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Sommario del 28/05/2011
Il Papa alla Congregazione mariana di Ratisbona: essere cattolici significa essere mariani
◊ Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, in Vaticano alcuni membri della Congregazione mariana maschile di Ratisbona. Un’udienza che ha offerto al Papa l’occasione di soffermarsi sul suo profondo legame con Maria. Il Papa ha ricordato che, all’età di 14 anni, fu accolto dalla Congregazione negli anni bui in cui Hitler dominava su gran parte dell’Europa e sembrava in forse il futuro del Cristianesimo nel continente. Quindi, si è soffermato sulla figura di Maria, “la grande credente” che ci indica la via del Signore ed ha affermato: “Essere cattolici significa essere mariani”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un incontro nel segno di Maria, contraddistinto da toccanti ricordi personali. Benedetto XVI ha rammentato innanzitutto in quale contesto, 70 anni fa, fu accolto dalla Congregazione mariana di Traunstein. Erano “tempi bui”, ha rammentato, “c’era la guerra”.
"Hitler hatte hintereinander Polen, Dänemark..."
Hitler, ha detto il Papa, “aveva sottomesso uno dopo l’altro la Polonia, la Danimarca, gli Stati del Benelux, la Francia” e proprio in questo periodo, 70 anni fa, aveva occupato la Jugoslavia e la Grecia. “Sembrava – ha osservato il Pontefice – che il continente fosse nelle mani di questo potere che poneva in forse il futuro del cristianesimo”. Ha così confidato che, poco dopo essere stato accolto in seminario, era iniziata la guerra contro la Russia e dunque la Congregazione era stata “dispersa ai quattro venti”. Essa, ha affermato, è però scomparsa solo esteriormente, ma è rimasta “come data interiore della vita”. E ciò, ha ribadito Benedetto XVI, “perché da sempre è stato chiaro che la cattolicità non può esistere senza un atteggiamento mariano, che essere cattolici significa essere mariani, che l’amore per la Madre significa che nella Madre e per la Madre troviamo il Signore”. Proseguendo sul filo dei ricordi, il Papa ha quindi rivelato che dopo la guerra, “la mariologia che si insegnava nelle università tedesche era un po’ aspra e sobria”. Una situazione, ha aggiunto, che credo “non sia cambiata molto”. Ma ha poi indicato quale è l’essenziale quando ci riferiamo a Maria: la sua fede.
"Selig, die du geglaubt hast!..."
“Beata te che hai creduto!”, con le parole di Elisabetta il Papa ha sottolineato che Maria “è la grande credente”, “ha concretizzato la fede di Abramo nella fede in Gesù Cristo, indicando così a noi tutti la via della fede”. Maria, ha soggiunto, “ci ha indicato il coraggio di affidarci a quel Dio che si dà nelle nostre mani, la gioia di essere suoi testimoni”. Né ha mancato di riferirsi alla “determinazione” della Madre “a rimanere salda quando tutti sono fuggiti”, il suo “coraggio di stare dalla parte del Signore quando egli sembrava perduto e proprio così rendere quella testimonianza che ha portato alla Pasqua”.
Il Papa ha affermato che, specie durante le visite “ad limina” dei vescovi, ha potuto sperimentare come le persone si affidino a Maria, la amino e attraverso di Lei “imparano a conoscere, a comprendere e ad amare Cristo”. Imparano, ha detto ancora, a capire che Maria continua “ a mettere al mondo il Signore”, a portare Cristo nel mondo. Il Papa si è infine compiaciuto di sentire che ancora oggi, nella sua Baviera, ci sono 40 mila persone che fanno parte di Congregazioni mariane che “rendono testimonianza al Signore nelle ore difficili e in quelle felici”. Con questa testimonianza, ha concluso il Papa, dimostrate che “la fede non appartiene al passato, ma che sempre apre ad un oggi” e “soprattutto ad un domani”.
◊ Stamani il Papa ha ricevuto anche il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; alcuni presuli della Conferenza Episcopale dell'India, in visita "ad Limina"; mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vescovo tit. di Tabuda, vicario apostolico di Tripoli. Nel pomeriggio riceve il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Svizzera e nel Principato di Liechtenstein mons. Diego Causero, arcivescovo titolare di Grado, finora nunzio apostolico nella Repubblica Ceca.
Quindi, ha nominato sotto-segretario della Congregazione per il Clero mons. Antonio Neri, finora aiutante di Studio nel medesimo Dicastero.
Infine, ha nominato membri della Congregazione per i Vescovi il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, e mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo emerito di Viterbo.
Dio non ci abbandona mai: così il Papa al concerto in Vaticano offerto dal presidente dell'Ungheria
◊ “Un artista veramente europeo, uno dei maggiori pianisti di tutti i tempi”. Benedetto XVI ha parlato così di Ferenc Liszt in occasione del concerto che il presidente della Repubblica d’Ungheria Pál Schmitt ha offerto al Papa ieri sera in Vaticano in occasione della presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea e del bicentenario della nascita del compositore. Presenti vari esponenti del governo ungherese, tra i quali il premier Viktor Orban. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Un momento in cui il cuore è stato invitato ad innalzarsi all’altezza di Dio. Benedetto XVI ha salutato così il concerto eseguito per lui dall’Orchestra Filarmonica Ungherese, dal Gruppo Corale Nazionale e dal tenore István Horváth. Ad aprire tre composizioni di Listz rielaborate dal maestro e direttore d’orchestra Zoltan Kocsis: la marcia festiva per l’anniversario della nascita di Goethe, la Valle di Obermann e l’Ave Maria, brani in cui nella loro diversità timbrica, archi, fiati, legni, ottoni, si armonizzano suscitando in chi ascolta – ha rilevato il Papa - una vasta gamma di sentimenti: dalla gioia alla festosità, dalla marcia alla pensosità, fino all’orazione. A seguire l’esecuzione del Salmo 13 di Liszt:
“Il grande musicista ungherese l’ha più pregato che composto, o meglio l’ha pregato prima di comporlo”.
Il Salmo fu infatti composto durante un periodo di intensa riflessione spirituale del compositore ungherese del 19.mo secolo che – ha ricordato il Papa – ricevette gli ordini minori. L’orante è assediato dal nemico e Dio sembra assente. La preghiera è angosciosa: “Her wie Lange? Fino a quando Signore? Ripete il Salmista in modo quasi martellante:
"Ma Dio non abbandona. Il salmista lo sa e anche Liszt, da uomo di fede, lo sa. Dall’angoscia nasce una supplica piena di fiducia che sfocia nella gioia".
La musica si trasforma, ha proseguito il Papa, in un “inno di pieno affidamento a Dio, che mai tradisce, mai si dimentica, mai ci lascia soli”.
Convegno sull'Aids in Vaticano: gli interventi dei cardinali Bertone e Zimowski
◊ Attraverso l’impegno nella lotta all’AIDS, nella duplice dimensione della formazione delle coscienze e dell’offerta di cure mediche accessibili e strutture sanitarie avanzate, “la Chiesa rinnova il gesto del Buon Samaritano, di piegarsi sul fratello colpito e ferito nella carne, per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Così il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, aprendo ieri i lavori del Convegno “La Centralità della persona nella prevenzione e nel trattamento dell’HIV/AIDS: esplorando le nuove frontiere”, promosso dalla Fondazione Il Buon Samaritano, fondata dal Beato Giovanni Paolo II, presso il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Il cardinale Bertone ha portato il saluto del Papa che ha assicurato la sua vicinanza e incoraggiato ad approfondire la riflessione per favorire un impegno sempre più efficace nella lotta all’AIDS. Claudia Di Lorenzi:
L’opera di assistenza della Chiesa Cattolica ai malati di AIDS muove “fin dal primo manifestarsi” della malattia, anche grazie alla presenza capillare delle strutture sanitarie cattoliche nelle regioni più colpite. Ma l’offerta di cure mediche si accompagna alla costruzione di un “capitale invisibile” che risiede nell’”educazione al superamento dei pregiudizi”, la presa di coscienza del contributo che le persone malate “possono dare alla società, la possibilità di dare un senso alla loro sofferenza”. Aprendo i lavori del convegno che ha riunito a Roma i maggiori esperti a livello mondiale sul tema dell’AIDS, il cardinale Bertone ha evidenziato come ad oggi la centralità della cura della persona sia un obiettivo ancora da realizzare ed ha ricordato il contributo della Chiesa nella lotta al terribile morbo. Un contributo - ha detto mons. Zygmunt Zimowski, presidente del dicastero vaticano, citando il Beato Giovanni Paolo II in apertura della giornata odierna - conforme all’insegnamento antropologico e morale della Chiesa, che muove da una “visione costruttiva della dignità della persona umana e del suo trascendente destino”. L'etica centrata sulla persona – ha evidenziato il presule – invita a focalizzare l'attenzione non solo sull'efficacia a breve termine di un metodo ma sulla risonanza che questo avrà sulla persona e sulla sua crescita umana: “lo scopo non sarà soltanto quello di evitare l'infezione, ma anche quello di adottare uno stile di vita che, permettendo di evitare l'infezione, promuoverà la persona e proteggerà il suo bene totale”, per portarla a “scoprire tutto l'orizzonte della propria grandezza”. Rispetto ai metodi di cura, mons. Zimowski ha evidenziato che il calo significativo nella diffusione e nella mortalità da HIV/AIDS “è dovuto al cambiamento di comportamento e all’accesso al trattamento antiretrovirale”, che “abbassando la viremia nei soggetti contaminati, impedisce la trasmissione sessuale del virus”. Il presule ha osservato in conclusione che la via che propone la Chiesa è certamente la più difficile: un cammino di crescita umana, un modello di sessualità “basato sui valori della fedeltà coniugale e della famiglia”, che esprime il “sì ad una vita vissuta nobilmente ed umanamente, nel rispetto del proprio corpo e di quello degli altri”.
Beatificazione di Suor Maria Serafina, la “pellegrina di Dio”
◊ Questo pomeriggio a Faicchio, piccolo paese del Beneventano, nella diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’Goti, solenne cerimonia di Beatificazione di Suor Maria Serafina del Sacro Cuore, fondatrice dell’Istituto delle Suore degli Angeli. A rappresentare il Santo Padre, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Roberta Barbi:
“Siate sempre angeli di luce e carità, per condurre le anime a Dio con le due ali della parola e del buon esempio”. Così era solita dire Madre Serafina alle sue consorelle: di essere angeli sulla Terra, perché gli angeli, nei cieli, sono i più vicini a Dio, ne contemplano il Volto. E la religiosa incarna questa missione già nel nome che assumerà prendendo i voti, Serafina: un nome ricevuto come una grazia speciale a 18 anni dalla Vergine Maria mentre si trovava in preghiera. Da allora e per sempre la Madre superiora e le religiose del suo istituto, fondato dopo varie peripezie nel 1891, si spesero su due fronti: la contemplazione della Santissima Trinità attraverso l’Eucarestia e l’azione e l’aiuto ai fratelli nella carità operosa. Per questo si chiamano Suore degli Angeli, come spiega il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi:
"La denominazione dipende dal carisma trinitario dell’Istituto, le cui suore sono chiamate a un’adorazione perenne della Trinità, come gli Angeli. Per questo le suore degli Angeli sono impegnate sia nelle scuole, negli ospedali, nelle parrocchie, sia nelle missioni ad gentes. È un carisma di carità universale che, però, sgorga dal profondo della preghiera e dell’Adorazione eucaristica”.
Ma chi era questa donna, nata nel profondo nord a Imér, in provincia di Trento? Prima di dodici figli, Clotilde Micheli, questo il suo nome all’anagrafe, era molto attenta ai deboli, agli anziani, ai malati e ai bambini: esperienze fin dall’inizio illuminate dal suo desiderio di vivere come un Angelo sulla Terra. Granitica come le montagne da cui veniva, ma di indole gioiosa come la gente del sud, in mezzo alla quale passò la sua vita, Madre Serafina era una vera “italiana”:
“Madre Serafina fu una donna forte, coraggiosa e umile. In quest’anno 2011, che commemora i 150 anni di unità d’Italia, Madre Serafina è una donna autenticamente ‘italiana’. In lei c’è armonia tra le virtù della gente del Nord – laboriosità, coraggio, perseveranza – e le virtù della gente del Sud, come entusiasmo, creatività, letizia”.
Questo suo peregrinare le valse, tra le consorelle, il soprannome di “Pellegrina di Dio”. Sul suo esempio le Suore degli Angeli, sospinte dallo Spirito, hanno fondato moltissime case di missione in tutto il mondo, in cui sta fiorendo il seme dell’evangelizzazione e che sono oggi un segno di speranza, vista la vivacità delle Vocazioni. Questo il messaggio, valido ancora oggi, di Suor Maria Serafina, afferma il cardinale Amato:
“Della Beata Serafina del Sacro Cuore, oltre che la sua santità, di grande attualità è la sua disponibilità a seguire la vocazione che Dio le aveva affidata. Un invito anche a noi a non mettere ostacoli alla chiamata del Signore, anche nella vita sacerdotale e religiosa e anche nella vita familiare”.
Ritorno in Croazia: l’editoriale di padre Federico Lombardi
◊ Fra una settimana, Benedetto XVI si recherà in Croazia per il suo primo viaggio apostolico internazionale del 2011. La visita di due giorni avviene in occasione della Giornata nazionale delle famiglie cattoliche croate. A questo viaggio del Papa è dedicato l'editoriale del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
Benedetto XVI sarà in Croazia il 4 e 5 giugno. E’ un ritorno, perché lui stesso vi è stato diverse volte da Cardinale; è un ritorno perché il Papa vi è già stato ben tre volte negli ultimi due decenni. In certo senso quindi, il Papa è di casa in Croazia. Paese dalle profonde radici cristiane e cattoliche, custodite con fedeltà nei tempi difficili che non sono mancati in particolare nel secolo passato, fedeltà ripagata dalla sincera vicinanza e solidarietà della Santa Sede.
La Croazia vive ora la sfida della secolarizzazione: la famiglia, la gioventù sono campi cruciali per affrontarla. Per questo, momenti centrali del viaggio sono appunto la partecipazione del Papa al primo incontro delle famiglie cattoliche croate e all’incontro dei giovani che si celebra ogni due anni. “Insieme in Cristo” dice il motto della visita. In un mondo in cui le forme di comunicazione si moltiplicano e invadono la vita, in realtà l’incontro e la comunione fra le persone sembrano diventare più difficili.
La Chiesa si appoggia su Cristo per sostenere l’unione e la missione della famiglia e alimentare la speranza di avvenire della gioventù. Così la Chiesa serve la comunità umana, la comunità nazionale, che ora, superata la fase agitata della dissoluzione dell’ex Jugoslavia, si prepara a inserirsi più profondamente nella comunità dei popoli europei entrando nell’Unione Europea. L’augurio e l’incoraggiamento del Papa è che ciò possa avvenire portando la ricchezza della cultura e dei valori della grande tradizione del popolo croato. Grandi figure continuano a ispirare il suo cammino, come lo scienziato gesuita Ruggero Boscovich, il giovane beato Ivan Merz, soprattutto il grande pastore e martire, il beato cardinale Stepinac. Insieme in Cristo, con il Papa, si deve guardare con fiducia e coraggio verso il futuro.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, il pezzo di apertura ha il titolo “Quando Hitler minacciò il futuro del cristianesimo”; un grazie per la testimonianza del Papa sulla sua gioventù in Germania è stato rivolto da Benedetto XVI ai membri della Congregazione maschile mariana di Ratisbona, ricevuti in udienza sabato 28 maggio, nella Sala dei Papi.
L’articolo di spalla è invece dedicato alla difficile situazione della Grecia; l’Unione Europea chiede un accordo politico per bloccare gli aiuti.
Nelle pagine della cultura, un approfondimento su santa Petronilla e la celebre pala d’altare del Guercino che raffigura la sepoltura e la gloria in Paradiso della giovane santa è seguito da uno studio “economico” sulla storia delle contrade senesi, che dimostra la loro antica natura di confraternite religiose.
A pagina 8 ampio spazio viene dedicato al concerto offerto dal presidente dell’Ungheria al Papa nel pomeriggio di venerdì 27 maggio; “Liszt ha più pregato che composto il salmo 13, o meglio, l’ha pregato prima di comporlo” ha commentato il Papa al termine del concerto.
Migliorano le condizioni dei sei caschi blu italiani feriti in Libano
◊ Sono in via di miglioramento le condizioni dei sei militari italiani della Forza di Interposizione delle Nazioni Unite in Libano (Unifil), rimasti feriti ieri pomeriggio in seguito all’esplosione di un ordigno nascosto sul ciglio della superstrada per Sindone. Secondo quanto riferito dallo Stato maggiore italiano della Difesa, due soldati sono gravi ma non sarebbero in pericolo di vita. Come spiegare questo agguato in Libano, tre anni dopo l’ultimo attacco che ha coinvolto militari dell’Onu? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Salim Ghostine, giornalista libanese della nostra emittente:
R. - La stampa libanese e la stampa araba sono concordi nel valutare che si tratta di un messaggio inequivocabile, indirizzato agli europei. L’attentato di per sé, però, bisogna contestualizzarlo, perché avviene in un contesto politico molto particolare: il Libano è, infatti, senza governo da quattro mesi. E’ un vuoto politico che si è complicato negli ultimi giorni con un fatto molto grave: il centro di ascolto di tutte le telefonate internazionali è stato causa di una lotta tra forze politiche filo-sunnite e quelle sciite. Questo centro di ascolto era in mano alle forze di sicurezza libanesi, comandate da un ufficiale sunnita. Ed in Libano c’è una rete di telefonia autonoma - separata dalla rete nazionale - che è in mano agli sciiti. Una situazione politica complicata anche per via del terremoto che c’è tutto intorno al Libano: quello che succede in Siria, in Egitto, in Tunisia, in Libia… Intanto, l’economia va a pezzi, perché ormai il debito estero del Libano supera il Pil e, dunque, le prospettive non sono rosee, né economicamente né politicamente. E sul piano militare e della sicurezza, i fatti sono sotto gli occhi di tutti…
D. - Dunque quest’attacco è un messaggio indirizzato da ‘qualcuno’ all’Europa: alcuni puntano il dito verso l’intelligence di Damasco, interessata a spostare l’attenzione mediatica dalla Siria, mentre altri verso gruppi di miliziani sunniti palestinesi legati ad al Qaeda. Anche se non è chiaro il mandante, sembra comunque certo l’obiettivo: destabilizzare il Paese…
R. - Il Libano è il punto debole in Medio Oriente, è il punto nevralgico nel quale si concretizza tutta la problematica internazionale. E’ chiaro che leggendo solo gli avvenimenti libanesi, non si può spiegare perché tutto questo stia accadendo. C’è un messaggio inviato all’Europa, ma un messaggio inviato da chi? Questo è l’interrogativo… E poi il messaggio cosa vuole? Il Libano è stato sempre al centro di lotte: i grandi elettori in Medio Oriente sono Arabia Saudita ed Egitto per il potere sunnita; l’Iran e la Siria per il fronte sciita; i palestinesi che ora sono - perché prima era spaccato - un fronte unito; Israele è chiaramente un grande elettore… Ora che succederà? Certo è chiaro che la posta in gioco è molto più del Libano.
D. - Il Libano è segnato dalla crisi economica, dalla crisi politica. Il vento della “primavera araba”, già arrivato in diversi Stati, sta soffiando anche in Libano?
R. - Si è manifestato un fenomeno molto interessante, perché il Libano è governato da un sistema politico che è noto come il confessionalismo: le cariche dello Stato sono ripartite secondo l’appartenenza religiosa. Dunque, essendo un Paese di 17 comunità, ogni comunità ha diritto ad alcune cariche dello Stato proprio per tutelarsi: una formula per lottare contro la democrazia del numero, in base alla quale chi vince prende tutto, e quindi per dare voce in capitolo a tutti. Ma questo alla fine ha fatto sì che le competenze venissero tagliate fuori e venisse data la precedenza all’appartenenza confessionale o politica. Il fenomeno interessante, cominciato un anno fa, è rappresentato da un movimento di giovani, che si chiama “No al confessionalismo”. Questi giovani vogliono uno Stato basato sulla meritocrazia, la governance… Ma certo non è così semplice, perché in base alla democrazia del numero, essendo gli sciiti oggi i più numerosi in Libano, dovrebbero essere proprio gli sciiti o l’Iran a dettare le future scelte politiche del Paese. (mg)
Subito dopo aver appreso la notizia, il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha ribadito che il contingente dell’Unifil è dispiegato in Libano per una missione di pace. Sullo scenario geopolitico, che fa da cornice a questo nuovo attacco, si sofferma al microfono di Debora Donnini il presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica, Maurizio Calvi:
R. – Non bisogna dimenticare che alcuni giorni fa c’era stata la pressione dei profughi palestinesi in Libano, che avevano tentato una prima penetrazione nel territorio israeliano, quindi ci stono state fortissime tensioni in quell’area. Aggiungiamo che il Libano – ovviamente – ha subito sempre un’influenza politicamente forte da parte della Siria, anche se oggi Assad si trova in grande difficoltà e quindi pensa più agli affari interni. Non bisogna dimenticare poi le affermazioni della parte più radicale libanese contro Israele; così come non bisogna dimenticare il discorso del primo ministro israeliano sull’assetto dei confini del 1967 e quindi con la riconferma che, da parte israeliana, non c’è nessuna possibile trattativa in questa direzione. Quindi ci sono molti fattori che possono aver inciso.
D. – Per ora non ci sono rivendicazioni di nessun tipo, ma questo attacco ha a che fare anche con l’appoggio del movimento integralista libanese di Hezbollah al regime del presidente siriano Assad nel contesto delle proteste?
R. – Non vi è dubbio che anche questa parte interna può provocare come dei semi di incertezze politiche. Il Libano è un coacervo di pressioni interne ed esterne, che possono mettere in discussione la stabilità che fino ad ora ha mantenuto. Rispetto a tutti i territori del Nord Africa, compresa ovviamente la Siria. C’è, quindi, un processo di instabilità che – a mio avviso – comincia a manifestarsi anche in Libano. (mg)
L'Egitto riapre il valico di Rafah, tensione con Israele
◊ Stamani è stato riaperto il valico di Rafah, che collega l’Egitto alla Striscia di Gaza. Si tratta di una riapertura su base permanente, dopo anni di restrizioni. L’iniziativa è stata voluta dal governo di transizione egiziano nell’ambito della riconciliazione tra le fazioni palestinesi di Hamas e Fatah, raggiunta proprio grazie alla mediazione del Cairo. Dal canto suo Israele ha espresso forte preoccupazione sul fronte della sicurezza. Ma come ridisegna i rapporti nella regione questa decisione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Ennio Di Nolfo esperto di Relazioni internazionali e docente emerito all’Università di Firenze:
R. – Penso che sia soprattutto un gesto simbolico perché è vero che il valico era chiuso, ma era chiuso giuridicamente e di fatto è ben noto che, sotto il confine, era stata scavata una serie di passaggi attraverso i quali passava ogni genere di merce, ogni genere di armamento e ogni genere di persona. Però è evidente che questa manifestazione esterna di buona volontà rappresenta un segnale da parte del nuovo governo egiziano di voler favorire un colloquio meno sordo, meno negativo con i palestinesi. Non dobbiamo dimenticare che a Gaza domina ancora e dominerà probabilmente a lungo il gruppo di Hamas e che sono in corso negoziati estremamente difficili tra Hamas e Abu Mazen per trovare una composizione tra le due parti e quindi l’atteggiamento del nuovo governo egiziano è teso verosimilmente a favorire l’assicurazione di questo accordo.
D. – A proposito di Egitto, un segnale la riapertura del valico di una posizione ben precisa nel quadro della crisi mediorientale...
R. – La mia impressione è che questi gesti simbolici non rappresentino ancora una svolta di fondo della situazione locale e della situazione generale. Parliamo dell’Egitto. Non credo che un governo militare che vuole sacrificare o giustiziare o condannare Mubarak sia in grado di abbandonare radicalmente il potere nelle mani di una democrazia: sono scettico sulla formula del "risorgimento" o dell’affermazione della democrazia nel mondo arabo e penso che prima debbano essere compiuti altri passi verso la creazione di una costituzione più democratica davvero. Bisognerà vedere quale sarà il risultato dei lavori che si stanno sviluppando in questi mesi al Cairo prima di poter esprimere un giudizio radicale.
D. – Che cosa significa per Israele la riapertura del valico di Rafah?
R. – Penso che in definitiva gli israeliani possano avere soltanto vantaggi dal chiarimento di una situazione che prima era soltanto equivoca. Se è vero quello che diceva Netanyahu nel senso che gli israeliani sarebbero pronti a fare tutte le concessioni che vengono richieste dai palestinesi, tranne quella che riguarda la delineazione dei confini rispetto al 1967, mi pare che l’apertura del valico non debba provocare reazioni particolari se non magari una maggiore sorveglianza.
D. – E la riapertura vista invece da parte palestinese? Soprattutto della gente palestinese che abita a Gaza …
R. – L’apertura del valico tutto sommato decongestiona la situazione di Gaza e quindi rende meno tesa la vita dei palestinesi che abitano in questa area e pertanto rende meno complesso l’insieme della situazione. (bf)
Commissione anglicana-cattolica. Mons. Langham: è più quello che ci unisce che quello che ci divide
◊ “Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide”. È il messaggio lanciato a conclusione del primo incontro della terza fase di dialogo della Commissione internazionale anglicana-cattolica, chiusosi ieri a Bose. Nei dieci giorni di studio, diciotto teologi cattolici e anglicani hanno dunque lavorato sul programma stabilito da Papa Benedetto XVI e dall'arcivescovo Rowan Williams nel 2006, che richiede come obiettivo “l’impegno comune a ristabilire la piena comunione nella fede e nella vita sacramentale”. Linda Giannattasio ha chiesto a mons. Mark Langham, incaricato dei rapporti con gli anglicani del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, se siano stati compiuti nuovi passi in questa direzione:
R. – In primo luogo, abbiamo ribadito che c’è un grande fondamento che noi possiamo condividere come romano-cattolici e anglicani: quello che ci unisce è più di quello che ci divide. Poi siamo andati avanti affrontando la tematica del dialogo con un nuovo metodo, quello che chiamiamo l’ecumenismo recettivo. Invece di parlare l’uno con l’altro, dicendo quello che troviamo difficile o sbagliato nell’altro, noi invece diciamo che vogliamo sentire quello che voi trovate difficile in noi; noi vogliamo essere più aperti ai commenti degli altri. Questo nuovo metodo ha reso possibile andare avanti su questi problemi così difficili.
D. – Temi centrali sono stati in particolare “La Chiesa come comunione, locale e universale”, e anche una questione etica: come, nella comunione, la Chiesa locale e universale giunge a discernere il giusto insegnamento etico”. Quindi, tematiche di ecclesiologia e di ordine etico. In che modo queste sono interdipendenti?
R. – Sono interdipendenti, perché la questione di arrivare a una posizione etica nella Chiesa anglicana è una questione di comunione. Ci sono alcune decisioni da parte di alcune province che non sono approvate da tutta la comunione. Loro non hanno un metodo, un magistero che possa prendere queste decisioni per tutta la Comunione. Quindi, per arrivare a una posizione comune devono imparare da noi l’importanza del magistero e devono affrontare i problemi per arrivare a una posizione etica unita.
D. – Quali sono le speranze e gli obiettivi futuri nel rapporto tra anglicani e cattolici?
R. – Noi non possiamo dare risposte a tutte le domande al primo passo. Dobbiamo, in primo luogo, stabilire un’amicizia e un profondo senso di fiducia. Poi dobbiamo risalire ai problemi e riconoscere dove non possiamo andare avanti insieme. Dobbiamo quindi trovare le ragioni per cui non possiamo andare avanti insieme. Quindi, abbiamo iniziato bene nell’affrontare questi problemi. (ap)
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa sesta Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù dice ai suoi discepoli:
“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
La promessa del Paràclito, come sostenitore e garante dell’amore di Dio per noi, e la reciprocità nell’amore che unisce Padre e Figlio, e coinvolge anche tutti noi: questi i due aspetti della nostra fede messi in risalto dal breve brano evangelico. Non una vita piena di formalismi e di riti, non un cristianesimo fatto di abitudini e precetti, neppure una dottrina compatta e sofisticata. Ma una relazione aperta, ricca di comunione e fedeltà reciproca. “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò”, assicura Gesù: non divieti o imposizioni, ma solo amore e perfino fusione. Ricordiamocelo quando misuriamo l’identità cristiana a partire dalla partecipazione ai riti e per l’osservanza di precetti e tradizioni; non facciamo del cristianesimo una religione di abitudini e esteriorità sacre. La sostanza dell’identità cristiana e gli orizzonti della missione stanno piuttosto nella capacità di amare, di lasciarsi amare dal Padre, di seminare amore, dialogo, comunione. Su questa strada, verso questa logica ci porta lo Spirito: però il mondo non lo capisce, perché non vuole conoscere la verità, anzi la contrasta con le proprie idolatrie e mille abbagli di egoismi e di alienazioni. A noi tocca abitare in mezzo a queste ambiguità, dando testimonianza – come ricorda oggi Pietro – “della speranza che è in noi”. Una speranza viva, una certezza serena, una gioia segreta.
Messico. Dolore e costernazione per l’uccisione di un parroco di Tijuana
◊ Si svolgeranno oggi nella città messicana di Tijuana i funerali di don Salvador Ruiz Enciso, parroco della Chiesa del Volto Divino di Gesù, ucciso nei giorni scorsi. Le autorità hanno avviato le indagini. Il sacerdote, 55 anni, era scomparso il 21 maggio; il suo corpo, carbonizzato, era stato ritrovato lunedì scorso e solo ieri è stato definitivamente identificato. Mons. Rafael Romo Muñoz, arcivescovo di Tijuana, ha condannato duramente l’assassinio, esprimendo dolore e costernazione. Don Ruiz Enciso, era "un uomo buono e semplice – ha affermato il presule - pienamente donato al suo ministero e perciò tutti lo ricordano con affetto per il suo esempio di amore per Dio e per il prossimo e per la sua condotta sempre corretta". Il sacerdote, chiamato affettuosamente "padre Chavita", operava nel quartiere popolare La Mesa di Tijuana ed era conosciuto per aver promosso la “Messa della famiglia”, durante la quale si serviva di alcuni burattini, da lui stesso maneggiati con destrezza, per spiegare il Vangelo in modo comprensibile ai più piccoli.
Colombia: identificati 10 mila desaparecidos
◊ In Colombia il ministro dell’Interno e della Giustizia, Germán Vargas, ha annunciato di aver restituito un nome e un volto a circa 10.000 ‘desaparecidos’ riesumati da diversi cimiteri del Paese. Si tratta nella maggior parte dei casi di vittime del conflitto interno. Il riconoscimento è stato il risultato di un'indagine condotta dal ministero e durata oltre 5 mesi di lavoro. Complessivamente, sono 57.854 le persone che risultano scomparse su tutto il territorio nazionale. Il dramma delle sparizioni forzate in Colombia – ricorda l’agenzia Misna - ha raggiunto una dimensione che il rappresentante dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Christian Salazar, ha definito “agghiacciante”. Le organizzazioni dei familiari degli scomparsi vanno ben oltre i dati del governo sostenendo che i casi di ‘desaparecidos’ sarebbero almeno 200.000. La maggior parte dei corpi identificati sono stati rinvenuti nel dipartimento sud-occidentale di Valle del Cauca e in quello nord-occidentale di Antioquia. (A.L.)
India: no dei nazionalisti indù alla proposta di legge sulla violenza contro le minoranze
◊ Le organizzazioni per i diritti umani, le comunità religiose, le associazioni cristiane e musulmane, le Ong nella società civile indiana hanno una settimana di tempo (fino al 4 giugno) per leggere, esaminare e proporre modifiche al “Communal Violence Bill”, la proposta di legge che intende contrastare la violenza sulle minoranze etniche e religiose. La legge, approvata di recente dal National Advisory Council (NAC), sarà poi discussa nella sessione estiva dei lavori parlamentari, a luglio prossimo. Il testo di legge, riferiscono a Fides fonti nella società civile, ha generato un vivace dibattito nell’opinione pubblica indiana: da un lato i partiti di opposizione, guidati dal partito nazionalista indù “Bharatiya Janata Party” (BJP), hanno lanciato una virulenta campagna contro la legge, definendola “legge draconiana”, che toglie sovranità agli Stati nazionali a vantaggio del governo centrale, che “creerà squilibrio e tensioni” fra le diverse comunità religiose presenti in India, della quale “facilmente si abuserà”. Il ministro federale per lo Sviluppo delle Risorse umane, Kapil Sibal ha riposto affermando che la United Progressive Alliance (UPA), coalizione al governo, è determinata ad approvare il testo, nonostante le lamentele dell’opposizione: “Vogliamo che i governi dei diversi Stati indiani o i singoli individui siano perseguibili per il genere di episodi avvenuti in passato”, ha detto, riferendosi ai massacri contro i musulmani in Gujarat nel 2002 o contro i cristiani in Orissa nel 2008. Il provvedimento è accolto con favore dalle organizzazioni cristiane e musulmane, e da Ong laiche nella società civile indiana. A Mumbai i membri dell’All India Secular Forum si incontreranno il 30 maggio per redigere delle proposte di modifica, mentre i cristiani hanno avviato uno scambio di pareri a livello ecumenico, per poi incontrarsi a Delhi, agli inizi di giugno, per inviare le proprie osservazioni al NAC. “Il testo è un buon inizio per la protezione del minoranze” dice a Fides Joseph Dias, leader del “Catholic Secular Forum”, che partecipa alle consultazioni in corso. “La bozza di legge è stata più volte modificata ed emendata negli anni scorsi e ora è una buona versione. Il governo centrale deve avere potere di intervento, nei casi di violenza diffusa, in quanto finora si è trovato impotente a fermare episodi gravi di violenza, come in Orissa, Gujarat o Karnataka. Il BJP, d’altro canto, si oppone alla legge perché finora ha avuto le mani libere per coprire i gruppi estremisti indù, autori delle violenze, nei vari stati dove è al governo. In ogni caso sarà fondamentale l’Autorità Nazionale istituita dalla legge, che ne dovrà garantire l’applicazione”, conclude Dias. “Anche se la popolazione di questo Paese da secoli aspetta una legislazione sull’antica questione della violenza intercomunitaria, la proposta di legge dà nuova speranza alla nazione”, rimarca padre Anand Muttungal, portavoce della Chiesa in Madhya Pradesh.
Il presidente dei vescovi sudcoreani: dopo Fukushima ripensare alle politiche sul nucleare
◊ “L’ambiente è un dono del Creatore, è di tutti e per questo va preservato”. Così il presidente della Conferenza episcopale della Corea del Sud, Peter Kaung U-il, ha scritto nell’editoriale del numero che verrà pubblicato a luglio della rivista cattolica Kyeong Hyang. Nell’articolo, intitolato “Riflessione cristiana sull’energia nucleare”, riferisce AsiaNews, il presule invita a ripensare le politiche sull’energia nucleare per abbracciare i criteri dell’ecosostenibilità: un compito di approfondimento che compete agli esperti, certo, ma anche una tematica che deve interessare tutti, visto le conseguenze che eventuali incidenti possono comportare, come ha dimostrato quanto è avvenuto a Fukushima, in Giappone, l’11 marzo scorso, vicenda che ha coinvolto da vicino anche la Corea del Sud. A distanza di due mesi, è la testimonianza del vescovo che pochi giorni fa ha guidato una delegazione in visita nella diocesi giapponese di Sendai per portare la colletta dei fedeli sudcoreani, ma anche per riaffermare la vicinanza e l’amicizia fra i cattolici dei due Paesi, nell’area della centrale resta lo stato d’emergenza. In caso di incidenti, secondo il presule i costi per il ripristino dell’ecosistema superano di gran lunga i benefici dell’uso del nucleare e ora la questione più urgente da affrontare è quella dello smaltimento delle scorie radioattive, la cui conservazione nel sottosuolo causa inquinamento del terreno e delle acque. (R.B.)
Zambia: i vescovi invitano alla calma dopo gli attacchi dei media alla Chiesa
◊ I cattolici dello Zambia devono mantenere la calma dopo i recenti attacchi dei media statali, e in caso di provocazione, avere sempre un atteggiamento di riconciliazione. Lo scrive, secondo quanto riporta la Fides, il presidente della Conferenza episcopale dello Zambia, mons. George Lungu, vescovo di Chipata, in una lettera ai cattolici della nazione, che verrà letta domenica 5 giugno in tutte le parrocchie. Per quanto riguarda gli attacchi mediatici alla gerarchia cattolica locale, ai sacerdoti e alla dottrina, lo stesso presule evidenzia, in un comunicato diffuso dal Catholic information service for Africa, come questi siano ben programmati e coordinati, e coincidano con i preparativi delle prossime elezioni presidenziali. In particolare, la Chiesa era stata accusata di esprimersi su questioni politiche e di sostenere un candidato alla presidenza contro il capo dello Stato in carica, Rupiah Banda. L’obiettivo degli attacchi, sostiene però mons. Lungu nella lettera, è di gettare discredito sulla Chiesa, portando divisioni e confusione tra i cattolici. Nell’esercizio del suo ministero, spiega il presidente della Conferenza episcopale nazionale, il vescovo è neutrale e non può essere di parte. Il messaggio dei vescovi non riguarda dunque avversioni o presunte preferenze per candidati o partiti politici. Gli attacchi dei mezzi di comunicazione, inoltre, sono stati, secondo il presule, tentativi di falsare la dottrina cattolica su celibato e omosessualità. Di fronte all’accusa di sostenere gli omosessuali, la lettera ribadisce che la posizione della Chiesa è di rispetto degli omosessuali in quanto esseri umani che non meritano discriminazioni, ma che gli atti omosessuali sono profondamente sbagliati e peccaminosi, e in nessun caso la Chiesa potrebbe mai approvarli. I vescovi, sottolinea infine mons. Lungu, non si faranno intimidire o ridurre al silenzio sulle questioni che riguardano i poveri. (D.M.)
Ban Ki-moon: i caschi blu dell'Onu favoriscono stabilità e riconciliazione nel mondo
◊ Per rendere omaggio agli oltre 120 mila tra militari, agenti di polizia e civili che in tutto il mondo sono impegnati in missioni di pace, si è celebrata ieri la Giornata mondiale del peacekeeping. “Le Nazioni Unite – si legge nel messaggio del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon – hanno dovuto far fronte ad una serie di tragedie in rapida successione”. L’ultimo attacco contro militari dell’Onu è stato compiuto proprio ieri in Libano dove l’esplosione di un ordigno ha provocato il ferimento di sei soldati italiani. Sono numerosi gli episodi che negli ultimi mesi, in diverse parti del mondo, hanno provocato la morte di almeno 175 peacekkeping a causa di agguati, incidenti, malattie. Nel suo messaggio Ban Ki-moon ricorda anche il lavoro svolto per il supporto nel referendum in Sudan, l’aiuto per la risoluzione della crisi post elettorale in Costa d’Avorio, il sostegno alla formazione della polizia a Timor Est. I caschi blu delle Nazioni Unite – sottolinea – “rappresentano l’Organizzazione nel modo migliore possibile: riportando stabilità, favorendo la conciliazione e coltivando la speranza per un futuro radioso”. Salvaguardare il ruolo della legge, tema al centro della Giornata, è essenziale per mantenere la pace con successo. Questo – spiega Ban Ki-moon – “richiede una consolidata fiducia nelle forze dell’ordine, nella giustizia e nell’amministrazione penitenziaria”. L’Onu forma la polizia “affinché non abusi mai del proprio potere, supporta il corretto funzionamento dei tribunali al servizio della giustizia e si batte per condizioni umane di detenzione”. (A.L.)
◊ La proposta del governo riguardante la restituzione delle proprietà ecclesiastiche confiscate durante il regime comunista verrà sottoposta ai rappresentanti delle Chiese e delle comunità religiose presenti nella Repubblica Ceca il 30 maggio dal ministro della Cultura, Jiří Besser. Come previsto, la commissione governativa ha in programma di restituire la massima quantità possibile di terreni, aree boschive e proprietà immobiliari. L’indennizzo finanziario - riferisce il Sir - verrà preso in considerazione soltanto nel caso in cui la restituzione delle proprietà per qualche ragione non possa essere messa in pratica. La proposta concreta verrà tenuta aperta ai commenti e ai suggerimenti da parte delle Chiese. Il ministro dell’Agricoltura ha già preparato il registro delle aree boschive e dei terreni direttamente interessati. Secondo l’Ufficio stampa della Conferenza episcopale ceca, il 95% delle proprietà potrebbe essere restituito entro la fine di quest’anno, a seconda del risultato dei negoziati con le Chiese e le comunità religiose. La versione finale del concordato sulle proprietà fra lo Stato e le Chiese dovrebbe essere pronta entro il 2012.
Conclusa l'Assemblea dell’Unione superiori generali
◊ Con la celebrazione eucaristica presieduta da mons. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, si sono conclusi ieri i lavori della 77ª Assemblea semestrale dell’Usg, l’Unione superiori generali. Attraverso le numerosi riflessioni – riferisce l’agenzia salesiana Ans - i superiori hanno approfondito vari percorsi teologici per rinnovare la vita consacrata. Don Mario Aldegani, superiore dei Giuseppini del Murialdo, ha esortato i superiori convenuti ad individuare i temi prioritari di teologia della vita consacrata apostolica ancora da sviluppare. Successivamente, attraverso le riflessioni di fra Alvaro Rodríguez Echeverria, dei Fratelli delle scuole cristiane, fra Mauro Jöhri, ministro generale dei Cappuccini, e don Josep Abella, superiore generale dei Clarettiani, è stata indicata la necessità di vivere una spiritualità rivolta sia verso Dio, sia verso gli uomini, che sia dinamica e di presenza; è stata ribadita l’importanza della fraternità, intesa come nucleo centrale e irrinunciabile della vita religiosa; e sono stati proposti nuovi possibili orizzonti della missione nella vita consacrata attraverso l’integrazione dell’esperienza concreta con la riflessione teologica. L’ultima giornata di lavori dell’assemblea dell’Usg è stata aperta dalla relazione “Le identità attese. La vita consacrata dinanzi alla crisi e alle aspettative della società contemporanea” del prof. Salvatore Abbruzzese, docente di Sociologia della Religione presso l’Università di Trento. Nella sua analisi il professore ha saputo indicare con precisione ciò che rende la vita consacrata ancora viva e attuale, cioè, in primo luogo, il suo essere in dissonanza con le tendenze del mondo moderno. Mentre la società moderna perde i suoi legami naturali col territorio, le comunità religiose rappresentano oasi di memorie e tradizioni permanenti; mentre la società della produzione continua annulla tempi e cicli, la vita religiosa, con i suoi ritmi ben scanditi presenta un’opzione di vita alternativa; mentre la ricerca estetica contemporanea si scinde dal desiderio di bellezza, la dimensione religiosa custodisce il legame tra bellezza e verità. In un contesto di secolarizzazione non più segnato dal rifiuto ideologico, ma solo da una naturale indifferenza, la dimensione religiosa può perciò intercettare i bisogni degli uomini e delle donne che altrove non trovano soddisfatte le proprie istanze. “La ricerca di senso non costituisce più l’esigenza di pochi, ma comincia a diventare il desiderio di molti” ha espresso il prof. Abbruzzese. In conclusione don Chávez, in qualità di presidente dell’Usg, ha ringraziato tutti i partecipanti all’assemblea e ha richiamato i concetti salienti emersi nelle 3 giornate, ricordando come la vasta riflessione teologica prodotta non consista in una semplice speculazione teorica ma trova il suo significato perché tocca la fecondità della vita consacrata concreta.
Campagna europea antifumo: “ogni anno 650mila morti”
◊ La Commissione europea annuncia che nelle prossime settimane avvierà una nuova campagna sul tema “Gli ex fumatori sono inarrestabili”. L’obiettivo “è incoraggiare giovani-adulti nella fascia di età dai 25 ai 34 anni a smettere di fumare”. “La nuova campagna sposterà l’impostazione strategica dai rischi del fumo per privilegiare piuttosto i vantaggi per chi smette di fumare, proponendo quali modelli da imitare ex fumatori e quanto essi hanno realizzato”. L’iniziativa – riferisce il Sir - è resa nota dall’Esecutivo, che ha diffuso una serie di dati sui danni provocati da sigaretta e affini alla salute dei cittadini Ue, oltre ad elencare le iniziative legislative e politiche assunte dalle istituzioni comunitarie e dagli Stati aderenti sullo stesso fronte. La Commissione stima che circa 650mila cittadini dell’Unione muoiono ogni anno di morte prematura dovuta al consumo di tabacco. In questo gruppo rientrano anche i non fumatori, o “fumatori passivi”. Inoltre nei 27 Paesi aderenti “circa 13 milioni di persone soffrono di una o più delle sei principali categorie di malattie associate al fumo”, ossia bronchiti e altre infezioni del tratto respiratorio inferiore, malattie polmonari croniche, infarto e cardiopatie, asma, cancro del polmone, altri cancri, che interessano ad esempio pancreas, esofago e stomaco.
Al Festival Biblico dibattito su famiglia, adozione e affido
◊ “Un piccolo germoglio che è diventato un albero forte dalle tantissime ramificazioni”. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha definito così, da Vicenza, il Festival Biblico, che sta entrando nelle sue giornate più intense. Il tema proposto quest’anno è “Di generazione in generazione”, ricorda il Sir. Il Cisf, Centro internazionale degli studi sulla famiglia promuove il dibattito su “Famiglia, adozione, affido: accogliere una generazione ‘altra’”. L’incontro si svolgerà presso il Salone d’onore del Palazzo delle opere sociali e vi prenderanno parte, tra gli altri, rappresentanti di associazioni quali Ai.Bi., Amici dei Bambini; l’Associazione Papa Giovanni XXIII; Famiglie per l’Accoglienza e Progetto Famiglia-Affido. Nella nota di presentazione dell’evento, si legge: “Saranno presentate le esperienze di realtà associative che hanno compreso come la famiglia, per essere pienamente se stessa, deve farsi benedizione feconda anche al di fuori di sé, nei confronti di chi è stato sì generato, ma non accolto”. (R.B.)
◊ Si apre ad un pubblico sempre più ampio e variegato Josp Fest, il Festival internazionale degli itinerari dello spirito, che per la sua III edizione, dal 2 al 5 giugno, scende nelle vie e nelle piazze più importanti del centro di Roma. Il Festival, ideato e realizzato dall’Opera Romana Pellegrinaggi, è stato presentato in questi giorni a Roma. “Pilgrim Lifestyle”, il tema di quest’anno – riferisce il Sir - è uno stile di vita culturale e spirituale. Credere nella forza della preghiera e della meditazione, essere aperti al dialogo e al confronto con altre culture sono tra gli atteggiamenti interiori su cui si basa il Pilgrim Lifestyle. Josp Fest utilizzerà tutta una serie di conferenze, seminari, workshop ed espressioni d’arte per dare visibilità a questo stile di vita e attirare i pellegrini di ogni genere e di ogni età. “Josp Fest aveva bisogno di un ambiente che facilitasse l’incontro con il pubblico, e quale posto migliore di Roma che permette inoltre ai visitatori di partecipare a una lettura diacronica del passato”, afferma padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Gli espositori del Festival saranno ospitati a Via della Conciliazione, Piazza della Chiesa Nuova, Piazza Navona, Piazza Farnese, Via San Nicola dei Cesarini e Piazza del Gesù. L’Auditorium della Conciliazione sarà invece la sede dei seminari e delle conferenze di questa terza edizione. Piazza di Spagna ospiterà inoltre i concerti del maestro Josè Carreras e di Ambrogio Sparagna. Inoltre Josp Fest ospiterà il Josp Tourism Summit. Questo meeting a porte chiuse sarà l’occasione per discutere e condividere informazioni sul comportamento e le abitudini del turista moderno. Sarà anche l’occasione per creare un progetto in prospettiva futura per il mondo dei viaggi, un modello che metta in contatto i viaggiatori con culture, idee e persone nuove per costruire un mondo migliore. “C’è bisogno di ridefinire un nuovo paradigma nel settore del turismo e di rispondere alle sfide di un mondo globale che è in rapida evoluzione e un popolo in cerca di significati, valori e moralità”, evidenzia padre Cesare. Il Josp Trade Workshop, organizzato da Comitel & Partners, si svolgerà all’interno di JOSP Fest. Il workshop sarà un momento dedicato all’incontro e alla scoperta delle nuove opportunità esistenti per i buyers e i sellers che lavorano nel mondo del turismo.
L'Università Gregoriana vince la quinta edizione della Clericus Cup
◊ L'Università Gregoriana ha vinto la quinta edizione della Clericus Cup, il campionato di calcio per seminaristi e preti organizzato dal Centro Sportivo Italiano: i giocatori della Gregoriana hanno sconfitto ieri 3-1 l'Angelicum e hanno vinto il torneo al termine di una spettacolare partita. La finale è stata preceduta dal canto del "Regina Coeli". Partita scoppiettante sin dai primi secondi, quando l'attaccante e capitano della Gregoriana, Paul Kibamba Kabila, della Repubblica Democratica del Congo, trova il gol sotto l'incrocio. Il raddoppio arriva all'8' con il gol del nigeriano Kenneth Adesina che batte il portiere Gregorio Ansaldi. Sul finale del primo tempo l'Angelicum accorcia le distanze con il colombiano Giovanni Arbelaez, premiato come miglior giocatore del torneo, che trasforma un rigore da lui stesso procurato. Il terzo gol per l’Università gregoriana è di Sebastian Vivas, centrocampista argentino. Dopo il fischio finale, mons. Claudio Paganini, presidente della Clericus Cup, consegna la coppa che verrà conservata negli uffici dell'Università di Piazza della Pillotta. Nella finale per il terzo posto – si legge poi nel comunicato del Centro Sportivo italiano - il Sedes Sapientiae vince contro gli statunitensi del North American Martyrs. La quinta edizione del torneo si è chiusa con 89 reti segnate. (A.L.)
Raid della Nato su Tripoli. Colpita una caserma nei pressi della residenza di Gheddafi
◊ Si intensificano i raid aerei della Nato su Tripoli. In mattinata colpita la zona centrale della città, proprio nel quartiere dove si trova la residenza del Colonnello Gheddafi. Nel mirino sono finite strutture militari ma il regime parla di obiettivi civili. La cronaca nel servizio Eugenio Bonanata:
E’ la prima volta che i caccia della Nato entrano in azione di mattina nel centro di Tripoli. L’ultimo raid è avvenuto intorno alle 10, ora locale, e ha colpito una caserma della guardia popolare presa di mira ormai da diversi giorni. Numerosi gli attacchi condotti in nottata. Come sempre, l’area interessata è il quartiere di Bab Al-Aziziya, poco distante dalla residenza bunker di Gheddafi. La Nato, che smentisce di aver ricevuto proposte per un cessate il fuoco da parte di Tripoli, ribadisce che gli obiettivi di queste ore sono strutture militari. Tuttavia, i mezzi di informazione del regime lamentano “danni umani e materiali” e attacchi contro “obiettivi civili”, che sarebbero stati colpiti anche a Mizra, una zona desertica che si trova più di 150 chilometri a sud dalla capitale. Sul terreno della propaganda è intervenuta anche la moglie del Colonnello, che dice di aver perso un figlio in uno degli attacchi della Nato. La donna, in un’intervista telefonica alla Cnn, ha accusato l’Alleanza Atlantica di aver commesso “crimini di guerra” e di aver violato il mandato dell’Onu che parla soltanto della protezione di civili minacciati. A questo proposito il Movimento Giovanile Libico, alleato dei ribelli, denuncia alle Nazioni Unite, attraverso una lettera, un piano di “pulizia etnica in corso” in due città berbere storicamente ostili a Gheddafi, finite sotto assedio delle forze lealiste dal 3 aprile scorso. Si tratta di Yafran e di al-Qala'a, situate tra le montagne un centinaio di chilometri a sud-ovest di Tripoli.
Obama in Polonia
Il presidente statunitense Obama è tornato sulla primavera araba e nordafricana. Lo ha fatto da Varsavia, ultima tappa del suo tour europeo, dove ha lodato la svolta democratica intrapresa dalla Polonia che – ha detto – la rende un esempio per tutta la regione mediorientale. Il capo della Casa Bianca ha inoltre rassicurato sul fatto che i rapporti tra Stati Uniti e Russia non rappresentano una minaccia per l’Europa centrale e orientale. Le sue parole arrivano all’indomani del vertice centro ed est Europa – svoltosi sempre a Varsavia - segnato dall’appello a superare ogni forma di individualismo lanciato dal presidente della Repubblica italiana, Napolitano, proprio alla luce della profonda trasformazione in atto nel mondo arabo e nordafricano.
Vertice del G8
Anche il G8 ha espresso pieno appoggio alla primavera araba e all’Africa. Il documento finale del vertice, conclusosi ieri a Deauville, in Normandia, contiene una forte presa di posizione contro il regime libico di Gheddafi e quello siriano di Al Assad. Da Parigi, Francesca Pierantozzi:
Da Deauville il G8 ha lanciato ieri il nuovo partenariato con il mondo arabo: lo ha fatto innanzitutto con i fatti, stanziando 40 miliardi di dollari a Paesi come la Tunisia e l’Egitto, che stanno costruendo nuove democrazie e lo ha fatto anche denunciando le repressioni contro le popolazioni civili. Al termine di due giorni di lavori, il padrone di casa, Nicolas Sarkozy, ha potuto dirsi pienamente soddisfatto, anche se su alcuni punti, in particolare Internet, il vertice è stato povero di risultati. Un messaggio forte è stato indirizzato nel documento finale alla Libia: Gheddafi deve andarsene – dice il G8 – non c’è più posto per lui nella Libia libera. Sulla Siria è stato invece raggiunto un compromesso con la Russia, che farà da mediatore con il presidente Assad, per convincerlo a cessare le repressioni e ad avviare le riforme. Nella dichiarazione finale anche il nucleare, con un invito a rivalutare la sicurezza e il sostegno ai processi democratici in Africa e per questo sono stati ricevuti i presidenti di Costa d’Avorio, Niger e Guinea. Si è parlato anche di web: a Deauville sono stati ricevuti dalle grandi potenze i leader delle grandi potenze del web, da Google a Facebook, ma alla fine non si è arrivati a nessuna decisione su norme condivise.
Tunisia
E la Tunisia non è “totalmente soddisfatta” dall’aiuto proposto dal G8. Il premier tunisino – secondo la stampa locale – si sarebbe detto rassicurato per l’interessamento, lamentando però che non conosce l’esatto importo a favore del suo: manca la ripartizione precisa del pacchetto che dovrà essere diviso tra Tunisia ed Egitto.
Siria
Gli attivisti siriani hanno indetto per oggi una nuova manifestazione di protesta contro la repressione messa in atto ieri dal regime: secondo fonti umanitarie locali, la giornata è costata la vita ad almeno 12 persone, scese in piazza in diverse città al termine del venerdì di preghiera. Media governativi riferiscono di nove morti, tra civili e poliziotti, a causa di colpi di arma da fuoco sparati da ignoti. Intanto, mentre si moltiplicano le testimonianze di torture ai danni di bambini – molti dei quali uccisi dopo l’arresto durante le adunate – la Russia si è unita al resto della comunità internazionale nel chiedere a Damasco urgenti riforme democratiche.
Yemen
Resta alta la tensione nello Yemen, dove nelle ultime 24 ore si contano almeno 18 vittime per gli scontri tra oppositori e forze fedeli al presidente Saleh, avvenuti nella capitale Sanaa. Nel sud del Paese, invece, almeno sette soldati hanno perso la vita in combattimenti tra esercito regolare e un presunto commando di Al Qaeda.
Pakistan
In Pakistan almeno 8 vittime per un’esplosione avvenuta stamattina in un mercato nella zona tribale di Bajaur, al confine con l’Afghanistan. Gli investigatori non hanno ancora chiarito la dinamica dei fatti, ma si parla di un attentato suicida. Uno dei sopravissuti ha raccontato di aver visto un ragazzo sui 16 o 17 anni avvicinarsi a un suo parente e farsi esplodere. Lo scoppio ha ucciso sul colpo almeno due persone, mentre altre sono decedute poco dopo all'ospedale per le gravissime ferite.
Afghanistan
Raid aereo della Nato in Afghanistan, nella provincia del Nuristan, al confine con il Pakistan. L'operazione ha causato la morte di 68 talebani, ma anche di 17 agenti di polizia. Le autorità locali riferiscono del ferimento del responsabile amministrativo del distretto, del capo della polizia, ma i vertici dell’Alleanza Atlantica hanno smentito questa ipotesi. Intanto nella zona sud del Paese, due soldati britannici hanno perso la vita a causa di un’esplosione durante un’operazione nella provincia di Helmand.
Iran
In Iran il rappresentante della guida suprema iraniana ayatollah Ali Khamenei ha richiamato il presidente Ahmadinejad a “tornare sulla retta via”. L’agenzia Mehr riferisce che ha denunciato il fatto che “elementi corrotti hanno penetrato il governo” del presidente.
Italia
In Italia oggi giornata di silenzio elettorale in vista dei ballottaggi in programma domani e lunedì. La tornata riguarda in tutto oltre 5 milioni e mezzo di elettori. Attenzione puntata soprattutto su Milano e Napoli: toni accesi negli ultimi interventi dei leader. Il premier Berlusconi ha escluso la crisi di governo, qualunque sia l’esito del voto. Dal Pd ha parlato Veltroni, secondo il quale “la stagione del berlusconismo si sta concludendo”.
Grecia
Il presidente della Banca Centrale Europea Trichet ha definito “totalmente irrealistica” la possibilità che uno dei Paesi esca dall’euro. Per la Grecia – ha precisato in un’intervista alla stampa tedesca – “non e' in vista una ristrutturazione del debito”. Intanto da Atene il primo ministro Papandreu ha garantito che il suo governo adotterà il piano di austerity richiesto dall’Unione Europea per l’erogazione di nuovi crediti, nonostante le manifestazioni di protesta dei giorni scorsi e il rifiuto dell’opposizione di sostenere l’esecutivo.
Spagna
In Spagna il partito socialista ha avviato formalmente il processo per la designazione del successore di Zapatero, dopo la sconfitta elettorale della settimana scorsa. Il vice premier e ministro degli interni Rubalcaba sembra essere il candidato favorito ma l’ultima parola spetta alle primarie, in programma entro l’estate, in vista delle politiche del marzo prossimo. Intanto nel Paese prosegue la protesta contro le politiche del governo da parte degli "indignados". Oggi migliaia di giovani sono tornati in piazza a Barcellona, all’indomani dello sgombero da parte della polizia che ha provocato 120 feriti e l’arresto di un dimostrante. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 148