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Sommario del 06/09/2011
◊ Cappella papale stamane per le esequie del cardinale polacco Andrzej Maria Deskur, presidente emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, spentosi sabato scorso a Roma all’età di 87 anni. Il rito funebre è stato officiato dal cardinale decano Angelo Sodano presso l’Altare della Cattedra in San Pietro. Il servizio di Roberta Gisotti.
Clima di raccolta commozione, nella Basilica Vaticana, per la scomparsa di uno dei “figli più illustri” della comunità diocesana di Cracovia, cosi come sottolineato da Benedetto XVI, nel suo messaggio di cordoglio, unito in preghiera dal Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Compagno di seminario e grande amico di Karol Wojtyla, il cardinale Deskur era rimasto paralizzato a 54 anni nei giorni della sua elezione al Soglio pontificio. Per questo il Beato Wojtyla gli aveva affidato il compito di offrire la sua sofferenza per la sua nuova missione e per l’intera Chiesa. Mirabile “esempio di evangelica accettazione di quel calice di dolore”, ha ricordato il cardinale Sodano nella sua omelia:
“Il Beato Giovanni Paolo II aveva dato alla Chiesa quella sua magnifica Lettera intitolata ‘Salvifici doloris’, ‘ del dolore salvifico’, e il nostro caro Confratello Andrzej volle realizzare nelle sue numerose prove quell’ideale tracciato dal grande Pontefice, con cui era particolarmente unito, e cioè volle offire la sua vita per il bene della Santa Chiesa ed in particolare per il fecondo ministero del Successore di Pietro.”
Chiamato a Roma all’inizio degli anni ’50, teologo conciliare, dedicato allo studio dei moderni mezzi di comunicazione sociale, Andrzej Deskur fu un pastore “buono e generoso”, nel servizio alla Chiesa universale, seppe suscitare – ha rimarcato il cardinale Sodano - “provvidenziali iniziative” a Roma e in molti Paesi del mondo per diffondere la Parola del Papa e l’attività della sede apostolica.
In una vita costellata da dolorose vicende, dal periodo bellico al difficile dopo guerra nella sua amata Polonia fino al Calvario della sua invalidante malattia, Andrzej Maria Deskur “provato da molte afflizioni” - ha concluso il cardinale Sodano - “ha meritato le consolazioni del Signore”:
“ ‘Totus tuus’ non era solo il motto del Beato Giovanni Paolo II: fu anche il motto di tutta la sua vita. Che Maria ti accolga, come suo figlio devoto, nella patria eterna del Paradiso!”
Dal Congresso eucaristico l'appello a combattere povertà, ingiustizie e discriminazioni
◊ È stato il cardinale Angelo Comastri, vicario di Benedetto XVI per la Città del Vaticano, a concludere, con la Messa presieduta al Santuario della Madonna di Loreto, la mattina di incontro con i malati che partecipano al 25.mo Congresso eucaristico nazionale italiano. Ancona e le altre città delle Marche stanno vivendo intensamente questa prima parte della settimana che sfocerà nell’incontro dei congressisti con il Papa, in programma per domenica prossima. La cronaca della giornata in questo servizio di Alessandro De Carolis:
Le Chiese di Ancona come tanti cenacoli e dentro una lunga, densa, ininterrotta catechesi sull’Eucaristia. La mattina, la Messa, poi la celebrazione delle Lodi negli spazi della Fiera, la lectio e subito dopo l’approfondimento del tema del giorno. E intorno i templi e i Santuari di Loreto, Osimo, Senigallia, Jesi, Fabriano a fare da corona a queste giornate dello Spirito ma anche della concretezza, dove la riflessione poliedrica che suggerisce il Sacramento della carità non è disgiunta da quella sulle emergenze sociali che la carità messa in pratica può e deve alleviare. Lo aveva detto ieri pomeriggio in modo incisivo l’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, parlando all’omelia della Messa, presieduta nella cattedrale di San Ciriaco, delle “tante forme di fame” dell’uomo e dello “stile eucaristico di Gesù, che “si appassiona tanto alla nostra fame da svelarla per quello che è, cioè bisogno di salvezza”. Ispirandosi al miracolo evangelico della moltiplicazione dei pani, il presule ha sostenuto che “la comunità ecclesiale ha il dovere, oggi più di ieri, di assumere con delicatezza e discrezione lo stile eucaristico della raccolta dei pezzi avanzati dell’umanità della gente”. Gente, ha soggiunto, che ha “fame di futuro, di salute, di felicità, di giustizia, di superamento delle discriminazioni, di vittoria sulla povertà, di dignità e di rispetto”.
Stamattina, nella Chiesa del SS. Sacramento di Ancona – mentre le vie cittadine, per via dello sciopero generale, andavano riempiendosi di altri slogan e altri cortei – è stato l’arcivescovo di Pompei, Carlo Liberati, a soffermarsi su un aspetto dell’Eucaristia, da lui considerata ”una ininterrotta educazione all’umiltà e al dono di sé”. “Diventiamo capaci di relazioni autentiche – ha esortato – in un mondo invaso dalla fretta e ucciso dalla superficialità”. E poi l’invito a calarsi nelle pieghe della quotidianità con genuino slancio cristiano: “Per ridare un volto divino a chi non ce l’ha se non deturpato, è necessario – ha detto mons. Liberati – operare dall’interno: farsi uno con chi soffre nel corpo, nel cuore, nello spirito”. E di corpi colpiti da malattia e altre disabilità si è riempito questa mattina il grande piazzale antistante il Santuario mariano di Loreto. Ai presenti, coinvolti nell’“Incontro della fragilità”, ha portato la propria testimonianza l’ex presidente dell’Azione Cattolica, Paola Bignardi. “Il dono più importante che mi ha fatto la malattia – ha affermato – è il credere che la grazia, che gli altri chiedevano per me, non era la guarigione, ma il vivere nell’abbandono al Signore, il continuare a credere nel suo amore, a vivere dentro di esso”. E mons. Francesco Canalini, facendole eco dall’analogo incontro svoltosi nel Santuario di San Giuseppe da Copertino di Osimo, ha indicato nella vicinanza a Cristo la soluzione di ogni male. “Rimettiamo Dio al suo posto di Creatore e Signore e noi – ha detto – al nostro posto di creature, piccole e fragili. Ritroviamo la gioia della speranza e dell'amore gratuito, la serenità del sentirsi e sapersi continuamente sorretti e portati in braccio da Dio che è Amore”.
Gli appuntamenti del 25.mo Congresso eucaristico nazionale si susseguono dunque a ritmo serrato, alternando fino a sera momenti liturgici e spirituali ad altri di animazione e spettacolo. Ma non mancano, come detto, riflessioni concrete sul momento che la società italiana vive, sulla crisi e le sue ricadute. Il nostro inviato ad Ancona, Fabio Colagrande, ha parlato di questo particolare aspetto con il direttore della Caritas locale, don Flavio Ricci, il quale prende spunto dal gesto che il Papa compirà domenica prossima, ad Ancona, pranzando con i poveri e i cassintegrati:
R. – Il significato principale – oltre all’originalità di questo invito – mi sembra sia proprio l’attenzione che il Papa pone alla situazione di Ancona: anzitutto riguardo alla problematica del lavoro, in forte crisi specialmente laddove il Papa celebrerà la Messa - il prossimo 11 settembre - all’Italcantieri, che è in cassa integrazione, col rischio di chiusura; ma anche ai poveri, perché i poveri sono – credo – la conclusione pratica di una celebrazione eucaristica che si fa pane per i bisognosi. Quindi che il Papa spezzi il Pane con loro, fisicamente, mi sembra un bel gesto e un bel segno. Certo sarà un piccola rappresentanza dei tanti che si muovono ad Ancona, ma è sempre un bel riferimento.
D. – Dal punto di vista del lavoro, dell’economia, in questo momento di crisi qual è la situazione sociale nella diocesi in cui voi operate?
R. – La situazione è precaria. Stiamo attraversando – come credo in tutte le parti d’Italia – un periodo difficile. Tenendo conto poi che le Marche erano considerate una regione virtuosa per via delle piccole imprese che davano lavorano a tantissime persone… Ma questo esempio virtuoso è venuto, pian piano, a mancare: prima colpendo le grandi industrie – basta pensare a quelle del Fabrianese e poi anche ad Ancona; basta pensare che quella di Ancona risulta una delle province italiane con il peggior saldo complessivo (la differenza cioè tra le entrate e le uscite). Il mercato del lavoro è pressoché immobile!
D. – E’ una situazione di disoccupazione che – se ho ben capito – riguarda in particolare l’area portuale e quindi è abbastanza significativo che le celebrazioni più importanti di questo Congresso Eucaristico avverranno proprio lì?
R. – Sì, infatti. C’è stata una “scelta politica” – e la metto tra virgolette - proprio per dare il senso di questa nostra presenza, cominciando dal Papa e dalla diocesi, laddove l’uomo vive questa condizione precaria, non conosce il proprio futuro e quindi mettendo in gioco tante famiglie nel caso succedesse qualcosa di grave…
D. – Don Flavio, che significato ha per voi, che siete impegnati nella solidarietà come Chiesa in Ancona, questo Congresso Eucaristico?
R. – Non vorrei direi per noi Caritas, perché dovrebbe essere per tutta la diocesi: ha un significato di tradurre l’atto liturgico sacramentale in un atto quotidiano di attenzione ai poveri in modo particolare e questo in tutte le coniugazioni della parola povertà. E’ un significato di chi si rimbocca di nuovo le maniche per lavorare e per individuare altre realtà. Per esempio nel nostro centro, che già esiste e dedicato a Giovanni Paolo II, abbiamo pensato di fare dei completamenti, delle ulteriori accoglienze, degli ulteriori servizi: per questo è nato il centro caritativo Beato Gabriele Ferretti. Questa è l’opera segno del Congresso Eucaristico. (mg)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “L'intuizione di una donna: Émilie-Marie Tamisier e i congressi eucaristici”.
Nell'informazione internazionale, in rilievo l'economia: l'incertezza domina le Borse europee in attesa di Wall Street.
Più si fa, più la Provvidenza fa: stralci dalla prefazione del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, a una biografia di don Luigi Guanella.
L’arte e l’Uomo che si è dato nel pane: Timothy Verdon sull'estetica eucaristica tra San Vitale e San Pietro.
Quando lavorare stancava: Umberto Broccoli sul rapporto tra «otia» e «negotia» nell’antichità.
Inaspettato eminente Newman: Enrico Reggiani su Lytton Strachey e i Vittoriani da ricordare.
Quel Trovatore senza do di petto: in ricordo di Salvatore Licitra.
Nell'informazione religiosa, Riccardo Burigana sul trentesimo convegno ecumenico dei vescovi amici dei Focolari.
Oltre 50 morti negli scontri in Nigeria. L'arcivescovo di Jos: dietro le violenze c'è la povertà
◊ Proseguono gli scontri interetnici nella regione di Jos, una città della Nigeria centrale. Da lunedì scorso i morti sono oltre 50. Ad opporsi sono due gruppi etnici di fede cristiana e musulmana. Ma le cause delle violenze non sono religiose: lo afferma, al microfono di Christopher Wells, l’arcivescovo di Jos, Ignatius Ayau Kaigama:
R. – It is very convenient for those...
Alle autorità conviene dire che l’intera crisi sia causata da motivi religiosi. I cristiani e i musulmani stanno lottando, non lo nego, e c’è tensione in questo senso, ma i fattori che stanno alimentando questa crisi sono principalmente di carattere etnico ed economico e sono profondamente radicati nella realtà storica di questa regione. Tra le cause c’è la lotta per il potere politico locale e il controllo delle zone agricole più fertili. Devono essere trovate con urgenza delle soluzioni, ma questo non viene fatto. Ci si comporta come lo struzzo, che mette la testa sotto la sabbia, sperando che i problemi passino, ma purtroppo i problemi non passeranno con questo atteggiamento e se le questioni non saranno affrontate e risolte, i giovani saranno sempre più esasperati e diventeranno sempre più violenti.
D. – Cosa state facendo come Chiesa?
R. – We have to create this atmosphere of friendship...
Dobbiamo creare un’atmosfera di amicizia e solidarietà tra noi e i musulmani. E’ quello che stiamo cercando di fare come Chiesa. Abbiamo contattato i leader islamici e insieme con loro abbiamo lanciato un appello a porre fine alle violenze. I leader musulmani hanno risposto molto positivamente a questa nostra iniziativa e sono stati molto felici di questo contatto. Anche loro sono molto preoccupati del fatto che i nostri giovani stiano assorbendo una cultura della morte, e della violenza, invece che una cultura d’amore”. (ap)
L'arcivescovo di Cosenza: status di rifugiato alla donna nigeriana che rischia la lapidazione
◊ Dovrebbe ottenere l’asilo politico e restare in Italia la giovane nigeriana Kate Omoregbe, che rischia nel suo Paese la lapidazione per essersi convertita al cristianesimo e non aver voluto sposare un ricco musulmano, molto più anziano di lei. Ad affermarlo è il ministro italiano degli Esteri, Franco Frattini. La donna è uscita ieri dal carcere di Castrovillari, in Calabria, dove era stata rinchiusa per spaccio di droga. Commentando la notizia della liberazione della donna, l’arcivescovo di Cosenza - Bisignano, mons. Salvatore Nunnari, si è associato agli appelli per “la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato” in modo da “evitare alla donna la condanna a morte nel Paese di provenienza”. Il presule ha anche ricordato “l’inviolabilità della vita umana, il dovere dell’accoglienza e della difesa dei profughi, provenienti da Paesi dove la dignità dell’uomo non è sempre rispettata e compresa come valore primario umano e divino”. A seguire da vicino la vicenda è anche la Comunità di Sant’Egidio. Federico Piana ha intervistato il portavoce, Mario Marazziti:
R. – Nessuno deve tornare al proprio Paese se c’è la pena di morte e lei rischia la pena di morte. Questa è una donna, una cristiana, abbastanza povera, la cui famiglia nel suo Paese decide di far sposare ad un parente abbastanza ricco, musulmano. Questo parente abbastanza ricco se la prende per circa un anno e la vessa nei modi in cui può fare. La donna fugge e diventa uno dei tanti profughi rifugiati. Le sue amiche stanno in altri giri e ad un certo punto lei, coinvolta, viene arrestata e viene condannata a quattro anni. Siccome in carcere è una persona speciale, le viene ridotta la pena. E che succede? Succede che lei, avendo commesso un reato, deve essere espulsa e rimandata al proprio Paese. Quindi l’Italia, che lottava e lotta contro le discriminazioni, per la liberazione delle schiave e degli schiavi, contro lo sfruttamento delle donne, per liberare le donne dalla prostituzione, per abolire la pena di morte nel mondo, automaticamente per la legge sull’emigrazione, si rende e si rendeva responsabile di mandare una donna a morire.
D. – In che modo si potrebbe evitare questa espulsione? Come trattenerla in Italia?
R. – Ci sono almeno due o tre vie. La prima è che lei da tempo ha fatto domanda di asilo e questa domanda va presa in esame. E va semplicemente accolta, perché ci sono tutti gli estremi. Nel frattempo, però, va sospesa l’esecuzione del decreto di espulsione, che sarebbe automatico a causa della condanna. Poi, può essere immediatamente concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quindi, non solo la sospensione della pena, ma già il primo permesso di soggiorno per motivi umanitari che regolarizzi la situazione.
D. – C’è il rischio che tutto questo poi non venga fatto e che qualcosa si blocchi?
R. – Io direi che qualcosa si può bloccare. Quindi, credo che oggi sia il giorno in cui chiedere alle autorità italiane di fare un primo passo pubblico per dire: questa storia si è fermata e avrà un lieto fine. Per cui credo ci sia una pressione intelligente da continuare ad esercitare fino al primo atto burocratico.(ap)
Fame nel Corno d'Africa. L'Unicef: rischiano di morire un milione e mezzo di bambini somali
◊ Nel Corno d’Africa si continua a morire per la siccità e per la carestia. Un nuovo appello ad intervenire con decisione è stato lanciato ieri dall’Onu. Il Palazzo di Vetro fa sapere che la grave emergenza umanitaria sta colpendo nuove fasce di popolazione, interessando ora anche la regione meridionale di Bay. Circa 750 mila persone sono a rischio di morte a causa del gravissimo stato di malnutrizione. Le Nazioni Unite chiedono una mobilitazione internazionale ancora maggiore. Un’altra iniziativa di raccolta fondi è stata lanciata dall’Unicef Italia, che mira a salvare la vita alle centinaia di migliaia di bambini particolarmente colpiti in questa emergenza. Federico Piana ne ha parlato con Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef Italia:
R. – Di fatto questa è una carestia che coinvolge circa un milione e mezzo di bambini somali, che rischiano la morte e che hanno quindi un immediato bisogno di assistenza. In tutto il Corno d’Africa questa carestia coinvolge quattro milioni di persone, di cui soltanto 330 mila in Somalia sono a grave rischio di malnutrizione e quindi hanno bisogno di interventi immediati.
D. – L’Unicef come spenderà questi soldi?
R. – Questi fondi andranno direttamente ad unirsi a questo grande appello che l’Unicef ha fatto per raccogliere 364 milioni di dollari, che fino ad oggi grazie alla generosità di tante persone in tutto il mondo è stata addirittura finanziata al 75 per cento: mancano quindi questi 91 milioni di dollari, che andranno a finanziare i nostri programmi caratterizzati da interventi salvavita, da alimenti terapeutici per tutti i bambini gravemente colpiti dal malnutrizione ed andranno poi – soprattutto – a finanziare tutti i nostri centri che si trovano sul territorio. Abbiamo 16 centri di stabilizzazione nutrizionale; 200 centri di nutrizione terapeutica; 300 programmi di integrazione alimentare: tutti dislocati nel Corno d’Africa, dove l’Unicef era peraltro già presente prima ancora della crisi e che verranno ora finanziati e serviranno poi ad aiutare questi bambini. Questa carestia - ripeto - viene definita “carestia dei bambini” proprio perché il numero dei bambini coinvolti è veramente molto alto.
D. – Cosa bisogna inviare nel Corno d’Africa?
R. – Forniture salvavita; alimenti terapeutici; vaccini e farmaci: queste sono le cose più immediate di cui hanno bisogno questi bambini. Quindi, tutte quante le iniziative che di fatto servono a sconfiggere poi la causa più importante, che è la malnutrizione, perché scatena eventi e malattie successive come il morbillo, la diarrea e il colera che in quelle zone, in questo momento, stanno diventando epidemiche. E’ chiaro che per fare questo c’è bisogno naturalmente di molto aiuto, c’è bisogno naturalmente di aumentare tutte le nostre aree d’intervento. E’ chiaro che la carestia, dichiarata anche nelle religioni meridionali che sono delle zone particolarmente complesse, anche perché – come sappiamo – sono delle zone, dove -per esempio la regione di Bay - le roccaforti delle milizie islamiche creano delle difficoltà, perché far passare gli alimenti è più difficile, e quindi è chiaro che la situazione è sempre più complessa. (mg)
Crisi economica: Borse europee in debole ripresa, nuovo record dell'oro
◊ Dall’Europa arrivano segnali incoraggianti sul versante economico. Dopo un avvio incerto seguito al tonfo di ieri, le borse europee sono in ripresa. L’inversione di rotta è dovuta, soprattutto, alla decisione della Banca centrale svizzera di fissare un valore minimo per il cambio euro/franco a 1,20. Dopo i timori della crisi del debito europeo, l’oro ha fatto registrare, intanto, un nuovo record storico di 1920 dollari l’oncia. L’Europa, pur essendo fortemente colpita dalla crisi, sembra comunque disporre di risorse adeguate per intraprendere la strada della ripresa. E’ quanto sostiene, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’economista Alberto Quadrio Curzio:
R. – L’Unione economica monetaria europea potrebbe benissimo invertire la propria situazione attraverso l’emissione degli eurobond, ma non basando questi titoli di Stato europei su delle garanzie da parte dei Paesi partecipanti all’euro, ma sulla base di grandezze reali. Oltre 355 milioni di riserve auree ufficiali delle Banche centrali europee, assolutamente inutilizzati, dovrebbero essere messi a garanzia di un’emissione obbligazionaria per fare investimenti nelle infrastrutture europee e per facilitare crescita ed occupazione e, dall’altra, per alleggerire i debiti pubblici nazionali. Se l’Europa trovasse la forza politica per fare questi investimenti, riuscirebbe a crescere e a far crescere l’occupazione. Ciò che manca prevalentemente all’Unione economica monetaria è una capacità di governo politico rapido ed efficace.
D. – Anche perché l’Europa ha già dovuto affrontare le crisi di Grecia e Portogallo. L’Italia, da un punto di vista meramente economico, è adesso l’ultimo bastione della "fortezza Europa"?
R. – L’Italia è un Paese pieno di contraddizioni, perché da un lato è un’economia con un forte apparato industriale, una ricchezza privata e soprattutto un risparmio degli italiani significativo. Dall’altro lato, ha però un debito pubblico sul reddito nazionale alto. Tuttavia, è un debito pubblico che è sempre stato gestito – attraverso i titoli di Stato – molto bene nel passato. Ma in questo momento vi è il crollo verticale della fiducia nei confronti dell’Italia a causa delle continue oscillazioni del governo sulla manovra e a causa di un ceto politico, in senso lato, che dimostra l’insufficienza rispetto alle esigenze del Paese. Tutto questo finisce per offuscare, se non addirittura cancellare, i punti di forza dell’Italia.
D. – Spostiamoci in un altro Paese: il Premio Nobel per l’economica, Joseph Stiglitz, ha affermato che deficit e disoccupazione, le due maggiori piaghe degli Stati Uniti, sono il prezzo delle guerre in Afghanistan e in Iraq. I costi del post 11 settembre sono realmente le voci più sostanziose del salato conto di questa crisi mondiale?
R. – Certamente, sono una componente significativa, ma non l’unica. Perché gli Stati Uniti sono un Paese abituato da decenni a non risparmiare più, convinto che si possa benissimo indebitarsi. Il risparmio dei cittadini americani è pressoché vicino allo zero e i debiti delle famiglie americane sono molto alti. Tutto questo, in un Paese dove non esiste neanche un sistema d protezione sociale adeguato, crea una situazione davvero molto seria. (mg)
Padre Antonio Spadaro nuovo direttore di Civiltà Cattolica: cogliere pienamente la sfida digitale
◊ La prestigiosa rivista dei Gesuiti “Civiltà Cattolica” ha un nuovo direttore: è padre Antonio Spadaro, nato a Messina 45 anni fa, esperto di letteratura, arte, cinema e nuove tecnologie. Succede a padre GianPaolo Salvini, alla guida della più antica rivista d’Italia dal 1985. La nomina, da parte del Padre Generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolás, sarà ufficializzata il prossimo 8 settembre. Padre Spadaro è attualmente il rettore della comunità religiosa dei Gesuiti di via di Porta Pinciana. Sergio Centofanti gli ha chiesto come abbia accolto la nomina a dirigere questa autorevole rivista entrata ormai nel suo 162° anno di attività:
R. - Certamente con trepidazione, perché assumere la direzione di una rivista che ha alle radici oltre 160 anni di storia significa confrontarsi con una sfida molto impegnativa. D’altra parte, come forse gli ascoltatori sanno, la Civiltà Cattolica è una rivista che si fonda su un collegio di scrittori, una rivista che è prodotta da una comunità di Gesuiti che scrive, pensa, lavora insieme e quindi sono sereno e nello stesso tempo anche molto lanciato davanti a questa sfida molto impegnativa.
D. - Qual è il ruolo di Civiltà Cattolica oggi?
R. - Ciò che Civiltà Cattolica intende offrire ai suoi lettori è proprio la condivisione di un’esperienza intellettuale che noi facciamo insieme, illuminata dalla fede cristiana e anche profondamente innestata all’interno della vita culturale, sociale, economica e politica dei nostri giorni. Il suo contributo vuole essere un contributo molto serio, qualificato, ma nello stesso tempo non elitario - questo lo si deduce soprattutto dal suo linguaggio, un linguaggio sostanzialmente piano -, e intende offrire al mondo cattolico, e direi a ogni uomo impegnato seriamente nel mondo, una fonte di informazione affidabile capace di far pensare, di far maturare un giudizio personale. Direi che è nel codice genetico di questa rivista fare da ponte, interpretare il mondo per la Chiesa e la Chiesa per il mondo, contribuire a un dialogo aperto.
D. - Lei assume questo incarico in un momento di grandi cambiamenti nel mondo della comunicazione, pensiamo all’irrompere dei social network nella rete: come vede queste novità?
R. - Per la rivista mi occupo da tempo di nuove tecnologie, di come le nuove tecnologie hanno un impatto sul modo di conoscere il mondo e di relazionarsi tra le persone. La Civiltà Cattolica in questo senso fa storia perché dal 1850 ha attraversato decenni che hanno visto cambiamenti profondi all’interno della comunicazione. Nel nostro tempo, segnato profondamente dalle reti sociali, dai nuovi media digitali, comunicare significa sempre meno trasmettere una notizia in una maniera neutra e sempre di più essere testimoni, cioè condividere visioni, idee. La storia di Civiltà Cattolica e il suo Dna sono estremamente compatibili con tutto questo. Certamente, nella misura possibile, faremo scelte legate un po’ alla diffusione del messaggio della rivista anche sulle piattaforme digitali in maniera più forte e più incisiva.
D. - Lei è un esperto di nuove tecnologie… Il Papa invita ad entrare con stile cristiano nel continente digitale, ma c’è chi è ancora perplesso…
R. - L’ultimo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni di Benedetto XVI è un punto di riferimento fondamentale che dovrebbe togliere ogni riferimento a preoccupazioni e tensioni eccessive. In fondo, Benedetto XVI ha detto con chiarezza che il problema, il punto centrale della questione, non è come usare la rete ma come vivere bene al tempo della rete. L’ambiente digitale è un ambiente di vita e da qui si deduce il fatto che comunicare significa condividere, idee, visioni: il cristiano non può assolutamente esimersi dall’essere presente in quanto persona da questo ambiente digitale. E’ una sfida da accettare e da cogliere pienamente. (bf)
◊ Nel tardo pomeriggio di oggi è in programma alla Mostra del Cinema di Venezia la proiezione dell’ultimo film dell’ottantenne Ermanno Olmi, che rinnova la sua sfida al cinema con "Il villaggio di cartone". Il film nasce dalla lucidità e onestà di pensiero del grande regista bergamasco, aiutato questa volta, nella scrittura, dalle considerazioni del cardinale Gianfranco Ravasi e dello scrittore Claudio Magris. Il servizio di Luca Pellegrini:
Deve ricordare, il vecchio prete inginocchiato davanti all’altare: sono istanti faticosi, dolorosi. Deve ricordare il Cristo appeso sopra di lui, i banchi vuoti dietro di lui. La sua chiesa, per ragioni che non sappiamo, è presa d’assedio: le ruspe incombono, gli operai entrano violentando il sacro, violentando la casa di Dio. Rimane uno spazio vuoto e una sconsolata solitudine, quella che assale spesso l’anima, insieme al dubbio, quando anche gli ultimi punti di riferimento visibili spariscono. Ermanno Olmi con “Centochiodi” aveva già spogliato la cultura dai libri, la dottrina dalla complessità delle formule, andando all’essenza del messaggio cristiano. Ora, a ottant’anni compiuti, questo suo procedere nella nudità delle forme e nell’essenzialità del pensiero, si fa radicale, assillato anche lui dall’incombente minaccia che grava sulla umanità: ritrovarsi a suonare a vuoto – scrive San Paolo – come un rame o un cembalo inutili, quando una vita o una missione sono gravate dell’ultima, fatale spoliazione, quella della carità.
E l’incombente pericolo oggi è quello di non capire i rischi che corriamo, sopraffatti dalle parole e dalle ipocrisie: c’è una povertà, al di là del mare, quella degli ultimi dell’Africa, quella degli immigrati che invadono nella notte la sua chiesa, per trovare protezione e rifugio, costruendo tra i banchi il loro villaggio di cartone. Olmi spoglia l’edificio anche della liturgia – la sua destinazione principale – correndo un rischio personale ma coerente, e spoglia anche il cinema di qualsiasi ultimo barlume di piacere narrativo: mette in scena, come una nuda e sacra rappresentazione, il confronto dialettico tra persone, tra gruppi, tra idee. Tra il rigore del Sacrestano, Rutger Hauer, che si fa ottuso Caino pur di salvare le apparenze e il vecchio ordine, e gli occhi del vecchio prete, Michael Lonsdale: sul letto di una morte aspettata e temuta, ricorda gli occhi di una ragazza. Provato nel fisico, provato nello spirito, si affida ancora a Cristo, cercandone il volto sulla Croce, chiedendosi oggi quel volto dov’è, mentre giù, nella sua chiesa, i clandestini ricominciano un esodo e gli uomini della legge si preparano all’ultimo, definitivo assalto.
India: Chiesa cattolica attaccata in Kerala
◊ Una chiesa cattolica è stata attaccata e devastata da vandali a volto coperto nella diocesi di Quilon, nel Sud del Kerala, nell’’India meridionale. E’ quanto comunica all’agenzia Fides mons. Stanley Roman, vescovo di Quilon. “Come cristiani - aggiunge il presule - siamo esposti alla crescita dei diversi estremismi religiosi, soprattutto quello di matrice indù, ma anche quello islamico”. Il vescovo, che si è recato ieri nella chiesa dedicata a Nostra Signora di Vailankanni, che si trova nel villaggio di Kottenkulangara, racconta a Fides che, nella sera di domenica scorsa, un gruppo di circa 20 uomini a viso coperto si è introdotto nella piccola chiesa, forzando porte e finestre. I vandali hanno distrutto l’altare, gli arredi sacri, i confessionali. Uditi i rumori, alcuni cattolici che abitano nelle vicinanze si sono recati in chiesa, ma i malviventi li hanno cacciati minacciandoli. “Nella zona – sottolinea mons. Stanley Roman - c’è una comunità cattolica molto numerosa. Per questo avremmo intenzione di costruire una chiesa più grande. Forse questo progetto ha messo in allarme i gruppi estremisti indù che già, indirettamente, cercano di intimidirci. Abbiamo avuto, negli ultimi anni, una crescita di tali gruppi estremisti indù in Kerala e iniziamo a subirne le conseguenze. Ma è anche vero che, di riflesso, stanno proliferando piccoli gruppi integralisti islamici. E tutto ciò potrebbe mettere a rischio la pace sociale e religiosa che da sempre caratterizza il Kerala”. Visitando la comunità, il vescovo di Quilon ha invitato i fedeli alla calma, “a non reagire, a sopportare con pazienza violenze e persecuzioni”. “Agiremo – spiega – secondo la legge: abbiamo denunciato l’accaduto alla polizia, confidiamo nell’operato delle forze dell’ordine e speriamo che al più presto possano individuare i colpevoli e condurli dinanzi alla giustizia”. “Per quanto ci riguarda, continueremo la nostro lavoro pastorale e l’annuncio di Cristo attraverso la testimonia gioiosa del Vangelo e il servizio al prossimo”. In Kerala i cristiani sono circa il 20% della popolazione. I musulmani sono il 25% e il resto della popolazione (55%) è di religione indù. (A.L.)
Pakistan: musulmani e cristiani rapiti per finanziare gruppi terroristici
◊ C’è un nuovo, crescente business dei sequestri di persona a scopo di estorsione, lanciato dai gruppi terroristi in Pakistan. Serve a ottenere riscatti e rimpinguare le casse delle organizzazioni terroriste come Al Qaeda. Ne sono vittime cittadini di tutte le religioni, musulmani o leader delle minoranze religiose, personaggi in vista, cittadini stranieri (specialmente americani), membri di famiglie facoltose. E’ l’allarme lanciato all’agenzia Fides da padre Mario Rodrigues, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Pakistan. Il sacerdote nota “la crescita di un fenomeno che ha raggiunto dimensioni preoccupanti” e invita “le autorità civili e di polizia a monitorarlo e a prendere adeguati provvedimenti”. Una delle ultime vittime è Shahbaz Taseer, figlio dell’ex governare del Punjab, Salman Taseer, ucciso dalla sua guardia del corpo nel genaio scorso, in quanto aveva difeso la cristiana Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia. Per Shahbaz Taseer, nei giorni scorsi, le minoranze religiose della “All Pakistan Minorities Alliance” (Apma) hanno manifestato a Lahore e a Faisalabad, condannando il sequestro e chiedendo al governo del Punjab “chiarezza, impegno e trasparenza”, come riferisce a Fides la cristiana Najmi Saleem, coordinatrice femminile dell’Apma in Punjab. “Certo, nel caso di Shahbaz Taseer – nota padre Rodrigues – vi sono due ipotesi: quella del sequestro a scopo di estorsione, che già circola sui mass media; o quella della vendetta e del ricatto per ottenere la liberazione di Qadri, il killer di suo padre, considerato un eroe dai gruppi integralisti islamici”. Ma le vittime sono anche personaggi in vista nella comunità cristiana, come è accaduto a Irvin John, facoltoso laico cattolico della parrocchia a San Lorenzo a Karachi: “E’ stato rapito da un gruppo terrorista oltre un mese fa – racconta padre Rodrigues – e rilasciato dopo tre settimane di prigionia, in seguito al pagamento di un ingente riscatto. Siamo tutti esposti a questo rischio – conclude il direttore delle Pom – potenziali vittime di una pratica che sta prendendo piede in Pakistan, come forma di autofinanziamento delle organizzazioni terroriste”. Fra le ultime vittime dei sequestri, il funzionario americano Warren Weinstein, capo del progetto “Pakistan Initiative for Strategic Development and Competitiveness”, rapito in agosto e tuttora in mano ai sequestratori; il genero del generale Tariq Majid, noto leader militare; il gioielliere Malik Amir, presidente del Sindacato dei Commercianti, rapito un anno fa e non ancora rilasciato. Secondo fonti di intelligence, i gruppi terroristi presenti in Pakistan sono oltre 40, legati alla rete dei talebani o ad Al-Qaeda, negli ultimi tempi ulteriormente indebolita dopo l’uccisione del leader di Al-Qaeda Atiyah Abd al-Rahman (detto Al-Libi) e l’arresto dell’altro militante Younis al-Mauritani. (R.P.)
Sri Lanka: appello dei vescovi per una pace duratura
◊ La Conferenza episcopale dello Sri Lanka esprime preoccupazione per la situazione del Paese, a due anni dalla fine di una guerra civile durata oltre tre decenni. A Colombo, durante un incontro celebrativo per il 40.mo anniversario del Centro per la società e la religione (Crs), gestito dalla Congregazione degli Oblati di Maria Immacolata, il segretario generale dei vescovi, mons. Norbert Andradi, ha ribadito: “La pace è ancora un’illusione. I diritti per le minoranze non vengono rispettati dalla maggioranza. Non si accetta la presenza di molte lingue, molte religioni e molte culture nel nostro Paese”, mentre “l’atteggiamento di apertura nei confronti delle differenti opinioni e di considerazione degli altri è sempre più in calo”. Di qui, l’invito a “non seppellire semplicemente il passato, aspettando poi che arrivi la vera pace”, ma ad “imparare a trattare con il male accaduto in passato, imparare dagli errori compiuti. Solo così, si potrà affrontare la sfida di lavorare insieme per una pace sostenibile nello Sri Lanka”. Mons. Andradi si è rivolto, infine, anche ai politici, esortandoli a creare una società al di là degli interessi di partito. La guerra civile dello Sri Lanka, lo ricordiamo, è scoppiata nel 1983 ed ha visto fronteggiarsi l’esercito regolare con le Tigri Tamil, ribelli a favore della creazione di uno Stato indipendente nel nord del Paese. In 30 anni di conflitto, si stima che le vittime siano state almeno 700mila. (I.P.)
Medio Oriente: appello dei Patriarcati ortodossi ai leader politici e religiosi
◊ “Ci appelliamo ai leader politici e religiosi del Medio Oriente e del mondo intero perché promuovano principi e impegni a favore della coesistenza pacifica tra I credenti delle differenti tradizioni religiose, esprimendo tutta la nostra solidarietà a tutti coloro che sono vittime di discriminazioni, violenza e persecuzione”. Si è concluso con un Messaggio forte per la riconciliazione dei popoli in Medio Oriente l’incontro dei Patriarchi dei più antichi Patriarcati ortodossi (Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) e della Chiesa di Cipro. L’incontro promosso a Istanbul dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli - riferisce l'agenzia Sir - è stato essenzialmente centrato sulla situazione dei cristiani in Oriente e sul loro avvenire. Erano presenti il Patriarca di Alessandria, Theodoros, il Patriarca di Gerusalemme Theophilos, l’arcivescovo di Cipro, Chrysostomos. Lo stesso Patriarca ecumenico Bartolomeo nell’aprire i lavori aveva espresso la sua “preoccupazione per gli eventi politici che si stanno svolgendo in Medio Oriente e per il loro impatto sulla vita dei cristiani che vivono in quella regione”. Nel messaggio i Patriarchi ricordano le “profonde radici” su cui è piantata la Chiesa di Cristo nella regione del Medio Oriente. I Patriarchi descrivono la difficile situazione in cui i cristiani vivono nella regione: sono trattati – si legge nel messaggio - “come cittadini di seconda classe”; “i loro luoghi di culto sono profanati o distrutti”; l’attività religiosa ed educativa “è spesso limitata”. E “in aggiunta a tutto questo, si registrano assalti e violenze sanguinose contro i cristiani da parte di gruppi religiosi estremisti”. Pur non volendo interferire con la sfera politica, i Patriarca aggiungono: “La Chiesa non può rimanere indifferente di fronte a questi problemi e ai principi fondamentali, antropologici e sociologici, specialmente quanto questi problemi minacciano o mettono in pericolo la dignità e la libertà delle persone in quanto immagine di Dio”. (R.P.)
Francia: l’8 settembre il Patriarca maronita Bechara Raï in visita a Lourdes
◊ Una giornata in pellegrinaggio a Lourdes, in occasione della festa della Natività della Vergine Maria. A trascorrerla sarà, il prossimo 8 settembre, il Patriarca maronita di Antiochia e di tutto l’Oriente, Sua Beatitudine Bechara Raï. Molto fitto il programma della visita: in mattinata, il Patriarca arriverà all’aeroporto di Tarbes e Lourdes dove sarà accolto dalle autorità religiose e civili; quindi, alle ore 11.15, celebrerà la Messa, secondo il rito maronita, nella Basilica di “Notre-Dame du Rosario”. Nel pomeriggio, S. B. Bechara Raï sarà ricevuto presso il Comune di Lourdes e qui esporrà, ai rappresentanti politici locali, la realtà del dialogo interreligioso, in particolare quella del Libano, suo Paese d’origine. Di seguito, il Patriarca si recherà presso la Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore e concluderà la giornata partecipando alla processione mariana “aux flambeaux”, insieme ai rappresentanti della comunità libanese locale. Il giorno seguente, venerdì 9 settembre, il Patriarca visiterà il Centro accoglienza “Notre-Dame”, all’interno dell’omonimo santuario, in cui sono ospitati numerosi malati, e quindi ripartirà da Loudes. D’altronde, il legame tra la città mariana e le Chiese orientali è sempre stato molto sentito: ad esempio, nel 2006 il Santuario ha ricevuto la visita del Patriarcato di Cilicia degli Armeni cattolici, mentre nel 2008 è stata inaugurata la casa “Beth Maryam”, destinata all’accoglienza dei pellegrini provenienti dall’Oriente. Voluta dal sacerdote maronita libanese padre Mansour Labaky, la casa è oggi gestita dalle Suore francescane della Croce del Libano, congregazione fondata nel 1930. (I.P.)
Incontro Mondiale per la Pace: "In Germania per chiudere un decennio di guerra dopo l'11 settembre"
◊ “Andiamo in Germania, nel cuore dell'Europa, per provare a dire ‘chiudiamo il decennio della guerra, chiudiamo il decennio in cui è sembrato che lo scontro tra le civiltà fosse l'unica scelta, o un dato di fatto, o una necessità'”. Lo ha detto ieri a Berlino il portavoce della Comunità di Sant'Egidio, Mario Marazziti, presentando presso l’Ambasciata italiana l’Incontro Mondiale per la Pace che quest'anno dal titolo “Bound to Live Together. Religioni e Culture in dialogo”, si terrà a Monaco di Baviera dall'11 al 13 settembre. L’incontro - riporta l'agenzia Sir - ha quest’anno una valenza particolare – ha detto Marazziti – perché “siamo a 10 anni dall'11 settembre, alla vigilia del viaggio di Papa Benedetto XVI in Germania e a 25 anni dal primo grande incontro mondiale interreligioso per la pace, voluto da Giovanni Paolo II ad Assisi”. Ma gli ultimi 10 anni “sono stati terribili: il bilancio è di 137 mila morti in Afghanistan, Pakistan e Irak solo nella società civile, più tutte le vittime militari”. In questi 10 anni, “il dialogo è stato ridicolizzato, come se fosse una scelta ingenua, di marmellata in tempi duri” mentre le società europee si stanno sempre più confrontando con “il problema della convivenza”. Per questo, la Comunità di Sant'Egidio riafferma il suo ruolo di “artigiana del dialogo tra le religioni, le culture per ritrovare le ragioni del vivere insieme”. L’incontro di Monaco si aprirà domenica mattina 11 settembre con una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco alla presenza dei rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Comunità ecclesiali. Poi alle 14.30 a Marstallplatz si terrà la Cerimonia in memoria dell’11 settembre 2001, alla quale parteciperà anche il presidente della Repubblica Federale di Germania, Christian Wulff. E’ previsto anche un collegamento con New York. Durante l'incontro, sono previsti 36 panel e nove forum per un totale di circa 300 speaker, tra i quali spicca alla assemblea plenaria del 12 settembre, la presenza della cancelliera tedesca Angela Merkel. Forte e significativa la partecipazione dei leader religiosi: cardinali e vescovi della Chiesa cattolica; illustri rappresentanti del mondo evangelico e riformato internazionale e tedesco; prestigiose delegazioni delle Chiese ortodosse e orientali; numerose delegazioni ebraiche e islamiche. (R.P.)
Costa d'Avorio: ancora 10mila rifugiati nella missione di Duékoué
◊ “L’insicurezza è aumentata negli ultimi mesi. Ci sono ancora molte armi nelle strade e gli assalti a mano armata nelle case e alle persone avvengono alla luce del giorno. La gente ha paura”. Sono le ultime novità che don Cesar Fernández, missionario salesiano, riporta sulla situazione in Costa d’Avorio dopo l’avvento al potere di Alassane Ouattara, giunto dopo diversi mesi di lotta armata e vari anni di conflitto. Per alleviare i problemi esistenti le Missioni Salesiane informano di aver inviato oltre 60.000 euro in Costa d’Avorio. “L’economia del Paese ha risentito molto della crisi vissuta. I prezzi dei generi alimentari continuano a crescere e molte persone hanno perso il lavoro. Molti sono affamati perché non possono accedere al cibo”, prosegue don Fernández. “A questo bisogna aggiungere la corruzione che si è stabilita nel Paese. È difficile fare una gestione amministrativa, e persino viaggiare in Costa d’Avorio, senza ‘un supplemento’ di denaro. Certamente questo è un fenomeno comune in Africa, ma finora non lo era in Costa d’Avorio”. Ad Abidjan, capitale economica del Paese, “le cose procedono lentamente. Alcune ferite si stanno chiudendo, ma la convivenza è ancora difficile perché c’è tanto risentimento e desiderio di vendetta” riporta il salesiano. A Duékoué “nella missione salesiana di Santa Teresa del Bambino Gesù ci sono ancora 10.000 rifugiati. Il ritorno a casa degli sfollati è ancora molto lento e molti di loro non hanno un posto dove tornare. E così restano dove sono”. Le Missioni Salesiane ricercano l’educazione e la formazione dei giovani affinché si venga fuori dalla crisi. In Costa d’Avorio, le missioni di Abidjan, Korhogo e Duékoué cercano di proseguire il loro lavoro con i bambini di strada, offrendo loro un’educazione che li renda cittadini consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. Il livello dell’emergenza in Costa d’Avorio è sceso. “Però manca ancora la parte forse più difficile: rialzare il Paese. Superare quello che è successo e guardare avanti con speranza” conclude don Fernández. (I.P.)
Cuba: il cardinale Jaime Ortega: “viviamo una primavera della fede”
◊ “Viviamo una primavera della fede”. E’ quanto ha affermato l’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, durante la Santa Messa, domenica scorsa, in occasione del pellegrinaggio dell’immagine della Madonna della “Caridad del Cobre”, conosciuta anche come “Vergine di Mambisa”. L’immagine della Vergine, venerata dai soldati che lottarono per l’indipendenza dalla Spagna, è stata accolta a 80 km dalla capitale da migliaia di persone. Il pellegrinaggio coincide con un periodo segnato da un rinnovato slancio nella fede. I cattolici si apprestano a celebrare, nel 2012, i 400 anni della scoperta della statuetta della “Virgen de la Caridad del Cobre”, Patrona del Paese. “In quest’ora della nostra storia nazionale - ha affermato l’arcivescovo dell’Avana - abbiamo bisogno di molti cambiamenti e molte cose stanno già cambiando. Il popolo cubano si avvicina sempre di più alla Chiesa cattolica”. “Sono ormai cose del passato i tempi dei timori e degli infingimenti anche se molti burocrati non se ne accorgono e non capiscono che non è più il tempo degli scontri”. Il pellegrinaggio è iniziato l’8 agosto del 2010 e, fino ad oggi, sono stati oltre 25 mila i chilometri percorsi. Il prossimo 30 dicembre la statuetta della Madonna arriverà nella capitale. Durante la Santa Messa di domenica scorsa, il cardinale Ortega ha anche ricordato la storica visita, nel 1998, di Giovanni Paolo II a Cuba, durante la quale Papa Karol Wojtyla chiese ai fedeli di “pregare per la patria, per tutti i cubani, fuori e dentro del Paese, e soprattutto per la pace sociale e il progresso. Questo pellegrinaggio – ha poi detto il porporato - ha un grande significato”: è un momento di “dialogo e riconciliazione”. Ieri, intanto, l’arcivescovo dell'Avana ha risposto con un comunicato alle domande di numerosi giornalisti sugli incidenti di domenica scorsa avvenuti nella capitale e a Matanzas. Alcune donne del gruppo “Damas de Blanco”, spose o parenti di dissidenti politici scarcerati recentemente, hanno dichiarato di aver subito maltrattamenti e di essere state fermate dalla polizia. “La violenza di qualsiasi tipo esercitata su persone indifese - si legge nel comunicato - non ha nessuna giustificazione. Di fronte a queste situazioni, il governo cubano ha fatto sapere alla Chiesa che da nessun centro di decisione a livello nazionale è mai stato dato un ordine per aggredire queste persone. Giova ricordare e dirlo anche chiaramente per coloro che non si sono ancora informati – si sottolinea inoltre nel comunicato - che la Chiesa persegue il bene del popolo cubano, la riconciliazione fra tutti e la pace”. E si impegna in questa direzione “attraverso atteggiamenti e gesti che favoriscano lo sviluppo sereno di cui Cuba ha bisogno nella tappa di cambiamenti che viviamo”. Cambiamenti “che il popolo attende ed esige”. “Qualsiasi altro modo di affrontare la realtà cubana che possa danneggiare la convivenza pacifica e mettere a repentaglio il bene della nazione – si legge infine nel comunicato - non può trovare nessun sostegno tra chi, come noi, ha una visione cristiana del mondo e, al tempo stesso, ha il dovere di pensare e agire secondo le esigenze della fede”. (A.L.)
La Chiesa messicana chiede di denunciare abusi e violenze contro i migranti
◊ Denunciare abusi, estorsioni, furti e sequestri subiti dai migranti che passano per il Messico diretti verso gli Stati Uniti. E’ una delle priorità indicate al termine del XII Laboratorio nazionale per agenti della Pastorale della mobilità umana. L’incontro, svoltosi dal 29 agosto al 2 settembre a Juchitán ed incentrato sul tema “Per una migrazione senza violenza”, è stato convocato dal responsabile della Pastorale della mobilità umana della Conferenza episcopale messicana (Cem), mons. Rafael Romo Muñoz, arcivescovo di Tijuana. Particolare rilievo è stato dato alla drammatica situazione dei migranti, soprattutto centroamericani e sudamericani, che arrivano in Messico senza documenti e si affannano per poter raggiungere la frontiera settentrionale del Paese. Durante l’incontro – rende noto l’agenzia Zenit – è stato posto l’accento anche sulle condizioni di alto rischio in cui lavorano gli agenti di pastorale impegnati nella difesa dei migranti. “Lavoriamo in condizioni di pericolo – ha detto la religiosa scalabriniana Leticia Gutiérrez Valderrama, segretario esecutivo della Pastorale della mobilità umana - sotto le minacce di morte del crimine organizzato e senza che lo Stato messicano promuova condizioni di sicurezza”. Per questo è stata indicata l’urgenza di creare meccanismi di protezione per i circa 500 agenti di pastorale impegnati nella difesa dei migranti. E’ stato infine espresso sconforto per il fatto che in Messico, pur essendo un Paese di migranti, si stia radicando la xenofobia, all’origine di un drammatico aumento di abusi e violenze. (A.L.)
Uruguay: mese di settembre dedicato alla lettura della Bibbia
◊ “Trasmettere l’amore per la Parola”: i fedeli cattolici delle varie diocesi in Uruguay sono chiamati in questo mese di settembre a vivere con particolare intensità la lettura e la riflessione sulla Bibbia. Si tratta di un’iniziativa voluta dalla Comisión Nacional de la Animación Bíblica de la Pastoral della Conferenza episcopale dell’Uruguay che ha invitato le varie diocesi a promuovere iniziative d’incontro comunitario che avranno come filo conduttore l’approfondimento del messaggio di salvezza contenuto nei testi sacri. Il mese speciale trae ispirazione dal passaggio biblico “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Giovanni, 1, 1) per offrire alle varie comunità parrocchiali un momento privilegiato volto a trasmettere il valore della lettura e della meditazione alla luce dell’attuale contesto della società. La Parola di Dio, si legge nella presentazione preparata dai promotori, “vuole raggiungere tutte le realtà, per abbracciare le persone e trasformarle”. Infatti, l’immagine stessa scelta per caratterizzare l’iniziativa (una giovane che viene abbracciata) vuole significare proprio questa volontà di rendere la lettura e la meditazione della Bibbia come un momento di ispirazione e di sostegno che deve assumere i caratteri della quotidianità e coinvolgere le persone di tutte le età, ma con particolare attenzione rivolta alle nuove generazioni. Il mese dedicato alla Bibbia vuole essere per i vescovi “un augurio a rafforzare in ogni comunità l’amore per la Sacra Scrittura” e per questo si esortano i fedeli “a dare al libro della Sacra Scrittura un posto di rilievo all’interno delle case, quale segno di vicinanza con essa che ciascun fedele ha stabilito nella propria vita”. “La Parola di Dio è alimento di vita per ciascun cristiano e una persona si alimenta della Parola quando l’ascolta e la mette in pratica”. La Parola è poi alimento per la stessa Chiesa e per la missione alla quale sono chiamati tutti i fedeli. I vescovi pongono infine l’accento “sul particolare momento di gioia e di rinnovamento che la Chiesa in Uruguay sta vivendo”. Sono diverse le iniziative programmate nelle diocesi. Oltre alle varie celebrazioni e agli incontri di meditazione, sono previsti anche dei corsi di formazione, uno dei quali, ad esempio, si terrà a cura della diocesi di Florida. Inoltre, la diocesi di Tacuarembó ha programmato un ritiro spirituale. (I.P.)
Nuova Zelanda: ad un anno dal violento terremoto la situazione è ancora grave
◊ Tre devastanti terremoti e oltre 7 mila scosse di assestamento continuano a turbare la vita dei residenti di quella che è conosciuta come la “Città Giardino”. Domenica scorsa è stato celebrato l’anniversario del primo, grave terremoto, di magnitudo 7.1 conosciuto come “Canterbury earthquake”, “Christchurch earthquake” o “Darfield earthquake”, che ha devastato la zona meridionale della Nuova Zelanda. Dopo un anno la maggior parte delle attività finanziarie e commerciali sono ancora chiuse e decine di edifici sono stati demoliti, molti dei quali classificati “storici”. E’ quanto riferisce all’agenzia Fides padre Paul Shannahan, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Nuova Zelanda. In occasione dell’anniversario si è tenuta una celebrazione nella Sumner Parish. Padre Paul Shannahan racconta che “la situazione non va certo migliorando” e la famosa Cattedrale del Santissimo Sacramento, del 1905, andrà certamente distrutta visto che non sono stati rinnovati i sussidi per la sua ricostruzione. Inoltre circa 12 mila abitazioni sono andate completamente distrutte e i proprietari stanno cercando altri luoghi dove poter ricostruire la loro casa. Alcuni sono stati costretti ad abbandonare la città a causa dell’aumento del valore dei terreni, mentre diverse migliaia di residenti si sono trasferiti definitivamente in zone limitrofe e in altre città. Molti non sono stati in grado di acquistare terreni o nuove case, in attesa dei fondi delle assicurazioni o del Governo, che in ogni caso non li potranno mai rimborsare del tutto. Molte aree non possono essere riedificate a causa dell’instabilità del terreno, prosegue padre Shannahan. Strade e impianti di depurazione sono in attesa di essere riparati. Gran parte della zona occidentale della città è rimasto intatto, ma tutti quelli rimasti ad abitare nelle zone sismiche ad est vivono con ansia e preoccupazione. “Ci vorrà molto tempo perchè Christchurch torni a recuperare il suo fascino e il titolo di ‘Città Giardino’, e anche di più secondo mons. Barry Jones, vescovo di Christchurch, per vedere ripristinate tante chiese, scuole e istituzioni cattoliche” conclude padre Shannahan. (R.P.)
Svizzera: la Chiesa sostiene la ratifica della convenzione sulla tutela della maternità
◊ Tutelare le pari opportunità tra uomini e donne nel campo lavorativo, rendere compatibile la vita professionale con quella familiare, dare precedenza al benessere delle madri e dei loro figli. Con questi obiettivi, la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale svizzera sostiene la ratifica della convenzione n. 183 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) sulla tutela della maternità. In una nota a firma di Wolfgang Bürgstein, segretario generale di Giustizia e Pace, si sottolinea come la normativa “miri a garantire un lavoro dignitoso per le lavoratrici incinte o puerpere, rappresentando così uno strumento di sostegno al benessere della famiglia e promuovendo la pari opportunità tra gli uomini e le donne”. Allo stesso tempo, i vescovi svizzeri si dicono d’accordo sulla modifica dell’art. 35 della convenzione, affinché le pause lavorative per l’allattamento al seno siano considerato come ore effettivamente lavorate e quindi equamente remunerate. “Ciò – si legge nella nota – rappresenterebbe una misura concreta volta ad eliminare una discriminazione salariale legata al sesso del lavoratore. Per questo motivo, riteniamo utile la modifica dell’articolo in questione”. D’altronde, l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di proseguire l’allattamento al seno fino a quando il neonato non abbia compiuto i sei mesi di età. Un’indicazione che, però, solo il 14% delle donne svizzere prende in considerazione. Ed ecco perché, affermano i vescovi svizzeri, “misure come la pausa retribuita per l’allattamento e la messa a disposizione di infrastrutture necessarie all’allattamento stesso sono molto importanti”. E ancora, Giustizia e Pace ribadisce: “Secondo l’immagine cristiana dell’essere umano, ciascuno uomo e ciascuna donna possiede la stessa dignità. E la dignità umana deve essere presa in considerazione sul luogo di lavoro, soprattutto se si tratta di dipendenti particolarmente vulnerabili”. In questo senso, ratificando la convenzione 138, “la Svizzera potrebbe cogliere l’opportunità di promuovere la tutela della maternità sia a livello nazionale che internazionale, confermando, così, il suo impegno a favore dei diritti umani”. Infine concludono i presuli elvetici, “dal punto di vista etico-sociale, è importante poter ricorrere a norme di tutela della salute delle madri e dei loro figli, sia durante la gravidanza che dopo”, perché “una simile protezione giuridica contribuisce non solo al benessere della famiglia, ma anche a quello di tutta la società, promotrice della vita”. (I.P.)
Portogallo: Caritas preoccupata per i tagli nei settori della sanità e dell’istruzione
◊ Nell’attuale contesto di crisi economica, lo Stato portoghese ha pianificato tagli per circa 1,5 miliardi di euro. L’obiettivo è l’equilibrio dei conti, ma questa manovra implicherà una riduzione in ambiti prioritari, come quelli della sanità e dell’istruzione. E’ questa la preoccupazione espressa dai leader della Caritas portoghese e della Confederazione nazionale delle istituzioni di solidarietà sociale. Il Ministero della Salute, in particolare, ha previsto tagli per 800 milioni di euro. Quello dell’Istruzione ha pianificato una riduzione, nella spesa, di oltre 500 milioni di euro. Ammonta inoltre a 200 milioni di euro il taglio previsto dal Ministero della solidarietà e della sicurezza sociale. E’ giusto che “si debbano razionalizzare le risorse” - ha detto il presidente della Caritas, Eugénio Fonseca - ma “il governo dovrebbe mantenere ciò che ha promesso, promuovendo dei cambiamenti nella macchina statale, anziché mettere in discussione i diritti fondamentali delle persone. Ci sono Ministeri – ha detto - in cui la spesa non può essere vista come tale perché si tratta di investimenti cruciali”. Il presidente della Confederazione nazionale delle istituzioni di solidarietà sociale, padre Lino Maia, ha poi affermato che “i tagli sono sempre dello stesso tipo e vanno sempre nella stessa direzione”. Ci sono ancora molte spese da tagliare nell’apparato statale – ha aggiunto - ed è lì che si dovrebbe iniziare ad agire. “Se continuiamo con questo ritmo - ha concluso padre Lino Maia le cui parole sono state riprese dall’agenzia Zenit - finiremo per avere problemi seri, perché le persone sono già completamente disorientate e non sanno a chi rivolgersi per trovare sostegni complementari”. (A.L.)
Germania: capolavori mariani in mostra per la visita di Benedetto XVI
◊ Da oggi all’8 gennaio 2012 le Staatliche Kunstsammlungen di Dresda ospiteranno la mostra «Splendore celeste. Raffaello, Dürer e Grünewald dipingono la Madonna» alla Pinacoteca Alte Meister. In questa occasione la Madonna di Foligno di Raffaello, mai prestata fino a ora, sarà eccezionalmente esposta insieme alla Madonna Sistina, che appartiene al museo di Dresda. La mostra - riporta L'Osservatore Romano - è stata allestita in concomitanza con la visita di Papa Benedetto XVI in Germania dal 22 al 25 settembre. Probabilmente le due opere per un certo periodo rimasero entrambe nella bottega del maestro; nel 1512 fu dipinta la Madonna di Foligno e nello stesso anno il Papa Giulio II avrebbe commissionato la Madonna Sistina. A Dresda saranno anche esposti il prezioso bozzetto autografo di Raffaello per la Madonna di Foligno, l’unico disegno preparatorio esistente (British Museum, Londra), e un altro disegno realizzato per entrambi i dipinti (Städel Museum, Francoforte sul Meno). Due incisioni della Madonna delle nubi, eseguite intorno al 1512 da Marcantonio Raimondi nella bottega di Raffaello su disegni del maestro testimonieranno dello studio approfondito che ha preceduto l’esecuzione delle pitture. L’esposizione, oltre a questi capolavori, presenterà anche altre opere legate all’iconografia mariana di grandissimi maestri dello stesso periodo appartenenti a scuole diverse, tra le quali, una di Cranach il Vecchio (Städel Museum, Francoforte sul Meno) e dipinti di Dürer, Garofalo e Correggio, tutti provenienti dalla Pinacoteca dei maestri antichi di Dresda. Sarà presente anche la Madonna di Stuppach, dipinta da Matthias Grünewald nel 1519, vicina cronologicamente alle opere di Raffaello anche se profondamente diversa. La Madonna di Stuppach (Bad Mergentheim, chiesa dell’Incoronazione della Vergine), è considerata, insieme all’Altare di Isenheim, il capolavoro dell’artista. «Splendore celeste: Raffaello, Dürer e Grünewald dipingono la Madonna» inaugurerà le celebrazioni previste per i cinquecento anni della Madonna Sistina cui sarà dedicata la mostra «Die Sixtinische Madonna. Raffaels Kultbild wird 500» che si terrà dal 26 maggio al 26 agosto 2012 nella Pinacoteca Alte Meister di Dresda. (R.P.)
Repubblica Ceca: il Vaticano parteciperà alla Fiera filatelica e numismatica a Praga
◊ Per la prima volta l’Ufficio filatelico e numismatico del Vaticano parteciperà alla XIV edizione della Fiera del collezionismo, che si svolgerà a Praga dall’8 al 10 settembre: un’esperienza straordinaria per tutti i collezionisti di francobolli e monete, riporta l’agenzia Sir. Secondo gli organizzatori, i francobolli e le monete delle collezioni vaticane, di tema religioso o artistico, “rappresentano una nomenclatura da collezione forte e importante”. Le trattative per avere una risposta positiva da parte del Vaticano sono durate tre anni. All’evento farà seguito un mercato d’investimenti in oro, monete, pietre preziose, chiamato “Fiera dell’investitore”. Entrambi gli appuntamenti sono di carattere internazionale e patrocinati dal Ministero per l’istruzione, la gioventù e lo Sport della Repubblica Ceca: saranno presenti almeno 260 espositori di 35 Paesi, il 20 % in più rispetto all’anno scorso. (G.I.)
Inserto speciale per i 150 anni dell'Osservatore Romano
◊ Il 1 luglio 1861 l’Osservatore Romano iniziava le sue pubblicazioni “con l'obiettivo di difendere le ragioni della verità, della giustizia e del papato, nel momento del tramonto inesorabile del suo potere temporale; 150 anni di storia in un tempo che la modernità ha reso sempre più accelerato e globale”, scrive in un editoriale il direttore del quotidiano Gian Maria Vian. Lo riporta l’Agenzia Sir. Per l’occasione, oggi, tutti gli abbonati al quotidiano riceveranno in omaggio il numero speciale di cento pagine interamente a colori per “mostrare momenti e immagini di una storia di cui davvero il giornale ‘può andare orgoglioso”. Dopo la breve pausa di un mese, dopo la presa di Roma nel 1870, “ l'Osservatore – ricorda ancora Vian - non ha più smesso di uscire, continuando ogni giorno il suo servizio, con la libertà che venne assicurata dall'indipendenza della Santa Sede”. Nel numero speciale di oggi, aperto dalla lettera papale, sono per la prima volta raccolti i testi dei Papi e dei loro segretari di Stato relativi a L'Osservatore Romano. (G.I.)
Settimana europea a Gazzada: "Dal Mediterraneo alla Cina"
◊ Con una relazione su “Antiochia: una metropoli nell’ecumene cristiana” del prof. Christian Hannick, Università di Würzburg, prende avvio la XXXIII settimana europea sulla storia religiosa dell’Europa a Villa Cagnola di Gazzada (Varese). L’iniziativa, promossa dalla Fondazione ambrosiana Paolo VI e dall’Università Cattolica, ha per tema complessivo: “Dal Mediterraneo al Mar della Cina”. Numerosi docenti italiani e di università europee e di altri continenti - riferisce l'agenzia Sir - si confronteranno sulla irradiazione della tradizione cristiana di Antiochia nel continente asiatico e nel suo universo religioso. “Villa Cagnola – spiegano gli organizzatori - rinnova anche quest’anno l’ormai atteso appuntamento, che si svolge da oggi al 10 settembre”. Sull’argomento di questa edizione la Fondazione Paolo VI puntualizza: “La globalizzazione ha avuto come effetto principale una decisa convergenza economica e culturale tra i Paesi del mondo con l’incremento delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti tra cui quello antropologico e religioso che spesso presentano sensibilità culturali differenti. In particolare l’attenzione è rivolta alle terre a oriente dell’Impero romano”. Rivolgere attenzione a questa realtà “significa prendere compiuta consapevolezza del nostro presente e dei complessi problemi che dal vicino Oriente si riverberano ai nostri giorni sull’Europa”. (R.P.)
Libia: Bani Walid, ultima roccaforte di Gheddafi, negozia la sua resa
◊ In Libia c’è attesa per l’ingresso dei ribelli a Sirte, città natale di Gheddafi; del colonnello, invece, nessuna traccia, mentre le Nazioni Unite già pensano al futuro del Paese nord africano. Sentiamo Marco Guerra:
A Bani Walid, una delle ultime roccaforti leali al regime, sarà evitato un bagno di sangue. Insorti e rappresentanti della città stanno infatti discutendo gli ultimi dettagli per una resa pacifica che metta la popolazione al riparo di vendette di entrambi gli schieramenti. I capi della tribù dei Warfalla, la più numerosa della Libia, hanno infatti accettato di arrendersi senza combattere, ed entro poche ore i miliziani che fanno capo al Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt) prenderanno il controllo della città. Più difficile la situazione a Sirte – città natale di Gheddafi – dove si registra un clima di tensione crescente. Migliaia di ribelli hanno circondato la città, e attendono solo l’ordine di attacco. Tutto questo mentre il colonnello ha fatto perdere le sue tracce. Il suo portavoce ha detto che è ancora in Libia e che continua a combattere al fianco del suo popolo; fonti militari, invece, lo danno in Niger, Paese verso il quale si è diretto un enorme convoglio militare lealista. Sul fronte diplomatico si registrano le dichiarazioni del segretario dell'Onu Ban Ki-moon che ha offerto il contributo delle Nazioni Unite per la ricostruzione e quelle del governo cinese che ha rinviato il riconoscimento del Cnt a quando le condizioni saranno mature.
La Lega araba: la Siria accolga le legittime aspirazioni del suo popolo
“Chiederò al presidente siriano, Bashar al-Assad, di esaudire le richieste legittime del suo popolo”. Così il segretario generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, alla vigilia della visita che effettuerà domani in Siria per tentare di mediare la crisi che sta scuotendo il Paese. E sul terreno non si ferma la repressione del dissenso: ieri nella città di Homs almeno 11 civili sono rimasti uccisi, 7 dei quali dai servizi di sicurezza. Intanto, per la prima volta da mezzo secolo, la Siria ha permesso alla Croce Rossa Internazionale di visitare una prigione di Damasco per verificare le condizioni dei detenuti, mentre si registra una nuova ondata di persone in fuga dal Paese. Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), sono oltre 3 mila i rifugiati siriani nel nord del Libano.
Crisi Turchia-Israele
Nuovo strappo nei rapporti diplomatici tra Turchia ed Israele. Il premier turco Erdogan ha annunciato oggi la “sospensione totale” dei rapporti militari e commerciali con lo Stato ebraico. La decisione di Ankara arriva dopo il rifiuto di Israele di presentare scuse per l'uccisione di nove passeggeri turchi durante l'abbordaggio della Mavi Marmara, la nave che nel maggio del 2010 cercò di forzare il blocco navale a Gaza e dopo l’uscita del rapporto Onu sull’accaduto. Erdogan ha aggiunto che le navi turche “saranno viste sempre più frequentemente in quelle acque” e non ha escluso una sua visita nella Striscia di Gaza. Francesca Sabatinelli ne ha parlato con Janiki Cingoli direttore del Cipmo, Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. - Naturalmente le conseguenze saranno pesanti. Proprio nei giorni scorsi il capo della Banca di Israele metteva in guardia Netanyahu sulle conseguenze anche economiche di questa rottura perché diceva che la Turchia non è una piccola economia, è un’economia più grande di quella israeliana, che cresce più rapidamente. Quindi è evidente che i rapporti commerciali, non solo militari, sono molto forti ed essere tagliati fuori per Israele può essere un danno molto consistente. E’ evidente che nessuno dei due Paesi è interessato a questa rottura. Non lo è Israele e non lo è neanche la Turchia per motivi economici, strategici e anche per non isolarsi rispetto agli Stati Uniti d’America, che non sono lieti di questa rottura. Tuttavia quando entra in ballo quello che viene chiamato l’onore di un Paese i meccanismi possono essere perversi. Dopo il Rapporto dell’Onu, Israele probabilmente avrebbe dovuto cogliere l’occasione per presentare le sue scuse per questo eccesso di forza e chiudere l’incidente. Tuttavia Netanyahu non ha fatto questo passo per resistenze interne alla sua minoranza procurando un grave danno al suo Paese; anche Erdogan tende a proporsi come leader autoritario di questo Paese e quindi non ha voluto passare sopra e attenuare le richieste.
D. – In Israele alcuni osservatori, alcuni giornali, fanno analisi che definiscono Erdogan un nemico acerrimo di Israele. Ovviamente sono opinioni non condivise da tutti all’interno di Israele…
R. - Io ritengo che siano opinioni stupide. Erdogan è quello che si era attivato all’epoca del governo Olmert per un rapporto diretto tra Assad in Siria e il premier Olmert che era arrivato alla vigilia di un accordo sulle questioni del Golan, che poi fu interrotto in seguito alla invasione israeliana a Gaza. Quindi non è che ci fosse un atteggiamento precostituito di volontà di rottura da parte della Turchia nei confronti di Israele. Detto questo nel medio periodo, forse, questa cosa può essere superata; a breve è una cosa che certamente crea danno ad una situazione già lacerata e difficile come è oggi quella dell’area mediterranea. (bf)
Gaza violenze
A Gaza resta alta la tensione. Nella notte nuovi raid dell’aviazione israeliana in risposta al lancio di razzi in direzione del Neghev israeliano. Secondo un portavoce militare a Tel Aviv, i velivoli israeliani hanno centrato un sito “adibito alla produzione di armi” senza provocare vittime.
Egitto: processo a Mubarak
È stata sospesa ieri la terza udienza per il processo a carico dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, dopo una rissa tra gli avvocati della difesa e quelli delle vittime della repressione contro la rivoluzione di gennaio, costituiti parte civile. Tra gli imputati anche i due figli di Mubarak, Alaa e Gamal, e l’ex ministro dell’Interno, Habib al Adly. Fuori dall’aula si sono verificate altre proteste, tra manifestanti e gruppi di sostenitori dell'ex rais.
Tunisia – sommosse
Esteso il coprifuoco in Tunisia nel governatorato di Gafsa - oltre alle città di Douz e Sbeitla – a causa degli scontri tra diverse fazioni tribali. Dopo la morte di un giovane e il ferimento ieri di quattro persone, oggi è stato annunciato un sit-in di protesta della polizia contro il governo per denunciare la mancanza di decisioni per fermare la violenza contro le forze dell’ordine.
Iraq
Violenza senza fine in Iraq. Otto soldati iracheni, fra cui un ufficiale, sono stati uccisi nella città di Haditha, nel nord del Paese e i loro corpi sono stati bruciati. Lo hanno detto fonti della polizia secondo le quali uomini armati hanno aperto il fuoco contro il convoglio sul quale viaggiavano i militari e i veicoli sono stati dati alle fiamme.
Afghanistan
Due presunti terroristi sono stati uccisi nel corso di un raid aereo della Nato su Kandahar, nel sud dell'Afghanistan. Lo riferisce una nota del governo locale, in cui si precisa che i due miliziani sono stati colpiti mentre stavano piazzando ordigni artigianali lungo una strada. Intanto sono stati recuperati i corpi di due escursionisti tedeschi scomparsi due settimane fa e uccisi da un gruppo di nomadi nella provincia di Parwan, a nord di Kabul.
Pakistan, catturato terrorista
Inferto un altro colpo ai vertici della rete terroristica al Qaeda. L’esercito pakistano ha catturato quello che viene definito ''un importante leader dell'organizzazione'', Younis al Mauritani, e due suoi ''collaboratori''. L’uomo era ricercato dal 2005 perché ritenuto responsabile di un attacco in Pakistan contro una caserma che provocò la morte di 17 soldati. L’operazione è stata condotta con l’ausilio dei servizi di sicurezza americani.
Iran – Aiea
La questione nucleare iraniana torna sotto i riflettori dopo l’avvio, ieri, della centrale energetica di Bushehr. L’Iran si dice pronto ad accogliere l’Aiea per la verifica del suo programma nucleare in cinque anni, mentre L’Ue richiama la Repubblica islamica al rispetto dei suoi impegni internazionali.
Usa, generale Petraeus alla guida della Cia
Dieci anni dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e con l’uccisione a maggio di Osama Bin Laden, il generale David Petraeus ha detto addio all'esercito americano e da oggi guiderà la Cia, la Central Intelligence Agency. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una nota ha definito “storica” la carriera militare Petraeus, soprattutto per il ruolo avuto nelle guerre in Iraq ed Afghanistan. Perché arriva ora questo nuovo incarico ai vertici dell’Intelligence Usa? Giada Aquilino lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia americana all’Università di Bari:
R. – L’America è un Paese che crede molto ai simboli: direi che è difficile che una data sia un fatto casuale, che risponda ad una messa in pensione per raggiunti limiti di età, come si dice da noi. Deve avere un significato di cambiamento. Un cambiamento in che senso è ancora difficile dirlo. Un cambiamento necessario perché si va verso le elezioni, questa è anche un’ipotesi possibile.
D. – Il Washington Post, alla vigilia dell’11 settembre, ha scritto che la Cia in dieci anni ha cambiato pelle, passando dalla raccolta e dall’analisi delle informazioni ad una più intensa lotta al terrorismo sul campo…
R. – Ricordiamo che recentemente è stato ucciso Bin Laden, il capo, il simbolo del terrorismo. Però il terrorismo non è stato sradicato! E’ ancora un’insidia molto grave, molto pesante sulla vita dell’America e non soltanto dell’America.
D. – Quindi verso quale direzione va l’agenzia di Langley?
R. – Bisogna dire che la direzione dovrebbe essere quella di un maggiore realismo, di una maggiore aderenza ai fatti, alle evoluzioni, alle trasformazioni, alle differenze che esistono nel mondo. Obama - forse per primo - ha cominciato a rendersi conto di queste differenze, proprio quando l’America complessivamente è in un momento difficile, perlomeno dal punto di vista economico-finanziario. Ma non soltanto questo: è insidiata da altre grandi potenze, specialmente in Asia. (mg)
Usa, Obama su occupazione
"Dobbiamo riportare gli americani al lavoro". È quanto affermato ieri il presidente Usa Obama, in vista della presentazione delle nuove misure per l’occupazione che terrà l’8 settembre davanti al Congresso. Auspicando un sostegno bipartisan, Obama ha chiesto a repubblicani di mettere da parte gli interessi di partito.
Italia: sciopero della Cgil. Napolitano: misure più efficaci
In Italia è in corso lo sciopero della Cgil in cento piazze contro la manovra e in particolare le norme sul lavoro. Presenti anche diversi leader dell’opposizione, fra i quali Bersani, Di Pietro e Vendola. Non aderiscono Cisl, Uil e la componente cattolica del partito democratico. La protesta si svolge, mentre nel pomeriggio la manovra approda al Senato dopo l'appello del presidente della Repubblica Napolitano a rendere il provvedimento più efficace e credibile per i mercati.
Giappone nucleare
Il ministro dell'Industria nipponico, Yoshio Hachiro, ha annunciato che il numero dei reattori nucleari in Giappone sarà azzerato in futuro, in base alle linee tracciate dal primo ministro Yoshihiko Noda, che allo scopo di non costruirne di nuovi ha affiancato quello di avviare lo smantellamento degli impianti obsoleti. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Giorgia Innocenti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 249