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Sommario del 05/09/2011
◊ La celebrazione della Santa Messa e l’adorazione eucaristica in diverse località delle Marche hanno scandito, stamani, l’odierna Giornata del XXV Congresso eucaristico nazionale italiano, in programma fino al prossimo 11 settembre ad Ancona e nelle diocesi della metropolia. Si tratta di un evento di comunione per l’intera Chiesa italiana, che in questi giorni vede convergere nel capoluogo marchigiano migliaia di fedeli. Momento culminante del Congresso - incentrato sul tema “Signore da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana” - sarà la solenne celebrazione, in programma domenica prossima, presieduta da Benedetto XVI nell’area del cantiere navale di Ancona. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
(Inno del Congresso eucaristico)
La domanda che nel Vangelo di Giovanni l’apostolo Pietro rivolge a Gesù “Signore da chi andremo?” resta, dopo duemila anni, la questione centrale della vita dei cristiani. Anche oggi il cammino dei credenti trova nell’Eucaristia, Passione di Dio per l’uomo, il fermento di novità in tutti gli aspetti della quotidianità. “L’Eucaristia – scrive il Papa nell’Esortazione apostolica post sinodale Sacramentum Caritatis – rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell’uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio”. “Non c’è nulla di autenticamente umano – pensieri, parole e opere – che non trovi nel Sacramento dell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza”. Abbiamo bisogno di questo Pane – ha affermato il Santo Padre durante l’omelia pronunciata a Bari il 29 maggio del 2005 in occasione del XXIV Congresso eucaristico nazionale – per affrontare “le fatiche e le stanchezze del viaggio”:
“Partecipare alla celebrazione domenicale, cibarsi del Pane eucaristico e sperimentare la comunione dei fratelli e delle sorelle in Cristo è un bisogno per il cristiano, è una gioia, così il cristiano può trovare l’energia necessaria per il cammino che dobbiamo percorrere ogni settimana. Un cammino, peraltro, non arbitrario: la strada che Dio ci indica nella sua Parola va nella direzione iscritta nell'essenza stessa dell’uomo”.
“Seguire la Parola di Dio, andare con Cristo significa per l’uomo realizzare se stesso; smarrirla equivale a smarrire se stesso”. Il Signore – ha aggiunto il Papa nella Messa a conclusione del Congresso eucaristico tenutosi nel 2005 a Bari – non ci lascia soli in questo cammino, ma è con noi e ci ama:
“Nell'Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E' una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé”.
Il Cristo che incontriamo nel Sacramento dell'Eucaristia è lo stesso in Europa come in America, in Africa, in Asia e in Oceania:
“E’ l’unico e medesimo Cristo che è presente nel Pane eucaristico di ogni luogo della terra. Questo significa che noi possiamo incontrarlo solo insieme con tutti gli altri. Possiamo riceverlo solo nell’unità”.
“Poiché c’è un solo pane – scrive l’apostolo Paolo ai Corinzi – noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1 Cor 10, 17).
(Musica)
Il 25.mo Congresso eucaristico nazionale italiano intende anche approfondire il rapporto fra l’Eucaristia e vari ambiti della vita quotidiana, tra i quali la famiglia e il lavoro. Su questa relazione si sofferma, al microfono di Fabio Colagrande, il vescovo di Senigallia, mons. Giuseppe Orlandoni:
R. - Il Congresso eucaristico nazionale ha come tema “Signore da chi andremo?”, ma è molto importante fare attenzione al sottotitolo: “L’Eucarestia per la vita quotidiana”. Dunque, in questa occasione si vuole riflettere sull’Eucarestia in riferimento a quelle dimensioni fondamentali, essenziali, della vita di ogni giorno, come appunto la vita affettiva, la vita del lavoro, la vita nella quale si fa esperienza della fragilità, la vita nella città. E’ molto importante questo, proprio per riuscire a legare fede e vita. Perché questo è il problema principale della nostra pastorale: vediamo come sia molto diffuso questo fenomeno della separazione tra fede e vita, tra vita di Chiesa e vita sociale e politica. Il Congresso eucaristico intende contribuire a "saldare" queste due dimensioni.
D. – Il Congresso coincide con un periodo di crisi economica per il Paese e il conseguente aumento della povertà. Che significato può assumere questa prospettiva?
R. – Un significato di speranza. Ci si aspetta dal Congresso eucaristico di dare speranza in questa situazione, che è gravida di preoccupazioni per il perdurare della crisi economica e finanziaria, una crisi che purtroppo investe anche il nostro territorio qui nelle Marche. Non a caso, il tema del lavoro viene approfondito nella diocesi di Fabriano. A Fabriano è presente il quartier generale delle industrie Merloni e in questo periodo sono migliaia e migliaia gli operai di queste industrie che si trovano in cassa integrazione: è un problema molto serio per chi sta perdendo o ha già perso il lavoro. Un problema altrettanto serio lo è per i giovani, che sono in cerca di una prima occupazione, ed è un problema ugualmente serio per il precariato del lavoro che si registra in particolare per quanto riguarda il lavoro femminile e il lavoro degli immigrati. Dal Congresso eucaristico ci si aspetta questo: che si possa riscoprire il valore del dono – e l’Eucarestia è un dono – e allo stesso tempo che si possa riscoprire il valore della dignità della persona umana e perciò anche il valore della condivisione, della solidarietà, della partecipazione. Perché chi si accosta all’Eucarestia, che è il Sacramento della carità, non può non ricevere uno stimolo a tradurre la carità nelle situazioni concrete della vita. Quindi, in sintesi, questo Congresso è una riscoperta e un rilancio della speranza, perché, malgrado tutto, l’Eucarestia è questa forza che ci viene donata per renderci capaci di amare e per renderci capaci di affrontare le difficoltà che si registrano, a tutti i livelli, nella vita quotidiana.(ap)
◊ Si svolgeranno domani alle 11.30, nella Basilica di San Pietro, i funerali del cardinale polacco Andrzei Maria Deskur, scomparso sabato scorso a Roma all’età di 87 anni. Il rito sarà officiato dal cardinale decano Angelo Sodano, presso l’Altare della Cattedra. Una vita quella del cardinale Deskur, tra i “figli più illustri” della comunità diocesana di Cracovia, “spesa nell’adesione coerente e generosa alla propria vocazione”, ha sottolineato Benedetto XVI nel suo messaggio di cordoglio. Chiamato a Roma, all’inizio degli anni ’50, teologo conciliare, dedicato allo studio dei moderni mezzi di comunicazione, il cardinale Deskur veniva colpito a soli 54 anni da una grave malattia invalidante. Il servizio di Roberta Gisotti:
Da 33 anni prigioniero del suo corpo, il cardinale Deskur, paralizzato dai giorni del Conclave che segnò l’elezione al soglio pontificio dell’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, suo compagno di seminario e grande amico per tutta la vita. Della statura intellettuale e morale di questo “pio e zelante sacerdote” – come lo ha ricordato ieri Benedetto XVI – “che seppe accettare l’infermità con evangelica rassegnazione”, parliamo con il vescovo Pierfranco Pastore, che conobbe a fondo e collaborò con il cardinale Deskur, in un ambito dove la Chiesa è stata per tanti versi profetica, quello delle comunicazioni sociali.
D. - Quale eredità più grande lascia Andrej Deskur?
R. - Vorrei dire che la sua missione è stata segnata dal momento dell’elezione di Giovanni Paolo II al Pontificato, per le parole stesse che gli disse il Papa quando andò a trovarlo il giorno dopo la sua elezione all’ospedale Gemelli, dove lui era ricoverato. Gli disse: “Ecco, la tua missione, adesso, è ben segnata: tu dovrai pregare per il nuovo Papa e per la Chiesa con la tua sofferenza”. Credo che questa sia stata la missione più grande, quella più vera.
D. - Lei ha avuto quindi modo di apprezzare la sua capacità di raccogliere questa particolare missione. Quale insegnamento, anche umano, nell’accettazione della sofferenzale le ha lasciato?
R. - Nel letto della sua sofferenza, lui a fianco accanto aveva una gigantografia di Giovanni Paolo II che guardava continuamente. Credo che il colloquio che c’era tra i due – e che noi non sentivamo, perché era spirituale – era esattamente di totale dedizione e totale accettazione di quella che era la volontà del Signore. E, credo che il cardinale Deskur abbia dato davvero molto per il bene della Chiesa, non tanto e non soltanto quando fu degno presidente dell’allora Pontificia Commissione delle Comunicazioni Sociali – che poi divenne il Pontificio Consiglio, di cui sono stato segretario – quanto proprio per il valore della sua sofferenza, offerta con grande generosità e semplicità.
D. - Quali erano le sue idee innovative in quegli anni di fervore su argomenti nuovi sui quali si dibatteva anche nella società civile?
R. - Fu l’artefice – non l’unico, perché ci lavorarono in molti – del documento che fu ed è, secondo me, ancora oggi fondamentale per l’apostolato delle comunicazioni sociali nella Chiesa: la Communio et progressio. Penso che rileggere quel documento significhi vedere quale segno abbia lasciato il cardinale Deskur della sua attività, della sua intelligenza e grandezza morale alla Chiesa di tutti i tempi.
D. - C’è un aneddoto personale di cui lei serba un ricordo particolare?
R. - Proprio nel giorno in cui veniva beatificato il suo migliore amico, io assieme a lui – l’allora arcivescovo Deskur era già sulla sedia a rotelle da molto tempo – andammo vicino alla bara di Giovanni Paolo II che era già stata sistemata nella Basilica. Mentre eravamo lì a pregare, davanti alla sua salma, mi venne in mente il giorno in cui, subito dopo la sua elezione, il Papa andò a trovarlo al Gemelli. Quel momento, quell’incontro mi sembrava fosse come la restituzione di una visita piena di gratitudine e di affetto. (vv)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ All'angelus di domenica 4 settembre, dedicato al tema della fraternità, Benedetto XVI ha sottolineato che “l'Eucarestia è sorgente di vita e di speranza per ogni uomo e per il mondo intero”.
In prima pagina, la crisi economica: per l'Fmi aumentano i pericoli di recessione.
Il lavoro bene comune per l'Italia: un articolo di Pierluigi Natalia sulle conclusioni del 44° Incontro nazionale di studi delle Acli.
Raffaello e il mistero della Madre di Dio: il testo pronunciato dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, nell'inaugurazione della mostra “Splendore celeste. Raffaello, Dürer e Grünewald dipingono la Madonna”.
La road map di Matthew Paris: Alessandro Scafi su un itinerario medievale da Londra alla Terra Santa.
Astrazione densa come il cemento armato: Sandro Barbagallo su una retrospettiva dell'artista Giuseppe Uncini al Centro italiano per l'arte contemporanea di Foligno.
Nell'informazione religiosa, la lectio magistralis su Chiesa e politica del cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Germania: alle regionali, tracollo della Cdu nel "Land" della Merkel
◊ Domenica elettorale ieri nell'estremo nordest della Germania. Nelle regionali del Meclemburgo-Pomerania Anteriore per i partiti della coalizione di governo, guidata da Angela Merkel, è andata peggio di quanto temuto. Nel Land in cui la cancelliera è cresciuta, la sua Cdu ha subìto un nuovo disastro elettorale, facendo segnare il peggior risultato mai ottenuto dopo la caduta del Muro di Berlino. Gravi perdite anche per il partito liberale. A trionfare, invece, i socialdemocratici. Sentiamo Giovanni Del Re:
Per Angela Merkel è una nuova brutta notizia: ieri, la sua Cdu, nel Meclemburgo, ha infatti subìto una secca sconfitta, perdendo oltre cinque punti. Malissimo i suoi alleati al governo federale, che precipitano intorno al 2%, non riuscendo neppure ad entrare nel parlamento regionale. Volano i socialdemocratici del primo ministro in carica, Erwin Sellering, che si confermano il primo partito regionale, aumentando i voti rispetto a cinque anni fa. Molto bene anche l’estrema sinistra Die Linke, che si conferma il terzo partito, ad un passo dai cristiano-democratici. Sellering era finora alleato proprio con la Cdu in una grande coalizione, ma ora potrà scegliere comodamente con chi governare. Tra le opzioni, c’è anche un’alleanza con l’estrema sinistra, anche se appare più probabile una riedizione della grande coalizione. Questo voto è comunque un nuovo segnale fortemente negativo per il governo della Merkel, e il prossimo potrebbe arrivare il 18 settembre, quando a votare sarà il Land di Berlino. Ancora più in difficoltà è il partito liberale, ormai da mesi in caduta libera: la posizione del suo esponente di spicco, il ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, è sempre più debole. In queste elezioni, però, si registra anche un segnale non positivo in generale: sia pur ridotta, l’estrema destra del Partito nazionale tedesco riesce anche questa volta a superare la soglia di sbarramento ed entrare nel parlamento regionale.
L’appuntamento elettorale conclusosi in Meclemburgo-Pomerania Anteriore è dunque il penultimo della stagione 2011. Questo Land nell’estremo nordest della Germania è uno dei più poveri e dei meno popolati del Paese, con l’11,5% di disoccupazione. La vittoria del partito del governatore uscente era largamente attesa. Sui motivi per cui queste elezioni assumono una così alta rilevanza a livello nazionale, il parere di Luigi Geninazzi, inviato del quotidiano Avvenire, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. - E’ un voto che esprime il disagio, l’incertezza e la paura dei tedeschi per la situazione della crisi globale, ma soprattutto per un atteggiamento ondivago del governo tedesco.
D. - Perché sentono di aver perso un ruolo particolarmente forte in Europa, o è la situazione interna che diventa sempre più difficile anche per i tedeschi?
R. – Diciamo che anche la Merkel si trova in una posizione difficile, perché all’esterno – almeno nei Paesi come l’Italia o nei Paesi dell’Europa meridionale – le sue prese di posizione per quanto riguarda la difesa dell’euro, dell’Unione Europea, vengono giudicate troppo sulla difensiva. All’interno è tutto il contrario: la maggioranza dei tedeschi la giudica troppo cedevole, troppo remissiva, perché per esempio con il patto del 21 luglio ha concesso la creazione di questo Fondo europeo per la stabilità finanziaria per aiutare la Grecia che proprio nelle prossime settimane dovrà essere sottoposta al vaglio del Bundestag e ci sono forti resistenze non solo a livello dell’opinione pubblica, ma anche a livello dei deputati e all’interno del suo stesso partito della Cdu.
D. - A questo punto, potrebbero cambiare le alleanze di governo in Germania?
R. – No, io non credo per il momento, perché anche se abbiamo di fronte un’altra elezione importante ma scontata a livello regionale, quella di Berlino, fra due settimane l’alleanza tra Cdu e Fdp, cioè fra democristiani e liberali, terrà. Il problema non è il cambio di governo, anche perché non si vede un’alternativa. Il problema è la linea politica che viene sempre più criticata. Negli ultimi tempi, negli ultimi mesi, davanti a questa grande crisi che sta sconquassando tutta l’Europa, la Merkel ha mostrato di essere abbastanza oscillante, per esempio, sulle questioni del Fondo europeo di stabilizzazione: prima ha detto di no, poi alla fine ha ceduto nel patto con Sarkozy, adesso dice di no alla creazione degli Eurobond… In definitiva, i tedeschi pensano che la Germania continui a pagare per i Paesi che non hanno una politica economica virtuosa, prima di tutto la Grecia e poi anche l’Italia e la Spagna. (bf)
Somalia: la carestia mette in ginocchio anche la regione di Bay. In 750 mila rischiano di morire
◊ Si aggrava l’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa. La carestia ha colpito un'altra regione della Somalia, quella meridionale di Bay, la sesta del Paese a soffrire della grave crisi alimentare. “Se il livello di risposta attuale continua così – denuncia l’Onu – la fame avanzerà ancora nei prossimi quattro mesi e dei quattro milioni di persone coinvolte, 750 mila rischiano la morte”. La regione di Bay, con capoluogo Baidoa, ricca di corsi d’acqua, è una delle roccaforti delle milizie islamiche Shebab: le restrizioni imposte da queste ultime alla distribuzione degli aiuti complicano la situazione. Paolo Ondarza ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile area internazionale di Caritas Italiana.
R. – Nella regione di Bay, pur essendo una zona di per sé abbastanza irrigata, ricca di fiumi – di tutta la Somalia è la zona più popolata, più fertile e più attiva – queste precipitazioni molto scarse, nell’arco dell’anno, stanno gradualmente portando, di regione in regione, il livello di allerta da minimo ad emergenza, fino al livello massimo, cioè quello di catastrofe o carestia.
D. - Quanto sta contando anche l’assenza di una risposta adeguata da parte della comunità internazionale?
R. - Direi che i due fattori vanno certamente di pari passo. La situazione di instabilità intrinseca alla Somalia fa sì che, eccetto la città di Mogadiscio, controllata dal governo, tutto il territorio si trovi in una situazione di sostanziale anarchia, di tensione, di conflittualità armata e di violenza. Situazione che, evidentemente, non permette di raggiungere la popolazione, né tantomeno di fare interventi preventivi come anche di lavorare in termini di sviluppo agricolo.
D. - La regione di Bay è una delle roccaforti delle milizie islamiche degli Shebab e questo complica un po’ la situazione…
R. - Sì. Pur essendo abbastanza vicino a Mogadiscio, la zona è in mano agli Shebab quasi nella sua totalità e non è affatto facile raggiungerla.
D. - Le milizie degli Shebab come reagiscono di fronte a questa crisi umanitaria?
R. - Hanno avuto una condotta altalenante. In alcuni casi hanno annunciato la disponibilità ad aprire i corridoi umanitari, in altri, invece, sono molto più restie. Evidentemente temono le ingerenze straniere, l’arrivo di contingenti Onu che, portando aiuti, secondo loro potrebbero in qualche modo entrare nelle dinamiche del conflitto, anche solo come osservatori.
D. - Questo, però, non ferma la vostra azione. Attraverso di voi cosa può fare ognuno di noi?
R. - Abbiamo lanciato una colletta: il 18 settembre, ci sarà la grande colletta nazionale, rivolta a tutte le comunità. Quello che chiediamo è il massimo livello di solidarietà verso queste popolazioni veramente dimenticate. Sul nostro sito, www.caritasitaliana.it, ci sono tutti i riferimenti per poter contribuire e ci sono anche tutti gli aggiornamenti per quanto riguarda le nostre attività. Attività che, nonostante le difficoltà, riusciamo a condurre non solo in Somalia ma anche negli altri Paesi colpiti, in modo particolare in Kenya, Etiopia, Gibuti, Eritrea. C’è anche una seconda fascia più larga, del Corno d’Africa, della quale non vanno dimenticati i bisogni e le necessità. (vv)
La lenta transizione dello Zimbabwe verso la democrazia. Intervista con Massimo Alberizzi
◊ Nello Zimbabwe, Paese politicamente diviso e attraversato negli ultimi anni da una forte crisi economica, il 2012 dovrebbe essere un anno elettorale, con il voto presidenziale. Restano tuttavia ancora incerte sia la data che le regole con le quali si svolgeranno le consultazioni. Davide Maggiore ha chiesto a Massimo Alberizzi, corrispondente dall’ Africa per il Corriere della Sera, di tracciare un quadro delle condizioni del Paese:
R. – La situazione è di una divisione del potere tra il vecchio Robert Mugabe, presidente al potere dal 1980, e Morgan Tsvangirai, che è il capo dell’opposizione del Movimento per il cambiamento democratico. Però, è un “power sharing” deciso dopo le ultime elezioni fraudolente in cui Robert Mugabe era risultato vincitore. Ci sono state delle mediazioni, soprattutto da parte del Sudafrica, e quindi Mugabe ha accettato in qualche modo di avere un primo ministro in opposizione al suo potere. Si sarebbe dovuta varare una nuova Costituzione che avrebbe previsto i partiti politici, come si sarebbero dovute svolgere le elezioni… in realtà, a questo non si è arrivati.
D. – Dal 2008, il presidente Mugabe condivide il potere con l’opposizione. Chi si è rafforzato di più, in questi anni?
R. – Formalmente, lo condivide. Certo, si è indebolito rispetto agli anni precedenti, quando aveva un potere assoluto. Però, non ha concesso molto di quello che veniva richiesto dall’opposizione. Ci sono giornali liberi, ma sono stati chiusi a singhiozzo. Morgan Tsvangirai fa il primo ministro senza grande potere – almeno ufficialmente. Se poi in qualche modo ha rafforzato la sua posizione e riesce ad imporre elezioni nel 2012, in questo momento non appare un’ipotesi reale. Finora, non è riuscito ad imporre nemmeno la Costituzione…
D. – Le ultime elezioni sono state segnate da disordini e da accuse di brogli. E’ possibile che questo scenario si ripeta?
R. – E’ possibilissimo. Mugabe ha tutti i suoi uomini nei gangli del potere. Poi, arrivare a indire le elezioni… Io dubito che, anche se dovesse perdere, lui se ne andrebbe dal potere. Intorno a lui, poi, ci sono vari clan che lo sostengono, che vengono "foraggiati" in continuazione. Quindi, non è solo lui, che è lì, da solo.
D. – Anche l’economia preoccupa: si teme un ritorno dell’iper-inflazione che inciderebbe sulla vita delle popolazioni…
R. – Devo dire che l’economia è stata migliorata, rispetto a prima, nel senso che si è stabilizzata. E’ stata distrutta e più giù di così forse non può andare. L’agricoltura, che era florida, è comunque distrutta: era un Paese floridissimo, autosufficiente, non aveva necessità di importare cibo… Devo dire che si è stabilizzata, ma il potere di acquisto dei salari è molto basso.
D. – Condizioni simili in altri Paesi dell’Africa, come Senegal e Malawi, hanno portato a proteste di piazza e a parziali passi indietro dei governi. Potrebbe accadere anche in Zimbabwe?
R. – Le manifestazioni di piazza ci sono state negli anni scorsi, e anche molto forti, perché il Movimento per il cambiamento democratico è comunque fortissimo e molto più popolare di quanto non sia lo "Zanu-Pf" di Mugabe stesso. Non credo che lui potrebbe evitare di usare le armi. Il problema è che sia l’esercito sia la polizia sono nelle sue mani, condividendo con lui il potere. In realtà, non è tanto Morgan Tsvangirai che condivide il potere con Mugabe, quanto l’esercito e la polizia. (gf)
La testimonianza di padre Sebastian Vazhakala, al servizio del prossimo nel segno di Madre Teresa
◊ A 14 anni dalla morte, oggi si ricorda la Beata Madre Teresa di Calcutta, che attraverso il suo umile servizio verso il prossimo ha incarnato “l’Ideale missionario” ed è stata, come lei stessa amava definirsi, “una matita nelle mani di Dio”. Oggi sulla sua tomba, nella sede delle Missionarie della carità a Calcutta, si sono raccolti in preghiera i leader di diverse religioni, mentre nel Kerala si è appena chiusa una mostra sulla sua vita. Giorgia Innocenti ha chiesto a padre Sebastian Vazhakala, co-fondatore del ramo maschile dei Missionari della Carità Contemplativi, che cosa ha imparato dalla profonda e trentennale amicizia, che lo legava a Madre Teresa:
R. – Ogni persona è importante per Madre Teresa con la sua dignità umana. O povera o ricca, con un colore di pelle diverso o appartenente ad un’altra religione, non cambia nulla. La dignità umana è unica e non ha mai fatto differenze in base alla religione. La prima domanda che lei si pone non è: “A quale religione appartieni?”, ma piuttosto: “Cosa posso e devo fare?”. Ha trattato ogni persona da un punto di vista umano e questo mi ha colpito molto, perché lo ha fatto senza considerare in alcun modo il colore della pelle, la religione o la razza. Veniva considerata solo la persona come tale, creata da Dio. Una persona che può avere delle difficoltà e che lei cerca di aiutare. Lei non chiedeva cosa fanno o non fanno gli altri. Il primo problema che si poneva era: “Cosa devo fare io?”. Inoltre, un’altra cosa da non fare è rimandare a domani. Lei diceva: “Oggi che abbiamo il tempo per amare e servire”. Quindi è meglio fare oggi le cose che posso fare, non rimandarle a un altro giorno. Fare le cose ordinarie, semplici, con amore straordinario. Lei diceva sempre: “Noi non siamo chiamati a fare cose straordinarie ma a fare le cose ordinarie con amore straordinario”. Per lei ogni persona era Gesù. Faceva riferimento al Vangelo di Matteo, in cui egli diceva: “Ogni volta che avete fatto qualcosa a uno solo dei miei fratelli lo avete fatto a me. Io ho avuto fame e mi hai dato da mangiare, ho avuto sete e mi hai dato bere...".
D. – Madre Teresa ha detto anche che il frutto dell’amore è servizio per gli altri…
R. – Amare è servire. E’ come una moneta che ha due facce inseparabili, come un uccello che ha due ali. Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza e la mente è amare e servire Gesù. Qui a Roma, abbiamo ad esempio “Casa Serena”, che dà la possibilità di dormire a 76 uomini senza fissa dimora. Possono dormire e mangiare da noi. Abbiamo l’Adorazione perpetua, giorno e notte, 24 ore su 24. C’è questo fatto della reale presenza di Gesù.
D. – Madre Teresa fisicamente era una donna piccola, ma aveva una grande forza interiore…
R. – Sì. Lei diceva che Gesù, nel Santissimo Sacramento, le dava la forza. Gesù stesso le ha detto, in una visione: “Io non posso andare da solo, tu devi portarmi al popolo, ai poveri, ai carcerati, ai malati”.
D. – Madre Teresa diceva anche che la lebbra peggiore, a Roma come a New York, era la solitudine…
R. – La solitudine e l’indifferenza. Io ho lavorato a Los Angeles, a New York e infine a Roma. Ho visto tutti questi posti, ho visto la povertà più profonda e più spirituale che si nascondeva in essi. In questa società c’è una grande indifferenza, il mondo occidentale è sempre di corsa.
Tutto questo dobbiamo affrontarlo attraverso le preghiere, i sacrifici e l’opera di misericordia. (vv)
◊ Alla Mostra del Cinema di Venezia è stato consegnato questa mattina per mano dall'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, il Premio Bresson della Fondazione Ente dello Spettacolo ai registi di origine belga Jean-Pierre e Luc Dardenne, campioni del rigore e della pietà che hanno fatto del cinema arte al livello più alto. Il servizio di Luca Pellegrini:
“Erano anni che pensavamo ai fratelli Dardenne come legittimi destinatari del Premio Bresson, non esiste nel cinema contemporaneo un sodalizio artistico altrettanto duraturo e fecondo”. L’attesa così espressa da Mons. Dario Viganò si è concretizzata questa mattina alla Mostra di Venezia: sorridenti, disponibili, i due registi belgi hanno ritirato il Premio dalle mani di mons. Claudio Maria Celli. Come la Chiesa, essi pongono al centro della loro cura artistica e del loro interesse cinematografico, l’uomo nella sua completezza e complessità. Eccellenza, è un impegno etico condiviso sui cui riflettere:
R. – Credo che questo gesto della Chiesa, con la decisione di attribuire il Premio Bresson ai fratelli Dardenne, abbia per noi un significato profondo: la Chiesa è attenta alla realtà del cinema e in questo caso è molto attenta all’opera di questi due fratelli, perché con tono delicato ma incisivo e attento, stanno cercando di capire quale sia la vita dell’uomo di oggi, quali le angustie e i desideri, le sofferenze e le angosce. Credo che i fratelli Dardenne abbiano cercato – attraverso la loro opera – di scavare l’animo dell’uomo di oggi per percepirne gli aneli, le speranze. Quindi, mi sembra che risieda in questo l’importanza del Premio. Non si tratta solamente di due registi attenti a tematiche religiose, ma direi che entrambi danno un significato più vero, più profondo al termine di "religiosità": perché è un’attenzione precisa e serena a quello che l’uomo vive, a ciò che l’uomo sperimenta. Un’opera, dunque, che vuole cogliere l’uomo in tutte le sue dimensioni, con un riferimento particolare proprio al cammino dello spirito. Direi in sintesi che questo è il significato del Premio Bresson di quest’anno: un’attenzione mirata all’uomo e al suo camino come uomo, ma con una umanità ricca di intensità spirituale.
Quando il cinema fa scelte di alto profilo, pur se rischiose o discutibili, aiuta certo a capire l’uomo e il mondo, il cuore e l’anima, arricchisce e suscita domande sulla verità e la vita, sulla responsabilità e la coscienza. Non trova, eccellenza, che sia un mirabile strumento in mano al cristiano?
R. – Direi che è uno splendido strumento, non sempre utilizzato. Ricordo nella mia vita di giovane, nella mia vita di sacerdote ed anche adesso al Pontificio Consiglio il significato profondo di questo Premio: vedere proprio dove e cosa cerca il film oggi. Io ritengo che, ancora una volta, la Chiesa proprio attraverso questi film, questa ricerca può aiutare l’uomo proprio a ritrovare il senso della sua vita e il senso dei valori che contano. (mg)
Jean-Pierre e Luc Dardenne: oggi vi viene conferito un Premio di ispirazione cattolica: che cosa significa per la vostra vita e la vostra carriera?
R. – Moi, je penses que dans la religion catholique...
Io penso che nella religione cattolica ci sia una dimensione universale molto forte e che l’interesse per la sofferenza umana sia lì, nella religione stessa. Credo che il nostro film, il nostro cinema, si interessi a questa stessa sofferenza. Quindi ritengo che un premio – sia esso di ispirazione cattolica o protestante o ebraica – debba secondo noi interessarsi all’essere umano, alla sua fragilità, alla sua sofferenza e alle sue speranze. (mg)
Chiesa e politica. Il cardinale Bagnasco: la testimonianza dei cristiani sia visibile
◊ Una “forma alta di carità”: così da sempre la Chiesa definisce la politica, intesa nel significato originario di amore per la polis, in cui il politico, spinto dall’amore per la società, si dedica alla giustizia, valore morale che riconosce a ognuno il suo. Così il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco ha parlato dei rapporti tra Chiesa e politica ieri sera nel suo intervento presso la "Summer School" di Frascati promossa dalla Fondazione Magna Carta. Una politica che ha a cuore la natura umana e non le peculiarità individuali, una politica che difende il patrimonio ideale che consente a un popolo di sentirsi “famiglia”, perché l’uomo, come ha bisogno della volta stellata e degli orizzonti sconfinati, così ha bisogno di una casa, di un luogo dove tutto è familiare, dove coltivare gli affetti e dove raccogliersi. La Chiesa, con le parrocchie, i gruppi e le comunità, offre a ognuno l’esperienza della casa. Nella sua lectio magistralis, il cardinale Bagnasco è tornato a parlare del rapporto tra politica e Chiesa: “Si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendole la sfera del privato – ha detto – a tutti si riconosce la libertà di coscienza, mentre dai cattolici si pretende che prescindano dalla fede che forma la loro coscienza”. Il cristianesimo, però, è la religione dell’Incarnazione e nel Vangelo Gesù dice: “Voi siete il sale della terra (…) siete la luce del mondo”, esprimendo, così, la necessità dell’annuncio della Parola al quale l’uomo è chiamato e per il quale i cristiani devono essere dentro al mondo senza assimilarsi ad esso. L’unico sale della storia è Cristo, che salva dalla morte, e i credenti devono essere nel mondo suoi testimoni, luci visibili della presenza cristiana. Certi valori, infatti, come “nel campo della vita e della famiglia, della concezione della persona, della libertà e dello Stato non sono negoziabili”, ha aggiunto il porporato. Sono valori per cui vale la pena morire e lì dove non c’è nulla che valga il sacrificio estremo, là è anche difficile vivere. In chiusura il cardinale Bagnasco ha poi citato Tomas Eliot, il quale credeva che la forza dominante nella creazione fosse proprio la religione: “Non credo che la cultura dell’Europa potrebbe sopravvivere alla sparizione completa della fede cristiana – scriveva – se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura”. (A cura di Roberta Barbi)
Vietnam: il nunzio apostolico mons. Girelli visita Hue, La Vang e il Vietnam centrale
◊ Il rappresentante pontificio non residente in Vietnam, l’arcivescovo Leopoldo Girelli, sta compiendo da sabato scorso un viaggio pastorale nel Paese, che durerà fino al 18 settembre. E’ la terza visita che il rappresentante pontificio compie alla Chiesa vietnamita. Migliaia di fedeli e sacerdoti hanno accolto mons. Girelli nel Centro pastorale dell’arcidiocesi di Hue, in una cerimonia di accoglienza che ha rispettato i canoni tradizionali del Vietnam. L’arcivescovo Etienne Nguyễn Như Thể - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha salutato il rappresentante affermando che “la sua presenza fra di noi riflette la presenza del Papa, il suo amore e la sua preoccupazione di padre per la diocesi. Offriamo al Santo padre la nostra sincera gratitudine, e ringraziamo per la presenza e l’amore che offrite”. Mons. Girelli ha risposto: “Porto la benedizione di papa Benedetto XVI all’arcidiocesi di Hue. Sono molto felice ed emozionato per questa mia prima visita nella diocesi, e vi ringrazio per l’accoglienza. E voglio dirvi che il Santo Padre spera che la Santa sede avrà relazioni diplomatiche ufficiali con il Vietnam”. Sabato scorso, dopo il suo arrivo, l’arcivescovo Girelli si è incontrato con sacerdoti e religiosi della diocesi. Li ha esortati a seguire l’esempio di Gesù Buon pastore, e soprattutto a vivere in uno spirito di comunione. Comunione con i vescovi e la Chiesa, e in particolare con l’arcidiocesi di Hue. Ha ascoltato i sacerdoti e si è intrattenuto con loro. Ha parlato delle autorità civili, sottolineando la necessità di una collaborazione fra la Chiesa e l’amministrazione laica, in uno spirito di cooperazione reciproco. Grazie al dialogo e alla buona volontà, ha detto, è possibile sin da ora migliorare la situazione. L’arcivescovo ha risposto ad alcune domande dei giornalisti. Ha illustrato così anche le sue speranze: “Un rappresentante pontificio residente in Vietnam, un maggior numero di vocazioni sacerdotali, e una ferma unità e comunione fra la Chiesa del sud e del nord del Vietnam. Per avere una buona cooperazione con i vescovi, i sacerdoti devono obbedire ai vescovi in tutto”. Il rappresentante pontificio visiterà in questi giorni le istituzioni della diocesi di Hue, e celebrerà messa al santuario nazionale mariano di Nostra Signora di La Vang, nella provincia di Quang Tri. In seguito si sposterà a Da Nang, Qui Nhon, Kon Tum, Ban Mê Thuật e Nha Trang. Inontrerà anche autorità civili a Quang Tri e Thua Thien. (R.P.)
Ancona. Il cardinale Re al concerto di Allevi: "Non solo arte ma anche godimento spirituale"
◊ “Un evento non solo artistico e culturale, ma anche un godimento spirituale”. Così il cardinale Giovanni Battista Re, delegato pontificio al XXV Congresso eucaristico nazionale di Ancona, ha definito il concerto del maestro Giovanni Allevi, che ieri sera - riferisce l'agenzia Sir - ha riempito l’area della Fincantieri, suonando con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana sullo stesso palco dove domenica prossima è atteso il Papa, per l’evento culminante delle Giornate marchigiane. “Qui si fronteggiano la cattedrale di fede, san Ciriaco, che ci guarda dall’alto, e la ‘cattedrale laica’ dell’area Fincantieri, simbolo della gente che lavora”, ha fatto notare mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, chiamato sul palco insieme al cardinale, al termine del concerto, dalla conduttrice Lorena Bianchetti. Durante lo spettacolo di musica e parole, tutto incentrato sulle varie declinazione del “desiderio”, si sono alternati i pezzi del maestro Allevi, con piano solo e insieme all’orchestra, e le letture dell’attore Luca Violini. (R.P.)
Giornata Onu per l’alfabetizzazione: nel mondo ancora 793 milioni di analfabeti
◊ Ricorrerà giovedì 8 settembre l’XVIII Giornata internazionale per l’alfabetizzazione, promossa dall’Unesco, il cui tema scelto per quest’anno è “L’alfabetizzazione per la pace”. Per l’occasione, riferisce il Sir, l’Unesco ricorda che, “nonostante il notevole e diversificato impegno, l'alfabetizzazione rimane un obiettivo non ancora raggiunto”. Nel mondo, infatti, “circa 793 milioni di adulti, uno su sei, sono analfabeti; inoltre il 67,4 milioni di bambini rimane escluso dalla scuola e molti di più la frequentano con irregolarità o conoscono il fenomeno dell’abbandono scolastico. Per favorire l’alfabetizzazione, l’Unesco attribuisce ogni anno premi ai progetti più innovativi in materia. Ispirati come sempre al tema della Giornata, in quest’edizione i riconoscimenti sono dedicati al legame tra alfabetizzazione e peace-building, con particolare attenzione all’uguaglianza tra uomo e donna. Nel corso di una cerimonia che si svolgerà giovedì a Nuova Delhi, verranno premiati con 20mila dollari ognuno, un diploma e una medaglia, alcuni programmi avviati in Usa e nella Repubblica Democratica del Congo, in Burundi e in Messico. Una menzione di merito, infine, verrà riservata a due progetti elaborati in Pakistan e nelle Filippine. (G.I.)
Pakistan: soprusi contro i cristiani in politica e nella società, nel silenzio dei media
◊ Un deficit di trasparenza e di rappresentatività. Un meccanismo di selezione basato sul clientelismo e condizionato dalla corruzione. In molti casi affidato alla scelta di partiti musulmani. I cristiani in Pakistan vedono come “fumo negli occhi” l’entrata in vigore del provvedimento (il 18° emendamento), avvenuta nei giorni scorsi, che riserva alle minoranze religiose 4 seggi del Senato pakistano per ogni provincia. Secondo fonti dell'agenzia Fides nella comunità cristiana in Pakistan, “la selezione dei candidati è appannaggio dei partiti, che sono per la maggior parte islamici. E potrebbe avvenire su base di criteri puramente finanziari, cioè valutando il contributo, in milioni di rupie, che un candidato può dare al partito”. Il seggio dunque, “viene venduto al miglior offerente e non sempre finirà a cristiani o indù”. Inoltre tale meccanismo, “penalizza la rappresentatività, le reali capacità dei candidati, la trasparenza”. Favorendo l’arbitrio, “si privilegiano, attraverso logiche di corruzione e clientelismo, personaggi che intendono solo trarre vantaggi politici personali e che non tuteleranno in alcun modo i diritti delle minoranze”. Inoltre i cristiani sollevano un interrogativo: alcune aree (come le aree tribali della Federally Administered Tribal Areas, Fata) non hanno minoranze religiose, dunque in tal caso i seggi a chi saranno assegnati? Perché non usare, allora il criterio elettivo per assegnarli? “Vi sono soprusi continui, a danno dei cristiani e della minoranze religiose, nella politica e nella società del Pakistan. Episodi di violenza possono scoppiare in qualsiasi momento. Ma tutto accade nel silenzio dei mass media”, afferma padre John Shakir Nadeem, direttore di “Radio Veritas” in lingua urdu e segretario della Commissione per le comunicazioni sociali in seno alla Conferenza episcopale del Pakistan. I mass media pakistani ignorano problemi come quello dei seggi in Senato e “tutte le questioni relative alle minoranze religiose: questa è una conferma dell’emarginazione e delle condizioni di discriminazione che i cittadini cristiani subiscono. Tutti dicono ufficialmente – prosegue padre Nadeem – che le minoranze in Pakistan godono di pieni diritti. Ma nei fatti non è così. Anche i giornalisti che parlano di tali situazioni, come le sofferenze dei cristiani o i diritti calpestati delle minoranze sono sotto pressione e spesso ridotti al silenzio”. (R.P.)
Kazakistan: preoccupazione per la nuova riforma che restringe la libertà religiosa
◊ Giro di vite in Kazakistan nel campo della libertà religiosa: il presidente Nursultan Nazarbayev ha imposto al Parlamento l’approvazione, entro la sessione che si conclude nel giugno 2012, di una riforma che modifica in senso restrittivo la possibilità di professare la propria religione. “Occorre riportare l’ordine a casa nostra”, sono state, secondo quanto riportato dall'agenzia AsiaNews, le parole del presidente che segue il principio “Una nazione, una religione”. Tra le modifiche alla legge, anche nuove regole per la registrazione delle comunità, comprese quelle che l’avevano ottenuta già prima del 1991, cioè prima dell’indipendenza del Kazakistan. Molti, come le Chiese battiste e alcune piccole Chiese protestanti, rifiutano di chiedere nuovamente la registrazione e si sono rivolte all’agenzia Forum 18: il timore è che si ripropongano le medesime regole restrittive che il Consiglio costituzionale kazako aveva già bollato come incostituzionali nel 2002. Secondo la Costituzione kazaka, infatti, tutte le religioni possono essere ammesse nel Paese in condizioni di uguaglianza, ma nel tempo sono stati proposti emendamenti in nome di esigenze come la sicurezza nazionale e l’antiterrorismo islamico e ora, per questa riforma, non è stato neanche chiesto il parere dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa che condannò già il pacchetto risalente al 2002, poi dichiarato incostituzionale. Intanto si moltiplicano nel Paese le discriminazioni nei confronti di fedeli e chiese definite “non autorizzate”. (R.B.)
Soddisfazione del Patriarca Bartolomeo I per i beni restituiti alle minoranze religiose
◊ La Turchia restituirà alle minoranze religiose non islamiche presenti nel Paese tutte le proprietà sequestrate dopo il 1936 e questo “è solo l’inizio” di una nuova politica, promette il primo ministro Erdogan. La notizia ha suscitato la soddisfazione del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, che ne ha parlato anche ieri, riferisce l'agenzia AsiaNews, nel corso della festa della Sacra Zona di Nostra Signora presso la Madonna di Souda: “È un momento di grande gioia non soltanto per noi cristiani ortodossi – ha detto – ma per tutte le minoranze che vivono da secoli su queste terre”. È una decisione storica, infatti, quella che Ankara ha preso dopo oltre 70 anni, e che si formalizza in un decreto che restituisce ai greco-ortodossi, agli armeni, agli ebrei e ad altri gruppi, migliaia di proprietà indebitamente sequestrate dal governo. L’obiettivo è stato raggiunto anche grazie a una continua azione diplomatica da parte della comunità internazionale e in particolare dell’Unione europea. “Se la Turchia si ritiene uno Stato di diritto, tutto deve realizzarsi nel contesto della giustizia e non dell’illegalità”, ha commentato ancora, entusiasta, il Patriarca, che intanto, nella speranza che presto possa riaprire la scuola teologica di Chalki, chiusa dal governo nel 1971, ha nominato mons. Elpidoforos Lambrinidis, metropolita di Bursa, priore del monastero di Agia Triada e direttore degli studi della scuola che appartiene al monastero. (R.B.)
Giornata della cultura ebraica: migliaia di visitatori alla scoperta dell'ebraismo
◊ Si è conclusa ieri con un successo pubblico la Giornata europea della cultura ebraica 2011, con decine di migliaia di visitatori nelle sessantadue località italiane che si sono animate di eventi a carattere ebraico. “Un successo – si legge in un comunicato diffuso ieri sera dall’Ucei e ripreso dall'agenzia Sir - sia per la partecipazione del pubblico, malgrado la pioggia in alcune parti della penisola, sia per la buona gestione organizzativa, in grado di proporre e coordinare centinaia di visite guidate, mostre, concerti, conferenze e spettacoli in tutto il Paese”. Tema centrale di quest’edizione “Ebraismo 2.0 dal Talmud a Internet”. “Un risultato ampiamente soddisfacente”, per l’Unione delle Comunità ebraiche italiane. “Da molto tempo non si manifestava un interesse così spiccato e un desiderio così esplicito di conoscere la nostra cultura – ha detto il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna -. La nostra risposta non può che essere, come simbolicamente è questa Giornata, l’apertura delle porte dei luoghi dedicati alla cultura e alle tradizioni ebraiche per proseguire, con tutti coloro che dimostrano la loro disponibilità, il cammino della reciproca conoscenza, della comprensione e del rispetto”. Anche quest’anno, in occasione della Giornata europea della cultura ebraica, la Coreis (Comunità religiosa islamica) Italiana ha manifestato ieri la sua vicinanza “ai fratelli Ebrei” partecipando alle manifestazioni che si sono svolte nelle maggiori città italiane. “La Coreis Italiana partecipa sentitamente a questa giornata dedicata alla cultura ebraica – si legge in un comunicato diffuso questa mattina - come occasione di sostegno ai propri fratelli Ebrei, con i quali dialoga ormai da decenni a dimostrazione che le vere fedi uniscono nell’aspirazione comune alla pace e all’elevazione interiori”. A Milano una delegazione della Coreis, guidata dal suo vicepresidente l’Imam Yahya Pallavicini, è stata ricevuta in Sinagoga. L’Imam è stato accolto dal presidente della Comunità ebraica Roberto Jarach. A Torino la Coreis-Sezione Piemonte, ha ricevuto i saluti ufficiali della Comunità ebraica con il nuovo Presidente Beppe Segre e il rabbino capo, Rav Eliyhau Birnbaum, di recente nomina. A Genova l’Imam della Coreis Abu Bakr Moretta e il responsabile della Coreis-sezione Liguria, Mumin Berardi, sono stati accolti dal Rav Giuseppe Momigliano mentre una delegazione della Coreis-sezione Triveneto è intervenuta pubblicamente in Sinagoga. Nel pomeriggio la delegazione si è recata a visitare il cimitero ebraico di Vicenza dove era presente anche il vescovo vicentino, mons. Beniamino Pizziol. (R.P.)
Mozambico: a Maputo 600 danzatori aprono i Giochi africani
◊ “Un inizio memorabile”: così ha titolato il quotidiano ‘Notícias’ la notizia sull’inaugurazione, sabato sera, della X edizione dei Giochi africani, per la prima volta ospitati dal Mozambico. A dare il via alla manifestazione - riporta l'agenzia Misna - è stato lo stesso presidente Armando Guebuza assistendo alla sfilata di 37 delegazioni nazionali africane delle 47 presenti ai Giochi, presso il nuovo stadio di Zimpeto, a Maputo. Un inizio variopinto, in cui l’Africa si è ritrovata con i suoi tanti e diversi volti, compreso quello della Libia che, nonostante un conflitto ancora in corso, sta partecipando. “Che prevalga la sana competizione sportiva in tutte le prove e che vincano i migliori” ha detto Guebuza dando poi spazio al sassofono di Moreira Chonguiça e a 600 danzatori che hanno interpretato un ballo dal titolo “Africa mitica”. Ai Giochi partecipano circa 5000 atleti e il programma ufficiale prevede gare fino al 18 settembre. Il governo ha previsto l’afflusso di circa 30.000 turisti e spera che i Giochi possano costituire un ulteriore incentivo per lo sviluppo del paese ma anche per una maggiore coesione nazionale. (R.P.)
Malnutrizione e analfabetismo: i problemi dei rifugiati somali nel Corno d’Africa
◊ Una nutrizione adeguata e la ripresa delle attività scolastiche sono, ora, le esigenze primarie dei profughi che hanno lasciato la Somalia spinti dall’aggravarsi della siccità, e hanno raggiunto i campi allestiti in Etiopia e in Kenya. L’Acnur riferisce, in particolare, della situazione di Kobe, nell’area di Dollo Ado, dove il 19% dei bambini soffre di malnutrizione acuta che si concretizza in seri rischi per i minori di cinque anni d’età e dove il tasso si prevede che resti alto nelle prossime settimane, a meno di un cambiamento delle condizioni di vita. Così l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, insieme con la Croce Rossa internazionale e le associazioni partner, ha deciso di aumentare i punti di distribuzione di cibo nei campi, di aprire nuovi centri di recupero nutrizionale e di assicurare che l’alimentazione dei malnutriti sia adeguata: a tale scopo il materiale dell’Acnur è già stato trasferito ad Addis Abeba con un ponte aereo e presto ne inizierà la distribuzione. Contemporaneamente sarà avviata una campagna di sensibilizzazione per incoraggiare i malnutriti ad accedere ai servizi sanitari. Quanto alla scuola, questa dovrebbe iniziare tra una settimana a Dadaab, in Kenya, il complesso di campi per rifugiati più grande del mondo, che ospita circa 40mila bambini. Per ora qui c’è un solo insegnante, anch’egli rifugiato, ogni cento bambini e il tasso d’iscrizione scolastica rimane basso, ma serve comunque il materiale, al quale sta provvedendo l’organizzazione Care con un programma di alfabetizzazione accelerata di cui beneficiano 1500 bimbi tra i cinque e gli undici anni. (R.B.)
Sudafrica. L’allarme di Human Rights Watch: in crescita la mortalità materna
◊ Human Rights Watch lancia l’allarme sull’aumento del tasso di mortalità materno che in Sudafrica, soprattutto a causa dell’imperversare del virus dell’Hiv, è circa quadruplicato dal 1990 a oggi, mentre nel resto dell’Africa sub sahariana, nello stesso periodo, si è ridotto di un quarto. Nello studio dell’organizzazione, intitolato “Stop making excuses: accountability for maternal health care in South Africa”, riporta l'agenzia Fides, si legge di donne in travaglio rimandate a casa senza visite o lasciate a se stesse per ore o per giorni; donne maltrattate fisicamente e verbalmente dal personale ospedaliero, oberato di lavoro e sottopagato; neomamme ancora deboli dopo il parto costrette a trasportare i loro bambini per tutto l’ospedale. Inoltre, si ha notizia anche di donne affette da Hiv che hanno subito pesanti discriminazioni e umiliazioni all’interno dei nosocomi. Tra le altre cause dell’incremento della mortalità materna, sulla quale manca un’inchiesta demografica dal 2003, le politiche degli acquisti che hanno monopolizzato l’acquisto di farmaci, privando, di fatto, gli ospedali di quelli salvavita. (R.B.)
Malawi: la Chiesa cattolica difende il presidente dei vescovi accusato di essere di parte
◊ “La Chiesa non si identifica con alcuna parte politica ed è quindi assurdo pensare che l’intervento del Presidente della Conferenza episcopale sia stato influenzato dall’opposizione”. È questo il senso della dichiarazione firmata da tre associazioni (dei sacerdoti diocesani, dei religiosi e delle religiose) per respingere le accuse da parte del Presidente del Malawi, Bingu wa Mutharika, nei confronti di mons. Joseph Mukasa Zuza, vescovo di Mzuzu e presidente della Conferenza episcopale del Malawi. Il 16 agosto, in occasione di un incontro di preghiera per la pace in Malawi promosso dalla principali confessioni religiose del Paese, mons. Zuza aveva affermato che la Presidenza “deve smettere di soffocare la società civile, la stampa, il potere giudiziario e la democrazia che tanto è costata al Paese”. L’intervento di mons. Zuza era stato criticato dal Presidente, che aveva affermato che il vescovo era stato influenzato dall’opposizione. “Alcune persone stanno insinuando che mons. Zuza sia stato influenzato da elementi dell’opposizione, mentre altri affermano che abbia voluto attaccare il Presidente della Repubblica” si legge nel comunicato, inviato all’agenzia Fides, firmato dalla Association of Diocesan Catholic Clergy of Malawi, dalla Association of Religious (Women) Institutes of Malawi, e dalla Association of Men Religious Institutes of Malawi. “Vorremmo ricordare a coloro che occupano posizioni di leadership politica che i vescovi, come leader della Chiesa, non entrano nel campo della mere questioni politiche. Come tale, l'ufficio del vescovo e la Chiesa cattolica non possono essere identificati con alcun partito politico o tipo di governo. È quindi ingiustificato insinuare che il Presidente della Conferenza episcopale del Malawi sia stato ispirato da alcuni elementi dell'opposizione” afferma il comunicato. Nel documento si denunciano inoltre minacce e intimidazioni nei confronti dei leader religiosi che svolgono il loro “ruolo profetico”: “Ogni tentativo di attaccare il clero, è un attacco alla Chiesa” avverte il comunicato. Il Malawi sta vivendo una gravissima crisi politica ed economica. Il 20 agosto il Presidente Bingu wa Mutharika ha licenziato l’intero governo, assumendo l’interim di ben 42 Ministeri, mentre diversi movimenti di opposizione e della società civile hanno annunciato nuove manifestazioni di protesta. (R.P.)
Kenya: l’Associazione Lvia accanto alla popolazione per la fornitura di acqua pulita
◊ L'Associazione di solidarietà e di cooperazione internazionale Lvia è in prima linea in Kenya nel sostegno della popolazione che soffre della mancanza d’acqua a causa della siccità che ha colpito l’intero Corno d’Africa. Una delle regioni più problematiche, riferisce L'agenzia Sir, è il Meru, dove l’associazione sta provvedendo con un’opera di estensione di un acquedotto per un totale di 580 km, la realizzazione di sistemi di filtraggio, la potabilizzazione dell’acqua e la formazione di tecnici locali, a beneficio di una popolazione di circa 200mila persone. Nei distretti di Merti-Sericho, regione di Isiolo, invece, si sta provvedendo al bisogno immediato della popolazione, che qui ammonta a circa quattromila persone, attraverso il trasporto di acqua per mezzo di autobotti. Il presidente dell’associazione, infatti, spiega come l’intervento di Lvia agisca sia nel breve come nel lungo termine: “Un impegno che vuole essere una risposta all’emergenza, ma anche finalizzato a rinforzare le strutture e le capacità locali per scongiurare crisi future”. (R.B.)
Sri Lanka: mancano gli insegnanti per 100 mila bambini residenti nelle zone dei conflitti
◊ Dopo anni di interruzioni a causa dei conflitti in corso nella zona settentrionale dello Sri Lanka, migliaia di studenti possono finalmente ritornare a scuola, ma mancano gli insegnanti. In 26 anni di guerra, le scuole sono state distrutte e i bambini non hanno avuto più alcun accesso all’istruzione. Adesso che, a distanza di oltre due anni dalla dichiarazione della vittoria del Governo sulle Tigri Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam) molte strutture sono state riparate e gli studenti preparati al rientro, mancano gli insegnanti. La situazione nella parte meridionale di Vavuniya è allarmante. Su 197 insegnanti di inglese ce ne sono meno della metà. Su 199 di scienze ce ne sono 87. Tuttavia la situazione è ancora più complicata - riferisce l'agenzia Fides - nei due distretti rurali di Vavunjya, Vavuniya Nord e Chettikulam, dove ci sono solo due insegnanti per 10 classi. Situazione simile nel distretto di Kilinochchi, dove mancano ancora 400 docenti. A non invogliare i docenti contribuiscono anche le precarie condizioni dei sistemi di trasporto, le sistemazioni e la mancanza di strutture di base, come l’acqua potabile e i servizi sanitari. Nel 2010 il governo ha preparato 1500 insegnanti e dirigenti, offrendo anche una sessione per la formazione di 50 consiglieri nella zona, più altri programmi per limitare le carenze di insegnanti di inglese, matematica, scienze e informatica. Secondo il Joint Plan of Assistance Northern Province 2011, pubblicato dal governo dello Sri Lanka, su un totale di 1016 scuole nella provincia settentrionale, 850 sono operative. Di queste, 720 sono state riparate e, almeno 114 nella provincia saranno ulteriormente ristrutturate e migliorate. Dallo stesso rapporto risulta che 100 mila bambini in età scolare vivono a Vavuniya. Il rilancio dell’istruzione sta già avendo un impatto positivo con i bambini e le famiglie desiderosi di tornare alla normalità, secondo quanto riferito dagli insegnanti e dai loro allievi. Su 179 studenti che nel 2010 hanno sostenuto un esame a livello nazionale per una borsa di studio quinquennale, 81 sono stati ammessi. (R.P.)
Cina: nell'He Bei mons. An consacra una chiesa tornata alla comunità cattolica
◊ “Non c’è niente di male se una chiesa è piccola e semplice. Basta che possiamo pregarvi e celebrare l’Eucaristia. E’ importante avere un tempio di Dio anche nel nostro cuore, adornato dalla preghiera e delle opere buone, perché siamo veramente dei figli degni del Suo nome”: così mons. Francesco An Shu Xin, coadiutore della diocesi di Bao Ding nella provincia dell’He Bei, ha esortato i fedeli durante la consacrazione della chiesa del villaggio di Sui Cheng. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, oltre 300 fedeli hanno preso parte alla consacrazione che si è svolta il 30 agosto. La Messa è stata concelebrata da 15 sacerdoti, con la partecipazione delle religiose della Congregazione diocesana delle Piccole Sorelle di Santa Teresina e della Congregazione diocesana del Cuore Immacolato di Nostra Signora. Il villaggio di Sui Cheng conta circa 3.000 persone, di cui un centinaio sono fedeli cattolici. A loro si sono aggiunti molti altri fedeli venuti per la circostanza dai dintorni. Secondo i fedeli locali “la nuova chiesa ci ha permesso di pregare e di celebrare l’Eucaristia come si deve. Ma nello stesso tempo è anche un richiamo all’evangelizzazione”. Questa chiesa venne costruita dai missionari lazzaristi francesi nel 1901 e dedicata al Sacro Cuore di Nostra Signora,. Dopo la rivoluzione culturale cinese, grazie all’impegno del vescovo e dei sacerdoti diocesani, la chiesa che era stata adibita ad altri usi profani per lunghi anni, è potuta finalmente tornare alla comunità cattolica all’inizio di questo anno. Ma ormai era completamente distrutta. I sacerdoti e i fedeli hanno deciso quindi di ricostruirla con le loro mani e l’hanno fatto in soli due mesi: oggi la comunità locale si può riunire in un edificio lungo 15 metri, largo 6 metri a alto 7 metri, che accoglie 300 fedeli. (R.P.)
Comunità di Bose: Convegno internazionale di spiritualità ortodossa
◊ Si apre mercoledì prossimo al Monastero di Bose il XIX Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa centrato quest’anno sul tema de “La Parola di Dio nella vita spirituale”. A promuovere l’evento - riferisce l'agenzia Sir - è il Monastero di Bose in collaborazione con le Chiese Ortodosse. Il convegno raccoglie alcuni tra i maggiori biblisti e i più autorevoli esponenti delle diverse Chiese ortodosse e desidera quest’anno “mettere a tema – si legge in un comunicato - questa essenziale unità di Scrittura santa ed esegesi nello Spirito, Parola di Dio e vita spirituale, realizzata in forme e modi diversi tra Oriente e Occidente, ma con una forte convergenza sulla realtà pneumatica della Scrittura”. “Si rifletterà – prosegue il comunicato - non solo sulla tradizione del passato, ma anche sull’oggi delle diverse chiese: dalla celebrazione liturgica all’importanza della Bibbia per la teologia ortodossa, dal rapporto tra esegesi storico-critica e lettura ecclesiale della Bibbia a quello tra esegesi e vita spirituale”. Nella giornata inaugurale, interverranno il priore di Bose, Enzo Bianchi e il metropolita Chrysostomos di Messenia (Chiesa ortodossa di Grecia), con una relazione sulla Bibbia nella celebrazione liturgica. Concluderanno i lavori del convegno il metropolita Elpidophoros di Bursa del Patriarcato di Costantinopoli (La Sacra Scrittura nella vita spirituale) e il metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca (L’importanza della Bibbia per la Teologia ortodossa). Da parte della Chiesa cattolica parteciperanno ai lavori, il card. Angelo Sodano, decano del Sacro Collegio, il cardinale Achille Silvestrini presidente emerito della Congregazione per le Chiese orientali, il vescovo di Pistoia Mansueto Bianchi presidente della Commissione ecumenismo e dialogo interreligioso della Cei, il vescovo di Biella Gabriele Mana, ordinario del luogo e di Ivrea Arrigo Miglio, segretario della Cep, don Andrea Palmieri officiale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Presenti anche delegati del patriarca ortodosso romeno Daniel, della Chiesa apostolica armena, del Catholikos di tutti gli armeni, dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams e del Consiglio Ecumenico delle Chiese Olav Fikse Tveit. Di particolare rilievo è la presenza di monaci e monache, provenienti da monasteri ortodossi (Grecia, Russia, Bulgaria, Romania, Monte Sinai, Armenia, Stati Uniti), cattolici e riformati (Belgio, Francia, Italia, Svizzera, Ungheria). Un’intera sezione del convegno sarà dedicata alla Bibbia nell’esperienza monastica oggi. (R.P.)
Il presidente della Banca Centrale Europea: vigilare sui conti pubblici è una priorità
◊ Avvio di settimana difficile per le borse europee. Oggi, infatti, i principali listini del vecchio continente hanno aperto in calo dopo la chiusura negativa delle piazze asiatiche. Intanto dalla Banca Centrale Europea arriva un nuovo monito ai governi. Eugenio Bonanata:
Bisogna fare di più per fermare la crisi. Lo ha detto il presidente della Banca Centrale Europea, Jan Claud Trichet, che durante un convegno a Parigi ha definito un “imperativo assoluto” giungere ad una vigilanza comune sui conti pubblici nazionali. E’ un problema di governance e tra le priorità ci sono severità e incisività e, quindi, interventi centralizzati per la riduzione del deficit. Serve poi l’istituzione di un ministro delle Finanze comune, che dovrà vigilare soprattutto sul settore finanziario. Il discorso del numero uno della Bce si basa dunque sul rafforzamento del patto di stabilità e di crescita anche attraverso misure come la liberalizzazione del mercato del lavoro seguendo in questo l’esempio della Germania. Dall’Italia, invece, il ministro Tremonti insiste sulla necessità degli Eurobond mentre il Paese, insieme alla Grecia, resta al centro delle attenzioni di Bruxelles. Il presidente dell’Ue van Rompuy, a poche ore dalla sua missione in Germania e in Finlandia, ha ribadito che occorre esercitare pressioni diplomatiche su questi Paesi escludendo peraltro l’uscita di Atene dalla zona Euro. Dal canto suo, invece, il presidente della Commissione, Barroso, ha provato ad infondere sicurezza. Stiamo facendo di tutto – ha affermato - e la crescita dell’Europa sarà moderata, ma non ci sarà alcuna recessione.
Italia-manovra
In Italia prosegue l’iter della manovra anticrisi. Dopo il via libera della Commissione Bilancio, il provvedimento domani arriverà all’esame del Senato. Il governo che sembra escludere il ricorso alla fiducia. Sempre critiche le opposizioni, mentre la Cgil ha annunciato che il sindacato è pronto a ricorrere alla Corte Costituzionale contro l'articolo 8 della manovra, che rende più facili i licenziamenti. Domani, intanto, sciopero generale indetto proprio dalla Cgil.
Egitto
La terza udienza per il processo a carico del deposto presidente egiziano Hosni Mubarak, iniziata questa mattina presso l'accademia della polizia del Cairo, è stata sospesa dopo una rissa scoppiata tra gli avvocati della difesa e quelli delle vittime della repressione contro la rivoluzione di gennaio, che si sono costituiti parte civile. Nella gabbia degli imputati anche i due figli, Alaa e Gamal, e l'ex ministro dell'Interno, Habib al Adly, contro i quali sono state mosse varie accuse, tra le quali quelle di corruzione. Una pratica che ha lasciato il Paese in una situazione economica drammatica, con milioni di persone che vivono in povertà assoluta. Quanto questo stato di cose ha influito sulla caduta di Mubarak? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesca Paci, esperta di Egitto del quotidiano La Stampa:
R. - In realtà la situazione economica è anche all’origine dei disordini contro Mubarak. Il punto a gennaio fu l’aumento dei prezzi del pane e di altri generi alimentari, fatto che però era già successo in passato. Negli ultimi 3-4 anni, l’Egitto era cresciuto, così come la Tunisia di Ben Alì e così come altri Paesi della regione, con punte anche del 3-4 per cento. Il problema era stato la redistribuzione delle ricchezze: il Paese aveva visto aumentare il bilancio dello Stato a tutto vantaggio della ristrettissima classe che era intorno a Mubarak e alla sua famiglia.
D. - Su una cosa non ci sono dubbi: l’Egitto è un Paese più che mai diviso. A dimostrarlo anche gli scontri che si sono avuti anche questa volta di fronte all’aula in cui era in corso il processo. Come sarà possibile risanare queste fratture tra sostenitori e oppositori di Mubarak?
R. - Il problema, in realtà, è che l’Egitto è un Paese diviso adesso in realtà molto più di quanto non fosse 4-5 mesi fa: i membri del disciolto partito di Mubarak erano e sono stati attivi fin dai primi giorni della rivoluzione e dopo la caduta del regime, però il Paese ha vissuto 2 o 3 mesi di luna di miele in cui tutte le differenze all’interno della popolazione, sia quelle religiose tra musulmani e copti, sia quelle culturali tra intellettuali e classi popolari, sia quelle sociali, sembravano appianate. Che cosa è successo nel frattempo? La giunta militare che tiene di fatto ad interim il governo - a detta dei manifestanti di piazza Tahrir, dei giovani, dei liberali - si è mossa troppo lentamente, ossia esitando un pochino anche nel portare a processo e far fuori quelli che erano stati ai vertici del passato regime. Inoltre, si sono organizzate e sono cresciute le forze religiose, in particolare i Fratelli musulmani, ma anche alla loro destra i salafiti, e si sono rafforzate, si sono strutturate a dispetto degli ex-compagni di piazza Tahrir. (bf)
Libia
In Libia sono fallite le trattative per la resa dei lealisti nella città di Bani Walid una delle ultime roccaforti ancora nelle mani dei sostenitori di Gheddafi. Lo hanno fatto sapere fonti dei ribelli prospettando così la possibilità di un attacco militare imminente. Intanto, mentre le condizioni di vita della popolazione si fanno sempre più difficili, la Cina ha smentito di aver fornito armi al regime fino al mese di luglio scorso. A riportare la notizia, un quotidiano canadese sulla base di alcuni documenti rinvenuti a Tripoli.
Siria
In Siria nuove operazioni delle forze di sicurezza contro gli oppositori del governo. Attivisti riferiscono di due civili uccisi ad Homs e di raid condotti anche nella città di Hama. Solo nella giornata di ieri, ci sono state almeno altre 12 vittime, mentre per la stampa libanese si aggrava la situazione umanitaria dei profughi siriani giunti nel nord del Libano. Intanto, in Siria, prosegue la missione del numero uno della Croce Rossa internazionale, Kellenberger, che sta cercando di ottenere il permesso per visitare i dimostranti finiti in prigione in questi mesi. Damasco, infine, ha accettato l’arrivo nel Paese del capo della Lega Araba, Nabil al-Arabi, nel tentativo di ricomporre la crisi.
Yemen
Nuove violenze nello Yemen nel’ambito della lotta contro presunti membri di Al Qaeda. Almeno sette i civili che hanno perso la vita in due raid aerei effettuati per errore dalle forze di Sanaa contro una moschea di Jaar, nel sud del Paese. Secondo i vertici dell’esercito nel mirino c’era una struttura gestita da sospetti appartenenti alla rete terroristica.
Nucleare Iran
Annuncio dell’Iran in merito al suo controverso programma nucleare. Il Paese si è detto pronto ad accordare all'Agenzia internazionale per l'energia atomica una ''supervisione completa'' del suo piano in cinque anni se verranno revocate le sanzioni internazionali. Ad affermarlo il capo del programma nucleare iraniano all'agenzia Isna.
Immigrazione
Sono 201 i minori non accompagnati presenti nelle strutture a Lampedusa. I giovani, , quasi tutti di età compresa tra i 15 e i 17 anni ma si registra la presenza anche di minori di 12, 13 e 14 anni, sono giunti nei mesi scorsi in Italia. 50 di loro dovrebbero lasciare l'isola nei prossimi giorni mentre gli altri sono in attesa di trovare una sistemazione e vengono assistiti dalle organizzazioni umanitarie presenti sul posto, come Save the Children. Il commento sulla situazione attuale di Carlotta Bellini, responsabile Protezione Minori della Onlus, intervistata da Francesca Smacchia:
R. – Sono minori che stanno attendendo di partire, anzi di ripartire, perché chiaramente arrivano da periodi di viaggio anche piuttosto lunghi; alcuni di loro sono in viaggio da anni e stanno attendendo di arrivare alla loro meta. Lampedusa non è un luogo che possa ospitare minori per periodi lunghi, dove il “lungo” supera sicuramente già la settimana, ma anche i tre giorni. Lampedusa, infatti, ha due centri: il centro di soccorso e prima accoglienza e la ex-base Loran, quindi una ex base militare, strutture utilizzate per ospitare tutti i migranti e tra di loro anche i minori.
D. – Come vengono gestiti e qual è il tipo di assistenza per questi giovani?
R. – Noi solleviamo da sempre la questione che queste strutture possono offrire un’accoglienza minima per tempi molto brevi. Una delle questioni più critiche è proprio anche la stessa limitazione alla libertà personale dei minori che sono costretti a rimanere nella struttura e, quindi, non hanno la possibilità di uscire: non possono, per esempio, andare a giocare a pallone, ma devono rimanere dentro la struttura… Quando questo accade per periodi piuttosto prolungati, a volte anche per due o tre settimane, la situazione diventa insostenibile.
D. - Quali sono le richieste di Save the children alle autorità competenti?
R. – Save the children da sempre - e questa rimane la nostra principale richiesta - chiede che i minori vengano trasferiti in tempi rapidi dall’isola verso la terraferma. Abbiamo supportato una soluzione individuata dal soggetto attuatore – che in termini tecnici è il soggetto che ha la responsabilità di implementare il piano sui minori non accompagnati - che ha individuato alcune comunità temporanee dove offrire standard di accoglienza migliori. (bf)
Mo-Cisgiordania
Sale la tensione in Cisgiordania. Ignoti hanno tentato di attaccare una moschea nella zona di Nablus nell’ambito degli scontri tra esercito israeliano e coloni per la demolizione di alcune costruzioni abusive. Il primo ministro palestinese Fayad in un comunicato ha accusato il governo dello stato ebraico in ragione dell’impunità garantita in passato agli autori di simili atti.
Mo-Abu Mazen
C’è attesa per il discorso che il presidente palestinese Abu Mazen dovrà pronunciare, entro domani, in merito alla richiesta del riconoscimento di uno Stato Palestinese in sede Onu. In queste ore si intensifica la pressione dell’amministrazione Obama, contraria all’iniziativa mentre l’ex primo ministro britannico Tony Blair, nelle vesti di inviato speciale del cosiddetto Quartetto per il Medio Oriente, sarà a Ramallah proprio per incontrare il presidente Abu Mazen al termine del vertice del suo partito, al Fatah.
Israele-Turchia
Ancora tensioni diplomatiche tra Turchia e Israele. Circa quaranta israeliani provenienti da Tel Aviv sono stati fermati e poi rilasciati all’aeroporto di Istanbul. L’episodio, denunciato dalle autorità dello Stato ebraico, arriva a pochi giorni dall’espulsione dell’ambasciatore israeliano da Ankara. All’origine della vicenda, vi è il rifiuto da parte di Israele di presentare le scuse ufficiali chieste dalla Turchia per il sanguinoso abbordaggio ai danni di una nave turca avvenuto l’anno scorso mentre tentava di rompere l’embargo su Gaza.
Afghanistan
Via libera in Afghanistan al pacchetto di sicurezza contro gli attacchi terroristici in vista del decimo anniversario dell’attentato alle Torri gemelle. Il presidente afghano Karzai ha precisato che un Accordo di cooperazione strategica con gli Stati Uniti èpossibile, ''ma a condizione che esso serva gli interessi nazionali del Paese''. Intanto, sono stati ritrovati i cadaveri dei due escursionisti tedeschi, scomparsi nella provincia centro-orientale di Parwan, a nord di Kabul. Sono da chiarire le cause del decesso.
Usa -Uragano Irene
Il presidente Usa, Barack Obama, ha visitato nel New Jersey, le zone più pesantemente colpite dall’Uragano Irene. In particolare il capo della Casa Bianca, accompagnato dal governatore repubblicano Chris Christie, si è soffermato a Paterson, una città di 150 mila abitanti sommersa dalle acque del fiume Passaic.
Cile
In Cile si concludono oggi i due giorni di lutto nazionale proclamati dal presidente Pinera in seguito all’incidente aereo di venerdì scorso, quando un velivolo dell’esercito con 21 passeggeri a bordo è precipitato in mare. Il mezzo era in missione per portare viveri alle isole colpite dal maremoto del 2010. Al suo interno, c’era anche una troupe televisiva guidata da un noto giornalista locale. Nella zona della sciagura proseguono le ricerche dei corpi delle vittime. (Panoramica Internazionale a cura di Eugenio Bonanata e Giorgia Innocenti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 248