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Sommario del 03/09/2011
◊ La Santa Sede riconosce la gravità degli abusi sessuali contro minori ad opera del clero, avvenuti nella Diocesi irlandese di Cloyne, e ribadisce la massima solidarietà alle vittime e alle loro famiglie, oltre alla piena collaborazione con le autorità irlandesi nella lotta con questo gravissimo crimine. Ma, allo stesso tempo, respinge recisamente come infondate le accuse, del presente e del passato, secondo le quali le autorità vaticane avrebbero cercato di ostacolare le inchieste su tali abusi. Si articola sostanzialmente attorno a questi punti il lungo documento con il quale la Santa Sede risponde oggi al governo d’Irlanda, in seguito alla pubblicazione, nel luglio scorso, del Rapporto Cloyne, accompagnato dalle forti critiche levate dall’esecutivo irlandese. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, sintetizza i contenuti della “Risposta” della Santa Sede in questa nota:
A seguito della pubblicazione del Rapporto della Commissione di inchiesta sulle vicende degli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero e sul modo in cui essi sono stati affrontati nella Diocesi di Cloyne, il Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri irlandese, Sig. Eamon Gilmore, lo scorso 14 luglio aveva convocato il Nunzio in Irlanda, consegnandogli copia del Rapporto e illustrandogli il punto di vista del Governo, e chiedendo una risposta della Santa Sede circa il Rapporto stesso e quanto riguardava più specificamente la Santa Sede. Come si ricorderà, pochi giorni dopo, il 20 luglio, il Primo Ministro, Sig. Enda Kenny, era tornato sull’argomento con un discorso in Parlamento e il Parlamento stesso aveva votato una mozione a riguardo. Il Nunzio era stato richiamato a Roma il 25 luglio per consultazioni.
L’attesa risposta è stata consegnata questa mattina alla Signora Helena Keleher, incaricata d’affari ad interim dell’Irlanda presso la Santa Sede ed è stata quindi resa pubblica dalla Sala Stampa della Santa Sede.
Si tratta di un documento in inglese, della lunghezza di oltre venti pagine, strutturato con chiarezza, in modo da affrontare tutte le questioni sollevate, e dare ad esse risposte argomentate e documentate, inserendole in una prospettiva di ampiezza adeguata.
Il documento si apre con il doveroso riconoscimento della gravità degli abusi avvenuti e delle serie mancanze messe in luce dal Rapporto sul modo di trattare le accuse a loro riguardo. Continua con la forte dichiarazione della condanna e dell’orrore per i crimini di abuso sessuale compiuti nella Diocesi, il profondo rincrescimento per le terribili sofferenze delle vittime e delle loro famiglie, la speranza di un cammino di guarigione. Ancora, si dichiara comprensione per i sentimenti di collera, confusione e amarezza diffusi anche fra la popolazione e i membri innocenti del clero della diocesi, che sono la maggioranza. Si manifesta viva preoccupazione per il fatto che il governo della Diocesi si sia manifestato manchevole nell’applicare - nella materia gravissima della protezione dei minori - sia le direttive proposte dalla Chiesa in Irlanda, sia le norme impartite dalla Santa Sede per tutti i Vescovi del mondo.
La precisa affermazione che tutto ciò non avrebbe mai dovuto avvenire è quindi il punto di partenza inequivoco della risposta della Santa Sede. L’introduzione conclude tuttavia con una nota positiva, invitando a riconoscere i passi compiuti dalla Chiesa in Irlanda nel comprendere la situazione e le esigenze di una adeguata salvaguardia dell’infanzia, tanto che lo stesso Cloyne Report riconosce che le linee adottate dalla Chiesa sono appropriate. Occorre quindi metterle efficacemente in pratica.
Il documento passa poi ad esaminare le questioni critiche sollevate nei confronti della Santa Sede.
Per quanto riguarda il Rapporto Cloyne il problema riguarda essenzialmente una Lettera indirizzata nel gennaio 1997 dall’allora Nunzio in Irlanda ai Vescovi del Paese sulle osservazioni della Congregazione del Clero a un Documento sulla questione degli abusi sessuali sui minori preparato da un Comitato costituito dai vescovi irlandesi, noto come Framework Document.
La Lettera del Nunzio è stata infatti considerata dimostrazione di una posizione romana contraria a una linea di risposta rigorosa e decisa al problema, incoraggiando così atteggiamenti ambigui e di non collaborazione con le autorità civili.
La “risposta” tratta estesamente della corretta interpretazione della Lettera del Nunzio e della natura del Framework Document, mettendo in luce alcuni punti fondamentali.
Il Framework Document non era stato presentato a Roma come un documento ufficiale della Conferenza episcopale, che non chiese mai alle competenti autorità vaticane di dare ad esso valore di legge vincolante tramite la procedura della “Recognitio”, che quindi non fu mai rifiutata. La preoccupazione della Congregazione del Clero, riflessa dalla lettera del Nunzio, era che il Framework Document venisse esaminato attentamente in modo che non contenesse in alcun modo indicazioni che potessero essere considerate non in accordo con le norme della Chiesa universale. Ma non vi fu alcuna indicazione della Congregazione contraria alla cooperazione con le autorità civili, né alcuna indicazione per scoraggiare i vescovi dall’impegnarsi a metter in pratica nelle loro Diocesi le misure che ritenessero adeguate per affrontare il problema degli abusi. Del resto, l’adesione chiara dei vescovi irlandesi al Framework Document è sempre stata rispettata dalla Santa Sede e non vi è stato da parte sua alcun intervento in senso contrario.
Sul punto del “mandatory reporting” (obbligo di denuncia) la Lettera avanzava delle riserve, ma è giusto ricordare che anche nella società e nell’ambito del Governo irlandese la questione era stata già oggetto di complesse discussioni e non vi era allora alcuna norma di legge civile in tal senso. In ogni caso la Santa Sede insiste di non essere mai intervenuta e aver mai interferito sulle direttive del Governo in materia di salvaguardia dei minori.
Quanto al discorso del Primo Ministro del 20 luglio, in occasione del dibattito in Parlamento sul Rapporto Cloyne, il Documento manifesta comprensione per il fatto che esprimesse con forza la collera e la frustrazione del popolo irlandese, ma avanza due riserve precise. La prima sull’accusa che tre anni fa la Santa Sede abbia cercato “di ostacolare una pubblica inchiesta di una repubblica democratica”. Tale accusa, non provata, viene respinta come priva di fondamento. La seconda su una citazione attribuita al card. Ratzinger, e tratta in realtà da un documento della Congregazione della Fede, che viene dimostrata non pertinente al contesto, in quanto si riferiva al servizio del teologo nella Chiesa e non al rapporto fra la Chiesa e la società democratica né alle questioni della protezione dei fanciulli dagli abusi.
Infine, la “Risposta” contesta ancora due affermazioni, contenute rispettivamente nelle osservazioni del Ministro degli Esteri e nella mozione del Parlamento, relative alla valutazione del Framework Document da parte del Vaticano e a un suo presunto intervento che avrebbe contribuito a mettere in questione le direttive di protezione dei bambini volute dallo Stato e dai Vescovi.
Ma il Documento offre ancora ampie ed esaurienti spiegazioni su diversi argomenti, affinché la problematica possa venire compresa correttamente.
Anzitutto si mette in luce la natura della Chiesa come comunità di Chiese particolari (in particolare di Diocesi) e la conseguente responsabilità ordinaria dei Vescovi, che non è loro delegata dal Papa.
Poi si spiega la distinzione fra legge civile e legge canonica e la rispettiva autonomia dei due ordinamenti, riaffermando il principio della cooperazione delle autorità ecclesiastiche con quelle civili per la protezione dei giovani e la realizzazione della giustizia.
Infine si dà un’esauriente presentazione della legislazione della Chiesa sulla protezione dei minori nel suo sviluppo, fino alla recente circolare della Congregazione della Dottrina della Fede. Si ricorda doverosamente anche la fondamentale Lettera di Benedetto XVI ai cattolici dell’Irlanda, dimostrazione evidente dell’attenzione e della preoccupazione del Papa per la grave crisi che ha colpito la Chiesa e la società del Paese in seguito alle vicende di abuso e al loro manchevole trattamento.
Le considerazioni conclusive ritornano sulla gravità di ciò che è accaduto, ma insistono sulla volontà della Chiesa di impegnarsi in ogni modo perché ciò non avvenga mai più, sulla sua disponibilità ad accogliere consigli e giuste critiche od osservazioni, sulla volontà di continuare a cooperare con le autorità irlandesi per il bene del Paese e in particolare per la salvaguardia della gioventù. Si può anzi notare che il punto della collaborazione con le autorità civili è richiamato più volte e con insistenza nel corso della “Risposta”: oltre 20 volte.
In conclusione, l’intero sviluppo del Documento dimostra come la Santa Sede abbia preso in considerazione con grande serietà e rispetto le domande e le critiche ricevute e si sia impegnata a dare una risposta approfondita e serena, priva di inutili toni polemici anche là dove dà risposte chiare alle accuse che le sono state mosse. Ci si augura quindi che esso raggiunga lo scopo fondamentale e di comune interesse che si propone: contribuire a ricostruire quel clima di fiducia e di cooperazione con le autorità irlandesi che è essenziale per un impegno efficace della Chiesa come dell’intera società per garantire efficacemente il bene primario della salvaguardia della gioventù.
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e alcuni presuli della Conferenza Episcopale dell'India, in visita “ad Limina”.
Memoria di San Gregorio Magno. Il Papa: l'autorità è servizio
◊ Oggi si celebra la memoria di San Gregorio Magno, Papa e dottore della Chiesa, vissuto nel sesto secolo, in tempi difficili, erano gli anni delle cosiddette invasioni barbariche. Benedetto XVI più volte lo ha indicato come un esempio non solo per i pastori della Chiesa ma anche per gli amministratori pubblici, essendo stato funzionario imperiale prima di essere eletto Papa. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Benedetto XVI ricorda San Gregorio Magno come un uomo di grande integrità morale, sia da prefetto di Roma sia da Pontefice. Aveva lo spirito del monaco e rifuggiva ogni potere, ma tutti si fidavano di lui e lo onoravano con i più importanti incarichi sia da laico che da consacrato. Per lui l’autorità era puro servizio. E’ sua la definizione di Papa come “servo dei servi di Cristo”: considerava l’umiltà la virtù fondamentale di chi è posto a capo degli altri:
“Gregorio era intimamente colpito dall’umiltà di Dio, che in Cristo si è fatto nostro servo, ci ha lavato e ci lava i piedi sporchi. Pertanto egli era convinto che soprattutto un Vescovo dovrebbe imitare questa umiltà di Dio e così seguire Cristo. Il suo desiderio veramente era di vivere da monaco in permanente colloquio con la Parola di Dio, ma per amore di Dio seppe farsi servitore di tutti in un tempo pieno di tribolazioni e di sofferenze; seppe farsi ‘servo dei servi’. Proprio perché fu questo, egli è grande e mostra anche a noi la misura della vera grandezza”. (Udienza generale, 4 giugno 2008)
Accanto all’azione meramente spirituale e pastorale, Papa Gregorio si rese attivo protagonista anche di una multiforme attività sociale:
“Con le rendite del cospicuo patrimonio che la Sede romana possedeva in Italia, specialmente in Sicilia, comprò e distribuì grano, soccorse chi era nel bisogno, aiutò sacerdoti, monaci e monache che vivevano nell’indigenza, pagò riscatti di cittadini caduti prigionieri dei Longobardi, comperò armistizi e tregue. Inoltre svolse sia a Roma che in altre parti d’Italia un’attenta opera di riordino amministrativo, impartendo precise istruzioni affinché i beni della Chiesa, utili alla sua sussistenza e alla sua opera evangelizzatrice nel mondo, fossero gestiti con assoluta rettitudine e secondo le regole della giustizia e della misericordia. Esigeva che i coloni fossero protetti dalle prevaricazioni dei concessionari delle terre di proprietà della Chiesa e, in caso di frode, fossero prontamente risarciti, affinché non fosse inquinato con profitti disonesti il volto della Sposa di Cristo”. (Udienza generale, 28 maggio 2008)
La sua vita era nutrita dalla lettura della Bibbia, nella consapevolezza che “quando si tratta di Parola di Dio, comprendere è nulla, se la comprensione non conduce all’azione”. Capì così, a differenza dell’Imperatore bizantino, che una nuova civiltà stava nascendo dall’incontro tra l’eredità romana e i popoli cosiddetti ‘barbari’, grazie alla forza di coesione e di elevazione morale del Cristianesimo. Non disprezzava mai nessuno, ma aveva la capacità di piegarsi sulla miseria altrui. Tutto partiva dalla preghiera:
“Era un uomo immerso in Dio: il desiderio di Dio era sempre vivo nel fondo della sua anima e proprio per questo egli era sempre molto vicino al prossimo, ai bisogni della gente del suo tempo. In un tempo disastroso, anzi disperato, seppe creare pace e dare speranza. Quest’uomo di Dio ci mostra dove sono le vere sorgenti della pace, da dove viene la vera speranza e diventa così una guida anche per noi oggi”. (Udienza generale del 28 maggio 2008)
L’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni celebra i mille anni di fondazione
◊ Domani nell’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno, si svolgerà una solenne liturgia eucaristica per i mille anni di fondazione presieduta dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Inviato Speciale del Santo Padre. Un avvenimento molto sentito al quale prenderanno parte fedeli provenienti da tutto il mondo, a testimonianza dei forti legami spirituali che questo luogo sacro riesce a tenere vivi ancora dopo dieci secoli, racconta l’abate Giorgio Rota, amministratore apostolico della Badia di Cava, intervistato da Federico Piana:
R. – E’ un grandissimo avvenimento! Mille anni di storia di questa Abbazia che ha visto i natali nel 1011 … Abbiamo la gioia di avere tra noi il cardinale Renato Raffaele Martino che è Inviato speciale del Santo Padre e quindi verrà portando i saluti, la preghiera e anche il messaggio del Santo Padre.
D. – La Badìa fu fondata da Sant’Alferio …
R. – Sant’Alferio Pappacarbone, che era un salernitano; aveva vissuto a corte. Ha percorso questo cammino compiendo l’ennesima ambasciata, si convertì arrivando quindi fino a Cluny: lì si fece monaco, fu rinviato nel Salernitano dove ha fatto nascere questa comunità dell’Abbazia della Santissima Trinità di Cava.
D. – Com’è, avere mille anni?
R. – Si sente il peso di una storia, tra l’altro molto ricca anche dal punto di vista culturale e degli insegnamenti che si sono formati in questa Abbazia, e si sente la responsabilità del guardare avanti, anche; infatti, celebrare mille anni significa anche guardare avanti e pensare al futuro di questa Abbazia e anche al futuro del monachesimo e al contributo che possiamo dare a tutta la Chiesa.
D. – Che cos’è, oggi, l’Abbazia? Cosa rappresenta oggi, dopo mille anni?
R. – Rappresenta, da un certo punto di vista, la diffusione del monachesimo nell’Italia meridionale: sono molte ancora le comunità, fino in Sicilia, che riconoscono questo legame. Vuole essere un segno di spiritualità e poi ancora il faro che Sant’Alferio vide interpretando i tre raggi di luce scaturiti dalla Roccia Arsicia, dove poi sarebbe nata l’Abbazia; segno di luce per coloro che ci incontrano qui, nella nostra comunità e nelle varie occasioni di celebrazioni che abbiamo proposto quest’anno. Vorremmo aprire questa Abbazia soprattutto all’ospitalità per far conoscere la nostra spiritualità benedettina, la spiritualità costruita in questi mille anni di storia, e anche la cultura che è conservata nella nostra Biblioteca che conserva documenti che risalgono addirittura all’VIII secolo: 15 mila pergamene, tantissimi incunaboli, tantissimi codici … Anche questo aspetto culturale che si trasmette nella vita quotidiana di ogni giorno, trasmette anche la spiritualità: infatti, alcuni documenti sono relativi alla liturgia, alla preghiera personale … Ovviamente, all’epoca erano soltanto le persone più ricche che potevano permetterselo … (gf)
Comunione spirituale: editoriale di padre Lombardi
◊ Non si sono spenti gli echi della Giornata mondiale della gioventù di Madrid, un evento cui hanno partecipato 2 milioni di persone e – come ha detto il Papa – ha mostrato che la Chiesa continua ad essere viva e giovane anche nelle difficoltà. Tra i momenti più significativi di questo incontro, figurano senz’altro la Veglia serale e la Messa conclusiva. Ce ne parla il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
Il momento culminante delle giornate di Madrid è stato naturalmente l’incontro finale a Cuatro Vientos, incontro con il Papa ma ancor più celebrazione comunitaria insieme al Papa alla presenza di Cristo. Vale la pena ricordarne due aspetti caratteristici che rimarranno cruciali per la riflessione dei giovani e della Chiesa sul rapporto con Gesù Cristo presente nell’Eucarestia.
Anzitutto l’adorazione serale. Dalla Giornata di Colonia nel 2005 l’adorazione eucaristica ha un posto centrale nella Veglia, e il silenzio assoluto di centinaia di migliaia di giovani in preghiera aiuta tutta la Chiesa a riscoprire l’importanza dell’adorazione eucaristica che in molti avevamo sottovalutato o dimenticato. Stare in silenzio con Gesù: così si può cominciare ad ascoltare e a parlare con lui, si può alimentare e approfondire la comunione con lui.
Poi la “comunione spirituale”. Il fatto che durante la Messa innumerevoli giovani per cause non previdibili non abbiano potuto fare la comunione sacramentale ci ha aiutato a ricordare le parole preziose di un recente documento del Papa, che mettono in guardia da “un certo automatismo, quasi che per il solo fatto di trovarsi in chiesa durante la liturgia si abbia il diritto o forse anche il dovere di accostarsi alla mensa eucaristica. Anche quando non è possibile accostarsi alla comunione sacramentale, la partecipazione alla Santa Messa rimane necessaria, valida, significativa e fruttuosa”. In queste circostanze bisogna “coltivare il desiderio della piena unione con Cristo”, come dice un’antica e bella tradizione, fare la “comunione spirituale” (Sacramentus caritatis, n.55). Nella Messa la comunità della Chiesa celebra la morte e la risurrezione di Gesù, vivo e presente. Riceverlo sacramentalmente rimane un dono gratuito; il desiderio intenso di essere uniti a lui è anch’esso fonte efficace di comunione. Questa è una parola importante di speranza e di solidarietà per tutti coloro che per tanti motivi – pratici o legati alla condizione di vita familiare - non possono fare oggi la comunione sacramentale. E’ un grande messaggio positivo del non voluto digiuno eucaristico di un milione di giovani a Cuatro Vientos.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In evidenza l’approfondito esame da parte della Santa Sede del rapporto della commissione d’inchiesta sulla diocesi irlandese di Cloyne, conosciuto come Cloyne report, nel quale si riscontrano gravi ed inquietanti errori nel modo di affrontare le accuse di abuso sessuale di bambini e minori da parte di sacerdoti.
Nell’informazione internazionale, la crisi libica, con il sostegno delle Nazioni Unite alle popolazioni e gli sviluppi militari.
Aiuti al Corno d’Africa affamato, ma restano irrisolti i nodi strutturali della spaventosa crisi. Raccolta fondi della Caritas italiana per le popolazioni della regione.
Riprendono i negoziati tra Serbia e Kosovo.
Le negative ricadute sui mercati del mancato calo del tasso di disoccupazione negli Stati Uniti.
Nella pagine culturali, «Lino e sangue», un articolo di Marco Agostini su «Il Miracolo di San Gregorio Magno» di Andrea Sacchi nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Un articolo di Claudio Toscani, dal titolo «L’undicesimo comandamento» sul surrealismo lirico-filosofico di Luigi Santucci.
«Scrittrici e teologhe»: Lucetta Scaraffia commenta il racconto inedito di Michela Murgia intitolato «L’incontro» e distribuito da «Il Corriere della Sera».
Un nuovo appello dei Vescovi degli Stati Uniti a favore dei poveri, nel quadro della campagna di sensibilizzazione sui rischi dei tagli al bilancio federale.
Ban Ki-moon chiede a Israele e Turchia di superare le divergenze
◊ Il segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto a Israele e Turchia di tornare a relazioni diplomatiche “normali”, all’indomani dell’espulsione dell’ambasciatore israeliano da parte del governo di Ankara. La decisione è maturata dopo le mancate scuse di Tel Aviv per l’attacco, lo scorso anno, di una nave turca della Freedom Flotilla diretta a Gaza con aiuti umanitari, attacco che causò la morte di 9 cittadini turchi. Sulla portata della crisi, Davide Maggiore ha chiesto un parere a Marcella Emiliani, docente di Storia e istituzioni del Medio Oriente all’Università di Bologna:
R. – L’incidente è grave però, chiaramente, dietro c’è un discorso più importante. Fra un paio di settimane ci sarà questa occasione all’Onu in cui il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen tenterà di far riconoscere lo Stato palestinese. Hamas in vista di questo appuntamento si è riconciliata con l’Anp; Israele ha ritenuto che in questo momento scusarsi con la Turchia, probabilmente, avrebbe significato rafforzare i palestinesi e non ha voluto farlo.
D. – Quali altri fattori hanno contribuito recentemente a deteriorare il rapporto tra Israele e la Turchia oltre all’episodio della Freedom Flotilla?
R. – Il governo Erdogan, da quando l’Europa progressivamente ha chiuso le porte alla Turchia, ha cominciato a ritessere tutta una serie di legami con i Paesi arabi e non, come l’Iran. Questo significa che la Turchia è pronta a giocare un ruolo di vera potenza in Medio Oriente e questo evidentemente disturba Israele.
D. – Sul piano interno quali conseguenze avrà la vicenda per i due governi?
R. - Per quello che riguarda Israele non credo che internamente questa cosa possa avere riflessi. Per quello che invece riguarda Erdogan questa mossa di rompere con Israele gli procura una grande popolarità. Non scordiamoci poi che dietro l’intera operazione della Freedom Flotilla c’era un trust di finanziatori di un’alta borghesia; Erdogan in questo momento non raccoglie semplicemente il favore del popolo.
D. – Quali potrebbero essere invece le conseguenze sul panorama mediorientale?
R. – Chiudere con Israele qualifica la Turchia come un possibile alleato per Paesi che nell’area non siano Israele. Però non scordiamoci un’altra cosa sullo sfondo: la Turchia è un Paese della Nato, dovesse spingersi troppo in là, arriverebbero sollecitazioni dall’Occidente, soprattutto dagli Stati Uniti, che Erdogan in questo momento non ritiene di dover provocare.
D. – Le Nazioni Unite possono fungere da mediatore nella crisi?
R. – Ban Ki-moon ha la forza che il trust delle grandi potenze internazionali gli dà, non ha una forza propria. Naturalmente rientra nei suoi compiti invitare a una distinzione nell’area ma non ha in mano strumenti oggettivi per poter comporre questa frattura. (bf)
Germania: elezioni regionali nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore, test per Angela Merkel
◊ Vigilia elettorale in Germania, dove domani si terrà il voto regionale in Meclemburgo-Pomerania Anteriore, nell'estremo nordest del Paese. Un test considerato cruciale per la CDU di Angela Merkel: tra due settimane infatti si terranno le consultazioni anche a Berlino, dopo un’annata elettorale in cui il partito del cancelliere ha perso in Baden Wurttemberg e ad Amburgo. Attualmente il Land dell'ex Germania dell’est è governato da una grande coalizione guidata dai socialdemocratici della SPD, in cui i cristianodemocratici sono partner di minoranza. Sul voto regionale in Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Giada Aquilino ha intervistato Marco Paolino, docente di Storia contemporanea all’Università della Tuscia, esperto di politica tedesca e presidente del Movimento ecclesiale di impegno culturale dell’Azione Cattolica:
R. – In questo 2011 ci sono state varie elezioni regionali. Teniamo conto che nel 2013 in Germania ci saranno le elezioni per scegliere il cancelliere: quindi, questo voto ha un valore anche di elezioni di medio termine per sondare l’orientamento dell’elettorato tedesco nei confronti del governo di Angela Merkel. Questo appuntamento elettorale del Meclemburgo-Pomerania Anteriore ha una valenza ulteriore. Teniamo conto che Angela Merkel è nata nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore e il suo collegio elettorale, che è quello di Rügen-Stralsund, si trova proprio in questa regione: lei quindi viene eletta come deputato al Parlamento tedesco in questa regione. Gli osservatori – nazionali e internazionali – hanno dunque concentrato la loro attenzione su queste elezioni perché, dal risultato del partito della cancelliera – la CDU – nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore, si potrà capire qualcosa di più dell’orientamento elettorale a livello nazionale.
D. – Ci sono dei sondaggi al riguardo?
R. – C’è un orientamento di fondo per una vittoria del partito socialdemocratico. In questo momento, nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore il partito socialdemocratico e il partito cristianodemocratico governano insieme: hanno creato una “groβe Koalition”. All’interno di questa alleanza, chi crescerà sarà probabilmente il partito socialdemocratico, mentre invece la CDU resterà stabile. Questo consentirà due scenari: o la prosecuzione dell’esperienza di governo della “groβe Koalition” oppure l’altro scenario che si può aprire sarà quello di una coalizione di sinistra, cioè l’alleanza tra il partito socialdemocratico e il partito della “Linke”, la sinistra ex-comunista, che potrebbe anche ottenere la maggioranza assoluta dei voti.
D. – Il voto avviene a due settimane da un altro voto importante: quello di Berlino …
R. – E’ considerato il test elettorale più importante, in Germania. Sia perché Berlino è la capitale, sia perché Berlino ha una storia straordinaria nel corso del Novecento, con la divisione in due della città con il Muro. Quindi, ogni volta che si vota a Berlino c’è sempre questa attesa forte. Teniamo conto di una cosa altrettanto importante: a Berlino si vota quattro giorni prima dell’arrivo del Papa. In città è dato in forte ascesa, in crescita, il partito socialdemocratico, con un ruolo minoritario da parte del partito democristiano. A differenza del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, a Berlino c’è una coalizione di sinistra, cioè la SPD governa insieme con il partito della “Linke”, degli ex-comunisti.
D. – In campagna elettorale, la Merkel ha puntato molto sul ruolo europeo della Germania, in questo momento di crisi economica. Che percezione hanno i tedeschi della politica europea della Germania in questo momento? Pensiamo al piano di salvataggio della Grecia, agli aiuti internazionali, alla questione degli eurobond …
R. – Angela Merkel assegna un ruolo importante al rapporto con la Francia, all’asse franco-tedesco che ha tenuto in piedi sia l’euro, sia anche tutta la struttura dell’Unione Europea. C’è da dire che Angela Merkel ha pagato - pure in termini elettorali: ci sono state sconfitte in alcune consultazioni regionali - lo sforzo che, da un punto di vista economico e anche finanziario, la Germania ha dovuto fare per tenere in piedi sia l’euro, sia tutta la costruzione europea, in particolare anche il ruolo della Banca centrale europea. La Merkel ha sottolineato come questi sacrifici che la Germania ha dovuto sopportare abbiano però poi avuto conseguenze importanti: quelle di mantenere sostanzialmente stabile l’economia tedesca. Ricordiamo che l’economia tedesca non ha conosciuto i fenomeni di recessione, di crisi che ci sono stati in altri Paesi europei e, soprattutto, non ha conosciuto – e non conosce – i livelli di disoccupazione che ci sono nel resto dell’Europa. (gf)
Congresso eucaristico ad Ancona. Mons. Caprioli: il "Pane di vita" trasfigura l'umanità
◊ Giornata inaugurale per il 25.mo Congresso eucaristico nazionale italiano che ha preso il via ad Ancona con la giornata di accoglienza del legato Pontificio, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi. Dopo una cerimonia nella Cattedrale di S. Ciriaco, nel pomeriggio, nel Teatro delle Muse, ci sarà l’incontro con le autorità civili: in programma un saluto del cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ed una relazione di Andrea Riccardi. Questa sera, poi, l’arrivo della Croce della Gmg nello Spazio Giovani del Congresso di Ancona. “Signore da chi andremo? L’Eucaristia per la vita quotidiana” è il tema di questo raduno ecclesiale che si concluderà domenica 11 con la visita ad Ancona di Benedetto XVI. Ma cosa significa per la Chiesa italiana celebrare un Congresso eucaristico? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Adriano Caprioli, vescovo di Reggio-Emilia e Guastalla e presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici nazionali.
R. - Innanzitutto c’è un significato storico, perché i Congressi eucaristici nazionali hanno una storia lunga 120 anni - il primo fu a Napoli nel 1891 -; dire però “significato storico” non vuol dire semplicemente far richiamo ad un evento straordinario che riguarda solo il passato. Il Congresso eucaristico mette al centro l’Eucarestia del Signore risorto, che è l’evento che interpella la Chiesa in ogni epoca, anche quando non c’erano ancora questi congressi. Il Congresso, evidentemente, vuole prendere coscienza dell’importanza di un evento come l’Eucarestia che fa la Chiesa.
D. - Perché ad Ancona, per scandire la settimana del Congresso eucaristico, sono stati scelti cinque ambiti dell’esistenza elaborati al raduno ecclesiale nazionale di Verona nel 2006?
R. - Un Congresso eucaristico - e soprattutto questo di Ancona - non è separabile dagli altri momenti della vita delle Chiese in Italia. Da una parte integra il precedente Congresso eucaristico di Bari, che aveva come tema centrale la Domenica, senza la quale non possiamo vivere, come dicevano appunto i primi cristiani. Però anche l’intera vita quotidiana dev’essere presa in considerazione alla luce dell’Eucarestia, non soltanto il giorno festivo, perché “vita quotidiana” non vuol dire vita banale ma vita nella sua concretezza, che chiede di essere rispettata ed amata, essendo il luogo della testimonianza della parola e del pane spezzato, che nasce appunto dalla celebrazione domenicale. Si continua poi a Verona, dove la Chiesa e le Chiese in Italia hanno maturato la coscienza di essere Chiese testimoni del Risorto negli ambiti della vita quotidiana.
D. - Che valore assume la presenza del Papa per la chiusura del Congresso eucaristico di Ancona?
R. - Le Chiese in Italia, le Chiese particolari che si riuniscono attorno all’Eucarestia, non possono non fare riferimento a colui che presiede, nella carità, la comunione di tutte le Chiese. C’è poi anche un legame importante a proposito del tema del Congresso, perché il tema dell’Eucarestia - Gesù, Parola e Pane di vita per la vita quotidiana - è molto caro a Papa Benedetto XVI: al termine del Sinodo dedicato all’Eucarestia e alla Chiesa, nella lettera post-sinodale “Sacramentum Caritatis”, sia al numero 71 che al 77 il Papa sottolinea l’importanza dell’Eucarestia per la vita quotidiana. E’ importante perché dice appunto che è giorno dopo giorno che l’Eucarestia trasfigura l’uomo chiamato ad essere immagine del Figlio di Dio. E dice ancora, più fortemente, al numero 77: “I fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra l’Eucarestia e la vita quotidiana”. (vv)
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa 23.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù esorta i discepoli alla correzione fraterna:
“Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone … Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Il tema del Vangelo è quello della relazione fraterna in comunità, sotto due aspetti specifici: nel correggersi reciprocamente con rispetto e fiducia, e nella preghiera fatta in concordia. Sulla correzione fraterna viene indicata anche una specie di procedura graduale: dal dialogo faccia a faccia, alla collaborazione della comunità, fino al taglio netto con chi non intende riconciliarsi. C’è un dovere di reciproca fedeltà e autenticità che si deve vivere in nome della fraternità: e chi ha peccato non fa danno solo a se stesso, ma ferisce e intralcia la fedeltà comune. Per questo si deve cercare ogni via per non lasciare incancrenire situazioni ferite e sbagliate. È più facile a dirsi che a farsi: chi ha sbagliato non accetta facilmente di riconoscere la propria colpa; chi ha subito il danno tende a vedere solo la propria ragione e spesso manca di misericordia e accoglienza. Lo vediamo bene nella società: una rissosità quotidiana, una aggressività reciproca senza rispetto, una voglia di vendetta e di punizione, che avvelenano tutto e tutti. Chiediamo al Signore un cuore disarmato, un vero impegno a trovare forme e vie di dialogo e di incontro: mettiamoci insieme per ottenerlo. Dio ci donerà un cuore di pace e fraternità.
◊ Giovedì scorso - ma la notizia è stata confermata solo ieri - nel Dipartimento colombiano di Caldas, è stato ucciso con numerosi colpi di arma da fuoco mentre viaggiava sulla sua motocicletta, il sacerdote Reynel Restrepo, parroco della località mineraria di “Marmato” (nella diocesi di Pereira), dove si estrae oro in condizioni di vita e di lavoro più volte criticate da più parti. Il segretario del governo locale, Henry Murillo, in dichiarazioni rilasciate al quotidiano nazionale “El Tiempo” di Bogotà, ha raccontato che “mentre il sacerdote transitiva con la sua motocicletta fra due località della regione, è stato fermato da un gruppo di sconosciuti che lo hanno ucciso con numerosi colpi di pistola”. Gli autori del crimine sono fuggiti poi con la motocicletta e altre cose personali del sacerdote senza lasciare traccia utile per le indagini anche se, secondo la polizia locale, qualche buona informazione sarebbe stata fornita da alcuni testimoni. Il fatto ha causato una profonda commozione fra le popolazioni di diverse località della regione che conoscevano padre Restrepo e del quale hanno sempre avuto un buona impressione per il suo impegno pastorale e per la sua accorata difesa dei minatori sottoposti a condizioni di lavoro insopportabili. Padre Restrepo più di una volta aveva criticato duramente lo sfruttamento dei lavoratori da parte dei responsabili della miniera d’oro. Uriel Ortiz, sindaco di Marmato ricorda i buoni rapporti del sacerdote con la popolazione, spiegando che “sono stati, da quando è venuto fra noi, due anni eccellenti e perciò tutti oggi siamo costernati”. Per la gente del posto non c’è dubbio: il sacerdote è stato ucciso per la sua difesa dei minatori e per le sue critiche al modo di agire delle multinazionali che operano in tutta la regione. La polizia locale ha offerto una ricompensa di quasi 11mila dollari a chi darà informazioni utili per le indagini. (A cura di Luis Badilla)
Messico: il cardinale Rivera Carrera condanna l'assassinio di due giornaliste
◊ Codardia, perversità e indolenza" sono le parole usate ieri dall'arcivescovo di Città del Messico, cardinale Norberto Rivera Carrera per definire l'atroce doppio omicidio di due note giornaliste del Messico: Rocío González Trápaga e Marcela Yarce Viveros, trovate morte nel Distretto federale dove, secondo le autorità, il controllo preventivo della polizia è più stringente. Il cardinale si rivolge alle autorità del Paese affinché "agiscano come è loro dovere per proteggere e garantire la sicurezza dei cittadini, dei loro beni e dell’intera società” e poi “auspica una punizione severa secondo la legge per questi assassini. La nostra patria - aggiunge la nota del cardinale Rivera Carrera - ha diritto a vivere in pace ed è un obbligo delle autorità rendere effettivo questo diritto; diritto, tra l'altro, che è anche un anelito giusto nonché principio di civiltà e condizione indispensabile per un progresso autentico e per lo sviluppo di tutto il popolo". Il porporato messicano infine si unisce al dolore dei parenti delle due prestigiose giornaliste uccise e esorta i fedeli a pregare per le vittime. Le due giornaliste, entrambe di 48 anni, erano scomparse da mercoledì, giorno in cui erano uscite insieme. Ana Maria Marcela Yarce Viveros è stata la fondatrice di "Contralinea", settimanale d'inchiesta per cui lavorava tuttora; l'altra, Rocio Gonzalez Trapaga, era una free-lance, a lungo inviato del network "TeleVisa". L'agenzia Agi riferisce che "i corpi, denudati e con mani e piedi legati, giacevano uno accanto all'altro in un giardino pubblico di Iztapalapa, sobborgo operaio alla periferia sud-orientale della capitale messicana. Sul collo presentavano evidenti segni di strangolamento. I particolari sono stati resi noti da Miguel Badillo, attuale direttore della rivista creata da una delle due vittime". Il Messico è considerato il Paese più pericoloso dell'intera America Latina, specie per i giornalisti. Con la morte delle due reporter, infatti ammontano ormai ad almeno 74 quelli uccisi complessivamente dal 2000. Nel 2011 i giornalisti uccisi sono ormai 8. (L.B.)
Argentina: il cardinale Bergoglio invita a pregare per anziani e bambini, futuro della società
◊ Il declino di un popolo inizia quando dimentica di prendersi cura dei bambini e degli anziani e un popolo in declino è un popolo triste. Questo il senso del discorso dell’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio ai cittadini in difesa della vita nelle sue fasi più delicate, cioè della “vita appena nata e di quella che sta terminando”. L’appello, riportato dall’Osservatore Romano, è stato pronunciato dal porporato in occasione della Messa per la vita che ha celebrato per la festa di San Ramón Nonnato nella parrocchia del quartiere di Villa Luro, dedicata al patrono delle donne incinte e delle coppie di sposi che desiderano avere un figlio. Il porporato ha quindi esortato i fedeli della capitale argentina a prendersi cura, in famiglia, di bambini e anziani che più di tutti, a causa “dell’efficientismo, del consumismo e dell’edonismo imperante rischiano di essere trasformati in materiale da esperimento, scartati come cose dal contesto umano e sociale”. Ed è proprio contro quella che definisce la cultura dello scarto, che il cardinale si scaglia con veemenza, una mentalità “che influisce anche sul modo in cui si considerano i bambini: vengono maltrattati, non sono né educati né nutriti, molti sono sfruttati e costretti a prostituirsi”. Anche gli anziani, purtroppo, non sono risparmiati: spesso non vengono assistiti e sono abbandonati. Invece proprio “gli anziani e i giovani sono il futuro del nostro popolo: gli anziani sono la memoria vivente della nostra identità, infondono saggezza e discernimento; i bambini, eredi di tale patrimonio, sono la storia, il futuro e la speranza del Paese”. Il cardinale esorta, quindi, il popolo a pregare per i ragazzi e gli anziani sfruttati e a chiedere al Signore “la grazia di non essere una famiglia triste, di non essere un popolo triste”. (R.B.)
Gerusalemme. Mons. Shomali: nuova linea tranviaria, ponte di pace fra israeliani e palestinesi
◊ Un “progresso innegabile”: così mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme, ha definito il tramvai che dal 19 agosto percorre le strade della Città Santa e che sul fronte politico non ha ricevuto accoglienza unanime pur se nato sulla base degli Accordi di pace di Oslo del 1993. Per i palestinesi, si legge sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, il tram è semplicemente un affronto per il delicato equilibrio della città. Il percorso del Citadis - questo il nome del nuovo mezzo di trasporto pubblico – si snoda lungo 14 km, da Pisgat Zeev, un insediamento ebraico a Gerusalemme Est vicino al Monte Herzl, fino alla parte occidentale della città e agli occhi dei palestinesi si tratterebbe di una profonda incursione a Gerusalemme est, poiché il tram serve alternativamente il campo dei rifugiati palestinesi di Shouafat e la colonia di Pisgat Zeev. In pratica, per i palestinesi si tratta di una violazione delle risoluzioni internazionali. Nadav Meroz, direttore del Piano Generale dei Trasporti di Gerusalemme, martedì scorso ha spiegato a Les Echos che “non vi è alcuna differenza tra la linea tranviaria e gli autobus”, poiché sia l’una che gli altri servono ugualmente Gerusalemme est, e che tutti i terreni che costeggiano il percorso del Citadis hanno acquistato in valore, compreso Shouafat”. L’entrata in servizio della nuova linea tranviaria era stata annunciata già per il 2006, ma il completamento dell’opera è slittato per problemi archeologici, tecnici e giuridici. Attualmente sono 13 i mezzi in circolazione, sui 21 previsti che serviranno gli abitanti di Gerusalemme ogni dodici minuti su un tragitto suddiviso in 23 fermate. Ma a progetto completato i treni saranno 46, ciascuno con una capienza di 250 persone. La linea tranviaria di Gerusalemme dovrebbe servire 100 mila passeggeri al giorno, decongestionando il centro città e diventando il perno di svolta all’interno di una revisione completa del sistema dei trasporti della Città Santa, dove negli ultimi 20 anni la popolazione è cresciuta del 50%. I nomi delle stazioni sono scritti in ebraico, arabo e inglese. Gli israeliani hanno insistito perché sui mezzi venissero installare vetri di sicurezza, resistenti al lancio di sassi o a bottiglie molotov. Ma al di là delle polemiche, il vescovo ausiliare di Gerusalemme mons. Shomali, auspica che il tram possa essere considerato “come un vero e proprio ponte di pace tra israeliani e palestinesi”. (T.C.)
Coree: monaci buddisti del Sud in visita al Nord per un rito religioso
◊ Una delegazione di monaci buddisti sudcoreani, compreso il capo del più importante ordine religioso del Paese, visiterà la Corea del Nord per celebrare il 1000esimo anniversario della Tripitaka, una delle più importanti reliquie buddiste della penisola. Il ministero dell’Unificazione di Seoul ha concesso il permesso “per motivi puramente religiosi”; il gruppo incontrerà una delegazione di fedeli del Nord e visiterà diversi templi della dittatura comunista. Si tratta della prima visita ufficiale non umanitaria dal 24 maggio 2010, quando Seoul decise l’embargo totale di ogni forma di cooperazione per il Nord. Pyongyang è considerata responsabile dell’affondamento di una corvetta del Sud - attacco in cui morirono 42 marinai coreani - e del bombardamento di un isolotto in cui perse la vita un civile. Un rappresentante del ministero ha confermato il permesso: “Si tratta di un gruppo composto da 37 persone, compreso il direttore dell’Ordine Jogye. Il gruppo è partito oggi per visitare il tempo Bohyun, nel monte Mohyang. Qui sarà celebrata una cerimonia con una delegazione di buddisti nordcoreani. Il permesso - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato dato in occasione dell’anniversario della Tripitaka, che fa parte dell’eredità spirituale di tutti i coreani”. La reliquia è composta da più di 80mila blocchi di legno, incisi 1000 anni fa, che contengono tutte le scritture buddiste. Al momento è conservata a Haeinsa, un tempio che si trova in Corea del Sud, ma è stata incisa e ritrovata nella parte nord della Corea. Il regime dei Kim non ammette alcun culto religioso se non l’adorazione dei leader, ma alcuni buddisti - che molti ritengono “di facciata” - operano nel Paese. (R.P.)
“Fame di Pane e Futuro”: la colletta della Caritas italiana per il Corno d’Africa
◊ Di fronte all’aggravarsi della crisi nel Corno d’Africa, colpita da mesi da una terribile siccità, la Caritas italiana ha deciso di scendere in campo con interventi sul lungo periodo, per contribuire alla costruzione di un futuro delle popolazioni colpite. La Conferenza episcopale Italiana, in risposta agli accorati inviti del Santo Padre, ha indetto una colletta nazionale prevista per domenica 18 settembre, nell’ambito della campagna “Fame di Pane e di Futuro”. L’iniziativa è partita dalle Caritas dei Paesi più colpiti come Kenya, Etiopia, Somalia e Gibuti, che hanno proposto alla Caritas Italiana e alla rete mondiale la collaborazione a piani d’intervento della durata di otto mesi. I progetti sono realizzati in 20 diocesi dei quattro Paesi più colpiti: in 14 diocesi nel nordest del Kenya, in 5 diocesi dell’area sudorientale e nel nord dell’Etiopia, in alcune zone del centrosud della Somalia, e nella parte nord e intorno alla capitale della Repubblica di Gibuti. Sono previsti sia aiuti di tipo alimentare, sia azioni di medio periodo per favorire la ripresa di un’autonoma capacità di reddito delle persone, con l’obiettivo di renderle in futuro meno vulnerabili a situazioni climatiche avverse: in totale sono coinvolte 300mila persone. Particolare attenzione è data all’approvvigionamento dell’acqua, per il quale sono previste costruzioni e riparazioni di pozzi, nonché al sostegno dell’allevamento e dell’agricoltura, con la distribuzione di foraggio e sementi. Sin dai primi di luglio la Caritas segue con attenzione l’evolversi della situazione ed è in stretto contatto con le organizzazioni locali, per meglio combinare il sostegno d’urgenza a un’azione più strutturata. (G.I.)
Uganda: manca ogni tipo di assistenza per le vittime che nella guerra civile hanno subito violenze
◊ A cinque anni di distanza dalla guerra civile che ha devastato il Paese sono ancora tante le ripercussioni fisiche e psicologiche che tante donne ugandesi si trovano a dover affrontare. Torturate, seviziate, costrette ad unirsi al gruppo ribelle dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra), sono tante quelle che non hanno potuto usufruire di alcuna assistenza medica per le violenze subite. A Ogur, Lira, nel nord dell’Uganda, si trova un campo medico di emergenza gestito dall’ Isis-Women’s International Cross Cultural Exchange, un'organizzazione femminile che si occupa di assistere le donne che vivono in zone di guerra e post-belliche. La postazione è specifica per le donne che hanno subito violenze nel corso dei quasi due decenni di guerra riportando complicazioni di salute riproduttiva. Per la maggior parte di loro - riferisce l'agenzia Fides - si tratta della prima occasione in cui sono visitate da quando la guerra è finita nel 2006, e per altre è addirittura la prima volta che vengono assistite da un medico. Nel nord dell’Uganda molte donne hanno urgente bisogno di un programma speciale che fornisca loro ogni tipo di assistenza sanitaria. I ribelli dell’Lra hanno combattuto nel nord e nord est dell’Uganda per 23 anni. La guerra, che ha confinato per decenni quasi 2 milioni di persone nei campi profughi, è stata la più brutale dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1962. Migliaia di persone sono morte in questi conflitti che hanno visto coinvolti migliaia di bambini soldato e civili costretti ad arruolarsi nei gruppi ribelli. Dal 2006, la gente è tornata nelle loro case ma dipende completamente dagli aiuti umanitari. Un piano di recupero e sviluppo è stato promosso dal governo locale nel 2009 ma senza considerare le necessità di emergenza della popolazione. Il denaro è stato investito per la ricostruzione di nuovi blocchi per le unità sanitarie e la ristrutturazione di quelli andati distrutti. Secondo fonti locali di Lira, le opere di ricostruzione nel settore sanitario si sono concentrate prevalentemente sulla costruzione degli edifici, senza intervenire immediatamente sulle urgenze mediche della comunità. La maggior parte dei centri sanitari del distretto non hanno personale medico e in tutto il distretto ci sono solo due ginecologi. Le forze dell’Lra sono state costrette a lasciare l’Uganda nel 2006 e attualmente sono impegnate nella Repubblica Democratica del Congo, in quella Centro africana e nel Sud Sudan occidentale. (R.P.)
Usa: i vescovi ricordano al governo che ridurre il debito è una questione morale
◊ I vescovi degli Stati Uniti ricordano al governo che ridurre il debito è una questione morale, e il metro di giudizio non sarà quale partito vincerà, ma come verranno trattati i poveri. Il vescovo Howard Hubbard di Albany (New York) e il vescovo Stephen Blaire di Stockton (California), alla guida dei comitati per la politica internazionale e per quella interna della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, lo hanno affermato in una dichiarazione diffusa mercoledì scorso e ripresa dall'agenzia Zenit. Rivolgendosi al Comitato congiunto sulla Riduzione del Deficit, i presuli hanno dichiarato che “la misura morale di questo processo storico non è quale partito vincerà o quali interessi potenti prevarranno, ma come verranno trattati i disoccupati, gli affamati, i senzatetto e i poveri”. “Comprendiamo che lo status quo fiscale è insostenibile e comporta deficit e debito crescenti per le nostre giovani generazioni”, hanno scritto i vescovi. “Riconosciamo anche l'importanza economica e morale della creazione di posti di lavoro con retribuzioni degne e di stimolare la crescita economica come strategie essenziali per migliorare la nostra economia, diminuire la povertà e ridurre il deficit e i debiti futuri. La questione è come soddisfare la domanda di giustizia e di doveri morali nei confronti delle generazioni future e come difendere la vita e la dignità di quanti sono poveri e vulnerabili”, hanno sottolineato. I vescovi hanno quindi messo in guardia contro tagli sostanziali a “programmi che servono le famiglie che lavorano per far quadrare i conti alla fine del mese e sfuggire alla povertà”. A loro avviso, non è il momento per “indebolire la rete di sicurezza nazionale o effettuare tagli sproporzionati a programmi che possono aiutare le famiglie a basso o medio reddito a evitare la crisi e a vivere degnamente”. Allo stesso modo, i presuli hanno parlato del pericolo di minare i programmi di aiuto internazionale - “uno strumento essenziale per promuovere la vita e la dignità umana, favorire la solidarietà con le Nazioni più povere e migliorare la sicurezza globale” - e tagliare i fondi per il finanziamento dell'ammissione dei rifugiati e dei programmi di assistenza ai rifugiati all'estero. Per i vescovi Hubbard e Blaire è necessario un “sacrificio condiviso da tutti”. Per questo, hanno chiesto l'eliminazione delle “spese superflue, militari e di altro tipo”, e di “affrontare correttamente i costi a lungo termine delle assicurazione sanitarie e dei programmi di pensionamento”. (R.P.)
Patriarcato di Mosca: sì al concilio panortodosso, ma con il consenso di tutte le Chiese locali
◊ Il metropolita di Volokolamsk, Hilarion, fuga i timori sollevati da più parti in merito alla possibilità che l’ottavo concilio panortodosso, di probabile imminente convocazione, possa annullare le decisioni prese nei sette concili precedenti: “Non verrà presa alcuna decisione che non sia già stata espressa dalla Commissione preparatoria in questi ultimi 50 anni – sono le sue parole riportate dall’Osservatore Romano – tutti gli argomenti discussi in questo mezzo secolo verranno affrontati di nuovo prima del concilio”. L’ultimo concilio delle Chiese ortodosse si tenne nel 1961 a Rodi sotto l’egida dell’allora Patriarca di Costantinopoli, Atenagora e le uniche questioni già trattate all’epoca, sulle quali manca ancora l’accordo, sono di natura “tecnica” e non dottrinale: in che modo concedere l’autocefalia e l’ordine in cui nominare le Chiese negli elenchi ufficiali, i dittici. Un nodo da sciogliere non di poco conto, invece, è la questione legata agli ortodossi ucraini, che dal punto di vista canonico non sono in comunione con le Chiese locali e che dal concilio si aspettano il riconoscimento dell’autocefalia, nonché l’apposizione dei loro nomi nei dittici: “La questione di uno scisma è molto dolorosa – ha commentato il metropolita Hilarion – la Chiesa deve fare uno sforzo continuo per sanare le divisioni esistenti ed esorta i fratelli e le sorelle che si sono allontanati a tornare in seno a essa”. Il metropolita, che è anche presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ribadisce che la decisione di convocare il concilio potrà essere presa solo con il consenso di tutti: “Se anche una sola Chiesa non è d’accordo su qualcosa – ha detto – significa che ha le sue ragioni, basate sulla tradizione locale e tra le varie Chiese ortodosse non ci sono differenze nel campo dottrinale, ma solo difficoltà inerenti a questioni politiche”. Il metropolita Hilarion, infine, si è detto favorevole al concilio, in quanto le sfide che la società di oggi pone alla Chiesa ortodossa esigono da questa una risposta condivisa e solidale, in grado di superare i disaccordi, e ritiene che, in questo senso, il concilio non potrà che essere un fattore di unità e non di divisione. (R.B.)
Pakistan. Assassinio Bhatti: si riapre la pista dell’estremismo islamico
◊ Il Tribunale dell’antiterrorismo pakistano ha spiccato un mandato di arresto internazionale a carico di due cittadini, sospettati di coinvolgimento nell’assassinio del ministro cattolico per le Minoranze Shahbaz Bhatti, freddato a colpi di pistola il 2 marzo scorso. Il provvedimento emesso dal giudice speciale Pervez Ali Shah riguarda Ziaur Rehman e Malik Abid, originari di Faisalabad e fuggiti nel frattempo a Dubai, negli Emirati. Nei loro confronti il governo di Islamabad chiederà l’estradizione, perché rispondano delle accuse davanti a un’aula di tribunale. Si apre un nuovo capitolo nella vicenda che riguarda la morte del politico cattolico, celebrato con un “martire” dai cristiani pakistani perché ha sacrificato la propria vita per le minoranze e lo sviluppo del Paese. Il commando omicida ha lasciato un biglietto, in cui l’omicidio veniva rivendicato dai talebani. In un secondo momento è circolata la voce secondo cui si è trattato di una vicenda interna, che riguardava i vertici della comunità cristiana. Infine la versione per cui Bhatti sarebbe morto per una faida familiare, legata ad alcune proprietà. Le numerose proteste avanzate dai cristiani pakistani e da alcuni movimenti internazionali pro diritti umani hanno spinto governo e polizia (oltre ai giornali nazionali, che rilanciavano di volta in volta le notizie) a smentire le voci, riportando il filone delle indagini sul terrorismo interno e i movimenti estremisti islamici. La conferma arriva anche da Bani Amin Khan, alto ufficiale delle forze di sicurezza a Islamabad, che davanti a una commissione del Senato ha ribadito che l’assassinio è opera del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp). Positivi i primi commenti che arrivano dalla comunità cristiana, che chiede tuttavia di arrivare “presto” a fare piena luce sulla morte di Shahbaz Bhatti. Mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore, sottolinea che “ora le indagini si rivolgono nella direzione giusta” e auspica che “i colpevoli siano condotti davanti alla giustizia”. Interviene anche il vescovo della città, mons. Sebastian Shah, che definisce il ministro “la voce delle persone senza voce” e avverte: “speriamo che i colpevoli siano arrestati e non si tratti della solita tattica per sviare le indagini”. Un parere condiviso anche da Pervez Rafique, leader di All Pakistan Minorities Alliance (Apma), che chiede la pubblicazione del rapporto del Team congiunto di indagine (Jit) sull’omicidio e la nascita di una commissione di inchiesta. (R.P.)
Nepal: lettera aperta delle Ong contrarie all’amnistia per i crimini di guerra
◊ Assicurarsi che il governo mantenga l’impegno preso e cioè faccia in modo che “quanti hanno violato i diritti umani durante la guerra civile siano chiamati a rispondere davanti ai tribunali secondo la legge”. Questo il contenuto di una lettera che quattro Ong attive in Nepal, Advocay Forum, Amnesty International, Human Rights Watch e International Commision of Jurists hanno inviato al nuovo Primo ministro del Paese, Baburam Bhattarai, dopo la firma dell’accordo tra il Partito comunista locale e le opposizioni che prevede, tra l’altro, la cancellazione dei crimini commessi durante gli anni di conflitto armato. Nella missiva, giunta anche all'agenzia Fides, le Ong sostengono che tale accordo minaccia il principio di supremazia della Costituzione, l’indipendenza della magistratura e lo Stato di diritto, mentre la concessione dell’amnistia violerebbe “i diritti fondamentali delle vittime”, come quello a ottenere giustizia. Gli attivisti riconoscono l’esigenza della pacificazione nazionale, ma non “a scapito della giustizia e della tutela dei diritti dei nepalesi”, scrivono ancora le Ong, che chiedono al premier un impegno pubblico al fine di non concedere alcuna amnistia, soprattutto per reati previsti dal diritto internazionale come crimini di guerra e contro l’umanità, sparizioni forzate, torture e maltrattamenti”. (R.B.)
◊ A partire dall’anno prossimo le Nazioni Unite sospenderanno i finanziamenti al loro programma di controllo delle nascite nelle Filippine per mancanza di fondi. Lo ha annunciato nei giorni scorsi, la vice-presidente della Commissione salute della Camera dei Rappresentanti di Manila, Janette Garin. “Un’ottima notizia”: così il presidente della Commissione per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale filippina (Cbci) mons. Ramon Arguelles ha commentato la decisione. “Sono molto felice – ha dichiarato il presule ripreso dall’agenzia Ucan - perché quei soldi servono solo ad alimentare la corruzione”, mentre avrebbero potuto essere utilizzati per finanziare altri progetti importanti . Soddisfazione è stata espressa anche da altri esponenti dell’episcopato filippino. Per Teodoro Bacani, vescovo emerito di Novaliches, la decisione è un segno che la campagna dell’Onu per la promozione dei contraccettivi nelle Filippine non sta avendo il successo sperato. Mons. Dinaldo Gutierrez, vescovo di Marbel, ha ribadito da parte sua l’appello al Governo di Manila a non impiegare i soldi dei contribuenti per l’acquisto di contraccettivi. Nella sua relazione alla Camera dei Rappresentanti, la Garin, nota per le sue posizioni a favore del controllo artificiale delle nascite, ha sostenuto che l’interruzione dei finanziamenti dell’Onu provocherà un’impennata demografica nel Paese. Affermazioni che il cardinale Ricardo Vidal, arcivescovo emerito di Cebu, ha bollato come propagandistiche per facilitare l’iter parlamentare della controversa legge sulla Salute Riproduttiva (Rh Bill). Il porporato ha quindi invitato a restare vigili e a continuare la battaglia contro il provvedimento, al centro di un annoso braccio di ferro tra la Chiesa e il governo filippino. (A cura di Lisa Zengarini)
Indonesia: l’Oms lancia l’allarme sul pericolo delle affezioni respiratorie
◊ L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) lancia l’allarme sulla mortalità infantile causata da polmonite e altre affezioni respiratorie in Indonesia, dove si calcola che le vittime siano circa 40mila l’anno. In particolare desta preoccupazione la provincia di Nusa Tenggara Timur, una delle più povere del Paese, dove il dato ammonta a circa il doppio della media nazionale, con 80 morti ogni mille abitanti e dove nel 2010 circa la metà dei 4,6 milioni di abitanti hanno riportato sintomi riconducibili a malattie dell’apparato respiratorio. Una delle cause di tale diffusione è probabilmente la pratica dell’“umebubu”, considerata igienica e salutare dalla cultura tradizionale: si tratta di confinare per circa 40 giorni, subito dopo la nascita, il neonato e la mamma in una capanna d’erba priva di ventilazione e con un fuoco che arde di continuo. L’Unicef, attivo a Kupang, in effetti, annovera tra le cause dell’incremento delle malattie polmonari la mancanza di areazione dei locali, la condizione spesso precaria delle abitazioni e il costume della famiglia di vivere insieme in un unico ambiente. Alcune Ong, conclude l'agenzia Fides, si stanno adoperando per dotare la popolazione di abitazioni salubri con finestre e lastricati, ma c’è ancora molto da fare contro la contaminazione dell’aria che, secondo le stime dell’Oms, nel mondo uccide una persona ogni 20 secondi. (R.B.)
India: nel Kerala fondo deposito delle parrocchie per le famiglie numerose
◊ Le parrocchie cattoliche dello Stato indiano del Kerala hanno istituito un fondo deposito per le famiglie, in modo da incentivarle ad avere più figli, perché la popolazione di fede cattolica nell’area sta drasticamente diminuendo. Stando ai dati dell’ultimo censimento del 2001, infatti, i cristiani nel Kerala erano il 19% su una popolazione di oltre 31 milioni di persone, in calo rispetto al decennio precedente, a fronte di una presenza musulmana pari al 25%. Come riferisce l'agenzia Fides, è stata fissata una quota pari a 225 dollari da destinare alle famiglie che nel corso di quest’anno metteranno al mondo il quinto figlio, in modo da promuovere la cultura della vita. Due famiglie ne hanno già beneficiato. In questo le parrocchie sono aiutate dal Sion Prolife Movement della diocesi di Mananthavady, anche se l’iniziativa non è in linea con il governo federale che incoraggia le coppie ad avere al massimo due figli. (R.B.)
Australia: la Chiesa chiede una soluzione alla questione dei richiedenti asilo malesi
◊ Cercare insieme, Chiesa e Stato, una soluzione appropriata alla questione dei richiedenti asilo. È l’invito lanciato dalla Conferenza episcopale australiana (Acbc) in una nota diffusa nei giorni scorsi. L’appello dei vescovi arriva in seguito alla decisione della Corte Suprema di dichiarare illegale l’accordo concluso a luglio tra Canberra e Kuala Limpur. Secondo l’intesa raggiunta, 800 richiedenti asilo sbarcati in Australia sarebbero dovuti tornare in Malesia, in cambio di 4mila migranti, il cui status di rifugiato era già stato riconosciuto. Ma per la Corte Suprema ciò avrebbe violato il diritto internazionale in quanto non avrebbe potuto garantire i diritti dei profughi mandati in Malesia, Paese che non ha firmato la convenzione Onu sui rifugiati. “Si spera – si legge nella nota dell’Acbc, a firma di mons. Gerard Hanna, rappresentante episcopale per i Migranti e i rifugiati – che questa decisione della Corte Suprema non sfoci in una mera questione politica, ma piuttosto conduca alla determinazione di trovare una soluzione giusta e ragionevole per i richiedenti asilo”. D’altronde, continua mons. Hanna, “è responsabilità di tutte le nazioni civili continuare a gestire le richieste dei migranti che sbarcano nei loro territori”. Per questo, ribadisce il presule, “ora non è il momento di celebrare o di recriminare, ma di lavorare tutti insieme, alla ricerca della soluzione migliore per i richiedenti asilo. La Chiesa cattolica è pronta a collaborare con il governo e con tutte le persone di buona volontà. In nome del bene comune di tutta l’umanità – conclude la nota – la Chiesa cattolica incoraggia l’Australia ad accogliere 4mila rifugiati nei prossimi quattro anni. La Malesia attualmente ne ospita 94mila; il nostro Paese deve continuare a prendersi parte di questa responsabilità che è un fenomeno globale”. (I.P.)
Congresso eucaristico di Ancona: inaugurata la mostra “Alla mensa del Signore”
◊ L’arte come strumento per accedere alla trascendenza, all’ineffabile, all’invisibile: in pratica al Mistero di Dio. È con questo intento nel cuore che è stata inaugurata ieri dal presidente del Governatorato della Città del Vaticano, cardinale Giovanni Lajolo, la mostra “Alla mensa del Signore. Capolavori dell’arte europea da Raffaello a Tiepolo”, allestita presso la Mole Vanvitelliana di Ancona in questi giorni in cui in città si svolge il 25esimo Congresso eucaristico nazionale. Il fine della missione dell’artista, e la sua affinità con il ministero del sacerdote nell’apertura verso Dio, erano già stati sottolineati da Papa Paolo VI, le cui parole sono state riprese ieri dal porporato: “Paolo VI parlava della forza poetica dell’arte – ha detto il cardinale Lajolo citato dall'agenzia Sir – mentre Giovanni Paolo II mise in luce il rapporto tra l’arte e il mistero dell’Incarnazione e la nuova dimensione della bellezza; Benedetto XVI, infine, in una visione altamente spirituale, ha parlato della bellezza come segno, forma sperimentale dell’Incarnazione di Dio che sa cogliere il Tutto nel frammento”. Il porporato ha posto l’accento sul titolo dell’esposizione, particolarmente “significativo” perché l’Eucaristia “è il centro irradiante di tutta l’attività della Chiesa: non solo della liturgia, ma anche dell’annuncio della Parola, del servizio della carità anche dell’arte sacra”. “Nell’umanità del Cristo il Dio invisibile si è fatto visibile – ha aggiunto – e noi dalla sua immagine dobbiamo risalire al ‘prototipo’, alla realtà che esso significa”. In chiusura il porporato ha distinto tra arte religiosa e arte sacra, definendo quest’ultima “l’arte propriamente connessa con la liturgia della Chiesa e i suoi ambiti o con la pietà, le pratiche devote del popolo cristiano”. (R.B.)
"Primavera araba": la comunità internazionale si scontra sul futuro di Libia e Siria
◊ Prosegue la caccia a Gheddafi in Libia, dove duecento veicoli militari degli insorti stanno avanzando verso la città di Bani Walid, una delle ultime roccaforti del rais e uno dei suoi possibili rifugi. Intanto, in Siria sale a 21 il bilancio delle vittime della repressione di ieri, principalmente nella provincia di Damasco. Una situazione di sostanziale stallo nei due Paesi, alla quale corrisponde tuttavia una frenetica attività della comunità internazionale. Il servizio di Michele Raviart:
Il destino di Siria e Libia, due dei Paesi coinvolti da lunghi mesi nella “primavera araba” che sta cambiando il volto del Nord Africa e del Medio Oriente, è sempre più materia di frizione tra le diplomazie di tutto il mondo. Contro la Siria è stata netta la posizione dell’Unione Europea, che questa mattina ha ufficializzato l’estensione delle sanzioni contro il regime di Al-Assad. L’importazione di petrolio dalla Siria è stata vietata, anche se i contratti in essere saranno rispettati fino al 15 novembre, e sono stati messi al bando nei Paesi dell’Unione quattro uomini d’affari, accusati di “fornire supporto economico al regime”. Inoltre, sono state congelate le attività di una banca siriana di proprietà statale e di due società private. Una serie di misure che non è piaciuta al ministro degli Esteri russo, Lavrov, che le ha definite inutili e dannose per la risoluzione della crisi. Una Russia molto attiva anche sul fronte libico, con l’invito ufficiale a Mosca del Consiglio nazionale transitorio, per discutere le sorti dei contratti energetici stipulati a suo tempo dal Cremlino con Gheddafi. E mentre a Tripoli è atteso per questa mattina un emissario delle Nazioni Unite, l’ambasciatore turco in Libia, il primo a ritornare nel Paese, chiede a Gheddafi di arrendersi. “E’ solo una lotta per il petrolio”, tuona il presidente venezuelano Chavez da Caracas, mentre il New York Times denuncia la cooperazione della Cia con i servizi segreti di Gheddafi: otto persone sospettate di terrorismo sarebbero state spedite dalla Cia in Libia per essere interrogate, in un Paese noto per i casi di tortura.
Wikileaks: pubblicati oltre 250 mila documenti della diplomazia americana
Tutti i cablogrammi della diplomazia americana posseduti dal sito Wikileaks sono stati pubblicati on line. Si tratta di oltre 250 mila documenti riservati, disponibili integralmente e senza alcuna protezione per i nomi delle persone coinvolte. Julian Assange, fondatore del sito, ha invitato tutti gli internauti a leggere i documenti e a pubblicare ogni scoperta importante e a prendere il posto della stampa mondiale, “che non ha sufficienti risorse ed è sostanzialmente faziosa”. I quotidiani Guardian, El Pais, New York Times e Der Spiegel, che avevano collaborato con Wikileaks, hanno condannato la “non necessaria pubblicazione dei dati completi”, mentre l’Australia ha minacciato di portare Julian Assange in tribunale per aver rivelato il nome di un agente dei Servizi segreti australiani.
Pakistan: il maltempo causa 66 vittime nel sud del Paese
La nuova ondata di maltempo che sta colpendo il Pakistan ha causato finora 66 morti nella provincia meridionale del Sindh. Secondo Zafar Qadir, presidente dell’Autorità nazionale per la gestione dei disastri, le piogge battenti e le inondazioni hanno colpito in diversa misura almeno tre milioni di persone, con oltre 150 mila sfollati, che hanno già raggiunto gli accampamenti approntati dal governo. Intanto, il gruppo talebano pakistano “Ttp” ha rivendicato il sequestro di 30 ragazzi, che ieri avevano attraversato casualmente il confine tra Pakistan e Afghanistan.
Afghanistan: ex-detenuto di Guantanamo ucciso dalle truppe Nato
Un cittadino afghano, già detenuto nel carcere americano di Guantanamo a Cuba, è stato ucciso questa mattina in uno scontro a fuoco con le truppe della Nato. Secondo fonti militari, l’uomo, che si trovava nella provincia orientale di Nangarhar, era strettamente legato alla rete terroristica di al Qaeda.
Italia: il presidente Napolitano chiede chiarezza sulla manovra
Sulla manovra finanziaria bisognerà muoversi con “chiarezza, certezza di intenti e di risultati e al di là di ogni oscillazione nociva alla credibilità del Paese”. Queste le parole del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che in un video-intervento al "Workshop Ambrosetti" di Cernobbio ha ricordato le scelte coraggiose fatte dall’Italia, come “la rinuncia all’autorità monetaria e l’ingresso nell’euro”, anche se, in 10 anni in cui la crescita economica ha ristagnato, si è esitato ad affrontare il problema del debito pubblico. "Finché c'è un governo che ha la fiducia del parlamento”, ha aggiunto poi Napolitano, commentando la situazione politica, “io non posso sovrappormi non solo di fatto, ma nemmeno con l'idea di un governo diverso". Al "Workshop Ambrosetti" è intervenuto anche il presidente della Banca centrale europea (Bce), Jean Claude Trichet, cha ha sottolineato come “la Bce non possa sostituirsi ai governi”, che “devono rispettare la disciplina di bilancio”.
Sudan: violenze in Sud Kordofan
Diciassette civili sono morti e 14 sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco, avvenuto tra i ribelli e le truppe sudanesi nello stato del Sud Kordofan, in Sudan. I combattimenti sono avvenuti nella regione di Kalugi e hanno coinvolto membri dell’esercito di Liberazione del Popolo del Sudan. Il Paese, sconvolto da un conflitto tribale durato oltre 20 anni, è teatro di scontri dopo l’indipendenza del Sud Sudan, avvenuta lo scorso luglio.
Carestia nel Corno d’Africa: l’Onu denuncia la condizione della Somalia
“La situazione in Somalia sta peggiorando”. Così l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite ha denunciato il progressivo aumento della carestia che sta devastando il Corno d’Africa. “Quasi tutte le regioni meridionali della Somalia potrebbero essere colpite dalla carestia”, si legge ancora in un Rapporto, che verrà presto aggiornato con i nuovi dati sulla crescente malnutrizione.
India: pubblicati i redditi di premier e ministri
Il premier indiano, Manmohan Singh, ha pubblicato su Internet la lista dei propri averi e di quelli dei ministri del suo governo. L’iniziativa nasce come risposta all’ondata di scandali sulla corruzione dei funzionari in India, simboleggiata dalla protesta dell’attivista, Anna Hazare. Da quanto si legge sul sito, il patrimonio di Singh ammonta a 50 milioni di rupie, pari a oltre 750 mila euro.
Giappone: bufera sul ministro della Difesa
L’opposizione giapponese, con in testa il Partito liberaldemocratico, considera inadeguata l’assegnazione del portafoglio della difesa a Yasuo Ichikawa, poiché quest’ultimo avrebbe dichiarato ai giornalisti di essere “un dilettante nel campo della sicurezza”. Ichikawa fa parte del governo di Yoshihiko Noda, ex ministro delle Finanze divenuto questa settimana il sesto premier giapponese in cinque anni. Il tema della sicurezza è particolarmente sensibile in Giappone, in virtù della presenza militare Usa, nell’isola meridionale di Okinawa. (Panoramica internazionale a cura di Michele Raviart e Giorgia Innocenti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 246