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Sommario del 27/05/2011
◊ Siate testimoni dell’amore di Dio, mantenendo forte il legame con il Magistero della Chiesa: è l’esortazione di Benedetto XVI che stamani ha ricevuto in Vaticano i partecipanti all’Assemblea generale di Caritas Internationalis, nel 60.mo di fondazione. Il Papa ha quindi esortato i fedeli laici a promuovere i “valori non negoziabili” con “coscienza purificata e cuore generoso”. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Il richiamo all’amore di Dio, il legame con la Chiesa: questa, ha sottolineato il Papa, è l’identità e la forza di “Caritas Internationalis”. Ed ha messo l’accento sul contributo che l’organismo offre di “una sana visione antropologica, alimentata dalla dottrina cattolica e impegnata a difendere la dignità di ogni vita umana”:
“Without a transcendent foundation…”
“Senza un fondamento trascendente, senza un riferimento a Dio Creatore”, ha avvertito il Pontefice, “rischiamo di cadere in preda ad ideologie dannose”. Ed ha ribadito che a “Caritas Internationalis” “spetta il ruolo di favorire la comunione tra la Chiesa universale e le Chiese particolari, come pure la comunione tra tutti i fedeli nell’esercizio della carità”. Al tempo stesso, ha proseguito, “è chiamata ad offrire il proprio contributo per portare il messaggio della Chiesa nella vita politica e sociale sul piano internazionale”. Nella sfera politica, ha affermato, “i fedeli, specialmente i laici, godono di un’ampia libertà di azione”:
“No one can claim to speak ‘officially’…”
“Nessuno – ha rilevato – può, in materie aperte alla libera discussione, pretendere di parlare ‘ufficialmente’ a nome dell’intero laicato o di tutti i cattolici”. D’altro canto, ha avvertito, “ciascun cattolico, anzi, in verità, ogni uomo, è chiamato ad agire con coscienza purificata e con cuore generoso per promuovere in maniera decisa quei valori che spesso ho definito come “non negoziabili”. Ecco perché “Caritas Internationalis” è chiamata “ad operare per convertire i cuori all’apertura verso tutti”, affinché ognuno, “nel pieno rispetto della propria libertà e nella piena assunzione delle proprie responsabilità personali, possa agire sempre ed ovunque in favore del bene comune”, e in particolare dei più bisognosi. Il Papa si è a lungo soffermato sull’identità di “Caritas Internationalis”:
“Being in the heart of the Church, being able…”
“Essere nel cuore della Chiesa; essere in grado, in certo qual modo, di parlare e agire in suo nome”, ha evidenziato, “comporta particolari responsabilità in termini di vita cristiana, sia personale che comunitaria”. Ed ha aggiunto: “Solo sulle basi di un quotidiano impegno ad accogliere e vivere pienamente l’amore di Dio, si può promuovere la dignità di ogni singolo essere umano”.
“In my first Encyclical, Deus Caritas est…”
“Nella mia prima Enciclica, ‘Deus Caritas est’ – ha detto il Papa – ho voluto riaffermare quanto sia centrale la testimonianza della carità per la Chiesa del nostro tempo”. Attraverso tale testimonianza, “la Chiesa raggiunge milioni di uomini e donne e rende loro possibile riconoscere e percepire l’amore di Dio, che è sempre vicino ad ogni persona che si trovi nel bisogno”. Per noi cristiani, ha detto ancora, “Dio stesso è la fonte della carità, e la carità è intesa non solo come una generica filantropia, ma come dono di sé, anche fino al sacrificio della propria vita in favore degli altri, ad imitazione dell’esempio di Gesù Cristo”:
“Caritas Internationalis differs from other social agencies…”
“Caritas Internationalis – ha osservato – è diversa da altre agenzie sociali perché è un organismo ecclesiale, che condivide la missione della Chiesa”. Questo, ha detto, “è ciò che i Pontefici hanno sempre voluto e questo è ciò che la vostra Assemblea generale è chiamata a riaffermare con forza”. Ricordando che “Caritas Internationalis” “è costituita fondamentalmente dalle varie Caritas nazionali” che costituiscono “un aiuto privilegiato per i vescovi nel loro esercizio pastorale della carità”, ha messo l’accento “su una speciale responsabilità ecclesiale” lasciandosi “guidare dai Pastori della Chiesa”. Ancora, ha detto, la Santa Sede “ha il compito di seguire la sua attività e di vigilare affinché tanto la sua azione umanitaria e di carità, come il contenuto dei documenti diffusi, siano in piena sintonia con la Sede Apostolica e con il Magistero della Chiesa”, e sia amministrata “in modo trasparente”. Questa “identità distintiva”, ha concluso Benedetto XVI, “è la forza di ‘Caritas Internationalis’, ed è ciò che rende la sua opera particolarmente efficace”.
◊ La Caritas Internationalis ha un nuovo segretario generale: Michel Roy è stato eletto ieri durante l’assemblea generale dell’organismo riunito da domenica scorsa a Roma sul tema “Una sola famiglia umana, zero povertà”. E’ un francese, responsabile del patrocinio internazionale presso il “Secours catholique Caritas France”: succede a Lesley-Anne Knight. Hélène Destombes, della nostra redazione francese, lo ha intervistato chiedendogli anzitutto di parlarci dell’impegno della Caritas Internationalis per i prossimi anni:
R. – L’accent doit être mis à mesure, dans un premier temps, sur le renforcement …
Inizialmente, l’accento dovrà essere posto sul rafforzamento della dinamica della rete delle varie Caritas, affinché tutti insieme possiamo portare la voce dei più poveri e la loro speranza in un mondo migliore da una dimensione locale ad una dimensione globale; quindi, portare la voce della Caritas Internationalis alle istituzioni internazionali.
D. – Nel corso dell’assemblea, è stata sollecitata più volte l’opportunità di risaldare i legami e l’interazione con la Santa Sede…
R. – Tout à fait! Il s’agit d’interaction: nous avons adhéré aux dynamiques qui …
Difatti: si tratta sostanzialmente di interazione. Noi abbiamo aderito alle dinamiche proposte, da un lato, dalla Chiesa universale, e dal canto suo la Chiesa universale si pone in ascolto delle grida e delle speranze che salgono dal basso e che arrivano per il tramite della Caritas. Si tratta quindi di operare un incrocio fecondo tra il modo in cui la Chiesa universale pensa la realizzazione del Regno di Dio, e il modo in cui i più poveri, per il tramite della rete della Caritas, vogliono costruire questo mondo migliore.
D. – Lei si troverà quindi a lavorare insieme al cardinale Rodriguez Maradiaga che è stato confermato presidente. Cosa si aspetta da questa collaborazione?
R. – Pour améliorer – si on peut dire – les relations avec le Saint Siège et pour faire …
Per migliorare – se così si può dire – i rapporti con la Santa Sede e per rendere le dinamiche positive e incisive, il cardinale Rodriguez Maradiaga è la persona giusta! Credo che il suo ruolo sia molto importante, e credo che si sia reso conto che sia oggi più importante che in passato che egli si faccia carico di questo suo ruolo di presidente della Caritas Internationalis.
D. – Questa assemblea è stata anche l’occasione per definire gli orientamenti dei prossimi quattro anni nella lotta contro la povertà. Quali sono le priorità?
R. – Il y a, dans le plan stratégique qui a été adopté, quatre orientations …
Nel piano strategico che è stato adottato, ci sono quattro orientamenti principali. Il primo riguarda il rafforzamento della risposta umanitaria della rete Caritas nelle situazioni d’emergenza; il secondo grande ambito è lavorare al coordinamento degli impegni della rete Caritas nel campo dello sviluppo umano integrale e durevole, e in questo campo il mio progetto prevede la facilitazione dell’ingresso in rete di quelle agenzie della Caritas che vogliono lavorare insieme su una base tematica, su campi specifici come la lotta all’Aids, l’accesso all’acqua, la sicurezza alimentare, le migrazioni … Tra tanti, un ambito mi sembra prioritario ed è quello che in realtà abbraccia tutti gli altri, ed è il raggiungimento degli obiettivi del Millennio per lo sviluppo, alla luce dello slogan presentato attualmente dalla Caritas e che recita: “Una sola famiglia umana, zero povertà”. L’idea è che andiamo verso una riduzione totale della povertà: è un’utopia, ma è importante avere davanti agli occhi una sollecitazione profetica come questa per ottenere una grande mobilitazione. Il terzo aspetto riguarda la lotta contro le strutture ingiuste, che creano povertà e violenza sul pianeta: il nostro primo riferimento è alla crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando e che coinvolge non soltanto i poveri nei Paesi del Nord, ma anche e sostanzialmente i Paesi del Sud. La finanza ha preso in ostaggio il pianeta: bisogna inventare un mondo nuovo, e in questo la rete Caritas deve svolgere un ruolo importante per contribuire a cambiare questo mondo. Il quarto aspetto, ed è quello più tipicamente “interno”, è quello di rafforzare la comunicazione tra di noi, rafforzare il coordinamento. E vorrei aggiungere un quinto punto, che in realtà non è stato presentato in sede di assemblea, ma che riguarda il radicamento spirituale della nostra rete, del nostro lavoro. Penso che sia necessario rinvigorire la dimensione che riguarda l’animazione della pastorale sociale che ci è stata affidata dalla Chiesa. Ecco i cinque “progetti” per i prossimi quattro anni nei quali mi vorrò impegnare. (gf)
Concerto in Vaticano offerto al Papa dal presidente ungherese Pál Schmitt
◊ Concerto questa sera alle 18.00 nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, offerto a Benedetto XVI dal presidente della Repubblica di Ungheria, Pál Schmitt, in occasione della presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea e a 200 anni dalla nascita di Ferenc Liszt. L’Orchestra Filarmonica Nazionale Ungherese, il Gruppo Corale Nazionale e il tenore István Horváth eseguiranno tre composizioni di Listz e Zoltán Kocsis – La marcia festiva per l’anniversario della nascita di Goethe, la Valle di Obermann e l’Ave Maria (Le Campane di Roma) – e il Salmo 13 di Liszt. Dirige il Maestro Zoltán Kocsis. Sul significato di questo evento ascoltiamo il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, intervistato da Marta Vertse:
R. - In Ungheria è ancora vivo il ricordo dell’ingresso del popolo ungherese nella comunità dei popoli cristiani d’Europa: mille anni or sono, infatti, è stato il primo re cristiano, Santo Stefano, che ha organizzato la gerarchia e la missione tra gli ungheresi e che ha ricevuto la sua corona da Papa Silvestro II. Quindi, il ruolo della Santa Sede nella nostra adesione all’Europa è stato, sin dalla sua origine, fondamentale. Tuttora è viva questa convinzione e vogliamo quindi esprimere con gratitudine la nostra vicinanza alla Santa Sede e al Successore di San Pietro. Malgrado oggi l’Europa sia abbastanza secolarizzata, quelle idee e quelle convinzioni, che molti europei condividono grazie alla fede cristiana, costituiscono una forza che ci aiuta a superare i problemi della vita dei nostri giorni. Quindi, secondo me, questo gesto del governo ungherese costituisce anche un incoraggiamento e un segno di speranza per il futuro. (mg)
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina alcuni presuli della Conferenza episcopale dell’India in visita "ad Limina". Il Santo Padre riceve questo pomeriggio in udienza, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, il presidente della Repubblica di Ungheria, Pál Schmitt, con la consorte.
Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Galle (Sri Lanka) il rev. Raymond Wickramasinghe, professore di teologia morale al Seminario nazionale Nostra Signora di Lanka. Il rev. Raymond Wickramasinghe è nato il 31 agosto 1962 a Uthuwankanda (Mawanella), nell’attuale diocesi di Ratnapura. Ha studiato in patria la Filosofia e la Teologia, presso il Seminario maggiore nazionale di Nostra Signora di Lanka, Ampitiya, Kandy. È stato ordinato sacerdote il 5 agosto 1989 ed incardinato nella diocesi di Galle.
◊ “La fede non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale”. Così il Papa nella Basilica di Santa Maria Maggiore dove ha presieduto la recita del Santo Rosario, insieme con i vescovi italiani riuniti in Assemblea generale. Nel 150.mo dell’Unità nazionale, Benedetto XVI e la Chiesa italiana hanno affidato l’intera nazione a Maria, invocata con i titoli di Salus Populi Romani e di Mater Unitatis. Il Papa ha auspicato il superamento pregiudiziale della contrapposizione politica. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, nel suo indirizzo di saluto ha parlato di necessità di “un sussulto di responsabilità” politica “da parte di tutti”. Massimiliano Menichetti:
L’affidamento a Maria che tutta si è consegnata al Padre, la difesa della vita e della famiglia, la necessità di superare le pregiudiziali contrapposizioni politiche, il dialogo tra il Nord e il Sud del Paese, l’auspicio affinché il precariato non sia la regola nel mondo del lavoro. Sono i principi richiamati dal Papa ai vescovi italiani riuniti in preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Benedetto XVI ha ribadito che l’Italia “celebrando i centocinquant’anni della sua unità politica” “può essere orgogliosa della presenza e dell’azione della Chiesa”.
"La fede, infatti, non è alienazione: sono altre le esperienze che inquinano la dignità dell’uomo e la qualità della convivenza sociale! In ogni stagione storica l’incontro con la parola sempre nuova del Vangelo è stato sorgente di civiltà, ha costruito ponti fra i popoli e ha arricchito il tessuto delle nostre città, esprimendosi nella cultura, nelle arti e, non da ultimo, nelle mille forme della carità".
La Chiesa ha sottolineato il Papa “non persegue privilegi né intende sostituirsi alle responsabilità delle istituzioni politiche, è attenta a sostenere i diritti fondamentali dell’uomo”, rispetta la "legittima laicità dello Stato". In questa prospettiva - ha proseguito - è il contributo alla costruzione del bene comune. Quindi il richiamo alla promozione e tutela della "vita umana in tutte le sue fasi" e il sostegno alla famiglia:
"Questa rimane, infatti, la prima realtà nella quale possono crescere persone libere e responsabili, formate a quei valori profondi che aprono alla fraternità e che consentono di affrontare anche le avversità della vita".
E guardando al mondo del lavoro il Papa rileva le difficoltà ad accedere ad una piena e dignitosa occupazione chiedendo ogni sforzo possibile per superare il diffuso precariato:
"Mi unisco, perciò, a quanti chiedono alla politica e al mondo imprenditoriale di compiere ogni sforzo per superare il diffuso precariato lavorativo, che nei giovani compromette la serenità di un progetto di vita familiare, con grave danno per uno sviluppo autentico e armonico della società".
Nella sintesi dell’anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia che “richiama ad una memoria condivisa” e alle sfide della prospettiva futura, il Papa chiede ai vescovi di incoraggiare le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa:
"Non esitate a stimolare i fedeli laici a vincere ogni spirito di chiusura, distrazione e indifferenza, e a partecipare in prima persona alla vita pubblica. Incoraggiate le iniziative di formazione ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, affinché chi è chiamato a responsabilità politiche e amministrative non rimanga vittima della tentazione di sfruttare la propria posizione per interessi personali o per sete di potere".
Punto di forza - ha affermato il Pontefice - è il sostegno alla “vasta rete di aggregazioni e di associazioni che promuovono opere di carattere culturale, sociale e caritativo”. Poi guardando alla realtà nazionale ha auspicato rinnovate occasioni d’incontro, nel segno della reciprocità, tra Settentrione e Mezzogiorno:
"Aiutate il Nord a recuperare le motivazioni originarie di quel vasto movimento cooperativistico di ispirazione cristiana che è stato animatore di una cultura della solidarietà e dello sviluppo economico. Similmente, provocate il Sud a mettere in circolo, a beneficio di tutti, le risorse e le qualità di cui dispone e quei tratti di accoglienza e di ospitalità che lo caratterizzano".
Ai vescovi ha chiesto di continuare a coltivare uno spirito di sincera e leale collaborazione con lo Stato. Ed “in una stagione, nella quale emerge con sempre maggior forza la richiesta di solidi riferimenti spirituali, sappiate porgere a tutti – ha evidenziato - ciò che è peculiare dell’esperienza cristiana: la vittoria di Dio sul male e sulla morte, quale orizzonte che getta una luce di speranza sul presente”.
Benedetto XVI ha poi posto sotto “la protezione della Mater Unitatis”, la Madre dell’Unità, “tutto il popolo italiano, perché il Signore gli conceda i doni inestimabili della pace e della fraternità e, quindi, dello sviluppo solidale”:
"Aiuti le forze politiche a vivere anche l’anniversario dell’Unità come occasione per rinsaldare il vincolo nazionale e superare ogni pregiudiziale contrapposizione: le diverse e legittime sensibilità, esperienze e prospettive possano ricomporsi in un quadro più ampio per cercare insieme ciò che veramente giova al bene del Paese".
"L’esempio di Maria – ha concluso - apra la via a una società più giusta, matura e responsabile, capace di riscoprire i valori profondi del cuore umano”:
"La Madre di Dio incoraggi i giovani, sostenga le famiglie, conforti gli ammalati, implori su ciascuno una rinnovata effusione dello Spirito, aiutandoci a riconoscere e a seguire anche in questo tempo il Signore, che è il vero bene della vita, perché è la vita stessa".
Convegno sull'Aids. Mons. Zimowsky: la Chiesa sempre in prima linea al fianco dei malati
◊ “La centralità della cura della persona nella prevenzione e nel trattamento della malattia da Hiv/Aids”. E’ il tema del convegno internazionale di studio promosso dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e dalla Fondazione “Il Buon Samaritano” che si aprirà oggi pomeriggio a Roma. L’obiettivo dell’incontro è di individuare percorsi virtuosi, in diversi ambiti, in grado di garantire risposte più adeguate alle esigenze dei malati di Aids. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La Chiesa è stata tra le prime realtà ad affrontare la piaga dell’Aids e continua ad essere in prima linea nella lotta contro questa malattia. Attualmente, gestisce il 25 per cento di tutti i servizi di prevenzione e di cura del mondo. Scopo del convegno è di stimolare nuove sinergie per migliorare la rete medica e assistenziale, come sottolinea mons. Zygmunt Zimowsky, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari:
“Con quest’iniziativa si intende contribuire all’individuazione di percorsi medico-scientifici, educativi ed assistenziali, capaci di stimolare le sinergie tra le evidenze medico-scientifiche, gli aspetti di umanizzazione e di equità e di orientamenti magisteriali e pastorali che devono guidare la cura della persona malata”.
I dati relativi alla diffusione dell’Hiv sono ancora allarmanti. L’Aids è una delle prime cause di morte nel mondo, soprattutto nell’Africa subsahariana. In circa 30 anni, 60 milioni di persone sono state contagiate e oltre la metà sono già decedute. Ma il numero delle vittime legate all’Aids non comprende solo i malati o le persone contagiate. Ancora mons. Zygmunt Zimowsky:
“Non sarà mai possibile determinare con precisione il numero di vittime indirette che la pandemia ha causato e sta causando. Tra queste vi sono vedove, orfani, interi nuclei familiari, privati degli adulti in età lavorativa e dunque non più in grado di generare il reddito necessario alla sopravvivenza di chi dipende da loro”.
Ma di quali strumenti, nel contesto mondiale, dispone oggi la Chiesa per arginare la piaga dell’Aids? Romilda Ferrauto lo ha chiesto a mons. Jean-Marie Mpendawatu, sottosegretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari:
R. – La Chiesa cattolica dispone oggi di più di 117 mila centri sanitari. Riceviamo anche delle richieste, dei progetti. In modo particolare, li riceviamo dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina. Ci sono famiglie che vivono con meno di un dollaro, c’è una drammatica carenza di medicine, di formazione, di solidarietà. La Chiesa si fa veramente portavoce, ancora oggi, per promuovere l’aiuto e la solidarietà della comunità politica, anche a livello internazionale, per venire incontro ai bisogni dei nostri fratelli colpiti.
D. – Al convegno interverranno vari esperti…
R. – Ci saranno moltissime personalità, anche di calibro internazionale. A dare la parola della Chiesa, per il Santo Padre, ci sarà sua eminenza il cardinale Tarcisio Bertone. Anche dall’Europa ci sarà una voce autorevole, quella del commissario europeo che è responsabile per la salute e la politica dei consumatori, John Dalli. Abbiamo invitato molte tra le maggiori personalità dei diversi settori collegati e collegabili alla tematica, anche non cattolici e con convincimenti non sempre totalmente armonici rispetto alla Chiesa.
D. – Al convegno parteciperanno anche dei non cattolici. Si sa che sull’Aids – soprattutto sulla prevenzione – le prese di posizione a volte non convergono. Vuol dire che la Chiesa non ha paura di confrontarsi, di difendere la sua opinione ed anche dialogare con chi non è forse del tutto d’accordo…
R. – Pur rispettando l’opinione di ognuno, la Chiesa è comunque convinta che solo aiutando la società a scoprire e a riscoprire i veri valori della persona, la vera dignità della sessualità e della famiglia, potremo evitare questo diffondersi di questa sindrome, che comunque, alla base, trova purtroppo – come suo fondamento - un’immunodeficienza sul piano dei valori morali. Il vero rimedio, duraturo, per una prevenzione che sia davvero efficace, è senza dubbio il cambiamento di comportamento e quindi gli stili di vita. (vv)
Il cardinale Tauran in Corea del Sud: proseguire sulle vie del dialogo interreligioso
◊ La visita del cardinale Jean Louis Tauran in Corea rappresenta “per la Chiesa coreana un impulso a proseguire sulle strade del dialogo”: lo dichiara all'agenzia Fides mons. Peter Kang, vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale della Corea, tracciando un positivo bilancio della visita del porporato che si è conclusa oggi. “In Corea abbiamo tradizionalmente ottimi rapporti con le altre comunità religiose. La visita del cardinale conferma la bontà di questo nostro approccio. Inoltre dà un segnale e lascia una impressione molto favorevole nelle altre comunità religiose, che hanno espresso sentimenti di stima e riconoscenza verso la Chiesa cattolica per questi passi”, spiega il vescovo, rimarcando che “tutta la stampa coreana ha riportato con evidenza la notizia della visita, parlandone come di un evento molto positivo per l’attenzione alle altre religioni”. Il cardinale Jean Louis Tauran e l’arcivescovo Pier Luigi Celata, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, erano giunti in Corea del Sud il 23 maggio scorso, su invito della Commissione episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. La delegazione vaticana ha incontrato il presidente della Repubblica, il ministro della Cultura e il direttore per gli Affari Religiosi. Incontrando il cardinale, il presidente della Corea, Lee Myung Bak, ha espresso la speranza di piena libertà religiosa in Nord Corea, mentre il porporato ha sottolineato che il tema dell’unificazione è importante, ed è un cammino che si può realizzare attraverso amicizia, scambi culturali e religiosi. Il cardinale Tauran e l’arcivescovo Celata hanno visitato il “Jogye Order” (ordine rappresentativo del Buddismo coreano tradizionale), il Centro del Buddismo Coreano e al Centro del Confucianesimo Coreano, concludendo la vista con la celebrazione della Santa Messa al Santuario dei Martiri Coreani “Cheoldusan”.
◊ Dialogo interreligioso, pace, giustizia e gli attuali cambiamenti nel mondo arabo, sono stati i temi al centro della quarta riunione del Consiglio Speciale per il Medio Oriente della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi che si è svolta il 17 e 18 maggio scorsi in Vaticano. Il segretario generale, mons. Nikola Eterović, ha presieduto i lavori, ai quali hanno preso parte tutti i membri del Consiglio. Nel suo intervento iniziale il segretario generale, dopo aver rivolto un pensiero particolare al nuovo patriarca di Antiochia dei Maroniti, Béchara Boutros Raï, ha ricordato le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI circa la situazione in Medio Oriente e nei Paesi del Nord Africa. Per quei popoli che stanno soffrendo un’ora di passione il Santo Padre ha invocato la luce del Signore Risorto, non senza aver sollecitato la solidarietà di tutti come anche il dialogo, il negoziato e le più opportune mediazioni diplomatiche, per raggiungere la pace nella giustizia per tutti. Negli interventi dei membri del Consiglio sono risuonati i motivi di speranza e di preoccupazione delle popolazioni mediorientali, inclusi i cristiani, rilevando le gravi responsabilità dei politici locali e internazionali, che dovrebbero garantire gli stessi diritti a tutti i cittadini di diversa appartenenza etnica, religiosa o culturale. La convivenza delle religioni – è stato affermato - è essenziale per lo sviluppo della conoscenza reciproca e della tolleranza, per promuovere rapporti pacifici e proficui nella collaborazione per il bene comune. Si è detto inoltre che appaiono sempre più esigenti le richieste di dialogo ecumenico e interreligioso, che stimolano la ricerca di comunione e di testimonianza da parte dei discepoli del Signore allo scopo di vivere la fede nella carità e nella speranza di tempi migliori, che bisogna costruire con pazienza, perseveranza e amore. Una particolare attenzione è stata rivolta alla stesura di una sintesi dei documenti sinodali e specialmente delle Proposizioni, allo scopo di preparare un quadro il più completo possibile del lavoro sinodale, in vista della redazione dell’Esortazione Apostolica Postsinodale, che, come per le altre Assemblee Speciali, il Santo Padre Benedetto XVI pubblicherà a suo tempo. I membri del Consiglio, dopo essersi divisi in due gruppi di lavoro, hanno discusso una bozza di testo, raccogliendo le loro conclusioni e confrontandole poi in riunione plenaria, perché fossero incluse nella bozza stessa come revisione e integrazione dei contenuti e della forma letteraria. I lavori si sono conclusi con la convocazione di una nuova riunione di un gruppo ristretto di redattori nei giorni 6-7 del prossimo mese di luglio.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il Papa e l’Italia: in prima pagina, un editoriale del direttore sul discorso di Benedetto XVI ai vescovi della Conferenza episcopale italiana riuniti a Roma per l’assemblea generale.
In piena sintonia con la Sede Apostolica: il Papa all’assemblea della Caritas Internationalis.
Pagine nuove per la ex-Jugoslavia: Pierluigi Natalia all’indomani dell’arresto di Ratko Mladic.
Giuseppe M. Petrone sulla crescente tensione in Georgia dopo i disordini tra polizia e manifestanti.
Dal vero primato al nuovo Risorgimento: in cultura, Andrea Possieri recensisce il libro di Giovanni Sale “L’Unità d’Italia e la Santa Sede”.
Quando la rivoluzione divora se stessa: Gaetano Vallini sul volume di Nicolas Werth “Nemici del popolo. Autopsia di un assassinio di massa. Urss, 1937-1938”.
Uguali mai: Giulia Galeotti recensisce il libro “Volere e volare. Un romanzo e altre storie” di Carlo Bellieni e Luigi Vittorio Berliri.
Wolfgang e Ludwig a zonzo nei viceregno: il saggio di Maria Andaloro nel libro “Il Palazzo reale di Palermo”.
Non ci sono più gli atei di una volta: la provocazione del cardinale Gianfranco Ravasi su “L’Espresso”.
Vertice del G8: piano di aiuti per i Paesi protagonisti della primavera araba
◊ Secondo e ultimo giorno del G8 a Deauville, in Francia, dove da ieri i grandi del mondo si confrontano sulle emergenze internazionali del momento. Le situazioni di Libia, Siria, Tunisia, Egitto e Medio Oriente i temi centrali della bozza del documento finale del vertice. Marco Guerra:
La cosiddetta primavera araba è tema principale sul tavolo del G8. I grandi della terra non si sono limitati ad esprimere il loro appoggio ai movimenti di protesta, ma intendono varare un pacchetto di aiuti e prestiti per 40 miliardi di dollari a favore dei governi che stanno procedendo nella riforma del sistema politico del proprio Paese. A beneficiarne saranno soprattutto Tunisia ed Egitto. I Paesi del Nord Africa si incontreranno prima della fine di giugno per definire i dettagli del programma. Al centro dei lavori anche le crisi in Libia e Siria. Il G8 si dice pronto a “misure” contro il governo siriano di Assad ma non cita possibili azioni al consiglio di sicurezza dell'Onu, come invece ipotizzato in mattinata. I leader delle principali potenze del mondo chiedono inoltre “l'immediata cessazione dell'uso della forza del regime Libico contro i civili” e “sostiene una soluzione politica nel Paese”. Su Gheddafi è stata però ribadita la necessità che se ne vada e la volontà di portare avanti l’intervento militare. Restando sul Medio Oriente, il G8 ha espresso un “forte sostegno” all'appello lanciato dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, perché l'iniziativa di pace tra Israele e Palestina si basi sui confini del 1967, e ha lanciato un appello al rilascio del soldato israeliano Shalit, tenuto prigioniero da Hamas dal 2006. Nel documento finale si parla anche dello sviluppo di Internet e dell’uso etico della rete. Restano invece le distanze sul clima: Stati Uniti, Russia, Giappone e Canada rifiutano un accordo vincolante per ridurre le emissioni di gas serra, da sottoscrivere alla conferenza sul clima in Sud Africa in programma a dicembre.
Dunque, dal G8 viene un forte appoggio alla cosiddetta “primavera araba”. Ma basterà la strategia del finanziamento a garantire democrazia e stabilità in questi Paesi che escono da rivolgimenti sociali e politici epocali? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Angelo Inzoli, della rivista Popoli:
R. – La scelta che è stata fatta rimane quella classica, cioè di creare un fondo che dovrebbe essere erogato attraverso il Fondo Monetario Internazionale. Quindi è il metodo tradizionale della cooperazione e dell’aiuto allo sviluppo per i Paesi emergenti. Quello che si può dire è che forse questo stanziamento arriva in un momento in cui ancora non è stata realizzata una valutazione critica dell’efficacia degli sforzi fatti negli anni precedenti attraverso questo strumento.
D. – Quanto può servire l’esperienza recente con i fallimenti che questa procedura ha avuto, ad esempio in Afghanistan e in Iraq?
R. – Il problema di fondo è che tutte le volte che c’è questo stanziamento di risorse economiche su realtà locali che non sono affidabili, questi soldi, alla fine, non produrranno un grande risultato. Certo, oggi i grandi Paesi sono di fronte ad un grande problema di fondo: il petrolio e la necessità di risorse energetiche, garantire le risorse energetiche nei prossimi 20 anni. E’ chiaro che questa è un’area determinante per questi problemi, però, attraverso queste risorse che vengono erogate si cerca sostanzialmente di controllare questa primavera dei Paesi arabi. Io non so se ce la faranno, perché bisogna anche dire che questa primavera è arrivata senza che, in qualche modo, i grandi Paesi si rendessero conto che pochi si stavano muovendo. Quindi bisognerà vedere come, concretamente, su quali punti e quali settori verranno investiti questi soldi, chi li gestirà e ancora non sappiamo bene, all’interno dei singoli Paesi, quali sono le nuove elite politiche che si stanno costruendo. Ci sono molti problemi. La mia impressione è che attraverso questi aiuti frettolosi, senza che una valutazione del passato sia fatta e senza che ci sia ancora una chiara visione di come andranno le cose, ci sia un tentativo di influenzare politicamente il cambiamento che sta avvenendo. Chiunque andrà al potere dovrà fare i conti con il nostro aiuto. (vv)
Serbia: per il tribunale di Belgrado Ratko Mladic è trasferibile all'Aja
◊ Per il Tribunale speciale di Belgrado, Ratko Mladic, l’ex capo militare dei serbi di Bosnia arrestato ieri in Serbia, è nelle condizioni per essere trasferito al Tribunale penale internazionale dell'Aja. Il tribunale internazionale dell'Aja accusa l’ex generale di genocidio, persecuzioni politiche, religiose e razziali, sterminio, omicidio e deportazioni, attacchi a civili e presa di ostaggi. La procedura per l'estradizione all'Aja potrebbe durare anche due settimane. Per un commento sull’arresto di Mladic, Cecilia Seppia ha sentito Fulvio Scaglione, vice direttore di Famiglia Cristiana:
R. – Io credo che l’arresto di Mladic possa essere in qualche modo - e fatte le dovute proporzioni - equiparato all’eliminazione di Osama Bin Laden. Non si può restare per 15 anni o più latitanti e con una latitanza piuttosto vistosa, perché si tratta comunque di personaggi che non sono difficili da notare, senza avere delle coperture politiche e nel caso di Mladic anche militari: probabilmente gli ambienti militari serbi si sono incaricati di proteggerlo a lungo. Per la Serbia questa latitanza era diventata veramente imbarazzante e soprattutto alla luce delle ambizioni serbe di entrare in Europa.
D. – A questo proposito il presidente serbo Tadic ha dichiarato: “Penso che ora la porte dell’Europa si apriranno” e ha voluto sottolineare l’ingresso della Serbia comunque in una nuova fase. Quali sono gli scenari possibili?
R. – L’Unione Europea e le istituzioni internazionali hanno sempre chiesto alla Serbia di garantire la massima collaborazione nella cattura di criminali di guerra ancora latitanti. Certamente adesso che questa cattura è avvenuta la Serbia può in qualche modo passare all’incasso o comunque chiedere che i suoi sforzi vengano riconosciuti. Credo che, comunque, la Serbia avesse fatto grossi sforzi anche per digerire l’indipendenza del Kosovo proprio in quest’ottica. Chiaramente la Serbia, la nuova Serbia, la Serbia di questi tempi ha mollato l’aggancio con Mosca e cerca, con molta voglia ed anche ormai con un filo di disperazione, di procurarsi un aggancio con Bruxelles.
D. – Ecco, si può parlare del raggiungimento di una maturità democratica della Serbia?
R. – Certamente sono passi importanti, sono passi significativi e non tanto perché a questo punto è stato catturato Mladic, ma perché la cattura di Mladic dimostra che probabilmente anche il presidente e il governo della Serbia hanno una presa maggiore sia sugli ambienti politici oltranzisti, sia sugli ambienti militari, che sono anche politici e che per Mladic e per le sue azioni hanno sempre avuto un occhio di riguardo. A questo punto, probabilmente, la cattura di Mladic significa che le autorità attuali della Serbia si sentono più sicure del proprio potere. (mg)
In Serbia sono ancora profonde le ferite causate dalla guerra. E’ quanto sottolinea, al microfono di Giada Aquilino, mons. Ladislav Nemet, vescovo ungherese a capo della diocesi di Zrenjanin, città nel nord della Serbia a pochi chilometri di distanza dalla località dove ieri è stato arrestato Ratko Mladic:
R. - Ci sono ancora molte ferite aperte; ci sono ancora molte persone che non sono state trovate; ci sono famiglie distrutte. Molti serbi che vivono nella mia diocesi sono venuti dopo il ’95: hanno lasciato la Bosnia ed hanno trovato un nuovo posto dove iniziare una nuova vita, ma sono ancora amareggiati perché non possono tornare. Quindi, le ferite sono ancora grandi. Per alcuni il generale Mladic è ancora il più grande eroe serbo. Naturalmente si tratta soltanto di una minoranza: la giovane generazione, quella nata dopo la guerra, quella che ha già vissuto un’esperienza di Europa, pensa in modo diverso ed è certamente più aperta. Il problema in Serbia è la grande povertà, ma anche il potere di alcuni gruppi, che sono ancora radicati nel nazionalismo e nello sciovinismo.
D. - Proprio in relazione a questi gruppi, ma anche alle divisioni che ci sono state, esistono ancora oggi queste divisioni?
R. - Senz’altro, esistono a livello politico, anche se ci sono buone relazioni fra Paesi come la Bosnia-Erzegovina, la Slovenia, la Croazia e la Serbia. Ci sono, però, tantissime domande che non hanno ancora avuto risposta e c’è il problema relativo ai beni culturali, rubati durante la guerra. Il segno della speranza è rappresentato dalla giovane generazione che vorrebbe riuscire a chiudere questo capitolo e aprirsi allo sviluppo, ad una cultura più aperta. La Jugoslavia, prima della guerra, era un Paese più aperto ai valori europei. Adesso sentiamo nuovamente questo bisogno, tra i giovani, di aprirsi di più alla cultura europea. Speriamo che ora anche l’arresto del generale Mladic ci aiuti ad arrivare ad una riconciliazione veramente sincera. (mg)
Conclusa l'assemblea della Cei: conferenza stampa del cardinale Bagnasco
◊ I vescovi italiani ribadiscono che gli abusi sessuali compiuti da ministri ordinati sono una piaga infame e che sull’integrità dei sacerdoti non si può transigere. Si è discusso anche di questo nella 63.ma assemblea generale della Cei che si è chiusa questa mattina in Vaticano. Nella conferenza stampa finale, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, si è detto fiducioso sulla vertenza Fincantieri. Alessandro Guarasci:
Gli abusi sessuali da parte di sacerdoti sono una piaga aperta. Ma i vescovi affermano che chiarezza, trasparenza e decisione, unite a pazienza e carità, sono la via della perenne riforma della Chiesa. Già prima del maggio 2012 la Cei presenterà alla Congregazione della Fede le linee guida in merito. L’episcopato italiano ha a cuore però anche il mondo del lavoro, soprattutto in questo momento di crisi. In questi giorni è esplosa la vicenda Fincantieri. Il cardinale Angelo Bagnasco:
“Auspico e ho fiducia, oso dire questo, nella volontà e nella capacità di affronto unitario propositivo che i responsabili di questa importante presenza italiana che è la Fincantieri avrà con i sindacati”.
Sul fronte politico, i vescovi ribadiscono che obiettivo degli amministratori deve essere il bene comune. Non c’è più un partito unico dei cattolici, ma questi si devono confrontare sul terreno dei valori. No quindi alle polemiche, come il trasferimento dei Ministeri al Nord:
“L’Unità nazionale è un valore imprescindibile, è una conquista. E’ una conquista che ha avuto un suo percorso, che è stato celebrato – questo percorso – con le sue luci, ombre in questo anno, 150.mo anniversario dell'unità, ma ormai è un valore irrinunciabile imprescindibile”.
Presto comunque sarà fatto il punto della situazione tra le iniziative di formazione delle diocesi e delle aggregazioni laicali. Altro tema l’immigrazione, soprattutto dal Nord Africa, che ripropone il tema dell’Europa come soggetto unico, dice il cardinale Bagnasco:
“Mi pare che la situazione di emergenza umanitaria dovrebbe essere un appuntamento della storia, che la storia dà all’Europa, perché l’Europa di fronte a questa situazione dovrebbe interrogare se stessa su chi vuole essere”.
Ancora un grazie alla gente di Lampedusa per la propria capacità d’accoglienza.
Nuove speranze per i malati di epatite C
◊ Nel mondo una persona su 12 ha l’epatite B o C, ma la maggior parte non sa di aver contratto la malattia. I morti a causa dell’epatite sono ogni anno più di un milione. Sono inoltre almeno 500 milioni i portatori cronici. Si tratta di un dato 10 volte superiore rispetto a quello che riguarda i malati di Aids. In Italia sono circa due milioni gli inconsapevoli portatori di un’epatite. Per sensibilizzare ed eliminare lo stigma spesso associato a questa malattia, si celebra oggi in Italia la Giornata nazionale dell’epatite. Sui vari tipi di epatite, ascoltiamo il prof. Antonio Gasbarrini, ordinario di gastroenterologia dell’Università Cattolica, intervistato da Eliana Astorri:
R. – Si distingue tra epatite acuta, quella che viene rapidamente, determina un innalzamento delle transaminasi, a volte fa diventare gialle le persone, e l’epatite cronica. L’epatite acuta può essere data da varie cause ma se parliamo di cause virali le principali sono i tre virus A, B e C dell’epatite. Però, solamente i virus B e C cronicizzano. Infatti, il virus A in genere è un virus molto poco pericoloso. In buona parte dei casi è possibile che i virus B e C, invece, non siano eliminati dall’organismo e pertanto vengano a determinare una forma cronica di infiammazione del fegato, la cosiddetta epatite cronica.
D. – Quali sono le cause che provocano l’epatite A?
R. – Generalmente, l’epatite A si può trasmettere solo per via cosiddetta oro-fecale, cioè solamente - generalmente - per contagio con cibi infetti. Le epatiti B e C si trasmettono per via parenterale, cioè per contatto con liquidi infetti. Almeno la metà della popolazione italiana durante la propria vita viene a contatto con il virus A, che è un virus che dà solo una forma acuta di epatite, non cronicizza mai e non è quasi mai pericoloso.
D. – Quali sono i sintomi?
R. – I sintomi dell’epatite, in generale, possono essere nulla, cioè può non esserci alcuna sintomatologia. Spesso l’epatite E passa inosservata o passa come una banale gastroenterite: un po’ di dolori addominali, un po’ di diarrea, un po’ di stanchezza. A volte però le epatiti possono anche essere molto gravi: grande stanchezza, possono far diventare gialle le persone, possono dare febbre. In alcuni casi poi, fortunatamente molto rari, i virus dell’epatite possono dare la cosiddetta epatite iperacuta o fulminante, che può essere una malattia anche mortale.
D. – Però si può prevenire con un vaccino?
R. – L’epatite A e l'epatite B si possono prevenire con un vaccino. Purtroppo, invece, per l’epatite C non esiste ancora un vaccino e in questo caso l’unica metodica è essere molto cauti ed evitare il contatto con liquidi infetti. In Italia si stima che ci siano 600, 700 mila persone infette da virus B dell’epatite e oltre un milione e mezzo di persone infette da virus C dell’epatite in maniera cronica: se le sommiamo, superiamo i due milioni e mezzo di persone, quindi quasi il 5 per cento della popolazione. Anche l’epatite C, fortunatamente, si può trattare anche se la cura non è efficace come quella per l’epatite B. Nel 2012, invece, ci sarà una vera e propria rivoluzione, perché prima sul mercato americano poi su quello europeo, e quindi anche su quello italiano, arriveranno nuovi farmaci chiamati “inibitori delle proteasi”. Questi farmaci riusciranno a recuperare tutta una serie di pazienti che non era stato possibile curare prima con le terapie presenti nel nostro Paese. (bf)
Nuove violenze anticristiane in Pakistan. La Chiesa: difendere le minoranze
◊ Non accennano ad arrestarsi le violenze anticristiane in Pakistan. Un potente uomo d’affari musulmano, con l’aiuto di un gruppo di complici, ha sequestrato due sorelle cristiane, le ha convertite all’islam e sposata una con la forza. Il padre delle giovani ha denunciato il rapimento alla polizia, ma le forze dell’ordine hanno negato l’apertura dell’inchiesta ribaltando la realtà dei fatti: le figlie sarebbero fuggite a causa delle violenze del padre. A raccontare il dramma alle agenzie AsiaNews e Fides è il padre, Rehmat Masih, un falegname cristiano del distretto di Jhung, a Faisalabad, nella provincia del Punjab teatro di ripetute violenze contro la minoranza religiosa. “Muhammad Waseem – spiega il genitore – è un uomo d’affari musulmano della zona. Alcune settimane fa egli è venuto a casa mia, insieme a uomini armati, dicendo che era interessato alle mie figlie e intendeva sposarle”. Masih ha sporto denuncia alla polizia, ma le autorità non hanno voluto aprire un’inchiesta. Il 24 maggio il drammatico epilogo: “Le mie figlie rientravano dal mercato – racconta – e un veicolo di proprietà di Muhammad Waseem le ha intercettate e gettate al suo interno, portandole via”. Il genitore è tornato alla polizia, per denunciare il rapimento. In risposta, gli agenti hanno affermato che “Waseem è un rispettato e stimato uomo d’affari”, le accuse contro di lui sono “false”. Per le autorità, le ragazze sarebbero fuggite perché il padre è un alcolizzato che avrebbe “abusato” delle due con “azioni immorali”. Un vicino di casa si schiera a difesa del padre cristiano, sottolineandone la bontà e l’integrità. “Conosco Rehmat da 20 anni – spiega ad AsiaNews Malik Shahid – ed un uomo rispettabile. Non ho mai udito parole fuori luogo uscire dalla sua bocca”. Padre John William, sacerdote della diocesi di Faisalabad, conferma che il sequestro di giovani donne è ormai “una pratica comune”, anche perché i funzionari addetti al controllo e alla sicurezza sono “burattini nelle mani degli estremisti”. Le ragazze cristiane e indù, continua il sacerdote, sono obbligate a sposare musulmani, convertendosi all’islam, mentre polizia e autorità locali “sono pagate” per dirimere le questioni burocratiche per evitare denunce. Sempre nella turbolenza provincia del Punjab, roccaforte di diversi gruppi estremisti, si registrano altri due episodi di violenza e prevaricazione nei confronti della minoranza cristiana. Il Pakistan Christian Post (Pcp) riferisce che un gruppo di proprietari terrieri musulmani ha profanato e distrutto alcune tombe in un cimitero cristiano, arando il terreno su cui si trovavano con trattori. Mentre una 29enne cristiana è stata sequestrata da un collega di lavoro musulmano, malmenata, narcotizzata e costretta a subire violenza sessuale di gruppo. Entranbi i casi sono stati denunciati alla polizia, anche questa volta le autorità non hanno voluto aprire un’inchiesta. Dei due episodi si sta occupando la sezione di Faisalabad della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica pakistana (Ncjp). Padre Joseph Jamil, sacerdote a Faisalabad, condanna con forza le violenze ai danni dei cristiani e conferma che “la Chiesa segue da vicino la vicenda”. Il sacerdote punta il dito contro il governo, che “deve farsi carico della situazione” e difendere la minoranza. (M.G.)
Concluso a Bose l'incontro della Commissione per il dialogo tra cattolici e anglicani
◊ Si è concluso oggi il primo incontro della terza fase di dialogo della Commissione internazionale anglicana-cattolica (denominata Arcic III) che ha riunito nel Monastero di Bose, dal 17 maggio, diciotto teologi cattolici e anglicani. La Commissione, presieduta dal rev. David Moxon (arcivescovo anglicano della Nuova Zelanda) e da mons. Bernard Longley (arcivescovo cattolico di Birmingham), ha lavorato – si legge in un comunicato diffuso oggi dalla Comunione anglicana e ripreso dall'agenzia Sir - sul “programma stabilito da Papa Benedetto XVI e dall'arcivescovo Rowan Williams nel 2006” che richiede come obiettivo “l’impegno comune a ristabilire la piena comunione nella fede e nella vita sacramentale”. Obiettivo – si legge nel comunicato – che “essere inteso e perseguito oggi”. Le discussioni si sono concentrate sui due temi interdipendenti: “La Chiesa come comunione, locale e universale" e "Come, nella comunione, la Chiesa locale e universale giunge a discernere il giusto insegnamento etico". Nel comunicato si fa riferimento al metodo utilizzato in questi giorni di lavoro affermando che “la Commissione è stata particolarmente aiutato da un approccio di ecumenismo ricettivo, che mira a compiere progressi ecumenici, imparando dai nostri partner, piuttosto che limitarsi a chiedere ai nostri partner di imparare da noi”. L’“ecumenismo ricettivo” chiede “più un esame di coscienza e una conversione interiore che la tensione a convincere gli altri”. Nel comunicato diffuso oggi a conclusione dei lavori si afferma anche che “La Commissione si adopererà per sviluppare una comprensione teologica della persona umana, della società umana” e “ciò fornirà una base da cui partire per esplorare come il giusto insegnamento etico è determinato a livello universale e locale”. Questo studio dell’Arcic III si baserà “saldamente sulla Scrittura, sulla Tradizione e sulla ragione, e si avvarrà dei precedenti lavori della Commissione”. “Si analizzeranno alcune questioni particolari per chiarire come le nostre due comunioni si approcciano alle decisioni di tipo morali e come le questioni che sono causa di tensione per gli anglicani ei cattolici possono essere risolti imparando dagli altri”. La Commissione conclude il suo comunicato affermando la consapevolezza che “ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide”. (R.P.)
Sudan: per la Chiesa la situazione degli sfollati di Abyei "è sempre più drammatica”
◊ “La situazione umanitaria delle oltre 40.000 persone che sono fuggite da Abyei è sempre più drammatica” dice all’agenzia Fides mons. Roko Taban Mousa, amministratore apostolico di Malakal, nel sud Sudan, nel cui territorio rientra Abyei, la città alla frontiera tra nord e sud Sudan, occupata dalla truppe di Khartoum lo scorso 21 maggio. I dati sul numero delle persone fuggite di fronte all’avanzata delle truppe di Khartoum è incerto. Secondo un funzionario del governo del Sud Sudan gli sfollati sarebbero addirittura 80.000. “Queste persone sono prive di assistenza, mancano cibo e medicine, anche perché le truppe nord sudanesi che hanno occupato Abyei si sono impadronite delle riserve alimentari conservate in città” dice mons. Mousa. Le Nazioni Unite hanno denunciato la razzia da parte dei militari di Khartoum di 800 tonnellate di viveri e di altri generi di prima necessità nei depositi delle organizzazioni umanitarie di Abyei. “Il governo del sud Sudan ha lanciato un appello alle organizzazioni internazionali perché corrano in soccorso degli sfollati da Abyei, ma finora, da quel che so, non è accaduto nulla, anche se vi sono persone di buona volontà che vorrebbero aiutarli. Continuano inoltre le piogge che flagellano e favoriscono, anche per la presenza di zanzare, l’insorgere di malattie come malaria e diarrea. Insomma la situazione rimane molto grave” conclude l’amministratore apostolico di Malakal. Nord e sud Sudan hanno dichiarato di voler risolvere pacificamente la crisi attraverso dei negoziati che si terranno ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia e sede dell’Unione Africana. (R.P.)
Tunisia: violenza in aumento nei campi profughi al confine con la Libia
◊ È allarme violenza nei compi profughi al confine libico-tunisino. La denuncia, raccolta dal Sir, arriva da Medici Senza frontiere. “Nei giorni scorsi, abbiamo visto un progressivo aumento della violenza, con continui incidenti tra gruppi di rifugiati di differente nazionalità”, racconta Mike Bates, capomissione di Msf. Centinaia di migliaia di rifugiati hanno transitato per il campo Shousha dall’inizio del conflitto in Libia, ma circa 4.000 persone, principalmente sub-sahariane, non possono essere rimpatriate a causa della situazione nei loro Paesi di origine. “Queste persone sono bloccate nel campo, pensato come un’area provvisoria e temporanea, per un periodo indefinito. Molte di loro sentono di essere ad un punto morto, senza futuro”. Il 22 maggio quattro rifugiati sono morti per un incendio che si è sprigionato di notte nel campo, distruggendo più di 20 tende. Con l’aumento della tensione, ci sono stati ulteriori incidenti. Il 24 maggio, sono morte almeno due persone e molte altre sono rimaste ferite, mentre dalle 300 alle 400 tende sono state date alle fiamme. Fin dall'inizio del conflitto, il 17 febbraio, 800.000 persone sono fuggite dal Paese, la maggior parte verso Egitto e Tunisia. Più di 11.000 hanno raggiunto Lampedusa. Oltre 60.000 persone sono invece fuggite a sud, attraverso il deserto. (M.G.)
Egitto: trafficanti uccidono due profughi nel Sinai. Don Zerai chiede l’intervento dell’Ue
◊ Due eritrei di 27 e 19 anni tenuti in ostaggio dai trafficanti nel deserto egiziano del Sinai sono stati uccisi e altri due giovanissimi sono in pericolo di vita. Ne ha dato notizia ieri don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente dell’agenzia Habeshia. Le due vittime si aggiungono ad altri due giovani uccisi di recente: un eritreo di 24 anni morto più di 15 giorni fa sotto tortura con scariche elettriche, e un ragazzo etiope di 27 anni morto l'11 maggio a seguito di torture subite nei giorni precedenti. In pericolo di vita sono altri due ragazzi giovani, il più giovane tra gli ostaggi e un ragazzino di 13 anni. “Questo pomeriggio – racconta all'agenzia Sir don Zerai - ho ricevuto una telefonata disperata da alcuni ostaggi eritrei ed etiopi nel Sinai, raccontano il loro dramma di persone tenute in condizioni di schiavitù, costretti a seppellire i loro compagni morti e chiamare parenti e amici per annunciarne la morte e chiedere aiuto in denaro per pagare il riscatto ai predoni che li tengono in ostaggio”. Don Zerai fornisce anche i nomi dei trafficanti: “Il capo banda, che si fa chiamare Aba Abdella, gestiva un gruppo di 35 persone, 17 delle quali sono state vendute ad un altro gruppo. Uno dei fratelli, si fa chiamare Yesuf, tiene in ostaggio 16 persone. L’altro fratello, si fa chiamare Yasir e tiene in ostaggio 15 persone tra cui due minorenni”. Dal 24 novembre 2010 – ricorda don Zerai – “facciamo appello alla Comunità internazionale, in particolare all’Unione Europea per il suo rapporto privilegiato e di vicinanza geografica all’Egitto, Israele, Palestina, perché chieda a questi Paesi di impegnarsi con rigore per la lotta contro il traffico di esseri umani nei territori di confine di questi Paesi”. In questi mesi decine di ostaggi hanno perso la vita nel Sinai per mano dei trafficanti. Il sacerdote chiede, inoltre, alla Commissione europea di attivare l’Interpol “per catturare i trafficanti e loro complici in Sudan, Eritrea, Egitto, Israele, Dubai, e l’Europa. Più tempo passa, più morti ci saranno – denuncia -, non c’è tempo da perdere. Bisogna garantire la protezione ai profughi nei Paesi di transito, non lasciarli in balia dei mercanti di schiavi. L’odioso traffico di esseri umani potrà finire solo se ci sarà la reale volontà di impegnarsi da parte dei Paesi liberi e democratici”. (M.G.)
Nigeria. Appello del presidente dei vescovi al capo dello Stato: nomini ministri degni
◊ "Goodluck Jonathan sia il Presidente di tutti i nigeriani, non solo di una parte di loro, ed eviti di nominare Ministri persone non degne della carica". È la richiesta espressa da mons. Felix Alaba Adeosin Job, arcivescovo di Ibadan e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, in un’intervista al Catholic News Service of Nigeria, l’organo di informazione promosso dalla Conferenza episcopale. Domenica prossima, Jonathan presterà giuramento come Capo dello Stato dopo essere stato rieletto nelle elezioni presidenziali del 16 aprile. Le elezioni sono state segnate da violenze in alcune aree del Paese, anche se sono state certificate come regolari dagli osservatori elettorali nigeriani e internazionali. Dopo aver ricordato che il popolo nigeriano lo ha votato “come riconoscimento personale” e non perché leader del suo partito, mons. Job ha ricordato al Capo dello Stato che “come Presidente della nazione, deve essere selettivo, diciamolo in maniera chiara: quelli che hanno un passato non credibile non devono assumere una posizione di responsabilità nel governo. Nella storia della Nigeria - ha spiegato mons. Job - abbiamo visto come uomini e donne che erano stati messi sotto accusa e portati di fronte ai tribunali come criminali, sono stati poi chiamati a guidare i nostri Ministeri”. Il Presidente della Conferenza episcopale ha denunciato infine le pratiche nepotiste che portano il governo a diventare un affare di famiglia, la corruzione dilagante, il clima di violenza e la mancanza di prospettive per i giovani. (R.P.)
Angola: appello di mons. Tirso Blanco a coltivare il dialogo e la democrazia in Africa
◊ Coltivare il dialogo e la democrazia nello stile proprio africano, che deve essere partecipativo e coerente: per mons. Jesus Tirso Blanco, vescovo della diocesi angolana di Luena, occorre insistere su questi aspetti per favorire il raggiungimento della pace nel continente africano. Nella Giornata dell’Africa, celebrata ieri, il presule, riferisce il portale www.portalangop.co.ao, ha sottolineato che occorre avere un sentimento comune quando si guarda la sofferenza di un Paese fratello, e ciò prima ancora di una solidarietà sul piano politico, diplomatico ed economico, perché l’Africa sia unita e capace di affrontare le innumerevoli sfide che si presentano. “In una società globalizzata chi si mette in disparte muore” ha detto il presule che ritiene necessaria per l’Africa una certa unità per la lotta contro la fame, la povertà e ancora per promuovere la giustizia sociale, l’equa distribuzione della ricchezza e la creazione di opportunità per i cittadini. Mons. Tirso Blanco ha infine aggiunto che i dirigenti africani devono avere coscienza della necessità del cambiamento nell’ambito del potere per poter optare per una alternanza salutare senza drammi né problemi. (T.C.)
Myanmar: fra continue scosse, l’opera dei cattolici per i terremotati dello Shan
◊ Scosse di assestamento, la stagione delle piogge e la mancanza di forza lavoro ostacolano l’opera di assistenza delle popolazioni birmane dello Stato Shan, colpite due mesi fa da un terremoto. Nell’area è attiva la sezione locale della Caritas, fra le prime a intervenire nell’emergenza e pronta ad avviare un programma di ricostruzione nel lungo periodo. Il direttore padre Stephen Ano sottolinea all'agenzia AsiaNews che servono “aiuti economici” per portare a compimento tutti i progetti elaborati e, ancora oggi, mancano “cibo e acqua”. Tuttavia, a differenza del passato, il governo centrale collabora con Ong e gruppi di volontari che hanno accesso alle aree terremotate. Un sisma di magnitudo 6,8 ha colpito il 24 marzo scorso diverse aree dello Stato di Shan, in Myanmar, lungo il confine con Thailandia e Laos. Il terremoto ha causato almeno 75 morti e centinaia di feriti, migliaia gli sfollati. Dalla prima scossa, ne sono susseguite almeno altre 200 di assestamento, alcune delle quali hanno raggiunto il 4 grado della scala Richter. La Karuna Kengtung Social Service (Kkss, la Caritas locale), organizzazione cattolica attiva in Myanmar, è la prima Ong ad aver predisposto interventi di prima necessità e “recupero” per i terremotati. Alla prima fase, ne seguirà una seconda di lungo periodo che si concentra sulla “riabilitazione” degli oltre 15mila sfollati, che partirà nei prossimi giorni. Finora il costo degli interventi ha raggiunto quota 200mila dollari, di cui solo 90mila coperti da donazioni e aiuti. Il budget totale di spesa sfiora quota 390mila dollari. Intanto gli operatori di Kkss hanno elaborato un documento in cui si fa il punto della situazione: i maggiori ostacoli derivano dalle continue scosse, dalla mancanza di forza lavoro e dalle intemperie del clima, caratterizzato da forti piogge e vento. Nel frattempo la Caritas ha assistito 780 famiglie e oltre 3.600 persone fornendo cibo, cure mediche grazie a una clinica mobile che ha raggiunto più di mille persone, generi di prima necessità. Rispetto ad altre emergenze, vedi ciclone Nargis nel maggio 2008, il governo non ha imposto una rigida censura, accogliendo aiuti esterni e favorendo un rapporto di collaborazione. Fra le maggiori urgenze, la ricostruzione della rete idrica di alcuni villaggi. Il lavoro dei volontari cattolici ha permesso la sistemazione di cinque impianti distrutti e di uno danneggiato, ma ne restano altri sei da ripristinare. Il Kkss ha fornito materiale edile per la costruzione di centri per bambini e luoghi di culto provvisori. In vista dell’apertura dell’anno scolastico, prevista a giugno, bisogna ancora provvedere alla risistemazione di tutte le scuole; un compito assunto dal governo centrale, ma molti presidi chiedono aiuto all’associazione cattolica per il materiale di base, fra cui banchi, sedie e libri di testo. A questo si aggiunge il sostegno psicologico alle popolazioni terremotate, grazie al lavoro di sei sacerdoti e alle cure pastorali del vescovo di Kengtun, mons. Peter Louis, che ha visitato quattro volte la zona e confortato i fedeli. Padre Stephen Ano, direttore di Kkss, riferisce che “al momento abbiamo bisogno di aiuti economici per la ricostruzione delle case crollate o danneggiate dal sisma”. Il sacerdote aggiunge che è “necessario garantire cibo” agli sfollati e alcuni generi di base. Alle esigenze materiali, padre Stephen ha affiancato una serie di attività quali la proiezione di film, i giochi per bambini, gare sportive e lezioni musicali, grazie all’acquisto di strumenti. (R.P.)
Gmg 2011: l’arcivescovo di Madrid fa il punto a tre mesi dall’evento
◊ “A tre mesi dalla Giornata Mondiale della Gioventù”, è il tema della relazione presentata ieri dal cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente del Comitato organizzatore locale della Gmg. “I giovani hanno una vita davanti, la Gmg è un’opportunità affinché si lascino illuminare da Cristo, e lì nel suo cuore e nei suoi sentimenti di dedizione e solidarietà scoprano i fondamenti della loro vita”, ha spiegato il porporato nel corso della presentazione, di cui riferisce l'agenzia Sir, presso il Foro de la Nueva Sociedad a Madrid. “Sono molte le vocazioni al sacerdozio, alla vita consacrata, al matrimonio, che nascono ad ogni Giornata – ha ricordato il cardinale Rouco Varela -. Ma anche e soprattutto nel lungo periodo danno un contributo alla società attuale: forza per risolvere la crisi e fortificare il cammino della pace”. Il porporato ha poi sottolineato che le Giornate Mondiali della Gioventù “sono un'iniziativa personale di Giovanni Paolo II, che scommise su una nuova generazione di giovani del 2000. Ora, Benedetto XVI prosegue su questa strada. È il Papa che ha convocato e attira i giovani”. “Non si può ignorare che la scelta della Spagna non è una coincidenza – ha aggiunto -, ma ha a che fare con la proiezione della ricchezza spirituale nella storia di questo Paese nella storia della Chiesa e della cultura occidentale”. Il cardinale Rouco Varela ha quindi esortato a guardare “l'impronta spirituale dei patroni della Giornata Mondiale: Sant'Ignazio di Loyola, Santa Teresa d'Avila, Santa Rosa da Lima, San Francesco Saverio”. Secondo il porporato, “l’immagine di Madrid cambierà durante i giorni della Giornata Mondiale della Gioventù, perché questo evento è della Chiesa universale, ma anche un grande incontro per la società e la città che lo accoglie”. Durante la Gmg oltre agli eventi principali che avranno come protagonista il Papa, ci sarà un ricco e poliedrico programma di attività culturali. Il cardinale ha anche espresso ringraziamento per il sostegno di persone e imprese senza le quali non ci sarebbe potuto essere questo evento: “Grazie alle amministrazioni pubbliche che stanno lavorando senza riserva, all'intera società di Madrid, alle parrocchie e movimenti, alle comunità di vita contemplativa che sostengono con la loro preghiera e soprattutto alle centinaia di migliaia di volontari della Gmg di tutte le nazionalità, che formano una ‘Onu’ molto speciale”. A tre mesi dalla Giornata ci sono circa 400.000 giovani iscritti da 182 paesi. (M.G.)
A Dusseldorf il Cammino neocatecumenale prepara una missione in Europa per la Gmg di Madrid
◊ In preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Madrid il prossimo agosto, Kiko Argüello e Carmen Hernandez, iniziatori del Cammino neocatecumenale, e il padre Mario Pezzi si incontreranno con 40.000 giovani provenienti da tutta l’Europa. L’incontro si svolgerà il 29 maggio prossimo, alle ore 15, nella Esprit Arena a Düsseldorf e sarà presieduto dal cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, secondo quanto ha spiegato lo stesso Kiko Argüello all'agenzia Zenit. Sulla via di Düsseldorf, questi giovani faranno delle 'missioni cittadine' in tutta la Germania annunciando Gesù Cristo attraverso la loro esperienza ed invitandoi giovani a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid con Benedetto XVI. Durante l’incontro, prima della chiamata vocazionale, sarà eseguita l’opera sinfonica “La sofferenza degli innocenti”, composta da Kiko Argüello. L'incontro nell'Esprit arena si svolgerà in lingua italiana e sarà tradotto in otto lingue. Prima dell’incontro, alle ore 14:30 nella sala d’ingresso dell’ Hotel Tulip Inn, all’interno dell’Esprit arena di Düsseldorf, vi sarà una conferenza stampa durante la quale Kiko Argüello, Carmen Hernandez e il padre Mario Pezzi si incontreranno con i giornalisti. (R.P.)
L'impegno dell'Ordine del Santo Sepolcro: dotare di un computer ogni ragazzo di Terra Santa
◊ Dotare di un computer ogni ragazzo, affinché un miliardo di giovani nel mondo ne vengano in possesso, come strumento di istruzione, di cultura, di apertura consapevole al mondo di oggi, come apportatore di valori etici e di giustizia sociale; come seme di una trasformazione epocale. È questo l’obiettivo dell’Associazione Olpc (One Laptop per Child) perseguito attraverso il patrocinio di organismi internazionali e di istituzioni pubbliche e private. Per il sostegno alle attività del Patriarcato Latino in Terra Santa, ed in particolare alle sue scuole, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme manifesta interesse per questo programma educativo che, dalla sua costituzione, ha promosso la diffusione nelle scuole di numerosi Paesi, non solo cosiddetti emergenti, ma anche avanzati, di più di due milioni di laptop: apparentemente un giocattolo dai colori bianco e verde tenero, in realtà un computer a tutti gli effetti, concepito da Nicholas Negroponte nel Laboratorio di ricerca dei Media del prestigioso Mit di Boston. L’associazione Olpc, coinvolgendo le istituzioni pubbliche preposte all’educazione in parecchie nazioni ha intrapreso, sempre con modalità “uno a uno”, questa campagna specialmente nelle scuole primarie, interessando naturalmente non solo gli alunni ma anche gli insegnanti; adesso in qualche paese viene progettata l’introduzione del laptop anche negli asili nido. Primo ad avvalersi dell’assistenza dell’Olpc è stato l’Uruguay, in quattro anni è stato assicurato un computer a tutta la popolazione della scuola pubblica, dai 6 ai 17 anni; si sono attivate pure molte scuole di istituzioni cattoliche. Cinque principi presiedono al programma educativo dell’Olpc: assicurare la proprietà del laptop al ragazzo, come suo strumento personale; assicurare pure un software libero e gratuito; promuovere un apprendimento precoce dell’uso del laptop, alla stessa stregua di una lingua materna; stabilire fra ragazzi e docenti interessati una connettività nella prossimità, garantendo un collegamento sicuro alla rete internet attraverso il “server” della scuola; operare perché tutto il programma Olpc, includendo anche i disabili, coinvolga tutta la realtà sociale del ragazzo, quella della sua comunità, e nella visione di una “aula ampliata” con il computer in casa. A guidare l’attività dell’Associazione Olpc, come suo presidente e Chief Executive Officer, è il prof. Rodrigo Arboleda, architetto di formazione. Capo del Dipartimento Educazione è il prof. Antonio M. Battro, medico, psicologo ed educatore, membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Oggi pomeriggio i professori Arboleda e Battro presenteranno le attività dell’Olpc presso la Sede romana del Gran Magistero dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, con una introduzione del Governatore Generale dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, il prof. Agostino Borromeo, e le conclusioni del suo Assessore, il nunzio apostolico mons. Giuseppe De Andrea. (M.G.)
Sito web per la Terra Santa: nuova applicazione per far conoscere i Luoghi di Gesù
◊ Raccontare la Terra Santa attraverso le immagini: è questo l’obiettivo della nuova sezione “gallerie fotografiche” che l’Associazione di Terra Santa ha lanciato sul sito www.proterrasancta.org, in un’apposita area riservata a “foto, video e notizie”, e che raccoglie scatti realizzati da fotografi professionisti e volontari della Custodia di Terra Santa. L’iniziativa ha in particolare lo scopo di far conoscere la vita, i bisogni, e le speranze della terra solcata da Gesù, oltre che la preziosità “unica” dei Luoghi Santi, di cui sono custodi da otto secoli i frati francescani. Ats pro Terra Sancta, unitamente al Franciscan Media Center e alle Edizioni di Terra Santa, in collaborazione con i quali ha creato il blog www.proterrasancta.org, vuole, attraverso queste gallerie fotografiche, far conoscere al mondo intero, cristiano e non, la Terra Santa e la presenza cristiana in Medio Oriente, per molti ancora sconosciuta, per far giungere salvezza un messaggio di salvezza, di verità e di pace ai popoli di ogni cultura. Oltre alle numerosissime immagini, che possono essere scaricate e riprodotte liberamente, indicando come fonte o nella didascalia Ats pro Terra Sancta o il sito internet www.proterrasancta.org, la Ong della Custodia di Terra Santa sta inserendo nel proprio portale, anche numerosi video in alta definizione sui Luoghi Santi e sui progetti promossi a sostegno della popolazione cristiana della Terra Santa. (T.C.)
Hong Kong: il contributo pastorale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata
◊ Mons. John Tong, vescovo della diocesi di Hong Kong, ha ringraziato i Missionari Oblati di Maria Immacolata (Omi) per il grande contributo offerto alla crescita religiosa e missionaria del territorio, durante la celebrazione per il 150° anniversario della morte del loro Fondatore, Sant’Eugenio de Mazenod. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), durante la celebrazione svoltasi il 15 maggio, mons. Tong ha sottolineato i tre “miracoli” compiuti dagli Oblati e da Sant’Eugenio: “il fuoco evangelizzatore, la promozione delle vocazioni, l’attenzione ai fedeli stranieri”. Quindi ha incoraggiato i missionari a continuare a camminare sulle orme del Fondatore, per una sempre migliore collaborazione tra la congregazione religiosa e la diocesi di Hong Kong. I Missionari Oblati di Maria Immacolata sono arrivati a Hong Kong nel 1966. Lungo questi 45 anni si sono messi al servizio dei poveri, dei carcerati, degli emarginati, impegnandosi anche nel campo dell’educazione con tre scuole. Secondo i missionari, “attraverso il servizio ai poveri che è il nostro carisma, facciamo conoscere Cristo alla gente e invitiamo ad imitarlo. Questo aiuta anche i volontari a consolidare la propria fede e a rispondere alla loro vocazione”. (R.P.)
Romania. Vescovi contrari al progetto di legge sull’assistenza sociale: è discriminatorio
◊ I vescovi romano-cattolici e greco-cattolici della Romania considerano “discriminatorio” l’attuale progetto di legge che stabilisce il partenariato tra lo Stato e i culti nell’ambito dell’assistenza sociale. Lo affermano nella nota diffusa ieri a chiusura dell’assemblea ordinaria che si è svolta al monastero dei carmelitani scalzi a Ciofliceni (Snagov) dal 24 al 26 maggio. Nel comunicato citato dall'agenzia Sir, i presuli sostengono “l’uguaglianza di opportunità dei fornitori di servizi nell’accedere ai fondi pubblici e il principio della competizione aperta e trasparente”. I vescovi hanno inoltre deciso che durante l’incontro previsto il 31 maggio al Senato della Romania, la Chiesa cattolica romena sarà rappresentata da mons. Cornel Damian, vescovo ausiliare di Bucarest, don Nicolae Anușcă ed Eugen Ștefănescu. I vescovi si sono soffermati anche sul testo della legge sull’Istruzione nazionale (Legge n. 1 del 5 gennaio 2011). Hanno chiesto al Ministero dell’Istruzione, ricerca e sport che “all’elaborazione delle metodologie e dei protocolli che regolarizzano l’insegnamento confessionale partecipi anche una delegazione della Chiesa cattolica”. La prossima sessione ordinaria della Conferenza episcopale romena si svolgerà a Chişinău (Repubblica Moldova) dal 20 al 23 settembre 2011. (M.G.)
La Pastorale universitaria di Roma ricorda Giovanni Paolo II
◊ Una serata per ricordare un amico speciale diventato beato da poco, e per festeggiare 20 anni di presenza dell’ Ufficio per la Pastorale universitaria nella diocesi di Roma. “Il desiderio di sentirvi vicini. Giovanni Paolo II e gli universitari” il tema dell’ evento organizzato dall’ Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria che si è svolto ieri sera al Teatro Argentina di Roma. Un incontro dove si sono susseguite immagini, testimonianze, emozioni per il nuovo beato che è stato il promotore principale della nascita dell’Ufficio di pastorale universitaria. Tantissimi i giovani presenti, che hanno voluto, ancora una volta, dare una dimostrazione di profondo affetto al compianto pontefice. “Giovanni Paolo II - ha spiegato don Andrea Manto direttore dell’ Ufficio per la Pastorale sanitaria della Cei - aveva il dono speciale di parlare al cuore delle persone. Andava oltre l’esperienza umana e questo nasceva dalla sua profonda fiducia nell’ uomo”. E poi i suoi tanti ricordi, tra cui quelli di una Giornata Mondiale della Gioventù vissuta a Cestokova in Polonia nel 1991, la gioia di quel popolo, la fratellanza tra i giovani del luogo e quelli arrivati da ogni parte del mondo solo per ascoltare le parole del Pontefice. Durante la serata si sono alternate testimonianze di giovani che hanno avuto l’opportunità di incontrarlo, come quella di Gianni Pietrantoni: “Io ho avuto la grande gioia di poterlo servire durante la Messa della Domenica delle Palme per diversi anni. Quando entrava nella sacrestia per prepararsi l’atmosfera diventava speciale. Soprattutto ricordo gli ultimi periodi quando era molto sofferente. Non nascondeva i limiti dettati dalla malattia, ma aveva uno sguardo vivo che ti entrava nell’ anima, con una luce particolare che solo la fede profonda ti può donare”. Nel corso della serata è stato presentato un filmato realizzato dal Medialab, della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza Università di Roma, coordinato dal prof. Mario Morcellini. “In questo lavoro - ha raccontato il docente - abbiamo voluto raccogliere delle testimonianze di alcuni nostri universitari su Giovanni Paolo II. Perché questo Papa, con le Giornate Mondiali della Gioventù, i suoi frequenti viaggi, il Giubileo e le numerose encicliche, ha rivoluzionato il modo di comunicare la fede. Non più fatto privato, ma pubblico da manifestare a tutti, così come ci chiede la testimonianza del Vangelo.” E le conclusioni sono state fatte da mons. Lorenzo Leuzzi direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria, che ricordando le parole pronunciate dall’allora cardinale Ratzinger durante i funerali del compianto pontefice, ha invitato i giovani a non sentirsi mai soli nei momenti difficili, ma di affidare le proprie sofferenze a Giovanni Paolo II “Perché lui adesso, ci accompagna sempre con lo sguardo dalla finestra del cielo”. (A cura di Marina Tomarro)
Hillary Clinton è in Pakistan all'indomani di un attentato che ha ucciso 36 persone
◊ Gli Stati Uniti non hanno nessuna prova che il Pakistan “fosse a conoscenza di dove si trovava Osama bin Laden”. Lo ha dichiarato il segretario di stato Hillary Clinton da Islamabad, dove è arrivata oggi per incontrare le autorità dopo le polemiche seguite all’uccisione del leader di Al Qaeda ad Abbottabad, il 2 maggio scorso. La Clinton ha già incontrato il presidente Asif Ali Zardari e il premier Yusuf Raza Gilani, con cui ha discusso di sicurezza e relazioni bilaterali. Nei giorni precedenti la visita della Clinton, il Paese è stato scosso da una serie di attentati rivendicati dai talebani locali come vendetta per la morte del capo di Al Qaeda. L’ultimo, ieri nel nord-ovest, ha fatto 36 morti e 50 feriti.
In Siria, almeno 3 dimostranti uccisi dalle forze dell’ordine
Nel Paese continuano le violenze del regime sui manifestanti scesi nelle strade contro il presidente Bashar el-Assad. In mattinata l’organizzazione non governativa ‘Osservatorio siriano sui diritti umani’ dava notizia di almeno tre vittime tra i dimostranti nel sud del Paese e alcuni feriti nei pressi di Damasco. Per oggi l’opposizione ha indetto nuove manifestazioni contro il governo, e arrivano notizie di cortei in corso in diverse città. Il noto attivista Wissam Tarif scrive su Twitter che 2 mila curdi sono scesi in piazza nel nord-est, ad Amuda, mentre forze governative in borghese hanno aperto il fuoco sui manifestanti a Dayr az Zor, come già avevano fatto le forze di sicurezza nella serata di ieri nella città meridionale di Daraa. Alla stessa località si riferirebbero anche le immagini mostrate oggi dalla tv satellitare al-Jazeera sul suo canale in inglese. Nel video esclusivo compaiono, secondo l’emittente, corpi di giovani torturati a morte dagli uomini del regime.
Ancora scontri in Yemen tra forze governative e i combattenti di una potente tribù
In Yemen, il capo della potente tribù degli Hached ha dichiarato oggi, durante i funerali di 30 dei suoi uomini, che c'è una tregua nei combattimenti a Sanaa, tra i suoi uomini e le truppe fedeli al presidente Ali Abdallah. Arrivano intanto notizie che le forze aeree fedeli al contestato presidente Ali Abdullah Saleh hanno bombardato i combattenti di una tribù che oggi hanno conquistato un campo militare difeso dalla Guardia repubblicana, nella zona di Fardha, a nord-est della capitale Sanaa. In mattinata, il leader tribale Sheikh Hamid Asim aveva comunicato che i suoi uomini si erano impadroniti di un altro campo militare a 100 chilometri dalla città. A Sanaa sono in corso da giorni combattimenti che hanno fatto almeno 80 vittime.
Anche l’ambasciatore libico presso l’Ue abbandona Gheddafi
In Libia, anche nella serata di ieri, forti bombardamenti hanno colpito il complesso di Bab-al-Aziziya, nella capitale Tripoli, dove si trova la caserma bunker del colonnello Gheddafi. In mattinata, invece, si sono verificati violenti combattimenti tra lealisti e ribelli alla periferia ovest di Misurata. Mentre la Nato fa sapere di considerare il raìs più debole, ma ancora una minaccia, il regime subisce anche la defezione del suo ambasciatore presso l’Unione europea, Hadeiba Alhadi. Da Bruxelles il diplomatico ha fatto sapere che né lui, né i suoi collaboratori intendono più rappresentare il regime responsabile di quattro mesi di violenze sui civili, e che ora vogliono mettersi “al servizio del popolo libico nella sua lotta per la democrazia”.
Ancora incerta la data del voto per l’Assemblea costituente in Tunisia
Il voto per l'Assemblea costituente tunisina sara' rinviato, dalla data originariamente prevista del 24 luglio, se l'Alta istanza per le elezioni lo riterra' necessario. Lo ha detto, questa mattina, secondo quanto riferisce l'Afp, il primo ministro ad interim tunisino, Be'ji Cad Essebsi, nel corso di una conferenza stampa a margine del G8 di Deauville.
Consiglio d’Europa: soddisfazione per amnistia a prigionieri politici in Armenia
In Armenia, le autorità hanno deciso un’amnistia generale per i detenuti politici: immediata soddisfazione è stata espressa dal Consiglio d’Europa, che stava preparando un rapporto sulla situazione nella repubblica del Caucaso. Il servizio di Davide Maggiore:
"L’amnistia permetterà la liberazione di tutti i detenuti ancora in carcere in seguito agli eventi del marzo 2008”, hanno fatto sapere l’inglese John Prescott e il tedesco Alex Fischer, parlamentari del Consiglio incaricati di scrivere il rapporto. Nel 2008 l’opposizione guidata da Levon Ter-Petrossian era scesa in piazza per protestare contro i risultati delle elezioni presidenziali, vinte dall’attuale capo dello Stato, Sarksyan. Negli scontri con le forze dell’ordine c’erano state dieci vittime, e il governo aveva dichiarato lo stato d’emergenza. Sui fatti è stata riaperta un’inchiesta che, insieme all’amnistia, è considerata da Prescott e Fischer un passo in avanti verso la normalizzazione nel Paese. I due rappresentanti del Consiglio d’Europa saranno nei prossimi mesi nella capitale Yerevan per aggiornare la loro relazione, che verrà discussa nel prossimo gennaio. L’Armenia fa parte dal 2001 del Consiglio d’Europa, che più volte, fino al 2006, ha chiesto al governo di approvare riforme costituzionali per una maggiore democratizzazione e il rispetto dei diritti umani. L’annuncio del governo ha provocato la soddisfazione dell’opposizione, che ha auspicato elezioni “davvero democratiche” per il 2012.
Cile: 30 giovani fermati nella manifestazione contro i tagli all’università
Sono una trentina i fermati a Santiago del Cile, dopo l’ennesima giornata di protesta degli studenti universitari, che ormai da settimane chiedono, in tutto il Paese, più finanziamenti per le università pubbliche. Gli studenti, che contestano anche la recente legge sull’istruzione, hanno sfilato coperti solo da strisce di carta con lo slogan “L’università ci ha lasciato nudi”. La manifestazione, non autorizzata, è stata dispersa dalla polizia con idranti e lacrimogeni. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Davide Maggiore)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 147