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Sommario del 13/03/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Oltre 10mila morti in Giappone: si teme il disastro nucleare. Il Papa: dignità e coraggio del popolo giapponese
  • Il Papa all'Angelus: lottare contro il peccato e salvare il peccatore
  • Esercizi spirituali in Vaticano. Padre Léthel: meditazioni sulla testimonianza dei Santi, scintille di Cristo nel mondo
  • Il "Gesù di Nazaret" di Benedetto XVI: intervista con il cardinale Ravasi
  • Oggi in Primo Piano

  • Libia: le truppe di Gheddafi riconquistano Brega. Lega Araba: sì alla no-fly zone
  • La Caritas romana: integrare i rom, no a segregazione o emarginazione
  • Pubblicato il libro “Presenza” di padre Chiera, da oltre 30 anni al fianco dei meninos de rua
  • Chiesa e Società

  • Allarme della Fao: sicurezza alimentare a rischio in Libia
  • Svizzera. La Chiesa promuove il “Dies Iudaicus” per dire no all'antisemitismo
  • Provincia salesiana della Cina: grande attesa per l’arrivo delle reliquie di Don Bosco
  • Trento: giornata ecumenica internazionale dedicata a Chiara Lubich
  • In uscita una nuova guida sui santuari in Terra Santa
  • Gmg 2011: parte un concorso fotografico dedicato alla disabilità nella Chiesa
  • Nuove iniziative online per la Gmg 2011 di Madrid
  • Cile: un video lancia la nuova campagna pastorale missionaria
  • Spagna: aumento delle vocazioni in attesa della “Giornata del Seminario”
  • Pompei: domani la terza edizione del premio “Bartolo Longo alla carità"
  • 24 Ore nel Mondo

  • Yemen: nuova giornata di scontri tra polizia e manifestanti, un morto
  • Il Papa e la Santa Sede



    Oltre 10mila morti in Giappone: si teme il disastro nucleare. Il Papa: dignità e coraggio del popolo giapponese

    ◊   In Giappone, il bilancio delle vittime causate dal terremoto e dallo tsunami di venerdì scorso sta crescendo di ora in ora: secondo gli ultimi dati oltre 10mila persone avrebbero perso la vita, in gran parte nella prefettura di Miyagi che si trova sull'isola di Honshu. E oggi il Papa all’Angelus ha lanciato questo appello:

    “Cari fratelli e sorelle, le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati. Desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza alle care popolazioni di quel Paese, che con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità. Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera. Il Signore ci è vicino!”

    “La crisi più grave dopo la Seconda Guerra Mondiale”: così il premier nipponico ha definito la tragedia che sta vivendo il Giappone, dove la terra continua a tremare e la situazione resta molto critica. Ma ora a fare paura è la minaccia nucleare dopo la conferma dei danni riportati dal reattore 3 di Fukushima e l’incidente di ieri al reattore 1. Superati, nell’area, i livelli di radioattività. Il servizio di Roberta Barbi:

    Uno spettacolo surreale di case distrutte o spazzate via dall’acqua: è un coro unanime quello dei testimoni che raccontano la catastrofe senza precedenti che sta vivendo il Giappone, dopo il terribile sisma di magnitudo 9 e l’onda anomala di 10 metri che l’hanno colpito due giorni fa. Il capo della polizia della prefettura di Miyagi, nell’isola di Honshu, l’area più colpita, non ha dubbi: ci sono oltre 10mila morti, stima in cui sono stati inclusi i 600 cadaveri rinvenuti oggi sulla costa nord-orientale. Nel capoluogo Sendai la situazione dei sopravvissuti è drammatica: mancano cibo e carburante, ma soprattutto acqua. Migliaia di persone hanno trascorso la seconda notte all’addiaccio e il governo ha fatto sapere che ci potrebbero essere interruzioni dell’elettricità a partire dall’area di Tokyo. Il premier Naoto Kan ha ordinato l’impiego di 100mila militari in aiuto della popolazione, mentre la portaerei americana Ronald Reagan e le squadre di soccorso di 40 Paesi del mondo stanno arrivando in queste ore. Gli esperti avvertono che nei prossimi giorni potrebbero verificarsi scosse di assestamento anche di magnitudo 7, mentre l’allarme tsunami è stato declassato allo stato di allerta. A fare paura ora, però, è la minaccia nucleare: il governo ha confermato che ci sono stati danni alle barre di uranio e a una valvola di raffreddamento del reattore 3 della centrale di Fukushima. Si teme, quindi, il ripetersi di incidenti come quello di ieri al reattore 1, dove un tecnico è morto e 11 persone sono rimaste ferite. L’esplosione è stata causata dai danni riportati dal sistema di raffreddamento che serve a evitare fusioni nucleari all’interno del reattore e la situazione resta grave perché i tentativi di far calare la pressione del combustibile tramite l’immissione di acqua di mare non stanno ottenendo gli effetti sperati. L’impianto di Fukushima comprende sei reattori, ma solo 3 erano in funzione al momento del sisma. “Non ci sarà un’altra Chernobyl”, ha assicurato il premier, secondo il quale non ci sarebbero pericoli per la salute, nonostante nell’area si registrino livelli di radioattività superiori al normale.

    Ma ascoltiamo la testimonianza di un cittadino italiano residente a Tokyo, Antonio Sgro, raggiunto telefonicamente da Sergio Centofanti:

    R. – Occorre considerare una cosa: i giapponesi sono molto abituati, da sempre, alle scosse di terremoto, perché noi conviviamo, loro convivono da sempre con le scosse di terremoto. Questa volta però hanno reagito in maniera completamente differente, perché non erano preparati – anche loro – ad un evento del genere. Quindi, sono passati, nell’espressione dei visi, durante la prima scossa di terremoto, da un sorriso sulle labbra, perché vedevano il terremoto come uno dei tanti - “un altro anche oggi” - ad un'espressione di vero terrore. Ho visto il terrore, per la prima volta, in quattro anni che sono qui, negli occhi dei giapponesi. E immediatamente si è creato il blocco delle telecomunicazioni: hanno chiuso le autostrade; i treni sono stati bloccati sui binari lì dove si trovavano; le metropolitane sono state chiuse, mentre Internet funzionava a singhiozzi. Quindi, il caos! Da quel momento in poi non si è capito più nulla, perché la gente ha cercato di raggiungere casa e non ci riusciva, ma tutto con una pacatezza unica e tipica dei giapponesi. Io dico sempre che dobbiamo ringraziare il Signore per due cose. La prima, che sia successo in Giappone e non in un altro Paese, dove non avremmo avuto nessuno in grado di raccontarlo; la seconda, che nonostante si stia parlando di una metropoli di 20 milioni di abitanti e più – Tokyo – la compostezza e la tranquillità dei giapponesi è stata esemplare. Quindi, un fiume umano nelle metropolitane, nelle piazze, nei marciapiedi, senza però scene di panico, nel rispetto reciproco. E’ stata devo dire una lezione di civiltà veramente unica.

    D. – Adesso c’è il rischio di fusione in due reattori. C’è paura anche a Tokyo?

    R. – Sì, c’è paura anche a Tokyo per un motivo molto semplice, perché soprattutto nella comunità internazionale qui residente - e anche in quella giapponese, anche se quella è già forgiata da questo tipo di atteggiamento - succede che sia preoccupata che il governo non stia dicendo o non intenda dire tutta la verità, perché è già successo in passato, tanto che la comunità internazionale qui a Tokyo sta chiedendo a viva voce al primo ministro giapponese di permettere ad esperti stranieri di osservare con i propri occhi quello che sta succedendo all’interno dei reattori, cosa che al momento non è stata permessa. E quello che è forse più allarmante è che moltissime famiglie stanno decidendo di partire, di lasciare il Paese. Questa forse è una reazione che potrebbe portare a fenomeni incontrollati di panico.

    D. – Le scosse di assestamento stanno continuando...

    R. – Sì, assolutamente, e continueranno per settimane, mesi addirittura. Dovremmo conviverci, quindi. Ma adesso, dopo aver vissuto le due scosse dell’altro ieri, e aver visto che gli edifici a Tokyo hanno tenuto in maniera eccezionale e che sono davvero di un’ingegneria antisismica unica al mondo, la gente non è più preoccupata dell’eventualità che arrivino scosse tanto forti, o superiori a quelle che ci sono già state, adesso la preoccupazione sono i reattori nucleari, perché lì non si scherza più. Da quello che succederà nelle prossime ore, si avrà il destino non soltanto dei 140 mila residenti che hanno fatto evacuare nel raggio di 20 chilometri dalla base nucleare, ma di tutta la popolazione. Non saremo più in grado di controllare le reazioni individuali. Ad esempio, i supermercati, anche a Tokyo, non hanno più acqua, non hanno più latte, non hanno più pane. Quindi, le persone si stanno già preparando inconsciamente ad un’eventualità di bunker nucleare, di situazione mai vissuta prima d’ora. Non si trova più una torcia elettrica nel raggio di dieci chilometri a Tokyo: sono tutte esaurite.

    D. – C’è un’immagine simbolica che vediamo su giornali e siti di oggi: un bambino molto piccolo che si fa controllare per eventuali contaminazioni radiottive, con le manine alzate, in modo molto diligente, molto educato...

    R. – Assolutamente! Ma questo fa parte della cultura giapponese. Il giapponese nasce e cresce con un rispetto delle istituzioni e quindi delle regole sociali uniche al mondo. E un momento di forte tensione, come si potrebbe produrre in un qualunque Paese in una situazione analoga, in questo Paese invece crea il rispetto, che poi facilita il lavoro delle istituzioni nella soluzione dei problemi che sono ingenti, sono enormi, sono inaspettati evidentemente. Questo, però, sicuramente aiuta. E l’immagine del bambino è un’immagine-simbolo che mostra quali siano le caratteristiche dei giapponesi.(ap)

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    Il Papa all'Angelus: lottare contro il peccato e salvare il peccatore

    ◊   Il Papa, oggi all’Angelus in Piazza San Pietro, ricordando l’odierna Prima Domenica di Quaresima, ha invitato a cercare la vera libertà, riscoprendo il senso del peccato, “causa profonda di ogni male”. La vera lotta è contro lo spirito del male: bisogna opporsi al peccato, dunque, e salvare il peccatore. Il servizio di Sergio Centofanti.

    La Quaresima costituisce nella Chiesa un itinerario spirituale di preparazione alla Pasqua. “Si tratta – ha affermato il Papa - di seguire Gesù che si dirige decisamente verso la Croce, culmine della sua missione di salvezza”:

    “Se ci domandiamo: perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male” .

    “Ma questa affermazione – ha proseguito - non è affatto scontata, e la stessa parola ‘peccato’ da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo”:

    “In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal 'senso di colpa' come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio”.

    “Di fronte al male morale – ha spiegato Benedetto XVI - l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore”:

    “Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto. Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato”.

    Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: “per liberare gli uomini dal dominio di Satana, ‘origine e causa di ogni peccato’. Lo ha mandato nella nostra carne mortale – ha sottolineato il Papa - perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce”:

    “Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica di Quaresima. Infatti, entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male”.

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    Esercizi spirituali in Vaticano. Padre Léthel: meditazioni sulla testimonianza dei Santi, scintille di Cristo nel mondo

    ◊   Si tengono da oggi pomeriggio a sabato prossimo, in Vaticano, gli esercizi spirituali con il Papa e la Curia Romana in occasione della Quaresima. Benedetto XVI all'Angelus ha invitato i fedeli a pregare per lui e per i suoi collaboratori. Le meditazioni saranno proposte da padre François-Marie Léthel, francese, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, professore presso la Pontificia Facoltà Teologica Teresianum, sul tema: “La luce di Cristo nel cuore della Chiesa – Giovanni Paolo II e la Teologia dei Santi”. Gli esercizi iniziano alle 18.00 nella Cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico, con la Celebrazione dei Vespri. Durante la settimana sono sospese tutte le udienze pontificie, compresa quella generale di mercoledì 16 marzo. Amedeo Lomonaco ha chiesto a padre Léthel con quale spirito si sia preparato per questi esercizi spirituali:

    R. - Mi sono immerso nella preghiera, ho detto di sì. Il grande avvenimento era la Beatificazione di Giovanni Paolo II, e dunque dovevo impostare questo corso di esercizi come una preparazione spirituale alla Beatificazione di Giovanni Paolo II. Per me, dunque, questa è una missione, una cosa che viene da Dio. Mi sento molto piccolo dinanzi a questo, ma mi affido al Signore ed anche alla Madonna.

    D. – Perché ha scelto come tema degli esercizi “La luce di Cristo nel cuore della Chiesa, Giovanni Paolo II e la teologia dei Santi”?

    R. - Da tanti anni studio i Santi. Questo tema della santità è da sempre stato al centro di tutta la mia ricerca teologica. I Santi sono i grandi testimoni della santità della Chiesa e dunque, attraverso la loro testimonianza, la loro riflessione, la loro esperienza, risplende la luce di Cristo. Giovanni Paolo II è il Papa della santità e la sua Beatificazione è il riconoscimento ufficiale della sua santità. E’ il Papa che ha proclamato più Santi e Beati. E’ il Pontefice che ha presentato i Santi non solo come esempi di perfezione cristiana, ma anche come teologi nel senso più alto, come conoscitori di Dio. Li ha presentati come portatori, nel mondo di oggi, di questa luce di Cristo.

    D. - Come si svilupperanno le sue meditazioni?

    R. - Già la Tipografia vaticana ha preparato, per i partecipanti, un libretto molto bello ed ha messo sulla copertina un dipinto del Beato Angelico, che rappresenta il girotondo dei Santi. I Santi del cielo si danno la mano l’un l’altro. Per me quest’immagine è l’icona di questi esercizi. Si parte quindi da Giovanni Paolo II: è lui che, nella grazia della sua Beatificazione, guida questo girotondo e dà immediatamente la mano ai due Santi più legati a lui. Innanzitutto a San Luigi Maria Grignion di Montfort, che ha ispirato il suo “Totus Tuus”. Subito dopo dà la mano a Santa Teresa di Lisieux, che Giovanni Paolo II aveva proclamato “Dottore”, esperta della scienza dell’amore. Santa Teresa di Lisieux dà la mano ai due grandi Dottori della scienza della fede, che sono Anselmo e Tommaso, che Giovanni Paolo II citava nella “Fides et Ratio”. Ho voluto anche integrare con due Sante della fine del Medioevo: Santa Caterina da Siena e Santa Giovanna d’Arco che hanno vissuto un momento molto drammatico per il mondo e per la Chiesa. C’erano allora tanti problemi, tante ferite. Ci saranno poi due laiche: la venerabile Concita Armida de Cabrera, una grande mistica, e la Beata Chiara Luce Badano, morta nel 1990, che è anche la prima Beata del Movimento dei Focolari. Finiremo con la Festa di San Giuseppe, il 19 marzo. L’ultima meditazione è proprio dedicata a San Giuseppe, il patrono del Battesimo del Papa. Il girotondo si concluderà con lui.

    D. - Quanto è importante questa sua esperienza per la comunità dei Carmelitani scalzi?

    R. - Questa scelta del Papa di certo mi ha toccato personalmente, ma è stata anche motivo di grande gioia per i miei confratelli. E’ dunque una cosa che viviamo in comunità. Tutto l’Ordine del Carmelo, le Carmelitane, pregano per il Papa ma anche per il predicatore carmelitano. E’ una cosa che coinvolge veramente tutta la famiglia carmelitana.

    D. - Coinvolge tutta la famiglia carmelitana e coinvolge tutta la comunità di fedeli. Cosa augura ai fedeli per questa Quaresima 2011?

    R. - Auguro di prendere una più viva coscienza della loro vocazione alla santità. Troppe volte i fedeli pensano che i Santi siano un po’ come gli extraterrestri, cioè persone senza difetti, mentre invece non è così. I Santi erano persone come noi, con i loro limiti, le proprie ferite, avevano commesso anche loro dei peccati, ma ad un certo punto hanno deciso di seguire Gesù fino in fondo. Questo è ciò che auguro a tutto il popolo di Dio, per prepararsi anche a questo grande avvenimento che sarà davvero un qualcosa di grande per tutti: la Beatificazione di Giovanni Paolo II. Ci si deve preparare prendendo più coscienza della vocazione personale alla santità e facendo dei passi avanti nella preghiera, nella vita cristiana, nella carità verso gli altri. (vv)

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    Il "Gesù di Nazaret" di Benedetto XVI: intervista con il cardinale Ravasi

    ◊   Vasta eco ha suscitato in tutto il mondo la pubblicazione nei giorni scorsi della seconda parte del libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”. In quest'opera il Papa ha ripercorso i Vangeli dall'ingresso in Gerusalemme fino alla Risurrezione cercando di offrire ai lettori il Gesù reale, in un modo che possa essere utile a tutti coloro che vogliono incontrare il Cristo e credergli. Ascoltiamo in proposito la riflessione del presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. – L’espressione “Gesù reale” è veramente significativa, perché non si identifica con il puro e semplice Gesù storico, cioè con il Gesù che è dimostrato attraverso la documentazione storiografica. Il Gesù reale è molto più complesso. Non per nulla il Papa parla esplicitamente della necessità di un’interezza metodologica, cioè di un intreccio tra un’interpretazione che dia tutti i documenti, tutte le conferme, tutte le analisi di tipo storico, ma al tempo stesso consideri che la figura di Gesù ha bisogno anche di un’altra interpretazione, secondo una dimensione più profonda, più intima, più teologica. Questi due approcci differenti devono integrarsi tra di loro. Distinguere i due livelli – il livello storico e il livello teologico – non significa affatto separarli, né contrapporli né meramente giustapporli: si danno proprio in reciprocità. E questa penso sia la grande prospettiva che Benedetto XVI ha adottato per la lettura integrale di questi eventi capitali della vita di Cristo, ma anche della storia della cristianità.

    D. – Qual è il risultato di questa metodologia, che vuole congiungere ermeneutica della fede e della storia?

    R. – Il risultato è innanzitutto a livello globale. Si riesce a capire l’avvenimento della figura di Cristo, della sua parola e delle sue opere nella sua complessità, cioè nella sua totalità. C’è una bella espressione che usa il Papa nell’interno del suo libro: il “Factum est” del prologo di Giovanni vale come categoria cristiana fondamentale. Questa espressione è significativa, perché da un lato c’è il Logos, cioè la divinità, l’eterno, l’infinito, il trascendente, l’assoluto, il divino, che è innestato nell’interno e profondamente innervato nella figura del Gesù storico, il quale però al tempo stesso è “Factum est”, e cioè evento e realtà concreta. La fede, da un lato, ha bisogno certamente del radicamento nella storia. E’ ancora il Papa che dice più o meno quest’idea: se la storicità delle parole e degli avvenimenti essenziali fosse impossibile, in modo non dimostrabile dal punto di vista scientifico, la fede perderebbe il suo fondamento, ma al tempo stesso fa notare che se la certezza di fede si basasse solo su un dato storico, su un accertamento storico-scientifico, non sarebbe più una realtà di fede, sarebbe sempre rivedibile e mutevole secondo le analisi storiografiche.

    D. – Uno dei punti forse più intensi del libro è quello che riguarda la Risurrezione: "senza fede nella Resurrezione – dice il Papa – la fede cristiana è morta"...

    R. – I temi suggestivi sono molti. E’ interessante. Per esempio, prima di arrivare a questo nucleo estremo, fondante per il cristianesimo, che è la Risurrezione, ci sono considerazioni molto interessanti sul tema del futuro: quando tratta il cosiddetto discorso escatologico di Gesù e lo fa – il Papa – sulla base dell’intreccio tra profezia e apocalittica, non si tratta di una descrizione dell’avvenire come ci si potrebbe aspettare da veggenti - dice il Papa - ma è entrare nella visione dell’avvenire che viene offerto; quindi, la Parola di Dio illumina il futuro nel suo significato essenziale, non dà una descrizione. Un altro tema molto interessante che viene sviluppato, sempre in preparazione a questa tappa ultima della Risurrezione, è la lettura della lavanda dei piedi, che è vista – dice – come “sacramentum”, cioè come segno efficace della sua donazione, della donazione di Cristo nella morte, ma anche come “exemplum”, che non è semplicemente l’imitazione dell’umiltà: è l’imitazione di una donazione, di una totale comunione d’amore; oppure anche la rappresentazione della preghiera sacerdotale di Gesù sullo sfondo del rito ebraico del kippur o ancora l’analisi molto accurata tra le due volontà - la volontà divina e l’umana - quando Cristo si trova sull’abisso della morte e vi si avvia come persona che ha in sé la dimensione umana e la dimensione divina. Ma poi, alla fine, c’è evidentemente questo evento in cui storia e fede si intrecciano in maniera radicale, sostanziale; e poi, soprattutto, il Papa esamina le due forme con cui viene presentata la Risurrezione: da una parte il genere della professione di fede e, dall’altra parte, la narrazione. E qui si vede proprio molto bene come sia necessario avere questa duplicità di approccio. La conclusione è molto bella e io direi sarebbe quella da adottare, oltre a quella finale in cui le mani di Cristo si stendono sulla cristianità e sui secoli: è l’ascensione, che è quasi la spiegazione ultima e definitiva della Risurrezione; l’essere innalzato nell’ascensione è un ingresso nell’infinito e nell’eterno di Gesù. E come dice il Papa in maniera molto illuminante, folgorante: l’ascensione non è un andarsene in una zona lontana del cosmo, è invece la vicinanza permanente, propria, dell’eterno e dell’infinito che abbraccia, ingloba in sé il tempo e lo spazio. (ap)

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    Oggi in Primo Piano



    Libia: le truppe di Gheddafi riconquistano Brega. Lega Araba: sì alla no-fly zone

    ◊   La città di Brega è stata "ripulita" dalle “bande di criminali armati”: così la Tv ufficiale libica ha annunciato questa mattina la presa da parte delle truppe fedeli a Muammar Gheddafi della città della Libia orientale, sede di un importante terminal petrolifero. Le operazioni sono state condotte dalle forze armate e dalle tribù locali che hanno respinto gli insorti settanta chilometri più a nord, a soli duecentocinquanta chilometri dalla capitale ribelle Bengasi. intanto la Lega Araba ha dato il via libera ad una no-fly zone nel Paese. Michele Raviart ha fatto il punto della situazione libica con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana.

    R. – L’unica cosa che si può dare per scontata, per certa, di quanto avviene sul terreno libico, è che la rivolta ha perso parte dello slancio iniziale, mentre invece territorio e postazioni sono state riguadagnate dalle truppe leali a Gheddafi. Molto più di questo non si può dire. Si può semmai considerare un altro fatto, e cioè che la sorte della Libia e del potere libico, in questo momento, è assai più nelle mani delle trattative diplomatiche che si svolgono fuori della Libia che non nelle mani di chi combatte e magari muore sul terreno.

    D. – Anche la Lega Araba ha auspicato l’instaurazione di una no-fly zone. E’ possibile questa soluzione?

    R. – Io credo che la soluzione sia possibile, ma che dipenda dagli interessi delle super-potenze, degli organismi internazionali, che, in questo momento, per usare un’espressione brutta e un po’ funerea, sono accalcati attorno al capezzale del regime di Gheddafi. Certamente il pronunciamento della Lega Araba significa che Gheddafi non ha più sponde, è politicamente morto. Per quanto riguarda la no-fly zone, io credo che nel momento in cui la Lega Araba, ma anche la Russia, la Cina, gli Usa soprattutto, che hanno avanzato una forte ipoteca di influenza strategica sul Maghreb, quando questi gruppi di interesse si saranno messi d’accordo e avranno capito cosa significherà un cambio di regime a Tripoli per il mercato del petrolio, dell’energia, per l’influenza geo-strategica, a quel punto la no-fly zone sarà una questione che si risolverà in pochissimo tempo, una questione tecnicamente e militarmente irrisoria.

    D. – E l’Europa cosa può fare in questo momento?

    R. – Io credo che l’Europa possa soprattutto assistere, guardare, osservare, sperare e rimpiangere i troppi vecchi timori sulle orde di profughi, sui fondi sovrani che si sarebbero ritirati. E’ stato chiaro da subito che Gheddafi sarebbe stato mollato da tutti i suoi amici di ieri e che per la Libia, ma comunque per tutto il Maghreb, si è aperta una stagione nuova. In questa stagione nuova l’Europa non ha creduto, ha creduto solo quasi esclusivamente nei propri timori e adesso paga, sconta questa situazione, perché le decisioni, le iniziative più significative vengono prese da altri, e le frasi bellicose di Sarkozy, poi peraltro ritirate, i pronunciamenti di Van Rompuy, di Barroso negli ultimi giorni sono sembrati soprattutto il tentativo di chi è stato staccato dal gruppo di testa e cerca disperatamente di rimontare.

    D. – In queste ore la città di Brega è stata ripresa dalle truppe del regime...

    R. – Non è tecnicamente incredibile che le truppe lealiste di Gheddafi, che hanno sicuramente più armi, più mezzi e più soldi da spendere anche in arsenali, possano recuperare parte anche significativa del terreno perduto. Ma ripeto: il dato è che Gheddafi è politicamente morto e questa è la sua agonia, un’agonia che certo lui può prolungare di molto, renderla molto più difficile e sanguinosa per tutti, ma sempre tale rimane. (ap)

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    La Caritas romana: integrare i rom, no a segregazione o emarginazione

    ◊   Ad oltre un mese dalla morte, a causa di un incendio, di quattro fratellini rom che vivevano in un campo nomadi della capitale, mentre un altro piccolo era morto ad agosto, si è tenuta giovedì scorso una seduta straordinaria dell’amministrazione capitolina, per decidere i prossimi passi di attuazione del piano nomadi di Roma. Anche il cardinale vicario Agostino Vallini, nei giorni scorsi, ha incontrato le associazioni che in diocesi lavorano accanto a queste persone: sette, ottomila in tutto. Tante erano state le promesse fatte alla comunità dei rom, all’indomani di quelle tragedia. Ma che cosa si sta facendo ora in concreto, per dare una risposta positiva alle loro necessità? Adriana Masotti lo ha chiesto a mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas romana:

    R. – Piccoli passi sono stati realizzati: è arrivato proprio poco fa un messaggio per dire che uno dei campi nati spontaneamente è stato chiuso e le persone sono state portate in Via Salaria. Credo però che il problema dei rom debba essere affrontato con una prospettiva a lunga scadenza. Non possiamo intervenire solamente tamponando le situazioni. Certo le situazioni che abbiamo attorno a Roma sono di enorme ed estremo disagio, ma se non si ha però una progettualità a lunga scadenza, forse, noi non riusciremo mai a risolvere questo problema, avendo la coscienza che questo gruppo umano è molto complesso e vario.

    D. – Che cosa allora prevede il piano che il Comune di Roma ha a lungo studiato ed elaborato?

    R. – L’altro giorno c’è stato un consiglio comunale speciale. Il sindaco ha detto che abbiamo sette campi autorizzati, undici tollerati e 90 mini campi abusivi. Il totale è sulle settemila, ottomila persone. La logica è, dunque, quella di costruire campi attrezzati, che possano forse rappresentare una prima risposta immediata. Non vorrei però che, accettando i campi attrezzati, si accetti la logica dei campi per avvalorare l’idea che i rom siano persone pericolose e quindi debbano essere messe in certi ambienti per tutelare la sicurezza della nostra città. Questa è la logica che dobbiamo cercare di far superare. Bisogna offrire una reale accoglienza, non una segregazione o emarginazione.

    D. – Quale potrebbe essere la proposta diversa, l’ottica diversa nell’accoglienza dei nomadi...

    R. – Io credo che ci debba essere innanzitutto un’accoglienza del territorio, innanzitutto la comunità cristiana: un intervento presso tutte le comunità parrocchiali, per sensibilizzare, per informare, per superare l’indifferenza, la diffidenza. Poi è necessario cercare di portare queste persone verso una ricerca di lavoro, di integrazione con la società. Sono settemila, ottomila persone su tre milioni. E’ possibile che questa società non abbia la capacità di dare un percorso per risolvere i problemi di questo gruppo? Per esempio, costruire un villaggio interculturale. Io l’ho visto in una parrocchia di Roma: ci sono famiglie rom, famiglie di immigrati e ci sono famiglie italiane in case fatte in legno, dove poi ogni famiglia ha un tutor che li accompagna, avendo bisogno di essere accompagnate. E’ mai possibile che non si possano trovare delle persone che accompagnino i ragazzi nella crescita culturale? I docenti non potrebbero essere preparati, almeno avere un’esperienza della cultura rom? Queste sono le riflessioni che dovremmo fare noi comunità cristiana e anche noi comunità civile.

    D. – Queste riflessioni voi riuscite a dirle anche all’amministrazione, a chi poi deve decidere?

    R. – Sì, vorrei sottolineare anche la sensibilità del cardinale vicario, che ci diceva: “Noi dobbiamo intervenire!” E ha già individuato un gruppo di persone all’interno dell’attività pastorale. Poi noi dobbiamo cercare lavoro per queste persone con le cooperative. Se noi riuscissimo a trovare anche una soluzione abitativa... Quindi, ci stiamo sforzando per dare una risposta. Lei mi ha chiesto se ho esposto queste mie idee e sì ne ho parlato con il sindaco. Mi sembrava che acconsentisse a queste proposte. E’ necessario poi dopo arrivare ad una concretizzazione delle idee nei fatti e questo mi auguro e spero possa avvenire in futuro.(ap)

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    Pubblicato il libro “Presenza” di padre Chiera, da oltre 30 anni al fianco dei meninos de rua

    ◊   E’ stato pubblicato in questi giorni, per i tipi della Jaca Book, il volume “Presenza” di padre Renato Chiera, sacerdote fidei donum, fondatore della “Casa do Menor” di Rio de Janeiro. Nel libro, padre Chiera racconta la sua esperienza ultratrentennale con i ragazzi delle favelas brasiliane e propone una “pedagogia della presenza” per restituire, ai bambini esclusi, la capacità di amare e di essere amati. In questa intervista di Alessandro Gisotti, padre Renato Chiera si sofferma sul messaggio che ha voluto offrire con questo libro:

    R. – Il messaggio più forte è che la più grande tragedia è non essere figli, non è essere poveri! Io lavoro con ragazzi che sono poveri di tutto, ma vedo che la povertà materiale, anche se non è bella, non è niente in confronto al non sentirsi amati, al non sentirsi figli. Allora ho captato una cosa, che vale per il Brasile, ma vale per tutto il mondo: la prima esperienza che un essere umano fa è essere figlio, cioè avere qualcuno che gratuitamente ci ama, ci accoglie e c’è: ecco la presenza! E’ lì per me!

    D. – In questo libro si parla anche di una pedagogia della presenza: di che cosa si tratta?

    R. – Il cammino per il recupero dei nostri ragazzi – ragazzi di strada, meninos de rua nel narcotraffico, nella violenza – il nostro recupero è questo: il loro grande problema, il grande vuoto che si è aperto in loro è il vuoto provocato dal fatto che non sono amati da nessuno, che non si sentono figli. Quindi, non hanno presenza. E’ l’assenza di una presenza fondamentale, che è quella che mi fa sentire amato. Ma se questa è la causa di tutti i disastri di questi ragazzi, noi vogliamo essere presenza per loro. E se noi siamo presenza – noi educatori, noi mamme sociali, noi “Casa do menor” – siamo una presenza comunitaria, possiamo recuperarli. Se non c’è questa presenza che è amore, che è come luce, che è come acqua che fa crescere, se non c’è questa presenza, non si cresce in forma armoniosa. Ecco il disagio giovanile …

    D. – Questo libro solo apparentemente sembra parlare di un mondo lontano. In realtà, è utile anche per i genitori ed i figli dei Paesi ricchi economicamente, ma a volte poveri d’amore …

    R. – Certamente! Qui, i nostri ragazzi possono essere ingannati dalle cose. I genitori, nel mondo del consumismo, danno tante cose e credono che così il ragazzo debba essere felice. Ma le cose non sostituiscono la persona. In Europa, vediamo tante persone, tanti genitori che si fanno in quattro per riempire i loro figli di “cose”: figli sempre più poveri di presenza. Il nostro lavoro in Brasile non è solo un lavoro sociale, non è un lavoro sociale. Noi vogliamo fare evangelizzazione in questa forma: annunciare ai ragazzi che hanno una presenza – la nostra; sono amati, sono figli attraverso di noi; ma che hanno anche un’altra Presenza: quella del Padre. Io sono felice quando i ragazzi mi dicono: “Ma Dio mi ama come te?”, io rispondo: “Molto di più!!”. (gf)

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    Chiesa e Società



    Allarme della Fao: sicurezza alimentare a rischio in Libia

    ◊   La crisi in Libia minaccia la sicurezza alimentare del Paese e della regione. È l’allarme lanciato dalla Fao, che in un comunicato sottolinea come la situazione attuale possa portare ad un crollo del mercato alimentre e del sistema di distribuzione interna, a causa della forte dipendenza della regione dalle importazioni di cereali. “L'esaurimento delle scorte alimentari e la perdita di manodopera rurale, sono tutti fattori che nel lungo termine potrebbero compromettere seriamente la sicurezza alimentare", ha affermato Daniele Donati, capo del servizio delle operazioni di emergenza della Fao. Al fine di superare l’emergenza, la Fao ha in programma di distribuire semi di ortaggi nelle periferie urbane e nelle zone costiere, con l’obiettivo di incrementare il consumo di alimenti freschi e l’assunzione di sostanze nutritive fondamentali per l’organismo. L’agenzia dell’Onu ha inoltre chiesto un sostegno per garantire un'efficace sorveglianza delle malattie animali e del patrimonio zootecnico. I dati provenienti dalla Libia sulla sicurezza alimentare rimangono frammentati e non confermati, si legge nel comunicato. A tal fine la Fao auspica un attento monitoraggio sullo stato delle riserve alimentari e sul prezzo internazionale del grano. Data la dipendenza dalle importazioni, ulteriori aumenti dei prezzi nel mercato internazionale avrebbero infatti un impatto devastante sulle fasce di popolazione più vulnerabile. In Libia, la produzione interna di seminativi si concentra principalmente nei pressi di Bengasi e di Tripoli. (M. R.)

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    Svizzera. La Chiesa promuove il “Dies Iudaicus” per dire no all'antisemitismo

    ◊   “Sono irrevocabili i doni e la chiamata”. Queste parole di San Paolo sono il tema del secondo “Dies iudaicus”, la giornata dedicata al popolo ebraico dalla Chiesa cattolica in Svizzera, che si celebrerà domenica 20 marzo.“Questa giornata”, spiega all’agenzia SIR monsignor Vitus Huonder, vescovo di Coira e delegato della Conferenza episcopale nella commissione di dialogo tra ebraici e cattolici della Svizzera, “persegue un duplice obiettivo: dapprima, ricordare le radici ebraiche della fede cristiana e, in secondo luogo, rendere i cristiani consapevoli dei particolari rapporti tra loro e il popolo ebraico”. Alla luce dell’intolleranza dilagante negli ultimi anni, il presule afferma che “la Chiesa nel nostro Paese si sente indotta a ricordare i suoi legami e la sua solidarietà con il popolo ebraico” e condanna energicamente “gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo”. Monisgnor Huonder invita poi alla pace, alla conciliazione e al rispetto di ogni uomo, in modo che “divergenze politiche e prese di posizione non conducano a condanne generiche e ancora meno a una propaganda ideologica nel nostro Paese”. (M. R.)

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    Provincia salesiana della Cina: grande attesa per l’arrivo delle reliquie di Don Bosco

    ◊   Fervono i preparativi nella Provincia salesiana della Cina (che comprende Cina, Hong Kong, Macao, Taiwan) per accogliere le reliquie del suo fondatore, don Giovanni Bosco. I sacri resti sono attualmente in pellegrinaggio per tutto il mondo in preparazione del 2015, data del bicentenario della nascita di don Bosco. Le reliquie, ovvero un osso del metacarpo della mano destra del Santo, arriveranno ad Hong Kong il 25 marzo, quindi si sposteranno a Macao il 2 aprile per arrivare, il 7 aprile, a Taipei. Ad accoglierle saranno tutte le scuole ed i conventi salesiani della regione. La speranza, dice don Simon Lam Chung-wai, rettore della Provincia salesiana della Cina, è che questo avvenimento aiuti molti giovani a scegliere la vita consacrata e rafforzi la missione educativa propria dei salesiani. “Le scuole cattoliche – continua il religioso – sono il posto migliore per far maturare le vocazioni, ma ormai scarseggiano i punti di riferimento, poiché i sacerdoti e le suore sono sempre meno”. Allo stesso modo, conclude don Chung-wai, “il numero degli insegnanti cattolici è troppo esiguo”. Il pellegrinaggio delle reliquie di don Bosco, che raggiungerà i cinque continenti, percorrendo tutte le nazioni in cui sono presenti i salesiani, è un’iniziativa voluta dal Rettore Maggiore della Congregazione, don Pascual Chávez Villanueva. Partite da Valdocco, vicino Torino, il 25 aprile del 2009, le reliquie viaggeranno fino al 31 gennaio 2014. (I.P.)

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    Trento: giornata ecumenica internazionale dedicata a Chiara Lubich

    ◊   Un simposio articolato con approfondimenti, intermezzi musicali e decine di testimonianze orientate e generate da un intento planetario di accoglienza e riconciliazione tra credenti in Cristo, appartenenti a diverse Chiese cristiane. È stato questo il clima ieri sera a Trento, nella giornata ecumenica internazionale dedicata a Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari scomparsa tre anni fa. Un dialogo ecumenico, quello vissuto e proposto da Chiara Lubich, che diventa un dialogo del popolo, un dialogo della vita, non un ecumenismo del cuore o della dottrina, conferma Gabriella Fallacara del Centro Uno dei Focolari, ma un unico cammino verso l’unità, anche se può avere sviluppi diversi. Un ecumenismo nutrito – aggiunge il vescovo anglicano Robin Schmidt – dall’amore reciproco. Già siamo uniti a Cristo per il battesimo, per la Sacra Scrittura, per lo Spirito Santo, per il credo apostolico, per la preghiera, ma non basta: occorre amare, occorre costruire Gesù in mezzo, nell’amore vicendevole, dove amare secondo la Lubich significa sapere ascoltare, saper mettersi nei panni dell’altro, sapere accogliere e condividere, sapere riconciliarsi con l’altro. A questo punto, puntualizza il cardinale cattolico Miloslav Vlk, per vivere l’unità occorre seguire ed imitare Gesù crocifisso, è Lui che ha riempito e riempie i traumi vuoti, le divisioni. Le divisioni tra i cristiani - sottolinea il cardinale Kurt Koch – presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani - devono essere diagnosticate come una lacerazione di ciò che per natura è indivisibile, cioè il corpo di Cristo. E’ urgente perciò – continua – che tutti i cristiani recepiscano nuovamente l’unità come connaturale al loro stato di vita di fede. Uniti a Trento nel ricordo di Chiara Lubich – a detta del metropolita ortodosso di Italia e di Malta, Gennadios Zervós - centinaia di persone appartenenti a diverse Chiese cristiane lo hanno testimoniato. (Da Trento, Mariangela Brunet)

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    In uscita una nuova guida sui santuari in Terra Santa

    ◊   Accompagnare il pellegrino nella visita ai principali santuari della Terra Santa. È quanto si propone il volume “Sulle orme di Gesù, guida ai santuari di Terra Santa”, l’ultima iniziativa editoriale delle edizioni Terra Santa, il centro editoriale della Custodia di Terra Santa in Italia. Il libro, riferisce l’agenzia SIR, sarà in uscita entro la fine di marzo e conterrà in 168 pagine le schede dei principali santuari (Acri, Ain Karem, Beit Sahur, Betania, Betfage, Betlemme, Cafarnao, Cana, Emmaus, Gerusalemme, Giaffa, Monte Tabor, Naim, Nazaret, Tabgha e Tiberiade). Di ogni santuario saranno riportati la lettura biblica di riferimento, appunti dalla tradizione storica legata al luogo, la cartina archeologica per orientarsi e per ripercorrere le fasi storiche, una proposta di preghiera da celebrare durante la visita, immagini a colori o antiche stampe, gli orari di apertura e i recapiti. Completeranno il volume due cartine fuori testo, per localizzare i santuari a Gerusalemme e nel resto del paese. La guida sarà in vendita al prezzo di 11 euro. (M. R.)

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    Gmg 2011: parte un concorso fotografico dedicato alla disabilità nella Chiesa

    ◊   “La disabilità nella vita della Chiesa” è il tema del concorso fotografico che, in occasione della Gmg 2011, si propone di mostrare come le persone disabili siano un pilastro imprescindibile della Chiesa e una parte fondamentale della sua vita attiva, al pari di tutti gli altri credenti. Juan Ramón Jiménez, coordinatore del concorso e membro dell’équipe della disabilità della Gmg, ha spiegato all’agenzia SIR che “l’obiettivo del concorso è quello di promuovere una visione ‘normalizzata’ della disabilità mediante immagini positive che permettano la riflessione, la conoscenza e l’identificazione della Chiesa con il mondo della disabilità e viceversa”. La competizione è rivolta a tutti i giovani iscritti alla Giornata di Madrid compresi tra i 16 e i 35 anni di età. Ogni fotografo potrà presentare fino a cinque fotografie, accompagnate da un titolo o un tema che le descriva. Le immagini vincitrici si decideranno mediante una prima votazione realizzata attraverso il sito web del concorso, che terminerà il 15 maggio. Le 25 foto giudicate più creative e interessanti verranno esposte durante la Gmg nel tendone “Disabili per amore”, dedicato al contributo dei disabili alla Chiesa in tutto il mondo. (M. R.)

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    Nuove iniziative online per la Gmg 2011 di Madrid

    ◊   Magliette, cappelli, borse per computer portatili, mouse, portachiavi o un libro con le storie di coloro che hanno partecipato a una delle venticinque Gmg già celebrate finora. Sono alcuni dei prodotti ufficiali delle Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid già in vendita online sul “Gmg Store”. “Il progetto del negozio online della Gmg nasce dalle molte richieste che abbiamo ricevuto dai giovani di tutto il mondo che vogliono un ricordo della Giornata mondiale”, afferma all’agenzia SIR, Anne Merche Muñoz, responsabile del sito, “sia perché essi non potranno partecipare, sia perché vogliono sentirsi parte attiva dell’incontro durante i mesi precedenti". Il “Gmg Store” lavora con più di 20 aziende spagnole e istituzioni senza scopo di lucro tra le quali un progetto della Caritas a sostegno delle donne in situazioni di esclusione sociale; la Fondazione Giovanni XXIII, il cui lavoro è migliorare la qualità della vita degli adulti con disabilità intellettiva; la Fondazione Summa Humanitate e la ong “1 chilo di aiuti per l'istruzione”. Nei prossimi mesi saranno messi in vendita fino a 40 prodotti differenti, il cui costo varia da 1 a 30 euro. Parte dei prodotti in vendita è stata scelta dalle preferenze che i giovani hanno espresso in un forum su Facebook. (M. R.)

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    Cile: un video lancia la nuova campagna pastorale missionaria

    ◊   Il 2011 in Cile è l'anno della comunione missionaria e la Commissione per la Missione Continentale in Cile ha preparato un video e altro materiale audiovisivo per lanciare la campagna per il nuovo anno pastorale. Il materiale, riferisce l’Agenzia Fides, mostra la realtà ecclesiale cilena, che sta vivendo un momento di rinnovamento dopo la conferenza di Aparecida del 2007. Nel filmato, che viene offerto alle assemblee diocesane, alle parrocchie e ai gruppi missionari, vengono riportate le esperienze dei discepoli missionari laici impegnati nel nord e nel sud del paese e le testimonianze di pastori come mons. Ricardo Ezzati, presidente della Conferenza Episcopale e arcivescovo di Santiago; mons. Cristián Precht, coordinatore della missione continentale, e mons. Santiago Silva, vescovo incaricato del processo missionario. Particolarmente significativo nel video è l'incontro con Cristo della famiglia di Florencio Avalos, uno dei minatori che ha vissuto la tragedia dello scorso anno, il quale si era affidato in modo speciale alla fede in Gesù e all'amore per la moglie e per il figlio. Commovente anche la storia di padre Arturo Mancilla, sacerdote particolarmente convinto della necessità della missione continentale, che afferma: "E' urgente che Cristo sia conosciuto, e voglio consumarmi perché questo possa accadere" (M. R.)

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    Spagna: aumento delle vocazioni in attesa della “Giornata del Seminario”

    ◊   Il sacerdote, dono di Dio per il mondo” è il tema scelto dalla Chiesa spagnola per la prossima Giornata del Seminario, che si celebrerà il 19 marzo, memoria liturgica di San Giuseppe. In una nota diffusa per l’occasione, i vescovi spagnoli motivano la scelta del tema con “la certezza che oggi il sacerdote rappresenta per il mondo un’azione di Dio, in cui si riflette la sua predilezione ed il suo amore per gli uomini”. “In un’epoca di incertezza – si legge nel documento – sembra più necessario che mai prolungare la scia di tanti sacerdoti del passato che sono stati la ‘chiave’ del rinnovamento spirituale e sociale del mondo, attraverso epoche e Paesi differenti”. Ed in particolare, la Chiesa iberica richiama alla memoria la figura di San Giovanni d’Avila, patrono del clero secolare spagnolo. Per il 19 marzo è stato preparato anche un manifesto in cui si vede l’immagine di Cristo composta, a mo’ di mosaico, da tante fotografie di seminaristi e sacerdoti che operano in tutto il mondo. Un manifesto particolarmente simbolico, poiché “l’immagine di Cristo, che si rivela in tutta la sua bellezza quando si osserva il manifesto da lontano, esprime in maniera suggestiva ed evocatrice ciò che il tema della Giornata dice a parole, cioè che il sacerdote, altro Cristo, è un dono di Dio per il mondo”. Indetta in Spagna per la prima volta nel 1935, la Giornata del Seminario ha l’obiettivo di sensibilizzare la società civile e le comunità cristiane per suscitare nuove vocazioni. Le premesse, intanto, sembrano favorevoli: nell’ultimo anno, in tutta la nazione iberica, il numero dei seminaristi è aumentato del 14,83%. Nello specifico, si è passati da 141 unità del 2009 al 162 del 2010. Il numero totale dei seminaristi in Spagna, quindi, per l’anno 2010-2011, è di 1.227. (I.P.)

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    Pompei: domani la terza edizione del premio “Bartolo Longo alla carità"

    ◊   Si svolgerà domani a Pompei l’assegnazione del premio “Bartolo Longo alla carità”, riconoscimento intitolato al fondatore del santuario della città mariana, quest’anno giunto alla terza edizione. Il premio è ideato e promosso dall’associazione onlus “la carità genera carità”, presieduta da don Giovanni Russo, delegato per la pastorale giovanile diocesana. “Sono ormai tre anni”, ha sottolineato don Russo in un comunicato, “che con questa iniziativa vogliamo tenere sempre vivo il ricordo e l’esempio di operosa carità del Beato Bartolo Longo, i cui beneficiari privilegiati sono stati i più poveri, gli indifesi e soprattutto i piccoli”. Gran parte del ricavato della cerimonia, sarà, infatti, devoluto ad Aurele, una bambina ivoriana affetta da sordità, venuta in Italia per sottoporsi ad un intervento chirurgico per l’impianto dell’orecchio bionico, mentre un’altra parte sarà utilizzata per dare ad alcuni ragazzi della diocesi di Pompei la possibilità di partecipare ad un campo-lavoro in Africa, dove avranno occasione di conoscere ed operare in una realtà molto diversa dalla loro, esplorando le difficoltà, le povertà e i gravi disagi del popolo africano. Durante la cerimonia, che si terrà come ogni anno presso il teatro “Di Costanzo-Mattiello” e che sarà presieduta dall’arcivescovo di Pompei Carlo Liberati, saranno premiati esponenti del mondo della cultura, dell’associazionismo, dello sport e dello spettacolo. (M. R.)

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    24 Ore nel Mondo



    Yemen: nuova giornata di scontri tra polizia e manifestanti, un morto

    ◊   Nello Yemen, una persona è morta e almeno 19 sono rimaste ferite nel corso dell’ennesima giornata di scontri, oggi, a Sana’a, dove i manifestanti hanno innalzato barricate contro la polizia all’esterno dell’università, luogo simbolo della protesta antigovernativa. Intanto sale a 7 il bilancio delle vittime dei disordini di ieri in diverse città del Paese. Nonostante le forze dell’ordine abbiano aperto il fuoco e lanciato gas sulla folla, i contestatori non si sono arresi e hanno tentato di dare alle fiamme un posto di polizia nella città meridionale di Aden. Il segretario generale dell’Onu, Ban-ki-moon si è detto “preoccupato per l’eccessivo uso della forza” da parte delle autorità e ha invitato governo e opposizione ad avviare un dialogo.

    Bahrein
    La polizia ha iniziato oggi a lanciare lacrimogeni sulla folla accampata in piazza delle Perle, al centro di Manama, e contro un’altra manifestazione che le forze dell’ordine non sono riuscite a bloccare, nella quale sono rimasti feriti otto agenti. Molte le persone ricoverate in ospedale. Le proteste antigovernative, iniziate nel Paese il 14 febbraio, si erano riaccese ieri con una manifestazione cui hanno partecipato migliaia di persone nei pressi di palazzo Safriya.

    Arabia Saudita
    Si normalizza la situazione in Arabia Saudita: il ministro dell’Interno, principe Nayef ben Abdel Aziz, ha ringraziato pubblicamente il popolo per non essere sceso in piazza nei giorni scorsi, quando, in molte città, erano state annunciate manifestazioni per la “giornata della collera”. “Il popolo ha provato al mondo intero di essere solidale con la sua dirigenza”, ha detto il ministro.

    Israele – Cisgiordania
    Il premier Netanyahu ha annunciato la costruzione di 500 nuovi nuclei abitativi destinati a coloni ebrei nella Cisgiordania occupata. È questa la prima reazione del governo israeliano alla strage di una famiglia ebrea avvenuta ieri per mano di un palestinese che non è ancora stato individuato, mentre tra gli investigatori si fa strada l’ipotesi che i killer siano più di uno. Intanto oggi l’esercito di Israele resta dislocato in forze in Cisgiordania perché si temono reazioni alla notizia della costruzione dei nuovi alloggi, immediatamente condannata dall’Anp come “sbagliata e inaccettabile”.

    Libano
    Circa 300mila persone provenienti dalle aree cristiane e sunnite del Paese si sono radunate in piazza dei Martiri a Beirut per dare vita a una grande manifestazione per chiedere il disarmo del movimento sciita Hezbollah presente in Libano, accusato di essere al servizio dell’Iran. Al megaraduno convocato dalla coalizione di governo sostenuta da Stati Uniti e Lega Araba, ha parlato il premier uscente Saad Hariri: “Vogliamo un Libano dove nessuno al di sopra dello Stato abbia il monopolio delle armi”.

    Pakistan
    Quattro persone sono morte oggi nel corso di un attacco missilistico americano contro miliziani armati nel Waziristan del sud: i missili hanno centrato un veicolo nella zona di Azam Warsak.

    Cina
    Si è conclusa oggi la Conferenza politica consultiva della Commissione nazionale del popolo cinese, alla presenza dei vertici dello Stato e sotto la direzione del Partito Comunista. La Conferenza è il più alto organo consultivo politico del Paese e nel corso di essa sono stati presentati molti progetti per il piano quinquennale di sviluppo sociale ed economico: in particolare sono state avanzate proposte per ottimizzare la struttura economica, contenere l'inflazione, dare una spinta ulteriore all'economia, promuovere lo sviluppo dell'agricoltura ed effettuare riforme fiscali e finanziarie.

    Sudan
    È di almeno 30 morti il bilancio delle vittime degli scontri avvenuti ieri nella città di Malakal fra le truppe regolari del sud Sudan e un gruppo di miliziani del comandante Ulony, fedele a Khartoum. In seguito all’offensiva il governo del sud Sudan ha accusato il presidente del nord di complottare contro il suo rovesciamento per impedire la secessione prevista per il 9 luglio prossimo, dopo il sì all’indipendenza sancito dal referendum popolare del gennaio scorso.

    Costa d’Avorio
    I militari fedeli al presidente uscente ivoriano Laurent Gbagbo sono pronti al lancio di un'offensiva nella capitale Abidjan contro le postazioni dell'avversario Alassane Ouattara, riconosciuto dalla comunità internazionale il vincitore delle elezioni del novembre scorso, e con il quale si è schierata la maggioranza della popolazione. Ieri i militari, che si fronteggiano da oltre tre mesi con gli oppositori, hanno lanciato un assalto nel quartiere di Abobo, alla periferia della città.

    Usa – schianto bus
    La polizia di New York sta dando la caccia al tir che ieri all’alba ha urtato un autobus causando il gravissimo incidente nel Bronx in cui hanno perso la vita 15 persone, mentre 19 passeggeri sono rimasti feriti, sei in modo grave. Il bus stava rientrando dal Connecticut dopo una serata passata in un casinò.
    (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 72


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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.