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Sommario del 21/05/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Pace, ambiente, Dio: storica diretta audio-video tra il Papa e gli astronauti della Statione spaziale internazionale
  • Il Papa all’Università cattolica: la visione cristiana non si contrappone alla scienza e alle conquiste dell’ingegno umano
  • Rinunce e nomine
  • Più sereno il clima tra Santa Sede e Università di Al-Azhar, dopo l'incontro del cardinale Tauran con il ministro degli Esteri egiziano
  • Lisbona, il cardinale Amato proclama Beata la suora portoghese Maria Chiara di Gesù Bambino
  • Appello del Papa per la Chiesa in Cina. Padre Lombardi: invito alla preghiera e alla fiducia
  • Città del Vaticano-Orvieto a bordo del treno d'epoca, per celebrare i 60 anni di Caritas Internationalis
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Spagna, vigilia elettorale tesa per la protesta degli "indignados"
  • Conclusa a Montevideo la plenaria del Celam. Il bilancio del cardinale Odilo Scherer
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • Giornata mondiale Onu della diversità culturale per diffondere i valori di pace e solidarietà
  • Costa d'Avorio: preghiera interreligiosa a Yamoussoukro per l'insediamento di Ouattara
  • L’impegno dell’Onu e del governo di Beirut per i profughi siriani in Libano
  • Libano: i vescovi maroniti chiedono di "formare presto un nuovo governo"
  • Turchia, riaperta antica chiesa caldea. Mons. Warduni: segno di unità e collaborazione
  • Centenario dell’evangelizzazione del Nord Uganda. Il vescovo di Lira: viviamo la ricostruzione
  • Oltre 20 anni di impegno delle istituzioni sanitarie cattoliche nell’assistenza alle vittime dell’Aids
  • Argentina: i vescovi in difesa dei "campesinos"
  • Papua indonesiana: una rete per migliorare la condizione e i diritti umani delle donne indigene
  • Bangladesh: la sanità è troppo cara. Gratis solo le pratiche di sterilizzazione
  • Myanmar. Il nuovo vescovo di Pyay: “Priorità all’evangelizzazione”
  • Hong Kong: impegno della diocesi per sostenere la formazione all’estero dei laici
  • India: inaugurato a Ranchi un nuovo centro di formazione dei Gesuiti sui media
  • Messaggio della Comunione anglicana per la Conferenza sui cambiamenti climatici di Durban
  • In corso a Lourdes il pellegrinaggio militare internazionale
  • Roma: una marcia per celebrare la seconda Giornata della Vita
  • Festival di Cannes: dieci minuti di applausi per Paolo Sorrentino
  • Cinema: al Festival cattolico “Mirabile Dictu” vince film italiano sul Beato Duns Scoto
  • 24 Ore nel Mondo

  • Afhganistan: attentato all'ospedale militare di Kabul, sei vittime tra gli studenti di medicina
  • Il Papa e la Santa Sede



    Pace, ambiente, Dio: storica diretta audio-video tra il Papa e gli astronauti della Statione spaziale internazionale

    ◊   Una bellissima occasione d’incontro e di dialogo: così il Papa ha definito la straordinaria diretta audio-video con la Stazione spaziale internazionale (Iss), che si è svolta per 20 minuti a partire dalle 13.11. Nella Stazione si trovano 12 astronauti, di cui tre hanno dovuto curare la gestione della Stazione stessa, mentre gli altri hanno dialogato con Benedetto XVI. Nella missione in corso viene installato nella Stazione uno strumento che è stato sviluppato da 600 scienziati nel mondo, l’"Alpha Magnetic Spectrometer", per studiare la presenza di antimateria nell’Universo, la sua composizione e la sua origine. L’appuntamento straordinario è stato trasmesso dai media vaticani anche in streaming e sulla rete della Nasa, tramite la Nasa-tv. Il servizio di Fausta Speranza:

    (parole di apertura collegamento con la stazione spaziale)

    Siamo al centro di un’operazione scientifico-tecnologica, ma a prevalere è l’emozione fin dai primi istanti. Parole dalla Stazione spaziale e parole dalla Sala Foconi, in Vaticano, dove il Papa è seduto davanti alla tv, stabiliscono lo straordinario contatto. Parlano il direttore dell’Agenzia Spaziale europea, il tedesco Thomas Reiter, e quello dell’Agenzia spaziale italiana, Enrico Saggese. Poi, il russo capo della Missione, Dimitri Kontradieff, che dice: “benvenuto a bordo Sua Santità”. Il Papa ascolta informazioni sulla posizione della Stazione in cui sono, su movimenti e finalità della missione. E quando prende la parola, subito parla di “occasione straordinaria” e va al cuore di tutti i possibili discorsi:

    “Humanity is experiencing a period of extremely rapid progress in the fields of scientific knowledge and technical applications…”

    L’umanità - dice - sta attraversando un periodo di progresso estremamente rapido nel campo delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecniche. “In un certo senso voi astronauti - osserva - rappresentate la sperimentazione del futuro, l’andare oltre i limiti che viviamo ora nel quotidiano”. Parole di “apprezzamento e ammirazione” e poi di “sentito incoraggiamento”. E poi parole che indicano la finalità che ogni conoscenza e scienza deve proporsi: “Essere a disposizione di tutta l’umanità e del bene comune”.

    Ma il Papa che parla nello Spazio e che ribadisce che l’uomo deve essere al centro di tutto, è anche il Papa che candidamente dice: “Vi chiamo perché sono curioso di sapere da voi esperienze e riflessioni”. E’ il Papa che sceglie di non fare solo un discorso, ma di fare domande:

    “…how science can contribute to the cause of peace?”…

    Come può la scienza contribuire alla causa della pace? Benedetto XVI fa la sua domanda riflettendo su quanto debba sembrare assurdo, vedendo la terra da così lontano, pensare che gli uomini si uccidano gli uni gli altri. E, a questo proposito, la prima notazione personale: ricorda che la moglie di uno degli astronauti, lo statunitense Mark Kelly, è stata vittima di un attacco e spera che le sue condizioni migliorino. L’astronauta stesso risponde:

    “We fly over most of the world and you don’t see borders, but at the same time we realize that people fight with each other and there is a lot of violence in this world and it’s really an unfortunate thing.”

    “Non vediamo confini da qui, ma sappiamo che ci sono le guerre in Medio Oriente e le difficoltà in Nord Africa. Molte delle guerre sono per l’energia e noi qui viviamo una situazione, invece, in cui l’energia non manca. Dobbiamo capire come evitare le guerre”.

    Il Papa, oltre a sentire gli astronauti, li vede sullo schermo. Mentre gli astronauti lo sentono solo, non hanno video. Contribuisce a creare l’emozione di una situazione così particolare il ritardo di circa 5 secondi sul suono.

    Benedetto XVI ricorda che ci sono seri rischi per l’ambiente e per la sopravvivenza del Pianeta e delle future generazioni e chiede se - vista dallo spazio - la nostra terra fa più pensare ai possibili danni.

    “We can see how indescribably beautiful the planet that we have been given is; but on the other hand, we can really clearly see how fragile it is”.

    Risponde Ron Garan che dice che si vede con evidenza, da laggiù, la bellezza della terra, ma anche la fragilità, per esempio in particolare nell’atmosfera. E dunque si capisce che tutti, ma proprio tutti, dobbiamo collaborare per il bene del Pianeta.

    Poi una domanda precisa sulla responsabilità di chi, tornando da una missione spaziale, viene visto come eroe e parla a tutti e – sottolinea Benedetto XVI – in particolare ai giovani così influenzati da esperienze simili e scoperte:

    “If we look up, we can see the rest of the universe, and the rest of the Universe is out there for us to go explore”.

    Mike Finchke risponde che c’è un universo da esplorare e che da lì è ancora più evidente che si deve farlo insieme, perché insieme si vive il Pianeta che ospita l’umanità.

    Benedetto XVI ricorda l’impegno attuale per “nuove istallazioni e lo studio delle radiazioni che giungono dagli spazi più lontani” e ricorda di aver consegnato all’astronauta Roberto Vittori la medaglia d’argento raffigurante la creazione dell’uomo di Michelangelo da portare in questa importante missione. E la medaglia viene mostrata con simpatia, viene fatta aleggiare nella Stazione in assenza di gravità, e c’è un entusiasmo quasi giovanile durante il collegamento!

    Sappiamo che la medaglia sarà riportata a Benedetto XVI.

    Poi c’è la domanda delicata su Dio, che Benedetto XVI pone in modo estremamente delicato. Nel mezzo del vostro lavoro nello spazio - dice - vi fermate a riflettere sul mistero e vi capita di dire una preghiera al Creatore? O è più facile riflettere su tutto ciò una volta tornati sulla terra?

    “Our planet, the blue planet, is beautiful. Blue is the colour of our planet, blue is the colour of the sky, blue is also the colour of the Italian Air Force, the organization that gave me the opportunity to then join the Italian Space Agency and the European Space Agency”.

    Risponde Roberto Vittori: parla della bellezza del cielo e dell’universo, ma anche del blu che è il colore del cielo e dell’Aeronautica Italiana.

    Poi parla a titolo personale:
    “I do pray for me,…”“Io - dice - in questo contesto prego”.

    Poi un pensiero alla personale esperienza di uno dei due astronauti italiani, Paolo Nespoli, che al suo ritorno non troverà più in vita sua madre:

    “Caro Paolo, so che nei giorni scorsi la tua mamma ti ha lasciato e quando fra pochi giorni tornerai a casa non la troverai più ad aspettarti. Tutti ti siamo stati vicini, anche io ho pregato per lei… Come hai vissuto questo tempo di dolore? Nella vostra Stazione vi sentite lontani e isolati e soffrite un senso di separazione o vi sentite uniti fra voi, inseriti in una comunità che vi accompagna con attenzione e affetto?”.

    Nespoli risponde al Papa che i compagni a bordo e le persone a casa hanno assicurato vicinanza:

    “Santo Padre, ho sentito le sue preghiere, le vostre preghiere arrivare fin quassù. E’ vero, siamo fuori da questo mondo, orbitiamo attorno alla terra e abbiamo un punto di vantaggio per guardare la terra e per sentire tutto quello che ci sta attorno. Ringrazio anche l’Agenzia Spaziale Europea, l’Agenzia Spaziale Americana che hanno messo a disposizione le risorse affinché io abbia potuto parlare con lei negli ultimi momenti”.

    In questo straordinario e finora unico collegamento del Papa con una Stazione spaziale in orbita, Benedetto XVI esprime con tutta l’altezza del suo magistero riflessioni fondamentali, ma si lascia anche percepire nella sua semplice dimensione di uomo, che incontra altri uomini nell’immensità dello Spazio e che fa domande a chi la scienza ha portato a 400 Km al di sopra della terra. Insieme con la medaglia, i capelli lunghi dell’unica donna a bordo e un oggetto di metallo che lasciano volteggiare in assenza di gravità, anche alcuni degli stessi astronauti si lasciano andare verso l’alto, in assenza di gravità. Sono il segno simpatico di una situazione eccezionale, che strappa al Papa un bel sorriso.

    “You have helped me and many other people to reflect together on important issues that regard the future of humanity”.

    Nel suo saluto finale dice con toccante semplicità: “Avete aiutato il Papa così come hanno aiutato tutti gli altri a riflettere su importanti questioni che riguardano il futuro dell’umanità”. E assicurando pensieri e preghiere a tutti i partecipanti alla missione, ci sentiamo di dire che Benedetto XVI benedice l’umanità e il suo futuro, con parole che oggi arrivano in modo particolarissimo dal cuore del Papa fino ai satelliti in orbita negli spazi infiniti.

    (sonoro chiusura collegamento)

    A conclusione del collegamento, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, ha incontrato i giornalisti proprio in Sala Stampa insieme con il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese, il direttore dell’Agenzia Europea Spaziale, Thomas Reiter, il generale di Squadra Aerea dell’Aeronautica Militare italiana, capo di stato maggiore Giuseppe Bernardis, presenti nella Sala vaticana Foconi da dove il Papa ha vissuto il collegamento. Tutti hanno espresso emozione e hanno avuto parole di ringraziamento per Benedetto XVI spiegando di aver invitato il Papa al collegamento e di essere rimasti particolarmente colpiti, oltre che dalla sua disponibilità, dalla volontà di dialogare piuttosto che di leggere un discorso.

    Alle curiosità dei giornalisti sul piano scientifico della missione sono state date brevi risposte non essendo la sede e l’occasione più adatta. Il col. Thomas Reiter ha ricordato che in assenza di gravità si possono effettuare sperimentazioni importanti anche per l’ambito medico. L’ing. Enrico Saggese ha ricordato che lunedì prossimo ci sarà il collegamento con il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e che altri due astronauti della Aeronautica Militare (il colonnello Roberto Vittori è un pilota sperimentale dell'Aeronautica Militare) sono in attesa di andare presto nello spazio: il maggiore Luca Parmitano è previsto nel 2013 e il tenente Samanta Cristoforetti è in lista di attesa. Il col. Reiter ha sottolineato l’eccezionalità dell’evento, spiegando che lo spazio ispira pensieri filosofici o teologici e si capisce quale gioia sia stata parlarne con il Papa. Da parte sua, padre Lombardi ha detto che a conclusione del collegamento il Papa ha espresso parole di particolare apprezzamento per il contenuto delle risposte date su temi così importanti. E padre Lombardi - ricordando che nell'apprendere la notizia della morte della mamma di Paolo Nespoli è stata inviata dal Vaticano una e-mail di condoglianze segnata da una pronta risposta - si è lasciato andare a una spontanea considerazione sulla sorpresa che si prova di fronte alla facilità di comunicazione oggi.

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    Il Papa all’Università cattolica: la visione cristiana non si contrappone alla scienza e alle conquiste dell’ingegno umano

    ◊   “L’Università Cattolica è chiamata ad essere luogo in cui prende forma di eccellenza quell’apertura al sapere, quella passione per la verità, quell’interesse per la storia dell’uomo che caratterizzano l’autentica spiritualità cristiana”. E’ quanto ha affermato Benedetto XVI ricevendo stamani, nell’aula Paolo VI, dirigenti, docenti e studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata 90 anni fa su iniziativa dell’Istituto Giuseppe Toniolo per felice intuizione di padre Agostino Gemelli. Porsi in atteggiamento di chiusura o di distacco di fronte alla proposta della fede – ha aggiunto il Papa – “significa dimenticare che essa è stata lungo la storia, e lo è tuttora, fermento di cultura e luce per l’intelligenza”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Fede e cultura sono indissolubilmente connesse. Ma l’accento posto nel nostro tempo, segnato da rapide trasformazioni, sulle discipline "produttive" di ambito tecnologico ed economico accompagna la tendenza “a ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile”. Il sapere umanistico, ha osservato Benedetto XVI, sembra invece colpito da “un progressivo logoramento” e la cultura contemporanea tende “a confinare la religione fuori dagli spazi della razionalità”:

    “Nella misura in cui le scienze empiriche monopolizzano i territori della ragione, non sembra esserci più spazio per le ragioni del credere, per cui la dimensione religiosa viene relegata nella sfera dell’opinabile e del privato”.

    Ma anche in questo “tornante storico” l’Università cattolica è "scuola di humanitas", nella quale si coltiva un “sapere vitale” e si trasmettono “conoscenze e competenze di valore”. La prospettiva cristiana aggiunge il Papa “non si contrappone al sapere scientifico e alle conquiste dell’ingegno umano”. Ma al contrario, considera la fede quale “orizzonte di senso, via alla verità piena, guida di autentico sviluppo”:

    “Senza orientamento alla verità, senza un atteggiamento di ricerca umile e ardita, ogni cultura si sfalda, decade nel relativismo e si perde nell’effimero. Sottratta invece alla morsa di un riduzionismo che la mortifica e la circoscrive può aprirsi ad un’interpretazione veramente illuminata del reale, svolgendo così un autentico servizio alla vita”.

    Unendo “l’audacia della ricerca e la pazienza della maturazione”, l’orizzonte teologico può e deve valorizzare tutte le risorse della ragione. La questione di Dio – ricorda il Papa – “non è un’investigazione astratta”, avulsa dalla realtà del quotidiano ma è “la domanda cruciale da cui dipende radicalmente la scoperta del senso del mondo e della vita”:

    “Il sapere della fede quindi illumina la ricerca dell’uomo, la interpreta umanizzandola, la integra in progetti di bene, strappandola alla tentazione del pensiero calcolatore, che strumentalizza il sapere e fa delle scoperte scientifiche mezzi di potere e di asservimento dell’uomo”.

    “L’orizzonte che anima il lavoro universitario ha proseguito il Pontefice può e deve essere la passione autentica per l’uomo. Solo nel servizio all’uomo la scienza si svolge come vera coltivazione e custodia dell’universo”:

    “E servire l’uomo è fare la verità nella carità, è amare la vita, rispettarla sempre, a cominciare dalle situazioni in cui essa è più fragile e indifesa. È questo un nostro compito, specialmente nei tempi di crisi: la storia della cultura mostra come la dignità dell’uomo sia stata riconosciuta veramente nella sua integralità alla luce della fede cristiana”.

    I giovani universitari della “Cattolica” – sottolinea il Papa – sono la dimostrazione vivente “di quel carattere che cambia la vita e salva il mondo”, con i problemi e le speranze, gli interrogativi e le certezze che “il desiderio di una vita migliore genera e la preghiera alimenta”. E salutando studenti, personale e professori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – che prima dell’udienza hanno partecipato alla Santa Messa presieduta nella Basilica di San Pietro dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi - Benedetto XVI si sofferma infine sui tratti fondamentali del “ruolo decisivo” dei docenti:

    “Mostrare come la fede cristiana sia fermento di cultura e luce per l’intelligenza, stimolo a svilupparne tutte le potenzialità positive, per il bene autentico dell’uomo. Ciò che la ragione scorge, la fede illumina e manifesta. La contemplazione dell’opera di Dio dischiude al sapere l’esigenza dell’investigazione razionale, sistematica e critica”.

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    Rinunce e nomine

    ◊   In Burkina Faso, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Koudougou (Burkina Faso), presentata da S.E. Mons. Basile Tapsoba, in conformità al can. 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Eparchia di Our Lady of Nareg in New York degli Armeni, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Manuel Batakian. Al suo posto, il Pontefice ha nominato l’arciprete Mikaël Mouradian, dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, finora Superiore del Convento di Notre Dame di Bzommar. Il neo presule, 50 anni,è di origine libanese e ha compiuto gli studi alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum). Ordinato sacerodte, ha svolto, fra gli altri, gli incarichi di parroco, segretario Generale della Caritas, direttore spirituale dei Seminari Minore e Maggiore dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, direttore spirituale della Commissione dei Giovani della Eparchia patriarcale. Nel 2005 è stato nominato Rettore del Pontificio Collegio Armeno in Roma e nel 2007 Superiore del Convento di Bzommar, nonché Vicario Patriarcale dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar.

    In Ucraina, Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Ucraina l’arcivescovo Thomas E. Gullickson, finora nunzio apostolico in Trinidad e Tobago, Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Dominica, Giamaica, Grenada, Guyana, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, San Vincenzo e Grenadine, Suriname e Delegato Apostolico nelle Antille.

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    Più sereno il clima tra Santa Sede e Università di Al-Azhar, dopo l'incontro del cardinale Tauran con il ministro degli Esteri egiziano

    ◊   Tornano più distesi i rapporti fra la Santa Sede e l’Università egiziana di Al-Azhar, dopo i contrasti sorti all'inizio dell'anno. Lo si evince dal comunicato del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in seguito all’incontro avvenuto mercoledì scorso a Roma tra il presidente e il segretario del dicastero pontificio, il cardinale Jean-Louis Tauran e l’arcivescovo Pier Luigi Celata, con il ministro degli Esteri egiziano, Nabil Al-Arabi, neo-eletto segretario generale della Lega degli Stati arabi.

    Durante l’incontro, afferma la nota ufficiale, “il ministro ha trasmesso i saluti dello sceicco di Al-Azhar, il prof. Ahmad Al-Tayyib, e ha espresso il desiderio del Grande Imam che le recenti difficoltà nel rapporto con la Santa Sede possano essere superate”. Da parte sua, prosegue il comunicato, “il cardinale Tauran ha ribadito la stima di Sua Santità Papa Benedetto XVI per il popolo e le autorità dell’Egitto e la disponibilità della Santa Sede a proseguire sulla strada del dialogo e della coppe razione interreligiosa con Al-Azhar, che prosegue regolarmente dal 1998”.

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    Lisbona, il cardinale Amato proclama Beata la suora portoghese Maria Chiara di Gesù Bambino

    ◊   Il suo cuore fu sempre aperto all’accoglienza dei bisognosi, per i quali fondò case di assistenza, scuole e ospedali, confidando saldamente nella Divina Provvidenza. Madre Maria Chiara di Gesù Bambino, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Ospedaliere dell’Immacolata Concezione, è stata beatificata questa mattina a Lisbona, in Portogallo, la terra che ne ha visto i natali. A rappresentare il Santo Padre nella liturgia di Beatificazione è stato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Ha presieduto la celebrazione il cardinale José da Cruz Policarpo, patriarca di Lisbona. Conosciamo la figura della nuova Beata nel servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Dalle sue parole, dalle sue opere, dal suo volto anzitutto traspariva quella pace profonda che illumina i cuori che abitano in Dio. La sua serenità di fronte alle difficoltà della vita raccontava più di qualunque messaggio di una fede salda nell’Amore provvidenziale del Padre, ed era la prima e più eloquente testimonianza, la risposta più esplicita alla domanda di felicità di ogni uomo. Suor Maria Chiara di Gesù Bambino è stata riconosciuta Beata questa mattina a Lisbona, e la sua esperienza donata alla Chiesa universale come modello di fede in Cristo. Gli aspetti più rilevanti della sua figura nelle parole del cardinale Angelo Amato, che ha presieduto la liturgia:

    “Anzitutto la sua piena fiducia nella divina Provvidenza e la serenità con la quale viveva la chiamata all’amore di Dio e alla carità verso il prossimo. Da ciò attinse l’umiltà nell’accettare contrasti e incomprensioni, la magnanimità nel perdonare e il coraggio nella fondazione di una Congregazione dedita all’assistenza e alla cura dei malati. Nella sua vita fu veramente eroica nel vivere e testimoniare le virtù della fede, della speranza e della carità. Del resto il Signore ha sigillato la santità di Suor Maria Chiara con molteplici segni e miracoli”.

    Un carisma, quello della religiosa portoghese, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Ospedaliere dell’Immacolata Concezione, declinato soprattutto nella cura dei poveri e degli ammalati, per i quali aprì case di accoglienza, assistenza e istruzione, asili, scuole, ospedali, e creò opportunità di lavoro e sostentamento economico, anche inviando le sue consorelle in Africa e in Asia. Una scelta, quella verso i bisognosi, forse suscitata dalle difficoltà che ella stessa sperimentò fin da bambina. Sui momenti salienti della sua vita ascoltiamo il cardinale Amato:

    “Ancora quattordicenne rimase orfana di entrambi i genitori (…) Ancora giovanissima si ritirò nel convento di San Patrizio di Lisbona, tra le terziarie cappuccine di di Nostra Signora della Concezione. A causa delle leggi anticlericali del Portogallo fu costretta all’esilio, entrando presso le Suore Francescane Ospedaliere di Calais, in Francia. Dopo la professione, nel 1871, rientrò in patria. Divenuta superiora nel convento di San Patrizio, ne promosse la riforma e fondò le Suore Ospedaliere Portoghesi, che si svilupparono anche all’estero. Il 1 dicembre 1899 si spense in fama di santità”.

    Il 6 dicembre del 2008 Papa Benedetto XVI ha decretato l’eroicità delle sue virtù. Oggi la Congregazione da lei fondata è presente in 14 Paesi.

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    Appello del Papa per la Chiesa in Cina. Padre Lombardi: invito alla preghiera e alla fiducia

    ◊   Ha ricevuto vasta eco l’appello rivolto mercoledì scorso dal Papa, al termine dell’udienza generale. Benedetto XVI ha chiesto a tutti i fedeli del mondo di ricordare le sofferenze dei cattolici in Cina e sostenere la loro fede, in modo particolare martedì prossimo, nella festa della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, venerata con grande devozione nel Santuario di Sheshan a Shanghai. A questo appello è dedicato l'editoriale del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il nuovo ampio appello del Papa ai fedeli per la prossima Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, il 24 maggio, merita una riflessione per quello che vuole essere anzitutto, cioè un appello alla preghiera. Il Papa crede nella forza della preghiera, e ci invita ad essere “fiduciosi che, con la preghiera, possiamo fare qualcosa di molto reale” per quella Chiesa. Oltre vent’anni fa, mentre mi trovavo in Cina per alcuni giorni, dopo aver celebrato con grande emozione l’Eucaristia con alcuni confratelli nella stanza interna dell’alloggio di una famiglia, un anziano sacerdote mi fece in francese un’unica domanda: “Come sta in salute il Sovrano Pontefice?”. Erano anni in cui Internet non esisteva e certamente i media cinesi non parlavano del Papa… Allora capii improvvisamente con quanta fedeltà e amore i cattolici cinesi continuavano da decenni a vivere e a pregare in unione spirituale con il Papa e la Chiesa di Roma, e mi commossi. Di questa unione e della sua importanza parla dunque il Papa, e questa ci invita a coltivare e manifestare anche da parte nostra rivolgendoci al Signore tramite “Maria aiuto dei cristiani”, come viene venerata dai cinesi nel famoso Santuario di Sheshan a Shanghai. Il Papa dice che i fedeli cinesi “hanno diritto alla nostra preghiera, hanno bisogno della nostra preghiera”. Proprio perché la situazione della Chiesa in Cina è oggi segnata dalla sofferenza e da pressioni contrarie all’unione, dobbiamo pregare più intensamente.

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    Città del Vaticano-Orvieto a bordo del treno d'epoca, per celebrare i 60 anni di Caritas Internationalis

    ◊   Con la benedizione alla partenza del cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, questa mattina è partito dalla Stazione ferroviaria del Vaticano alla volta di Orvieto il “Caritas Express”, un convoglio d'epoca allestito per celebrare i 60 anni di fondazione della Caritas Internationalis. A bordo del treno, autorità civili e religiose e molti giornalisti, tra i quali il nostro inviato, Luca Collodi:

    Il treno storico “Caritas Express” sottolinea l’impegno delle Ferrovie dello Stato a sostegno degli ultimi, presenti in molte stazioni della linea ferroviaria italiana, dove in locali di proprietà delle Fs – come alla Stazione Termini – operano i volontari della Caritas. Il treno è composto da una locomotiva a vapore degli anni Venti e sette carrozze d’epoca, tra cui quella che ospitò Papa Giovanni XXIII nel suo viaggio ad Assisi del 4 ottobre 1962. Ma il rapporto tra i Papi e la ferrovia, nel corso degli anni, è sempre stato intenso. Il primo viaggio in treno di un Papa è quello di Pio IX, sulla Napoli-Portici, nel 1849, In appena 15 anni, dal 1849, lo Stato Pontificio diventerà uno dei più evoluti nella costruzione di linee ferroviarie. Ricordiamo i collegamenti con Frascati, Civitavecchia, Velletri, Ancona e Bologna. Con i Patti Lateranensi del 1929 fu costruita la stazione ferroviaria all’interno delle mura vaticane, inaugurata poi nel 1934. Paolo VI continua il legame tra i Papi e le ferrovie: nel 1964 dedica un’udienza ai ferrovieri e nel Natale del 1972 celebra la Messa nei cantieri della direttissima Roma-Firenze, allora in costruzione. Nel 1979, Papa Wojtyla visita lo scalo ferroviario di Roma Smistamento e nel settembre 1980 la stazione di Velletri, voluta da Pio IX. Nel 1982 Papa Giovanni Paolo II fu alla stazione di Bologna, che due anni prima venne colpita da un tragico attentato terroristico. E ancora, il 24 gennaio 2002, quando Giovanni Paolo II partì dalla Stazione del Vaticano alla volta di Assisi con i rappresentanti delle religioni mondiali per la Giornata di Preghiera per la pace nel mondo.

    Dopo il viaggio commemorativo, da domani pomeriggio a venerdì prossimo, oltre 300 delegati mondiali di Caritas Internationalis si riuniranno a Roma per la 19.ma assemblea generale. Tra gli interventi di apertura, è in programma quello del cardinale Robert Sarah - presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum e anch'egli oggi ad Orvieto - di recente rientrato dal Giappone, dove ha portato la solidarietà di Benedetto XVI ai superstiti della catastrofe causata dal sisma e dallo tsunami. Luca Collodi ne ha parlato con un membro del dicastero, don Segundo Tejado:

    R. - Alcuni giorni fa assieme al cardinale Sarah abbiamo visitato le zone colpite e i centri che gestisce la Caritas Giappone, che è molto organizzata. Abbiamo potuto comprovare il lavoro che fanno - che è veramente eccezionale - in una situazione catastrofica. Abbiamo visto una grandissima dignità e una grande efficienza: il terremoto ha fatto pochi danni, ma lo tsunami ha fatto dei danni molto, molto gravi. Probabilmente il popolo giapponese non aveva bisogno di soldi, perché è un popolo che ha delle risorse - magari avranno una crisi, ma riusciranno ad andare avanti. Però, dopo una catastrofe del genere si chiedono il perché, quale sia la ragione… Come quelle persone che soffrono nella vita e che, trovandosi di fronte alla Croce, hanno bisogno di un perché.

    D. - Come sta cambiando la povertà nel mondo?

    R. - La povertà è sempre la povertà: la fame esiste ancora nel mondo e milioni di persone non hanno accesso al cibo. E’ vero anche, però, che la Caritas sta cominciando a riflettere su altri tipi di povertà, di nuove povertà, che sono legate soprattutto - e questo anche secondo anche analisti di questi fenomeni - allo sfaldamento della famiglia: la famiglia è un luogo dove l’uomo trova un rifugio, trova una solidarietà, dove si è voluti bene non per quello che hai, ma per quello che sei. Venendo a mancare questa struttura nella società, disgregandosi tantissime famiglie e tantissimi matrimoni, assistiamo all’emergere di queste nuove realtà. Non si tratta di povertà, ma si tratta di persone che non possono neanche affrontare queste divisioni, anche dal punto di vista economico. Non parliamo poi della sofferenza, della solitudine e dei problemi connessi a questo di tanti bambini e di tanti giovani.

    D. - Da lunedì prossimo, Caritas Internationalis si riunirà a Roma in un Congresso internazionale per celebrare i suoi 60 anni…

    R. - La Caritas celebra ogni quattro anni questa sua assemblea generale, che quest’anno coincide con il 60.mo della sua fondazione. Sono presenti 165 nazioni, dalle più povere alle più ricche, dalle occidentali alle orientali, dalle africane alle latinoamericane. Sono rappresentati tutti e questo crea una ricchezza veramente molto grande. (mg)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un’avventura dello spirito umano: in prima pagina, un editoriale del direttore sullo storico videocollegamento di Bendetto XVI con gli astronauti della Stazione spaziale internazionale in orbita intorno alla Terra.

    Un umanesimo nuovo, integrale e trascendente: nel novantesimo anniversario dell’università Cattolica del Sacro Cuore, il Papa ribadisce la prospettiva di un rinnovamento culturale nella fede.

    Va garantito ‘accesso universale alle cure mediche: nell’informazione internazionale, intervento della Santa Sede all’assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità.

    Tra Chiesa e bloggers un riuscito vis-à-vis: in cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi sul nuovo “Cortile dei Gentili” che sta nascendo in rete.

    Il pioniere di Ebla: Maria Giovanna Biga ricorda l’assirologo Giovanni Pettinato.

    Tutto cominciò da una cava di pietre: Silvia Guidi su San Marino tra storia e leggenda.

    Come un incontro di boxe: Andrea Monda su Flannery O’Connor, della quale è stata pubblicata una raccolta di testi inediti in italiano dal titolo “Il volto incompiuto. Saggi e lettere sul mestiere di scrivere”.

    L’anima nelle scarpe: Marco Tibaldi sullo spettacolo “Donka una lettera a Cechov” in tournèe europea.

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    Oggi in Primo Piano



    Spagna, vigilia elettorale tesa per la protesta degli "indignados"

    ◊   Messaggio dei vescovi spagnoli in vista delle amministrative di domani, mentre nel Paese prosegue la protesta degli “indignados”. I giovani disoccupati hanno deciso di prolungare la loro protesta in piazza contro i due principali schieramenti politici per denunciare la mancanza di prospettive e la massiccia disoccupazione Il servizio è di Michela Coricelli:

    Tende, teli di plastica stesi a terra, sacchi a pelo. E striscioni: ovunque. E’ una giornata di riflessione molto particolare, oggi in Spagna. Nonostante il divieto di manifestazione imposto dalla Commissione elettorale centrale, migliaia di giovani affollano Puerta del Sol, epicentro della rivolta degli “indignati”: un movimento spontaneo sorto appena una settimana fa contro il sistema politico spagnolo, il bipartitismo, la corruzione, i tagli alla spesa pubblica, e soprattutto contro la disoccupazione. Anche nel resto del Paese, la protesta cresce: nelle piazze di Barcellona, Valencia, Siviglia, stesse scene, stessa indignazione. La polizia ha ricevuto l’ordine di non intervenire con la forza, a meno che non vi siano incidenti. Al “Movimento del 15 Maggio” ha fatto un riferimento anche il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, presidente della Conferenza episcopale: “Se c’è un argomento di straordinaria attualità – e penso ai giovani di Puerta del Sol – questo è: il problema dell’amore umano”, ha dichiarato. Le amministrative e regionali di domani sono considerate una prova del fuoco per i socialisti di Zapatero: i sondaggi prevedono un crollo di voti, anche nelle regioni tradizionalmente legate alla sinistra. Bisognerà aspettare i dati sulla partecipazione, per capire se il Movimento degli Indignati ha influenzato questo appuntamento elettorale.

    In merito al peso sulla situazione spagnola del movimento giovanile degli “indignados”, protagonista della protesta in atto nel Paese, Stefano Leszczynski intervistato Antonio Pelayo, corrispondente dell’emittente televisiva Antenna Tres:

    R. - Intanto, è un movimento molto giovane, recente: si chiama “15 maggio” proprio perché è nato il 15 maggio prima a Madrid e poi in altre città della Spagna. Secondo me, è un fenomeno molto più complesso di quello che può sembrare e che bisogna cercare di comprendere quale ne sia l’origine, quale sarà il suo probabile sviluppo e quali saranno anche gli eventuali leader, perché finora non ci sono, ma ci saranno.

    D. - Il fatto che loro si definiscano “lontani dai partiti attuali” potrebbe, in qualche modo, influenzare l’andamento delle elezioni? Fino a pochi giorni fa, loro sostenevano il non voto come voto di protesta…

    R. - Io penso di no. Penso che qualche influsso ci sarà, ma in una scala molto, molto moderata e molto piccola: forse aumenterà il numero di astensionisti, che era già previsto fosse alto.

    D. - Tra le proposte che gli “indignados” avanzano, oltre alla riforma etica e a una maggiore attenzione alla giustizia, c’è anche il desiderio di voler scindere la questione relativa alla Chiesa e allo Stato, tenendoli strettamente separati. Questo, in una società come quella spagnola, come viene accolto?

    R. - In tutte queste istruzioni non c’è alcun attacco alla Chiesa, alcun attacco alla religione, come è avvenuto alcuni mesi fa a Madrid e in altre città. C’è soltanto una indicazione di separazione tra Chiesa e Stato… Io credo che questo, che è un gruppo abbastanza giovane e con una esperienza religiosa minima se non addirittura inesistente, è probabile che sia favorevole a una separazione laicista fra la Chiesa e lo Stato. (mg)

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    Conclusa a Montevideo la plenaria del Celam. Il bilancio del cardinale Odilo Scherer

    ◊   Gli oltre 300 vescovi partecipanti alla 33.ma Assemblea generale del Consiglio episcopale latinomericano (Celam), hanno terminato ieri a Montevideo, in Uruguay, i lavori della plenaria, che hanno visto anche la partecipazione del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. L’inviato della Radio Vaticana, Silvonei Protz, ha intervistato per un bilancio il cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile:

    R. – Un bilancio direi molto positivo. Da questa assemblea noi usciamo con un documento importante, che fissa le linee direttrici per l’evangelizzazione in Brasile per i prossimi quattro anni. Noi abbiamo puntato molto sulla questione della trasmissione della fede e della formazione cristiana: la fede non si trasmette automaticamente, bisogna fare tutto un lavoro mirato, metodico di iniziazione alla vita cristiana, perché il cristiano venga fuori da un processo perseverante di evangelizzazione e di coltivazione della fede. Inoltre, da questa assemblea plenaria emerge anche una nuova guida per la Conferenza episcopale nei prossimi quattro anni, con un nuovo presidente nella persona del cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida, poi con il nuovo vice presidente, il nuovo segretario generale e i nuovi presidenti delle Commissioni episcopali e pastorali. Quindi, il volto della conferenza esce abbastanza rinnovato.

    D. – Durante i lavori, i vescovi brasiliani hanno sperimentato un clima di unità, di serenità e anche la gioia di pregare insieme...

    R. – Sì, infatti questi sono alcuni degli aspetti che sono propri della nostra assemblea. Noi preghiamo insieme, preghiamo tanto. E poi è bello vedere più di 300 vescovi cantare le Lodi, i Vespri, celebrare la Messa insieme. Devo dire che i pellegrini convenuti il sabato e la domenica per la Messa in basilica, vedendo tutti i vescovi per la celebrazione, avevano le lacrime agli occhi e dicevano: “Quanto è bella la nostra Chiesa”. E questo è importante come testimonianza per confermare nella fede la nostra gente, che tante volte si sente alquanto oppressa dal proselitismo di alcuni gruppi, che vogliono ad ogni costo far credere ai nostri cattolici più semplici che la Chiesa è in errore. Invece, stando insieme, la testimonianza aiuta a confermare la fede, a rincuorare la nostra gente con fermezza, in modo che anche loro si sentano più sicuri. (ap)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa quinta Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù risorto annuncia ai discepoli la sua prossima ascesa verso la casa del Padre. Filippo chiede al Maestro di mostrargli il Padre, mentre Tommaso gli domanda come sia possibile raggiungerlo. Gesù risponde:

    “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Due domande un po’ nervose oggi nel Vangelo: Tommaso che chiede lumi per capire dove mai intenda andare Gesù; e poi Filippo che vorrebbe tagliar corto alla discussione chiedendo di vedere finalmente il Padre, e così tutto sarà chiaro. A tutti e due Gesù risponde, invitandoli a scorgere in lui, nei suoi gesti e nelle sue parole, il riflesso della presenza de Padre. Un invito a penetrare il segreto dell’inviato dal Padre: nella sua misericordia, nella sua dedizione, nella sua trasparenza, nei sogni di futuro che alimenta, c’è la voce, il volto, l’amore del Padre invisibile, c’è la porta di accesso al segreto del Dio misterioso. E ora nella esistenza storica della Chiesa come si riconosce il volto del Padre, come si può andare ancora al Padre? Attraverso l’ascolto della Parola che il Figlio ci ha lasciato, attraverso i gesti del Figlio che ripetiamo, attraverso lo Spirito che rende ogni cosa udita e celebrata viva e rinnovatrice. Ma soprattutto attraverso l’amore reciproco: “Nessuno ha mai visto Dio: se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi” (1Gv 4,12), così ha scritto Giovanni, il discepolo amato da Gesù. Sì Gesù è via, verità e vita, è splendore del Padre che abita fra noi: e noi ne siamo suoi testimoni, trasfigurati dalla sua presenza di grazia. Non rendiamo sterile questa memoria e questo impegno con un vivere sbadato e vuoto!

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    Chiesa e Società



    Giornata mondiale Onu della diversità culturale per diffondere i valori di pace e solidarietà

    ◊   Si celebra oggi la Giornata Mondiale della Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo, istituita nel 2001 dalle Nazioni Unite al fine di sottolineare l’importanza dei valori della pace e della solidarietà. La Giornata, si legge nel messaggio odierno, vuole essere un segnale per chi cerca di seminare divisioni tra gli esseri umani e vuole mostrare che tali tentativi saranno sempre contrastati da coloro che credono nelle ben più grandi forze della tolleranza e della comprensione reciproca. La causa dell’armonia globale rimane in un equilibrio precario. Sia l’attività economica globale che gli sviluppi nel campo delle comunicazioni mostrano la crescente interconnessione dell’umanità, ma allo stesso tempo, continuano a persistere barriere, diffidenza ed animosità tra popoli e culture. Il contatto crescente ha anche generato timori, immaginari e reali, di perdere le proprie amate lingue, identità e costumi. “Un mondo di pace e solidarietà – scrive l’Onu - può essere raggiunto solo attraverso il riconoscimento e la celebrazione della nostra diversità”. Nell’ambito dell’osservazione della Giornata Mondiale della Diversità Culturale di quest’anno, l’Alleanza delle Civiltà e l’UNESCO insieme ad altre entità, dalle grandi imprese fino a giungere alla base popolare, realizzeranno il 21 Maggio la campagna “Fai un gesto” a favore della diversità e dell’integrazione. La campagna invita tutti, dai giovani agli attori politici, dai leader religiosi ai giornalisti, imprenditori e altri che influenzano opinioni e tendenze, a rendere nota la ricchezza morale, sociale ed economica che ci deriva dalla diversità culturale. “In questo giorno, come nel corso di tutta la nostra vita, secondo l’auspicio delle Nazioni Unite, compiamo dei passi, piccoli o grandi che siano, con le nostre famiglie e con vecchi e nuovi amici, che rafforzino legami, approfondiscano la comprensione del valore della diversità culturale e ci aiutino a vivere meglio assieme”. (C.S.)

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    Costa d'Avorio: preghiera interreligiosa a Yamoussoukro per l'insediamento di Ouattara

    ◊   “Vi è una forte mobilitazione popolare e sono stati fatti tutti gli sforzi perché vi sia un clima di festa, anche grazie all’organizzazione di spettacoli in tutta la città” dice all’agenzia Fides padre Augustin Obrou, dell’Ufficio comunicazioni dell’arcidiocesi di Abidjan, che si trova a Yamoussoukro, la capitale politica della Costa d’Avorio, per la cerimonia di investitura del Presidente Alassane Ouattara. Oltre a diversi Capi di Stato stranieri, anche la Conferenza episcopale della Costa d’Avorio è presente alla cerimonia di investitura. Padre Obrou spiega che si trova a Yamoussoukro anche per partecipare ad una preghiera interreligiosa che si terrà questa sera alle ore 19, nella Basilica di Yamoussoukro. Tutte le confessioni religiose, cristiane e musulmane, aderiranno per chiedere la pace nel Paese. Ouattara si insedia a 6 mesi dalla elezioni presidenziali del 28 novembre 2010, perse dal Capo dello Stato uscente, Laurent Gbagbo, che aveva rifiutato di lasciare il Paese, provocando una crisi politica che è sfociata in scontri militari tra le due fazioni, che ha causato 3.000 morti e almeno un milione di sfollati. Dopo l’arresto di Gbagbo, l’11 aprile, Ouattara è stato proclamato ufficialmente Presidente del Paese il 5 maggio. (R.P.)

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    L’impegno dell’Onu e del governo di Beirut per i profughi siriani in Libano

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) e il governo libanese sono in prima fila nell’assistenza dei profughi siriani, circa 1.400 solo nell’ultima settimana, che si sono rifugiati nel Paese dei cedri per sfuggire alle violenze in patria. A partire dalla fine di aprile sono circa 4 mila (ma è difficile stabilire il numero esatto) le persone che hanno passato il confine tra i due Stati: per assisterle, l’Acnur ha partecipato, come riporta un comunicato dell’organizzazione, a numerose operazioni di distribuzione di aiuti insieme alle agenzie partner. Fino ad oggi sono stati consegnati 3500 materassi, 1600 coperte e 500 kit alimentari. Ognuno di questi contiene provviste sufficienti a una famiglia di quattro persone per un mese. Anche il premier libanese ad interim, Saad Hariri, ha chiesto all’Alto comitato governativo per l’assistenza di assumere un ruolo di supervisione e coordinamento delle operazioni di assistenza agli sfollati, concentrati nel Nord del Paese. In maggioranza si tratta di donne e bambini, che hanno bisogno di cure mediche, cibo e un tetto, ma anche di assistenza psicologica e sociale, di cui si sta occupando il ministero libanese per gli Affari sociali. Queste iniziative hanno il sostegno dell’Acnur e l’organizzazione è in contatto con il governo libanese per stabilire quali siano gli interventi necessari. Le due istituzioni seguono anche da vicino le situazioni di alcune persone in carcere per ingresso o soggiorno irregolare e di altre che starebbero per essere respinte in Siria. Secondo le testimonianze raccolte tra i 1400 che hanno raggiunto le regioni libanesi di Wadi Khaled e Tall Biri partendo dalla città siriana di Tall Kalakh, in questa località e nelle sue vicinanze ci sarebbero stati pesanti bombardamenti militari. Molti profughi hanno passato la frontiera senza portare niente con sé. Molti si sono sistemati presso parenti o famiglie, altri sono ospitati in una scuola di Tall Biri. (D.M.)

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    Libano: i vescovi maroniti chiedono di "formare presto un nuovo governo"

    ◊   Un invito alle autorità libanesi a “serrare i ranghi e a promuovere quanto prima la formazione di un nuovo Governo” è stato lanciato dai vescovi maroniti nel corso della loro riunione mensile tenutasi a Bkerké lo scorso 11 maggio, sotto la presidenza del patriarca, mons. Peter Bechara Rai. Nel loro messaggio finale, diffuso dal patriarcato maronita, i presuli auspicano che il nuovo Governo “sia responsabile nel trattare i temi a cuore della popolazione, nel tenere fuori dal Paese il pericolo e nel garantire a tutti i suoi figli e figlie, in particolar modo alle nuove generazioni, un futuro sicuro”. I vescovi, inoltre, esprimono preoccupazione “per la tormentata situazione nei Paesi limitrofi che si riflette anche al loro interno con eventi deplorevoli a livello di sicurezza, stagnazione economica e una paralisi totale dei centri decisionali”. A Bkerké - riferisce l'agenzia Sir - si è parlato anche di “riconciliazione nazionale e di perdono reciproco” necessari per “rafforzare la presenza dei cristiani in Libano e nella regione e per ribadire il loro ruolo nella costruzione di una società basata sulla giustizia, l'amore e il rispetto dell'uomo”. Particolare risalto è stato dato anche al dialogo con i musulmani, una “spinta verso una vera unità nazionale e verso il rafforzamento della vita comune tra tutti i figli di questa patria nel rispetto della pluralità della loro appartenenza religiosa culturale e sociale”. (R.P.)


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    Turchia, riaperta antica chiesa caldea. Mons. Warduni: segno di unità e collaborazione

    ◊   Mardin, che in aramaico significa fortezza, è una cittadina di circa 65000 abitanti del sud est della Turchia quasi al confine con la Siria dove qualche giorno fa è stato fatto un piccolo passo avanti sul sentiero della convivenza pacifica tra diverse religioni e confessioni. Alla presenza di mons. Shleimun Warduni, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad e di numerosi caldei, laici e sacerdoti, arrivati fin lì da Istanbul ma anche dalla Francia e dal Belgio, è stata riaperta dopo anni di restauro l’antichissima chiesa risalente al IV secolo dedicata a Sant’ Hormisda, uno dei patroni della chiesa caldea. “Ci sono poche famiglie caldee a Mardin, 4 o 5, non di più, ma era importante restaurare un esempio di chiesa così antica e bella” ha detto mons. Warduni a Baghdadhope sottolineando come in questo caso la disponibilità del governo turco verso i non appartenenti all’Islam abbia facilitato questo progetto. La chiesa, per mancanza di sacerdoti caldei sarà curata da padre Gabriel Akyuz, un prete siro ortodosso che si occupa di tutti i cristiani, senza nessuna distinzione. La Turchia è una nazione che porta evidenti i segni del cristianesimo che lì ha segnato molte ed importanti tappe della sua storia. “Durante questo viaggio – racconta mons. Warduni ho avuto modo di visitare la tomba del vescovo Giacomo nella città di Nusaybin, l’antica Nisibis dove la tradizione vuole che nel IV secolo Sant’Efrem fondò una scuola filosofica e teologica che rivestì una grande importanza nella storia della chiesa d’oriente. La riapertura di questa chiesa - ha dunque concluso - si può considerare un piccolo ma importante passo perché segno della possibile e pacifica convivenza in quelle terre di religioni e confessioni diverse nel segno di Dio e della collaborazione tra uomini.” (C.S.)

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    Centenario dell’evangelizzazione del Nord Uganda. Il vescovo di Lira: viviamo la ricostruzione

    ◊   Le diocesi di Gulu e Lira, nel nord dell’Uganda, celebrano il centenario della loro evangelizzazione, mentre la situazione della popolazione, già colpita da violenze, sta lentamente tornando alla normalità. “La fase che stiamo vivendo – dice all'agenzia Fides il vescovo di Lira, mons. Giuseppe Franzelli – è quella della ricostruzione”. Anche Lira, infatti, ha dovuto subire le violenze dei guerriglieri raccolti nel cosiddetto Esercito di liberazione del Signore (Lord Resistance Army, Lra). “Tra gli episodi più gravi ricordo l’assalto alla scuola femminile di Aboke, nell’ottobre 1996”, spiega il vescovo. In quell’occasione, 139 ragazze furono rapite dai ribelli. Grazie ad una religiosa, Suor Rachele Fassera, 109 ritrovarono la libertà, e altre fuggirono dalla prigionia negli anni successivi. “La penultima – ricorda mons. Franzelli – l’ho raccolta io, aveva un bambino avuto da Joseph Kony, il capo dell’Lra. Le violenze dei guerriglieri avevano anche costretto alla fuga parte della popolazione, come a Gulu. “Dentro e intorno alla città di Lira – spiega il Vescovo – vi erano 16 campi per sfollati interni, al punto che la popolazione della città era cresciuta di 200 mila persone. Con la fine delle incursioni dell’Lra nella zona, dichiara però il presule “la gente è tornata a casa”. Sui circa 2 milioni di abitanti della diocesi, 1 milione e 86 mila sono cattolici. Per assisterli, ci sono 19 missionari comboniani (di cui 17 sacerdoti) e 12 religiose dello stesso ordine. Per quanto riguarda il clero locale “attualmente vi sono 45 sacerdoti diocesani, più due ‘Apostoli di Gesù’ una congregazione fondata da alcuni padri comboniani”, dichiara il vescovo. A questi si aggiungono due congregazioni locali, tra cui quella delle Missionary Sisters of Mary Mother of the Church: ne fanno parte 270 religiose che operano anche nel resto dell’Uganda, in Kenya, in Tanzania e in Sud Sudan. Le parrocchie della diocesi sono 18, “un numero insufficiente”, ammette lo stesso mons. Franzelli, che precisa “con il clero attuale non posso permettermi di aprirne altre”. “Le mille cappelle della diocesi – specifica – sono rette grazie a circa 1200 catechisti laici”. Per quanto riguarda la celebrazione del centenario, il presule ricorda: “Oggi concludiamo il secondo Sinodo arcidiocesano di Gulu. Se Sinodo significa ‘cammino insieme’ – prosegue – mi viene in mente che 100 anni fa, nel 1911 quando i primi missionari comboniani arrivarono a Gulu, da soli, sul cammino intrapreso da san Comboni, hanno avviato un processo che a 100 anni di distanza fa sì che esista una Chiesa che cammina insieme ed è capace di indire un Sinodo”. “Mi sembra un evento abbastanza significativo”, conclude Franzelli. Il vescovo ricorda che i comboniani evangelizzarono prima l’arcidiocesi di Gulu, a cui si riferisce il centenario, e solo dopo la diocesi di Lira. La ricorrenza, però, è celebrata nello stesso momento in entrambe le località “perché è come un albero che, una volta piantato, allarga i suoi rami”, spiega il presule. Le celebrazioni, previste per lo scorso febbraio, avvengono in questi giorni perché in caso contrario si sarebbero svolte contemporaneamente alle elezioni politiche. (D.M.)

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    Oltre 20 anni di impegno delle istituzioni sanitarie cattoliche nell’assistenza alle vittime dell’Aids

    ◊   “In molte regioni dell’Africa subsahariana, in particolare nelle zone più remote e dove il reddito medio è particolarmente basso, gli unici a fornire le terapie antiretrovirali e ad intervenire in favore delle vittime indirette sono proprio i dispensari ed i presidi medici appartenenti a Congregazioni, Ordini ed Istituti religiosi nonché ad alcune ong di matrice cristiana”: lo sottolinea mons. José L. Redrado Marchite, Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ricordando l’impegno pastorale profuso, sin dalla sua stessa istituzione, dal Pontificio Consiglio nella lotta all’Hiv-Aids, nell’assistenza e nel sostegno alle vittime, soprattutto alle vedove e agli orfani. Al tema “La centralità della cura della persona nella prevenzione e nel trattamento della malattia da Hiv-Aids” - riferisce l'agenzia Fides - è dedicato il Convegno internazionale di studio che si terrà a Roma, il 27 e 28 maggio, organizzato dalla Fondazione “Il Buon Samaritano” che, istituita nel 2004 dal Beato Giovanni Paolo II, fa capo al Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. “Il Convegno è indirizzato – spiega mons. Redrado Marchite - ad individuare percorsi medico-scientifici, educativi ed assistenziali, capaci di stimolare le sinergie tra le evidenze medico-scientifiche, gli aspetti di umanizzazione e di equità e gli orientamenti magisteriali e pastorali che devono guidare la cura della persona malata. Beneficeremo di relatori di alto spessore umano, medico-scientifico e socio-pastorale che aiuteranno i convegnisti a cercare e trovare risposte concrete all’incessante bisogno di cura dei malati di Hiv-Aids”. (R.P.)

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    Argentina: i vescovi in difesa dei "campesinos"

    ◊   “Mentre in Argentina si sono costruite molte macchine e si sta progredendo nella tecnologia ancora molti uomini e donne stanno lavorando nella cura delle piantagioni, nella zootecnia e in varie attività correlate. Pregate per loro, ma contribuite soprattutto a creare condizioni opportune perché possano avere un salario che permetta loro di vivere con dignità”. E’ questo l’appello di mons. Jorge Eduardo Lozano, vescovo di Gualeguaychú, che in occasione della festa di san Isidro Labrador, patrono degli agricoltori, è tornato a evidenziare le precarie condizioni che centinaia di migliaia di lavoratori rurali in Argentina sono costretti ad affrontare quotidianamente. Tali condizioni, spiega, sono rimaste invariate nel tempo mentre le piantagioni su scala industriale sono cresciute sia in dimensione che in numeri: i raccolti hanno raggiunto quasi i 100 milioni di tonnellate e più di trenta milioni di ettari — equivalenti all’11% della superficie totale dell’Argentina — sono coltivati. La migrazione stagionale di lavoratori agricoli è un fenomeno secolare in Argentina, uno dei maggiori produttori agricoli mondiali. Ma negli ultimi anni hanno assunto caratteristiche nuove, a causa della presenza di organizzazioni di reclutamento che operano come intermediari per le multinazionali dell’industria agricola. I reclutatori offrono ai lavoratori contratti miseri che non vengono mai rifiutati in quanto consentono la sopravvivenza. Molti «campesinos», spesso relegati nelle campagne o nelle zone più marginali delle città, sono costretti a vivere in dormitori affollati con pavimenti di terra o in tende di plastica senza elettricità dopo aver lavorato per quattordici ore al giorno. “La dignità della persona umana — ha sottolineato il presule — rende il lavoro una realtà fondamentale nella società. Esso non può essere visto da una dimensione meramente economica e produttiva, ma è un diritto fondamentale ed un bene per l’uomo. Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro”. Mons. Lozano ha inoltre sottolineato che troppo spesso la dignità dell’uomo sui luoghi di lavoro viene calpestata; i valori sono ormai divenuti tiepidi e inesistenti, per questo occorre che tutte le componenti sociali e politiche operino in sinergia affinché il sistema economico, non sconvolga l’ordine fondamentale della priorità del lavoro sul capitale, del bene comune su quello privato. Occorre recuperare la dimensione etica dell’economia e del lavoro. Più volte anche i vescovi argentini sono tornati a evidenziare la piaga della povertà e dell’esclusione sociale, le diffuse difficoltà derivanti dalla disoccupazione e il lavoro precario e malpagato. Nonostante segnali di ripresa “la povertà e l’esclusione sociale — si legge nel messaggio dei presuli — si connotano nel Paese come mali strutturali e costituiscono un difficile nodo da sciogliere. Sono il risultato della sottovalutazione del problema a livello istituzionale e sociale ed evidenziano la mancanza di lungimiranza da molti anni”. Secondo i vescovi argentini, in questo difficile orizzonte sociale, le possibili soluzioni a tali problemi necessitano di una condizione indispensabile: un accordo, un patto sociale profondo per canalizzare le politiche statali permanenti che ripristinino uno stato di giustizia, di legalità, di costruttiva convivenza. (C.S.)

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    Papua indonesiana: una rete per migliorare la condizione e i diritti umani delle donne indigene

    ◊   Le donne indigene della Papua indonesiana hanno subito e continuano a subire ogni sorta di violenza, stupri, torture, abusi, sequestri da parte delle forze militari indonesiane impegnante nella repressione della ribellione degli indigeni della Papua: è la denuncia diffusa dal “Papuan Women’s Human Rights Network”, una nuova rete nata in Papua per difendere i diritti delle donne e migliorare la condizione femminile nella provincia. “Le donne indigene della Papua – afferma una nota inviata all'agenzia Fides – subiscono da oltre 40 anni ogni genere di abusi e finora hanno sofferto in silenzio. Oggi intendono far sentir la loro voce, hanno formato un network per far emergere la verità e per fare pressioni sul governo, perchè cambi atteggiamento”. Quando l’Indonesia proclamò la sua indipendenza, nel 1945, la Papua (la metà occidentale dell'isola della Nuova Guinea) rimase sotto il governo coloniale olandese. L'Indonesia l'ha annessa alla nazione nel 1962, dopo un referendum sulla scelta di indipendenza o di integrazione. Al referendum, però, votarono solo 1.000 uomini prescelti dall'esercito indonesiano e l'annessione fu sancita all’unanimità. Oggi la presenza militare indonesiana resta forte in Papua, per sedare eventuali nuovi fermenti indipendentisti, di cui sono accusate, in particolare le comunità indigene. Gli abusi compiuti dai militari indonesiani hanno fato scalpore nell'ottobre 2010, quando fu diffuso via Internet un filmato che documentava le torture inflitte su un uomo indigeno locale. Le donne indigene della Papua, dopo un lavoro di incontri, organizzazione e coscientizzazione, hanno formato il nuovo network che intende lavorare in partnership con associazioni internazionali per la difesa dei diritti umani. Il network ha prodotto un Rapporto intitolato “E' già troppo” che documenta le violenze subite dalla donne indigene nel periodo 1963-2009. Il Rapporto è stato presentato al governo civile della Papua, chiedendo la fine delle violenze e delle discriminazioni sulle donne della provincia. (R.P.)

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    Bangladesh: la sanità è troppo cara. Gratis solo le pratiche di sterilizzazione

    ◊   Le cure mediche in Bangladesh sono troppo costose per la maggioranza della popolazione, e nel Paese asiatico la maggior parte degli abitanti resta, di fatto, senza assistenza sanitaria. Come riferisce AsiaNews sono poche le persone, per lo più impiegati governativi, che hanno diritto a una copertura sanitaria totale, e possono farsi curare nelle cliniche private o a Singapore, in India e in Thailandia. La massa dei poveri, invece, deve affidarsi agli ospedali statali, il cui numero è insufficiente. In più, anche se formalmente le cure sarebbero gratuite, il paziente, esclusa la visita iniziale, deve pagare in prima persona ticket, medicine, esami clinici e persino il cibo. Le istituzioni religiose, chiesa missioni e ‘sick shelter’, tentano di rimediare a questa situazione, sostenendo le spese mediche di molti malati, ma spesso si trovano costretti a scegliere tra i diversi pazienti. Gli ospedali, infatti, applicano il cosiddetto metodo del “pacchetto”: al prezzo iniziale concordato per un’operazione, aggiungono in un secondo momento altre spese (cibo, sangue per le trasfusioni, costi del prolungamento del ricovero). I missionari si trovano quindi nella situazione di non avere risorse sufficienti per pagare le spese di tutti quelli che ne avrebbero bisogno. Chi non ha denaro si affida anche alla medicina tradizionale, rivolgendosi al sistema sanitario solo quando è troppo tardi. Introdotta in maniera massiccia e rapida negli ultimi dieci anni, la medicina tradizionale è percepita come più efficace rispetto a unguenti erbe e peratiche magiche (kobiraj), ma anche come irraggiungibile. I problemi dovuti a malattie non gravi o piccoli incidenti sono quindi molto diffusi. Lo Stato contribuisce in qualche modo a finanziare lebbrosari, campagne sulla corretta alimentazione e vaccinazioni, non frequenti, contro rabbia e tetano, ma le uniche pratiche completamente gratuite sono quelle di sterilizzazione. Per mantenere sotto controllo le nascite sono stati aperti numerosi centri di salute riproduttiva, finanziati dai Paesi del Nord Europa e degli Stati Uniti. Nei centri si effettuano legamenti delle tube e vasectomie e fino a qualche anno fa, il governo pagava chi riusciva ad accompagnare una donna dai chirurghi per l’operazione. A volte sono addirittura i medici stessi a sterilizzare le ragazze senza il loro consenso, approfittando di operazioni all’intestino. Queste pratiche hanno portato a un calo della natalità dell’ 1,6% nel 2010, nel Paese che conta oltre 162 milioni di abitanti, ma hanno provocato reazioni tra la popolazione. Proteste che, però, non hanno fatto sì che i centri smettessero di esistere. (D.M.)

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    Myanmar. Il nuovo vescovo di Pyay: “Priorità all’evangelizzazione”

    ◊   “La priorità per la nostra Chiesa è l’evangelizzazione. Il motto che ho scelto per il mio servizio episcopale, ‘Che possano avere la vita’, esprime bene questo significato e questa esigenza: comunicare l’amore di Cristo , che dà vita”: così mons. Alexander Cho, 62 anni, nuovo vescovo di Pyay, nella parte centrale del Myanmar, esprime in un colloquio con l’agenzia Fides le sue intenzioni pastorali. Mons. Cho viene chiamato con affetto dai suoi fedeli “il vescovo americano”, in quanto proviene da una esperienza pastorale svolta negli Stati Uniti, nella diocesi di Salina, nello stato del Kansas. Dall’esperienza americana, afferma, “cercherò di trarre il meglio, come la buona organizzazione e la capacità di delegare, elementi che possono dare benefici all’efficacia del lavoro missionario, contribuendo alla crescita e allo sviluppo della diocesi di Pyay”. Insediatosi nel febbraio scorso, il vescovo ha dedicato i primi mesi di servizio pastorale a conoscere il territorio, a prendere contatto con il clero, i religiosi, i laici, le comunità diocesane, ma anche con la realtà sociale e con le istituzioni civili. “A livello pastorale – racconta all’agenzia Fides dopo un viaggio nella diocesi – ho trovato una comunità viva, che gode di sufficiente libertà di culto, anche se le attività pubbliche, come le processioni, devono essere autorizzate. A livello sociale, invece, esistono diverse restrizioni, ma la Chiesa riesce a portare avanti le sue attività per aiutare la gente”. Il suo piano pastorale prevede: “Dare priorità all’evangelizzazione”, lavorare “al rinnovamento spirituale e alla formazione di clero, religiosi e laici”, impegnarsi “nella promozione sociale ed economica della popolazione, soprattutto nel settore dell’istruzione”. Tutto ciò è possibile anche se i cristiani in Myanmar, nota il vescovo, si trovano in una condizione a volte difficile, “dovendo affrontare le sfide del rispetto dei diritti umani, della libertà, della giustizia e della pace”. Ma i fedeli “accettano di essere cittadini birmani, condividono le sofferenze degli altri cittadini birmani, e cercano di operare instancabilmente nel campo della giustizia e della pace, senza alcuna violenza, ma con amore”. Il vescovo, dicono i suoi fedeli, è una persona che dà il buon esempio: è paziente, misericordioso, umile, pronto al dialogo e al sacrificio per il prossimo. (R.P.)

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    Hong Kong: impegno della diocesi per sostenere la formazione all’estero dei laici

    ◊   Il Fondo per la Formazione dei Laici della diocesi di Hong Kong ha stanziato 600 mila $ hk per la formazione all’estero di sei laici nell’anno 2011. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), quest’anno i fondi sono destinati a due laici che studiano in Italia, a Roma, teologia biblica e teologia fondamentale; a due laici che sono negli Stati Uniti per approfondire la filosofia e le scienze religiose; un altro laico in Australia studierà i temi legati al Matrimonio e alla Famiglia, mentre l’ultimo sarà a Taiwan per il dottorato in filosofia. Mons. Domenico Chang, vicario generale della diocesi di Hong Kong, ha incoraggiato i sei laici ad approfondire contemporaneamente la scienza e la fede. Secondo le informazioni dell’Ufficio Generale del Vicario diocesano, il Fondo per la Formazione dei Laici della diocesi di Hong Kong è stato creato dall’allora vescovo di Hong Kong, il cardinale G.B. Wu, nel 1992, e destinato ai cattolici locali per i loro studi - all’estero o a Hong Kong – in scienze religiose, teologia, teologia morale, dottrina sociale della Chiesa, pastorale, liturgia e altre discipline legate alla fede cattolica. In questi anni ha già sostenuto la formazione di oltre 640 laici e la realizzazione di 735 progetti per la formazione ad Hong Kong e all’estero, per una somma totale di 7.900.000 $ hk (equivalenti a circa 800.000 €). Stati Uniti, Canada, Italia (soprattutto Roma), Francia, Malta, Filippine e Australia sono le principali destinazioni per lo studio. (R.P.)

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    India: inaugurato a Ranchi un nuovo centro di formazione dei Gesuiti sui media

    ◊   E' stato da poco inaugurato a Ranchi, capitale dello Stato indiano del Jharkhand, il Lievens' Institute of Film and Electronic Media (Life). Come riferisce il Servizio Stampa dei Gesuiti, si tratta di un nuovo centro della Compagnia di Gesù per offrire ai giovani delle popolazioni tribali competenze per diventare professionisti dei media con una visione etica affinché si impegnino a far sentire la voce delle loro tribù a livello nazionale e internazionale. Durante la cerimonia di inaugurazione il padre Francis Kurien, Provinciale dell'Hazaribagh, ha espresso la speranza che gli studenti del centro diventino agenti di comunicazione e ha dichiarato: "Oggi i mezzi di comunicazione non offrono molte informazioni su quello che succede nel Jharkhand". Il Provinciale di Ranchi, padre Xavier Soreng, anch'egli presente alla cerimonia, benedicendo l'edificio lo ha definito "un nuovo capitolo nella vita del Jharkhand e un dono dei Provinciali dell'India centrale alle popolazioni tribali della regione". Il Centro offrirà corsi di produzione cinematografica e televisiva. Al termine degli studi gli alunni riceveranno un diploma del Xavier Institute of Communication di Mumbai in base ad un accordo già stipulato. Il programma prevede tra breve anche l'avvio di corsi in comunicazione elettronica. (L.Z.)

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    Messaggio della Comunione anglicana per la Conferenza sui cambiamenti climatici di Durban

    ◊   Dal 28 novembre al 9 dicembre gli occhi del mondo saranno puntati sul Sud Africa, esattamente su Durban, dove negoziatori e leader politici di tutto il pianeta si riuniranno in occasione della diciassettesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In vista di questo importante evento - riferisce L'Osservatore Romano - la Comunione anglicana ha diffuso un messaggio nel quale si lancia un appello affinché tutti partecipino. L’appuntamento è ritenuto fondamentale perché ha come obiettivo quello di raggiungere un accordo legalmente vincolante sui cambiamenti climatici che succeda al Protocollo di Kyoto. «Con i programmi provinciali diocesani che riguardano la Comunione in particolare nel sud del mondo, i quali devono sempre più prevedere una risposta all’impatto dei cambiamenti climatici nella missione locale — si legge nel messaggio — si auspica che i Governi assumano impegni fermi e urgenti per ridurre le emissioni di carbonio». In Sud Africa la comunità anglicana ha già avviato una serie di iniziative volte a ridurre le emissioni di gas e nel pieno rispetto per l’ambiente. Nella diocesi di Natal, i parrocchiani della chiesa di San Giovanni Battista di Pinetown hanno realizzato un giardino con piante locali senz’acqua come una specie di «polmone verde» nella loro zona. Hanno costituito impianti per il riciclaggio e creato un orto nel terreno della chiesa per dimostrare come una piccola area possa essere utilizzata per produrre cibo. «La Comunione anglicana dell’Africa meridionale — ha spiegato il reverendo Andrew Warmback — sta svolgendo un ruolo fondamentale nel mobilitare le proprie e le altre comunità di fede perché si uniscano nello sforzo per influenzare i Governi affinché prendano precisi impegni a Durban». Attraverso le reti locali di gruppi ambientalisti e attivisti, la diocesi di Natal, incoraggiati dal vescovo, Rubin Phillip, è solo una delle diocesi dell’Africa meridionale dove gli anglicani vengono educati e spronati a intraprendere iniziative per rendere «verde» la loro parrocchia promuovendo piccoli orti biologici e, a un livello più ampio, a partecipare ad azioni ecumeniche e interreligiose. La comunità anglicana del Sud Africa è membro fondatore dell’Istituto per l’ambiente delle comunità di fede dell’Africa meridionale (Safcei), che lavora con persone di altre chiese e di altri gruppi religiosi per rendere il mondo ecologicamente sostenibile. «Safcei — prosegue il testo — ha tutte le carte in regola per guidare la comunità di fede nei loro impegni affinché i Governi del mondo riflettano sulle implicazioni morali ed etiche dei negoziati della Conferenza, e non tengano conto dei propri ristretti interessi finanziari e diplomatici. Occorre un approccio radicalmente diverso alla politica mondiale, se il pianeta terra come la conosciamo deve essere salvato per l’umanità». (R.P.)

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    In corso a Lourdes il pellegrinaggio militare internazionale

    ◊   Militari di tutto il mondo sono a Lourdes come pellegrini, guidati dalle parole del ‘Padre Nostro’. “Uniti dal padre per una stesa preghiera” è infatti il motto del 53mo pellegrinaggio militare internazionale nel santuario mariano francese, come riporta il quotidiano Avvenire. Al pellegrinaggio prendono parte più di 3.500 soldati italiani, e anche una trentina di parenti dei caduti nelle missioni all’estero degli ultimi anni. L’iniziativa di invitarli a partecipare è partita dall’ordinariato militare dopo l’incontro organizzato nei mesi scorsi ad Assisi per mostrare al vicinanza della Chiesa a queste famiglie e al loro dolore. Ad accompagnare la rappresentanza italiana è lo stesso ordinario militare, l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, che ha commentato il tema del pellegrinaggio di quest’anno. Il ‘Padre Nostro’, ha detto il presule, ci ricorda che “quando Gesù insegna ai discepoli a pregare non trasmette loro una formula, ma uno stile di relazione, fa percepire la bellezza e l’essenzialità di essere suoi figli”. Il pellegrinaggio è iniziato ieri con la celebrazione del sacramento della riconciliazione e il Rosario davanti alla Grotta delle apparizioni. In serata, poi, la cerimonia di apertura ha visto la partecipazione di tutte le delegazioni in divisa, ed è stata seguita dall’adorazione del Santissimo Sacramento nella Basilica del Rosario. “Con la confessione – ha sottolineato Pelvi – ogni volta si può ricominciare una vita nuova. Il pellegrinaggio si inserisce anche nelle celebrazioni per i 150 anni dall’Unità d’Italia, e l’ordinario militare ha voluto sottolineare come la presenza a Lourdes con i militari del sottosegretario alla Difesa del governo italiano, Guido Crosetto, valorizzi ancora di più le celebrazioni dell’anniversario. (D.M.)

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    Roma: una marcia per celebrare la seconda Giornata della Vita

    ◊   Si terrà domani 22 maggio, a Roma, la seconda Giornata della Vita (‘Lifeday’), promossa dal Movimento per la Vita, dopo la prima edizione del 2010. In quest’occasione, riferisce il quotidiano Avvenire, una grande manifestazione ricorderà l’anniversario (il 33mo) della legge che ha depenalizzato l’aborto volontario, e del referendum, promosso per ottenerne l’abolizione, ma che non raggiunse lo scopo. Il Movimento per la Vita si impegna quindi ancora una volta per “costruire una nuova cultura della vita”, secondo l’indicazione del beato Giovanni Paolo II. Nei prossimi giorni verrà anche indirizzato alle istituzioni e ai politici un appello che vuole superare le divisioni che emersero nella società al momento del voto per il referendum abrogativo. “Siamo convinti – spiega infatti il presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini - che l’unità nazionale si costruisce solo intorno ai valori condivisi e ai diritti e ai diritti che spettano agli uomini senza alcuna eccezione”. “Nei giorni in cui si celebrano i 150 anni dell’Unità d’Italia - prosegue - vale la pena di ricordare che le nazioni si costruiscono intorno ai diritti dell’uomo, alla giustizia, all’uguaglianza. Insomma: attorno alla vita”. La manifestazione di domani partirà da Piazza Risorgimento alle 10.30, e raggiungerà piazza san Pietro per assistere al Regina Coeli di Benedetto XVI. Il corteo riprenderà poi il percorso verso il Senato, dove la legge 194 fu approvata il 22 maggio 1978. In piazza Navona i partecipanti ascolteranno alcuni brani del magistero di Giovanni Paolo II. Verrà poi ricordato l’impegno di quanti, nei mesi precedenti il referendum, manifestarono pubblicamente e con entusiasmo le ragioni di un voto a favore del diritto alla vita. L’auspicio del Movimento per la vita è che il Lifeday possa diventare annuale e così ricordare periodicamente le ragioni del “sì alla vita”. (D.M.)

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    Festival di Cannes: dieci minuti di applausi per Paolo Sorrentino

    ◊   A un giorno dalla conclusione del Festival di Cannes, si possono tirare le somme e non sono sicuramente entusiasmanti per quello che viene considerato a giusto titolo il più importante avvenimento cinematografico del mondo. A fronte della presenza di qualche bel film, il programma della competizione ufficiale, nonostante le buone premesse e i grandi nomi, ha un po’ deluso. Se qualcosa di buono è lecito attendersi da “La source des femmes” di Radu Mihaileanu in programma questa sera, in queste ultime battute i grandi film latitano. Con “La piel que abito”, Pedro Almodovar mette insieme i pezzi delle sue personali ossessioni, gli spunti di una cinefilia mal digerita e il consueto spirito iconoclasta, per raccontare la storia di un chirurgo plastico in preda alla follia e quella di una sua vittima, un giovane trasformato in donna per soddisfare la sua sete di vendetta. Il film rinvia a un autore classico come Franju, alle atmosfere del genere horror e all’attrazione verso la femminilità del regista spagnolo, ma lo fa senza quella necessaria distanza che caratterizzava i film di qualche anno fa, dove la malinconia del mélo e l’umorismo della commedia si fondevano in maniera quasi perfetta. Anche “Drive” di Nicolas Winding Refn, storia di un geniale pilota alle prese col sottobosco criminale di Los Angeles, pur rivelando le buone potenzialità espressive del suo regista, si riduce a un film di genere, dove il numero spettacolare dell’inseguimento automobilistico si alterna allo splatter dei corpi massacrati e i buchi di sceneggiatura non sono compensati dalla brillantezza della messa in scena. In tal senso molto meglio si rivelano “Ichimei” di Takashi Miike e “This must be the place” di Paolo Sorrentino. Il regista giapponese, autore di culto fra i cinefili dell’ultima generazione per i suoi film estremi, allo stesso tempo violentissimi e astratti, prende tutti in contropiede con un lavoro di grande rigore formale. Al centro del film una storia di samurai poveri, che in tempo di pace non sanno più cosa farsene dell’abilità guerriera. Costretti a mendicare, per non perdere onore e rispetto, s’inventano la pantomima del suicidio rituale, che consiste nel chiedere a un feudatario di potere fare harakiri per sfuggire alla loro condizione. Di solito i signori s’impietosiscono e loro ne ricavano qualche moneta che gli permette di sopravvivere senza perdere la faccia. Ma la cosa diventa un’abitudine e ben presto i potenti si stancano del gioco. Così quando un giovane sprovveduto con moglie e figlio malati, cerca di ricorrere allo stesso artificio, egli è costretto davvero ad uccidersi. Rispettoso dell’iconografia tradizionale, dalla pittura alle architetture in cui si svolge l’azione, Takashi applica allo spirito della tradizione e del genere quella furia distruttiva che abitualmente esercita sui corpi dei suoi protagonisti; e, così facendo, rende cosciente lo spettatore della vuota retorica del potere. Se Takashi affascina e costerna, Sorrentino coinvolge tutti con una strana storia di formazione. Ne è protagonista una vecchia rockstar col fisico intaccato dagli abusi di droghe e lo spirito fiaccato dal senso di colpa. Un tempo fu giovane e ribelle, in continua lotta contro il mondo. Oggi, ricco e solitario, vive osservando la gente da lontano. Ma poi il mondo lo richiama a sé, costringendolo a un confronto con la figura del padre, con le sue origini, con la sua storia. Dalla verde Irlanda prende così il via un lungo viaggio sulla strada, attraverso l’America, in compagnia di personaggi bizzarri e della musica dei Talking Heads che dà il titolo al film. Sorrentino vi conferma tutto il bene che si dice di lui: perfetto controllo della messa in scena, empatia coi personaggi, battute sorprendenti e una sorta di energia benevola che trascina tutti, personaggi e spettatori, sulle strade del mondo. (Da Cannes, Luciano Barisone)

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    Cinema: al Festival cattolico “Mirabile Dictu” vince film italiano sul Beato Duns Scoto

    ◊   E’ il film italiano “Duns Scoto” il vincitore del Pesce d’argento 2011 come miglior film, assegnato durante la seconda edizione dell’International Catholic Film “Mirabile Dictu”: lo riferisce l'agenzia Zenit. Il film racconta la storia del filosofo medievale John Duns, scozzese di nascita e dunque conosciuto come Scoto, beatificato nel 1993 da Giovanni Paolo II. La premiazione si è svolta giovedì scorso presso l’Auditorium Conciliazione di Roma, e ha visto l’assegnazione di altri quattro riconoscimenti. Il premio per il miglior documentario è andato a “La ultima cima” di Juan Miguel Cotelo, che racconta la vita del filosofo e teologo spagnolo, il sacerdote Pablo Dominguez, morto in un incidente di montagna. Il cortometraggio “Kavi”, di Gregg Helvey, che affronta il tema del lavoro minorile in India, è stato giudicato il migliore della sua categoria. Adriano Braidotti, nel ruolo di Duns Scoto, è stato premiato come miglior attore protagonista, mentre miglior regia è stata giudicata quella di José Luis Gutierrez, per il suo remake di "Marcelino pan y vino", ambientato nel Messico degli anni Venti. Oltre al premio “Pesce d’argento”, ispirato al primo simbolo cristiano, sono stati assegnati riconoscimenti a due opere prime: “La città invisibile” di Giuseppe Tandoi, ambientato a L’Aquila terremotata, e “L’uomo del grano”, sullo scienziato Nazareno Strampelli, e le sue scoperte che aiutarono la lotta alla fame nel mondo. Tra gli attori, premio alla carriera per Remo Girone, che ha recentemente interpretato un film su Pio XII (‘God Mighty Servant’) di buon successo in Germania, ma non ancora distribuito in Italia. A margine del festival, patrocinato dal Pontificio Consiglio della Cultura, e che si chiude oggi, l’ideatrice Liana Marabini ha spiegato come lo scopo della manifestazione sia di “evangelizzare attraverso l’arte e la cultura”. Parole che riecheggiano quelle del cardinale Gianfranco Ravasi, anche presidente del comitato d’onore del Festival, secondo cui lo scopo dell’iniziativa è la promozione dei valori morali universali e di modelli costruttivi di comportamento. “Tutti siamo consapevoli dell’enorme potenzialità che nel bene e nel male possiede il cinema, come strumento di diffusione di idee e di comportamenti e come agente di un cambiamento culturale”, ha scritto il porporato nella sua lettera di saluto. “E’ proprio questa capacità della settima arte – conclude il testo – che la rende uno strumento efficace al servizio della diffusione del Vero, del Buono e del Bello. (D.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Afhganistan: attentato all'ospedale militare di Kabul, sei vittime tra gli studenti di medicina

    ◊   Attentato kamikaze stamattina all’interno dell’ospedale militare di Kabul. Il bilancio è almeno di sei morti e una ventina di feriti. Le vittime – hanno riferito le autorità locali – sono studenti di medicina: l’attentatore si è fatto saltare in aria nei pressi della mensa della struttura, che si trova in una zona molto controllata della capitale. I talebani hanno rivendicato l’azione attraverso il loro portavoce.

    Pakistan
    Guerriglia in azione anche in Pakistan, al confine con l’Afghanistan. Stamani ci sono stati due attacchi contro camion della Nato con rifornimenti diretti alle truppe a Kabul: si parla di almeno 15 morti ed una ventina di mezzi dati alle fiamme. In giornata a Karachi sostenitori di un partito pakistano hanno annunciato il blocco degli automezzi a sostegno della coalizione internazionale: l’obiettivo è di protestare contro gli attacchi degli aerei senza pilota americani nelle zone tribali del Pakistan.

    Siria-Usa-Israele
    Il premier israeliano Netanyahu e il presidente statunitense Obama hanno confermato le loro divergenze in merito al processo di pace in Medio Oriente. Nel faccia a faccia di ieri alla Casa Bianca hanno tuttavia espresso preoccupazione per la condotta della Siria. E le notizie che arrivano oggi da Damasco confermano che la repressione contro i manifestanti anti-governativi si fa sempre più dura. Il servizio di Eugenio Bonanata:

    Una quarantina di morti per mano delle forze di sicurezza siriane durante le manifestazioni di ieri, avvenute in varie città. Il bilancio del decimo venerdì di protesta consecutivo, diffuso da attivisti per i diritti umani, è stato dapprima smentito dal regime: ieri, infatti, la tv di Stato ha negato che ci siano stati scontri durante i cortei. Oggi invece l’agenzia di stampa San'a, parla di 17 morti tra civili e agenti di polizia: martiri – afferma – uccisi da “gruppi armati”. Lo scenario non è nuovo, mentre si fa sempre più probabile l’inasprimento delle sanzioni contro la Siria da parte dell’Unione Europea. Bruxelles, inoltre, attraverso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo – istituto nato nel 1991 dopo la caduta del muro di Berlino – pensa anche ad investimenti per due miliardi e mezzo di euro in tutta l’area mediorientale e nord africana a partire dal prossimo mese di luglio, seguendo il presidente Obama con il suo piano Marshall per la regione che, dalla prossima settimana, entrerà nel vivo sotto l’egida del G8. Il capo della Casa Bianca, intanto, ha trovato nell’ennesima denuncia del pericolo siriano la sintonia con il suo ospite di ieri, il premier israeliano Netanyahu. I due, come previsto, hanno preso atto delle profonde divergenze in merito al riavvio del processo di pace in Medio Oriente sui confini del 1967: una questione, che, secondo gli esperti potrebbe interferire in ogni momento con le rivolte nel mondo arabo. Sul fronte africano, infine, scende in campo nuovamente l’Unione Africana che ha convocato ad Addis Abeba, il 25 e il 26 maggio prossimi, un vertice straordinario sulla situazione in Libia e sulle altre aree di crisi nel Continente.

    Iran
    Il presidente iraniano Ahmadinejad ha inviato una lettera al suo omologo libanese, Suleiman, in cui rinnova “il sostegno al Libano nella lotta contro le politiche aggressive di Israele”, invitando il leader di Beirut a compiere una visita ufficiale a Teheran. L’Iran ha annunciato l’arresto di “30 spie” al servizio degli Stati Uniti, precisando che si tratta di agenti che fornivano informazioni alla Cia, raccolte “dalle ambasciate americane negli Emirati Arabi Uniti, Turchia e Malaysia”.

    Fmi-Portogallo-Italia
    C’è da registrare il via libera del Fondo Monetario Internazionale al prestito da 26 miliardi di euro a favore del Portogallo. Si tratta della prima tranche dell'accordo di salvataggio, messo a punto d'intesa con l'Unione Europea, per aiutare Lisbona ad uscire dalla crisi del debito sovrano. Intanto, sul versante italiano, l’agenzia Standard & Poor's ha tagliato l’outlook del Paese a lungo termine, precisando che le “attuali prospettive di crescita sono deboli e l’impegno politico per le riforme che aumentino la produttività sembra incerto”. Paolo Ondarza ha intervistato Giacomo Vaciago docente di Economia e Finanza all’università cattolica di Milano:

    R. – Le agenzie di rating hanno ribassato appena qualche giorno fa – come noi – l’outlook degli Stati Uniti. Guardiamo all’Italia: cosa hanno detto? Poiché ciò che ha fatto finora il governo è poco, e poiché siamo oramai agli sgoccioli della legislatura, siamo preoccupati per la scarsa crescita dell’economia italiana e per il fatto che, se non si prenderanno presto le misure necessarie, nei prossimi due anni questa mancata crescita creerà altri problemi. E’ chiaro che è un invito pressante come ci è venuto da tutti gli organismi internazionali – Ocse, Fondo Monetario: “Non è male ciò che avete fatto finora, ma dovete fare di più!”.

    D. – Il Tesoro ha rassicurato che l’Italia rispetterà gli impegni presi e che però non ci sono rischi di paralisi…

    R. – Siamo in campagna elettorale… Attenzione: le riforme di cui l’Italia ha bisogno presentano – proprio perché devono servire a muovere l’economia – costi politici nell’immediato e benefici tardi. Si fanno nel primo anno di un governo: mai nell’ultimo o nel penultimo!

    D. – Qualcuno ha messo in discussione anche la credibilità di “Standard & Poor’s”, e sto parlando non di politici ma di due sindacati come Cisl e Uil che nelle ultime ore hanno parlato di un ennesimo abbaglio da parte di un’agenzia screditata…

    R. – Il sindacato non fa opinione sui mercati. “Standard & Poor’s”, sì. Finché questo resta al mondo, reagire come hanno fatto i nostri sindacati, scredita i nostri sindacati! (gf)

    Costa D'Avorio
    La Costa D’Avorio volta pagina ufficialmente, dopo cinque mesi di cruenta e sanguinosa guerra civile tra i due presidenti, quello eletto Alassane Ouattara e quello uscente Laurent Gbagbo. Oggi nella capitale Yamoussoukro la cerimonia di insediamento di Ouattara, al quale si chiede un forte impegno per riportare nel Paese africano riconciliazione e sviluppo. La Chiesa locale chiede al capo dello Stato urgenti misure per risolvere il dramma umanitario dei 30 mila sfollati, fuggiti dalle violenze e accolti nella missione cattolica, gestita dai Salesiani, a Duekoue. L’appello, attraverso l’agenzia Fides, è del vescoo di Man, mons. Gaspard Beby Gneba. Sulla attuale situazione ivoriana, Giancarlo La Vella ha intervistato Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi africani all’Università di Torino:

    R. – Sicuramente è un punto di svolta definitivo. L’insegnamento di Ouattara definisce ufficialmente la sua posizione agli occhi di tutti gli ivoriani e del mondo intero. Certamente restano molti problemi da risolvere. In primis, il problema fondamentale relativo alla legittimità di Ouattara. Sappiamo che egli ha conquistato il potere dopo un confronto elettorale il cui esito effettivo non si saprà mai. Ma cosa ancor più grave è il fatto che abbia conquistato il potere dopo cinque mesi di conflitto, con la forza e soprattutto con l’aiuto determinante di forze esterne, le Nazioni Unite. In particolare c’è stato l’aiuto della Francia, che ha avuto un ruolo decisivo nell’esito di questa crisi post-elettorale bombardando ripetutamente le residenze presidenziali e costringendo alla resa il presidente uscente, l’avversario di Ouattara, cioè Laurent Gbagbo.

    D. – “Riconciliazione” vuol dire anche superare certi contrasti che hanno causato il conflitto. Tutto questo può avvenire in Costa d’Avorio?

    R. – I contrasti, indubbiamente, esistevano ed esistono ancora. Il Paese è storicamente diviso in due. Superare queste divisioni è la condizione necessaria perché la Costa d’Avorio ritorni alla normalità e recuperi un ruolo economico e politico importante nella regione. Ouattara deve dimostrare di essere il presidente di tutti e dovrebbe creare un governo che non escluda le principali forze politiche e sociali. Le prime iniziative di Ouattara non vanno esattamente in questa direzione. A quanto pare, sta liquidando una buona parte delle personalità politiche e dei funzionari che erano legati al governo precedente.

    D. – Nell’agenda di Ouattara c’è la soluzione del grave dramma umanitario causato dalla guerra civile? Ricordiamo che sono circa 500 mila le persone fuggite dalle violenze...

    R. – Sì, certo. A questo si sta lavorando fin da subito, con l’aiuto degli organismi internazionali che solitamente intervengono in queste situazioni. Il ritorno alla normalità, da questo punto di vista, richiede prima di tutto sicurezza e garanzia. Nessuno ritorna volentieri a casa quando non è sicuro di poterci vivere in sicurezza e a questo bisogna aggiungere il fatto che, durante questi cinque mesi, non solo sono morte circa tremila persone ma sono andate distrutte case, negozi, proprietà. Il Paese va ricostruito economicamente, tanto più che è già provato da una crisi economica che dura da parecchi anni. (vv)

    Giappone
    In Giappone il ministro cinese Wen Jabao e il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak sono arrivati oggi nella regione di Fukushima colpita dal sisma-tsunami del marzo scorso. Ad accoglierli il primo ministro di Tokio, Naoto Kan. Si tratta della prima visita di leader stranieri nell’area. Intanto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha annunciato uno studio sulle implicazioni del disastro nucleare che sarà presentato a New York il prossimo mese di settembre.

    Haiti
    Nuovo premier designato ad Haiti in sostituzione di quello uscente Bellerive. Il presidente Martelly ha proposto il nome dell’imprenditore Rouzier. Ora serve il via libera da parte del Parlamento di Port-au-Prince, dove tuttavia prevale l’opposizione a Martelly. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 141

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.