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Sommario del 12/09/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Congresso eucaristico. Il Papa chiede ai sacerdoti di dare spazio alle famiglie, alle famiglie di amare i pastori, ai fidanzati di non bruciare le tappe
  • Nomine
  • Il Papa per l'incontro della Comunità di Sant'Egidio a Monaco: la religione è una forza di pace se Dio non diventa proprietà personale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto, Tunisia e Libia: il premier turco Erdogan in visita nei Paesi della primavera araba
  • Crisi: nuove preoccupazioni per la Grecia, giù le borse
  • Dieci anni dopo l’11 Settembre, l’America si ritrova unita nel silenzio e nella preghiera
  • Paul Bhatti: dopo l’11 settembre, in Pakistan sono aumentati estremismo e terrorismo
  • In 10 anni oltre 500 operatori dei media uccisi nel mondo
  • Ricomincia la scuola per 8 milioni di studenti italiani
  • Chiesa e Società

  • Indonesia: nelle Molucche due vittime per nuovi scontri. L'azione di pace del vescovo Mandagi
  • India: cancellati gli ordini di demolizione per le chiese in Orissa
  • Corno d’Africa: sforzi di Unicef e Save the Children per aiutare bambini e famiglie
  • Coopi: iniziativa per combattere la malnutrizione infantile in Africa
  • Forum Caritas a Singapore: "Costruire una società che sostenga i poveri"
  • Assemblea Generale Onu: a New York incontro di preghiera promosso dalla Santa Sede
  • Cile: i vescovi ripropongono il loro documento contro la depenalizzazione dell'aborto
  • Honduras. Il cardinale Rodriguez Maradiaga: il Paese vive una grande crisi morale
  • Colombia: iniziative della Chiesa per aumentare l’impegno individuale per la pace
  • Filippine: ferma opposizione dei vescovi al disegno di legge sulla salute riproduttiva
  • Ad ottobre in Terra Santa “JPII Games-Pellegrini di Pace”
  • Messaggio dell'arcivescovo di Addis Abeba per il capodanno etiopico
  • Malawi: la Chiesa preoccupata per la situazione socio politica
  • Austria: sempre più uomini e donne impegnati nella pastorale
  • Cina: nuovo sito degli universitari cattolici su senso della vita, valori e fede
  • Convegno sull’importanza degli archivi sull’evangelizzazione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Incidente in una centrale nucleare francese: un morto e 4 feriti, non c’è fuga radioattiva
  • Il Papa e la Santa Sede



    Congresso eucaristico. Il Papa chiede ai sacerdoti di dare spazio alle famiglie, alle famiglie di amare i pastori, ai fidanzati di non bruciare le tappe

    ◊   “Dall’Eucarestia scaturisce … un nuovo modo di vivere”: cosi il Papa al termine del suo 24.mo viaggio apostolico in Italia, per la chiusura ieri ad Ancona del 25.mo Congresso Eucaristico Italiano. Rivolto ad oltre 500 coppie di fidanzati, riunite nella piazza del Plebiscito, Benedetto XVI ha chiesto loro di fondare le future famiglie su “tre pilastri”: “fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita”. Il servizio del nostro inviato Fabio Colagrande.

    “Abbiamo scelto d’incontrare i fidanzati a chiusura di questa settimana perché pensiamo che vivano un tempo delicato, un tempo che richiede un’attenzione particolare da parte della Chiesa”. Così, l’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Edoardo Menichelli, ha introdotto ieri l’incontro tra Benedetto XVI e i giovani fidanzati, che con la loro presenza hanno dato una dimensione di “apertura e nuovo inizio” all’atto finale del raduno ecclesiale di Ancona.

    Come già in altre occasioni il Papa ha voluto dialogare con l’assemblea e ha perciò risposto agli interrogativi di una giovane coppia di anconetani, in procinto di sposarsi ad ottobre, Massimiliano Bossio, volontario dell’Azione Cattolica e la sua fidanzata Fabiana Frapiccini. I loro dubbi, timori, rappresentavano quelli di tante coppie di cattolici di fronte al matrimonio. La mancanza della casa e del lavoro, la paura per la definitività del rapporto e la difficoltà di affidarsi alla provvidenza divina. E ancora, nelle parole di Fabiana, le incertezze sul ruolo dei fidanzati nella comunità ecclesiale:

    “Qual è la testimonianza che i fidanzati possono dare nella e alla comunità cristiana e come possono viverla con una propria specificità? Oltre al corso pre-matrimoniale, quale cura e attenzione dovrebbe avere la comunità nei confronti dei fidanzati?”

    In risposta Benedetto XVI ha tenuto una catechesi pre-matrimoniale ricca di spunti e agganciata alla concretezza, come quando ha ricordato che ‘la difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sull’avvenire’. Per spiegare le difficoltà dei fidanzati il Papa ha descritto l’attuale cultura che ‘tende a prescindere da chiari criteri morali’, dove ‘le scelte di fondo diventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà’. Ha ricordato ‘l’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore’. Ha poi invitato i promessi sposi a evitare di chiudersi in ‘rapporti intimistici’. ‘Fate piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva e responsabile nella comunità’ ha aggiunto Benedetto XVI.

    Ma soprattutto il Pontefice ha voluto sottolineare l’errata convinzione che la convivenza prima del Matrimonio sia ‘garanzia per il futuro’.

    “Bruciare le tappe finisce per 'bruciare' l’amore, che invece ha bisogno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fedele, felice e indissolubile”.

    Con una sintesi efficace Benedetto XVI ha poi ricordato il modello ideale di famiglia a cui i fidanzati debbono tendere:

    “Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l’intera società. Fin d’ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio prezioso!”

    Infine, richiamando il contesto eucaristico dell’incontro, il Papa ha invitato le coppie di fidanzati a non dimenticare di santificare la domenica, come ‘Giorno del Signore’:

    “L’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi: dall’Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo modo di vivere”.

    L’importanza di trovare nella Santa Messa la forza per vivere l’appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa, era stata sottolineata da Benedetto XVI anche nell’incontro con le famiglie e i sacerdoti, svoltosi nel pomeriggio nella cattedrale di San Ciriaco, tra i tanti appuntamenti dell’intensa giornata del Papa ad Ancona. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Cari sacerdoti e cari sposi”, voi siete “chiamati ad una missione comune”: “testimoniare e rendere presente” l’amore di Cristo “a servizio della comunità”. Il Papa ha invitato anzitutto a “superare una visione riduttiva della famiglia”, quale “mera destinataria dell’azione pastorale”:

    “È vero che, in questa stagione difficile, essa necessita di particolari attenzioni. Non per questo, però, ne va sminuita l’identità e mortificata la specifica responsabilità. La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene insostituibile per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale per il cammino della Chiesa”.

    Da qui l’importanza per la vita della Chiesa – ha sottolineato Benedetto XVI - del ministero che nasce dal Sacramento del Matrimonio:

    “…la famiglia è luogo privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale.”

    “E l’Eucarestia – ha spiegato ancora il Santo Padre - è il centro e la sorgente di questa unità che anima l’azione della Chiesa”. Poi l’invito ai sacerdoti di essere vicini alle famiglie.

    “Nessuna vocazione è una questione privata, tantomeno quella al matrimonio, perché il suo orizzonte è la Chiesa intera”.

    Con una raccomandazione particolare:

    “Siate accoglienti e misericordiosi, anche con quanti fanno più fatica ad adempiere gli impegni assunti con il vincolo matrimoniale e con quanti, purtroppo, vi sono venuti meno”.

    Infine un’esortazione alle famiglie:

    “Amate i vostri sacerdoti, esprimete loro l’apprezzamento per il generoso servizio che svolgono. Sappiate sopportarne anche i limiti, senza mai rinunciare a chiedere loro che siano fra voi ministri esemplari che vi parlano di Dio e che vi conducono a Dio. La vostra fraternità è per loro un prezioso aiuto spirituale e un sostegno nelle prove della vita”.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita il rev. Renzo Pegoraro, docente di Bioetica alla Facoltà Teologica del Triveneto e direttore scientifico della Fondazione Lanza di Padova.

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    Il Papa per l'incontro della Comunità di Sant'Egidio a Monaco: la religione è una forza di pace se Dio non diventa proprietà personale

    ◊   Un incontro per scendere più in profondità nello spirito di pace e di riconciliazione. E’ così che Benedetto XVI nel messaggio inviato al cardinale Marx, arcivescovo di Monaco, ha salutato l’apertura ieri dell’incontro “Religioni e culture in dialogo”, organizzato in Baviera dalla Comunità di Sant’Egidio. Dopo la Messa della mattina, e una commemorazione dell’11 settembre 2001 in collegamento audio-video con New York, nel pomeriggio l’avvio ufficiale alla presenza del presidente della Repubblica Federale di Germania, Christian Wulff. La nostra inviata a Monaco, Francesca Sabatinelli:

    “Noi esseri umani siamo legati gli uni agli altri”. E’ compito dell’uomo dare un contenuto positivo al vivere insieme che “può diventare un inferno se non impariamo ad accoglierci gli uni gli altri”. E così che il Papa mette in guardia gli uomini dal voler essere altro che se stessi e li invita ad aprirsi e ad offrirsi agli altri, il che, sottolinea, “può essere anche un dono”. E’ il contenuto del messaggio che Benedetto XVI ha inviato all’arcivescovo di Monaco, cardinale Marx, in occasione dell’incontro di Sant’Egidio apertosi ieri nella città bavarese. L’appello del Papa prende spunto dal titolo dell’incontro “Bound to live together”, “ Destinati a vivere insieme”. “Il soggetto del convivere – scrive il Papa – è oggi l’umanità tutta intera”. Benedetto XVI ricorda come l’incontro di tutte le religioni nel 1986 a Assisi, così come quello di questi giorni a Monaco, “rappresentano occasioni in cui le religioni possono interrogare se stesse e chiedersi come diventare forze del convivere”. “Se la religione fallisce l’incontro con Dio, se abbassa Dio a sé, invece di elevare noi verso di lui, se ne fa in un certo senso una nostra proprietà, allora in tal modo può contribuire alla dissoluzione della pace. Se essa invece conduce al divino, al creatore e redentore di tutti gli uomini, allora diventa una forza di pace”. “Sappiamo che anche nel cristianesimo ci sono state distorsioni pratiche dell'immagine di Dio, che hanno portato alla distruzione della pace. Tanto più tutti noi siamo chiamati a lasciare che il Dio divino ci purifichi, per diventare uomini di pace”. Benedetto XVI ribadisce l’importanza delle iniziative per la riconciliazione e la pace susseguitesi negli ultimi 25 anni ma anche le molte occasioni perdute e i passi indietro. Cita i terribili atti di violenza e terrorismo avvenuti all’alba del terzo millennio e i vecchi conflitti ai quali si aggiungono nuovi scontri e nuovi problemi. “Tutto ciò – conclude - mostra che la pace è un mandato permanente a noi affidato e contemporaneamente un dono da invocare”.

    Del terrorismo ha parlato Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, in apertura dei lavori ieri pomeriggio. Dall’11 settembre – ha detto – sulla scia di una cultura generalizzata del conflitto, il dialogo apparve una pericolosa ingenuità, a vantaggio dell’idea di guerra come di uno strumento per affermare il diritto. Dopo l’11 settembre, ha proseguito, molti plaudirono al terrorismo, lo spirito di Assisi apparve una utopia. Occorre dire basta a un decennio di cultura generalizzata del conflitto, ha quindi ripetuto il fondatore di Sant’Egidio: tra lo scontro di civiltà e la globalizzazione volgare, ridotta solo all'economia, c’è il largo campo della costruzione dell’unità nella diversità. Oggi e domani si svolgeranno oltre trenta panel e diversi forum, durante i quali leader religiosi, uomini di cultura e della politica di tutti i Paesi si confronteranno su svariate tematiche, come quella cruciale dell’immigrazione. Importante l’intervento questa mattina del presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti, mons. Antonio Maria Vegliò. La diversità culturale è una caratteristica dell’identità europea – ha detto – si è però assistito al risorgere di un’era del nazionalismo che ha fatto registrare marginalizzazione anche violenta delle popolazioni minoritarie, l’adozione di politiche ostili alla differenza culturale, che hanno incitato alla paura della diversità. “L’incontro delle diverse culture è una ricchezza. C’è bisogno – ha concluso – di insegnare a rispettare e apprezzare le varie culture, scoprendo gli elementi positivi".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il vino della festa: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita di Benedetto XVI ad Ancona in occasione del Congresso eucaristico nazionale.

    Nell'informazione internazionale, il decennale degli attacchi contro gli Stati Uniti.

    In rilievo, l'economia: l'occhio di Moody's sui grandi della finanza francese.

    Stangata sugli immobili in salsa greca: il Governo Papandreou vara nuove misure di austerità per ridurre il deficit nel 2012.

    Alta tensione tra Egitto e Israele: Netanyahu annuncia consultazioni con il Cairo per far tornare la calma.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto, Tunisia e Libia: il premier turco Erdogan in visita nei Paesi della primavera araba

    ◊   Prende il via oggi dal Cairo il viaggio del premier turco Recep Tayyip Erdogan, che lo porterà anche in Tunisia e Libia. Tre Paesi in cui la 'primavera araba' ha portato un cambio di regime; un banco di prova per le ambizioni di Ankara a diventare un motore politico trainante del mondo musulmano. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Antonia Di Casola, docente di Storia della Turchia presso l’Università di Pavia:

    R. - Questa non è una politica nuovissima, inaugurata di recente; ma è una politica che - se si vuole - era stata enunciata dal programma del Partito di Erdogan, che è al governo dal 2002. In realtà fa capo a quella che è stata definita con il doppio nome di “strategia della profondità strategica”, attribuita all’attuale ministro degli Esteri, Ahmet Davutoğlu; oppure altrimenti detta di “neo-ottomanesimo”. La Turchia ha recuperato dei valori, tra i quali l’islam, ed ha considerato di aprire a nuove identità all’interno del suo spazio - e l’obiettivo era quello di aprire all’identità curda - e con questo si è resa conto di avere a disposizione grandi spazi in cui l’islam era presente e sui quali la Turchia poteva esercitare una sua politica.

    D. - Questo vuol dire che i Paesi che in questi mesi hanno subito stravolgimenti - stiamo parlando della Libia, della Tunisia e dell’Egitto stesso - possono vedere nella Turchia un faro, un modello da seguire?

    R. - In pratica è un po’ difficile, perché la Turchia ha raggiunto il suo attuale modello attraverso 70 anni di khemalismo, recuperando nell’ultima fase l’islam come suo valore storico - d’accordo - ma con tutte le riforme che sono state fatte all’insegna dell’Occidente che caratterizzano la Turchia e che non possono essere fatte nel breve tempo in altre realtà.

    D. - La prima tappa del viaggio di Erdogan è in Egitto: Egitto e Turchia sono i due partner storici di Israele, almeno per un mantenimento degli equilibri, che vedono, però, ormai un rapporto diplomatico incrinato con lo Stato ebraico. Insomma una tappa importante questa…

    R. - Molto importante perché la Turchia ha strappato la sua alleanza, che veniva chiamata periferica, perché avvantaggiava questi due Paesi che stavano in un certo senso intorno al cuore del mondo mediorientale; ha strappato la sua intesa con Israele, che recentemente ha sospeso tutti i contratti, anche di carattere militare, che erano il cuore di questa alleanza. L’Occidente ha per un momento pensato che la cosa fosse passeggera: ma questo, invece, non sembrerebbe. Oggi a discapito della rottura con Israele, la Turchia vuole costruirsi una posizione di predominio in Egitto, per esempio: attraverso gli investimenti, attraverso gli accordi, attraverso quel “soft power” che caratterizza la profondità strategica di Davutoğlu.

    D. - Professoressa, la Turchia è stata sempre divisa in due anime: una protesa verso l’Europa, l’altra testa di ponte dei Paesi musulmani. Riusciranno a convivere queste due identità?

    R. - Lo stanno facendo e lo stanno facendo con grandi lacerazioni all’interno. Indubbiamente c’è questa spaccatura. A me sembra che il disegno del partito al governo sia un disegno molto ben delineato: non è certo un islam radicale quello a cui la Turchia guarda. Il recupero dell’islam come suo valore storico; l’utilizzo dell’islam per diventare l’eroe come è attualmente Erdogan dei Paesi islamici in Medio Oriente. Ma è uno strumento e la Turchia - penso - proseguirà nella via della democratizzazione, dell’occidentalizzazione in senso più ampio. (mg)

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    Crisi: nuove preoccupazioni per la Grecia, giù le borse

    ◊   Continua l’andamento negativo dei mercati mondiali: nulla è cambiato dal venerdì nero della settimana scorsa. In caduta libera le borse asiatiche, con Tokyo che chiude a - 2,3%, il minimo da aprile, e giù anche le piazze europee tutte oltre il 3%, tranne Londra che si attesta intorno a -2% e Parigi, la peggiore, con un calo di oltre il 4%. A pesare è soprattutto il settore bancario a causa di un possibile declassamento da parte dell’agenzia di rating Moodys per l’esposizione di 3 istituti finanziari parigini nei confronti della Grecia. E’ infatti ancora la Grecia al centro del terremoto finanziario, che scuote l’Europa: il differenziale con i titoli di Stato tedeschi sfonda quota 2.000 punti.Il governo vara nuove misure di austerity mentre il Paese scende in piazza per uno sciopero di 48 ore e l’opposizione teme la bancarotta. Ma quanto è credibile questa ipotesi e con quali conseguenze? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Giuseppe Di Taranto, docente di Storia della finanza e Sistemi finanziari alla Luiss di Roma:

    R. - Non credo in un default della Grecia, perché in realtà non converrebbe alla stessa Unione Europea. Non dimentichiamo che su 139 miliardi in titoli greci, diffusi in Europa, oltre il 70 per cento sono in possesso proprio di Francia al primo posto e di Germania, al secondo posto. Un default della Grecia significherebbe anche coinvolgere in qualche materia buona parte delle banche tedesche e della banche francesi.

    D. - Ed è infatti proprio notizia di queste ore che l’agenzia di Moody’s potrebbe deglassare le principali istituzioni finanziarie francesi a causa dell’esposizione nei confronti della Grecia: istituzioni che sta monitorando. Questo come lo giudica?

    R. - Io vorrei soltanto ricordare che a fine giugno Moody’s mise sotto osservazione le più importanti banche italiane: dopo di che furono fatti gli “stress test”, che sono fatti a livello internazionale, e gli stress test dimostrarono la solidità delle nostre banche. Oggi il problema non è dei singoli Paesi, perché siamo oggetto di una speculazione internazionale che, a mio avviso, viene soprattutto dalle grandi banche internazionali, da parte degli Stati Uniti.

    D. - Se ci fosse un declassamento cosa rischierebbe la Francia nella realtà?

    R. - La Francia rischierebbe di dover pagare più interessi sui titoli di Stato: questo meccanismo si è messo in moto ogni volta che, purtroppo, le agenzie di rating hanno deglasso o intere nazioni o singole imprese o singole banche o addirittura enti locali. Penso che se ciò dovesse avvenire alla Francia costerà non poco sotto l’aspetto del pagamento degli interessi del debito pubblico, perché - per usare termini ormai che sono alla portata di tutti - lo spread tra i titoli tedeschi e quelli francesi tenderebbe immediatamente ad aumentare.

    D. - In questo momento perché sono i bancari a pesare di più su tutti quanti gli indici?

    R. - Per il semplice fatto che sono le banche a possedere i titoli di cui si rischia il default, tra l’altro adesso non si specula più, non si può più speculare sul mercato secondario dei bond, perché sicuramente l’operato della Bce in questo caso è stato molto positivo, perché in qualche maniera, garantendo l’acquisto dei bond dei Paesi in difficoltà fa sì che il famoso spread non aumenti e quindi fa sì che i debito pubblici dei vari Paesi tendono a non aumentare.

    D. - In questo momento così delicato di difficoltà economico-finanziaria, ancora una volta la Commissione europea ha chiesto agli Stati a rischio di lavorare al consolidamento delle finanze e addirittura - se necessario - di prendere ulteriori misure antideficit. Dunque ancora la strada del rigore è quella che si sceglie, ma è la strada giusta?

    R. - Posso risponderle in modo molto sintetico con un’altra domanda? Bene, se il problema è la crescita, perché non ci aiutano nella crescita le istituzioni europee? Perché la delegato soltanto ai Paesi, a cui invece chiedono contemporaneamente il massimo dei sacrifici unicamente per portare i bilanci in pareggio? Un’ultima notazione: ormai il bilancio in pareggio farà parte di tutte le costituzioni europee e, a mio avviso, è una cosa del tutto inutile. Per questo bastano le leggi ordinarie. Noi stiamo creando con l’Unione Europea sempre più vincoli che sono sempre i maggiori ostacoli proprio alla crescita. (mg)

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    Dieci anni dopo l’11 Settembre, l’America si ritrova unita nel silenzio e nella preghiera

    ◊   “Dopo la notte del pianto spunta l’alba della gioia”. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha citato questo passo della Bibbia per sottolineare la voglia di rinascita del popolo americano, a dieci anni dalla tragedia dell’11 settembre. Lo ha fatto parlando, ieri sera, al Kennedy Center di Washington al termine di una giornata intensa vissuta con particolare commozione a New York, Washington e in Pennsylvania i tre luoghi degli attacchi terroristici di 10 anni fa. Centro delle commemorazioni è stato “Ground Zero” a New York dove è stato inaugurato il memoriale che ricorda le 3 mila vittime innocenti degli attentati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Suono di violino
    Il rumore dell’acqua delle grandi fontane, il suono struggente del violino, il tintinnio della campana della memoria. E soprattutto il silenzio. Un silenzio colmo di significato che ha contraddistinto la cerimonia a “Ground Zero”. Un luogo che molti newyorkesi hanno ribattezzato “Ground Hero” in onore dei tanti eroi - vigili del fuoco, poliziotti e comuni cittadini - che hanno sacrificato la propria vita per salvare quella degli altri. E il silenzio, ieri, ha avuto anche le note di “The Sound of Silence”, eseguita da Paul Simon in uno dei momenti più toccanti della giornata:

    “The Sound of Silence”
    A molti era dispiaciuto che l’amministrazione del sindaco Bloomberg non avesse invitato i leader religiosi all’inaugurazione del Memoriale. Questa assenza non ha, tuttavia, impedito che il richiamo a Dio, alla dimensione spirituale fosse fortemente presente in tutti i momenti della cerimonia. Molti parenti delle vittime - assieme alle foto dei propri cari e alla bandiera americana - portavano con sé una croce. Anche le letture scelte per l’occasione hanno avuto un forte contenuto religioso:

    “God is our refuge and strength…”
    “Dio è il nostro rifugio e la nostra forza – ha detto il presidente Barack Obama, leggendo un passo del Salmo 46 – perciò noi non temeremo anche quando fosse sconvolta la terra”. Il suo predecessore, George W. Bush, ha scelto il passo di una lettera del presidente Lincoln ad una madre che aveva perso cinque figli nella Guerra Civile. Anche qui, è risaltato il richiamo a Dio come Consolatore nelle tribolazioni:

    “I pray that our Heavenly Father…”
    “Prego che il Signore possa alleviare l’angoscia del Vostro lutto e lasciarvi solo la cara memoria di quanto avete amato e perduto”. Commossa l’invocazione a Dio di Rudolph Giuliani, il sindaco di New York all’epoca dell’11 settembre, che ha ricordato innanzitutto le famiglie delle vittime che quel giorno hanno visto sconvolta la loro vita per sempre:

    “God bless every soul that we lost…”
    “Dio benedica ogni vita che abbiamo perduto – ha detto Giuliani – Dio benedica tutti i familiari che hanno dovuto sopportare questa perdita”. E proprio la lettura dei nomi delle vittime da parte dei parenti è stato il momento più commovente. Quest’anno poi sono state ricordate tutte le vittime degli attentati dell’11 settembre, non solo quelle di New York, e assieme a loro le vittime dell’attentato del 1993 al World Trade Center. 2983 nomi di oltre 90 nazionalità, che hanno reso evidente come l’11 settembre non sia stato solo un attacco contro l’America ma contro tutta l’umanità:

    and my beautiful daughter Laura Angilletta. Laura, we love you. We miss you. Laura ti voglio tanto bene. Sarai sempre nel mio cuore…

    “Caro papà – ha detto un bambino di 10 anni leggendo il nome del padre – non ho potuto conoscerti, ma voglio che tu sappia quanto è brava la mamma a crescermi”. “Avrei voluto che mio padre – ha detto un altro ragazzo – mi insegnasse a giocare a baseball, a guidare, a invitare a cena una ragazza”.

    New York, la città che non dorme mai, ieri si è fermata e nel silenzio si è ritrovata per guardare con rinnovata speranza al futuro.

    (The Sound of Silence)

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    Paul Bhatti: dopo l’11 settembre, in Pakistan sono aumentati estremismo e terrorismo

    ◊   Il decimo anniversario dell’11 settembre è stato ricordato in tutto il mondo con eventi e commemorazioni. Diversa la percezione dell’evento, a seconda dei Paesi, in particolare in Afghanistan dove gli attentati terroristici furono seguiti da un conflitto che ancora oggi è lontano dall’essere concluso. Anche nel vicino Pakistan, dove lo scorso maggio è stato ucciso Osama Bin Laden, è alle prese con estremismo e terrorismo. E’ quanto sottolinea Paul Bhatti, consigliere del primo ministro del Pakistan per le minoranze religiose, intervenuto a Monaco di Baviera all’Incontro interreligioso promosso dalla Comunità Sant’Egidio. L’intervista è della nostra inviata in Germania, Francesca Sabatinelli:

    R. – L’11 settembre in Pakistan è vissuto male … E’ vissuto male in quanto, dopo l’11 settembre c’è stato un grande cambiamento in tutto il mondo, sì, ma anche in Pakistan, e non nell’accezione migliore, ma in quella peggiore del termine, i cui frutti stiamo raccogliendo adesso – i frutti negativi, voglio dire. Dopo l’11 settembre c’è stata la guerra in Afghanistan con tanti morti innocenti, morti innocenti che ci sono stati anche in Pakistan, e che continuano ad esserci. Tutto questo non solo ha impoverito economicamente il Pakistan, ma lo ha anche posto in una cattiva luce agli occhi del mondo. Per cui, questo anniversario è vissuto molto male da tutti coloro che amano il Pakistan. Dobbiamo ricordarlo sempre: è un ricordo che fa stare male!

    D. – Perché in questi 10 anni il fondamentalismo sembra aumentato in Pakistan?

    R. – E’ vero: perché sono aumentati il terrorismo, l’estremismo, il fondamentalismo e l’intolleranza in Pakistan? La nostra analisi è questa: intolleranza, estremismo e terrorismo non sono provocati soltanto da una sorta di fanatismo religioso, ma da diversi fattori. Uno dei fattori principali è l’instabilità del Paese, e il secondo è la povertà. Noi siamo ora entrati in un circolo vizioso: l’11 settembre ha portato instabilità nel Paese portandolo alla guerra, con numerosi rifugiati afghani che entrano in Pakistan; poi abbiamo avuto un governo molto instabile gestito per molti anni da un dittatore – all’apparenza un governante democratico, ma in sostanza è stato un dittatore - e tutto questo ha ostacolato il progresso e ha creato povertà e quindi estremismo; la povertà crea l’instabilità del Paese, e l’instabilità la povertà e la povertà, di nuovo, estremismo, fanatismo e terrorismo. Si vede, per contro, che in tutti i Paesi in cui c’è un certo benessere non ci sono queste forme di intolleranza e di estremismo! (gf)

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    In 10 anni oltre 500 operatori dei media uccisi nel mondo

    ◊   Negli ultimi 10 anni più di 500 giornalisti e operatori di mezzi di comunicazione sono stati uccisi. Molti altri sono stati feriti, hanno subito intimidazioni, sequestri, detenzioni illegali. Per riflettere su questi dati e individuare modalità per garantire la sicurezza e la libertà di espressione, l’Unesco ha organizzato un incontro domani e dopodomani a Parigi. Da rilevare tra l’altro che la maggior parte degli attacchi non colpiscono corrispondenti di guerra ma giornalisti che lavorano nei loro Paesi, spesso in tempo di pace. Debora Donnini ha intervistato Domenico Affinito, vicepresidente di Reporter senza frontiere in Italia:

    R. - Gli ultimi 10 anni sono stati particolarmente difficili per il mondo dell’informazione e questo per tanti motivi: da una parte sicuramente i conflitti aperti (solo in Iraq sono morti quasi 80 giornalisti, dal 2003 ad oggi); dall’altra, però, c’è anche il problema degli altri Paesi, di quelli del sud del mondo, dove si sono verificati numerosi omicidi, ferimenti, rapimenti e aggressioni senza che ci fosse un conflitto in atto. E questo perché dal 2001 ad oggi, la qualità della libertà di stampa e di espressione è peggiorata in tutto il mondo: l’attenzione è spasmodica. Soprattutto nella fase iniziale, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, da parte del mondo occidentale c’è stato un chiudersi in se stesso per difendersi rispetto ad un attacco esterno e questo ha fatto calare anche l’attenzione - oltre che alcuni fondi - rispetto ai diritti civili e a tutto il mondo che si muoveva per la difesa dei diritti civili, appunto, nel resto del mondo. E’ stato un effetto a catena. Questo ha quindi peggiorato, gradualmente e costantemente, in questi ultimi dieci anni la libertà di stampa e di espressione.

    D. - Si registrano appunto anche molte intimidazioni...

    R. - L’esplosione dei casi di censura, di aggressione, di rapimento, di attacchi anche a sedi di giornali, etc… Questi dati sono esplosi negli ultimi 10 anni e questo pone un grandissimo freno alla libertà di stampa e di espressione, perché impedisce di fatto ai giornalisti di poter poi operare e causa una autocensura fortissima: anche perché per quei pochi che, invece, non accettano di stare a queste condizioni e non si fermano davanti alle minacce, davanti ai soprusi, continuando a fare il proprio mestiere - e ce ne sono - il passo successivo è la morte. (mg)

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    Ricomincia la scuola per 8 milioni di studenti italiani

    ◊   Primo giorno di scuola per circa 8 milioni di studenti in Italia. Gli iscritti al nuovo anno scolastico diminuiscono nel Nord-Est, nel Sud e nelle Isole e aumentano invece nel Nord-Ovest e nel Centro. La campanella ha suonato per la maggior parte delle regioni italiane, il 14 settembre sarà la volta di Campania e Toscana, il 15 si uniranno anche Puglia, Sicilia e Sardegna. Ultimi a sedere sui banchi gli studenti di Basilicata, Emilia Romagna e Abruzzo che inizieranno lunedì 19 settembre. Oltre 30mila i nuovi insegnanti in cattedra, ma non mancano le polemiche. Massimiliano Menichetti.

    Non mancano contestazioni e polemiche sui tagli nel giorno in cui suona la campanella per 7 milioni 830 mila alunni, dislocati in oltre 9 mila 500 istituti. Il ministro dell’Istruzione Gelmini, augurando un buon inizio di anno scolastico, ha ribadito che il sovraffollamento nelle scuole è presente secondo i dati ufficiali solo nello 0,6 per cento dei casi, che il tempo pieno non è stato ridotto e che gli insegnanti di sostegno sono 94 mila: “Il picco – ha ribadito – più alto nella scuola italiana”. Iniziative di ragazzi come i “flash mob”, che in gruppo mostrano una calcolatrice per ribadire i tagli alla scuola, si registrano comunque in varie città italiane: a Roma anche due sit-in davanti al Ministero dell’Istruzione dei docenti di latino e greco, rimasti senza cattedre. Annunciate proteste in 13 regioni italiane. Antonio Nocchetti, presidente dell’Associazione “Tutti a scuola onlus”:

    R. - La scuola rappresenta un’irripetibile esperienza di socialità: nella scuola ci si confronta, si cresce; la scuola rimane un’irripetibile palestra sociale, di educazione alla convivenza e alla tolleranza.

    D. – Voi manifesterete a Roma il 14 per i diritti dei bambini diversamente abili. I 94 mila insegnanti di sostegno del ministro Gelmini, dunque, non bastano?

    R. – La scuola pubblica italiana accoglie, quest’anno scolastico, 202 mila ragazzi con diversa abilità e di questi 202 mila oltre il 90 per cento è gravato da un deficit intellettivo e/o sensoriale. Per cui 94 mila insegnanti sono un numero ampiamente insufficiente. Se noi pensiamo come comunità civile di accogliere i bambini disabili, lo dobbiamo fare avendo un impegno di spesa adeguato.

    D. – Presidente, questo non è un problema di questo Esecutivo, in realtà, nessuno se ne è mai occupato...

    R. – D’accordissimo sulla sua affermazione. Servirebbe un patto sociale, tra tutte le forze politiche, le quali riconsiderino un’emergenza scolastica, all’interno delle tante emergenze del Paese, quella della scuola per i disabili. Servirebbe un patto sociale fatto da una classe politica credibile e per essere credibili bisogna considerare la politica, come diceva Paolo VI, la forma più alta di carità per un cittadino.(ap)

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    Chiesa e Società



    Indonesia: nelle Molucche due vittime per nuovi scontri. L'azione di pace del vescovo Mandagi

    ◊   E’ di due morti e oltre 60 feriti il bilancio degli scontri avvenuti ieri ad Ambon, capitale delle Molucche, in Indonesia. A innescare le violenze è stata la morte di un tassista musulmano, vittima di un incidente. Ma durante il rito funebre – riferisce l'agenzia AsiaNews – si è sparsa la voce che l’uomo sarebbe stato aggredito da un gruppo di cristiani. La tensione è rapidamente salita e per placare gli animi è dovuta intervenire la polizia in assetto antisommossa. L’intervento delle forze dell’ordine ha riportato la calma, ma alcuni proiettili vaganti hanno provocato la morte di due persone, un insegnante e uno studente. Il portavoce nazionale della polizia sottolinea che l’autopsia conferma la morte del tassista per incidente stradale. “I medici – sottolinea – non hanno riscontrato alcun segno di violenza”. Fonti locali riferiscono poi che sono state incendiate numerose case di cristiani. A Giakarta, intanto, si stanno riunendo i vertici della polizia per studiare interventi in grado di assicurare un’adeguata cornice di sicurezza nella zona teatro delle violenze. Ma anche i leader religiosi hanno offerto una pronta risposta. In un colloquio con l’agenzia Fides, mons. Petrus Canisius Mandagi, vescovo di Amboina, racconta l'iniziativa di pace presa a livello interreligioso: “Ho incontrato, con altri leader cristiani, i capi religiosi musulmani. Come leader religiosi delle Molucche abbiamo lanciato un appello congiunto alla popolazione, per chiarire l’accaduto, invitando a cessare ogni violenza, che porta solo distruzione e dolore. Se c’è un incidente o un episodio negativo, occorre parlarsi e non dare subito avvio alla violenza. Difendiamo insieme la pace, abbiamo detto, il bene più importante”. Mons. Mandagi si dice fiducioso: “Tutto sembra chiarito. Nei prossimi giorni intensificheremo gli incontri fra leader religiosi, per costruire l’armonia e la pace. La strada maestra è il dialogo, da proseguire a tutti i livelli. Noi faremo del nostro meglio”. Le Molucche sono state teatro di un conflitto fra cristiani e musulmani fra il 1999 e il 2002. Il vescovo di Amboina rimarca: “Abbiamo ancora nella memoria i problemi del passato. L’episodio di ieri significa che c’è ancora da fare per costruire la pace, giorno per giorno, passo dopo passo. Alcuni gruppi vogliono innescare un conflitto e sfruttarlo per propri interessi o benefici. Soprattutto gruppi politici contrari al presidente Susilo Bambang Yudhoyono. Ma non vogliamo che la popolazione innocente delle Molucche debba ancora pagare e soffrire a causa di tali giochi di potere”. (A.L.)

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    India: cancellati gli ordini di demolizione per le chiese in Orissa

    ◊   E’ una vittoria per la Chiesa cattolica dell’Orissa: il governo locale del distretto di Kandhamal, teatro delle violenze anticristiane del 2008, ha annunciato la revoca degli ordini di demolizione per cinque chiese. Le strutture rischiavano di essere demolite in base a una ordinanza che sosteneva che gli edifici erano sorti su suolo demaniale, senza autorizzazione. I cristiani affermavano il loro diritto di ricostruire le oltre 230 fra chiese e cappelle distrutte nell’ondata di violenza del 2008. La decisione di bloccare le demolizioni – informano fonti locali dell'agenzia Fides – è stata presa dopo l’incontro fra le autorità e una delegazione di cristiani dell’Orissa che includeva due sacerdoti (padre Mathew Puthyadam e padre Jashabandh Pradhan), un laico cattolico (Jyotisen Parichha) e un missionario monfortano (fratel K. J. Markose). I cristiani hanno anche lamentato la presenza di elementi “anti-sociali”, che continuano a intimidire i fedeli e a minare la pace sociale e religiosa nel distretto. Il dirigente del distretto di Kandhamal ha dato ampie garanzie alla delegazione sul blocco della demolizione della cappella nel villaggio di Padunbadi e per le altre chiese in questione, assicurando inoltre misure per fermare i gruppi di provocatori. Nell’incontro si è anche parlato dei risarcimenti dovuti ai fedeli che hanno perso case e proprietà, altro tema su cui le autorità civili hanno ribadito di voler provvedere. Sulla situazione locale, Fratel K. J. Markose ha detto che “a Kandhamal la pace è ancora un miraggio. Si vive nella paura. I cristiani locali non hanno nemmeno avuto il coraggio di ricordare pubblicamente i martiri del 2008. La nostra gente è ancora nelle tende, vive in condizioni di estrema povertà e molti hanno paura di ritornare a visitare i loro villaggi natii. Ai cristiani viene impedito perfino di riparare o ricostruire le loro case. Nè possiamo ricostruire le chiese che i radicali indù rasero al suolo nel 2008”. Sulle attività dei gruppi radicali indù, il missionario racconta un episodio esemplare: “Nelle scorse settimane vi è stato un incontro di militanti radicali indù a Phulbani. Molti hanno parlato contro i cristiani, diffondendo odio, lanciando false accuse e affermando che essi sono contro la nazione indiana. Ma nessuno dei cristiani locali ha avuto il coraggio di denunciare l’accaduto alla polizia, alla stampa o di segnalarlo al magistrato locale”. (R.P.)

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    Corno d’Africa: sforzi di Unicef e Save the Children per aiutare bambini e famiglie

    ◊   L’Unicef moltiplica gli sforzi per aiutare i bambini del Corno d’Africa a frequentare la scuola. “Oltre ad offrire ai bambini un’istruzione di base – dichiara Elhadj As Sy, direttore Unicef per l’Africa orientale e meridionale – le scuole e i centri per l’infanzia svolgono un ruolo importante di sensibilizzazione con messaggi vitali, su nutrizione, igiene, sanità ed educazione alla salute. Nelle comunità colpite – aggiunge Elhadj As Sy le cui parole sono state riprese dall'agenzia Sir – i luoghi di apprendimento garantiscono anche un accesso ad acqua potabile, servizi igienico sanitari e programmi di alimentazione. Rappresentano anche uno spazio sicuro per i bambini, dove vengono protetti da violenza e sfruttamento”. La situazione nel Corno d’Africa è stata anche al centro nei giorni scorsi a Nairobi, in Kenya, del summit dei leader dei Paesi dell’Africa Orientale. Durante l’incontro, il direttore di Save the Children, Prasant Naik, ha sottolineato che la crisi alimentare poteva essere evitata. Adesso – ha aggiunto – i governi si devono concentrare su “misure preventive e sostenibili di lungo termine, che garantiscano una risposta immediata alle prime avvisaglie di crisi ed evitare così che le famiglie arrivino a soffrire la fame. I leader africani – ha concluso Prasant Naik – hanno finora fallito nella risposta a questa siccità e alla conseguente crisi alimentare”. Al recente summit dell’Unione Africana – ha ricordato – hanno promesso, complessivamente, 51 milioni di dollari di nuovi stanziamenti per aiuti alle famiglie colpite, meno di quanto sia stato donato alla sola Save the Children. (A.L.)

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    Coopi: iniziativa per combattere la malnutrizione infantile in Africa

    ◊   La malnutrizione uccide più della guerra. Salvare almeno 100 mila bambini in Ciad, Malawi, Repubblica Democratica del Congo e l’obiettivo della Campagna “Insieme per 100 mila” di dell’organizzazione “Cooperazione Internazionale” (Coopi). Per sostenere questo progetto, Coopi ha deciso di avviare una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi tramite sms. A partire da oggi e fino al 2 ottobre è possibile donare 2 euro con un sms al numero 45502. L’emergenza malnutrizione ha iniziato a dilagare in seguito all’aumento dei prezzi del cibo nel 2008. Oggi sono 26 milioni di bambini malnutriti nel mondo, in particolare in Asia e nell?Africa sub-sahariana. Tra questi, 25 milioni muoiono ogni anno. Oltre ai bambini, anche le mamme sono particolarmente vulnerabili a causa dell’emergenza malnutrizione. Una mamma malnutritia – si ricorda nel comunicato di Coopi – metterà al mondo con molta probabilità un bambino a sua volta malnutrito. Un circolo vizioso che Coopi sta cercando di spezzare attraverso interventi strutturati, in particolare in Ciad, Malawi e Repubblcia Democratica del Congo. L’obiettivo di salvare dalla malnutrizione 100 mila bambini si raggiunge con la raccolta di almeno 300 mila euro. Con 10 euro si assicurano due settimane di cibo a un bambino. Con 150 euro si cura un bimbo gravemente malnutrito. (A.L.)

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    Forum Caritas a Singapore: "Costruire una società che sostenga i poveri"

    ◊   "La Chiesa deve costruire un nuova società che includa e sostenga i poveri", ha detto Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis di fronte ai 600 partecipanti al Forum e Fiera umanitaria, il primo del genere a Singapore. “Dobbiamo inventare nuove strade per costruire una società in cui ciascuno vivrà in dignità” ha detto Roy sabato scorso, facendo riferimento all’enciclica papale “Caritas in veritate”. “Dobbiamo coinvolgere le persone direttamente interessate, non è possibile creare delle soluzioni senza coloro che vivono i problemi su di sé”. Il neo-segretario generale della Caritas ha ricordato che “noi non siamo istituzioni, siamo persone che si uniscono per aiutare i poveri e promuovere la giustizia”. Michel Roy è succeduto a Leslie-Ann Knight qualche mese fa a capo della Caritas, di cui è presidente il cardinale Maradiaga. Il Forum, organizzato da Charis, di Singapore, ha raccolto 30 organizzazioni impegnate in tutto il mondo in operazioni umanitarie. Il Forum - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha voluto essere un momento di incontro, per creare contatti, legami, collaborazione e attrarre nuovi volontari per diversi progetti. Ospite d’onore l’arcivescovo di Singapore Nicholas Chia Yeck Joo, che ha esortato i volontari a donare parte del proprio tempo per le persone bisognose in altri Paesi. “E’ bello che voi desideriate sapere quali difficoltà affrontano i nostri fratelli e sorelle in altre parti del mondo, e imparare dall’altro come possiamo essere servitori di Cristo più efficaci nel rispondere ai bisogni umanitari, siano che si tratti di emergenze, cambiamenti climatici, migrazioni, salute, educazione, cibo o pace” ha dichiarato l’arcivescovo. Mons. Chia ha ricordato che anche se le organizzazioni umanitarie possono promuovere, coordinare e mobilitare, il lavoro concreto viene compiuto da individui. L’arcivescovo ha poi aggiunto: “Nella parabola del Buon Samaritano, Gesù ci insegna che anche un totale estraneo è il nostro prossimo. A Singapore siamo fortunati, siamo benedetti dall’abbondanza, anche se ci sono alcuni nel bisogno intorno a noi. Ogni cattolico deve vivere la sua missione sociale. Vi esorto a compiere passi per portare l’amore di Dio ai nostri fratelli e sorelle nel mondo”. Fra i partecipanti al Forum e Fiera umanitari c’erano molti giovani che hanno seguito con partecipazione gli eventi e la possibilità di giungere a contatto con le varie organizzazioni. (R.P.)

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    Assemblea Generale Onu: a New York incontro di preghiera promosso dalla Santa Sede

    ◊   Un incontro di preghiera in occasione dell’apertura della 66.ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si tiene oggi pomeriggio a New York, presso la Chiesa della Santa Famiglia, parrocchia dell’Onu. Il servizio religioso è promosso dalla Missione di Osservazione Permanente della Santa Sede e dall’arcidiocesi di New York. Interverranno nel corso della funzione l’arcivescovo Francis A. Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, il rev.do Robert Robbins, parroco della Chiesa della Santa Famiglia e direttore della Commissione arcidiocesana di New York per le questioni ecumeniche e interreligiose e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Dopo la lettura di un messaggio dell’arcivescovo di New York Timothy Dolan, da parte del vescovo ausiliare Dennis Sullivan, verrà benedetta un’immagine del Beato Giovanni Paolo II, di cui verranno proposti i discorsi pronunciati all’Assemblea Generale il 2 ottobre 1979 e il 5 ottobre 1995. Nelle intenzioni di preghiera verranno ricordati Benedetto XVI, i leader delle Nazioni, il presidente dell’Assemblea Generale e il segretario generale dell’Onu. I partecipanti al servizio religioso invocheranno particolarmente il dono della pace per la grande famiglia umana, in ogni ambiente di lavoro e in ogni comunità di vita. (A cura di Marina Vitalini)

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    Cile: i vescovi ripropongono il loro documento contro la depenalizzazione dell'aborto

    ◊   Con un ampio documento, intitolato “Il clamore della vita degli innocenti”, i vescovi cileni hanno risposto ieri ad alcuni politici e legislatori che in queste settimane hanno aperto un dibattito sulla possibilità di depenalizzare l’aborto; possibilità contro la quale si espresso anche il Presidente cileno Sebastián Piñera. I presuli, che hanno scelto simbolicamente la festa liturgica dei Martiri innocenti per rendere noto il loro pronunciamento, si rivolgono sia ai cattolici così che i legislatori e le autorità. “Vogliamo - scrivono i vescovi con riferimento specifico ai tre casi per cui si propone la depenalizzazione dell’aborto: pericolo di vita per la madre, grave malformazione del feto e gravidanza frutto di una violenza - offrire alcune luci per il discernimento” consapevoli “del dolore che vive una madre e la sua famiglia” in situazioni di questa natura, “che nonostante siano limitate, provocano angoscia, incertezza e sofferenze di fronte alle quali nessuno può restare indifferente. Di fronte a situazioni di questo tipo”, prosegue la nota dei vescovi cileni, si devono cercare delle risposte che siano “rispettose della vita, sia della madre sia del figlio” e al tempo stesso lo si deve fare “nella cornice giuridica che rifletta un profondo rispetto per la vita umana”. Tale rispetto deve anche impregnare - rilevano i vescovi - l’intero sistema sanitario e i servizi per la salute pubblica così come la medesima società in cui si vivono queste realtà. Occorre non dimenticare, osserva la dichiarazione, l’importanza “dell’educazione di quei valori che sono in gioco”: rispetto della vita, cura dei più deboli, solidarietà, compassione e giustizia. “Riteniamo che queste siano le questioni sulle quali dobbiamo discutere”. Sono le risposte che saranno date a queste sfide quelle che “segneranno” la condotta da seguire “di fronte alla madre e al figlio e quelle che costruiranno sia l’anima nazionale sia la cultura del Paese”. I vescovi, citando parole dell'enciclica 'Evangelium vitae' di Giovanni Paolo II ribadiscono “che l'uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale” e poi osservano: “Questo principio etico, profondamente umano, è precedente al cristianesimo” e fa riferimento all’uso della ragione “quando si tratta di proteggere la vita dell’essere umano non ancora nato e dunque il rifiuto della legalizzazione dell’aborto”. Il documento prosegue analizzando le tre situazioni sulle quali si parla per chiedere una depenalizzazione dell’aborto e conclude: “Ci sembra più ragionevole domandarsi sulla nostra capacità per generare istanze capaci di accompagnare in modo adeguato, sia la madre sia la sua famiglia, senza fare ricorso alla distruzione di una vita”. Ci auguriamo che in questi giorni in cui celebravamo la nascita di Gesù “accresca in tutti noi l’amore per la vita, il rispetto della vita di tutti, e soprattutto, il dovere che tutti abbiamo di proteggere la vita dei piccoli, dei sofferenti e dei più poveri della nostra società”. (A cura di Luis Badilla)

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    Honduras. Il cardinale Rodriguez Maradiaga: il Paese vive una grande crisi morale

    ◊   L'ondata di violenza che sta insanguinando il Paese è stata duramente condannata dal cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, il quale ha sottolineato: “La crisi è grande, e non tanto economica, ma morale. Quando si perde il rispetto per la vita, quando per qualsiasi motivo si toglie la vita agli altri, allora stiamo agendo dalla parte del torto". Il cardinale ha affermato che il comandamento della legge di Dio “non uccidere” sembra essere stato completamente dimenticato nel Paese, al punto che proprio i giovani sono quelli che entrano nei gruppi dei nuovi sicari. "Molte volte i governi dimenticano il principio fondamentale del cristianesimo, che è il bene comune, secondo cui non si può pensare solo al bene individuale, ma alla comunità intera. Quando le autorità sono elette per governare un Paese, dovrebbero fare sforzi molto grandi per essere al servizio di tutti" ha aggiunto il porporato. Per quanto riguarda la crisi nazionale dell'istruzione pubblica, il cardinale Rodriguez Maradiaga ha evidenziato che fino a quando non si arriverà in fondo al problema, l'istruzione continuerà ad essere scadente. “Non è solo un problema di salari, ma è un problema di cambiare la mentalità" ha detto. “E' giusto che un insegnante sia ben retribuito, e questo lo si può capire, ma allo stesso tempo gli insegnanti devono essere responsabili e non lasciare che bambini e giovani rimangano senza istruzione". Il cardinale ha fatto queste dichiarazioni in una conferenza tenuta durante la cena di beneficenza presso la fondazione "Nutre Hogar" a San Pedro Sula (circa 180 km da Tegucigalpa), l’8 settembre scorso. Questa fondazione lavora in modo speciale con i bambini dell’Honduras che soffrono per la malnutrizione. "Mi sentirei più felice se dopo questa sera, ‘Nutre Hogar’ fosse in grado di prendersi cura di un maggior numero di bambini, perché il futuro dei bambini dipende da una buona alimentazione" ha concluso il cardinale. La fondazione infatti è organizzata per occuparsi di 100 bambini al giorno ma in questo momento sono solo 30 per mancanza di risorse. L'altro invitato a tenere una conferenza la stessa sera, è stato il Presidente di Panamá Ricardo Martinelli. (R.P.)

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    Colombia: iniziative della Chiesa per aumentare l’impegno individuale per la pace

    ◊   La difesa dell’infanzia, l’impegno per i giovani, l’abbandono dell’indifferenza e l’adozione di comportamenti scanditi da solidarietà, onestà e affetto. Sono questi i passi necessari in Colombia per un’autentica riconciliazione, indicati dal segretario nazionale della Pastorale sociale in occasione della Settimana annuale per la pace. L’iniziativa, conclusasi ieri e promossa dalla Chiesa, è stata animata da una molteplicità di eventi, quali laboratori, celebrazioni, momenti di preghiera e riflessione in scuole, piazze e chiese. Durante questi incontri – riferisce l’agenzia Zenit - si è ribadito, in particolare, che l’impegno personale dà visibilità agli sforzi di migliaia di persone per la costruzione di iniziative volte a dare dignità alla vita. “La pace - canta a ritmo di rap un gruppo di giovani in un video registrato per l’occasione - inizia nel tuo cuore”. “La pace non si predica, si applica”. “Dio - cantano i giovani - è tuo fedele compagno, Satana è un cattivo consigliere”. Durante la Settimana, incentrata sul tema “Costruisco la pace, quando?”, sono stati ricordati anche due obiettivi: la restituzione di terre tolte ad un rilevante numero di cittadini colombiani e il rispetto della biodiversità, della cultura e degli spazi comuni. La pace in Colombia - hanno infine ricordato i promotori di questa iniziativa - si costruisce anche con la fine dei sequestri, della violenza contro le donne e i bambini, con la lotta al narcotraffico e alla corruzione. (A.L.)

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    Filippine: ferma opposizione dei vescovi al disegno di legge sulla salute riproduttiva

    ◊   Mantenere una ferma opposizione al disegno di legge sulla salute riproduttiva nelle Filippine. E’ quanto ha detto l’arcivescovo di Cebu, mons. José Palma, in occasione della Festa, lo scorso 8 settembre, della Natività di Maria, madre di Gesù. L’atteggiamento della Chiesa nei confronti di questo progetto – sottolinea la Conferenza episcopale filippina - “non è negoziabile”. Il disegno di legge – hanno inoltre ricordato i presuli in una recente lettera pastorale ripresa dall’agenzia Zenit – “promuove e legalizza gli anticoncezionali come mezzo di controllo della natività”. Tale complesso normativo – osservano i vescovi – comportano “gravi conseguenze sulla vita umana, soprattutto nel caso delle madri, delle madri potenziali e delle nuove vite umane”. “Dobbiamo metterci dalla parte degli insegnamenti e dei principi, come richiede la nostra missione”, hanno sottolineato i vescovi filippini in una lettera inviata al governo e firmata dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Nereo Odchimar. (A.L.)

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    Ad ottobre in Terra Santa “JPII Games-Pellegrini di Pace”

    ◊   Sono aperte le iscrizioni ai Giochi “JPII Games-Pellegrini di pace”, dal 21 al 25 ottobre, organizzati dall'Opera Romana Pellegrinaggi e dal Centro Sportivo Italiano. L’iniziativa – il cui motto è “Lo Sport ci possa riunire in uno spirito di amicizia tra i popoli e le culture” – intende costruire nuovi ponti di pace e dialogo. I Giochi di quest’anno – ricorda il Sir - sono dedicati al Beato Giovanni Paolo II, di cui il prossimo 22 ottobre si ricorderà la memoria liturgica. Durante i “GPII Games” si potrà anche prendere parte alla corsa non competitiva lungo i 12 chilometri che separano Betlemme da Gerusalemme. La novità di quest’anno sarà la partita di calcetto che si disputerà nei pressi del check-point di Betlemme e che vedrà scendere in campo italiani, israeliani e palestinesi. “L’unione tra pellegrinaggio in Terra Santa e sport - sottolineano all'agenzia Sir gli organizzatori – è una formula vincente perché favorisce il dialogo tra i popoli e apre nuove strade ai cammini di pace”. (A.L.)

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    Messaggio dell'arcivescovo di Addis Abeba per il capodanno etiopico

    ◊   Oggi, l’Etiopia ed Eritrea celebrano il capodanno. Il presidente della Conferenza episcopale etiopico-eritrea e arcivescovo di Addis Abeba, mons. Abune. Berhaneyesus, ha inviato un messaggio d’augurio a tutte le due nazioni tramite la sezione amarico-tigrino della nostra emittente. Rivolgendosi a tutti gli etiopi e gli eritrei che vivono nel Paese e a quelli della diaspora, il presule scrive che “è il momento di ringraziare Dio, il nostro Creatore”. “La nostra celebrazione del ringraziamento per accogliere il nuovo anno”, che secondo il calendario etiopico ed eritreo è il 2004, è una celebrazione di ringraziamento “a chi è stato il nostro rifugio nell’anno che è concluso”. L’arrivo del nuovo anno - sottolinea l’arcivescovo di Addis Abeba - è l’inizio per il tempo della vita nuova che ci rende completi e, seguendo la sua volontà, questo è il tempo di rinnovamento. E’ il tempo di riconciliazione e pace – prosegue - perché l’uomo operi per la realizzazione dello sviluppo spirituale. Dio è il Signore del tempo. Non l’uomo, quindi non dobbiamo rimandare a domani ciò che possiamo fare oggi. Conduciamo la nostra vita in base all’etica cristiana che è la forza del buon comportamento di ogni cristiano, che è testimoniare Dio non solo con le parole ma soprattutto praticandole nella vita quotidiana. Il nuovo anno – conclude mons. Abune. Berhaneyesus - è l’inizio dell’anno scolastico, quindi preghiamo perché le scuole diventino luoghi di crescita in base all’etica e alla responsabilità. Questo è l’impegno degli insegnanti, dei genitori e della società pure. Chi rispetta l’etica della vita avrà il timore di Dio, e questo sarà capace di seguire la coscienza. Ed essendo libero da ogni corruzione e crimine, proteggerà se stesso e gli altri dal tutto ciò che è male”. (A.L.)

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    Malawi: la Chiesa preoccupata per la situazione socio politica

    ◊   “Stiamo assistendo a cose mai viste”. E’ quanto dichiara all'agenzia Misna padre George Buleya, segretario generale della Conferenza episcopale in Malawi, riferendosi alla crisi politico-sociale nel Paese africano. Le “cose mai viste” sono gli scontri tra dimostranti e agenti di polizia che a luglio hanno provocato la morte di 19 persone. Diverse associazioni cattoliche denunciano, inoltre, “un tentativo di attacco nei confronti della Chiesa”. A rendere più tese le relazioni tra governo e Chiesa sono state le parole pronunciate dal presidente, Bingu wa Mutharika, rivolte a mons. Joseph Mukasa Zuza, vescovo di Mzuzu e presidente della Conferenza episcopale. Ad agosto, mons. Zuza aveva affermato che le difficoltà del Malawi “sono frutto delle nostre azioni e dipendono dai nostri ruoli rispettivi”. Il capo dello Stato riferendosi a queste parole ha indicato un legame tra il vescovo e le forze dell’opposizione. Secondo padre Buleya, si sta aggravando una contrapposizione tra governo e società civile. Una contrapposizione che la creazione di un comitato incaricato di favorire il dialogo tra forze politiche e sociali non sembra allentare. (A.L.)

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    Austria: sempre più uomini e donne impegnati nella pastorale

    ◊   Coltivare una “cultura della fedeltà a ciò che abbiamo promesso”. Questa la richiesta che il vescovo di Graz-Seckau, mons. Egon Kapellari, ha rivolto alla diocesi in una lettera pastorale diffusa in occasione del suo 50.mo anniversario di sacerdozio. Nel documento, ripreso dall'agenzia Sir, mons. Kapellari afferma l’esistenza di “grande instabilità nella società ma anche nella Chiesa” e invoca per il futuro “una maggior collaborazione e un’unione più forte nell’azione comune”. Mons. Kapellari osserva poi che “certe richieste di cambiamento nella Chiesa possono portare senza accorgersene a situazioni rischiose”. Pertanto, “nella situazione attuale della Chiesa in Austria sarà utile innanzitutto lasciar perdere i contrasti” ed evitare “generalizzazioni aggressive”. Inoltre, nell’opinione pubblica vengono a crearsi convincimenti semplicistici, come nel caso della scarsità di vocazioni. “Spesso si dice”, scrive il vescovo, “che senza cambiare le condizioni di ammissione al sacerdozio, la rete della pastorale verrà presto a mancare, come se solo modificando i criteri di ammissione si potesse garantire una pastorale più approfondita ed efficace”. In tutto ciò, ha osservato, ci si dimentica che “oggi, in Austria e in Germania, opera nella pastorale un numero di donne e uomini mai raggiunto in passato”. (A.L.)

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    Cina: nuovo sito degli universitari cattolici su senso della vita, valori e fede

    ◊   Un gruppo di universitari cattolici della diocesi di Han Dan, nella provincia dell’He Bei, nella Cina continentale, ha lanciato un nuovo sito internet di evangelizzazione intitolato “il Coro degli Angeli”, per offrire ai coetanei gli stimoli e gli elementi necessari ad approfondire il senso della vita, i valori e la fede. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides da Faith dell’He Bei, l’iniziativa ha avuto grande appoggio e sostegno da parte dei sacerdoti, soprattutto di quelli che lavorano nel campo dell’evangelizzazione on-line. Secondo l’ideatore e fondatore del sito, “oggi nei campus universitari è molto diffusa la condivisione circa il senso della vita, i valori e la fede. E’ un fenomeno che dimostra la sete di vita spirituale nel mondo secolarizzato in cui vivono i nostri coetanei. Quello che ci offrono i libri non basta a rispondere a questa esigenza. Quindi la creazione di questo sito ci aiuta reciprocamente ad arricchirci e ad approfondire”. Sempre secondo quanto riporta Faith, il sito presenta tanti argomenti e i testi e le citazioni bibliche che si riferiscono ai temi proposti. Per alcuni giovani “è una sfida alla società secolare odierna”. In Cina continentale oggi si contano diverse decine di siti cattolici sull’evangelizzazione, tanti sono diocesani e parrocchiali, a conferma che internet sta diventando sempre di più uno strumento protagonista dell’evangelizzazione, soprattutto tra i giovani. (R.P.)

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    Convegno sull’importanza degli archivi sull’evangelizzazione

    ◊   Da domani al 16 settembre si svolgerà presso l’Istituto “Il Carmelo” (Sassone-Roma), il convegno “Archivi ed Evangelizzazione”, che mira a promuovere la valorizzazione della documentazione conservata negli archivi ecclesiastici in materia di evangelizzazione. Come è scritto nella presentazione, “il patrimonio documentario può contribuire alla consapevolezza ecclesiale della missione delle comunità cristiane nel terzo millennio. Gli archivi ecclesiastici hanno, infatti, un ruolo non secondario nella cultura e nell’agire dei cattolici.” Il Convegno è promosso dall’Associazione Archivistica Ecclesiastica, il cui statuto è stato approvato nel 1956, e all’art. 2 precisa: “Scopo dell'Associazione è di contribuire, ispirandosi alle direttive della Santa Sede, alla buona conservazione e allo studio degli Archivi che interessano la storia della Chiesa; e di promuovere ogni mezzo che valga a rendere più proficua l'attività scientifica e tecnica dei soci in rapporto agli Archivi" Scorrendo l’intenso programma del Convegno, le relazioni presenteranno i grandi scenari dell’evangelizzazione negli ultimi secoli, mentre le tavole rotonde hanno lo scopo di offrire indicazioni circa i luoghi della memoria archivistica e le serie documentarie dove rintracciare l’informazione di ciò che è “avvenuto”. Con i “percorsi archivistici” si intende quindi sollecitare gli archivisti a conservare con cura e ordinare con diligenza la documentazione che riguarda l’impegno nell’evangelizzazione, tanto nelle diocesi e nelle parrocchie, quanto negli organismi di vita consacrata nel loro insieme e nei loro raggruppamenti periferici. La prolusione del convegno, sul tema “Testimonianze dell’evangelizzazione cristiana”, sarà tenuta domani dal padre Fidel González Fernández, docente alla Pontificia Università Urbaniana. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Incidente in una centrale nucleare francese: un morto e 4 feriti, non c’è fuga radioattiva

    ◊   "Non c'è fuga radioattiva": lo ha confermato un portavoce del Ministero dell'Energia francese dopo l'incidente nel sito nucleare di Marcoule, nel Sud della Francia. I pompieri hanno eretto un perimetro di sicurezza intorno alla centrale, per evitare qualsiasi rischio. Un primo bilancio parla di un morto e 4 feriti. La centrale di Marcoule, creata nel 1956, è stata la prima centrale nucleare francese, nella Linguadoca-Rossiglione. La centrale possiede 3 reattori da 79 MW totali. A Marcoule furono costruiti i reattori nucleari a uso militare per le ricerche destinate alla costruzione della bomba atomica francese.

    L’Onu denuncia: 2.600 morti dall’inizio delle proteste in Siria
    Duemilaseicento persone uccise dallo scoppio delle proteste a metà marzo: è questo l’ultimo bilancio presentato dall’Onu sulle vittime della violenta repressione operata dalle forze di sicurezza del regime di Damasco. Lo ha riferito a Ginevra Navi Pillay, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani citando fonti attendibili sul posto. Damasco contesta le cifre. Il servizio di Fabrizio Angeli:

    Tra i morti, denuncia l'Onu, c’è anche il giovane Ghiath Matar, l’attivista anti-regime arrestato giovedì che aveva lanciato l’idea di affrontare le forze di sicurezza con i fiori in mano. Un video amatoriale su Youtube mostra il suo corpo deposto in una bara e coperto da un lenzuolo bianco, sotto il quale compaiono i segni delle torture subite in carcere. Un’autorevole consigliera del regime di Assad ha smentito i numeri forniti dall’Onu, sostenendo che i civili morti dall’inizio degli scontri sono al massimo 700, e che nei disordini hanno perso la vita anche 600 tra militari e poliziotti. La Siria – ha aggiunto la consigliera presidenziale,– potrebbe tenere elezioni legislative alla fine di quest’anno o all’inizio del 2012. Tra l’altro la consigliera ha ringraziato la Russia per il sostegno e invitato al dialogo anche gli altri Paesi occidentali. Nel frattempo, per la prima volta dallo scoppio della rivolta in Siria, alcuni leader religiosi della comunità alawita, branca dello sciismo a cui appartiene anche la famiglia presidenziale degli al Assad, hanno preso pubblicamente le distanze dal regime denunciando i suoi crimini e invitando tutti gli alawiti siriani a schierarsi con la "rivoluzione".

    Cercano di rubare petrolio: 100 morti per l'esplosione di un oleodotto in Kenya
    Sembra siano morte oltre 100 persone per l’esplosione ad un oleodotto avvenuta in Kenya, nella zona industriale di Lunga Lunga. Diverse persone cercavano di rubare petrolio da una condotta. “Pensiamo che il numero dei morti sia superiore a cento”, ha detto Thomas Atuti, un responsabile della polizia, precisando che la maggior parte delle persone sono morte bruciate. L'esplosione è avvenuta in una zona circondata dalla bidonville di Sinai, densamente popolata. "C'è stata una fuga dalla condotta, e la gente cercava di recuperare la benzina - ha detto un abitante del quartiere, Joseph Mwego -. C'è stata allora una forte detonazione, una grossa esplosione, e le fiamme e il fumo si sono alzati alti nel cieli. La gente cercava di prendere petrolio dalla condotta", ha confermato un responsabile della Croce Rossa. Un giornalista della "France Presse" ha visto sul posto decine di corpi carbonizzati.

    Yemen: almeno 230 morti in combattimenti con Al Qaeda
    Sono almeno 230 i soldati yemeniti morti in tre mesi di combattimenti contro i ribelli islamici nel Sud del Paese. Nel corso degli scontri sono stati uccisi oltre 30 presunti capi locali di Al Qaeda, secondo quanto annunciato dal vicepresidente dello Yemen. L’esercito yemenita ha liberato nei giorni scorsi la città costiera di Zinjibar, capoluogo della provincia di Abyane, dalla minaccia di un gruppo di ribelli sospettati di avere legami con la rete terroristica di Al Qaeda. Le operazioni militari nella zona, ha concluso il vicepresidente, sono quasi terminate, ma restano ancora sacche di resistenza in regioni isolate.

    In Libia, sospesa l’offensiva dei ribelli su Sirte
    Le milizie rivoluzionarie libiche hanno rimandato l’offensiva finale su Sirte, la città natale di Muammar Gheddafi e roccaforte simbolo dei lealisti. Resta invece sotto assedio Bani Walid, dove si registra una forte resistenza dei fedelissimi del rais e dove si nasconderebbero due dei figli del colonnello. Il terzogenito Saadi Gheddafi è in fuga in Niger. Per quanto riguarda le forze pro-Gheddafi, c’è anche da dire che, secondo testimoni, hanno attaccato la raffineria di Ras Lanuf.

    In Egitto slitta importante deposizione nel processo Mubarak
    In Egitto, il capo del consiglio supremo delle forze armate Hussein Tantawi ha preferito rinviare la sua attesa deposizione di oggi davanti alla Corte, che sta giudicando l'ex rais Hosni Mubarak e l'allora ministro dell'interno Habib el Adly con l'accusa di avere ordinato alle forze di sicurezza di sparare sui manifestanti durante la rivoluzione di gennaio. Convocato a sorpresa la scorsa settimana insieme ai vertici presenti e passati delle istituzioni della sicurezza nazionali, con la garanzia di un black out informativo totale, Tantawi, riferiscono alcune fonti, si è scusato per non essersi presentato oggi invocando la “fragile” situazione della sicurezza nel Paese. Stessa motivazione anche per il capo di stato maggiore delle forze armate Sami Annan, che avrebbe dovuto essere ascoltato dalla Corte domani. Per entrambe è stata fissata una nuova data: il 24 settembre per Tantawi, il 25 per Annan. In una riunione straordinaria fra consiglio militare e governo è stato deciso ieri di dare piena attuazione alla legge d'emergenza in vigore in Egitto dal 1981, in seguito all'uccisione dell'allora presidente Anwar Sadat e mai revocata.

    Iran-Russia: al via centrale nucleare e apertura ai controlli
    In Iran, è pronta l’inaugurazione dell’allaccio alla rete elettrica nazionale della centrale nucleare di Bushehr, ultimata dopo 36 anni con la collaborazione della Russia. Il ministro degli Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, e il suo collega russo per l’Energia, Sergei Shmatko, hanno annunciato in una conferenza stampa altri progetti comuni, insistendo anche sulla sicurezza dell’impianto, al centro del dibattito dopo la catastrofe di Fukushima. Il ministro Salehi ha chiarito anche la disponibilità del governo iraniano ad avviare trattative per la supervisione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, in cambio della caduta delle sanzioni. Secondo la tv di Stato nuove centrali saranno costruite sulla costa meridionale del Paese, mentre a quella di Bushehr si aggiungeranno altri tre impianti.

    Elezioni municipali in Norvegia: primo voto dopo la strage di Utoya
    Urne aperte oggi in Norvegia per elezioni municipali che rappresentano un test degli umori dell'opinione pubblica, dopo lo shock dei 77 morti della bomba a Oslo e il massacro di Utoya il 22 luglio scorso. Di comune accordo i partiti hanno aperto la campagna elettorale a metà agosto, al termine del periodo di lutto, e i toni del dibattito sono stati mantenuti bassi. Tutti i leader politici, a partire dal premier laburista Stoltenberg, hanno esortato ad un'alta affluenza alle urne come risposta alla strage.

    Giappone: celebrazioni e proteste a sei mesi dallo tsunami
    L’intero Giappone si è fermato ieri per ricordare la tragedia dell’11 marzo scorso, quando un terremoto e il successivo tsunami provocarono la morte di circa ventimila persone. Il Paese asiatico fatica ancora a ripartire dalle macerie lasciate dalla scossa di nove gradi Richter, con la conseguente crisi nucleare aperta dal disastro della centrale di Fukushima, il secondo più grave della storia dopo quello di Chernobyl. A Tokyo e in altre città ci sono state manifestazioni contro il nucleare e la sua gestione da parte di un governo instabile, che ha cambiato premier sei volte negli ultimi cinque anni. Due giorni fa si era dimesso anche il ministro dell’Economia, Yoshio Hachiro, proprio per delle battute infelici su Fukushima. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 255

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