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Sommario del 05/10/2011
Appello del Papa contro la fame nel Corno d'Africa. Mons. Tomasi: un genocidio silenzioso
◊ Il Papa, durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, ha lanciato un nuovo appello per le popolazioni del Corno d’Africa, dove circa 12 milioni di persone sono colpite dalla fame: a rischio soprattutto i bambini. Centinaia di migliaia gli sfollati e i profughi in cerca di acqua e di cibo. Il servizio di Sergio Centofanti:
Benedetto XVI parla delle “drammatiche notizie” che continuano a giungere dal Corno d’Africa e lancia un nuovo appello a lottare contro la fame in queste regioni:
“Rinnovo il mio accorato invito alla Comunità Internazionale perché continui il suo impegno verso quei popoli e invito tutti a offrire preghiere e aiuto concreto per tanti fratelli e sorelle così duramente provati, in particolare per i bambini che ogni giorno muoiono in quella regione per malattie e mancanza di acqua e di cibo”.
Il Papa saluta il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” e mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio, presenti all’udienza insieme ad alcuni rappresentanti di organizzazioni caritative cattoliche, che “si incontreranno – sottolinea - per verificare e dare ulteriore impulso alle iniziative tese a fronteggiare tale emergenza umanitaria”. Parteciperà all’incontro anche un rappresentante dell’arcivescovo di Canterbury, anch’egli impegnato a favore delle popolazioni colpite dalla fame.
E ieri, a Ginevra, era intervenuto sulla questione mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu della città elvetica. Ascoltiamo il suo commento dopo l’appello del Papa:
R. – La mancanza di cibo forza migliaia e migliaia di persone a camminare verso la sopravvivenza e molti muoiono per strada. Parliamo di un silenzioso genocidio, per cui è veramente urgente che la comunità internazionale esprima la sua solidarietà verso queste persone. Molti sono donne e bambini che stanno cercando di sopravvivere. E’ capitato un caso penosissimo e dolorosissimo di una mamma che portava in braccio due bambini e non ce la faceva più a camminare, perché non aveva più forza, e doveva decidere quale dei due lasciar morire e quale portare con sé, verso il campo dei rifugiati. Non è ammissibile che oggi accadano queste cose terribili. Ma questa tragedia del Corno d’Africa è parte di altre tragedie. Pensiamo che almeno 1500 persone sono morte nel tentativo di passare dal Nord Africa all’Europa e altre sono annegate nella traversata dalla Somalia verso Aden. Quindi, ci troviamo di fronte ad un’emergenza che dovrebbe scuotere la coscienza di tutti.
D. – Cosa sta facendo la comunità internazionale a suo avviso?
R. – Ci sono dei contributi che vengono dati da vari Paesi utilizzando i canali delle varie agenzie dell’Onu. Certo, sarebbe bene che ci fosse un maggiore coordinamento. Un cammino positivo è iniziato, ma non è sufficiente a rispondere a tutte le necessità. (ap)
◊ “Quando Dio apre la sua tenda per accoglierci, nulla può farci del male”. È un messaggio di assoluta fiducia quello che Benedetto XVI ricava dalla meditazione del celebre Salmo 23, quello del “Buon Pastore”. Il Papa ne ha parlato all’udienza generale di questa mattina, in Piazza San Pietro, affermando che la presenza di Dio è certa anche nel “deserto del razionalismo”. Benedetto XVI ha poi concluso ricordando la prossima festa della Madonna del Rosario e invitando i cristiani a “riscoprire” questa preghiera mariana. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Non manco di nulla”. Un versetto che la Chiesa intona da duemila anni, ripetendo una ancor più antica preghiera e soprattutto una certezza: quella della indefettibile benevolenza di Dio. Benedetto XVI ha seguito e riflettuto sugli elementi descrittivi e paesaggistici che compongono il Salmo 23 mettendo in rilievo come – in un ambiente desertico come quello narrato dal Salmista – il riferimento “ai pascoli erbosi” ai quali il Buon Pastore conduce il suo gregge rimanda al profondo “bene” che il Pastore stesso nutre per i suoi armenti:
“Cari fratelli e sorelle, anche noi, come il Salmista, se camminiamo dietro al ‘Pastore buono’, per quanto difficili, tortuosi o lunghi possano apparire i percorsi della nostra vita, spesso anche in zone desertiche spiritualmente, senza acqua e con un sole di razionalismo cocente, sotto la guida del pastore buono, Cristo, siamo certi di andare sulle strade ‘giuste’ e che il Signore ci guida e ci è sempre vicino e non ci mancherà nulla”.
A un certo punto sul gregge cala il buio della notte; “c’è il rischio – osserva il Papa – di inciampare oppure di allontanarsi e di perdersi”. Tuttavia il Salmista, prosegue il Pontefice, non è assalito da alcun timore, si sente rassicurato, come dovrebbero sentirsi allo stesso modo la Chiesa e ogni singolo credente:
“Quel ‘tu sei con me’ è una proclamazione di fiducia incrollabile, e sintetizza l’esperienza di fede radicale; la vicinanza di Dio trasforma la realtà, la valle oscura perde ogni pericolosità, si svuota di ogni minaccia. Il gregge ora può camminare tranquillo, accompagnato dal rumore familiare del bastone che batte sul terreno e segnala la presenza rassicurante del pastore”.
Dopo l’erba e l’acqua, la scena del Salmo si sposta all’interno di una tenda, quella dove il pastore vive con il suo gregge e dove il Salmista viene accolto – ha sottolineato Benedetto XVI – con una “generosa ospitalità”. Anche qui si respira un’atmosfera di grande serenità:
“Il Salmista è fatto oggetto di tante attenzioni, per cui si vede come un viandante che trova riparo in una tenda ospitale, mentre i suoi nemici devono fermarsi a guardare, senza poter intervenire, perché colui che consideravano loro preda è stato messo al sicuro, è diventato ospite sacro, intoccabile. E il Salmista siamo noi se siamo realmente credenti in comunione con Cristo. Quando Dio apre la sua tenda per accoglierci, nulla può farci del male”.
Il Papa ha concluso la catechesi ricordando come l’antica figura del Buon Pastore abbia trovato in Gesù “la sua pienezza di significato”:
“Gesù è il ‘Buon Pastore’ che va in cerca della pecora smarrita, che conosce le sue pecore e dà la vita per loro, Egli è la via, il giusto cammino che ci porta alla vita, la luce che illumina la valle oscura e vince ogni nostra paura (…) Chi va col Signore anche nelle vali oscure della sofferenza, dell'incertezza e di tutti i problemi umani, si sente sicuro. Tu sei con me: questa è la nostra certezza, quella che ci sostiene”.
Al momento dei ringraziamenti, Benedetto XVI ne ha rivolto uno speciale in lingua inglese alla delegazione della Facoltà di Teologia dell’Università greca di Salonicco, che ha voluto insignire il Papa della medaglia d’oro “Apostle Jason”. Il Pontefice si è detto “profondamente onorato” del gesto, riconoscendovi “un segno eloquente della crescente comprensione e del dialogo esistente tra cattolici e ortodossi”. Oltre a rivolgere un saluto, fra gli altri, al cardinale arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo – a Roma con i vescovi siciliani a un anno dalla visita pastorale del Papa alla città – Benedetto XVI ha ricordato, in lingua slovacca, la memoria liturgica di dopodomani della Beata Vergine Maria del Rosario. “Riscoprite – ha detto – il valore della preghiera del Rosario come via per un incontro personale con Cristo”.
Presentata a Roma l'opera in due volumi sugli 80 anni della Radio Vaticana
◊ Il mondo delle comunicazioni chiama a continue sfide e trasformazioni. Così in sintesi il direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, presentando ieri l’opera, in due volumi, di Fernando Bea e Alessandro De Carolis: “Ottant’anni della Radio del Papa”, presso l’Aula Magna dell’Università Lumsa, a Roma. Presente anche Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato che ha sostenuto l’iniziativa. I due volumi, editi dalla Libreria Editrice Vaticana, nell’80.mo anniversario dell’emittente, ripercorrono genesi, avventure e missione della Radio voluta da Pio XI. Il servizio di Massimiliano Menichetti.
Oltre 700 pagine divise in due tomi per raccontare la storia della Radio del Papa, nata nel 1931 per volere di Pio XI che si rivolse per la sua realizzazione proprio all’inventore della radio, Guglielmo Marconi. La penna di Fernando Bea traccia un percorso lungo 50 anni, dagli esordi al 1981, poi è Alessandro De Carolis a condurre il lettore attraverso le sfide tecnologiche e informative che si intrecciano senza sosta, avendo come unico denominatore e propulsore l’annuncio del Vangelo in ogni angolo del pianeta. Ma come nasce questo libro? Il direttore generale della Radio Vaticana padre Federico Lombardi:
“Io credo che un’istituzione di 80 anni deve riflettere. Per questo dovevamo avere un contributo serio, solido, per tutti noi che facciamo parte della Radio, per conoscere bene da dove veniamo e poter capire dove possiamo andare. Poi è uno strumento anche molto utile per i molti che oggi ci chiedono di conoscere la storia della Radio Vaticana”.
Riga dopo riga i due autori raccontano la vita della Chiesa universale e la storia degli ultimi 80 anni, riflessa nella trasformazione della Radio del Papa. Il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Giuseppe Costa:
“Posso dire senza alcuna smentita che volumi del genere sulla storia della Radio Vaticana non esistono”.
Fotografie e lettere per far conoscere profili redazionali e tecnici in un arco che va dai radiomessaggi durante la seconda guerra mondiale per ricongiungere dispersi e famiglie fino alla sfida di internet. L’autore, Alessandro De Carolis:
“La Radio parla oggi una quarantina abbondante di lingue. Non c’è un’altra radio internazionale che possa esprimersi su uno stesso avvenimento con questa ricchezza linguistica e questa dote, grazie soprattutto ad internet, ha trovato un modo ancor più ricco di esprimersi. La Radio Vaticana può servire il magistero del Papa, collegare il centro della cattolicità con le periferie, dare una lettura cristiana dei fatti del mondo e lo può fare praticamente senza soluzione di continuità".
Un testo, ha aggiunto padre Federico Lombardi, che fa vedere anche come il mondo della comunicazione è mutato e quante le frontiere esplorate:
“In tutta questa storia non è solo un cambio di uso di strumenti o di organizzazione dei programmi, è un evolversi del nostro modo di essere comunicatori al servizio della Chiesa universale. Oggi la Radio Vaticana cerca le vie, i linguaggi, gli strumenti, le forme sempre nuove per svolgere questa missione. Dire ‘Radio’ è oggi limitante perché noi facciamo anche il web, un web multimediale”.
A sottolineare sinergie tra il mondo dell’etere e quello dei binari, Mauro Moretti amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato che ha sostenuto l’iniziativa e auspicando future collaborazioni con la Radio Vaticana nel mondo delle tv e radio via web ha sottolineato l’orgoglio nell’avere ospite in treno il Santo Padre nel prossimo viaggio verso Assisi, occasione per la consegna di una copia del libro:
“Sarà un’opera che darà a noi la possibilità di potere mostrare quello che è il nostro volto a tutti coloro che lo leggeranno - e saranno molti e autorevoli - e sarà anche presentato al Santo Padre nel prossimo viaggio che faremo il 27 di ottobre dal Vaticano ad Assisi. La possibilità di ospitare un’altra volta il Santo Padre è per noi motivo di orgoglio e quindi questo è anche un altro gesto per poter contribuire e collaborare con questa importante iniziativa”.
Ma cosa significa per un giornalista della Radio Vaticana scrivere il libro per gli 80 anni della propria emittente? Ancora Alessandro De Carolis:
“Posso raccontare un aneddoto. Quando cinque anni fa fui incaricato di scrivere un pezzo celebrativo per i 75 anni della Radio Vaticana mi fu consegnato il testo di Fernando Bea. Quando finii di leggere quel libro che mi era piaciuto tanto perché Fernando Bea aveva una bella e agile penna, quasi da romanziere, io dissi tra me: che bello questo libro, mi piacerebbe tanto scriverne il seguito! Poi cinque anni dopo è successo esattamente questo. E’ il coronamento di un sogno, perché questa radio, questa storia della Radio che ho sempre sentito parte della mia vita, diventava davvero parte della mia vita nel senso più bello e profondo del termine”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Cure, acqua e cibo per il Corno d’Africa: l’appello di Benedetto XVI durante l’udienza generale.
In rilievo, nell’informazione internazionale, la Somalia, segnata dalla violenza e dalla fame.
L’Unità italiana e gli affrettapopoli: in cultura Arturo Colombo su Vincenzo Gioberti nella rilettura dello storico Giorgio Rumi.
Quella primavera missionaria: Gianpaolo Romanato all’incontro, a Subiaco, sul tema “La Congregazione Sublacense. Inizi, ideali e attività missionaria”.
Un articolo di Nicola Mapelli dal titolo “Con il mondo tra le mani”: i dieci anni di attività del Laboratorio polimaterico dei Musei Vaticani.
E non dite che dipingeva come un uomo: Sandro Barbagallo sulla grandezza artistica di Artemisia Gentileschi.
Natalia Ginzburg e “l’Osservatore Romano” in affitto: Massimo Ottolenghi e la frangetta della scrittrice in un ricordo a vent’anni dalla morte.
Nell’informazione vaticana, la prefazione del cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, al volume “Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia”.
◊ In Egitto, in questo delicato periodo prima delle elezioni di novembre e successivo alla rivoluzione che ha portato alla caduta del regime di Hosni Mubarak, prosegue la fuga di cristiani dal Paese. Secondo alcune fonti, non verificabili, sarebbero oltre 100 mila i copti che hanno già lasciato l’Egitto. Sulle cause di questo esodo, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo di Guizeh, mons. Antonios Aziz Mina:
R. – Non abbiamo dati certi, non c’è una statistica. I motivi di questo fenomeno sono parecchi, ma il motivo principale è l’insicurezza: non si sa cosa succederà dopo la rivoluzione. Il fenomeno non riguarda soltanto i cristiani, ma tutti gli egiziani, anche i musulmani. Nell’esodo, si vede che i cristiani sono più numerosi, perché hanno maggiori 'agganci' al di fuori del Paese. Quindi questa fuga si nota più tra i cristiani che tra i musulmani. Dato il numero esiguo dei copti in Egitto – siamo il 10 per cento – ogni cristiano che lascia il Paese lascia un vuoto enorme, più grande di quello dei musulmani.
D. – Per quanti fuggono dal Paese, in particolare per i cristiani, c’è anche il timore che il potere in futuro possa essere preso da gruppi integralisti, movimenti salafiti...
R. – Può anche darsi. A novembre andremo alle urne. Ma quanto siamo preparati alla vita democratica? Perché la vita democratica non vuol dire solo dare il voto, ma avere la consapevolezza di come dare questo voto. La maggioranza può fare in modo che le minoranze possano espandersi e partecipare allo sviluppo di questo Paese, che la democrazia non diventi uno strumento di esclusione di una parte.
D. – Affinché ci sia un’autentica democrazia, quali sono in questo momento di transizione gli auspici della Chiesa?
R. – La Chiesa non è un’istituzione politica, piuttosto tende a illustrare i diritti umani di ciascuna persona, cristiana o musulmana. Noi incoraggiamo i nostri fedeli a partecipare alla vita politica e a fare il loro dovere, esprimendo il loro voto. Quindi, incoraggiamo i nostri fedeli a fare questo passo e organizziamo convegni: chiediamo a persone illustri di parlare e di mostrare la situazione, per poter favorire la partecipazione alla vita sociale del Paese.
D. – Quindi, chiedete che ci siano cattolici impegnati in politica...
R. – Impegnati in tutto, non soltanto in politica, ma anche nella costruzione di questo Paese. Ciascuno deve seguire la vocazione alla quale il Signore l’ha chiamato. Auspico che tutto questo giovi ad un buon futuro, non solo per l’Egitto, ma per il mondo intero: che sia un mondo pieno di pace, di prosperità e un mondo in cui si realizza la volontà di Dio, che tutti arrivino in Terra a vivere una vita pacifica e che vedano il Suo volto nell’eternità. (ap)
In Egitto, intanto, circa 500 copti hanno sfilato ieri sera per le vie del centro del Cairo protestando dopo l'incendio della chiesa di Aswan, nel sud del Paese. Il governatore locale aveva affermato che la struttura era stata edificata senza i necessari permessi. Secondo i copti, le parole del governatore avrebbero istigato alcuni estremisti musulmani della zona che per questo avrebbero dato fuoco al luogo di culto cristiano.
No di Cina e Russia alla condanna della Siria proposta all’Onu dall'Europa e sostenuta dagli Usa
◊ In Siria sono state annunciate per il prossimo 12 dicembre le elezioni municipali, le prime consultazioni dall’inizio delle proteste. Intanto, Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, hanno posto il veto sulla bozza di risoluzione promossa da Francia, Germania, Inghilterra e Portogallo, in cui si condannava il regime di Bashar al-Assad per la dura repressione delle manifestazioni pro democrazia in Siria. Il documento, appoggiato dagli Usa, chiedeva alle autorità di Damasco di porre fine immediatamente ad ogni tipo di violenza contro i civili: non si parlava di sanzioni, ma veniva menzionata l'assunzione da parte dell'Onu di 'misure mirate' in caso di prosecuzione della repressione. Per Damasco si è trattato di una “giornata storica” alle Nazioni Unite; Pechino sostiene che il provvedimento avrebbe imposto “pressione alla cieca sulla Siria”. Secondo la Francia, invece, quello posto al Palazzo di Vetro è stato un ''veto politico'' dettato da interessi particolari, che non tiene conto di una situazione drammatica e della morte - secondo dati Onu - di 2.700 persone innocenti. Ce ne parla Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, intervistato da Giada Aquilino:
R. - Credo che gli interessi non siano tanto particolari, ma siano generali. E’ chiaramente in corso a livello globale un riassestamento degli equilibri e delle capacità di influenza. L’Onu è uno dei tanti terreni di battaglia su cui questo riassestamento viene giocato dai Paesi tradizionalmente grandi e dai Paesi di nuova e più recente grandezza. Sulla Siria il veto di Russia e Cina si spiega anche con i veti che - a questioni invece sollecitate e sostenute da Russia e Cina - sono stati posti dagli Stati Uniti e da altri Stati. Penso, per esempio, recentemente al caso palestinese. E’ una battaglia per l’influenza su scala globale, che si combatte su ogni possibile terreno.
D. - Se la Francia ha parlato di “veto politico”, la Cina ha criticato i Paesi europei perché la risoluzione avrebbe imposto “pressione alla cieca” sulla Siria. E’ così? L’Onu parla di 2.700 morti per la repressione in Siria…
R. - Sicuramente la repressione in Siria è un capitolo sanguinosissimo della cosiddetta “primavera araba”. In questo campo la conta dei buoni e dei cattivi non ha moltissimo senso, perché altrimenti bisognerebbe chiedere conto agli Stati Uniti della ragione per cui hanno appoggiato l’Arabia Saudita nella repressione in Bahrein, che è stata meno sanguinosa semplicemente perché il Bahrein è uno Stato molto più piccolo della Siria e ha una popolazione molto inferiore. Qui nessuno di questi Paesi si può spacciare per idealista e invece, secondo me, molto semplicemente è una lotta, è un braccio di ferro sugli interessi nazionali che viene combattuta anche in campo internazionale.
D. - Un provvedimento ad hoc dell’Onu potrebbe indurre Damasco a porre fine alla repressione?
R. - Non credo, perché per questi regimi come abbiamo visto per la Libia e anche in altre zone del Medio Oriente, di fatto l’ipotesi del compromesso e quella di una riforma non esistono. Abbiamo visto cosa è successo all’Egitto di Mubarak, alla Tunisia di Ben Alì, alla Libia di Gheddafi; abbiamo visto cosa sta succedendo nello Yemen, nel Bahrein e in Siria: questi sono regimi che o restano - e restano regimi autocratici - o vengono cacciati.
D. - A questo punto la comunità internazionale che ruolo può avere?
R. - Credo che le grandi organizzazioni come l’Onu, in questa fase e con questi mutamenti globali in atto, abbiano il compito limitato ma non secondario di difendere un minimo comune denominatore di ragionevolezza, di umanità e di difesa dei valori della democrazia. (bf)
◊ Sgomento e dolore a Barletta per la morte di 4 operaie, che lavoravano senza alcuna garanzia contrattuale, in seguito al crollo, lunedì mattina, di un palazzo dove era stato allestito un laboratorio di confezioni. In seguito al cedimento strutturale, è morta anche una ragazzina di 14 anni, figlia dei titolari del laboratorio. I funerali si celebreranno domani, nella città pugliese, e saranno presieduti dall’arcivescovo di Trani – Barletta – Bisceglie, arcivescovo Giovanni Battista Pichierri, che al microfono di Luca Collodi, si sofferma su questa tragedia:
R. – E’ un disastro veramente immane. Ci sono responsabilità gravi da appurare e la magistratura già si è mossa. Mi ha colpito particolarmente un giovane che, guardando la sua sposa giovanissima, si è abbracciato forte a me, gridando: “Non può, non può morire!”. Tutti dobbiamo essere consapevoli delle responsabilità che abbiamo, ciascuno secondo i nostri compiti. E’ una parola forte alle coscienze …
D. – Davanti a questa tragedia emergono due aspetti: il primo, la responsabilità umana davanti all’insicurezza dei luoghi di lavoro; il secondo, la responsabilità umana di persone che lavorano 8-10 ore al giorno per paghe irrisorie, meno di 4 euro l'ora …
R. – Noi dobbiamo essere tutti nella legalità e questo a vantaggio della vita umana. Dovremmo partire veramente dal bene vero della persona, affinché si esprima anzitutto nella sua dignità, nella sua onorabilità e anche nella sua competenza, rispettando – è chiaro – le regole del lavoro, che deve essere fondato su un contratto legittimo. Chi mira al guadagno a scapito della dignità della persona, sfrutta la persona!
D. – Perché è così difficile mantenere la legalità?
R. – Penso che alla radice del male c’è proprio l’egoismo: se noi non combattiamo questo egoismo, saremo sempre la causa e i responsabili di questi disastri immani… (mg)
Borse in rialzo nonostante il declassamento dell'Italia
◊ Borse europee in rialzo nonostante il nuovo declassamento per l’economia italiana annunciato ieri sera dall’agenzia di rating Moody’s. La vulnerabilità del Paese è aumentata, affermano gli analisti, anche se il rischio di fallimento resta remoto. Per il governo la scelta di Moody’s era nell’aria: il premier Berlusconi ha dichiarato che l’Europa appoggia le ultime riforme per la crescita varate dal suo esecutivo. Appoggio confermato oggi da un portavoce della Commissione Ue secondo cui l’Italia, grazie agli impegni presi, ha la possibilità di arrivare al pareggio di bilancio nel 2013. Per l’opposizione il taglio del rating è un ulteriore segno di sfiducia nei riguardi dell’Italia e una chiara richiesta di cambiamento. Come dunque interpretare questo nuovo declassamento? Adriana Masotti l’ha chiesto al prof. Giacomo Vaciago, docente di politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:
R. – Diciamo che conferma un giudizio negativo sull’Italia che viene da molte fonti, interne ed internazionali: Confindustria ha detto che il Paese va indietro, invece di andare avanti; gli organismi internazionali continuano ad auspicare che l’Italia faccia di più; la Bce, Draghi e Trichet, hanno scritto una lettera al nostro governo, preoccupata, e in cui auspicava molti provvedimenti sia per ridurre il deficit, sia soprattutto per far ripartire la crescita. Anche Moody’s non è tanto preoccupata che il deficit pubblico o il debito pubblico sia troppo grande, ma è preoccupata perché c’è molta incertezza politica - non si sa se e quale governo farà quali cose rispetto a ciò che serve nel Paese – e poca crescita: il Paese anzi sta frenando…
D. – Il governo sta lavorando intorno ad un nuovo piano di sviluppo proprio per rispondere a questo bisogno di crescita. Lei come vede il prossimo futuro?
R. – Diciamo che la crescita richiede riforme inizialmente impopolari. Bisogna lavorare di più e meglio: di più significa lavorare più a lungo e ridurre la disoccupazione; meglio significa adottare nuove tecnologie che risparmino lavoro aumentando la produttività. Nel nostro settore pubblico, al di là delle tante chiacchiere, si usano ancora carta e fotocopiatrici, le tecnologie del passato. Ci si sta ancora preoccupando che i funzionari del settore pubblico vadano in ufficio, mentre in giro per il mondo col telelavoro la gente può benissimo lavorare da casa sua… In sostanza per crescere bisogna fare cose inizialmente impopolari: le riforme che ha fatto Schroeder e che ha poi proseguito la Merkel in Germania; le riforme che hanno fatto nel Nord Europa hanno costi politici, più che costi finanziari. Politici significa che serve un governo fortemente motivato, unito, che riesca ad imporre queste priorità. Questo al momento non si vede…
D. – Certo, le agenzie di rating non dovrebbero essere influenzate da valutazioni e visioni politiche, ma evidentemente qui le cose sono molto intrecciate: ricordo anche Tremonti che ha avuto una battuta, parlando della Spagna, dicendo che “lì forse le cose vanno meglio, perché vanno al voto”…
R. – Certamente il voto produce un governo, in Spagna, quasi con certezza; da noi anche con questa legislazione elettorale non sai se poi hai un governo o no. Attenzione: le agenzie non devono dare giudizi politici nel merito, ma certamente auspicano la governabilità, la credibilità dell’azione di governo. Che questo nostro governo abbia perso molta credibilità, lo dicono un po’ tutti. (mg)
◊ “Far entrare nell’intero corpo sociale la consapevolezza della sfida demografica con cui l’Italia deve inevitabilmente misurarsi”. E’ questo l’obiettivo del rapporto, curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana (Cei), e intitolato: “Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia”. Secondo l'Istat il tasso di crescita della popolazione è di circa lo 0,40%, dato in positivo grazie ai flussi migratori: infatti le nascite sono di poco inferiori ai decessi. Lo studio verrà presentato nel pomeriggio a Roma, presso la sede della Casa editrice Laterza. All’incontro interverranno, tra gli altri, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il rapporto illustra alcune delle tendenze demografiche più rilevanti in Italia. Ma l’obiettivo non è solo quello di descrivere l’attuale scenario e le possibili prospettive. La ricerca contiene soprattutto delle proposte. “Le proposte che vengono avanzate - spiega il cardinale Ruini - sono rivolte soprattutto a ritrovare, per quanto possibile, un effettivo equilibrio demografico”. Tra le priorità indicate per favorire un bilanciamento demografico, figura anzitutto l’equità nell’imposizione tributaria e nelle politiche tariffarie. Altro pilastro è la conciliazione tra gli ambiti della famiglia e del lavoro. Assistenza familiare e politiche abitative a misura di famiglia completano la ricetta contenuta nel rapporto per uscire dalla stagnazione in cui giace l’Italia. “Occorre quindi ripensare tutte le politiche sociali mettendo al centro le esigenze dei nuclei familiari”. Alla presentazione del rapporto interverrà anche il prof. Giancarlo Blangiardo, ordinario di demografia presso l’Università di Milano-Bicocca, che si sofferma su alcuni dei dati principali contenuti nella ricerca:
R. – La popolazione è cresciuta: una volta c’era un saldo naturale fortemente positivo; oggi c’è un saldo migratorio fortemente positivo. C’è stata quindi un’inversione di segno tra movimento migratorio e movimento naturale, tra nati e morti. Un altro elemento importante è la differenza – dal punto di vista della fecondità – tra ciò che le famiglie, le coppie vorrebbero (più di due figli per donna) e ciò che di fatto realizzano (1, 4 in media). C’è poi una prospettiva di invecchiamento della popolazione: non è soltanto una questione di sorpasso dei nonni sui nipoti, che è avvenuta in questi anni, e di futuro sorpasso dei bisnonni sui pronipoti in termini numerici, ma è anche un discorso che in qualche modo impone dei nuovi equilibri.
D. – In base a questi dati, quindi, nel prossimo futuro avremo un vuoto progressivo tra generazioni, ma sempre meno giovani per sostenere lavoro e welfare…
R. – Sì, questo è quanto si va prospettando. Qualcuno dirà che l’immigrazione agisce da compensazione: la risposta è che l’immigrazione è estremamente importante, darà un contributo importante, ma non risolutivo né dal punto di vista del riempimento dei vuoti nel mercato del lavoro, né dal punto di vista della copertura della carenza di nascite. Il Rapporto è un rapporto-proposta: diciamo che dà una diagnosi, ma da anche una terapia. Dice infatti: guardate, se vogliamo ridefinire i nuovi equilibri non c’è che una soluzione: quella di rimettere la famiglia al centro del sistema - Paese. Nella famiglia si può trovare la risposta a tutta una serie di problemi che vanno prospettandosi…
D. – Due dati che sembrano in contraddizione: crescono i single, quindi le persone che non si sposano, ma è anche in aumento il desiderio di figli…
R. – Non sono in contraddizione, perché sono il segnale del disagio nel fare famiglia. I giovani adulti che restano nella famiglia di origine fino a 35 anni – ce ne è una quota considerevole – sono un po’ l’espressione di questa situazione. Bisognerebbe secondo me, finalmente, rimboccarsi le maniche tutti - adulti e giovani - anche rimettendo al centro parole come “sacrificio”, “responsabilità”, “impegno”… E’ anche un fatto culturale e non è un caso che il Rapporto-proposta venga fuori da una istituzione che si chiama “Progetto culturale della Cei”. Oggi ci sono delle realtà nuove, ma queste realtà nuove non sono la norma; la norma – piaccia o non piaccia – è ancora la famiglia tradizionale, quella che si rimbocca le maniche e che in qualche modo porta avanti il “Sistema Italia”. (mg)
Concluso a Cracovia il Congresso mondiale della Divina Misericordia
◊ Si è concluso oggi a Cracovia il secondo Congresso mondiale della Divina Misericordia. “Guardando la folla dei pellegrini che frequentano il Santuario della Divina Misericordia a Lagiewniki - sottolinea il messaggio finale del Congresso - ci siamo resi conto che ci troviamo in un posto speciale. Qui avvertiamo tangibilmente un certo addensamento delle faccende umane più difficili, della sofferenza, delle tragedie personali e familiari. Qui si concentra come in una lente l’invocazione della Misericordia di Dio e della speranza per l'uomo e per il mondo. In un mondo scosso da un vertiginoso progresso scientifico e tecnologico e, nel contempo, da una profonda crisi - prosegue il messaggio - la nostra speranza è sottoposta ad una grande prova. Oggi, desideriamo confermare la nostra fedeltà alla proclamazione della Misericordia di Dio consegnata al mondo attraverso Santa Faustina, rivelata attraverso il Beato Giovanni Paolo II e ribadita dal Santo Padre Benedetto XVI”. Il servizio del nostro inviato, padre Tadeusz Cieslak:
L’ultima giornata del Congresso è stata aperta dal cardinale Salvatore De Giorgi. L’arcivescovo emerito di Palermo ha fatto un’ampia panoramica della dottrina dei Papi sulla Divina Misericordia, cominciando dal V secolo, fino ai nostri tempi. Poi è seguita l’ultima testimonianza che riguardava l’iniziativa della preghiera mondiale per la vita. Ma il punto centrale della giornata è stata la Messa celebrata dal cardinale Christoph Schönborn con l’omelia di mons. Stanislaw Nowak di Czestochowa. Alla fine della liturgia è stato pronunciato l’Atto di affidamento del mondo alla Divina Misericordia. Poi è seguita una cerimonia dell’invio dei messaggeri della Divina Misericordia ed è stata concessa ai partecipanti del Congresso una simbolica “luce della misericordia”. Nel suo discorso conclusivo, il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, ha sottolineato che il Congresso è stato un avvenimento del ringraziamento per la Divina Misericordia radunando tante persone di varie lingue e culture. “L’uomo - ha detto - provato dai cataclismi naturali, portatori di sofferenza e di morte per tanti innocenti, ha bisogno della grazia della misericordia, capace di donare pace al cuore umano e di gettare le basi del perdono e della riconciliazione". "La misericordia Divina - ha concluso il porporato - è necessaria ovunque manchi il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, laddove il valore dell’esistenza umana sia negato”.
Conferenza a Roma sul tema “Polonia e Russia, insieme oltre gli stereotipi”
◊ “Polonia e Russia, insieme oltre gli stereotipi”. Sotto questo titolo si è svolta ieri a Roma, presso il Palazzo della Cancelleria, la conferenza bilaterale del Gruppo polacco-russo per le questioni difficili. Un organismo ricostituito nel 2008 per volontà di Mosca e Varsavia con il fine di risolvere le questioni bilaterali più complesse sia di carattere storico, sia di più recente attualità. La Conferenza è stata organizzata dall’Ambasciata della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede e da quella della Federazione russa sempre presso la Santa Sede. A Seguire l’evento c’era per noi Stefano Leszczynski:
Il futuro delle relazioni bilaterali tra la Russia e la Polonia passa attraverso la ricerca della verità, soprattutto in merito ad alcune delle pagine più drammatiche della storia contemporanea. L’ambasciatrice della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede, signora Hanna Suchocka, ha portato nel vivo il dibattito svoltosi a Roma in occasione della conferenza del Gruppo russo-polacco per le questioni difficili. Un organismo che, a fasi alterne, è stato più volte costituito e smantellato fino a raggiungere la sua forma definitiva nel 2008 per espressa volontà di Varsavia e Mosca. Molte le questioni affrontate finora dagli storici, a partire dal dramma del massacro di Katyin da parte del regime staliniano e per molti anni negato da parte russa, fino al recente incidente aereo di Smolensk in cui ha perso la vita il presidente polacco Lech Kaczynski insieme con alti esponenti del mondo politico e della cultura polacchi. Oggi, anche alla luce dei profondi cambiamenti geopolitici dell’Europa orientale intervenuti negli ultimi venti anni, occorre tuttavia un ulteriore passo avanti per portare a compimento il processo di riconciliazione tra questi due paesi e superare gli stereotipi che ne hanno caratterizzano le relazioni bilaterali, come ci spiega il professor Adam Daniel Rotfeld, copresidente polacco del Gruppo polacco-russo per le questioni difficili:
R. – We do not consider Russia...
Non consideriamo la Russia come un nemico, al contrario: la nostra intenzione è offrire alla Russia una filosofia “inclusiva” per portarla più vicina all’Europa, più vicina ai nostri alleati. La Russia è uno dei vicini più importanti. Nella parte orientale noi abbiamo al momento diversi Stati confinanti: Lituania, Bielorussia, Ucraina e confiniamo con la Russia nella parte del distretto di Kaliningrad.
D. - Quanto è importante il ruolo giocato dalla Chiesa in questo riavvicinamento?
R. – In my view it is much more significant...
Secondo me è molto più significativo di quanto la gente creda. Per esempio a metà degli Anni 60 tra la Polonia e la Germania è iniziato un processo di riconciliazione, quando i vescovi polacchi hanno indirizzato ai vescovi tedeschi una dichiarazione con un messaggio breve, ma molto significativo: “Perdoniamo e chiediamo perdono”. La Chiesa ha giocato nel passato, sta giocando e giocherà un ruolo molto importante nel futuro. (ap)
Se le ombre del passato rappresentano ancora oggi un ostacolo al raggiungimento di una piena comunione di intenti tra Russia e Polonia, anche i recenti sviluppi della politica internazionale presentano aspetti che complicano le relazioni bilaterali. Sentiamo il professor Anatoly Torkunov, copresidente russo del gruppo russo - polacco:
R. –We have very good bilateral relations...
Abbiamo delle ottime relazioni bilaterali in campo commerciale e stiamo sviluppando il settore degli investimenti. Ma ovviamente abbiamo anche alcune questioni difficili aperte, incluso il sistema di difesa missilistico. Questo problema non è ancora risolto e come tutti sanno il dibattito è ancora aperto, anche se non ci sono risultati concreti.
D. – Lei pensa che la crisi economica attuale possa essere un’occasione per migliorare i rapporti tra i due Paesi o possa rappresentare un ostacolo?
R. – I think that we...
Penso che possiamo superare questa crisi solo se lavoriamo insieme. In questo senso la nostra partnership con la Polonia è molto importante. Quindi, ritengo che entrambe le parti lo sappiano molto bene. (ap)
Nel mondo 350 milioni di bambini mai visitati da un dottore: denuncia di Save the children
◊ Nel mondo 350 milioni di bambini non verranno mai visitati da un operatore sanitario nel corso di tutta la loro vita. E’ la denuncia di Save the children che ha lanciato la campagna “Every one” proprio contro la mortalità infantile. Quasi otto milioni di bambini sotto i 5 anni, perdono la vita per cause banali - di questi oltre il 70% avviene nel primo anno di vita e il 40% nel primo mese - e la maggior parte di queste morti è dovuta infatti a poche, prevenibili e curabili malattie. In particolare, i dati parlano di complicazioni pre e post parto (21%), polmonite (18%), malaria (16%), diarrea (15%). La presenza e l’intervento di un operatore sanitario può fare la differenza fra la vita e la morte di un bambino, ma nel mondo ci sarebbe bisogno di 3.500.000 operatori sanitari in più, incluse 350.000 ostetriche. Ciad e Somalia sono i Paesi che registrano le situazioni più drammatiche nell’assistenza ai bambini, alla nascita e negli anni successivi. Un quarto del peso delle malattie mondiali grava sull’Africa, ma sul continente lavora solo il 3% dei dottori, delle infermiere e delle ostetriche del mondo. “Il 4° e 5° obiettivo del Millennio, cioè la riduzione di due terzi della mortalità infantile e dei tre quarti di quella materna entro il 2015, non potranno essere raggiunti finché bambini e mamme non potranno contare sull’assistenza e la cura di operatori sanitari quando ne hanno bisogno”, sottolinea Claudio Tesauro, presidente di Save the Children Italia. La campagna può essere sostenuta da oggi al 6 novembre donando 2 euro con un sms al numero 45509. Simbolo è un palloncino rosso - con scritto “Save Me” – per ricordare che ognuno può contribuire a tenere in vita un bambino dandogli un po’ del proprio respiro. Il palloncino rosso percorrerà in lungo e in largo l’Italia a bordo di un pulmino, per mobilitare quante più persone possibile nella sfida alla mortalità infantile. Il viaggio, realizzato in collaborazione con Uisp (Unione italiana sport per tutti) e Csi (Centro sportivo italiano), potrà essere seguito sul sito www.palloncinorosso.it e sui principali social network. L’iniziativa ha preso il via ieri a Roma in Piazza del Campidoglio, con il supporto del Comune di Roma, con i calciatori dell’Acf Fiorentina e altri testimonial. Hanno preso parte anche 100 bambini dell’Istituto comprensivo Palombini della capitale. (F.S.)
Il Nobel per la chimica all’israeliano David Shechtman
◊ Il Nobel per la chimica assegnato oggi all’israeliano David Shechtman dell’Israel Institute di Haifa. Le ricerche dello studioso hanno permesso di gettare il primo sguardo sulla struttura piu' dettagliata della materia, rivelando l'esistenza di una simmetria a livello atomico che si riteneva impossibile da osservare. In sostanza ha permesso di osservare la straordinaria simmetria con la quale le strutture atomiche si ripetono. Studiare la struttura dei quasi-cristalli potrebbe essere la chiave per mettere a punto materiali di nuova generazione. Tra le tante applicazioni possibili, in primo piano ci sono quelle volte al risparmio energetico. Scoperti nel 1982, i quasi-cristalli sono stati riprodotti nei laboratori di tutto il mondo. La loro caratteristica è di avere una struttura ordinata, come accade nei cristalli, ma molto piu' complessa e che non si ripete in modo periodico. Per esempio, la struttura tipica dei quasi-cristalli e' stata scoperta in uno dei tipi di acciaio piu' resistenti finora noti. Un'altra caratteristica dei quasi-cristalli e' che, nonostante siano molto robusti, possono andare in frantumi come il vetro. La loro struttura atomica così particolare li rende molto efficienti nel condurre il calore e suggerisce che materiali di questo tipo potrebbero essere utilizzati con successo anche per convertire il calore in elettricita'. Ad esempio, materiali come questi potrebbero essere la chiave per riutilizzare il calore prodotto dalle automobili. Alcune sperimentazioni in corso li stanno utilizzando per realizzare diodi luminosi (Led) che consumino meno energia. (F.S.)
Germania: a Fulda l'inaugurazione della Plenaria dei vescovi
◊ “Essere Chiesa insieme, nell’unità con il Santo Padre”: questo il messaggio centrale dell’omelia pronunciata ieri a Fulda da mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), durante la celebrazione inaugurale della plenaria dei vescovi. “Ci sono stati donati giorni pieni di eventi”, ha detto mons. Zollitsch rievocando la visita di Benedetto XVI in Germania: “È importante che queste giornate non restino solo un evento particolare ma che siamo disposti e aperti a cogliere gli impulsi che Benedetto XVI ci ha donato, riflettere su di essi e farli diventare fruttuosi”; questi impulsi “ci arricchiranno e accompagneranno anche nel processo di dialogo dei cattolici nel nostro Paese”. Mons. Zollitsch - riporta l'agenzia Sir - ha ricordato che la ricerca dell’unione con Gesù Cristo è necessaria “perché orientandoci verso Cristo conosciamo l’unità cui Egli stesso ci ha chiamati. Ciò vale in particolar modo nell’incontro con le Chiese della Riforma”; tuttavia “orientarci verso Cristo, ascoltare la Sua parola e nutrirci di Lui con i Sacramenti, è anche nostro compito in quanto cattolici”. Il presidente della Dbk ha quindi concluso: “Se vogliamo che la visita del Papa abbia effetti nel tempo”, occorre “cercare l’unione con Gesù Cristo”. (R.P.)
Bolivia: il cardinale Terrazas incontra gli indigeni che difendono il Parco Tipnis
◊ Il cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, ha incontrato nel fine settimana un gruppo di indigeni accampati davanti alla cattedrale di Santa Cruz in sciopero della fame, per solidarietà con i partecipanti alla marcia in difesa del Territorio Indigeno Parco Nazionale Isiboro Sécure (Tipnis). “Sono venuto di persona ad ascoltare le vostre preoccupazioni": con queste parole il cardinale ha iniziato a dialogare con questo gruppo di manifestanti, cui ha chiesto di riflettere bene sull’azione intrapresa, perché “è sempre un rischio per la vostra salute e una preoccupazione per i vostri cari" ha aggiunto. Congedandosi da loro, l'arcivescovo ha benedetto le persone radunate e ha ribadito che si deve trovare una soluzione, "percorrendo le vie della giustizia e della pace, che tutto il Paese desidera, in modo da costruire un Paese per tutti e un Paese dove si rispetti il bene comune e la dignità della persona umana". Lunedì scorso le comunità del Tipnis hanno ripreso la loro marcia verso La Paz, per protestare contro la costruzione della seconda sezione della strada che attraversa l'insediamento indigeno per collegare i dipartimenti di Beni (nord) e Cochabamba (centro). Gli indigeni hanno ripreso la marcia a Quiquibey, una città situata sul confine tra i dipartimenti di Beni e La Paz (ovest), a circa 300 chilometri dalla capitale boliviana, dopo cinque giorni di fermo per la repressione violenta della polizia subita una settimana fa nel comune di Yucumo. "Restiamo fermi nella nostra decisione e andiamo avanti nella difesa del nostro territorio e dell'integrità dei 34 gruppi indigeni. Arriveremo a La Paz" ha detto alla stampa il presidente del popolo indigeno Moseten, Marcelino Chairini, mentre ha assicurato che la marcia è una protesta pacifica. Circa la metà dei manifestanti è costituita da donne, 20 delle quali in stato di gravidanza, mentre ci sono anche circa 90 bambini. La "Defensoria del Pueblo" (organismo che si occupa della tutela dei diritti umani) è presente per evitare possibili disordini, come riferito alla stampa locale da Gonzalo Fuentes, uno dei loro rappresentanti. Una volta a La Paz, ha spiegato il presidente del gruppo centrale del Tipnis, Fernando Vargas, gli indigeni presenteranno al governo una lista di 16 richieste, prima fra tutte quella relativa alla costruzione della strada in discussione. La marcia di protesta è iniziata il 15 agosto da Trinidad, con circa 1500 partecipanti. Finora sono sette i comitati ministeriali che hanno cercato di negoziare con gli indigeni per fermare la protesta. Tuttavia l'azione della polizia a Yucumo ha rotto questo dialogo. In questo contesto, il Presidente boliviano, Evo Morales, ha chiesto scusa agli indiani per gli "eccessi" della polizia e ha ordinato di creare un comitato ad alto livello, composto da esperti nazionali ed internazionali, per studiare quello che è successo. Inoltre ha deciso di sospendere la costruzione della strada, sottoponendo la questione ad un referendum che si realizzerà a Beni e a Cochabamba. I partecipanti alla marcia hanno riconosciuto davanti alla stampa internazionale l'appoggio umanitario della Chiesa durante la marcia, in modo speciale prima, durante e dopo l'intervento violento della polizia. (R.P.)
Sacerdoti minacciati in Nicaragua: tensione tra i fedeli
◊ Dopo il recente omicidio del parroco di La Concepción, don Marlon Pupiro, sono state denunciate una serie di minacce ad altri parroci in Nicaragua, come documentato dall'agenzia Zenit. Il Paese vive un delicato momento politico e da tempo fronteggia una diffusa corruzione. Il segretario della Conferenza episcopale e vescovo della diocesi di Chontales y Río San Juan, monsignor Sócrates René Sándigo Jirón, ha affermato – secondo quanto riportato il 1° ottobre da “El Nuevo Diario” di Managua – che c'è preoccupazione nella Chiesa cattolica per la mancanza di indagini approfondite sull'assassinio di padre Pupiro e le minacce contro alcuni parroci. In diverse chiese ci sono stati furti ma non sono state prese adeguate misure di sicurezza da parte delle forze dell’ordine. Probabilmente dopo l’omicidio di padre Marlon Pupiro, molti sacerdoti si sentono in dovere di denunciare le minacce ricevute. Mons. Sándigo Jirón ha affermato che i parroci devono essere prudenti, anche se questo limitasse il loro lavoro pastorale. Quanto alle minacce, alcune sono state effettuate direttamente, attraverso sms sui telefoni cellulari, mentre in altri casi sono state camuffate da furti o messaggi cifrati. Episodi inquietanti – come ripetute telefonate mute nella stessa ora di notte e pedinamenti - vengono riportati dal parroco di Masatepe, don Luis Alberto Herrera; dal parroco di San Antonio, a Jinotepe, don Rafael Ofarri, che ha denunciato l’aggressione ai danni del vigilante di turno della sua parrocchia. Il sagrestano, Juan Ramón Masís Norori, di 63 anni, è stato colpito selvaggiamente alla testa da alcuni sconosciuti. “Chiediamo che le persone e i templi della chiesa cattolica siano rispettati”, ha affermato il parroco. Il vescovo di León, mons. César Bosco Vivas, ha definito “codarda” qualsiasi minaccia contro i rappresentanti della Chiesa cattolica e ha esortato a denunciare alla polizia ogni tipo di intimidazione. Il presule ha sottolineato che “non si vuole provocare una rottura con le autorità, e men che meno diventare un partito di opposizione” ma chiedere investigazioni sulle minacce subite. (F.S.)
Sudan: appello dell’ausiliare di Khartoum per la pace nelle regioni del Kordofan e Nilo Blu
◊ Il vescovo ausiliare di Khartoum, mons. Daniel Adwok Kur, ha lanciato un pressante appello per la pace e la riconciliazione in Sudan e ha chiesto un rapido intervento della comunità internazionale in aiuto dei migliaia di profughi sfuggiti ai combattimenti nel Kordofan Meridionale e nel Nilo Blu. Dal 9 luglio, giorno dell’indipendenza del Sud Sudan, si sono infatti moltiplicati gli interventi armati del Governo di Khartoum in queste due regioni al confine con il Sud Sudan, riaccendendo le tensioni tra i due Paesi. A causa dei bombardamenti, ha riferito mons. Adwok all’”Aiuto alla Chiesa che Soffre”, interi villaggi sono stati abbandonati e migliaia di persone vagano senza una meta e con la paura di essere uccise. Secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite, nel solo mese di settembre più di 25mila persone hanno attraversato la frontiera con l’Etiopia. Qui migliaia di sfollati aspettano una sistemazione dal giugno scorso, quando sono scoppiate le violenze. Il vescovo Adwok – riferisce l’agenzia Cisa - è impegnato in prima linea nel coordinare gli aiuti. Insieme a lui numerosi sacerdoti, religiosi e laici volontari, grazie al sostegno di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acs), distribuiscono cibo, coperte, medicine e zanzariere. Nel frattempo, anche le Nazioni Unite hanno avviato una massiccia operazione di soccorso in Etiopia. “Purtroppo, è molto difficile riuscire a raggiungere tutti quelli che si trovano in condizioni di estrema fragilità — ha spiegato il vescovo — e abbiamo problemi a dare un’accelerata alle operazioni di soccorso. È estremamente problematico riuscire a raggiungere gli sfollati a causa delle strade impervie e per la massiccia presenza di militari”. Allo stato attuale, i combattimenti nel Kordofan meridionale nel Nilo Blu coinvolgono oltre seicentomila civili. Purtroppo gli accordi separati di pace siglati sinora hanno soltanto alimentato ulteriori violenze. (L.Z.)
Turchia: visita a Istanbul del Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana mons. Farina
◊ Dal 29 settembre al 1° ottobre scorsi, il Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, mons. Cesare Pasini, accompagnato dal dott. Delio Proverbio, Scriptor Orientalis, si sono recati ad Istanbul per diversi appuntamenti culturali. Il 30 settembre si sono tenuti due incontri: il primo con il Sindaco della circoscrizione di Sisli, Mustafa Sarýgül, che il prossimo 10 ottobre presenterà il libro scritto da Rinaldo Marmara, portavoce e addetto culturale della Conferenza episcopale turca in occasione del 50.mo anniversario delle relazione diplomatiche tra la Santa Sede e la Turchia e il secondo con l’Università Bahçeþehir. Il 1° ottobre, durante la visita al Sindaco di Istanbul Kadir Topbas, il Prefetto ha donato al Sindaco il facsimile della Geografia di Tolomeo, in versione latina, dono del cardinale Raffaele Farina. Gesto molto apprezzato dal Sindaco che desidera ricambiare la visita in Vaticano. Questo sarà il seme di future manifestazioni culturali tra le Stato Turco e la Santa Sede. Mons. Pasini è stato ospite del vescovo siro-cattolico mons. Yusuf Sag. La visita di mons. Pasini è stata molto apprezzata e sia il sito del Municipio di Istanbul (ibb.gov.tr), sia la stampa locale, hanno riferito su questo incontro. (R.M.)
Pakistan: il vescovo di Islamabad chiede la liberazione di Asia Bibi
◊ Mentre proseguono le proteste e le manovre dei gruppi islamici radicali in favore di Mumtaz Qadri – l’assassino del governare del Punjab, reo di aver difeso Asia Bibi e messo in discussione la legge sulla blasfemia – vescovi e leader religiosi islamici sostengono legalità, stato di diritto, laicità dello Stato, rispetto della giustizia, in un delicato momento politico per il Paese, segnato da crisi di governo e instabilità sociale. E si uniscono alla “Masihi Foudation” in un accorato appello per salvare la vita di Asia Bibi, donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rawalpindi, dice all'agenzia Fides che bisogna “tenere la barra a dritta”: “Come il caso di Mumtaz Qadri mostra chiaramente, Stato e religione dovrebbero essere separati. Chi difende Qadri si appiglia ai difetti esistenti nella Costituzione pakistana, che si basa su una religione specifica e ammette la legge sulla blasfemia. Credo che una condanna a morte non sia qualcosa da celebrare. Ma in tale frangente, appoggiando la Masihi Foundation, vorrei ricordare il caso di Asia Bibi, la donna cristiana condannata ingiustamente per blasfemia. E’ importante che nel Paese prevalga lo Stato di diritto, per costruire una società tollerante”. Concorda Ijaz Inayat, il vescovo della denominazione protestante “Chiesa del Pakistan”. In un colloquio con Fides, il presule nota che “tali urgenti tematiche debbono essere affrontate nella ‘Conferenza di tutti i partiti’, appena convocata dal governo”. “Siamo rattristati – ha proseguito – dal fatto che i gruppi estremisti abbiano lodato un omicidio compiuto per motivi religiosi. Gli estremisti stanno distruggendo i valori umani e guidando la società verso la follia. Il figlio di Salman Taseer, rapito a Lahore, sarà utilizzato come pedina di scambio per ottenere il rilascio di Qadri. Condanniamo l'ideologia estremista, inserita nell’ordinamento dello stato dal dittatore Zia Ul Haq. Anche secondo la fede islamica, Mumtaz Qadri aveva un “Ameen” (una responsabilità), essendo la guardia del corpo del governatore, ma ha rotto la fiducia con l'inganno. Dov’è questo permesso nell'Islam?”. Maulana Mehfooz Ali Khan, leader musulmano di Islamabad, che ha aderito all’appello della “Masihi Foundation”, rimarca “la sacralità della vita umana”, il che vale per Salman Tasser, per Mumtaz Qadri, per Asia Bibi. Ricordando che “uccidere è condannato in ogni religione”, il leader islamico afferma: “Sono felice di constatare che nella società pakistana ci siano voci sane che difendono tali valori”. Fra i firmatari dell’appello, lo studioso musulmano Hussain Ahmed Malik, di Islamabad, condivide “la diffusione di un messaggio molto positivo, basato sul rispetto dei valori umani, dei diritti, della giustizia”. Fra i leader delle associazioni aderenti all’appello, Alex Baxter di “Breaking Bonds” Ong di ispirazione cristiana, intende “alzare la voce contro l'ingiustizia e lavorare per una società tollerante, per la diffusione della pace e dell'uguaglianza, che il Creatore ci ha insegnato”. Rizwan Paul, presidente dell’Ong “Life for All”, ribadisce “l’impegno nella promozione della cita e dell’armonia sociale nel Paese”. (R.P.)
Vietnam: evangelizzazione e pastorale sociale nella missione dei vescovi
◊ Il rappresentante pontificio non residente in Vietnam, l'arcivescovo Leopoldo Girelli, ha aperto lunedì i lavori della Conferenza dei vescovi, in programma nel Centro pastorale dell’arcidiocesi di Ho Chi Minh City. Sono 26 i presuli presenti alle giornate di incontro, durante le quali verranno discussi due punti salienti: l’applicazione pratica in ogni diocesi delle direttive contenute nella Lettera pastorale, diffusa al termine dell’Assemblea 2010 del Popolo di Dio; la creazione di una piattaforma per la “Nuova evangelizzazione”, in vista del primo, storico incontro in Vietnam, in programma nell’ottobre 2012, della Federazione dei vescovi dell’Asia. Nel primo punto, i presuli sottolineano l’importanza dell’annuncio del Vangelo a tutti i vietnamiti: per raggiungere l’obiettivo, la Chiesa deve rafforzare il dialogo con le altre religioni e continuare il lavoro al servizio dei più poveri nella società. Interpellato dall'agenzia AsiaNews padre Vincent Phạm Trung Thành – superiore provinciale dei Redentoristi della ex Saigon – sottolinea di nutrire speranza “nelle attività pastorali della Chiesa cattolica vietnamita”. Egli ricorda il messaggio lanciato dalla beatificazione di Giovanni Paolo II, che definisce “un esempio” per “coraggio, generosità e pazienza nell’amare il popolo di Dio”. Il sacerdote redentorista definisce papa Wojtyla “padrino della Chiesa cattolica vietnamita” e “decisivo” per la maturazione di una vera fede nel Paese. “Egli ci ha mostrato – continua padre Vincent – l’amore di Dio per noi” e pur confrontandosi con “pressioni fortissime” da tutto il mondo ha donato alla Chiesa locale “117 martiri” da venerare e ai quali guardare come un esempio. Augurandosi maggiore “comunione fra fedeli”, egli ricorda anche la figura del cardinale Francis Xavier Nguyễn Văn Thuận – è in corso la causa di beatificazione – , i suoi insegnamenti e la sua vita, a dimostrazione che “non bisogna mai perdere fiducia e speranza”. Di martiri ha parlato anche mons. Girelli domenica scorsa, alla vigilia dell’apertura dei lavoro della Conferenza dei vescovi, durante una messa celebrata nella diocesi di Long Xuyên, situata nella provincia di An Giang, nella regione del Delta del Mekong. Il rappresentante pontificio ha ricordato quanti nella diocesi hanno donato la loro vita a causa della fede, definendoli “eroici e valorosi testimoni per tutti”. Il presule ha infine augurato alla comunità cattolica il sostengo e l’aiuto di Nostra Signora della Pace. (R.P.)
Contraccettivi ormonali: secondo uno studio Usa favoriscono la diffusione dell’Aids
◊ Il contraccettivo ormonale più diffuso in Africa, per il controllo delle nascite, è il medrossiprogesterone acetato, somministrabile ogni tre mesi attraverso un’iniezione. Attualmente, oltre 12 milioni di donne dell’Africa sub Sahariana fanno ricorso a questo metodo contraccettivo che, secondo uno studio promosso dalla “Wahington University” e pubblicato dalla rivista scientifica “Lancet”, comporterebbe gravi effetti collaterali. In base a questa ricerca, favorirebbe la diffusione dell’Aids e aumenterebbe la probabilità di contagio. In base ai dati della ricerca, le donne che si sottopongono a terapie contraccettive iniettabili, contraggono la malattia con un tasso del 6.61% ogni anno contro il 3.78% di chi non ne fa uso. Secondo i medici della “Washington University” la causa di questi effetti è patogenetica, ovvero è collegata alle proprietà biologiche del contraccettivo che favorirebbero una maggior concentrazione del virus Hiv nella cervice uterina. Lo studio - fa notare “Avvenire” – pone importanti, ulteriori interrogativi sulla “reale efficacia della diffusione dei contraccettivi come strumenti per migliorare la salute della popolazione nel Continente africano”. Nel mese di febbraio, uno studio relativo alla prevenzione dell’Aids in Zimbabwe, pubblicato dalla rivista “Plos Medicine”, aveva sottolineato che il preservativo non è la soluzione ai mali dell’Africa. Il solo approccio vincente, come aveva ricordato anche Benedetto XVI in occasione del suo viaggio apostolico nel 2009 in Camerun e in Angola, è un’educazione che promuova una sessualità responsabile e la fedeltà di coppia. (A.L.)
Usa: la nuova legge sull'immigrazione dell'Alabama mette a rischio le attività pastorali
◊ Un giudice della Corte distrettuale di Birmingham, nello Stato dell’Alabama, ha recentemente confermato la controversa legge sull’immigrazione, considerata tra le più severe approvate negli Stati Uniti, pur sospendendo temporaneamente l’applicazione di quattro sezioni dell’impianto normativo. La legge continua dunque a suscitare preoccupazione all’interno della comunità cristiana in relazione alle conseguenze sull’attività pastorale dei religiosi. Tra le sezioni che il giudice Sharon Lovelace ha temporaneamente sospeso vi è, infatti, quella che considera illegale il trasporto a bordo di mezzi o l’accoglienza di immigrati privi di documenti. Questo si tradurrebbe — qualora la temporanea sospensione venisse cancellata — nell’impossibilità per le comunità religiose, in particolare quelle ispaniche che concentrano al loro interno il maggior numero di immigrati, di fornire servizi di accoglienza e di trasporto verso i luoghi di culto per coloro che sono privi di mezzi di locomozione. “Siamo preoccupati per l’impatto della legge”, ha osservato il vescovo William Willimon, che guida la comunità metodista nel nord dell’Alabama. Il vescovo, assieme ad altri leader religiosi, tra cui anche cattolici, aveva nel mese scorso promosso una causa legale contro l’iniziativa legislativa promossa dal governatore repubblicano Robert Bentley. La legge – sottolinea l’Osservatore Romano - sta portando a una diminuzione della consistenza numerica delle comunità religiose, in quanto numerosi immigrati hanno già deciso di abbandonare l’Alabama per timore delle azioni repressive delle forze dell’ordine. Secondo una stima del Pew Research Center, sono oltre 11 milioni gli immigrati irregolari negli Stati Uniti, 120.000 dei quali vivono in Alabama. Quella dell’Alabama è una delle leggi più severe in tema di immigrazione. In particolare, l’arcivescovo cattolico di Mobile, Thomas John Rodi, e il vescovo cattolico di Birmingham, Robert Joseph Baker hanno evidenziato il diritto dei religiosi a svolgere la loro attività pastorale. Secondo l’arcivescovo Thomas John Rodi, “non spetta alla Chiesa stabilire chi può entrare nel Paese, ma una volta che gli immigrati sono tra di noi essa ha l’obbligo morale, intrinseco nella pratica della sua fede, di comportarsi come Cristo ha fatto con tutti”. Anche il Consiglio episcopale latinoamericano ha espresso riserve sui contenuti della legge, dando sostegno ai vescovi cattolici negli Stati Uniti. “Le migrazioni – si legge in una nota - sono fenomeni di massa che segnano il mondo di oggi, dove si impongono le leggi della domanda e dell’offerta del mercato del lavoro”. “Noi celebriamo tradizionalmente l’America come nazione d’immigrati e la sua eredità storica della libertà religiosa e crediamo che la vita umana e la sua intrinseca dignità non debbano mai essere ridotte alla logica del mercato”. (A.L.)
India: la Chiesa cattolica di Orissa aiuta 19 pescatori srilankesi detenuti da due mesi
◊ E’ stato fondamentale l’intervento della Chiesa cattolica dell’Orissa per il rilascio di alcuni pescatori srilankesi detenuti da oltre due mesi per aver oltrepassato i limiti delle acque territoriali dell'Oceano Indiano. Secondo quanto riportato dall'agenzia AsiaNews, delicate mediazioni hanno portato al rilascio, il 1° ottobre, di 19 (tra cui cinque cristiani) dei 24 pescatori. Per gli ultimi cinque prigionieri sarà necessario ancora qualche mese di attesa. Padre Dibakar Pariccha, segretario della Commissione giustizia, pace e sviluppo dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneswar, ha messo a disposizione la sua casa per ospitare i pescatori in attesa che completino tutte le formalità ufficiali per tornare in patria. L’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, mons. John Barwa, ha incontrato i 19 pescatori poco dopo la liberazione e ha affermato: “Possiamo sentire l’angoscia e la sofferenza che avete provato in questi mesi di prigione. Questo è un momento di gioia per tutti voi. Tornerete a casa presto: guardate al futuro con speranza”. Padre Pariccha ha spiegato che uno sarà rilasciato il prossimo 11 novembre, altri due il 1mo gennaio 2012. Degli ultimi due ancora non si conosce una data. Le loro imbarcazioni – anch’esse confiscate dalla polizia dell’Orissa – non torneranno ai legittimi proprietari. Tra il 20 e il 30 settembre scorsi, padre Augustine Singh ha fatto visita in Sri Lanka alle famiglie dei pescatori prigionieri, assicurando loro che la Chiesa cattolica stava facendo il possibile per la loro liberazione. Ad agosto, il direttore della Caritas Sri Lanka-Sedec, padre George Sigamoney, ha scritto al padre Mattamanana Varghese, direttore esecutivo della Caritas India, per facilitare il rilascio dei pescatori. (F.S.)
Timor Est: l’impegno dei Gesuiti nel campo dell’educazione
◊ Occuparsi dell’educazione, in qualità di servizio alla popolazione di Timor Est, specialmente in favore dei più poveri: è l’obiettivo primario della Compagnia di Gesù nel Paese asiatico. Un obiettivo che verrà raggiunto anche grazie al prossimo sviluppo dell’Istituto di educazione gesuita. "Questo istituto - scrive padre Marc Raper, presidente della Conferenza dei Gesuiti dell'Asia-Pacifico e Superiore della Regione indipendente di Timor Est – è situato in una zona rurale ad occidente della capitale Dili. In futuro avrà due dipartimenti: il Collegio di Santo Ignazio di Loyola, dedicato all’educazione di base, e il Collegio di San Giovanni de Britto, riservato alla formazione degli insegnanti per la scuola secondaria superiore. Il primo dipartimento – continua padre Raper – aprirà i battenti nel 2013 come scuola di ispirazione ignaziana per ragazzi e ragazze, usando come mezzo di insegnamento il portoghese, il tetum, ovvero la lingua locale, e l'inglese. Il Collegio San Giovanni de Britto, invece, sarà inaugurato nel 2014. Il corso di laurea, dalla durata di tre anni, sarà incentrato sul portoghese, il tetum, l'inglese e l'educazione religiosa”. “Come istituzione cattolica – conclude presidente della Conferenza dei Gesuiti dell'Asia-Pacifico - si avverte la necessità di dare la priorità all’educazione e di sviluppare le competenze sia in questo settore che in quello della diffusione della fede nel Paese”. Da ricordare che i gesuiti sono sempre stati impegnati con la popolazione di Timor est, sia prima che dopo l’indipendenza del Paese, in particolare attraverso l’istruzione presso la San Jose High School a Dili, a loro affidata nel 1993 e che tornerà alla diocesi alla fine del 2011. La Compagnia di Gesù è presente anche nella parrocchia di Railaco e in un centro sociale a Suai, e si occupa soprattutto della pastorale sanitaria e dell’educazione dei bambini. Ciò a riprova del fatto che la Chiesa cattolica di Timor Est è particolarmente attiva, dato singolare in un’area prevalentemente musulmana come quella del sud-est asiatico. (I.P.)
Angola. L'arcivescovo di Luanda: Stato e Chiesa collaborino per il bene del Paese
◊ Per l’arcivescovo di Luanda, mons. Damiào Franklim, la situazione attuale dell’Angola deve essere vista con realismo, patriottismo e senso di responsabilità. Il presule lo ha detto al termine di un incontro con il presidente della repubblica José Eduardo dos Santos durante il quale sono stati affrontati alcuni aspetti legati alla relazione tra stato angolano e Chiesa cattolica. Mons. Franklim, si legge sul portale www.portalangop.co.ao, ha riferito ai giornalisti che l’incontro è stato molto cordiale e che ha riguardato i rapporti bilaterali. “Dobbiamo essere i protagonisti della nostra felicità, questo è importante” ha commentato il presule che ha sottolineato la necessità di un lavoro comune tra chi governa e chi è governato. Per mons. Franklim la pace sociale costituisce un obiettivo che deve preoccupare quotidianamente tutti e che deve essere preservato perché siano consolidati i benefici già ottenuti in diversi ambiti. L’arcivescovo di Luanda ha anche aggiunto che l’avvenire appartiene ai giovani e a loro ha lanciato la sfida a prepararsi bene per affrontarlo. (T.C.)
Senegal: il cardinale Sarr affida alla Vergine Maria il nuovo anno scolastico
◊ “L’educazione che vogliamo promuovere nelle scuole cattoliche è un’educazione da vivere insieme, fondata e nutrita dall’amore fraterno, che è apertura reciproca, accoglienza dell’altro, solidarietà e condivisione”: è quanto ha affermato domenica scorsa il cardinale Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, in Senegal, a margine della festa patronale della chiesa di Santa Teresa di Grand-Dakar ed esprimendo il proprio pensiero sull’inizio ormai imminente del nuovo anno scolastico. Il porporato, riferisce l’Agence de Press sénégalaise sul portale www.aps.sn, ha sottolineato che, in particolare, nelle scuole private cattoliche, l’educazione vuole dare impulso alla pacifica convivenza ed ha affidato il lavoro scolastico alla Vergine, che ha definito modello degli educatori. L’inizio delle lezioni scolastiche in Senegal, secondo quanto diffuso in un comunicato del ministero dell’Insegnamento elementare, medio secondario e delle lingue nazionali, è previsto, per domani. (T.C.)
Terra Santa: all'Oktoberfest di Taybeh i prodotti dalle famiglie cristiane
◊ Centomila litri di birra prodotta da famiglie cristiane, sono stati venduti nello scorso fine settimana alla settima edizione dell’Oktoberfest di Taybeh, in Terra Santa, sull’antica via che da Gerusalemme giunge a Gerico. Promossa dal Ministero del Turismo e delle Antichità dell'Autorità Palestinese, si legge sul portale del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, la manifestazione ha proposto musica tradizionale e danze popolari ed ha fatto conoscere prodotti locali: miele, olio di oliva, candele, ricami, lampade ad olio, sapone. Prodotti tutti realizzati dagli abitanti di Taybeh che sopravvivono con l’artigianato. “La sfida qui per i cristiani è quella di trovare un lavoro per sfamare le proprie famiglie, altrimenti sono costretti a lasciare il Paese - ha spiegato padre Raed Abusalhia, parroco della parrocchia latina di Taybeh -. Ecco perché abbiamo sviluppato molte attività in questi ultimi anni: la produzione e commercializzazione dell'olio d'oliva, di cosmetici, miele . E ancora abbiamo avviato un atelier di ceramica che produce le lampade della Pace vendute in tutto il mondo”. Tutte queste attività permettono a 36 famiglie di ricevere un salario ma anche di coprire il costo di una casa di riposo aperta dalla parrocchia sei anni fa. Da Taybeh, inoltre, grazie al lavoro della comunità cristiana, sono state vendute in 6 anni 500 tonnellate di olio d’oliva, oggi prodotto con un frantoio moderno acquistato con un contributo giunto dall’otto per mille della Cei. Al frantoio da 5 anni lavorano 10 giovani che controllano la qualità e commercializzano l’olio. Padre Abisalhia adesso ha un nuovo progetto che coinvolge la comunità cristiana: una radio cristiana che trasmetta in tutto il Paese. Otto giovani sono già stati formati, e un’antenna è stata collegata al campanile della parrocchia di Taybeh. L’inaugurazione è prevista entro la della fine dell’anno. (T.C.)
Convegno a Macerata su cattolicesimo e Cina
◊ A Macerata si moltiplicano le iniziative di dialogo e di confronto con la Cina. L’Associazione centro studi “Li Madou”, ispirata all’esempio di padre Matteo Ricci, con le sue attività si propone di “promuovere gli scambi interculturali e, in particolare, il dialogo interreligioso fra Europa e Cina”. Così, con l’intento di valorizzare e diffondere ulteriormente l’eredità spirituale e culturale testimoniata dal missionario gesuita, viene promosso a Macerata, domani e venerdì, il convegno internazionale “Cattolicesimo e Cina nel terzo millennio”, ideato per accompagnare l’inaugurazione del Centro Studi “Li Madou”. Ad aprire i lavori, domani mattina, - riferisce l'agenzia Sir - sarà Edoardo Bressan, docente all’Università di Macerata, cui seguiranno i saluti, tra gli altri, di Giuseppe Jing, presidente del Centro studi “Li Madou”; mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia; Luigi Lacchè, rettore dell’Università di Macerata. La prolusione sarà affidata a mons. Savio Hon, segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, sul tema “Situazione attuale della Chiesa cattolica in Cina”. Tanti i relatori previsti nella due giorni; tra gli altri, Anton Weber e Katharina Feith, Piotr Adamek, Jeroom Heyndrickx, Wilhelm Müller, Benedetto Testa, Gaspare Mura, Hans Waldenfels, Antonio Olmi, Pietro Duan, Rocco Huang. (R.P.)
Somalia: nuove minacce dagli Shabaab dopo l’orrendo attentato a Mogadiscio
◊ Un’azione "orrenda e incomprensibile". Così il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha condannato l'attacco terroristico di ieri a Mogadiscio, quando un camioncino imbottito d'esplosivo è saltato in aria davanti a un palazzo del governo di transizione, nell’affollatissimo centro della capitale somala. Almeno 100 le vittime e 150 i feriti. Attentato rivendicato dagli estremisti islamici Shabaab, che stamane hanno minacciato nuovi attentati, tramite il portavoce del gruppo terroristico, Ali Mohamud Rage, che ha parlato alla radio Al-Andalus, subito ripreso da numerosi giornali locali.
Libia: ribelli contano di liberare Sirte entro due giorni
I ribelli libici controllano oltre la metà di Sirte e sperano di conquistare la città natale di Gheddafi entro 48 ore. Lo annunciano i comandanti sul campo. "In due giorni, Dio volendo, Sirte sarà libera", ha dichiarato Adel Al-Hasi. Gli insorti hanno lanciato due settimane fa l'assalto finale alla città simbolo del regime, ultima roccaforte dei fedelissimi del rais nel nord della Libia, insieme a Bani Walid.
Presidente afghano interrompe dialogo con talebani e firma accordo con India
Il presidente afgano Hamid Karzai ha dichiarato stamane di aver interrotto il dialogo con i Talebani: “non sappiamo più dove trovarli, non abbiamo più il loro indirizzo'', ha detto in modo provocatorio, parlando a New Delhi, dove si trova in visita da ieri. Ha poi aggiunto che l'ex presidente afghano Rabbani è stato ucciso da un finto “messaggero di pace'' talebano. Tre giorni fa, dopo la rivelazione che l'assassino di Rabbani era pachistano, Karzai aveva fatto sapere di voler cambiare strategia negoziale e di voler trattare con Islamabad. Ed oggi ha ribadito questo approccio, sottolineando che ''il processo di pace si concentrerà ora nello stabilire alleanze con gli altri Paesi vicini e non vicini''. In questo disegno s’inserisce l’accordo di ''partenariato strategico'' siglato con l’India, in vista del disimpegno Usa nella regione. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
Karzai ha firmato ieri un accordo di partnership strategia – il primo di questo tipo – firmato da Kabul, che prevede una stretta intesa sulla sicurezza, scambi commerciali e culturali. L’India: un’iniziativa che era nel cassetto da tempo, ma che non si era mai concretizzata per non irritare Islamabad. Sono stati inoltre conclusi due accordi per lo sfruttamento di miniere e l’esplorazione petrolifera. Questo nuovo asse indo-afghano giunge in un momento delicato per gli equilibri della regione: le nuove accuse degli Usa contro i servizi segreti pachistani, sospettati di connivenze con il gruppo estremista Akkani, stanno mettendo a dura prova l’alleanza contro il terrorismo e anche le prove di dialogo con i talebani, dove il ruolo di Islamabad è considerato essenziale.
Afghanistan: sventato complotto per uccidere Karzai, 6 arresti
Mentre il presidente afghano Karzai si trova in India, sei persone sono state arrestate in patria con l'accusa di aver ordito un complotto per assassinarlo. Lo ha rivelato oggi un portavoce del ministero dell'Interno a Kabul. Gli arrestati, ha fatto sapere l'agenzia di intelligence afghana Nds in una conferenza stampa, sono una guardia del corpo di Karzai, reclutato per uccidere chi doveva proteggere, e cinque elementi legati alla rete Haqqani e ad Al Qaeda.
Il premier turco Erdogan attacca Israele: è una minaccia perché ha l'atomica
Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha attaccato verbalmente Israele sulla questione del suo arsenale atomico segreto. "Israele è una minaccia per l'area, perché‚ ha la bomba atomica", ha detto il leader turco parlando in Sudafrica secondo quanto riferisce l'emittente Ntv. La denuncia di Erdogan rientrerebbe in un ''piano'' che, secondo i media turchi, Ankara avrebbe elaborato per mettere in difficoltà a livello internazionale Israele, con cui è al limite della completa rottura diplomatica.
Grecia: sciopero contro manovra economica ma Fmi frena per gli aiuti
Giornata ad alta tensione oggi in Grecia per lo sciopero generale di 24 ore, indetto dai due maggiori sindacati del Paese, che raggruppano i dipendenti statali (Adedy) e il settore privato (Gsee). Protestano contro l'ennesima manovra varata dal governo per incassare la sesta tranche di aiuti dalla comunità internazionale. Due giovani manifestanti sono rimasti feriti in scontri con la Polizia in tenuta antisommossa nel centro di Atene. Ma secondo il direttore Ue del Fondo monetario internazionale, Antonio Borges, non c’è urgenza di dare soldi alla Grecia: non ne ha bisogno ora - ha dichiarato oggi - abbiamo tutto il tempo per fare le nostre valutazioni sulle misure che ha preso prima di dare il via libera alla sesta tranche di aiuti. Per Borges, il piano di salvataggio deciso a luglio va rivisto perché occorre – ha detto – concentrarsi di più sulla sostenibilità del debito e sul rilancio della crescita.
Kenya: Consiglio sicurezza nazionale per contrastare il terrorismo
Preoccupazione in Kenya per il terrorismo. Dopo il rapimento della turista francese nell'arcipelago di Lamu, il presidente Kibaki ha convocato un Consiglio di sicurezza nazionale per costituire un’Unità speciale antiterroristica e studiare una strategia per contrastare i continui raid sulla costa dei miliziani somali di Al Shabab. L'incontro segue gli allarmi lanciati nei giorni scorsi dagli operatori turistici, dopo che alcuni Paesi occidentali hanno sconsigliato ai propri cittadini di recarsi in località del Kenya fino a 150 chilometri dal confine con la Somalia. Un embargo che potrebbe mettere in ginocchio l'economia del Paese africano retto in gran parte sul settore turistico.
Garry Conille: nuovo primo ministro di Haiti
Il senato di Haiti ha approvato ufficialmente la nomina del nuovo primo ministro: Garry Conille, 45 anni, medico e funzionario dell'Onu esperto in sviluppo. 17 i senatori a favore, 3 i contrari e 9 gli astenuti. La nomina di Conille era stata già approvata all'unanimità il 16 settembre scorso dagli 89 deputati.
Russia: moneta unica nel progetto di Unione euroasiatica proposta da Putin
Il premier russo Vladimir Putin vorrebbe creare anche una valuta unica nel progetto di Unione Euroasiatica, illustrato ieri sul quotidiano Izvestia. Lo spiega il suo portavoce Peskov sul giornale Kommersant, aggiungendo che il modello più vicino per dare vita all'Unione Euroasiatica è l'Unione europea. Peskov precisa che il capo del governo russo non ha ancora discusso del suo progetto con la leadership kazaka e bielorussa, già partner dell’Unione doganale, che si vorrebbe ora aprire anche al Kirghizistan e Tagikistan.
Italia: immigrati protestano a Pieve Emanuele, nell’hinterland milanese
Proteste stamane in Italia di immigrati africani, che si sono radunati nella piazza davanti al Residence Ripamonti di Pieve Emanuele, comune dell’hinterland milanese, in cui sono ospitati, bloccando le strade circostanti e la circolazione degli autobus. Per evitare disordini più gravi è stato disposto un massiccio schieramento di polizia e carabinieri. Gli immigrati ospitati nel residence sono 250, ma quando il 12 maggio sono arrivati dalla Libia erano 425. Parte di questi è stata poi smistata in altri comuni. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Gisotti)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 278