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Sommario del 24/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Al via a Parigi il “Cortile dei Gentili”. Benedetto XVI: dialogare con quanti cercano il Dio sconosciuto
  • Mons. Giuseppe Giudice nominato vescovo di Nocera Inferiore-Sarno
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Le truppe di Gheddafi conquistano il porto di Misurata. Jet francese abbatte aereo libico
  • Nuovi sbarchi a Lampedusa: ora manca l'acqua
  • Alta tensione tra israeliani e palestinesi. Il custode di Terra Santa: quando la politica tace, parla la violenza
  • Giornata di preghiera per i missionari martiri nel ricordo di Oscar Romero
  • Commemorazione alle Fosse Ardeatine: domenica la visita del Papa
  • Giornata mondiale di lotta alla tubercolosi: 2,5 milioni ogni anno le vittime della Tbc
  • In un libro le conversazioni di Giovanni Paolo II con i giornalisti in aereo
  • Chiesa e Società

  • Il re di Giordania e il patriarca Twal riaffermano l'importanza della convivenza cristiano-islamica
  • Cuba: liberi gli ultimi due dissidenti del 'Gruppo dei 75'
  • Il fratello di Shahbaz Bhatti, assassinato in Pakistan, nominato consigliere per le Minoranze
  • Assassinio Bhatti: per gli attivisti pakistani si vuole insabbiare la verità
  • India: ucciso un altro cristiano in Orissa
  • I cristiani di India e Pakistan: è un atto oltraggioso il Corano bruciato in Florida
  • Dopo quasi 20 anni l’arcivescovo Menamparampil visita i cristiani del Bhutan
  • I vescovi africani riaffermano la richiesta per lo status di osservatore presso l’Unione Africana
  • Zimbabwe: emergenza siccità, servono aiuti in sei province
  • Sud Sudan: migliaia di senzatetto per un piano di demolizioni a Juba
  • Sudan: terre agli stranieri, diritti dei sudanesi a rischio
  • Il Polisario all’Onu: no allo sfruttamento delle risorse naturali nel Sahara occidentale
  • Conclusi i lavori dell’Assemblea ordinaria dei vescovi di Angola e São Tomé
  • Luanda: conferenza internazionale della Ceast e Caritas Angola sul processo di pace nel Paese
  • Santo Domingo: il cardinale Lopez Rodriguez festeggia i 50 anni di sacerdozio
  • Canada: al via la prima riunione della Commissione mista tra cattolici ed evangelici
  • Portogallo: i vescovi temono le conseguenze della crisi politica
  • Germania: anche le Chiese nella Commissione etica sul nucleare
  • Premio Niwano per la pace e il dialogo interreligioso al leader buddista thailandese Sulak Sivaraksa
  • Strasburgo: inaugurata al Parlamento europeo la nuova sala dedicata ad Alcide De Gasperi
  • L’Ospedale Bambin Gesù collegato on line con mille farmacie di Roma
  • 24 Ore nel Mondo

  • Sale la protesta in Siria: atteso un importante annuncio del presidente Assad
  • Il Papa e la Santa Sede



    Al via a Parigi il “Cortile dei Gentili”. Benedetto XVI: dialogare con quanti cercano il Dio sconosciuto

    ◊   Al via, oggi pomeriggio a Parigi, l’iniziativa “Il Cortile dei Gentili”, promossa dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Si tratta di un progetto per il dialogo con i non credenti, ispirato e fortemente voluto da Benedetto XVI, che ne parlò per la prima volta nel suo discorso alla Curia Romana, il 21 dicembre del 2009. Ripercorriamo alcuni passaggi salienti di quell’intervento nel servizio di Alessandro Gisotti:

    Serve un nuovo spazio per dialogare con i non credenti che cercano di avvicinarsi a Dio. Benedetto XVI lancia la sfida, che è già un progetto, parlando alla Curia Romana nell’incontro per gli auguri natalizi del 2009. Il Papa ricorda con gioia il suo viaggio apostolico nella Repubblica Ceca. Un Paese, osserva, con una maggioranza di agnostici ed atei e che tuttavia ha seguito con cordialità ed amicizia i momenti forti della visita papale. Di qui, la riflessione del Pontefice che allarga l’orizzonte da Praga al mondo intero e al tempo in cui viviamo:

    “Considero importante soprattutto il fatto che anche le persone che si ritengono agnostiche o atee, devono stare a cuore a noi come credenti. Quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone forse si spaventano. Non vogliono vedere se stesse come oggetto di missione, né rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà. Ma la questione circa Dio rimane tuttavia presente pure per loro, anche se non possono credere al carattere concreto della sua attenzione per noi”.

    Nel 2008 a e, con esso, la cultura occidentale”. Un discorso tenuto da Benedetto XVI al Colleges des Bernardins, che sarà una cornice importante anche dell’avvio parigino del “Cortile dei Gentili”. Il Papa sottolinea dunque quanto questa ricerca di Dio, il “quaerere Deum”, sia fondamentale quale primo passo dell’evangelizzazione:

    “Dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione su Dio come questione essenziale della sua esistenza. Preoccuparci perché egli accetti tale questione e la nostalgia che in essa si nasconde”.

    Benedetto XVI si riferisce dunque ad una parola di Gesù che, riprendendo Isaia, auspica che il Tempio di Gerusalemme sia “una casa di preghiera per tutti i popoli”. Egli, spiega il Papa, pensava al cosiddetto “Cortile dei gentili”, lo spazio libero “di preghiera per tutti i popoli”. L’attenzione, soggiunge, andava “a persone che conoscono Dio, per così dire, soltanto da lontano”. Uno spazio, è la sfida lanciata dal Papa, che la Chiesa è chiamata oggi ad aprire nuovamente:

    “Io penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di ‘cortile dei gentili’ dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”.

    Dunque, oggi pomeriggio, prenderà il via a Parigi la due giorni di eventi in diversi sedi su “Illuminismo, religione, ragione comune”. Su questo primo evento del “Cortile dei Gentili”, ci riferisce da Parigi il nostro inviato Jean Charles Putzolu:

    Si è parlato tanto di crisi finanziaria, di crisi economica, e di conseguenza di crisi sociale. Ma a monte di tutto ciò, va considerato che la Francia, e non solo, attraversa anche una profonda crisi di valori. Ed è in questo contesto che si inserisce l’iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura, che sarà una struttura permanente, con sede in Vaticano, ma di cui si è scelta la Francia per avviarla. Ed eccoci quindi a Parigi che da questo pomeriggio e fino a domani sera ospita “il Cortile dei Gentili”. Voluto da Benedetto XVI, questo “Cortile” sarà uno spazio di incontro e di dialogo con i non credenti. In tre luoghi simbolici della capitale francese, si svolgeranno varie tappe lungo il percorso di questa inaugurazione. Questo pomeriggio, sarà l’Unesco ad ospitare il primo incontro. L’Unesco che è, vale la pena ricordarlo, un luogo privilegiato di dialogo interculturale. Lì, dopo il benvenuto della direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, sarà il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ad aprire il dialogo e a porre le prime domande: Come vivere insieme nella giustizia e la libertà?, Non è forse urgente dialogare tra cristiani e uomini di buona volontà? E toccherà in seguito a diverse personalità testimoniare con la propria esperienza, o con le proprie competenze. Tra questi, l’ex primo ministro italiano, Giuliano Amato, l’ambasciatrice del Marocco presso l’Unesco, la signora Aziza Bennani, e ancora l’ambasciatore della Repubblica Ceca in Francia, Pavel Fisher e Jean Vanier, fondatore de “l’Arche”. Instaurare un dialogo con i non credenti, per offrire un’altra visione del vivere insieme: un dialogo nel quale è da molto impegnato Robert Leblanc. Il presidente degli imprenditori cristiani francesi affermava qualche giorno fa che le imprese dirette dagli imprenditori cristiani potrebbero essere considerate dei “Cortili dei gentili”…

    “Dans une entreprise, il y a des croyants et des non-croyants …”
    “In un’impresa, sono presenti credenti e non credenti, e penso che il “Cortile dei Gentili”, grazie ad una forte intuizione, ma poi vedremo quali saranno i risultati, vuole sottolineare la necessità di avviare un dialogo. Le nostre imprese sono già dei luoghi di incontro e di dialogo. In ogni caso, penso che la nostra responsabilità di imprenditori cristiani sia di valorizzare le persone all’interno dell’impresa. Siamo qui, sì, per la crescita economica dell’azienda, ma questa crescita, a parere mio, passa attraverso la piena realizzazione delle persone che ne fanno parte. E non c’è contraddizione tra idealisti interessati alla valorizzazione delle persone, da una parte, e dall’altra parte gente interessata solo ai risultati economici. Personalmente penso che questi due aspetti debbano stare insieme.”

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    Mons. Giuseppe Giudice nominato vescovo di Nocera Inferiore-Sarno

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno (Italia), presentata da mons. Gioacchino Illiano, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Giuseppe Giudice, del clero della diocesi di Teggiano-Policastro, attualmente parroco delle parrocchie di Sant’Anna e di Sant’Antonio da Padova, in Sala Consilina, e direttore dell’Ufficio Catechistico e dell’Ufficio Scuola della medesima diocesi. Mons. Giuseppe Giudice è nato a Sala Consilina, in provincia di Salerno e diocesi di Teggiano-Policastro, il 10 settembre 1956. Ottenuto il Diploma magistrale, ha insegnato per alcuni anni nella Scuola elementare delle Maestre Pie Filippini di Sala Consilina. Nel 1980 è entrato nel Seminario Vescovile di Teggiano per poi passare a quello Arcivescovile di Napoli. Ha compiuto gli studi teologici presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale ed ha poi frequentato la Pontificia Università Gregoriana in Roma, conseguendo la Licenza in Teologia Dogmatica. È stato ordinato sacerdote il 27 settembre 1986 per la diocesi di Teggiano-Policastro, dove è incardinato. È stato parroco di San Nicola in Roscigno dal 1986 al 1989; amministratore parrocchiale di San Michele a Bellosguardo dal 1988 al 1989; vicerettore del Seminario Minore di Teggiano dal 1989 al 1990; viceparroco di Sant’Anna a Sala Consilina dal 1990 al 1995, divenendone in seguito parroco nel 1995. Dal 1998 è anche parroco di Sant’Antonio da Padova a Sala Consilina. È stato docente di Ecclesiologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Teggiano; ha ricoperto gli incarichi di assistente unitario dell’Azione Cattolica Diocesana e assistente regionale dell’Azione Cattolica Ragazzi. Inoltre, è stato segretario generale del Sinodo Diocesano. Attualmente è direttore dell’Ufficio Catechistico e dell’Ufficio Scuola.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una rivoluzione femminile: in prima pagina, Lucetta Scaraffia sulla prima biografia di Chiara Lubich, a tre anni dalla morte.

    Nell'informazione internazionale, la situazione in Libia, dove non è stata ancora raggiunta un'intesa sul comando Nato.

    Di fronte alla debolezza di Prometeo e Sisifo: in cultura, sulla critica al relativismo contemporaneo, anticipazione dell'intervento del vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Muller, alla presentazione del libro del Papa "Gesù di Nazaret", nella basilica di San Giovanni in Laterano; con un'anticipazione dell'articolo, dedicato all'opera, del cardinale Gianfranco Ravasi che esce su "L'Espresso".

    La Dormizione cuore del Cremlino: Adriano Roccucci sulla Russia tra ortodossia e impero.

    Un dna etico: Carlo Bellieni sull'enciclopedia di bioetica che riprende a dire la verità sull'uomo.

    Ricerca e dialogo: il cardinale Gianfranco Ravasi alla Sorbona, in occasione di un incontro fra credenti e non credenti organizzato dal Pontificio Consiglio della Cultura.

    L'ammirazione di esistere: Inos Biffi su Quaresima e preghiera.

    Cala il sipario sugli occhi viola di Hollywood: Emilio Ranzato ricorda Elizabeth Taylor, morta ieri all'età di 79 anni.

    La saggezza della differenza: nell'informazione religiosa, intervista di Marco Bellizi al teologo anglicano David Ford.

    Oggi come pioggia il Signore scende sulla Vergine: Manuel Nin sull'Annunciazione nella tradizione bizantina.

    Lo sgabello del papato: nell'informazione vaticana, l'intervento dell'arcivescovo Antonio Guido Filipazzi, nunzio apostolico in Indonesia, sul tema "Dallo Stato pontificio alla Città del Vaticano".

    Nicola Gori intervista monsignor Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore dei siro-malankaresi.

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    Oggi in Primo Piano



    Le truppe di Gheddafi conquistano il porto di Misurata. Jet francese abbatte aereo libico

    ◊   In Libia si continua a combattere. La coalizione internazionale, che ha annunciato di aver smantellato l’aviazione militare libica, ha compiuto nuove incursioni aeree. Un aereo libico che volava nella no-fly zone è stato abbattuto da un jet francese, riferisce la tv Abc. Tra i vari obiettivi, sono state colpite una caserma alle porte di Tripoli ed una residenza del rais ad Ajdabija. Nella stessa zona, sono state attaccate anche truppe di terra, fedeli a Gheddafi. Nonostante i raid della coalizione, non si fermano però gli attacchi delle forze governative. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nell’est della Libia prosegue l’offensiva delle forze di Gheddafi. Il porto di Misurata è tornato sotto il controllo delle truppe del rais e migliaia di lavoratori stranieri, soprattutto immigrati provenienti dall’Egitto e dall’Africa sub-sahariana, sono bloccati nello scalo portuario. Sempre a Misurata, carri armati governativi hanno lanciato, nelle ultime ore, nuovi attacchi colpendo anche un ospedale. A Tripoli, intanto, le autorità libiche hanno mostrato ad un gruppo di giornalisti stranieri 18 corpi carbonizzati. Secondo il regime, si tratterebbe di vittime civili di raid della coalizione. Sull’altro fronte, il Consiglio nazionale degli insorti ha formato a Bengasi un governo ad interim. Dopo i bombardamenti notturni, molti obiettivi militari libici sono ormai ridotti in rovina, ma le crepe che maggiormente preoccupano il governo di Tripoli sono le crescenti voci di dissenso tra i fedelissimi del colonnello. Anche un cognato dei rais, secondo fonti del Dipartimento di Stato americano, avrebbe contattato le autorità statunitensi per “cercare una via d’uscita”. Primi cedimenti anche sul terreno: una delle brigate del colonnello Gheddafi presenti ad Ajdabiya, in Cirenaica, starebbe trattando la resa con gli insorti. Sul versante diplomatico, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha chiesto un “embargo petrolifero completo” per colpire la principale leva economica che ancora alimenta il governo di Tripoli. Torna infine a riunirsi il Consiglio atlantico dopo il nulla di fatto, ieri, nell’ennesima riunione sul ruolo della Nato nelle operazioni militari. La crisi libica oggi è al centro anche delle riunioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu a New York e del Consiglio europeo a Bruxelles. In Italia l'Aula della Camera ha approvato la risoluzione sulla crisi in Libia.

    Tripoli, intanto, ha vissuto un'altra notte di raid. Alle porte della città è stata bombardata una caserma. Ascoltiamo Cristiano Tinazzi, giornalista freelnace raggiunto telefonicamente nella capitale libica da Amedeo Lomonaco:

    R. - Si è sentito un forte boato, dopo ci sono stati altri colpi in successione e poi, salendo sul tetto, si è scoperto che, in realtà, i colpi che si sono succeduti erano dei fuochi pirotecnici. Non si capisce se siano stati utilizzati per coprire la prima esplosione. Oggi nella piazza adiacente al compound di Gheddafi ci sono ancora i tendoni con diverse centinaia di persone che si sono appostate per difendere simbolicamente il colonnello. Si sta anche tentando di organizzare una grande marcia verde pacifica, oggi, che dovrebbe raccogliere migliaia e migliaia di cittadini, civili e rappresentanti delle tribù. La marcia andrà verso Bengasi. Si cercherà di trattare con le tribù locali per arrivare ad un accordo e porre fine allo spargimento di sangue.

    D. - Da chi è organizzata questa marcia verde?

    R. - La marcia verde è organizzata dal Consiglio popolare sociale, che è una sorta di organismo che raccoglie tutte le tribù del Paese. A questa marcia hanno aderito le più importanti tribù. C’è quella dei Warfalla, che però è spaccata, perché si sono ribellati e non c’è più un capo unico che abbia il potere di coordinare tutta la tribù. E’ una tribù che conta un milione di persone e quindi è molto importante. Poi ci sono i Gadhafa, i Mugharha. Insomma, hanno aderito le più importanti tribù. Bisogna vedere, nelle prossime ore, se riusciranno a muoversi con questa carovana pacifica verso Bengasi.

    D. - Sul versante diplomatico c’è da segnalare che la Germania ha chiesto un embargo petrolifero completo per colpire la principale leva economica che ancora alimenta il governo di Gheddafi. Dal punto di vista economico, quale è la situazione della Libia in questo momento?

    R. - La produzione petroliera è calata notevolmente. Ormai si parla di una riduzione di circa un terzo sul valore totale. Mancano i tecnici all’interno degli stabilimenti e quindi non si può produrre petrolio, non si può raffinarlo, non si può esportarlo. Anche la catena logistica dei trasporti è saltata. Il ministro del Petrolio Shokri Ghanem, ha invitato le aziende a tornare, altrimenti saranno rivisti i contratti che – ha detto - potranno andare ad altri Paesi. Tra questi ha indicato Cina, India e Russia. Il gasdotto che collega Libia e Italia, è chiuso. Se continua questa situazione, il problema sarà anche quello di trovare la benzina.

    D. - Questo il quadro a livello macroeconomico. Quale invece la situazione della popolazione?

    R. - I negozi, nonostante tutto, sono pieni di mercanzia. Ma c’è chiaramente un problema di approvvigionamento. Quindi se nei prossimi giorni continuerà questa situazione, ci sarà qualche ripercussione sulla popolazione. Da notare la fila davanti ai panettieri: molti panettieri provenivano dall’Egitto e tanti negozi adesso sono chiusi. E quindi ci sono delle lunghe file fuori per prendere il pane. (ap)

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    Nuovi sbarchi a Lampedusa: ora manca l'acqua

    ◊   Sempre alta l’emergenza immigrazione sull’isola di Lampedusa, nonostante ieri la nave San Marco abbia trasferito circa 500 persone. Nelle ultime 24 ore altri 720 migranti hanno raggiunto l’isola e altri barconi sono in arrivo dalla Tunisia. Le condizioni in cui vivono gli oltre 4.300 profughi, in un territorio piccolo come quello di Lampedusa, sono pessime soprattutto dal punto di vista sanitario. Oggi il comune ha lanciato l’allarme sull’insufficienza dell’approvvigionamento idrico per assicurare la fornitura agli oltre 11.000 presenti sull’isola. Il servizio del nostro inviato Massimiliano Menichetti:

    Si sentono le grida di uomini e donne dal mare e l’eco dalle colline di Lampedusa dove sono arroccati decine di immigranti. Paura e poi gioia, perché l’approdo si chiama Italia. E’ la prima scena di uno sbarco, uno dei tanti di notte, su un’isola che continua a registrare arrivi. Circa 500 i magrebini trasferiti a Mineo, in Sicilia, con la nave San Marco ieri, altri 300 sono giunti in Calabria e Puglia grazie ai ponti aerei. In 24 ore, oltre 800 persone sono tornate a riequilibrare i conti. Sempre oltre 5000 mila i tunisini quindi sull’isola che arrivano con barche di legno gremite, gente affamata e stremata che torna qui, se possibile in condizioni ancora peggiori. Il Comune denuncia la carenza di acqua perché l’approvvigionamento straordinario non ha avuto la copertura economica dal Ministero della Difesa. Ad oggi, i patti non sono coordinati, le condizioni igieniche nella Perla del Mediterraneo precipitano di ora in ora, quelle sanitarie sono preoccupanti, soprattutto per freddo e malnutrizione. Smentita l’allerta epidemia. Dopo oltre 20 giorni dai primi massicci sbarchi, ancora non ci sono posti letto, o tende o altro. Proliferano tendopoli fatte di cartoni e cellophan, si dorme nelle carcasse delle navi o avvolti in una coperta sotto il cielo. Drammatica è la condizione dei bambini oltre 280 che vivono secondo Save the Children in maniera inaccettabile, da oggi i piccoli sono smistati anche in parrocchia. La popolazione che non smette di aiutare parla di interventi inconsistenti da parte dello Stato per decongestionare l’isola. Si chiede dignità per i migranti e salvaguardia per la principale risorsa: il turismo.

    E per conoscere la condizioni sanitarie sull’isola Massimiliano Menichetti ha raccolto la testimonianza di Tommaso Della Longa, portavoce della Croce rossa italiana presente a Lampedusa per affrontare l’emergenza:

    R. – La situazione adesso sull’isola rimane dura. I flussi di migranti non accennano a smettere. Già domenica scorsa, in occasione della visita del nostro commissario straordinario, avevamo detto che bisognava dare una risposta alle centinaia di migranti che arrivano sull’isola, che vedono in Lampedusa il primo approdo sicuro. Disogna assolutamente dare un’accoglienza dignitosa a queste persone. Si deve anche dare un segnale forte ai lampedusani, a questa comunità che è stremata dai continui arrivi. Una risposta consiste nella continuità dei ponti aerei, dei ponti navali, insieme alla certezza che Lampedusa rimanga solamente un primo approdo, una porta, non un luogo dove i migranti rimangono. Questa è quello che ci preoccupa di più, vista la situazione alla stazione marittima.

    D. – C’è un continuo ricambio, persone che vanno via, altre che arrivano … Qual è la condizione sanitaria?

    R. – Fortunatamente, a tutt’oggi la condizione sanitaria è buona, e questo perché i ragazzi che vengono dalla Tunisia sono mediamente tutti giovani e quindi hanno una condizione sanitaria buona, sono “forti”. Certo è che far dormire le persone senza un riparo, e vivere poi senza acqua corrente, senza servizi sanitari, senza pulizia, è assolutamente inaccettabile.

    D. - La popolazione ha paura di epidemie. C’è questo rischio?

    R. – Al momento, no. Sono stati creati inutili allarmismi e questo è da sottolineare. Quindi al momento non c'è questo rischio, ma la situazione va continuamente monitorata. (bf)

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    Alta tensione tra israeliani e palestinesi. Il custode di Terra Santa: quando la politica tace, parla la violenza

    ◊   L'aviazione israeliana ha compiuto stamattina un raid (il quarto dalla nottata) contro la Striscia di Gaza, l'enclave palestinese controllata dagli integralisti di Hamas. E’ stata presa di mira, nel nord della Striscia, una postazione di miliziani che “si preparava a lanciare un altro razzo” contro Israele. E il lancio di razzi infatti continua: uno in tarda mattinata ha colpito la città israeliana di Ashdot. L'Unione Europea si è detta preoccupata per l'escalation delle violenze nella Striscia di Gaza e ha condannato con forza l'attentato ieri a Gerusalemme. L’attacco che ieri è costato la vita di una turista britannica e il ferimento di una quarantina di persone viene commentato oggi sulla stampa israeliana con il timore di un ritorno agli anni bui del terrorismo che insanguinò le città di Israele. Fausta Speranza ne ha parlato con padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:

    R. – O si va avanti o si va indietro. Io mi auguro non sia un ritornare indietro e cioè un riaprire una strategia del terrore, come abbiamo visto negli anni recenti, e spero che resti un episodio isolato. E’ vero, comunque, che c’è una sorta di deterioramento, innanzitutto nelle relazioni politiche e poi di conseguenza anche in tutto il resto.

    D. – Ma secondo lei, padre, perché?

    R. – Innanzitutto, i leader politici sembrano paralizzati: hanno, dal mio punto di vista, paura o, comunque, non hanno la forza di prendere grandi decisioni, perché ci vuole coraggio da ambo le parti, e questo crea un clima di sempre maggiore sfiducia, con accuse reciproche, che creano poi una situazione, non dico di imbarbarimento, ma di deterioramento. Abbiamo visto recentemente la strage di Itamar, abbiamo visto un deteriorarsi della situazione anche nella Striscia di Gaza, bombardamenti e anche attacchi da Gaza: cose che purtroppo abbiamo già visto nel passato e che sembrano acuirsi di nuovo in questo momento. Speriamo sia una parentesi e non un ritorno indietro appunto.

    D. – La Striscia di Gaza è una questione e poi c’è la questione degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania. Quanto pesa questa vicenda così difficile per Nethanyau e per Israele?

    R. – Pesa, pesa su tutto. Penso che sia la questione dirimente, che le autorità politiche, da ambo le parti, soprattutto d’Israele, devono prendere in mano prima o poi. Probabilmente non ci sono le condizioni; non so, non voglio entrare in questioni squisitamente politiche. E’ un fatto, comunque, che finché la politica è ferma, purtroppo, entrano altri linguaggi che sono quelli della violenza e della sfiducia. (ap)

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    Giornata di preghiera per i missionari martiri nel ricordo di Oscar Romero

    ◊   Si celebra oggi la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, sul tema "Restare nella speranza". La Chiesa si raccoglie intorno a quanti hanno sacrificato la propria vita per testimoniare il Vangelo e ricorda in particolare gli operatori pastorali uccisi nel 2010. La ricorrenza cade nell’anniversario dell’uccisione dell’arcivescovo di San Salvador, mons. Oscar Arnulfo Romero, avvenuta il 24 marzo del 1980. Tante le celebrazioni e iniziative nel Paese centroamericano per celebrare il 31.mo della morte del presule. Anche il presidente Usa, Barack Obama, ha reso omaggio alla tomba di mons. Romero, a conclusione del suo viaggio nel Salvador. In onore del vescovo Romero, l'anno scorso, l'Onu ha proclamato il 24 marzo "Giornata Internazionale per il diritto alla verità". Il servizio di Davide Dionisi.

    Quel 24 marzo del 1980 il sangue di Cristo e il sangue di Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, furono tutt’uno. La raffica omicida colpì il suo cuore, nel momento in cui elevava il calice consacrato. Assassinato a 63 anni, durante la celebrazione della Messa nella cappella di un ospedale alla periferia della capitale, qualcuno lo ricorda ancora oggi come presule scomodo. Ma scomodo a chi? Non davvero ai poveri e agli emarginati, non davvero a quanti, in quel Paese martoriato, speravano che la Croce di Cristo diventasse segno di speranza, certezza di nuova e maggiore dignità. Ma che cosa rappresenta oggi mons. Romero per la Chiesa e per il popolo salvadoregno? Lo abbiamo chiesto a Roberto Morozzo Della Rocca, esponente della Comunità di Sant’Egidio e biografo del compianto presule:

    R. - Direi che Romero è innanzitutto un vescovo martire. Un vescovo ed un martire. Un vescovo perché era la sua identità principale. La sua caratteristica era quella di essere un pastore: lui non era un teologo, non era un uomo politico, non era una figura legata ad attività secolari. E’ un martire perché è morto sull’altare ed è stato ucciso perché difendeva i poveri in base ad una scelta di fede.

    D. - Che cosa rappresenta, invece, per il popolo salvadoregno?

    R. - Rappresenta il salvadoregno più famoso della storia di El Salvador, forse l’unico che ha raggiunto una fama mondiale sia in vita, sia oggi, a 31 anni dalla morte. La sua fama non ha fatto che crescere, anzi: è quasi diventata un mito per la realtà storica che lui è stato ed ha rappresentato. Per il popolo salvadoregno, la sua memoria è una memoria cara ed affettuosa di una persona che voleva il bene comune, che voleva il bene del popolo, che difendeva i deboli, che voleva la pace per il Paese. Ed ha dato la vita per questo.

    D. - Quale eredità ha lasciato mons. Romero?

    R. - L’eredità di un uomo buono, che amava gli altri, che cercava la giustizia e la pace. Quindi, l’eredità di una persona che non ha vissuto per sé ma che ha vissuto per gli altri, per il prossimo, in particolare per i poveri e per le persone più sfavorite. Direi che ormai il suo è un ricordo certamente diverso a seconda delle generazioni: le generazioni più anziane lo hanno conosciuto ed hanno una memoria molto viva, mentre i più giovani ne hanno, forse, un ricordo in senso un po’ mitico, perché la sua figura è stata tirata di qua e di là, un po’ strattonata, è stata anche un po’ strumentalizzata dalla politica, in senso positivo dalla sinistra ed in senso negativo dalle destre. Si tratta perciò di fare un lavoro di ricostruzione della memoria storica, un lavoro più preciso, più esatto, per riconsegnare mons. Romero alla sua realtà storica e non soltanto al mito.

    D. - Secondo lei, il sacrificio di mons. Romero e di chi lo ha seguito è stato vano? E fino a che punto è stata fatta giustizia di questi crimini?

    R. - Non è stato vano, perché innanzitutto la sua morte, il suo sacrificio ha avuto una grande eco mondiale ed ha posto la vicenda del suo Paese - del piccolo Salvador, che è grande come il Lazio e che all’epoca contava cinque milioni di abitanti - al centro dell’attenzione mondiale. Forse anche gli sforzi che per anni sono stati fatti per uscire dalla guerra civile - che è durata fino al 1992 -, sono stati fatti da tante persone nel nome e nel ricordo di mons. Romero. Il sacrificio dei suoi amici, innanzitutto i sei preti uccisi nei tre anni del suo arcivescovado ed i tanti catechisti uccisi nelle campagne dalle Forze paramilitari, dalla repressione militare, magari soltanto perché possedevano una Bibbia; è stato un sacrificio che ha seminato un senso religioso, un senso della passione cristiana in mezzo alla popolazione del Salvador. Credo che per tutto questo vi sia, nelle famiglie, una memoria non solo pubblica ma anche privata per le tante vittime di questa vicenda e della guerra civile che l’ha seguita. Questo ha sempre chiesto ai salvadoregni una forza di approfondimento interiore, di riconciliazione. (vv)

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    Commemorazione alle Fosse Ardeatine: domenica la visita del Papa

    ◊   Commovente commemorazione, stamani, al Sacrario delle Fosse Ardeatine, a Roma per ricordare le vittime dell’eccidio compiuto dai nazisti il 24 marzo 1944. 335 le persone uccise come rappresaglia all’attentato di via Rasella, in cui erano morti 33 tedeschi. Numerose le autorità presenti alla commemorazione, tra cui il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che ha deposto una corona di alloro all’ingresso del Sacrario. Intanto, cresce l’attesa per la visita che il Papa compirà alle Fosse Ardeatine domenica prossima. Il servizio di Isabella Piro:

    Ricordare l’eccidio delle Fosse Ardeatine è parte integrante delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Ha esordito così il presidente Napolitano, ribadendo che nella storia italiana ci sono stati anche agli anni terribili della seconda guerra mondiale e che “la vicenda delle Fosse Ardeatine è la più emblematica della ferocia nazista in Italia”. Tanti i giovani e le scolaresche presenti alla commemorazione. Una presenza apprezzata dal Capo dello Stato, poiché – ha detto – “ciò significa che le ultime generazioni comprendono bene il significato di questa cerimonia”. Momento centrale della commemorazione, quello della lettura dei nomi delle 335 vittime, di cui due - Salvatore La Rosa e Marco Moscati - sono state identificate proprio ieri, grazie al dna. Presenti anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, e quello della Regione Lazio, Renata Polverini. Mentre in un messaggio, il capo del Senato, Renato Schifani, ha sottolineato come “il ricordo di quei tragici avvenimenti deve aiutare a preservare, con costanza e impegno, i valori di libertà e giustizia che sono alla base della democrazia".

    Intanto, cresce l’attesa per la visita privata che Benedetto XVI renderà al Sacrario delle Fosse Ardeatine domenica prossima, alle 10. Ad accogliere il Santo Padre saranno, tra gli altri, il card. vicario Agostino Vallini e il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni. Tra le vittime, infatti, vi sono anche 76 ebrei. La visita si articolerà in diversi momenti: il Papa deporrà un cesto di fiori davanti alla lapide che ricorda l’eccidio, poi raggiungerà l’interno del Sacrario e, insieme al Rabbino Capo, reciterà una preghiera per i defunti. Infine, Benedetto XVI rivolgerà un breve saluto a tutte le persone presenti. Ad invitare il Papa è stata l’Anfim, l’Associazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la libertà della Patria. Ascoltiamo la presidente, la sig. Rosina Stame:

    R. - Sono felicissima che venga il Santo Padre. È proprio un desiderio, una necessità direi, dei familiari dell’Associazione, perché dobbiamo passare il testimone, perché le Ardeatine racchiudono tutte le varie forme di diversità che, però, si sono intersecate e, addirittura, hanno costituito un denominatore comune, dal punto di vista civile, sociale, militare e religioso. Anche alcuni stranieri si sono immolati in questo Sacrario. Se queste 335 persone sono riuscite, malgrado la diversità, a ragionare, a riflettere e soprattutto ad agire nello stesso modo, credo che esse diventino come il Talmud per gli israeliti e la Bibbia per i cattolici e via dicendo.

    D. - Anche Paolo VI nel ’65 e Giovanni Paolo II nell’82 visitarono le Fosse Ardeatine. Quale ricordo resta della loro presenza?

    R. - È stato bello in quanto per entrambi i Papi era la prima volta che incontravano il Capo Rabbino e hanno pregato con molta devozione e con fraternità alle Ardeatine. È stata una preghiera unitaria. Quindi per me Dio esiste ed è Uno solo e come tale gli va portato rispetto.

    D. - Le Fosse Ardeatine ricordano un momento di violenza, eppure trasmettono un messaggio di riconciliazione…

    R. - Ma proprio perché le vittime hanno subito tanta violenza. Tante volte, andando al Sacrario, io parlo con loro e sento come delle risposte, come una sorta di calore… Non posso neanche descrivere quello che sento. Ma proprio perché hanno sofferto tanto, proprio perché hanno cercato di violentarle fino allo spasimo, ci dicono continuamente che qualsiasi guerra, qualsiasi lotta di sopraffazione non porterà solo che male, morte e violenza. Quindi noi dobbiamo lavorare per ottenere l’opposto di questo. Loro rappresentano e racchiudono la vera pace, che è di carattere sociale, nazionale, internazionale e spirituale.

    D. - Lei ha perso Suo padre nelle Fosse Ardeatine. Cosa ricorda di quei momenti e quale insegnamento Le hanno lasciato da trasmettere ai nostri ascoltatori?

    R. - Mio padre lo ricordo benissimo e non solo lo ricordo, ma l’ho in me. Quando io ho visto mio padre l’11 marzo del ’44 a Regina Coeli, dopo che era stato per 40 giorni a Via Tasso nella cella di segregazione, io gli ho chiesto perché stava in quel bruttissimo posto. Lui mi prese sulle ginocchia, perché io non mi capacitavo, in quanto non l’ho riconosciuto dall’aspetto, l’ho riconosciuto quando mi ha detto: “Rosettina, ma non saluti papà?”. Allora io gli ho chiesto: “Perché tu stai qui?” e lui mi ha detto: “Senti, tesoro, ricordati bene queste parole: io sto qui, in questo bruttissimo posto, come giustamente dici tu, perché tu e tutti i bambini come te possiate vivere in un mondo libero, giusto e di pace”. Questo è il motivo che alimenta giornalmente nei familiari il desiderio, la necessità di trasmettere la memoria alle nuove generazioni, affinché non debbano più patire tanto dolore.

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    Giornata mondiale di lotta alla tubercolosi: 2,5 milioni ogni anno le vittime della Tbc

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale per la lotta alla Tubercolosi, patologia che a tutt’oggi provoca ogni anno la morte di due milioni e mezzo di persone. Questo appuntamento ricorre nell'anniversario dell'annuncio della scoperta del bacillo della Tbc, il 24 marzo 1882, da parte del dr. Robert Koch, poi insignito del Premio Nobel. Eliana Astorri ha intervistato il professor Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma:

    R. – L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nel 2009 nel mondo ci sono stati 14 milioni di soggetti colpiti dalla Tbc, pari a 200 casi per 100 mila abitanti. E’ chiaro che i continenti più colpiti sono l’Asia – con la metà dei casi, in percentuale – mentre l’Africa, e l’India e la Cina contano circa il 35 per cento dei casi di tubercolosi di tutto il mondo.

    D. – Perché una malattia come la Tbc interessa anche un’area come l’Europa, teoricamente al riparo da cattive condizioni igieniche o da situazioni che costringono molte persone a vivere in ambienti ristretti e quindi senza il ricambio d’aria adeguato?

    R. – In Europa, nel 2008 – sempre nella fredda logica dei numeri – 50 dei 54 Paesi della regione europea hanno riportato 461.645 casi di tubercolosi, quindi 52 per 100 mila: dunque, da 200 a 52, un quarto di meno. La nostra quindi è una situazione sicuramente migliore rispetto a quella della restante parte del mondo. E’ chiaro che anche per l’Europa ci sono differenze: ci sono delle aree dell’Europa, soprattutto dell’Europa dell’Est, dove tubercolosi è più presente rispetto ad altre aree, tra cui l’Italia, in cui la malattia è molto meno presente.

    D. – Quali sono le terapie, oggi, che possono combattere la tubercolosi?

    R. – Oggi la tubercolosi si combatte con i farmaci. I farmaci sono stati introdotti nella pratica clinica dopo la Seconda guerra mondiale. Sono dei chemioterapici, degli antibiotici e la prima osservazione che è stata fatta è che un solo farmaco antitubercolare non basta; bisogna associare tre-quattro farmaci perché se noi dessimo un farmaco di per sé efficace, questo farmaco in breve tempo ingenera nel bacillo, nel “microbacterium” di Koch, delle resistenze per cui il germe non regredisce con l’antibiotico ma continua a prosperare. Il segreto è fare una terapia lunga – nelle forme polmonari la terapia dura sei mesi, nelle forme extra-polmonari può arrivare fino a nove-dodici mesi - magari riducendo il carico dei farmaci, ma facendo sempre una terapia associata. (gf)

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    In un libro le conversazioni di Giovanni Paolo II con i giornalisti in aereo

    ◊   Un Papa inusuale, tanto profondo quanto schietto e ironico. E’ quanto emerge dal volume “Compagni di viaggio. Interviste al volo con Giovanni Paolo II” di Angela Ambrogetti, presentato ieri nella sede della nostra emittente. Il volume, edito dalla LEV, è una raccolta delle conversazioni che Papa Wojtyla intrattenne con i giornalisti durante i lunghi tragitti aerei dei suoi viaggi. Testimonianze inedite che vengono ora alla luce dagli archivi della Radio Vaticana. Il servizio di Michele Raviart.

    (conversazioni tra Giovanni Paolo II e i giornalisti)
    D. - Come va? La vedo abbastanza riposato nonostante la grande fatica …
    R. - Faticano al mio posto i giornalisti, povera gente!

    D. - Ci ha chiamato “compagni di viaggio”, in che senso?
    R. - Perché viaggiamo nello stesso aereo, no?

    D. - Quali sono gli obiettivi di questo viaggio?
    R. - Si cerca di portare una testimonianza di fede!

    “Compagni di viaggio”. Così Giovanni Paolo II definiva i giornalisti che lo seguivano nei lunghi voli intercontinentali attraverso il mondo e con i quali il Pontefice intratteneva lunghe conversazioni, a metà tra la ritualità di una conferenza stampa e l’informalità di un dialogo tra passeggeri. Conversazioni pubbliche, scrupolosamente registrate negli archivi della Radio Vaticana e rimaste inedite fino alla pubblicazione di questo libro, che raccoglie e seleziona i momenti più significativi di questi incontri, che hanno formato negli anni una sorta di “magistero volante”. Padre Federico Lombardi, direttore della Radio Vaticana:

    “La Radio Vaticana è colei che con i suoi tecnici ha registrato tutte queste conversazioni che sono certamente uno dei materiali piuttosto interessanti, nuovi, del Pontificato di Giovanni Paolo II che noi conserviamo come un tesoro e che non erano stati trascritti e pubblicati integralmente. Il fatto di riscoprirli sistematicamente ti dà una visione del modo in cui Giovanni Paolo II comunicava che è estremamente interessante e veritiero”.

    Una consuetudine che nasce dall’azzardo di un giornalista americano, che irritualmente si rivolse a Papa Wojtyla durante il suo primo viaggio a Santo Domingo nel 1979, chiedendo quando il Pontefice avrebbe visitato gli Stati Uniti. Da lì un’abitudine che è continuata regolarmente lungo quasi tutti i viaggi del Pontificato e che restituisce un’immagine di un Papa chiaro, disponibile, a tratti ironico, ma sempre animato dall’impeto di portare il Vangelo nel mondo. Angela Ambrogetti, autrice del libro:

    “Quest’uomo, totalmente uomo e totalmente Papa, sapeva benissimo come usare le parole e sapeva anche rispondere in una maniera asciutta e secca se ce n’era bisogno, con un grande sorriso. Sapeva usare il mezzo dell’ironia o il mezzo dell’approfondimento filosofico nella risposta a certe domande. Quindi, riusciva a mettere insieme queste due dimensioni rendendo la comunicazione a 360 gradi”.

    “Io non sono un politico”, ripeteva spesso Papa Wojtyla ai giornalisti che chiedevano insistentemente quali conseguenze avrebbero portato i suoi viaggi nei Paesi che andava a visitare. “Io vado solo a pregare e a incontrare la gente che amo tanto”, rispondeva il Pontefice che si rammaricava di non poter visitare questo o quel Paese, ciascuno degno della visita del Papa indipendentemente dal numero di cristiani presenti. Il cardinale Roberto Tucci, organizzatore della maggior parte dei viaggi di Giovanni Paolo II:

    “Questo volume ci dà il Papa nella sua spontaneità, molto più dei discorsi. I discorsi ci illustrano meglio il suo pensiero ma le risposte ai giornalisti dimostrano che il Papa non aveva nessuna paura di incontrare i giornalisti e, poi, la capacità di rispondere bene, subito, in diverse lingue, e normalmente non era evasiva la risposta del Papa. Anche se qualche volta qualche domanda lo irritava, lui rispondeva lo stesso, con un po’ di ironia ma senza turbarsi. Questo volume ci fa conoscere questo Papa forse meglio di qualsiasi altra biografia”.

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    Chiesa e Società



    Il re di Giordania e il patriarca Twal riaffermano l'importanza della convivenza cristiano-islamica

    ◊   Il re Abdullah II ha ricevuto martedì scorso il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. Nel corso dell’incontro si è discusso degli “sforzi per rafforzare i valori della tolleranza e della convivenza tra musulmani e cristiani così come della necessità di far crescere i punti in comune tra i fedeli delle due religioni”. Secondo quanto riferisce Petra news ripresa dall'agenzia Sir, il re di Giordania ha ricordato “l'importanza di custodire l'identità araba cristiana dei cittadini di Gerusalemme e di fornirgli il sostegno necessario per far fronte alle difficili condizioni che stanno vivendo” ed ha affermato di “sostenere gli sforzi del patriarca Twal nella diffusione di un messaggio d'amore, nella lotta per la custodia dei luoghi santi cristiani, dei loro diritti e della loro identità araba nella Città Santa”. Dal canto suo il patriarca Twal ha espresso al Re gratitudine per il sostegno donandogli un album fotografico della visita di Benedetto XVI in Terra Santa nel maggio 2009. Insieme al patriarca il re Abdullah II ha ricevuto anche mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. All’arcivescovo il Re ha espresso “il desiderio di rinforzare le relazioni tra la Giordania e Santa Sede, in vista del rafforzamento del dialogo islamo-cristiano” ed ha evidenziato “il ruolo della Giordania nella salvaguardia del Luoghi Santi musulmani e cristiani nei Territori palestinesi, in particolare a Gerusalemme, facendo appello a ulteriori sforzi per fermare le misure unilaterali israeliane che minacciano l'esistenza di cristiani e musulmani nella Città Santa”. (R.P.)

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    Cuba: liberi gli ultimi due dissidenti del 'Gruppo dei 75'

    ◊   Come annunciato dall’arcidiocesi dell’Avana, sono tornati in libertà Félix Navarro e José Ferrer, gli ultimi due dissidenti del ‘Gruppo dei 75’ arrestati nel 2003: il loro rilascio mette fine a un lungo processo di scarcerazione dei detenuti politici cominciato la scorsa estate. A partire dal 7 luglio 2010, - riferisce l'agenzia Misna - grazie al dialogo intavolato tra il governo di Raúl Castro e la Chiesa cubana, sono stati liberati tutti i 52 dei 75 che restavano in carcere: 40 hanno accettato di trasferirsi in Spagna, altri 12 resteranno a Cuba. Un plauso per il completamento del processo di rilascio è arrivato da Catherine Ashton, capo della diplomazia dell’Unione Europea (Ue) che aveva ‘congelato’ le relazioni con l’isola dopo la retata che tra il 18 e il 20 marzo 2003 aveva portato in carcere i 75, condannati a pene detentive fra i sei e i 28 anni. Per la Ashton è stato compiuto “un passo nella giusta direzione per i diritti umani a Cuba”. Soddisfatta l’opposizione che, tuttavia, per bocca di Elizardo Sánchez, portavoce della Commissione cubana dei diritti umani (organismo considerato illegale), ha ricordato che “un’altra cinquantina di detenuti politici resta ancora in prigione”. (R.P.)

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    Il fratello di Shahbaz Bhatti, assassinato in Pakistan, nominato consigliere per le Minoranze

    ◊   Paul Bhatti, fratello del Ministro ucciso Shahbaz Bhatti, è stato oggi nominato “Consigliere speciale” del Primo Ministro del Pakistan, per gestire gli affari delle Minoranze religiose a livello federale. Il Consigliere Speciale avrà poteri esecutivi pari al Ministro, e nei prossimi giorni presterà ufficialmente giuramento per il nuovo incarico. E’ quanto apprende l’agenzia Fides da fonti governative in Pakistan. La notizia, che attende ancora la conferma ufficiale, circola già nella comunità cristiana e nella società civile, che ha accolto con favore la scelta del governo pakistano, anticipata nei giorni scorsi come “proposta avanzata dall’esecutivo”. Bhatti ha sciolto le ultime riserve, dopo che il governo gli ha confermato pieni poteri per poter continuare la missione del fratello, per la difesa dei diritti delle minoranze. Paul Bhatti, è medico e ha vissuto per diversi anni in Italia. Tornato in Pakistan nei giorni scorsi era stato eletto nuovo direttore della “All Pakistan Minorities Alliance” (Apma), la rete fondata da Shahbaz Bhatti nel 2002 per la difesa delle minoranze religiose. (R.P.)

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    Assassinio Bhatti: per gli attivisti pakistani si vuole insabbiare la verità

    ◊   Un gruppo di attivisti cristiani denuncia le lacune nelle indagini sull'omicidio di Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le Minoranze assassinato il 2 marzo scorso per la sua battaglia contro le leggi sulla blasfemia. Esponenti della All Pakistan Minority Alliance (Apma) lamentano tentativi di depistaggio e la mancanza di una reale volontà politica di catturare e punire i responsabili, probabilmente legati all'ala fondamentalista islamica del Paese che tiene in ostaggio il governo di Islamabad. Tuttavia i leader cristiani promettono battaglia e assicurano: "continueremo la missione di Shahbaz Bhatti fino all'ultima goccia del nostro sangue". Paul Bhatti, neo eletto presidente di Ampa, manifesta disappunto per gli scarsi risultati emersi sinora dalle indagini sulla morte di Shahbaz Bhatti e invoca la creazione di una Commissione parlamentare di inchiesta. Al momento è stato fermato solo un sospetto che, nonostante i proclami del ministero degli Interni, avrebbe avuto per la polizia un ruolo secondario. In una conferenza tenuta al Circolo della stampa di Islamabad, il leader Ampa denuncia depistaggi del partito di governo - il Partito popolare pakistano (Ppp) - e la mancata scorta per il ministro cattolico "martire" della fede. "Il ministero degli Interni - continua Paul Bhatti - annuncia una svolta a breve ma sono solo false speranze, sotto forma di comunicati in base ai quali i colpevoli saranno presto consegnati alla giustizia". Pervaiz Rafique, membro dell'assemblea provinciale del Punjab, promette che "continueremo la missione di Shahbaz Bhatti fino all'ultima goccia del nostro sangue", anche se governo e autorità non garantiscono il rispetto della legge nel Paese. Egli ricorda la morte del governatore Salman Taseer, il cui assassino ha confessato il delitto, ma le autorità non l'hanno incriminato per le pressioni esercitate dai fondamentalisti islamici. Leader cristiani e attivisti per i diritti umani, uniti in una delegazione, hanno incontrato il capo della polizia di Islamabad per chiedere maggiori informazioni sulle indagini. Tuttavia non hanno ricevuto risposte ritenute "soddisfacenti". Intanto a Kot Addu, nel Punjab, continuano le vessazioni dei latifondisti musulmani – sostenuti dai funzionari locali – contro la comunità cristiana. Dopo la profanazione dei cimiteri, i piccoli capi mafia intendono spossessare i cristiani delle loro terre, grazie anche all'influenza esercitata da potenti parlamentari della zona. I funzionari locali negano episodi di violenze e abusi, mentre gruppi cattolici - fra cui la Commissione nazionale di Giustizia e pace - si sono attivati a tutela dei diritti dei cristiani. (R.P.)

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    India: ucciso un altro cristiano in Orissa

    ◊   In Orissa continuano le persecuzioni contro i cristiani. Lo scorso 10 marzo - riferisce l'agenzia AsiaNews - è scomparso Angad Digal, cattolico di Mondasoro (Kandhamal). Fonti locali affermano che l’uomo è stato ucciso a Tilakapanga, dove si era recato insieme con alcuni conoscenti indù. Da giorni, familiari, volontari e attivisti per i diritti umani della diocesi di Cuttack stanno cercando il corpo, ma a tutt’oggi non è stato ancora trovato. Padre Laxmikant Pradhan spiega che solo uno dei due uomini sospettati di omicidio è stato arrestato. “L’inerzia delle autorità – afferma – non fa che peggiorare la situazione della famiglia e di tutti i cristiani di Kandhamal”. Il sacerdote sottolinea che la popolazione è sotto shock e ha paura. “Occorre trovare il cadavere di Digal – afferma - e porre fine a questa cultura di impunità”. Dopo i pogrom anticristiani del 2008 gli estremisti indù, hanno continuato a minacciare e spesso uccidere cattolici e tribali, nell’indifferenza generale delle autorità. Per paura di ritorsioni, la popolazione ha timore a sporgere denuncia e la maggior parte dei casi di omicidio restano senza colpevole e sono ignorati dalle forze dell’ordine. Fratel Markose, monfortiano e avvocato delle famiglie vittime dei pogrom, racconta ad AsiaNews che la polizia ha reso noto lo scorso 20 marzo l’uccisione di Mathew Sunamajhi e di suo figlio, avvenuta il 25 agosto 2008. Entrambi sono stati torturati e ammazzati dai radicali indù durante le violenze di Kandhamal, ma a tutt’oggi nessuno aveva denunciato il fatto per paura di ritorsioni. Secondo fratel Markose è impossibile contare tutti i casi di omicidio, scomparsa e violenza avvenuti in questi anni. “Molti – afferma - stanno venendo alla luce solo ora e la Chiesa sta non si stanca di seguire queste vicende per dare giustizia alle vittime”. (R.P.)

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    I cristiani di India e Pakistan: è un atto oltraggioso il Corano bruciato in Florida

    ◊   Un atto “irrispettoso, di pura follia”. Così Sajan K George, direttore del Global Council of Indian Christians (Gcic), definisce il gesto del pastore Wayne Sapp, che lo scorso 20 marzo in Florida ha bruciato un corano, sotto la supervisione del predicatore evangelico Terry Jones. “La libertà d’espressione – continua – non significa insultare gli altri e ferire i loro sentimenti religiosi”. Anche l’arcivescovo di Lahore Lawrence John Saldanha ha espresso la sua rabbia e costernazione sull’incidente. In un comunicato stampa, il porporato ha dichiarato: “A nome del vescovo cattolico e dei cristiani del Pakistan, condanno questo atto di follia pura, che non rappresenta i valori cristiani né gli insegnamenti della Chiesa. Ci dispiace constatare che qualcuno che si definisce pastore sia così ignorante in quella che è la sua religione, oltre che della normale decenza”. Lo scorso settembre Terry Jones aveva attirato la condanna da parte della comunità internazionale per la sua proposta di voler dare fuoco a un mucchio di corani per l’anniversario degli attacchi dell’11 settembre. “L’atto oltraggioso del pastore – ribadisce Sajan George – è in contrasto con la vita e gli insegnamenti di Gesù Cristo”. Tuttavia, nel denunciare il rogo il direttore del Gcic chiede ai leader mondiali di non dimenticare la crescita allarmante dei casi di persecuzione contro i cristiani in tutto il mondo. Il riferimento è anzitutto al Pakistan, la cui draconiana legge sulla blasfemia è già costata la vita di Salmaan Taseer, Shahbaz Bhatti, e tiene in bilico quella di Asia Bibi e molti altri. In India, cresce la preoccupazione per la recente diffusione in tutto il Paese del Popular Front of India (di matrice islamica) e la sua connessione con altri gruppi e associazioni fondamentaliste. Appena un mese fa, il 19 febbraio alcuni militanti musulmani hanno dato fuoco alla scuola internazionale S. Paul, un istituto cristiano privato. La rete del Popular Front of India è in costante crescita. (R.P.)

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    Dopo quasi 20 anni l’arcivescovo Menamparampil visita i cristiani del Bhutan

    ◊   Nonostante siano costretti a pregare nelle proprie abitazioni, discriminati nell’istruzione e nelle cariche pubbliche e sempre tenuti sotto osservazione dalle autorità, i cristiani in Bhutan sono in costante aumento. E’ quanto emerge dalla recente visita nel Paese asiatico di mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati (India). Il presule racconta all'agenzia AsiaNews il suo viaggio iniziato lo scorso 9 marzo e concluso in questi giorni, durante il quale ha verificato la situazione dei cristiani in nove fra città e villaggi del Paese. L’arcivescovo è riuscito a realizzare la visita grazie ad un programma di formazione per i giovani bhutanesi, dopo quasi 20 anni di divieti continui delle autorità. Mons. Menamparampil ha raccontato di avere avuto l’impressione “di vivere ai tempi degli Atti degli apostoli”. “Molti gruppi di fedeli sono organizzati, - ha aggiunto il presule - altri hanno dato l’impressione di essere dei cristiani fai da te. Tuttavia abbiamo avvertito in mezzo a loro una sensazione di calore, intimità, fiducia, entusiasmo e attesa che ci ha testimoniato la presenza viva dello Spirito tra quella gente”. Complessivamente i fedeli sono oltre 10mila e le conversioni avvengono specialmente tra le comunità di origine nepalese. La presenza dei monaci buddisti è ancora molto rilevante nel Paese, orgogliosa della propria supremazia e dell’importanza della cultura buddista in Bhutan. Il concetto di cultura infatti è un argomento molto sensibile in Asia: la maggior parte delle persone non riesce a distinguere tra cultura e religione. In questa situazione, comunicare il cristianesimo diventa possibile solo se non vengono compromesse le varie identità culturali. (G.P.)

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    I vescovi africani riaffermano la richiesta per lo status di osservatore presso l’Unione Africana

    ◊   L'incontro dei Segretari generali delle Conferenze episcopali nazionali e regionali africane, tenutosi a Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo (Rdc), si è concluso con l’adozione di un piano strategico per l’attuazione del Messaggio finale e delle Raccomandazioni della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi. L’incontro (17-21 marzo) è stato organizzato dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam). Secondo il comunicato finale inviato all’agenzia Fides, il piano prevede, per quanto riguarda l’evangelizzazione: il rilancio e il rafforzamento delle comunità ecclesiali di base; la promozione del ruolo dei laici del continente attraverso la formazione, l'animazione e il coordinamento delle loro attività; l’elaborazione di un nuovo programma per la catechesi che enfatizzi la conoscenza personale e la comprensione di Cristo. Un altro tema affrontato dai partecipanti è stato quello della promozione della Giustizia, della Pace e dello sviluppo. A tal fine si raccomanda di elaborare programmi per la formazione di politici cattolici. Viene inoltre riaffermato l’impegno per far sì che il “Dipartimento Pace Giustizia e Sviluppo” del Secam ottenga lo status di osservatore, come rappresentante del Secam, presso l'Unione africana (Ua). La Chiesa ribadisce infine il suo ruolo profetico nell’educare le persone a comprendere i loro diritti e doveri politici. Un altro tema affrontato è stato quello delle comunicazioni sociali. I partecipanti all’incontro sostengono con forza l'istituzione della Catholic News Agency per l'Africa, come proposto dall'Ufficio comunicazioni del Secam. A tal fine i Segretari generali hanno promesso di mettere a disposizione per questo scopo gli uffici di comunicazione sociale nazionali e regionali, e di contribuire al successo di questo progetto. Si è infine deciso di intensificare gli sforzi al fine di modificare le leggi restrittive che non consentono alla Chiesa di gestire proprie stazioni radio e televisive. (R.P.)

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    Zimbabwe: emergenza siccità, servono aiuti in sei province

    ◊   Scorte alimentari a prezzi calmierati dovrebbero essere distribuite in sei delle dieci province dello Zimbabwe per far fronte alle conseguenze di un lungo periodo di siccità: lo scrive il quotidiano locale “The Herald”, riferendo per altro di contrasti sulla gestione dell’intervento da parte dello Stato. Le province - riferisce l’agenzia Misna - dove la situazione è più grave sono Masvingo, Manicaland, Midlands, Matabeleland Sud e Matabeleland Nord. Una stagione delle piogge particolarmente scarsa ha vanificato lo sforzo del Paese di rivitalizzare la sua agricoltura, spina dorsale dell’economia del Paese africano. Per far fronte alle conseguenze dell’emergenza alimentare, la distribuzione di circa 270 mila tonnellate di cereali dovrebbe essere gestita da un ente parastatale, il Grain Marketing Board, che però non avrebbe i fondi per coordinare l’operazione e chiede il sostegno finanziario del governo. Secondo “The Herald”, una stima delle conseguenze del periodo di siccità iniziato a febbraio è in corso in questi giorni nella capitale Harare. Un confronto tra i calcoli di alcuni organismi internazionali, tra i quali il Programma alimentare mondiale e la Fao, stima però che le persone bisognose di aiuto siano in realtà circa un milione e 700 mila. (G.P.)

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    Sud Sudan: migliaia di senzatetto per un piano di demolizioni a Juba

    ◊   Migliaia di persone sono state costrette a lasciare le loro case e baracche dall’avvio di un piano di demolizioni in un quartiere popolare di Juba, capitale e principale città del Sud Sudan: lo ha riferito alla Misna padre José Vieira, missionario comboniano e animatore della rete delle radio cattoliche locali. Le demolizioni sono cominciate ieri nella zona dove, dopo la fine della guerra civile nel 2005, si erano trasferite molte famiglie originarie di altre regioni del Sudan. Un piano del genere era stato attuato già due anni fa, quando le persone costrette a lasciare il quartiere di Lologu furono circa 30 mila. Nelle intenzioni del governo, le demolizioni permetteranno di trasformare Juba da un intreccio caotico di vicoli e baracche in una città moderna e con ampi viali. “È giusto disciplinare la crescita urbana – sostiene padre Vieira – ma ci si sarebbe dovuti preoccupare in anticipo di garantire agli sfollati una sistemazione alternativa”. Ad aggravare il problema è l’arrivo della stagione delle piogge. “Donne e bambini – sottolinea il missionario – sono costretti a dormire al riparo degli alberi, con il rischio di contrarre la malaria”. (R.G.)

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    Sudan: terre agli stranieri, diritti dei sudanesi a rischio

    ◊   L’acquisizione di milioni di ettari di terre coltivabili da parte di società straniere rappresenta una minaccia per i diritti dei sudanesi. Lo sottolineano gli autori di uno studio sul cosiddetto ‘land grabbing’ (accaparramento di terre), un fenomeno che ha preso consistenza dopo la fine della guerra civile in Sudan nel 2005. Secondo la ricerca, commissionata dalla Ong Norwegian People’s Aid, negli ultimi quattro anni 28 società straniere hanno acquistato terreni per un totale di due milioni e 640.000 ettari nei settori dell’agricoltura, dello sfruttamento forestale e della produzione di biocarburanti. Nella ricerca - riferisce l’agenzia Misna - si evidenzia che la superficie interessata dal ‘land grabbing’ equivale a circa 5 milioni di ettari, pari al 9% del territorio del Sud Sudan, un’area maggiore dell’intero Rwanda. Il contratto di maggior valore è stato firmato da una società degli Emirati Arabi Uniti, che ha acquisito i diritti di sfruttamento turistico su oltre 2 milioni e 200 mila ettari di terra nel Parco nazionale di Boma. Altri accordi coinvolgono due società americane e le concessioni riguardano rispettivamente 600 mila ettari di terreni agricoli nello Stato di Central Equatoria e 400 mila ettari in quello di Unity. Con un governo ancora in stato embrionale, una società che si sta riprendendo dalla guerra civile e le ambiguità legislative caratteristiche del periodo di transizione – rileva lo studio – c’è il pericolo che gli investimenti stranieri, se privi di controlli, contribuiscano a privare la popolazione dei mezzi di sussistenza necessari per vivere. (G.P.)

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    Il Polisario all’Onu: no allo sfruttamento delle risorse naturali nel Sahara occidentale

    ◊   Lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale, è il tema centrale della controversia tra il governo di Rabat e il popolo sahrawi, che dal 1975 chiede l’autodeterminazione del proprio territorio. In una nota al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, il Fronte Polisario che si oppone da 35 anni all’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco, esprime la sua contrarietà ai continui accordi firmati tra società straniere e Rabat sull’utilizzo delle risorse naturali nel Sahara occidentale. “Rabat cerca di coinvolgere le società straniere per legittimare l’occupazione”, sottolinea il Polisario. L’Unione Europea ha sancito accordi con il Marocco sulla pesca nelle acque del Sahara occidentale ma con una risoluzione del 25 novembre scorso il Parlamento Europeo ha espresso parere negativo sul rinnovo di tali accordi, convocando il mese prossimo una nuova riunione sull’argomento. A fine aprile scadrà anche il mandato della missione delle Nazioni Unite sul territorio (Minurso) mentre nei campi profughi – situati in territorio algerino – la situazione è tranquilla dal punto di vista politico ma “la popolazione è delusa dall’assenza di progressi e i giovani sono in fermento, esigono una soluzione” ha riferito all’agenzia Misna Omar Mih, rappresentante del Polisario in Italia (G.P.)

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    Conclusi i lavori dell’Assemblea ordinaria dei vescovi di Angola e São Tomé

    ◊   Si sono conclusi ieri i lavori della prima assemblea ordinaria del 2011 dei vescovi di Angola e São Tomé e Principe, iniziata il 16 marzo. Tra i principali punti all’ordine del giorno vi è stata la famiglia e in particolare i problemi che devono affrontare oggi le famiglie angolane anche a causa della crisi economico-finanziaria e le conseguenti sfide pastorali. L’assemblea – riferisce l’agenzia angolana Angop – ha approvato l’introduzione di una tassa nelle scuole cattoliche per finanziare le attività educative delle diocesi. A questo scopo gli istituti educativi cattolici dovranno creare un fondo speciale destinato alle diocesi. È stata inoltre ratificata l’edizione della Ceast del Nuovo Messale Romano e della Liturgia delle Ore. Parte dei dibattiti è stata dedicata all’esame del nuovo programma di azione dell’Imbisa (Incontro inter-regionale dei vescovi dell’Africa meridionale) per promuovere una buona etica del lavoro. Il piano è stato adottato lo scorso dicembre a Pretoria, dalla nona sessione plenaria dell’Associazione che riunisce gli episcopati dell’Angola e São Tomé, Botswana, Sudafrica e Swaziland, Lesotho, Mozambico, Namibia e Zimbabwe. Esso si inserisce nel quadro della riflessione avviata nel 2004 dai vescovi dell’Africa australe sull’auto-sostenibilità e la buona governance della Chiesa nella regione. Infine l’assemblea dei vescovi angolani ha nominato il nuovo direttore generale dell’emittente dell’episcopato Radio Ecclesia. Si tratta di padre Muanamosi Matumona che succede a padre Maúricio Agostinho Camuto. (L.Z.)

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    Luanda: conferenza internazionale della Ceast e Caritas Angola sul processo di pace nel Paese

    ◊   “Uno spazio di riflessione, analisi e valutazione” del processo di pace e di riconciliazione in Angola, avviato dopo la fine della guerra civile nel 2003. Questo vuole essere il convegno internazionale “Costruendo la pace in Angola” organizzato da oggi a venerdì a Luanda dalla Conferenza episcopale angolana (Ceast) e dalla Caritas Angola. Obiettivo del convegno, riferisce un comunicato dei vescovi ripreso dall’agenzia angolana Angop, è fare il punto sul processo di pace nel Paese, partendo dalle esperienze positive di soluzioni pacifiche dei conflitti in Paesi come il Sudafrica, il Mozambico e la Germania. I partecipanti si soffermeranno inoltre sulle conseguenze ancora presenti della guerra e proporranno metodologie di analisi e soluzioni adattate al contesto angolano che aprano nuove strade per la riconciliazione della società nel suo insieme, aiutando la sua integrazione e promuovendo la dignità umana. L’incontro, che rappresenta uno dei numerosi contributi della Chiesa alla pacificazione dell’Angola, è il frutto di una serie di riflessioni, incontri, e scambi tra la Chiesa angolana attraverso la Caritas, la Chiesa tedesca , l’Università cattolica di Tubinga e il Centro di studi africani di Lisbona. (L.Z.)

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    Santo Domingo: il cardinale Lopez Rodriguez festeggia i 50 anni di sacerdozio

    ◊   “La gente vuole vederci come sacerdoti testimoni della preghiera e del servizio generoso nei confronti di tutti, sensibili ai problemi che interessano il nostro amato popolo dominicano”. Queste le parole del cardinale Nicolas Lopez Rodriguez, arcivescovo di Santo Domingo, che ha festeggiato 50 anni di sacerdozio il 18 marzo scorso nella cattedrale cittadina. Come riferisce l’agenzia Zenit, durante l’omelia il porporato ha ripercorso brevemente la sua esperienza sacerdotale: “pensiamo costantemente alla grandezza della vocazione alla quale siamo stati chiamati” – ha sottolineato - “ci sono settori quali la famiglia, la gioventù, i malati e i carcerati ai quali ho dedicato una cura speciale dall’inizio del mio sacerdozio. Chiedo al Signore di darmi la capacità di continuare ad offrire loro il mio affetto e la mia sollecitudine pastorale”. Il nunzio apostolico mons. Jozef Wesolowski si è fatto latore di una lettera del Papa in cui Benedetto XVI esprime riconoscenza per il prolifico lavoro del cardinale Lopez Rodriguez nella Chiesa cattolica, sottolineando la cura con cui il porporato ha promosso l’amministrazione dei sacramenti e la diligenza con cui predica la parola di Dio anche nei mezzi di comunicazione sociale. Nella Cattedrale gremita, tra i presenti c’era anche Margarita Cedeno, first lady della Repubblica Dominicana, oltre a numerosi sacerdoti, religiosi, diaconi e fedeli delle varie parrocchie e dei movimenti apostolici. (G.P.)

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    Canada: al via la prima riunione della Commissione mista tra cattolici ed evangelici

    ◊   Cercare di superare le reciproche incomprensioni per vedere se e come sia possibile procedere all’approfondimento del comune impegno per la testimonianza cristiana in Canada. Questo l’obiettivo di fondo della nuova commissione mista tra la Conferenza episcopale canadese (Cecc/Cccb) e l’Alleanza Cristiana e Missionaria (Christian and Missionary Alliance - Cma), una coalizione di 430 comunità evangeliche presente in Canada dal 1865 e con un’intensa attività missionaria in molti Paesi del mondo. Oggi e domani – riferisce l’Osservatore Romano - la nuova commissione si riunirà a Toronto per il suo primo incontro che suggella tre anni di contatti e discussioni informali. Il tema centrale di questa prima fase dei lavori sarà appunto la possibilità di rafforzare la presenza cristiana in Canada. Come sottolineato da David Freeman del Cma, che presiede, insieme a mons. Daniel Joseph Bohan la commissione mista, il passaggio dai contatti informali a un dialogo ufficiale tra la Chiesa cattolica e Chiese evangeliche rappresenta un momento significativo per l’ecumenismo, poiché si auspica un’azione che esca dall’ambito dell’arricchimento personale per aprire una nuova fase nella quale poter riaffermare i valori irrinunciabili per i cristiani non solo nella società civile, ma anche all’interno della stessa comunità cristiana e dell’universo multireligioso che caratterizza il Canada. Un dialogo - ha ricordato Freeman - in cui non mancano le difficoltà, soprattutto per le profonde differenze teologiche che sembrano costituire un ostacolo insormontabile alla definizione di un progetto comune di testimonianza cristiana nella società, così come è avvenuto per decenni, quando le comunità evangeliche si sono scontrate con la Chiesa cattolica. Nonostante queste difficoltà ha prevalso nell’Alleanza cristiana e missionaria la decisione di accogliere l’invito della Conferenza episcopale canadese di dare una forma ufficiale e stabile ai colloqui. In questa decisione ha pesato soprattutto la valutazione positiva della posizione assunta dalla Chiesa cattolica sul matrimonio e sulla famiglia con il richiamo al modello biblico e al Magistero. Il progredire del dialogo, anche a livello informale, ha permesso di cogliere il profondo legame tra la Scrittura e la liturgia, presente nella Chiesa cattolica, aprendo così nuovi spazi di confronto con le comunità evangeliche. Con la creazione della commissione mista la Conferenza episcopale canadese conferma il proprio impegno per la promozione del dialogo ecumenico e interreligioso, un impegno iniziato durante il Concilio con la partecipazione nel 1965 al dialogo teologico cattolico-ortodosso nordamericano e proseguito con la nascita di una Commissione anglicano-cattolica nel 1971, con quella per il dialogo con la Chiesa Unita nel 1974 fino a quella con i vescovi ortodossi canadesi nel 2001, senza dimenticare il Gruppo di lavoro ebraico-cristiano attivo fin dal 1977. (L.Z)

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    Portogallo: i vescovi temono le conseguenze della crisi politica

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale portoghese (Cep), mons. Jorge Ortiga, si è detto “preoccupato per la mancanza di stabilità politica nel Paese”, ed ha lanciato un appello per “una maggiore trasparenza e un chiarimento della situazione economica”. L’arcivescovo di Braga ha parlato poche ore prima che il primo ministro, José Socrates, presentasse le proprie dimissioni al presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, dopo che il Parlamento portoghese aveva di fatto bocciato le misure contenute nel nuovo Programma di Stabilità e Crescita, il cosiddetto Pec4. Il presidente Cep - riferisce l'agenzia Sir - ha messo in discussione il reale miglioramento dei Programmi approvati in precedenza, dai quali “sono chiaramente emersi solo i sacrifici del popolo portoghese, ed in particolare quelli delle persone meno abbienti”. Nei giorni scorsi, vi sono state altre prese di posizione di singoli presuli: il vescovo di Guarda, mons. Manuel Felício si è detto “dispiaciuto di vedere un paese inerte”, ed ha richiamato i partiti ad abbandonare gli interessi particolari: “È necessaria una democrazia partecipativa, un progetto comune attorno al quale tutti si possano mobilitare, in cui il grande capitale sul quale costruire il futuro sia quello delle persone, e non quello delle banche”. Sulla stessa linea anche mons. António Vitalino, vescovo di Beja: “Quando non si ha fiducia in un governo è fondamentale cambiare le strategie economiche e sociali: sono state presentate e misure dopo misure, senza chiarire le finalità degli investimenti e senza offrire riscontro dei risultati ottenuti: i politici devono comportarsi con meno demagogia e con più chiarezza, dimostrando che l’interesse nazionale costituisce la loro maggiore priorità”. In vista del probabile ricorso ad elezioni anticipate, un comunicato emesso dal Presidente della Repubblica annuncia che domani “25 marzo saranno ricevuti i partiti rappresentati in Parlamento, rimanendo il governo nella pienezza delle sue funzioni, fino all’accettazione della richiesta di dimissioni presentata”. (R.P.)

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    Germania: anche le Chiese nella Commissione etica sul nucleare

    ◊   Anche il cardinale Reinhard Marx e il presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, Alois Glück sono stati chiamati a far parte della Commissione etica sul futuro del nucleare, istituita dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel. La commissione, secondo quanto riferito ieri dall’agenzia di stampa cattolica Kna e ripresa dal Sir, dovrà valutare i rischi sociali ad esso legati e studiare le modalità di abbandono dell’energia atomica ed è composta da una dozzina di rappresentanti del mondo politico, economico, sociale ed ecclesiastico: per la parte evangelica è stato chiamato il vescovo Ulrich Fischer. Secondo Glück, intervistato dal quotidiano di Stoccarda “Stuttgarter Zeitung”, il dibattito sulla politica energetica è un “test sulla capacità di elaborare un piano politico sostenibile”. I rappresentanti delle Chiese si sono espressi recentemente a favore di un abbandono rapido del nucleare. “La questione determinante”, ha affermato Glück, “è quanto sia possibile approntare forme energetiche rigenerative al posto del carbone e del nucleare a prezzi accettabili”. (R.P.)

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    Premio Niwano per la pace e il dialogo interreligioso al leader buddista thailandese Sulak Sivaraksa

    ◊   Andrà quest'anno al leader buddista tailandese Sulak Sivaraksa il Premio internazionale per la pace “Niwano”, conferito – informa l’agenzia Sir - a personalità o organizzazioni che abbiano “contribuito alla costruzione della pace nel mondo attraverso il dialogo interreligioso”. Sivaraksam, nato nel 1933 nell'allora Siam, ha lavorato come insegnante e attivista per i diritti, ed è autore di un centinaio di pubblicazioni che lo hanno reso una voce altamente rispettata nella società civile tailandese. E’ stato scelto, tra le 700 segnalazioni giunte alla Fondazione Niwano da 125 Paesi, per “il suo esempio per la costruzione della pace nel mondo con il coraggio e la determinazione, sostenuto dalla costante ispirazione della fede buddhista”, come si legge nella motivazione del Premio Niwano 2011. Sivaraksa, spiegano gli organizzatori del riconoscimento, “è riuscito a cambiare le opinioni dei politici, studiosi e dei giovani della Thailandia, dell'Asia e di tutto il mondo ed ha promosso una nuova concezione della pace, della democrazia e dello sviluppo”. La cerimonia di conferimento del Premio avrà luogo il prossimo 19 maggio a Tokyo. In quell'occasione al vincitore verrà anche consegnato il premio di 20 milioni di yen, circa 175 mila euro. Tra i passati vincitori del Premio Niwano figurano mons. Helder Camara, il cardinale Paulo Evaristo Arns, Neve Shalom, la Comunità di Sant'Egidio e il teologo Hans Kung. (R.G.)

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    Strasburgo: inaugurata al Parlamento europeo la nuova sala dedicata ad Alcide De Gasperi

    ◊   Inaugurata ieri, nel Parlamento di Strasburgo, la sala riunioni del Partito popolare europeo dedicata allo statista italiano Alcide De Gasperi. Alla cerimonia, oltre al presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso e al presidente e ai deputati del Ppe, ha partecipato la figlia del primo presidente del Consiglio della storia repubblicana d'Italia, Maria Romana De Gasperi. ''Il sogno europeo di De Gasperi - ha osservato Barroso - è diventato realtà. Un giorno si avvererà anche quello della politica europea di difesa''. ''De Gasperi è stato insieme un patriota italiano ed un cittadino europeo'' ha affermato il francese Joseph Daul, presidente del gruppo parlamentare del Ppe, che lo ha definito ''la figura più prestigiosa insieme ad Adenauer e Schuman'' della costruzione europea. ''La sua eredita' - ha aggiunto Daul - ci insegna che integrità nazionale e difesa del progetto comunitario non solo sono compatibili ma inseparabili. Noi abbiamo sulle spalle la pesante responsabilità di garantire che l'Europa, macchina altrimenti perfetta, non perda la sia anima''. Mario Mauro, capogruppo Pdl, ha affermato che una figura come quella di De Gasperi servirebbe ''oggi e non 60 anni fa'' tanto all'Europa quanto all'Italia. Il Paese ne avrebbe bisogno ''perché si possa riaffermare una visione delle istituzioni concepite come garanti e non padrone della vita dei cittadini''. Dopo aver ricordato uno dei motti di Adenauer, Schuman e De Gasperi ''Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide'', Mauro ha sottolineato come si fondi su ''libertà religiosa, d'educazione, d'impresa e sulla cooperazione tra popoli la pace duratura voluta da De Gasperi''. ''Se quella pace c'è stata ed è ancora una certezza nel nostro continente - ha aggiunto Mauro - lo si deve essenzialmente ad una geniale intuizione figlia di un approccio cristiano alla politica''. Il ''presidente della ricostruzione'' - De Gasperi fu primo ministro dal 10 dicembre 1945 al 17 agosto 1953 - è stato ricordato anche da Carlo Casini, capo della delegazione Udc, affermando che ''può essere ricordato anche come il presidente della nuova unità italiana dopo la guerra civile''. Martin Schulz ha preso la parola per rendere omaggio a De Gasperi affermando che con la ''sua idea europea ha permesso di unire le persone che avevano conosciuto il dolore di due guerre mondiali, superando le divisioni'' e facendo sì che ''in Italia si riuscisse a perdonare'' il periodo fascista. La figura di De Gasperi è stata ricordata anche dal presidente del Parlamento europeo, Jerzy Buzek, con un applaudito discorso tenuto nel pomeriggio per l'apertura della sessione plenaria. (R.G.)

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    L’Ospedale Bambin Gesù collegato on line con mille farmacie di Roma

    ◊   “L’Ospedale in un clic”: la serie di servizi online dell'Ospedale pediatrico romano Bambino Gesù, grazie alla collaborazione con Federfarma, approda nelle oltre mille farmacie di Roma e provincia, contribuendo così a migliorare la qualità della vita dei piccoli pazienti e delle loro famiglie eliminando code agli sportelli, attese al telefono, tragitti in auto e tante ‘scartoffie’. In ogni farmacia della capitale – riferisce l’agenzia Sir - sono infatti disponibili tutte le informazioni sui servizi online: carta della salute elettronica, prenotazioni, pagamenti, ritiro dei referti, disdette, promemoria via sms, nonché sull’applicazione (App) per iPhone e iPad che consente di accedere anche tramite il proprio telefonino ai servizi dell’Ospedale per avere sempre a portata di “mouse” dati e documenti utili ai piccoli pazienti, alle loro famiglie e ai pediatri. Una “preziosa collaborazione” che, spiega una nota del nosocomio, “rappresenta un ulteriore passo avanti nel percorso di raccordo dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca e la cura di bambini e adolescenti, con i professionisti del territorio. Info:www.ospedalebambinogesu.it. (R.G.)

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    24 Ore nel Mondo



    Sale la protesta in Siria: atteso un importante annuncio del presidente Assad

    ◊   Nuova recrudescenza delle proteste governative che da alcuni mesi scuotono diversi Paesi del mondo arabo. Altissima la tensione in Siria dove gli attivisti per i diritti umani denunciano l’uccisione di circa 100 dimostranti negli scontri di ieri a Dara con le forze di sicurezza. Il presidente Assad - ha annunciato un suo consigliere - farà a breve un annuncio importante per soddisfare le richiesta del popolo. In Yemen approvato lo stato di emergenza mentre l’opposizione continua a chiedere le dimissioni immediate del presidente Saleh. Il servizio di Marco Guerra:

    Almeno 20mila persone hanno partecipato stamane ai funerali dei manifestanti uccisi ieri a Daraa, città tribale siriana nei pressi del confine con la Giordania. Slogan in favore della libertà e contro il governo hanno accompagnato il corteo funebre di nove delle 25 giovani vittime accertate da fonti mediche siriane. Molto più grave il bilancio fornito da militanti per i diritti dell'uomo e testimoni che parlano di circa 100 persone rimaste uccise nell’assalto alla moschea della cittadina che, da oltre una settimana, era teatro di proteste contro il regime di Assad e del partito Baath, al governo da quasi 50 anni. Le violenze sono state condannate da Stati Uniti e Onu. Il primo ministro turco Erdogan, invece, ha messo in guardia il presidente siriano Assad invitandolo ad “attuare le riforme necessarie”. Le autorità di Damasco hanno, dal canto loro, accusato “parti straniere” di “aizzare la sommossa”, riferendosi implicitamente alla Giordania. Intanto, per domani, venerdì di preghiera musulmana, è stata indetta sui social network dei dissidenti una “mobilitazione di massa” in tutte le regioni del Paese. Altissima tensione anche in Yemen dove ieri il Parlamento ha approvato lo stato d’emergenza, decretato venerdì dal presidente, Ali Abdullah Saleh. Nel tentativo di placare la richiesta di sue dimissioni, il capo di Stato ha offerto un referendum costituzionale, elezioni parlamentari e nuove elezioni presidenziali, da tenersi entro la fine dell’anno. L’opposizione, tuttavia, non è intenzionata a cedere e domani tornerà a manifestare con un grande corteo nella capitale Sana’a.

    Algeria
    Tensione anche in Algeria. Ieri, almeno 40 persone sono rimaste ferite in violenti scontri scoppiati ad Algeri tra giovani e forze dell’ordine. Alla base delle proteste, l’emergenza casa. Nel Paese nordafricano, infatti, la crisi abitativa è un problema endemico: oltre 500 mila famiglie abitano in case in declino intorno ai centri abitati, soprattutto nella capitale algerina.

    Pakistan
    In Pakistan, oggi almeno 5 persone sono morte e altre 25 sono rimaste ferite nella deflagrazione di un’autobomba. L’attentato è stato condotto contro una caserma della polizia a Daaba, nel distretto di Hangu, una delle roccaforti dei talebani pachistani.

    Libano
    Sette cittadini estoni sono stati sequestrati ieri in Libano. Gli uomini stavano effettuando un’escursione in bicicletta nella valle di Bekaa. L’esercito libanese – al momento – sta conducendo una serie di blitz nella regione.

    Giappone
    Prosegue in Giappone incessante l’opera di messa in sicurezza della centrale atomica di Fukushima, dopo che ieri da alcuni reattori è cominciato ad uscire del fumo nero. E stamane risulta di 147 volte superiore alla norma la presenza di iodio radioattivo nel tratto di mare prossimo alla centrale, mentre migliora la situazione a Tokyo dove il livello di radioattività presente nell’acqua è tornata sotto limiti consentiti per l'alimentazione dei neonati. Intanto è salito a 26 mila il bilancio delle vittime e dei dispersi del terremoto dell’11 marzo scorso. La Polizia nazionale nel suo ultimo aggiornamento ha reso noto che sono 9.737 le vittime certe e 16.423 i dispersi. Circa 2.777 persone sono invece rimaste ferite in seguito al sisma.

    Portogallo: crisi economica e politica
    Una crisi politica, economica e monetaria. E’ iniziato per il Portogallo lo scenario più difficile dopo le dimissioni, ieri sera, del governo minoritario socialista, guidato dal premier socialista Socrates, in seguito alla bocciatura in Parlamento della manovra antideficit concordata con Bruxelles. La crisi politica potrà avere conseguenze gravissime per il Paese, ha dichiarato Socrates. Da Lisbona, Riccardo Carucci:

    In preda ad una grave crisi economica, finanziaria e sociale, il Portogallo deve affrontare ora anche una crisi politica, in seguito alle dimissioni del governo minoritario socialista eletto nel 2009. Il parlamento, infatti, con il voto delle opposizioni sia di destra che di sinistra, ha bocciato l’ultimo piano di ostilità per ridurre il deficit di bilancio preparato dal governo, già presentato a Bruxelles in uno sforzo estremo di evitare il ricorso, dopo Grecia ed Irlanda, al Fondo di stabilizzazione europeo e al Fondo Monetario internazionale. Un programma con gravose conseguenze sociali che prende di mira soprattutto i pensionati. Ieri sera dopo il voto del parlamento, il primo ministro, Josè Socrates, si è recato dal presidente della Repubblica per presentare le dimissioni. Il presidente della Repubblica non potrà che sciogliere il parlamento e indire nuove elezioni e ci vorranno forse tre mesi per avere un nuovo governo.

    Vertice del Consiglio europeo
    E l'impatto della crisi politica portoghese sulla stabilità dell'eurozona, il varo della riforma della governance economica e la crisi libica saranno al centro del vertice del Consiglio europeo che si apre oggi pomeriggio a Bruxelles. In mattinata nella capitale belga hanno sfilato circa 15 mila manifestanti diretti proprioai palazzi Ue, per protestare contro le misure di austerità previste dal patto. In particolare, i sindacati europei contestano la stretta sulle pensioni, il limite agli aumenti salariali e all'aggancio con l'inflazione.

    Spagna
    In Spagna, la Corte suprema ha annunciato ieri di avere respinto la richiesta di iscrizione alle prossime elezioni amministrative e regionali del 25 maggio del nuovo partito della sinistra indipendentista basco "Sortu". Quest’ultimo è accusato di essere l’erede di Batasuna, il “braccio politico” dell’Eta, dichiarato illegale sette anni fa. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 83

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.