipazione dalla Spagna era cominciato qualche anno prima. Esattamente il 18 settembre 1810, con l’istituzione della prima giunta di Governo, varata formalmente per governare solo in assenza del re, ma che di fatto segnò il primo decisivo passo verso l’indipendenza. E questa data, El Dieciocho, costituisce ancora oggi la principale festività civile del Cile. Nel corso dei festeggiamenti — che durano due giorni, il 18 e il 19 settembre — viene dato particolare risalto alle tradizioni e ai costumi tipici del Paese, che formano la chilenidad, l’identità cilena, di cui, appunto, la devozione religiosa costituisce un aspetto non secondario. (R.P.)
Angola: la Chiesa cattolica lancia il primo Congresso nazionale delle Famiglie
◊ Cinque giorni per riflettere sull’importanza della famiglia e su come difenderla, di fronte alle sfide dell’età contemporanea: sarà questo l’obiettivo del primo Congresso Nazionale delle Famiglie, organizzato dalla Conferenza episcopale di Angola e São Tomé (Ceast). L’evento avrà luogo dal 21 al 25 settembre, nella città di Huambo, e vedrà la partecipazione di numerosi rappresentanti diocesani provenienti da tutto il Paese. Il tema dell’evento sarà “La famiglia e il matrimonio”, mentre sessioni specifiche di lavoro verranno dedicate all’analisi dello status della famiglia, ai fondamenti biblici del matrimonio e all’esame dell’unione coniugale secondo le diverse confessioni religiose e le prospettive del Diritto canonico. Altri argomenti in agenda sono il rapporto tra la donna e la maternità, le politiche sulla famiglia sia a livello nazionale che internazionale, la spiritualità del nucleo familiare cristiano e la partecipazione della famiglia alla missione della Chiesa. Da ricordare che nel 2009, durante il suo viaggio apostolico in Angola, Benedetto XVI ribadì più volte la necessità di difendere e promuovere la famiglia: in particolare, il 20 marzo, incontrando a Luanda le autorità politiche, il Papa indicò proprio nella famiglia il fondamento su cui costruire l’edificio sociale. La famiglia, disse, è il “dono comune che l’Africa offre a quanti provengono da altri continenti”. Sempre in quell’occasione, il Santo Padre non mancò di sottolineare le “numerose pressioni” che “si abbattono sulle famiglie: ansia e umiliazione causate dalla povertà, disoccupazione, malattia, esilio”, così come “il giogo opprimente della discriminazione sulle donne e ragazze” e la "pratica della violenza e dello sfruttamento sessuale che causa loro tante umiliazioni e traumi”. Poi, Benedetto XVI aggiunse: “Quanto amara è l'ironia di coloro che promuovono l'aborto tra le cure della salute "materna"! Quanto sconcertante la tesi di coloro secondo i quali la soppressione della vita sarebbe una questione di salute riproduttiva”. Infine, il Papa ricordò l’operato della Chiesa a favore dei più poveri: “Essa – assicurò - continuerà a fare tutto ciò che le è possibile per sostenere le famiglie, comprese quelle colpite dai tragici effetti dell'Aids e per promuovere l’uguale dignità di donne e uomini sulla base di un'armoniosa complementarità”. (I.P.)
Hong Kong: la diocesi in difesa dei lavoratori a rischio del settore bancario
◊ La Commissione per la Pastorale dei Lavoratori della diocesi di Hong Kong ha rivolto alla sede di Hong Kong della Hsbc (Hongkong & Shanghai Banking Corporation) quattro raccomandazioni per tutelare il tutelare il posto di lavoro di oltre 3000 dipendenti che rischiano il licenziamento. La dichiarazione della Commissione, di cui riferisce l'agenzia Fides, chiede quindi la revoca della decisione di licenziare 3 mila dipendenti nell’arco di 3 anni, di intensificare il contatto con i dipendenti rendendoli partecipi dello sviluppo della banca, di assumersi la propria responsabilità sociale, e di creare più posti di lavoro. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese), l’appello è stato firmato il 12 settembre, dopo che la Banca, il 7 settembre, aveva annunciato i licenziamenti. Citando l’enciclica di Papa Benedetto XVI, la Commissione ha inoltre sottolineato la necessità di guardare a una dimensione etica dell’economia. Infatti l’annuncio della Hsbc, che ha guadagnato 100 miliardi di dollari lo scorso anno, di licenziare 3 mila dipendenti nei prossimi 3 anni, ha avuto un enorme impatto sociale e soprattutto suscitato timore nell’attuale crisi mondiale. Il presidente della Commissione per la Pastorale dei Lavoratori della diocesi di Hong Kong ha sottolineato che “quando un’impresa funziona bene, con consistente profitto, deve pensare anche a ricompensare i suoi lavoratori e la società, e non rincorrere esclusivamente il profitto economico. Se la banca vuole ristrutturasi per ottenere ancora maggiori guadagni – ha concluso il religioso -, va benissimo, ma deve puntare sui suoi progetti di investimento e non sui licenziamenti”. (M.G.)
Loppianolab: la reciprocità nelle imprese protagonista al laboratorio dei Focolari
◊ La seconda giornata di Loppianolab, il laboratorio di economia promosso dal Movimento dei Focolari, è stata dedicata al tema della reciprocità nelle imprese: un modello, cioè, di gratuità coraggiosa che può essere alternativo a quello più diffuso, fondato su relazioni competitive, come ha spiegato Maria Gabriella Baldarelli, docente di economia all’università di Bologna. Tre le altre esperienze raccontate, riferisce l'agenzia Sir, anche quella dei giovani imprenditori del Polo Lionello Bonfanti, finanziato dalla Regione Toscana e promosso dall’ “Incubatore d’impresa”. La cooperativa Equiverso è invece protagonista di un innovativo progetto basato sui concetti di “riciclo e comunione”, realizzato in collaborazione con un gruppo di giovani brasiliani che producono borse da materiali di risulta, secondo le logiche del commercio equo e solidale. Infine, l’economista Alessandra Smerilli ha parlato del contributo delle donne alla vita aziendale, che si concretizza nelle doti in grado di migliorare sensibilmente l’organizzazione interna, come intuizione e flessibilità. Ma per un cambiamento reale e duraturo, ha concluso, servono nuovi strumenti legislativi e politiche di conciliazione casa-lavoro. (R.B.)
Ricordato a Spello il vescovo missionario Adalberto Marzi
◊ Nel decennale della morte, è stato ricordato questa mattina a Spello (Pg), dove nacque il 12 aprile 1922, mons. Adalberto Marzi, cappuccino, per 36 anni missionario e primo vescovo nell’Alto Solimões (Amazzonia Brasiliana), una zona grande quanto la Bulgaria, attraversata da un’intricatissima rete di fiumi e coperta da un’immensa foresta non ancora violata dalla mano dell’uomo. Nella sua lunga attività, oltre all’evangelizzazione e alla promozione socio-sanitaria e didattica (aprì numerose scuole e costruì un ospedale, l’unico ancora in tutta la regione), mons. Marzi promosse la pastorale indigenista interessandosi delle dodici tribù di indios che vivono nella Valle del Rio Javari, salvandone centinaia con una tempestiva vaccinazione soprattutto contro il vaiolo. Alla cerimonia di questa mattina, durante la quale è stata dedicata a mons. Marzi una piccola piazza antistante il convento dei Cappuccini, hanno partecipato il Sindaco, il vescovo di Foligno, mons. Gualtiero Sigismondi, padre Antonio Tofanelli, Ministro Provinciale dei Cappuccini umbri, nipoti e parenti del vescovo, morto a Manaus il 17 settembre 2001. (A cura di padre Egidio Picucci)
20 anni fa la morte di padre Sesto Quercetti, direttore dei Programmi della Radio Vaticana
◊ 20 anni fa si spegneva nella Curia generalizia dei Gesuiti in Roma, padre Sesto Quercetti, che fino al 1991 è stato direttore dei Programmi della nostra emittente. Padre Quercetti era nato il 3 novembre 1936 a Montecassiano (Macerata), ed era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1956. Inviato in missione nel Vietnam, era stato ordinato sacerdote nel 1967. Specializzato nelle comunicazioni sociali, aveva diretto a Saigon un centro televisivo per l’educazione degli adulti dal 1970 al 1972, poi era stato nominato superiore regionale dei Gesuiti nel Vietnam, compito che svolse fino alla caduta di Saigon nel 1875. Cacciato dal Vietnam come gli altri missionari stranieri, si trasferì a Taiwan, dove studiò il cinese e lavorò nel Centro Kuangchi di Taipei per la produzione di programmi radiotelevisivi fino al 1980. Chiamato alla Radio Vaticana per avviare il Programma Vietnamita nel 1980, divenne in seguito responsabile della trasmissione informativa “Quattrovoci”, vicedirettore dei Programmi e, dal 1985, direttore dei Programmi, incarico che svolse con competenza e passione fino all’inizio del 1991. Negli ultimi mesi di vita, perfettamente conscio della gravità di un tumore che lo aveva colpito, aveva serenamente continuato a partecipare alla vita comunitaria e a lavorare specialmente nel campo delle traduzioni a vantaggio del Programma Vietnamita, e curando una nuova edizione degli scritti spirituali del Beato Claudio de la Colombiere. In un telegramma al Preposito generale della Compagnia di Gesù, Giovanni Paolo II aveva ricordato il valido e solerte servizio alla Santa Sede di padre Quercetti, nonché l’esemplare vita religiosa sulla scia della spiritualità ignaziana”, come pure, “l’amore e la fedeltà alla Chiesa come missionario nel Vietnam e a Taiwan, per la quale - affermò il Papa - donò il meglio delle proprie qualità intellettuali e pastorali”. (R.P.)
Roma: nella Basilica di Santa Maria in Trastevere le esequie del vaticanista Giancarlo Zizola
◊ Nella Basilica Romana di Santa Maria in Trastevere si sono svolte stamani le solenni esequie del vaticanista Giancarlo Zizola deceduto mercoledì scorso a Monaco di Baviera mentre partecipava all’incontro interreligioso della Comunità di sant’Egidio. Ha presieduto le esequie il vescovo fondatore della Comunità, mons. Vincenzo Paglia; con lui hanno concelebrato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, e il segretario del Pontificio Consiglio della famiglia, mons. Gianfranco Grieco. Oltre 20 gli altri concelebranti prelati ed estimatori dell’estinto. Erano presenti alla cerimonia, oltre a una larga folla di giornalisti, colleghi, vaticanisti e i tanti amici di Giancarlo, la moglie Lina e i quattro figli: Filippo, Stefano, Francesco e Chiara. All’omelia, mons. Paglia ha messo in evidenza la lucida testimonianza di fede e la profonda cultura di Giancarlo Zizola, definendolo un “cantore” del Concilio, primavera della Chiesa. Ha ricordato gli accenti poetici e profetici da lui sempre usati nella professione giornalistica e soprattutto ha ricordato il suo impegno perché lo spirito del Concilio continuasse sempre a soffiare nella Chiesa e ha anche letto, alla fine, una lettera che mons. Capovilla, già segretario di Papa Giovanni XXIII, ha voluto inviare ai familiari in questa occasione. Nella missiva il presule ricorda come Giancarlo Zizola fosse legato da grande amicizia a Papa Roncalli, tanto da scrivere una delle più belle e profonde biografie del Pontefice bergamasco e tanto da averne diffuso lo spirito, soprattutto nell’impegno per la pace e il dialogo fra i popoli. (A cura di Paolo Scappucci)
Libia: insorti respinti da Bani Walid, si combatte a Sirte
◊ Continuano gli scontri tra ribelli e lealisti nelle ultime roccaforti dell’ex regime del colonnello Gheddafi in Libia. Ieri le forze del Consiglio nazionale di transizione sono entrate a Sirte, prendendo il controllo dell’aeroporto e di alcuni quartieri. L’attacco a Bani Walid è stato invece respinto dalle truppe lealiste. Intanto sul fronte diplomatico anche l’Onu apre alla nuova Libia. Il servizio di Fabrizio Angeli:
È più difficile del previsto la conquista degli ultimi feudi di Gheddafi da parte dei ribelli libici. Il nuovo Consiglio nazionale di transizione ha già in mano la capitale Tripoli e gran parte del Paese, ma a Bani Walid e Sirte si combatte ancora strada per strada. Ieri la bandiera della nuova Libia è stata vista sventolare sul quartier generale del governo a Sirte, ma le forze del leader Jibril non hanno ancora il pieno possesso di una città molto importante anche dal punto di vista simbolico. Luogo natale del colonnello Gheddafi alle porte del deserto del Sahara, tradizionale luogo di passaggio dei beduini, l’ex rais l’ha trasformata dagli anni del golpe del 1969 nella vetrina della sua Rivoluzione. Nuove infrastrutture militari e civili, università. Qui riceveva i leader stranieri, in una grande tenda beduina. Nel maestoso centro congressi ospitò nel 1999 i vertici politici del Continente per la costituzione dell’Unione Africana. Oggi, quegli stessi leader rifiutano di riconoscere il governo degli insorti, che è invece appoggiato dall’Occidente, alla ricerca di stabilità politica ed economica. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha già approvato una riduzione delle sanzioni contro la nuova Tripoli mentre l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto il Cnt come legittimo rappresentante della Libia al Palazzo di Vetro. E dopo le visite di Sarkozy e Cameron, martedì il presidente Jalil incontrerà anche l’americano Obama. Probabilmente con un nuovo governo di transizione già nominato.
Ancora morti in Siria mentre la Croce Rossa chiede rispetto per il personale
I 44 siriani uccisi ieri dal fuoco delle forze fedeli al presidente Bashar al Assad nel 29.mo venerdì consecutivo di proteste anti-regime fanno salire a quasi 3000 il numero dei morti dall'inizio delle manifestazioni e, secondo altre fonti, a 3400. Intanto il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) denuncia che un volontario della società siriana della Mezzaluna rossa è morto in seguito alle ferite subite in servizio la settimana scorsa a Homs e deplora mancato rispetto per la vita del personale dei servizi medici in Siria.
Dai vertici militari pachistani no al ritiro della Nato dall’Afghanistan nel 2014
La data fissata dalla Nato per la fine del ritiro delle truppe internazionali dall’Afghanistan è troppo ravvicinata e non può funzionare. Lo ha dichiarato il comandante in capo dell'esercito del Pakistan durante un vertice Nato a Siviglia. Un portavoce talebano intanto ha dichiarato che l’attentato dei giorni scorsi contro la “zona verde” di sicurezza di Kabul è stato progettato nel Paese, e non all’estero come ipotizzato da fonti americane. “Metà del territorio afghano è sotto il nostro controllo – ha dichiarato il portavoce – per cui non abbiamo bisogno né della mente né del territorio di altri”. Nell’attacco, durato venti ore, sono morte 27 persone fra civili, agenti di polizia e kamikaze.
Ue e Usa alle prese con la crisi: concluso stamane l’Ecofin
Botta e risposta tra Europa e Stati Uniti al vertice Ecofin di Breslavia, in Polonia, conclusosi stamani in anticipo: i ministri delle Finanze hanno lasciato la città un'ora prima del previsto per non restare bloccati da una manifestazione dei sindacati contro l'austerity. Gli Stati Uniti accusano il vecchio continente di poca compattezza in un momento di crisi economica così delicato come quello attuale. Da Breslavia, Giovanni Del Re:
Troppe divisioni, ed il conflitto fra governi e Banca centrale sono molto dannosi per gli europei. Il segretario di Stato americano, Timothy Geithner, non ha esitato ieri ad ammonire duramente gli europei: troppo litigiosi, anche di fronte alla crisi del momento. Geithner ha inoltre esortato a nuove misure di stimolo dell’economia e a rafforzare il fondo salva-Stati dell’Ue. Entrambe le richieste, però, sono state respinte dalla controparte: “Non discutiamo dell’aumento del fondo con non membri dell’Ue” ha replicato gelido il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Dal canto suo l’americano ha respinto l’idea di una tassa sulle transazioni finanziarie. Ieri, dalla riunione, è emerso anche il rinvio del via libera alla tranche da otto miliardi di euro per Atene; sarà deciso ad ottobre, in attesa di vedere se davvero il governo ellenico rispetterà gli impegni, mentre la Finlandia continua a chiedere garanzie aggiuntive per nuovi aiuti. Da registrare però l’annuncio ufficiale dell’accordo fra Parlamento europeo e Stati membri sul rafforzamento delle misure di sorveglianza sui conti pubblici e i vari Paesi sulle sanzioni per gli indisciplinati.
Elezioni in Lettonia: secondo i sondaggi, vincente un partito russofono
Importanti elezioni legislative oggi in Lettonia. Nel Paese ex sovietico del Mar Baltico il momento è cruciale e sono molte le istanze tra la popolazione che, in questo momento di crisi economica, guardano al recente passato. La novità potrebbe essere l’affermazione del partito russofono Armonia. Ci riferisce Giuseppe D’Amato:
Per la prima volta dall’indipendenza dall’Urss nel 1991, un partito russofono ha la possibilità di diventare la formazione più votata nel Paese baltico o, addirittura, di entrare a far parte del nuovo governo. Questo perlomeno affermano i sondaggi, che segnalano come indecisi ben un terzo degli elettori. Il sindaco di Riga, il giovane Nils Ušakov, ha tutte le carte in regola – dicono gli analisti – per ottenere anche il voto dei lettoni etnici e non solo quello dei russofoni. I primi dovrebbero certamente dividersi fra i loro tre partiti più popolari: quello dell’Unità del premier uscente Dombrovskis, il riformista dell’ex presidente Zatlers ed il nazionalista per la patria. Armonia di Usakovs è per una più lenta integrazione europea e per maggiori spese sociali. La crisi economica del 2007-2008 ha colpito duramente il Paese baltico.
Nelle prime pagine dei giornali italiani, il caso intercettazioni del premier
In Italia il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fatto sapere che lunedì sarà in aula per l’udienza del processo Mills. Il premier ha invece ribadito che non intende presentarsi senza i suoi avvocati all’interrogatorio chiesto dai pubblici ministeri di Napoli. Nell’inchiesta sul presunto ricatto subito dal premier per mano dell’imprenditore Tarantini, Berlusconi compare solo come “parte offesa”. Ci sono poi le trascrizioni delle intercettazioni che farebbero parte dell'informativa della Guardia di Finanza depositata dalla procura di Bari. Sono state pubblicate dagli organi di stampa nelle ultime ore: secondo le indiscrezioni, emerge un giro di prostituzione e appalti attorno alle cene organizzate nella Villa di Arcore di proprietà del premier Berlusconi. In una nota congiunta, i capigruppo del Pdl di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri parlano di “situazione molto grave e preoccupante” e chiedono ai vertici del Csm di esercitare la massima vigilanza” perché non siano pubblicate conversazioni “irrilevanti ai fini penali ma altamente lesive della privacy e dignità delle persone”. E in molti nel Pdl invocano la legge sulle intercettazioni e sanzioni. Tra le file dell’opposizione si continuano a chiedere le dimissioni del premier. In una lettera al quotidiano “Il Foglio”, Berlusconi scrive: “Non ho fatto nulla di cui debba vergognarmi” e ribadisce la sua volontà di "non molllare". (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 260