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Sommario del 19/05/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa al “Teresianum”: tutti i cristiani hanno bisogno di una direzione spirituale che li guidi alla relazione con Dio
  • “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”: è il tema scelto dal Papa per la Giornata mondiale della Pace 2012
  • Altre udienze e nomine
  • Mons. Zimowski: garantire l’accesso universale alle cure sanitarie entro il 2015
  • Mons. Vegliò: no alle politiche immigratorie troppo restrittive
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Triplice attentato a Kirkuk: almeno 27 morti. Mons. Sleiman: la violenza in Iraq, monito per i Paesi del Nord-Africa
  • Dimissioni di Strauss-Kahn, accusato di stupro. Partita la corsa alla guida del Fmi
  • Spagna. La protesta degli "indignados”: giovani, disoccupati, pensionati e immigrati "senza futuro"
  • Un'alleanza contro la tratta di esseri umani: l’appello dell’ambasciatore Usa Diaz e di suor Bonetti
  • Eletti i nuovi vertici del Celam: una Chiesa che ridia fede e coraggio al Continente latinoamericano
  • Festa a Roma per l'inaugurazione della statua dedicata a Papa Wojtyla alla Stazione Termini
  • Chiesa e Società

  • Usa: nuovo rapporto smentisce nesso tra abusi e celibato dei preti. Mons. Cupich: tolleranza zero
  • Pakistan: comunità cristiana nel mirino dei fondamentalisti dopo l’uccisione di Bin Laden
  • Indonesia: a Java estremisti islamici interrompono due riti cristiani. La polizia non interviene
  • Difesa della vita e libertà religiosa nella nota dei vescovi di Madrid per le prossime amministrative
  • Lampedusa: monito della Chiesa a chi specula sulle tragedie
  • Genova: il cardinale Bagnasco parla di "dolore sconvolgente" per il parroco accusato di pedofilia
  • I leader delle tre religioni di Terra Santa in difesa dell'ambiente
  • Giordania: inaugurato ad Aqaba il centro Regina Pacis, prima pietra per la chiesa Stella Maris
  • Giappone: visita sui luoghi del terremoto del vicario dell'Ispettoria dei salesiani
  • Giamaica: è entrata nel vivo la Convocazione internazionale ecumenica per la pace
  • Filippine: i vescovi spiegano perchè hanno rotto con il governo sulla legge sul controllo delle nascite
  • Cile: la Chiesa interviene per evitare scontri violenti in campo ambientalista
  • Cina: nuove ordinazioni per le comunità cattoliche del continente
  • Russia: per frenare la crisi demografica il metropolita Ilarione invita a diffondere la Parola di Dio
  • Lanciata la campagna “Amico dell’Unicef” contro la mortalità infantile
  • Il Papa in Germania: richiesti 28 mila biglietti in un giorno
  • Austria: i giovani delle scuole corrono per i bambini bisognosi
  • Festival di Cannes: debolezze e virtù dell’umanità nelle ultime pellicole della rassegna
  • Terra Santa: nasce l’applicazione per ‘visitarla’ su iPad
  • Gmg di Madrid: un sito internet per spiegarla a scuola nelle ore di religione
  • 24 Ore nel Mondo

  • Talebani in azione in Afghanistan: uccisi 35 civili
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa al “Teresianum”: tutti i cristiani hanno bisogno di una direzione spirituale che li guidi alla relazione con Dio

    ◊   Siate capaci “di amare e di servire la Chiesa” in modo sempre più appassionato: è l’esortazione di Benedetto XVI alla comunità della Pontificia facoltà teologica “Teresianum”, ricevuta in Vaticano in occasione del 75.mo anniversario di fondazione. Il Papa si è soffermato sulla spiritualità di Santa Teresa d’Avila. Quindi, ha ribadito l’importanza per tutti i fedeli di essere accompagnati da una direzione spirituale. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto da padre Saverio Cannistrà, preposito generale dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Vivere una sempre maggiore e più appassionata capacità di amare e di servire la Chiesa”: è la sfida che Benedetto XVI ha consegnato alla comunità dei Carmelitani scalzi del Teresianum, che, ha detto, fin dalle sue origini, 75 anni fa, ha approfondito la teologia spirituale nel quadro della questione antropologica. Il Papa ha invitato docenti ed allievi a seguire l’esempio dei Santi Teresa di Gesù e Giovanni della Croce che diedero vita a un rinnovamento della Chiesa e, con il loro fervore di vita contemplativa, infiammarono il mondo:

    “Cari studenti, sulla scia di questo carisma si colloca anche il vostro lavoro di approfondimento antropologico e teologico, il compito di penetrare il mistero di Cristo, con quella intelligenza del cuore che è insieme un conoscere e un amare; ciò esige che Gesù sia posto al centro di tutto, dei vostri affetti e pensieri, del vostro tempo di preghiera, di studio e di azione, di tutto il vostro vivere”.

    Ha così rivolto il pensiero all’esperienza interiore della conversione, vissuta da Santa Teresa davanti al Crocifisso, ribadendo che la mistica spagnola ci chiede di non essere indifferenti all’amore del Signore:

    “L’amore del Redentore merita tutta l’attenzione del cuore e della mente, e può attivare anche in noi quel mirabile circolo in cui amore e conoscenza si alimentano reciprocamente. Durante i vostri studi teologici, tenete sempre lo sguardo rivolto al motivo ultimo per cui li avete intrapresi, cioè a quel Gesù che ‘ci ha amato e ha dato la sua vita per noi’”.

    Benedetto XVI ha quindi dedicato una parte importante del suo discorso alla “direzione spirituale”. Una pratica, ha detto, "insostituibile" che il Papa raccomanda “non solo a quanti desiderano seguire il Signore da vicino, ma ad ogni cristiano che voglia vivere con responsabilità il proprio Battesimo”. Ognuno, ha avvertito, necessita infatti di “essere accompagnato personalmente da una guida sicura nella dottrina ed esperta nelle cose di Dio”…

    “…essa può aiutare a guardarsi da facili soggettivismi, mettendo a disposizione il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze vissute nella sequela di Gesù. Si tratta di instaurare quello stesso rapporto personale che il Signore aveva con i suoi discepoli, quello speciale legame con cui Egli li ha condotti, dietro di sé, ad abbracciare la volontà del Padre, ad abbracciare, cioè, la croce”.

    Anche voi, ha concluso il Papa rivolgendosi alla comunità dei Carmelitani scalzi, “fate tesoro” di quanto appreso negli anni di studio, "per aiutare i fedeli nel discernimento degli spiriti e nella capacità di assecondare le mozioni dello Spirito Santo", con l’obiettivo di "condurli alla pienezza della grazia".

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    “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”: è il tema scelto dal Papa per la Giornata mondiale della Pace 2012

    ◊   “Educare i giovani alla giustizia e alla pace” è il tema scelto da Benedetto XVI per la Giornata mondiale della Pace del prossimo primo gennaio 2012. Il tema, sottolinea un comunicato del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, “entra nel vivo di una questione urgente nel mondo di oggi: ascoltare e valorizzare le nuove generazioni nella realizzazione del bene comune e nell’affermazione di un ordine sociale giusto e pacifico dove possano essere pienamente espressi e realizzati i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo”.

    “Risulta quindi un dovere delle presenti generazioni – prosegue il comunicato – quello di porre le future nelle condizioni di esprimere in maniera libera e responsabile l’urgenza per un ‘mondo nuovo’”. La Chiesa, si legge ancora nella nota, “accoglie i giovani e le loro istanze come il segno di una sempre promettente primavera ed indica loro Gesù come modello di amore che rende ‘nuove tutte le cose’” (Ap 21,5). I responsabili della cosa pubblica, sottolinea inoltre il dicastero Giustizia e Pace, “sono chiamati ad operare affinché istituzioni, leggi e ambienti di vita siano pervasi da umanesimo trascendente che offra alle nuove generazioni opportunità di piena realizzazione e lavoro per costruire la civiltà dell’amore fraterno coerente alle più profonde esigenze di verità, di libertà, di amore e di giustizia dell’uomo”.

    Di qui, conclude la nota, “la dimensione profetica del tema scelto dal Santo Padre, che si inserisce nel solco della ‘pedagogia della pace’ tracciato da Giovanni Paolo II. I giovani dovranno essere operatori di giustizia e di pace in un mondo complesso e globalizzato. Ciò rende necessaria una nuova ‘alleanza pedagogica’ di tutti i soggetti responsabili”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il cardinale Telesphore Placidus Toppo, arcivescovo di Ranchi (India), e altri vescovi della Conferenza episcopale dell’India in visita "ad Limina".

    Il Santo Padre ha nominato consultori del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione: mons. Fernando Ocáriz (Spagna), vicario generale della Prelatura personale dell'Opus Dei; don Pascual Chávez Villanueva (Messico), rettore maggiore della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco, presidente dell'Unione dei Superiori Generali; don Julián Carrón (Spagna), presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, consigliere ecclesiastico dell'Associazione ecclesiale Memores Domini; il padre gesuita François-Xavier Dumortier (Francia), rettore magnifico della Pontificia Università Gregoriana in Roma; don Pierangelo Sequeri (Italia), vicepreside e docente ordinario di Teologia fondamentale presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, docente incaricato di Estetica del sacro presso l'Accademia delle Belle Arti di Brera, Milano; suor Sara Butler (Stati Uniti d'America), dell'Ordine delle Missionary Servants of the Most Blessed Trinity, docente di Teologia dogmatica presso l'Università St. Mary of the Lake, Seminario di Mundelein; suor Mary Lou Wirtz (Stati Uniti d'America), superiora generale delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, presidente dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali; e inoltre: la dott.ssa Chiara Amirante (Italia), fondatrice e responsabile dell'Associazione "Nuovi Orizzonti"; Kiko Argüello (Spagna), responsabile dell'Équipe Internazionale del Cammino Neocatecumenale; la prof.ssa Lucetta Scaraffia (Italia), docente di Storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università La Sapienza in Roma.

    Il Papa ha nominato il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di München und Freising, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 350° anniversario del Santuario Mariano di Werl (arcidiocesi di Paderborn, Germania), che avranno luogo il 2 luglio 2011.

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    Mons. Zimowski: garantire l’accesso universale alle cure sanitarie entro il 2015

    ◊   Incentivare la cooperazione di tutta la famiglia umana per garantire l’accesso universale alle cure sanitarie entro il 2015. L’esortazione arriva dall’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, intervenuto ieri alla 64.ma Assemblea Mondiale della Salute in corso a Ginevra, come capo della delegazione della Santa Sede. Mons. Zimowski si rivolge in particolare ai “Paesi ad alto reddito” affinché non soltanto promettano, “ma effettivamente soddisfino i loro impegni in materia di assistenza allo sviluppo”. Al tal proposito il presule ricorda l'appello di Benedetto XVI agli Stati economicamente più sviluppati a fare "il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunità internazionale”. Una solidarietà globale che viene fortemente chiamata in causa perché “ben pochi Paesi a basso reddito hanno la possibilità di generare, dalle sole risorse nazionali, i fondi necessari per ottenere l'accesso alla copertura sanitaria universale”. Il presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari invita quindi tutti i Paesi a “raccogliere fondi sufficienti, ridurre la dipendenza dal pagamento diretto delle prestazioni sanitarie e migliorare l’efficienza e l’equità, eliminando così le barriere di tipo economico che si frappongono all’accesso ai servizi, soprattutto per le persone povere e svantaggiate”. Nel suo discorso, mons. Zimowski esprime poi apprezzamento per gli sforzi compiuti per “l’eliminazione delle nuove infezioni da HIV nei bambini, ampliando e ottimizzando il loro trattamento fino ad oggi rimasto indietro rispetto ai progressi compiuti nel trattamento degli adulti”. Il capo delegazione della Santa Sede pone inoltre l’accento sull’'importanza della “formazione per cambiare i comportamenti umani e per una vita responsabile come elementi chiave della campagna di prevenzione”. “In questo senso – aggiunge il presule -, e per quanto riguarda la prevenzione da HIV/AIDS per i consumatori di droga, desidero esprimere le riserve della Santa Sede sulla scelta della riduzione del danno e la sostituzione degli oppioidi come misura preventiva tra i consumatori di droga, che pur potendo ritardare nuove infezioni, in realtà non tratta o cura il malato al fine di restituirgli dignità e favorirne l'inserimento sociale”. Circa il tema delle malattie non trasmettibili, mons. Zimowski sottolinea la necessità di accrescere “l'impegno politico e la partecipazione delle ONG e della società civile, in collaborazione con il settore privato, specialmente nella promozione di iniziative di prevenzione, e soprattutto nell’incoraggiare stili di vita sani”. Infine il presule ha ricordato ha ricordato che va incoraggiato “il trasferimento del sapere in materia di misure e strumenti per la prevenzione degli incidenti nei bambini ai Paesi a basso e medio reddito, dove si verifica il 95 % dei decessi dei minori a seguito di infortuni”. (M.G.)

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    Mons. Vegliò: no alle politiche immigratorie troppo restrittive

    ◊   Il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli itineranti, arcivescovo Antonio Maria Vegliò e il sottosegretario del dicastero, padre Gabriele Bentoglio, hanno compiuto dal 2 al 14 maggio scorsi una visita pastorale in Australia, incontrando le comunità immigrate, i vescovi locali, i cappellani e gli operatori pastorali. La visita aveva lo scopo di incoraggiare l’impegno della Chiesa in un settore particolarmente importante e impegnativo. In Australia, infatti, su una popolazione di circa 21 milioni di abitanti, ci sono circa 5 milioni lavoratori migranti, 22.500 rifugiati e 2.350 richiedenti asilo. Al microfono di Fabio Colagrande, l’arcivescovo Vegliò descrive alcuni aspetti della pastorale per i migranti e i rifugiati messa in campo dalla Chiesa australiana:

    R. - La pastorale specifica dei migranti e dei rifugiati affronta sempre nuove sfide, anche in Australia. Da una parte bisogna provvedere alle necessità pastorali dei migranti anziani o di comunità che stanno rapidamente invecchiando, ma che necessitano ancora di particolare attenzione, dall’altra sono in crescente aumento le comunità con migranti molto giovani o gli studenti internazionali. Non è sempre facile rispondere alle loro necessità pastorali: penso per esempio agli studenti stranieri universitari o ai giovani delle comunità africane. Ho avuto l’impressione che la Chiesa in Australia si stia molto impegnando per favorire un dialogo sempre più intenso fra la Chiesa da cui vengono i migranti e la Chiesa in cui arrivano, perché a nessuno manchi l’amore di Cristo che si fa visibile nella concretezza di una assistenza pastorale ben indirizzata. Ho visto che si punta molto anche sull’impegno personale degli stessi immigrati. Resto sempre più ammirato quando visito comunità che non hanno sacerdoti che parlano la loro lingua, ma si avvalgono di catechisti che si impegnano a radunare i connazionali per un incontro di preghiera e di riflessione sulla Parola di Dio. Questi incontri diventano luoghi propizi anche per l’accoglienza dei nuovi arrivati. In alcuni casi, alcuni Ordinari stanno favorendo la formazione di Diaconi permanenti. È bello poi vedere che nei seminari diocesani – come pure nelle congregazioni religiose impegnate nella pastorale giovanile – le nuove vocazioni sorgono anche all’interno delle comunità etniche. Indubbiamente questo è un segno che la pastorale migratoria della Chiesa sta dando frutti positivi.

    D. - A che punto è invece lo sviluppo della pastorale per i migranti e i rifugiati messa in campo dalla Chiesa australiana? Ci sono aspetti da incrementare?

    R. - In effetti, la Chiesa in Australia non perde occasione per intervenire nel dialogo con le istituzioni governative sulla difesa della dignità di ogni persona umana, anche di chi si trova in situazione irregolare, e lo fa proprio come azione pastorale. Per esempio, so che da oltre un anno cercano di assicurare la presenza stabile di un sacerdote e di una religiosa presso il centro di detenzione di Christmas Island, mentre gli altri centri sono regolarmente visitati da Operatori che offrono un aiuto pastorale a tutti, a prescindere dalla fede professata. Questa presenza è fatta di ascolto e di incoraggiamento che poi si riflettono nell’intera società dando voce alle storie di vita di coloro che sono detenuti nei centri, facendo conoscere le loro vicende e le loro aspirazioni.

    D. - La legislazione australiana è particolarmente dura nei confronti dei migranti privi di documenti. Possiamo parlare di una realtà che sfida la capacità di educazione all’accoglienza della Chiesa locale?

    R. - Ognuno di noi vuole stare bene e vivere in pace. Nessuno lascia il proprio Paese, la casa e la famiglia per imbarcarsi e rischiare la vita a meno che vi sia costretto dall’urgenza di trovare sicurezza per sé e per i propri cari. La Chiesa si impegna a mettere in guardia dalla criminalizzazione dei migranti e dallo stereotipo che essi siano una minaccia per la sicurezza, esortando invece a guardare al loro contributo positivo e al ruolo importante che essi svolgono per lo sviluppo tanto dei Paesi che li accolgono quanto di quelli da cui provengono, anche sotto l’aspetto economico, con il loro lavoro e con le loro rimesse. Più in generale, la Chiesa sollecita una riflessione sulla coerenza storica: potremmo comprendere l’Australia di oggi senza il contributo dei lavoratori migranti? Da qui nasce l’attenzione sulle conseguenze di politiche migratorie eccessivamente restrittive che, a mio avviso, non possono fermare chi è in cerca di sicurezza e, anzi, rischiano di spingere i migranti nelle mani di trafficanti e sfruttatori. È ovvio allora che la Chiesa sia preoccupata nei confronti di politiche che si concentrano solo sui respingimenti.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Educare i giovani alla giustizia e alla pace: scelto dal Papa il tema della prossima Giornata mondiale.

    La direzione spirituale, aiuto per ogni cristiano: nell’informazione vaticana, Benedetto XVI alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum.

    In prima pagina, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Così lontani, così vicini”: Islamabad e Washington tra diffidenza e collaborazione.

    Braccio di ferro col Duce: in cultura, su Francesco Borgongini Duca, nunzio apostolico presso la “Real Corte d’Italia” (dopo la Firma dei Patti Lateranensi), e il difficile dialogo con il regime fascista.

    Un libro è anche la sua copertina: Silvano Petrosino sulle ricercatezze editoriali della seconda parte del “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI.

    Pierfrancesco Pacini, presidente dell'Opera della Primaziale, sul completamento del restauro della Torre di Pisa.

    La modernità del Dottore angelico in un nuovo “Dictionnaire de philosphie et de théologie tomiste”.

    Una scultura per Karol: Sandro Barbagallo sull’inaugurazione, alla stazione Termini, di un monumento dedicato al beato Giovanni Paolo II.

    Nessuno può essere escluso dai beni del creato: nell’informazione religiosa, sulle politiche di privatizzazione dell’acqua intervista di Gaetano Vallini al vescovo Luigi Infanti della Mora, vicario apostolico dell’Aysén, in Patagonia.

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    Oggi in Primo Piano



    Triplice attentato a Kirkuk: almeno 27 morti. Mons. Sleiman: la violenza in Iraq, monito per i Paesi del Nord-Africa

    ◊   In Iraq un triplice attentato ha colpito stamani la città di Kirkuk. Il bilancio provvisorio è di almeno 27 vittime e 89 feriti. La cronaca nel servizio di Gabriele Papini.

    Una triplice esplosione si è registrata questa mattina nei pressi della sede della direzione di polizia di Kirkuk, a nord di Baghdad. Gli investigatori parlano di un agguato mirato: secondo una prima ricostruzione è stata fatta detonare a distanza una mina collocata sotto un’auto parcheggiata vicino alla centrale di polizia; quando sul posto sono giunti agenti e sanitari di pronto soccorso, è esplosa un’altra autobomba. Le vittime sono in maggioranza poliziotti. Un terzo ordigno è esploso sempre a Kirkuk al passaggio di un convoglio motorizzato che scortava un alto ufficiale della polizia. Secondo fonti ospedaliere almeno 14 persone sono rimaste ferite. La regione di Kirkuk, ricca di giacimenti petroliferi, è tra le aree più instabili dell’Iraq, anche a causa delle tensioni tra le differenti comunità locali. Intanto prosegue la caccia ai terroristi nel Paese. Fonti locali riferiscono della cattura avvenuta nelle ultime ore ad opera delle forze di sicurezza irachene di 5 leader di Al Qaeda tra cui 2 capi militari. Intanto la Gran Bretagna termina la sua missione in Iraq domenica, otto anni dopo aver iniziato una delle operazioni militari più criticate della sua storia, e dopo la morte di un totale di 179 militari.

    Alla luce delle odierne violenze in Iraq, mons. Jean-Benjamin Sleiman, arcivescovo dei Latini di Baghdad, analizza la situazione oggi nel Paese del Golfo ad otto anni dalla fine del regime di Saddam Hussein, con uno sguardo attento anche alle attuali crisi nei Paesi di area arabo-islamica. L’intervista è di Giancarlo La Vella:

    R. – Forse, la lezione più importante che viene dall’Iraq è che bisogna essere molto cauti quando si parla di “primavera araba”: non basta una rivolta, non c’è una rivoluzione! Una rivoluzione ha un modello da imporre, un programma … Una rivolta è uno sfogo. Ho paura che il tutto sia manipolato. E’ caduto il regime in Iraq, ma il “dopo” finora non ha dato vere speranze! Non dico che non ci siano stati progressi importanti, ma l’Iraq non affronta ancora i suoi veri problemi: la sua unità, la distruzione delle sue risorse, la sua Costituzione, la sua riconciliazione … Quindi, questa è una lezione; ma per quanto riguarda quello che succede nel mondo arabo certamente, tutti siamo certamente contenti di liberare i popoli dalle loro dittature, dai regimi che li umiliano e li sfruttano; ma chi – in definitiva – ne approfitta? Cosa significa una rivoluzione di giovani dove il potere lo prende l’esercito? Cosa significa una rivoluzione che diventa una guerra civile? Forse ci vuole di più per avere una società riconciliata, una società che viva meglio …

    D. – Ancora una volta, un compito importante, fondamentale è quello della comunità internazionale …

    R. – Certo; soprattutto dell’Europa. Non so se mi è permesso di dirlo: bisogna lasciare da parte le ragioni di Stato e lavorare partendo dal bene comune del Mediterraneo nel suo insieme. Certamente ogni Stato, legittimamente, deve fare il proprio interesse; ma forse – in un paradosso evangelico – facendo l’interesse degli altri, farà meglio il suo.

    D. – Ci sono situazioni, poi, in cui è la gente comune che soffre maggiormente … Tornando all’Iraq: voi siete pastori della comunità cristiana che sta soffrendo in modo particolare …

    R. – La situazione, oggi, in fondo, non è molto cambiata. Cambiano le forme di violenza. Per esempio, in questi ultimi tempi c’è stata molta violenza, anche se non se n’è parlato molto: ma fa molto male!

    D. – L’unica via, quindi, è la fuga?

    R. – No. Non è l’unica via. La consolazione, nel dolore, è la speranza, e penso che l’Iraq abbia bisogno di speranza; soprattutto i cristiani devono essere testimoni di speranza. La fuga non risolve i problemi! (gf)

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    Dimissioni di Strauss-Kahn, accusato di stupro. Partita la corsa alla guida del Fmi

    ◊   Dominique Strauss-Kahn si è dimesso dall’incarico di direttore generale del Fondo monetario internazionale. Era stato arrestato nei giorni scorsi a New York con l'accusa di una presunta violenza sessuale ai danni di una cameriera d'albergo. Sentiamo Salvatore Sabatino:

    Una lettera indirizzata al board dell'Fmi. Così Strauss Kahn, ha comunicato la sua uscita di scena, motivando la decisione con l'intento di proteggere l'istituzione e nel convincimento della propria innocenza che, assicura, proverà presto. E l’occasione gli verrà concesso già tra poche ore, quando comparirà per la seconda volta davanti alla Corte Penale di New York. I suoi legali hanno già fatto sapere che torneranno a chiedere la liberazione del loro assistito, dietro pagamento di una cauzione di un milione di dollari e con il braccialetto elettronico alla caviglia che ne permetta il costante controllo. Ma in molti credono che il giudice protenderà per la proroga dell’arresto. Intanto la guida del Fondo è andata, momentaneamente, al suo vice, John Lipsky, che reggerà l’incarico fino alla nuova nomina. Fra i primi nomi per la successione, spunta anche quello di un candidato cinese. L’UE, da parte sua, si dice pronta ad esprimere una forte candidatura europea, e attraverso il cancelliere tedesco Merkel insiste sulla direzione del fondo in mano ad una personalità che arrivi dal vecchio continente. Di certo c’è che le dimissioni di Strauss-Kahn lasciano vuota la poltrona del Fondo Monetario in un momento molto importante. Ma quali i contraccolpi che, nella realtà dei fatti, ci possiamo attendere? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata presso l’Università di Bari:

    R. - I contraccolpi saranno molto contenuti se arriverà subito un successore: Strauss-Kahn è una persona di grandissima qualità, però viste le sue vicende personali, ce ne sono altre altrettanto brave in giro per il mondo che potranno prendere il suo posto. Sarà importante, a questo punto, vedere se sarà europeo o meno, perché questo è un aspetto storico del Fondo - avere il direttore che arriva dal “vecchio continente” - ma sappiamo anche che ci sono molti pretendenti. Questo sarà importante anche per capire un po’ il segno del ruolo dell’Europa nel mondo.

    D. - Molti pretendenti, che arrivano soprattutto dai Paesi in via di sviluppo: questo vuol dire che qualcosa sta cambiando?

    R. - Questo sta cambiando ormai da tempo e non è un male, nel senso che quella istituzione che è nata nel ’44 per fare la banca dei Paesi ricchi e aiutarli nei casi di crisi di bilancio dei pagamenti, ormai da decenni lavora soprattutto con i Paesi emergenti, raccogliendo fondi dai Paesi emergenti, che sono ormai azionisti di grande importanza. Dunque è normale che la sua governance cambi e che ruoli di responsabilità vengano assunti da loro.

    D. – E’ pur vero che l’asse economico internazionale si sta spostando verso l’Asia e non è un caso che dalla Cina arriva l’appello più importante, più forte: in un comunicato giunto da Pechino si dice, infatti, che si deve continuare a riformare la struttura del Fondo Monetario, la sua governance, e si deve scegliere la leadership in base ai principi di equità, trasparenza e merito…

    R. - Che l’asse del potere si sposti verso l’Asia e che il Fondo Monetario ne subisca le conseguenze è una vicenda assolutamente normale. Naturalmente c’è sempre la diplomazia all’opera: la diplomazia europea, per così dire, difende questo posto il più possibile; la diplomazia asiatica, e in particolare quella cinese, lo richiede a gran voce. Mi sembra un gioco delle parti assolutamente normale nelle relazioni internazionali.

    D. - Il Fondo Monetario Internazionale è venuto a guadagnarne dalla gestione Strauss-Kahn, che l’ha riportato ad un ruolo di primo piano: qual è l’eredità, secondo lei, che lascia al suo successore?

    R. - E’ un’eredità importantissima, perché il Fondo aveva assunto una visione ideologica, soprattutto nel decennio precedente. Era stato poi coinvolto in una serie di crisi, soprattutto alla fine degli anni Novanta, nelle quali il suo ruolo era stato fortemente discusso: molti avevano sottolineato come in alcune circostanze il Fondo avesse aggravato queste crisi, piuttosto che risolverle. Strauss-Kahn ha avuto questo merito straordinario di aver modificato l’approccio, trasformandolo da una visione molto ideologica ad una visione molto più pragmatica. E questo, credo, sarà un merito che gli verrà sempre riconosciuto.

    D. - Quindi il suo successore dovrà proseguire inevitabilmente su questa strada?

    R. - La grande crisi internazionale, in questi ultimi anni, ci ha mostrato che una fede eccessiva in meccanismi automatici di mercato è mal riposta. Dunque una “istituzione cane da guardia” di questi automatismi, come è stato il Fondo Monetario in passato, è una istituzione un po’ fuori dal tempo adesso: abbiamo imparato che regole da parte dei governi e regole internazionali sono assolutamente indispensabili; dunque, il Fondo più che fare il paladino della “deregulation”, deve fare il paladino di una nuova, flessibile ed intelligente regolazione internazionale. (mg)

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    Spagna. La protesta degli "indignados”: giovani, disoccupati, pensionati e immigrati "senza futuro"

    ◊   Scuote la Spagna la protesta popolare, partita domenica scorsa, di decine di migliaia di giovani e non solo che si dicono ‘indignati’, mobilitati attraverso internet e scesi in piazza nella capitale e in più di 50 città, per manifestare contro la crisi economica, il sistema politico, la collusione fra politica e banche, mentre il Paese si prepara alle elezioni amministrative di domenica prossima. Roberta Gisotti ha intervistato Piero Badaloni, corrispondente della Rai da Madrid.

    D. – Che cosa sta davvero accadendo in Spagna? Anzitutto, vediamo la politica ufficiale perdere il suo primato, anche in un Paese europeo, nell’organizzare il consenso sociale …

    R. – Non c’è dubbio che i partiti più importanti, sia quello al governo – i socialisti di Zapatero – che quello all’opposizione – i popolari di Rajoy – sono rimasti spiazzati, soprattutto dal consenso che, in pochi giorni, ha raggiunto questo movimento. E’ quindi anche un imbarazzo ancora maggiore per il fatto che domenica prossima si voterà. I socialisti temono un tracollo perché la crisi economica ha costretto il governo Zapatero a fare dei tagli drastici al welfare, ma anche a congelare le pensioni, a tagliare gli stipendi, ad aumentare l’Iva: quindi, chiaramente misure impopolari. C’è da dire, però, che chi in questo momento si sta dando da fare per cercare di capire, almeno, di mettersi in sintonia con i motivi profondi di questa protesta, sono soprattutto i socialisti; questo è un dato di cronaca, e in particolare, la “Izquierda Unida”, cioè una formazione piccola ma molto agguerrita che, in base ad un sistema elettorale – quello spagnolo – che soffoca le forze minori, non ha molta rappresentatività in Parlamento ma è molto attiva, invece, sul territorio.

    D. – Si è letto in questi giorni di un movimento anti-sistema, poco organizzato, un po’ anarchico, che chiede vera democrazia subito e dice basta al potere di una casta di potenti che non rappresenta i cittadini. Quindi, al di là delle conseguenze sul dato politico di domenica prossima, sul piano sociologico che cosa si può dire?

    R. – Si può dire che questi giovani appartengono alla cosiddetta generazione “ni ni”, cioè che hanno finito di studiare ma ancora non sono riusciti a trovare un posto nella società e succede che questa generazione ormai è stanca di aspettare, è stufa di subire continue vessazioni: affittare una casa costa troppo, il lavoro – se c’è e quando c’è – è precario … Ecco perché si chiamano “los indignados”; ecco perché chiedono, semplicemente, una maggiore attenzione nei loro confronti. Questo dato acquista una valenza maggiore se si conosce anche l’altro dato, quello della disoccupazione, che in Spagna ha raggiunto oltre il 20 per cento ed il 40 per cento dei disoccupati sono giovani: da qui, appunto, il malessere. Un malessere a cui si sono uniti, però, anche i pensionati, anche i disoccupati più adulti, gli immigrati … Questi ragazzi stanno diventando il punto di riferimento di un malcontento più generale.

    D. – La lettura più originale del fenomeno mi sembra che sia quella del vuoto di speranze, del vuoto di valori …

    R. - … mancanza di prospettive che angoscia questi ragazzi. Però, ecco, attenzione: loro non sono anti-sistema. C’è un cartello, innalzato da una ragazza, che dice: “E’ il sistema che è contro di noi; noi non siamo anti-sistema!”. Quindi, in realtà non c’è una violenza di fondo nella spinta di questo movimento, anzi, tutt’altro: ci tengono a dire che le loro uniche armi sono le mani e la testa con cui vogliono ragionare. Non a caso, la stessa Polizia che all’inizio aveva tentato di bloccare la protesta sul nascere a manganellate, poi ha rilasciato i 19 ragazzi che aveva arrestato, tra cui cinque minorenni. Adesso, a bloccare – o a tentare di bloccare – il movimento sono le Giunte elettorali locali, perché temono che in qualche misura questa protesta possa inquinare la campagna elettorale e quindi la libertà di esercizio del voto da parte dei cittadini.

    D. – Dopo domenica prossima, comunque i partiti spagnoli dovranno tornare ad occuparsi delle persone, delle persone vere che sono in piazza in questi giorni?

    R. – Assolutamente sì! Già stanno tentando di farlo, alcuni. Per esempio, il candidato socialista al comune di Madrid ha chiesto di poter incontrare, di poter venire anche lui a Puerta del Sol, dove appunto è l’epicentro della protesta, ma i rappresentanti del movimento lo hanno invitato a non farlo, perché vogliono evitare strumentalizzazioni prima delle elezioni. Ma dopo, sicuramente il dialogo partirà, anche perché lo stesso movimento si è posto come obiettivo quello di occupare le piazze fino a domenica prossima, fino al momento del voto; ma poi, dopo, cambieranno strategia. (gf)

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    Un'alleanza contro la tratta di esseri umani: l’appello dell’ambasciatore Usa Diaz e di suor Bonetti

    ◊   Serve un’alleanza globale contro il traffico di esseri umani: è l’appello lanciato ieri alla Conferenza internazionale “Costruire ponti di libertà”, tenutasi al Palazzo vaticano della Cancelleria e promossa dall’ambasciata Usa presso la Santa Sede assieme alla St. Thomas University, ateneo cattolico di Miami. Sulla necessità di unire gli sforzi per contrastare questa nuova forma di schiavitù, che ogni anno coinvolge fino a 2 milioni di persone, Alessandro Gisotti ha chiesto un commento dell’ambasciatore americano presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz:

    R. - Normalmente si parla di tre “p”: quando si parla della tratta degli esseri umani si parla di “protezione”, si parla di “prevenzione” e si parla di “perseguire” legalmente coloro che sono responsabili della tratta degli esseri umani. Dobbiamo, però, raggiungere anche un’altra “p”, quella della partnership: la cosa principale è quella di unire differenti persone per realizzare una collaborazione internazionale per combattere questa tratta.

    D. - Collaborazione, ma anche informazione: perché forse ancora non c’è sufficiente informazione su questa nuova forma di schiavitù…

    R. - Sì, certamente educare perché abbiamo la necessità di continuare l’educazione proprio perché ci sono tante persone che ancora non conoscono questa tragedia umana.

    D. - Quali sono le sue speranze per il dopo, cosa succederà dopo questa conferenza?

    R. - L’obiettivo principale è sempre quello di unire persone e continuare questa relazione, perché penso che sia troppo importante riuscire ad aprire uno spazio per una comunicazione continua. Quindi creare questo filo conduttore, con diversi punti di vista e con la speranza di creare migliori strategie per la lotta conto questa terrificante realtà. (mg)

    Alla Conferenza sono intervenuti esponenti della società civile, delle diverse religioni e del mondo dell’economia. Tante le missionarie intervenute all’evento. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, una vita impegnata al fianco delle vittime della tratta:

    R. - Il problema è veramente globale, mondiale. I trafficanti sono anche molto bene organizzati e noi dobbiamo riuscire ad essere altrettanto organizzati per dare risposte e soprattutto per bloccare questa tratta di esseri umani che veramente nel 2011 rappresenta una grande vergogna! Il target di questa tratta riguarda soprattutto donne e minori. Dal Duemila siamo riusciti a creare in Italia circa un centinaio di case famiglia, sparse un po’ in tutto il Paese, dove accogliamo continuamente donne che poi restituiamo a loro stesse e alla società, perché possano vivere veramente da persone umane.

    D. - Questo è poi il grande risultato quotidiano di tante missionarie e congregazioni religiose: la rinascita di queste persone…

    R. - Certo, è bellissimo. E’ stato molto bello, perché abbiamo avuto occasione di andare ad incontrare una giovane che ha avuto un ictus sulla strada, che è rimasta paralizzata e che è stata abbandonata da tutti: le hanno portato via addirittura la scheda telefonica, per farle perdere tutti i contatti… Attraverso le nostre reti, siamo riuscite a trovarle un ambiente dove lei può ora veramente gustare la gioia di essere rinata. Il giorno dopo Pasqua ha chiesto di ricevere il Battesimo, per potersi sentire ancora più integrata nella comunità che l’ha accolta e che ormai sarà, per il resto della sua vita, la sua famiglia. Sono situazioni bellissime: fatte di sofferenza, ma anche di gioia. Nelle nostre case abbiamo moltissime mamme con i bambini e sono proprio i bambini che salvano le mamme, perché le mamme non vogliono perdere i loro bambini, anche se a volte sono frutto di una grande sofferenza, di una grande violenza: ma per amore del bambino, anche la mamma si ritrova salvata. (mg)

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    Eletti i nuovi vertici del Celam: una Chiesa che ridia fede e coraggio al Continente latinoamericano

    ◊   La 33.ma assemblea generale del Consiglio episcopale latino americano, in corso a Montevideo, in Uruguay, ha rinnovato ieri i suoi vertici. Nuovo presidente del Celam è l’arcivescovo messicano di Tlalnepantla, Carlos Aguiar Retes, attualmente a capo della Conferenza episcopale del Messico e presidente del Dipartimento della comunione ecclesiale e dialogo del Celam. Primo vice-presidente è stato eletto l’arcivescovo colombiano di Bogotà, Rubén Salazar Gomez, presidente della Conferenza episcopale della Colombia. Secondo vice-presidente è stato eletto l’arcivescovo brasiliano di Campo Grande, Dimas Lara Barbosa. Oggi sarà noto il Messaggio finale del Celam. La nostra inviata a Montevideo, Alina Tufani, ha intervistato il nuovo presidente del Celam, mons. Aguiar Retes, chiedendogli innanzitutto come abbia accolto la sua elezione:

    R. - E’ un segno di grande fiducia da parte dei vescovi del Celam e per me è un onore servire la Chiesa da questo Consiglio episcopale: in questo servizio c’è un rapporto molto stretto con le altre Conferenze episcopali e con la Santa Sede.

    D. - La sua presenza nel Celam non è nuova, lei è stato vicepresidente, segretario generale ed è stato anche presente in quest’organismo prima e dopo Aparecida. Quali sono per lei i cambiamenti che dovranno essere realizzati nel Consiglio episcopale latinoamericano?

    R. - Io penso che sarà molto importante ristrutturarci un po’ per essere più agili e più efficaci. Penso che il Celam abbia fatto molto in questo campo però adesso c’è un grande bisogno che la Chiesa riesca a essere presente ovunque. Che il Signore ci aiuti a moltiplicarci nel senso di essere presenti nelle tante situazioni di necessità; ne ricordo in particolare una che è stata al cuore dell’assemblea: la situazione che resta tuttora drammatica di Haiti.

    Ma quali sono le sfide che attendono adesso il Celam? Alina Tufani lo ha chiesto al nuovo primo vice-presidente del Celam, mons. Rubén Salazar Gomez:

    R. – Le sfide sono tante perché proprio in America Latina stiamo vivendo un momento molto speciale, direi un momento decisivo per il nostro futuro: sono tanti i cambiamenti e sono tanti i fattori decisivi in questo momento per il futuro. La grande sfida per la Chiesa è fare presente il Signore risorto in mezzo a noi, dire una parola di fiducia, di fede, di coraggio alla società qualche volta piena di angoscia, di incertezza … Non è facile guardare al futuro e sapere cosa fare. Per noi questa è una grande sfida.

    D. – Qual è l’importanza del Celam per la Chiesa latinoamericana?

    R. – Ha un’importanza grande, un’importanza davvero molto più grande di quello che generalmente pensiamo e consideriamo. Il Celam è presente tutti i giorni nella vita della Chiesa latinoamericana e dei Caraibi ed è presente con una grande capacità di servizio. Tutti i vescovi - e questo è il nostro desiderio - ricevono dal Celam tante luci, tante nuove possibilità di operare con questi incontri che si fanno spesso nell’America Latina, con la riflessione, soprattutto nel campo della cultura, dell’educazione e in tutto quello che si fa soprattutto per la diffusione della Bibbia. Insomma, si fanno tante cose e non sarebbero possibili nelle Chiese locali e nelle diocesi senza il Celam.

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    Festa a Roma per l'inaugurazione della statua dedicata a Papa Wojtyla alla Stazione Termini

    ◊   Grande festa, ieri, a Roma per l’inaugurazione della statua di Giovanni Paolo II alla Stazione Termini, ufficialmente dedicata al nuovo Beato. Presenti il sindaco della capitale Alemanno, il cardinale vicario Vallini, il ministro dei Trasporti Matteoli. A chiudere i festeggiamenti per la beatificazione di Papa Wojtyla il concerto all’Auditorium Conciliazione. Sul palco tanti artisti della musica classica, e pop da Minghi a Renga, la Pfm, i Nomadi, Noemi e Tosca. La sorpresa: un inedito “Magnificat” a due voci; poi filmati e testimonianze di chi ha vissuto accanto a lui per oltre 20 anni. Il servizio di Cecilia Seppia:

    (applausi)

    E’ il regalo di Roma al suo Vescovo nel giorno del suo compleanno, il 18 maggio, la grande statua di bronzo, alta 5 metri e mezzo per 4 tonnellate che ora domina la stazione Termini. Da questo luogo crocevia di culture, razze, speranze e dolori, ancora una volta Papa Wojtyla, con le braccia protese, sarà il primo a dare il benvenuto a pellegrini, turisti, viaggiatori in visita nella capitale, in partenza verso altre mete. L’opera, che porta la firma di Oliviero Rainaldi - ha detto il cardinale vicario Agostino Vallini - esprime il gesto della reciproca accoglienza in un tempo in cui il rischio più grande è quello di chiudersi e dividersi senza condividere l’impegno per migliorare l’avvenire. Sentiamo le sue parole:

    “E’ proprio il segno dell’accoglienza, dell’apertura. Non ci sono confini tra i cuori degli uomini. Vedete, in questa statua, la parte interna è un vuoto e sta a significare proprio che Giovanni Paolo II non contava per quello che era lui, ma per quanto riusciva a donarsi agli altri. Questo certamente è oggi un grande messaggio, perché il rischio di questo nostro tempo è chiudersi e, invece, abbiamo bisogno di aprirci”.

    Ispirata alla storica foto che ritrae Giovanni Paolo II quando con un movimento del braccio, avvolse con il mantello un bambino seduto su un gradino accanto a lui, la scultura è dunque simbolo di accoglienza ma anche di protezione, che resterà nel tempo come memoria tangibile del legame tra un uomo non qualunque e la città eterna. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno:

    “In questa maniera lasciamo una traccia indelebile nel cuore della città, qui proprio nella porta di accesso di Roma, la Stazione Termini. E’ un qualcosa che rimarrà nel tempo: richiamerà sempre la presenza di Giovanni Paolo II, che era una persona che amava profondamente Roma e continuerà a proteggere la nostra città”.

    A chiudere i festeggiamenti per la beatificazione di Giovanni Paolo II, il Concerto “Memoria e gratitudine”: due ore di testimonianze e filmati, con il racconto di chi lo ha accompagnato nel suo viaggio da Papa, dal Rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, al cardinale Ruini. Quindi, spazio alla musica e l’omaggio di grandi artisti al Papa, che amava cantare.

    (musica)

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    Chiesa e Società



    Usa: nuovo rapporto smentisce nesso tra abusi e celibato dei preti. Mons. Cupich: tolleranza zero

    ◊   Diversi luoghi comuni circa gli abusi sessuali commessi su minori da esponenti della Chiesa cattolica sono spesso il frutto di una errata percezione della realtà. È quanto emerge da un nuovo rapporto del John Jay College of Criminal Justice di New York, incaricato dai vescovi americani di indagare sulle cause e sul contesto nel quale si è sviluppato il fenomeno negli Stati Uniti. Lo studio, di cui l’agenzia Cns riporta una sintesi, è stato reso noto oggi, presso la sede della Conferenza episcopale (Usccb) a Washington. Tra le convinzioni più diffuse nell’opinione pubblica, vi è quella che il problema degli abusi in seno alla Chiesa sia ancora molto esteso. I dati raccolti dai ricercatori del John Jay College indicano che, in realtà, il fenomeno ha conosciuto un picco tra la metà degli anni ‘60 e la metà degli anni ’80 e che il 94% dei casi denunciati si sono verificati prima degli anni ’90. Vero è che – rileva il rapporto – in questo periodo, i vertici della Chiesa avevano sottovalutato l’estensione del fenomeno, nonostante le denunce. Secondo la ricerca, inoltre, la grande maggioranza dei sacerdoti che hanno commesso questi abusi non sono risultati affetti da particolari patologie psichiche o comportamentali e solo il 5% dei colpevoli si è macchiato di un vero e proprio reato di pedofilia (ossia contro bambini in età prepuberale). Nella stragrande maggioranza dei casi si tratterebbe in realtà di efebofilia, ossia di abusi commessi su adolescenti, una differenza spesso ignorata dai media che tendono a confondere le due cose. Tra i pregiudizi più diffusi smentiti dai fatti vi è poi l’associazione tra pedofilia e omosessualità: anche se la maggior parte delle vittime abusate risultano essere di sesso maschile, afferma il rapporto, “i dati clinici non supportano l’ipotesi secondo cui i sacerdoti con orientamenti omosessuali sono più inclini a commettere abusi sessuali di quelli con orientamenti e comportamenti eterosessuali”. Analogamente lo studio smentisce il nesso tra pedofilia, sacerdozio maschile e celibato. Trattandosi di due regole in vigore da secoli nella Chiesa cattolica, non si spiega infatti il picco di casi registrato tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’80 e il successivo declino del fenomeno dopo il 1985. Il rapporto conferma, infine, come l’abuso sui minori non sia un fenomeno esclusivo della Chiesa cattolica, ma un problema “diffuso e persistente” in tutte quelle istituzioni in cui esistono rapporti pedagogici ed educativi tra adulti e minori. La questione degli abusi sessuali sarà nuovamente all’esame dei vescovi alla loro prossima Assemblea plenaria a giugno, in cui discuteranno la revisione della “Carta per la Protezione dei bambini e dei giovani”, adottata a Dallas nel 2002 dopo l’esplosione dello scandalo. I vescovi dovranno aggiornare il documento alla luce dell’esperienza maturata in questi anni nella lotta al fenomeno, tornato in primo piano nel febbraio di quest’anno quando a Philadelphia un gran giurì ha accertato che 37 sacerdoti dell’arcidiocesi accusati di condotta impropria verso i minorenni erano ancora impegnati nei loro incarichi pastorali. Sui dati del rapporto, è intervenuto il vescovo di Spokane, mons. Blase Cupich, presidente della Commissione per la Protezione dei minori della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Il presule ha affermato che il documento mostra che si stanno facendo progressi nella lotta agli abusi sessuali su minori. Quindi, mons. Cupich ha sottolineato che nei confronti dei sacerdoti che hanno perpetrato degli abusi su minori è stata adottata una “tolleranza zero”. E ciò sia a protezione dei bambini che delle decine di migliaia di preti che servono la Chiesa con onore e spirito di sacrificio e che molto hanno sofferto a causa della crisi degli abusi. Infine, mons. Cupich ha ribadito la necessità per i vescovi di agire con umiltà e in spirito di collaborazione. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Pakistan: comunità cristiana nel mirino dei fondamentalisti dopo l’uccisione di Bin Laden

    ◊   Cristiani pakistani "bersaglio numero uno" dell’estremismo islamico dopo l’uccisione di Osama Bin Laden. La denuncia raccolta dall'agenzia AsiaNews, arriva da padre Akram Javed Gill, parroco di Abbotabad cittadina in cui è stato ucciso il leader di Al Qaeda. Il sacerdote conferma che sono aumentate le paure all’interno della comunità cristiana e insieme ai cattolici, anche i fedeli delle altre denominazioni cristiane “preferiscono rimanere chiusi in casa” e i loro capi evitano di compiere visite pastorali. Il giorno in cui si è diffusa la notizia della morte di Bin Laden, spiega padre Gill, i cristiani “si sono rintanati all’interno dello loro abitazioni e ci hanno chiesto di mantenere un basso profilo”. La sera stessa si è tenuto un incontro nella chiesa parrocchiale di S. Pietro, i fedeli hanno partecipato in massa per “stabilire le misure di sicurezza e la strategia per i giorni successivi”. Il sacerdote racconta di non aver potuto “lasciare casa per diversi giorni”, interrompendo di fatto “le attività della chiesa, le visite pastorali” mentre in città “lo stato di allerta era massimo”. “Il livello di attenzione – aggiunge – non è mai stato così elevato ad Abbotabad: tutte le strade principali sono chiuse”. I 160 fedeli cattolici hanno chiamato in continuazione padre Gill, raccontando la loro paura e il timore di rimanere vittime di vendette dei fondamentalisti islamici. “Le famiglie cristiane del distretto di Bilal – aggiunge – dove si trovava la villa di Bin Laden, sono tutte fuggite in altri luoghi”. Padre Javed Gill parla di “partecipazione molto bassa alle messe”, sebbene i militari abbiano predisposto un rigido sistema di sicurezza attorno ai luoghi di culto. “La popolazione – dice – teme possibili attacchi” perché è consapevole che “ogni volta che gli americani dicono o fanno qualcosa, i cristiani pakistani diventano il bersaglio numero uno”. Lo scorso anno, per esempio, quando il pastore Usa Terry Jones ha annunciato di voler bruciare il Corano, siamo stati oggetto di minacce. “Abbiamo innalzato i muri di protezione – sottolinea – ma hanno lanciato ugualmente pietre e bottiglie vuote contro la chiesa”. Anche i fedeli di altre denominazioni cristiane restano barricati in casa, in un’area in cui “da diversi anni non si registra nemmeno un incontro o un gruppo di studio sulla Bibbia”, a causa delle pressioni delle frange locali. La situazione ad Abbotabad resta “critica” per le minoranze religiose, conclude il sacerdote, per questo i cristiani pregano e digiunano“per la pace nella regione”.(M.G.)

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    Indonesia: a Java estremisti islamici interrompono due riti cristiani. La polizia non interviene

    ◊   Gruppi estremisti islamici hanno interrotto due funzioni cristiane legate alla Pasqua a Cirebon – città di confine fra West e Central Java – nell’indifferenza della polizia, che non è intervenuta per impedire le violenze. La denuncia arriva da Hendardi, presidente di Setara Institute, Ong che si batte per i diritti umani e la libertà religiosa in Indonesia. L’attivista punta il dito contro forze di polizia “impotenti” al cospetto di gesti “ostili” perpetrati da movimenti radicali, che hanno determinato la fine delle funzioni religiose. In Indonesia cattolici e protestanti sono soliti organizzare celebrazioni legate alla Pasqua, anche a settimane di distanza dalla festività ufficiale. Il proposito - riferisce l'agenzia AsiaNews - è quello di rafforzare la fede e l’amicizia all’interno della comunità, attraverso la recita del rosario, giochi per i più piccoli e altre attività a sfondo sociale. Il presidente di Setara riferisce che il 17 maggio scorso un gruppo formato da 20 estremisti, guidati dal leader Andy Mulya, ha fatto irruzione al Gratia Palace e all’hotel Apita, a Cirebon, interrompendo le funzioni cattolica e protestante. I fedeli hanno opposto resistenza, sottolineando di aver ottenuto tutti i permessi dalle autorità. Tuttavia, l’inerzia della polizia – che per legge deve autorizzare e presenziare a eventi “pubblici” – ha permesso ai membri del Gapas (acronimo del movimento “Contro il proselitismo e gli insegnamenti illeciti”) di bloccare i riti. Cirebon, al confine fra West e Central Java, 350 km a est di Jakarta, è diventata famosa nel tempo con il soprannome di “città degli studenti islamici”. Nonostante la schiacciante maggioranza musulmana si è guadagnata la nomea di città “pacifica” perché abitata da appartenenti al Nahdlatul Ulama (Nu), la più importante organizzazione musulmana moderata del Paese. Tuttavia nell’ultimo periodo è stata teatro di attacchi e violenze – come l’attentato contro un quartier generale della polizia ad aprile – che hanno ne hanno scalfito l’immagine. (R.P.)

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    Difesa della vita e libertà religiosa nella nota dei vescovi di Madrid per le prossime amministrative

    ◊   Diritto alla vita e alla libertà religiosa, tutela della famiglia e delle categorie sociali meno abbienti, libertà nella scelta dell’educazione dei figli: sono i cinque punti in cui si articola la nota che i vescovi della Provincia ecclesiastica di Madrid hanno pubblicato in vista delle elezioni municipali e regionali di domenica prossima, 22 maggio. “Ricordiamo – scrivono i presuli spagnoli – alcuni principi basilari da tener presente nel momento dell’esercizio, libero e responsabile, del diritto-dovere del voto. Si tratta di un contributo molto importante al bene comune della società”. Infatti, continua la nota, “l’esercizio responsabile del voto esige, da parte di tutti, una conoscenza sufficiente dei programmi elettorali dei partiti politici e un’attenta valutazione dei mezzi proposti per la loro attuazione”. Di qui, l’appello rivolto ai cattolici, i quali, seguendo “i principi della giusta ragione e del Magistero della Chiesa, in particolare della sua Dottrina Sociale”, devono scegliere “tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge naturale, quella che si conforma meglio con le esigenze del bene comune”. Per questo, i vescovi della Provincia ecclesiastica madrilena elencano cinque principi basilari: al primo posto, c’è il diritto alla vita che “deve essere tutelato in modo efficace dal concepimento fino alla morte naturale”. “Nessun bene sociale o personale – sottolinea con forza la nota episcopale – può giustificare l’eliminazione di un essere umano innocente, attraverso l’aborto, la pillola del giorno dopo o l’eutanasia”. Il secondo principio ribadito dai vescovi spagnoli è quello della difesa del diritto alla libertà religiosa: “Ciò comporta – scrivono – l’esigenza del rispetto del luoghi di culto e dei simboli religiosi, così come la tutela dell’espressione e della valorizzazione pubblica delle convinzioni religiose, specialmente quelle della fede cattolica”. E ancora, la Provincia ecclesiastica di Madrid sottolinea che “la famiglia deve essere oggetto di un riconoscimento specifico e di una promozione attenta” e che, di conseguenza, “le leggi e le disposizioni amministrative devono riconoscere, proteggere e promuovere l’istituzione del matrimonio, senza la quale non è possibile la vita familiare”. Su questo punto, i presuli iberici si soffermano ancora: “Secondo la giusta ragione, illuminata dalla fede, l’istituzione del matrimonio si basa sull’unione tra un uomo e una donna, un’unione libera e protesa alla realizzazione personale dei coniugi e alla procreazione”. Pertanto, “la protezione della famiglia richiede un accesso facile ad uno stile di vita degno e ad un lavoro che si accordi con le esigenze familiari, in particolare per i giovani”. Altro punto affrontato dalla Chiesa madrilena è quello della tutela del diritto, per i genitori, ad educare i figli “in accordo con le proprie convinzioni religiose, morali e pedagogiche”. Di qui, l’appello dei vescovi alle scuole statali, perché “si astengano dall’imporre una determinata educazione religiosa o morale e facilitino, piuttosto, la formazione che i genitori o gli alunni stessi scelgono in questo particolare ambito”. Infine, i presuli spagnoli chiedono la promozione di “un ordine economico giusto, che faciliti l’esercizio di un lavoro remunerato giustamente e che faccia particolare attenzione alle persone più colpite dalla crisi economica, così come agli immigrati, ai malati, agli anziani e a tutti gli emarginati”. Le ultime righe della nota esprimono l’auspicio che le elezioni del 22 maggio contribuiscano “alla promozione del bene comune” in tutta la regione. (I.P.)

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    Lampedusa: monito della Chiesa a chi specula sulle tragedie

    ◊   “Ho sentito da alcuni resoconti di stampa e delle associazioni umanitarie che è stata notata una strana cadenza negli sbarchi a Lampedusa, che sembrano avvenire a ritmi regolari ogni cinque giorni: c’è dietro un’organizzazione?”: la preoccupazione è stata espressa stamane dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana, in partenza dall’aeroporto di Lampedusa, dopo la sua visita al seguito del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei). Il timore è che sull’altra sponda del Mediterraneo, spiega il porporato, ci possano essere “organizzazioni che speculano sulla disperazione della gente, preparando la partenza di grossi contingenti in momenti prefissati”. “E’ una tragedia che continua” ha aggiunto il cardinale Romeo. Come riferisce l'agenzia Misna, ieri il cardinale Bagnasco ha lodato l’accoglienza dei migranti da parte dei lampedusani: “un’accoglienza fatta di gesti semplici è un esempio per quanti parlano molto e fanno poco”. Le situazioni gravi come l’emergenza migranti rappresentano “un appuntamento al quale la storia chiama l’Europa, per misurare sé stessa, per verificare le proprie intenzioni, per costruire il suo volto nel mondo”. L’Europa – ha concluso l’arcivescovo di Genova – ha una grande opportunità di essere sulla via della vera unità, che è più profonda della via dell’unificazione: quella tocca le giuste procedure, questa plasma l’anima dei popoli”. (G.P.)

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    Genova: il cardinale Bagnasco parla di "dolore sconvolgente" per il parroco accusato di pedofilia

    ◊   Il “dolore” dei sacerdoti diocesani e dei religiosi di Genova riuniti oggi nel santuario della Madonna della Guardia “per ogni forma di peccato e di male che, se risulterà realmente commesso da un nostro confratello, sfigura la bellezza dell’anima, scandalizza le anime, ferisce il volto della Chiesa”. Ad esprimerlo a nome di tutti - riferisce l'agenzia Sir - è stato questa mattina il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova nonché presidente della Conferenza episcopale italiana che nell’omelia pronunciata in occasione della Giornata di Santificazione sacerdotale è tornato a parlare del caso del parroco di Sestri Ponente accusato di abuso su minori. “Il nostro dolore – ha detto il cardinale - è tanto più sconvolgente in quanto improvviso e inatteso, perché nulla lo faceva presagire ai nostri occhi. Vogliamo affidare alla Madonna quanti hanno subito lo scandalo in qualunque modo, e dire a loro la nostra vicinanza umile e sincera”. “Per crucem ad lucem”, dice la fede pasquale. “E noi – ha detto il cardinale Bagnasco – crediamo che la prova e il senso di sgomento ci porteranno a salutari riflessioni su quel cammino di conversione dal quale nessuno è mai esente”. L’arcivescovo ha chiesto ad ognuno dei presenti “il coraggio della verità, di guardarci nel profondo”, “anche per riconoscere le ombre da fugare, le pieghe da affrontare, la sensibilità spirituale da curare perché non venga meno, la preghiera quotidiana come ci chiede la Chiesa, la confessione sacramentale regolare e frequente”. Ai sacerdoti presenti il cardinale ha chiesto “fedeltà alla vocazione senza reticenze, e diventare santi”. Ed ha aggiunto: “Tutto ciò chiede solo una cosa: la disponibilità di ciascuno di noi, l’ apertura dell’anima, il desiderio vero di percorrere le Sue vie non le nostre”. E “ai piedi della Grande Madre di Dio” il cardinale ha rivolto a nome dei sacerdoti questa preghiera: “vogliamo essere tuoi senza riserve, senza zone oscure”. (R.P.)

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    I leader delle tre religioni di Terra Santa in difesa dell'ambiente

    ◊   Ebrei, cristiani e musulmani insieme per la salvaguardia dell’ambiente: il Consiglio delle istituzioni religiose di Terra Santa (Crihl), composto dal Gran Rabbinato di Israele, da tutti i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme, dal ministero palestinese per gli affari religiosi (Waqf) e dalla Corte della Sharia palestinese, ha recentemente approvato una dichiarazione sui cambiamenti climatici. Secondo quanto riferito ieri dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, il testo, che reca la data del 12 aprile scorso, esprime un invito religioso a combattere contro il cambiamento climatico. L'obiettivo della dichiarazione - riferisce l'agenzia Sir - che prende atto dei risultati scientifici del gruppo di esperti delle Nazioni Unite in materia, è quello di creare un effetto moltiplicatore di azioni sul cambiamento climatico invocando l'autorità morale dei capi religiosi. In secondo luogo si propone di promuovere la cooperazione interreligiosa su un tema di interesse comune. Nella dichiarazione si legge che “il cambiamento climatico rappresenta una sfida globale ed è urgente intervenire. Riconosciamo le radici spirituali di questa crisi e l’importanza di una risposta religiosa. Invitiamo per questo tutti i nostri fedeli a considerare il pianeta e le sue risorse come un dono di Dio e a ridurre le proprie emissioni di gas serra ed esortiamo i leader politici ad attuare misure severe per evitare danni peggiori al clima”. (R.P.)

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    Giordania: inaugurato ad Aqaba il centro Regina Pacis, prima pietra per la chiesa Stella Maris

    ◊   Il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, ha inaugurato domenica scorsa ad Aqaba, in Giordania, sulle rive del Mar Rosso, il centro Regina Pacis ed ha posto la prima pietra della futura chiesa Stella Maris. Il centro, come quello di Amman, vuole favorire una crescita nella tolleranza tra le persone all’interno della società. Ad accompagnare il patriarca c’erano il vescovo ausiliare per la Giordania, mons. Salim Sàyegh, il principe Raed di Giordania, presidente del Consiglio superiore per le persone disabili e diversi rappresentanti delle autorità civili. Durante la Messa celebrata ad Aqaba dal patriarca Twal, si legge sul sito www.lpj.org, 15 bambini hanno ricevuto la Prima Comunione e 2 ragazzi sono stati cresimati. Il progetto di costruzione della chiesa Stella Maris ad Aqaba è una risposta alle esigenze della comunità cattolica in crescita. Per il Patriarcato latino è un dovere sostenere le famiglie cristiane nella fede e nella tradizione della Chiesa dando, in primo luogo, una testimonianza viva del Vangelo e anche fornendo un sostegno concreto. Grazie alla generosità dei Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, principali sostenitori del progetto, i circa 750 cattolici di Aqaba potranno presto vedere i primi frutti di questo progetto. (T.C.)

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    Giappone: visita sui luoghi del terremoto del vicario dell'Ispettoria dei salesiani

    ◊   A circa due mesi dal terremoto che ha scosso il Giappone, il vicario dell’Ispettoria giapponese, don Mario Yamanouchi, ha visitato alcuni dei luoghi più provati dalla sciagura, compresa la città divenuta simbolo del pericolo nucleare, Fukushima. La prima tappa, sabato 14 maggio, è stata la città di Fukushima, 220.000 abitanti, situata ad appena 60 km ad ovest dalla centrale atomica gravemente danneggiata a seguito dello tsunami. In città la radioattività è molto elevata (1,6 sievert) e la gente, che cerca comunque di limitare al minimo gli spostamenti, quando è costretta a spostarsi da casa deve sempre indossare una mascherina. Domenica 15 maggio, il salesiano si è spostato a Shiogama – a circa 100 km da Fukushima – dove ha celebrato la messa dove ha incontrato il salesiano coadiutore Francis Fukagawa, inviato dall’Ispettore del Giappone, don Aldo Cipriani, con il compito di collaborare con la diocesi di Sendai nel coordinare e sostenere i volontari che da tutta la nazione stanno giungendo per soccorrere la popolazione. Nella tarda serata don Yamanouchi si è unito alla visita del card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, inviato dal Papa in Giappone per trasmettere alla popolazione la sua vicinanza e il suo affetto. Concludendo il suo itinerario, don Yamanouchi ha visitato anche la città di Ishinomaki, che come altre città della costa sembra essere una città fantasma, ricolma di macerie e invasa dal cattivo odore. Il lavoro dei militari, circa 100.000 nella zona, è tuttavia instancabile e in soli due mesi già si possono notare progressi importanti. “Chi visita posti come questi cambia la propria visione della vita, della presenza dell’uomo nel cosmo” conclude don Yamanouchi. (L.Z.)

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    Giamaica: è entrata nel vivo la Convocazione internazionale ecumenica per la pace

    ◊   E’ iniziata ieri sera a Kingston in Giamaica la Convocazione internazionale ecumenica per la pace che si concluderà il 25 maggio. Il Summit è organizzato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese. Accenti diversificati, ma tutti concordi, nel sottolineare l’urgenza del tema “Gloria a Dio e pace sulla Terra” hanno caratterizzato l’inizio della convocazione, la prima del genere nella storia del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il cui segretario generale, il pastore Olav Fykse Tveit, ha aperto la seduta inaugurale, ricordando che l’appuntamento è stato voluto per concludere il decennio 2001-2010 per superare la violenza. Anche il premier giamaicano, Bruce Golding, ha dato il benvenuto agli ospiti dell’isola caraibica. Il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del dipartimento degli Affari ecclesiastici esterni del Patriarcato di Mosca, ha lanciato un appello perché tutti i cristiani si uniscano per difendere i loro fratelli nella fede e perseguitati in molti Paesi. Da parte sua, la professoressa Margot Käsemann, già presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania, ha sostenuto che non vi è guerra giusta, ma solo pace giusta, e che una Chiesa che non si impegni per la pace, la giustizia e la salvaguardia del Creato non è Chiesa. Il teologo Paul Oestreicher, quacchero, ha ricordato che quando, lungo la storia, le Chiese si sono alleate con il potere hanno contraddetto l’Evangelo e - ha aggiunto – che come siamo riusciti a rendere inammissibile la schiavitù, che sembrava ineliminabile, così se tutti ci impegniamo potremo rendere culturalmente inammissibile la guerra. Da oggi i circa mille convenuti a Kingston dai cinque continenti approfondiranno in gruppi di studio le diverse sfaccettature della problematica della pace. (Da Kingston, Luigi Sandri)

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    Filippine: i vescovi spiegano perchè hanno rotto con il governo sulla legge sul controllo delle nascite

    ◊   Il dialogo fra Chiesa e governo filippino sul Documento per la Salute riproduttiva si interrompe, in quanto non vi sono più le condizioni per portarlo avanti e perché “dobbiamo rispettare i nostri principi e valori”: è quanto affermano i vescovi filippini in una lettera inviata al governo – e giunta all’agenzia Fides – in cui si spiega perchè la Chiesa ha abbandonato il tavolo delle trattative sul controverso Documento, attualmente in discussione nel Parlamento filippino. Nella missiva, firmata dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Nereo Odchimar, vescovo di Tandag, la Chiesa esplicita la sua posizione in materia, confermando ufficialmente l’intenzione di interrompere il dialogo con l’équipe presidenziale. Pur ringraziando “per l’opportunità offerta di studiare possibili aree di collaborazione, nell’interesse della popolazione”, i vescovi spiegano che il processo è giunto al punto in cui “dobbiamo stare dalla parte degli insegnamenti e dei principi, come ci richiede la nostra missione”. I presuli, d’altro canto, assicurano di continuare a pregare per il Presidente Benigno Aquino e per tutta la sua amministrazione, confidano in una risoluzione della controversia, nell’ottica del bene comune della nazione . Il dialogo fra la Chiesa e il governo è finito su un binario morto da quando il Presidente ha enunciato i suoi “cinque punti irrinunciabili”: alcuni di questi, notano i vescovi, non si conciliano con i principi “non negoziabili” della dottrina della Chiesa. I “cinque punti” resi noti da Aquino sono: contrarietà all’aborto; dare alla coppie il diritto di scegliere come gestire la propria vita familiare; il rispetto, da parte dello Stato, del diritto degli individui a seguire la propria coscienza, morale o religione, sulla sacralità dell’essere umano; la responsabilità dello Stato di provvedere alle coppie povere o svantaggiate con una corretta informazione; nel ventaglio di informazioni fornite dallo Stato, i metodi naturali di pianificazione delle nascite e i “metodi moderni” devono essere presentati come equivalenti ed entrambi disponibili. Per metodi cosiddetti “moderni” si intendono i metodi artificiali di pianificazione familiare, gli anticoncezionali, i preservativi, etc. Intanto fra gli attivisti pro vita nelle Filippine, molto attivi nella campagna di sensibilizzazione delle coscienze, fa capolino con sempre maggiore insistenza l’idea della “disobbedienza civile” – che include il rifiuto di pagare le tasse – che verrebbe messa in atto se il Documento venisse approvato. (R.P.)

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    Cile: la Chiesa interviene per evitare scontri violenti in campo ambientalista

    ◊   I vescovi cileni intervengono per favorire il dialogo e allo stesso tempo ricordare che per quanto riguarda i progetti energetici "una decisione basata esclusivamente su interessi economici è eticamente inaccettabile". La Commissione permanente della Conferenza episcopale del Cile ha infatti pubblicato la dichiarazione “Abbiamo cura dei doni della Creazione”, inviata anche all’agenzia Fides, che vuole offrire una riflessione, sul maggiore problema sociale che vive il Cile e riguarda la politica ambientalista, con il progetto di costruzione di dighe nella zona di Aysén. A pochi giorni dal 21 maggio, quando il Presidente del Cile, Sebastián Piñera, presenterà al Congresso un resoconto della sua gestione, e si preannuncia una grande mobilitazione popolare, i vescovi chiedono di evitare lo scontro diretto tra i vari protagonisti. In molte città del Paese per il 21 maggio sono state organizzate, per la prima volta, delle marce "tematiche": la marcia degli ambientalisti contro il progetto della costruzione delle dighe noto come HidroAysén, la marcia degli sfollati del terremoto, la marcia a favore dei prigionieri mapuche, gli studenti per la riforma dell’istruzione. Alla fine della giornata, in ogni città, tutte queste marce si uniranno in una grande manifestazione contro il governo e si teme l’intervento violento della polizia. "Come vescovi vogliamo incoraggiare un dialogo serio, aperto e consapevole, evitando atteggiamenti di scontro, e promuovere un sano discernimento" ha dichiarato il responsabile delle comunicazioni della Conferenza episcopale del Cile (Cech), Jaime Coiro. Dinanzi al dibattito sull'energia che si è acceso nelle ultime settimane, il portavoce della Cech ha detto che il dilemma è "come conciliare il rispetto per l'ambiente con la crescente domanda d’energia". Successivamente, Coiro ha affermato che una "decisione basata esclusivamente su interessi economici è eticamente inaccettabile e deplorevole, perché è una squallida presa in giro della società", e ha proseguito: “la Chiesa non concepisce lo sviluppo senza considerare la sostenibilità ambientale", quindi "prima di affermare che la domanda crescente di energia è condizione preliminare per il progresso, è necessario seguire un processo, che deve essere affrontato come Paese, per costruire insieme un modello di sviluppo". I vescovi infine hanno avvertito che "una risposta che umanizza la sfida energetica richiede un dialogo a cui tutti gli individui e le comunità, soprattutto quelle più coinvolte e interessate alle iniziative, devono partecipare, e il loro parere deve essere preso in considerazione nelle decisioni che li riguardano". (R.P.)

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    Cina: nuove ordinazioni per le comunità cattoliche del continente

    ◊   Nella intensa celebrazione del mese mariano e della Giornata di preghiera per le vocazioni, la IV domenica di Pasqua, diverse comunità cattoliche cinesi continentali hanno accolto “nuovi operai della vigna del Signore”, secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides. Tra queste ricordiamo l’ordinazione presieduta da mons. Cai Bing Rui, vescovo della diocesi di Xia Men nella provincia di Fu Jian, ordinato l’8 maggio 2010 con l’approvazione della Santa Sede. Il 14 maggio, vigilia della Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, il vescovo ha presieduto l’ordinazione presbiterale di un diacono della diocesi di Min Bei, Zhang Zuo Han. Oltre 2.000 fedeli hanno partecipato alla solenne liturgia concelebrata da 37 sacerdoti. Subito dopo l’ordinazione, il nuovo sacerdote ha confermato il suo massimo impegno per proseguire sulla strada della vocazione, chiedendo la preghiera di tutti in occasione della Giornata per le vocazioni. Invece la diocesi di Ning Xia ha celebrato l’ordinazione diaconale di Giovanni Cao Wang nella nuova chiesa. Cao è originario di Jing Ning, nella Mongolia Interna. Dopo aver studiato nel seminario di Pechino, ha cominciato a prestare servizio pastorale nella diocesi di Ning Xia dallo scorso mese di settembre. Con lui, ha detto il vescovo di Ning Xia, “la nostra diocesi ha avuto il dono di un nuovo operaio della vigna del Signore”. (P.R.)

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    Russia: per frenare la crisi demografica il metropolita Ilarione invita a diffondere la Parola di Dio

    ◊   “Tutte le forze vive della società devono unirsi per arrestare l’estinzione della popolazione e invertire la tendenza allarmante che ha prevalso in questi ultimi decenni. La crescita demografica ha bisogno di essere stimolata a livello economico e finanziario ma dipende anche dalla diffusione della parola di Dio”. Suonano come un duro monito le parole del metropolita di Volokolamsk, Ilarione, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, pronunciate nei giorni scorsi all’Assemblea del Consiglio interconfessionale cristiano della Comunità degli Stati indipendenti e dei Paesi baltici, svoltasi nella capitale russa. Nel suo intervento all’Assemblea – di cui riferisce L’Osservatore Romano - dedicata al tema “Uno sguardo sul futuro, il capitale umano. Mezzi per arrestare la crisi demografica”, il metropolita ortodosso ha puntato il dito contro “la cultura di massa che si oppone apertamente ai valori cristiani, nella misura in cui essa si poggia sul culto del successo, del consumo, del piacere sfrenato, educando la società, e soprattutto i giovani, all’egoismo e alla libertà eccessiva”. Ilarione ha poi ricordato quanto fossero numerose, fino al XX secolo, le famiglie russe ed europee, indipendentemente dal loro reddito e stato sociale. Oggi invece — ha osservato — tali nuclei sono una rarità. Cosa fare? “Innanzitutto, occorre ricordare alle persone le verità morali, creare un clima e condizioni sociali favorevoli alle famiglie numerose”, ha affermato Ilarione, ricordando iniziative di sostegno realizzate in alcune parrocchie di Mosca. “L’aiuto sociale deve essere una delle priorità del nostro lavoro parrocchiale e pastorale”, ha precisato il metropolita, secondo il quale bisogna anche “imparare a tradurre il nostro messaggio positivo nella lingua della cultura contemporanea”. “I valori positivi – ha concluso il responsabile ortodosso - non devono essere più formulati come categorie astratte ma essere inseriti nella trama della lingua dell’arte, del cinema, della musica e della pittura. Questo modo di annunciare i valori positivi può non solo riabilitarli ma renderli anche più facilmente assimilabili, dando loro una dimensione viva, esistenziale”. All’Assemblea hanno partecipato — come riferisce il sito web della Chiesa ortodossa russa — anche l’arcivescovo di Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi, e il capo del Dipartimento per le relazioni esterne dell’Unione dei cristiani battisti evangelici di Russia, Vitali Vlasenko, che assieme a Ilarione sono co-presidenti del Consiglio interconfessionale cristiano. Nel suo discorso, mons. Pezzi ha sottolineato l’attualità del tema affrontato: “Oggi — ha detto — proseguiamo il lavoro cominciato, con l’auspicio che questo comune impegno apporti un contributo alla soluzione di un problema da cui dipende, senza esagerazioni, la prosperità materiale e spirituale delle generazioni future dei nostri Paesi e di tutta l’umanità”. (M.G.)

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    Lanciata la campagna “Amico dell’Unicef” contro la mortalità infantile

    ◊   Contro la mortalità infantile, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia lancia la campagna “Amico dell’Unicef”. In 60 città italiane, il 21 e 22 maggio prossimi, i volontari dell’Unicef faranno conoscere i progetti dell’organizzazione per la lotta alla mortalità infantile, e chi vorrà potrà diventare sostenitore, con la qualifica di “Amico dell’Unicef”. Tutte le informazioni sul progetto possono essere trovate sul sito www.unicef.it/amici, e sul sito dell’organizzazione è disponibile anche l’elenco delle piazze in cui sarà possibile incontrare i volontari. A sottolineare l’importanza della campagna è il presidente di Unicef Italia, Vincenzo Spadafora: “Ogni giorno – spiega - 22 mila bambini muoiono prima di aver compiuto 5 anni per cause che possono essere prevenute o curate”. “Ogni giorno – prosegue - lavoriamo in 156 Paesi del mondo perché vogliamo che questo numero arrivi a zero”. Un ‘Amico dell’Unicef’, dice Spadafora “è un amico su cui i bambini possono sempre contare, perché è sempre al loro fianco, riuscendo a garantire, attraverso il nostro lavoro sul campo, vaccini, acqua potabile, zanzariere e una nutrizione adeguata” “E’ una grande sfida – conclude il presidente di Unicef Italia – che possiamo vincere”. (D.M.)

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    Il Papa in Germania: richiesti 28 mila biglietti in un giorno

    ◊   Il Papa visiterà la Germania a settembre, ed è già boom per le richieste dei biglietti che permetteranno di assistere alle cerimonie presiedute da Benedetto XVI. Il Sir riporta i dati diffusi dalla Conferenza episcopale tedesca: 28 mila richieste e 52 mila accessi per il sito web dedicato (www.papst-in-deutschland.de) solo nel primo giorno di distribuzione. Il numero di contatti ha provocato problemi al portale e per gestire i dati è stato necessario creare una pagina provvisoria. I biglietti - ovviamente distribuiti a titolo gratuito - permetteranno di assistere alla messa celebrata davanti al castello di Charlottenburg a Berlino il 22 settembre, ai vespri mariani di Etzelsbach del 23, alla messa del giorno dopo a Erfurt, alla veglia di preghiera per i giovani che si svolgerà a Friburgo e alla messa e all’Angelus previsti nella stessa città per il 25 del mese. Per gli eventi di Berlino e Friburgo, ha comunicato la Conferenza episcopale, i biglietti disponibili sono oltre 160 mila. Nelle diocesi di Berlino, Friburgo ed Erfurt possono essere ottenuti anche senza collegarsi online, richiedendoli attraverso le parrocchie o telefonicamente. Secondo gli organizzatori, le richieste saranno evase entro la fine di giugno.(D.M.)

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    Austria: i giovani delle scuole corrono per i bambini bisognosi

    ◊   Correre per raccogliere fondi per i bambini bisognosi: lo faranno domani oltre 22mila ragazzi e ragazze di 150 scuole, associazioni e parrocchie in tutta l’Austria. “LaufWunder 2011” (letteralmente “miracolo della corsa”) è il nome del progetto organizzato da “youngCaritas” che coinvolge bambini e ragazzi: per ogni chilometro percorso raccoglieranno un’offerta a piacere che sarà destinata a progetti della Caritas in Austria o all’estero. Saranno i corridori stessi - riferisce l'agenzia Sir - a decidere a chi verranno assegnate le offerte. L’evento si svolge in momenti e modalità diverse a seconda del Land, in base alle idee formulate dai bambini e dai ragazzi: ad esempio a Vienna la corsa potrà svolgersi a piedi, ma anche con skateboard, pattini e sedie a rotelle. In Austria Superiore, una scuola ha organizzato una corsa per 24 ore a partire da oggi. Nell’edizione del 2010, sono stati oltre 10.000 i giovani partecipanti al LaufWunder, con circa 50mila chilometri percorsi e oltre 250mila euro di offerte raccolte. (R.P.)

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    Festival di Cannes: debolezze e virtù dell’umanità nelle ultime pellicole della rassegna

    ◊   Il meglio e il peggio dell’umanità si fronteggiano nei film che accompagnano il Festival di Cannes verso la sua conclusione. Il peggio del comportamento pubblico e privato viene da "Melancholia" di Lars Von Trier, cronaca di una famiglia dell’alta società sullo sfondo degli ultimi momenti della Terra, in rotta di collisione con un altro corpo celeste. Maestro di sventure, moralista e manipolatore, Von Trier si diverte a fustigare i suoi simili e nel contempo a provocare lo spettatore. Il risultato, come nel suo precedente "Antichrist", è un’opera che coniuga controllo preciso della materia narrativa e impeccabili scelte formali con una disturbante presunzione demiurgica, lasciandoci al contempo affascinati e in preda ad un impellente desiderio di fuggire. È esattamente il contrario del sentimento che ci lega, durante e dopo la proiezione, al film di Aki Kaurismaki "Le Havre". Qui siamo nella città francese sulla Manica che fu ricostruita nel dopoguerra mondiale come un modello di sviluppo urbanistico, nella speranza di una società ideale. Cinquant’anni dopo non è proprio questa società ad abitarla, ma un’umanità dove si fronteggiano paura e carità. Ne è protagonista un lustrascarpe che accoglie presso di sé un giovanissimo clandestino, arrivato fin là in un container. La polizia è sulle sue tracce, ma la piccola comunità popolare dell’angiporto lo difende e lo aiuta, con la complicità di un commissario, implacabile nell’arrestare i criminali ma generoso con i deboli e gli indifesi. Kaurismaki fa quello che ogni cineasta dovrebbe fare: sintetizza in dialoghi e gesti la dialettica in atto nella nostra società; e lo fa con una tale semplicità da diventare esemplare. Di fronte alle battute fulminanti e agli sguardi muti dei suoi fantastici attori, nello spettatore cresce non solo la coscienza del mondo, ma anche la gratitudine di chi riflette e apprende col sorriso sulle labbra. Sempre molto interessanti e coinvolgenti, anche se formalmente più complessi, si rivelano gli altri due film della competizione ufficiale, "Pater" di Alain Cavalier e "Hanezu" di Naomi Kawase. Nel primo, un vecchio regista francese e un attore non più giovanissimo passano il loro tempo a progettare un film sul potere politico. Un po’ documentario e un po’ finzione, il film si dipana fra scene di complicità, pasti di raffinata golosità e dialoghi sulla vita che passa, per virare poi improvvisamente nella messa in scena della routine di un governo, fra proclami idealistici che vorrebbero conciliare la ricchezza e la miseria del mondo, intrighi di palazzo e frustranti inseguimenti del successo. Cavalier e il suo attore Vincent Lindon passano così impercettibilmente dalla persona al personaggio, rivelandoci la loro umanità e lasciandoci al contempo di fronte all’insondabile enigma che sovrintende ad ogni rappresentazione. Il termine enigma è anche quanto di più vicino ci possa essere alla definizione di "Hanezu", intreccio di temporalità e situazioni umane che unisce l’arcaico mondo della mitologia giapponese al presente drammatico del Paese. Il senso dell’operazione è l’eterno ripetersi delle azioni umane e la perdita di quel sentimento dell’attesa che costituiva il patrimonio etico delle generazioni passate. Qui siamo a Nara, nella città che sorge su uno dei più vasti e antichi siti archeologici del Giappone. Qui due uomini amano la stessa donna e desiderio e dolore si fronteggiano nella constatazione di un’impossibile risoluzione. Qui in altri tempi altri esseri umani si sono amati e abbandonati, senza lasciare traccia di sé. Qual è dunque il nesso che lega le sorti degli umani all’implacabile scorrere del mondo? La Kawase non lo rivela, lasciando lo spettatore di fronte allo specchio muto della propria esistenza e all’insondabile mistero della vita. (Da Cannes, Luciano Barisone)

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    Terra Santa: nasce l’applicazione per ‘visitarla’ su iPad

    ◊   I Luoghi Santi arrivano sull’iPad. Come riporta il Sir, si chiama Terra Sancta appilcation la nuova applicazione che può essere scaricata da oggi nel negozio online, lo Store, di Apple. Terra Sancta sarà disponibile sia per iPad che per iPad2, e gli utenti della ‘tavoletta’ ideata dall’azienda di Steve Jobs avranno a disposizione notizie, video, una galleria fotografica e anche la possibilità di pregare accendendo una ‘candela virtuale’. L’applicazione è stata prodotta dalla Custodia di Terra Santa e realizzata dalla società specializzata iLabora-Netguru. Il suo ideatore è però don Paolo Padrini, che già aveva inventato iBreviary, la ‘app’ che metteva a disposizione un intero breviario per iPad. “L’applicazione – ha spiegato don Padrini – permette di visualizzare tutte le notizie esclusive prodotte quotidianamente dai Luoghi Santi, di visualizzare i video realizzati dal Franciscan Media Center e una grande raccolta fotografica sulla Terra Santa con immagini ad alta risoluzione e a tutto schermo”. Il tutto, ha concluso il sacerdote, è stato progettato “in un’ottica di totale condivisione sui social network di Twitter e Facebook”. (D.M.)

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    Gmg di Madrid: un sito internet per spiegarla a scuola nelle ore di religione

    ◊   Nasce un sito per spiegare a scuola la Giornata Mondiale della Gioventù 2011 nell'ora di religione. Destinato agli insegnanti di religione, è stato realizzato, come scrive il Sir, dal Grupo Editorial Luis Vives, che ha messo in rete il materiale preparato dalla Delegazione diocesana di insegnamento di Madrid. Collegandosi all’indirizzo web www.edelvivesjmj.com, si potranno visitare le tre sezioni del sito. Nella prima sono raccolte le informazioni sulla Gmg e la sua storia, mentre la seconda si concentra sul messaggio del Papa per la Giornata di Madrid e la terza contiene approfondimenti sul tema specifico della Gmg 2011. In questa sezione si sottolinea anche come questo insieme di valori sia stato ben rappresentato da personalità come madre Teresa di Calcutta, ma anche da realtà come la Caritas e l’organizzazione Manos Unidas della Chiesa Cattolica, che si impegna contro la fame, la povertà il sottosviluppo e le loro cause. Ogni tema è approfondito attraverso una presentazione multimediale e più di 50 attività. L’iniziativa, che si rivolge durante l'ora di religione in tutte le scuole, pubbliche e private, cattoliche e no, aveva in un primo tempo portato alla realizzazione di un dvd. Questo è però andato esaurito in appena quattro settimane, e si è deciso di mettere in rete i materiali didattici. (D.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Talebani in azione in Afghanistan: uccisi 35 civili

    ◊   Violenza protagonista in Afghanistan. I ribelli hanno attaccato alcune sedi di un’impresa edile provocando la morte di almeno 35 dipendenti. L’episodio è successo nella provincia orientale di Paktia. Dal canto loro le forze internazionali hanno annunciato una vasta operazione anti-guerriglia nel nord-ovest, che si è conclusa con l’uccisione di una sessantina di insorti. Intanto, mentre i talebani hanno smentito la notizia di trattative in corso con gli Stati Uniti, nella zona di Takhar oggi c’è stata una nuova manifestazione di protesta contro il raid della Nato che martedì ha provocato la morte di quattro persone. Infine i servizi segreti di Kabul hanno segnalano forti tensioni all’interno di Al Qaeda in merito alla successione di Bin Laden.

    Siria
    In Siria la Tv di Stato ha condannato le nuove sanzioni decise ieri dagli Stati Uniti contro il presidente Bashar al Assad e alcuni suoi stretti collaboratori di governo. L’obiettivo di Washington è quello di spingere Damasco ad adottare riforme democratiche. Tuttavia, per la Francia la repressione nel Paese si aggrava. Proprio oggi le forze di sicurezza siriane hanno schierato carri armati lungo il confine con il Libano, nei pressi della città di Tal Kalak, dove ieri ci sono stati almeno 8 morti durante nuove manifestazioni antigovernative represse dai militari. La polizia, intanto, secondo la stampa locale, avrebbe confermato il ritrovamento di 5 corpi in una fossa comune scoperta a Deraa, la città epicentro delle rivolte.

    Yemen
    Nello Yemen l’opposizione critica duramente il presidente Saleh all’indomani della nuova battuta d’arresto nel processo di transizione nel Paese. Il capo dello Stato, infatti, ha rifiutato di firmare l’annunciato accordo, mediato dai Paesi del Golfo, che avrebbe dovuto sancire la sua uscita di scena dopo mesi di proteste e repressione costate la vita ad almeno 180 persone.

    Libia
    Nuovo allarme per la situazione umanitaria in Libia. A lanciarlo il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon: “la tregua è lontana” – ha affermato – dicendosi preoccupato soprattutto per Misurata sotto l’assedio delle forze di Gheddafi ormai da due mesi. Per l’Unicef servono almeno 20 milioni di dollari per fronteggiare le necessità di donne e bambini. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, in questi tre mesi, circa 800 mila persone hanno lasciato le proprie case per cercare riparo nei Paesi limitrofi.

    Egitto
    Alla vigilia del processo contro l’ex ministro degli Interni egiziano, Habib El Adly, per vari capi d’accusa, inclusa l’uccisione di diversi manifestanti durante i giorni della protesta in Piazza Tahrir, Amnesty International sollecita le autorità a garantire giustizia a tutte le vittime della repressione. In un rapporto pubblicato oggi l’organizzazione denuncia l’uccisione di 840 persone, il ferimento di seimila, alcune delle quali con lesioni permanenti e il pesante ricorso alla tortura. Si chiede inoltre un risarcimento economico per le vittime, compreso il pagamento delle spese mediche. Paolo Ondarza ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

    R. – Nelle settimane che passeranno alla storia - come sono già passate, in parte - di gennaio, febbraio, in cui è stato fatto il primo passo per porre fine a una dittatura, ci sono state violazioni di diritti umani in modo cospicuo. 800 e più persone uccise durante le manifestazioni, arresti arbitrali, periodi di detenzione, torture, maltrattamenti, stupri. Tutto questo rischia di avere uno sbocco verso la giustizia soltanto parziale attraverso il processo all’unico fino al momento indiziato, che è il ministro degli Interni, che dovrebbe andare sotto processo tra 48 ore. Ma non è immaginabile che poi il tutto si risolva in un processo nei confronti di una sola persona giacché tanto le forze di sicurezza legate al precedente regime, quanto le forze armate che sono il perno su cui ruota l’attuale governo transitorio, hanno delle responsabilità che devono essere accertate per fare giustizia.

    D. – Ci sono prove schiaccianti, denunciate, dell’uso della forza eccessiva segno di flagrante disprezzo per la vita …

    R. – Parliamo della modalità con cui sono state assassinate le persone che manifestavano in piazza Tahrir: persone uccise con colpi di arma da fuoco esplosi da distanza ravvicinata sulla parte superiore del corpo, molte persone colpite alla testa e al petto, altre rimaste prive di vista in modo definitivo, ci sono state le torture praticate nelle prigioni militari… Perché si apra una pagina nuova dell’Egitto bisogna che ci siano processi e ci sia un accertamento delle responsabilità.

    D. – E non solo chiedete giustizia per chi ha subito tortura ma anche un impegno alle autorità a sradicare la tortura…

    R. - Questo è indispensabile. Se vogliamo fare un passo successivo a quello necessario di far cadere il dittatore, occorre far cambiare le leggi e uno stato d’emergenza che ha dato poteri incontrollati alle forze di sicurezza per arrestare, ridurre al silenzio gli oppositori e praticare le torture.

    D. - Tra le varie richieste di Amnesty International c’è quella di un risarcimento economico da valutare caso per caso da dare a quanti colpiti direttamente o indirettamente dalla repressione…

    R. - Intanto occorre tener conto del fatto che tantissime, migliaia di persone, seimila almeno rimaste ferite, hanno il problema di pagarsi le cure, le spese mediche, cure che a volte dureranno molto tempo. Inoltre l’idea che si faccia un risarcimento non tenendo conto né delle ferite riportate, né dei danni provocati anche sul piano economico, oltre che prima di tutto umano, della perdita di una persona in famiglia e che si riduca tutto a dare una somma uguale per tutti o una tantum, questo evidentemente non va bene.

    D. – Amnesty International ha valutato positivamente la “primavera” del mondo arabo, le rivolte che ci sono state negli ultimi mesi. Ritenete che l’attuale governo transitorio in Egitto sia in grado di accogliere le vostre richieste?

    R. – Sono abbastanza dubbioso su questo, in questa fase, perché lo stato d’emergenza rimane ancora in vigore, perché ci sono leggi che non vanno bene come ad esempio quella che limita fortemente le manifestazioni e gli scioperi. Abbiamo avuto notizia proprio questa mattina della condanna a morte di un minorenne al momento del reato per uno stupro compiuto nei confronti di una sua coetanea. E’ una fase in cui c’è molto veramente molto da fare.

    D. – Siamo in una fase cruciale, le cose potrebbero migliorare ma potrebbero o rimanere come prima o peggiorare?

    R. – Peggiorare potrebbe essere difficile perché gli ultimi anni sotto Mubarak sono stati anni terribili dal punto di vista dei diritti umani. Però ci sono dei brutti segnali. Ad esempio il fatto che le donne siano state rimesse al loro posto pur avendo avuto una parte di straordinario protagonismo durante la rivolta di piazza Tahrir. Ci sono stati casi brutti di violenza nei confronti delle donne da parte dei militari: donne che hanno denunciato di essere state sottoposte a test della verginità, costrette a denudarsi e minacciate di essere incriminate per prostituzione per toglierle dalle piazze e perché evidentemente secondo chi governa l’Egitto il loro posto non è nelle piazze. Quindi il rischio è che se non peggiori la situazione non migliori. Questo sarebbe decisamente un peccato per l’Egitto perché la sua popolazione merita un cambio di pagina molto netto.

    Bin Laden
    Al Qaeda ha diffuso su internet un audio messaggio – forse l’ultimo - registrato da Osama Bin Laden prima di essere ucciso. Il leader della rete terroristica esorta ad “abbattere i tiranni del mondo arabo” elogiando le rivolte in Tunisia ed Egitto, senza fare invece riferimento alle altre aree di crisi come Siria e Yemen. Bin Laden raccomanda, inoltre, di creare una struttura capace di fornire “consigli rivoluzionari” agli aspiranti rivoltosi per fare in modo che le proteste si estendano in tutta la comunità islamica.

    Obama
    C’è attesa per conoscere il piano di pace per il Medio Oriente messo a punto dalla Casa Bianca. Il presidente Obama lo annuncerà alle 16,30 ora italiana. Secondo le prime anticipazioni si tratta di un piano di sostegno economico, di alcuni miliardi di dollari, destinato a sostenere il cambiamento democratico in tutto il mondo arabo. La stampa statunitense sostiene che si tratta di una manovra simile e quella messa in campo nell’Europa dell’Est alla fine della Guerra Fredda.

    Irlanda
    Prosegue lo storico viaggio in Irlanda della regina Elisabetta II d’Inghilterra che ieri ha visitato lo stadio Croke Park di Dublino, dove nel 1920 le truppe britanniche spararono sulla folla uccidendo 14 civili come rappresaglia all’assassinio da parte dell’Ira di altrettanti agenti. In serata, in un discorso al Castello di Dublino, la regina ha ammesso gli errori del passato e ha invitato a guardare al futuro. Il servizio è di Enzo Farinella:

    Durante la cena in suo onore, la regina ha riconosciuto il doloroso testamento delle relazioni tra Gran Bretagna e Irlanda, ma ha voluto sottolineare come nessuno, guardando al futuro, potesse immaginare la forza dei legami tra le due isole, pur riconoscendo il dolore, le turbolenze e le perdite del passato. A quanti hanno sofferto come conseguenza di tale passato turbolento vadano i miei pensieri sinceri e il mio cordoglio profondo". Comunque é importante perdonare e riconciliarsi. Dobbiamo inchinarci al passato e non rimanerne prigionieri. E il presidente McAleese, salutando la regina Elisabetta e i 172 ospiti, tra i quali erano assenti rappresentanti del partito nazionalista Sinn Fein di Gerry Adams, ha sottolineato come la visita sia il culmine del successo del processo di pace. "Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo scegliere di cambiare il futuro". "Questa sera celebriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni, una nuova era di progresso, partenariato ed amicizia", ha detto il presidente Mary McAleese.

    Italia-politica
    Politica italiana. “Nessuno strappo”. Così il leader del Carroccio Bossi, al termine del primo faccia a faccia con il premier Berlusconi dopo la sconfitta del centro destra alle amministrative, che si è svolto oggi a Palazzo Chigi. “L’incontro è andato bene” – ha detto Bossi - ma serve “un progetto per il cambiamento”. In precedenza, durante il Consiglio dei Ministri, Berlusconi aveva rassicurato sulla tenuta della maggioranza chiedendo comunque di limitare le assenze dei parlamentari in aula per evitare incidenti.

    Italia immigrazione
    Ripresi gli sbarchi di immigrati a Lampedusa. Stamattina è giunto un barcone proveniente dalla Libia con 208 persone a bordo. Tutti sono stati trasferiti nel centro di prima accoglienza, mentre a largo dell’isola è stata avvistata un’altra imbarcazione in arrivo, su cui viaggiano circa 200 migranti.

    Sudafrica
    L’African National Congress (Anc) si conferma primo partito del Sudafrica sebbene in calo rispetto alle ultime consultazioni elettorali. E’ quanto emerge dai primi dati sul voto amministrativo di ieri diffusi oggi dalla Commissione elettorale indipendente, secondo cui l’Anc avrebbe finora ottenuto circa il 60% dei consensi. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata e Gabriele Papini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 139

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

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