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Sommario del 11/05/2011
◊ “L’uomo è per sua natura religioso” ed è naturalmente portato a cercare il suo Creatore: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che, all’udienza generale in Piazza San Pietro, ha proseguito il suo ciclo di catechesi sulla preghiera iniziato mercoledì scorso. Il Papa ha rilevato che, nonostante le previsioni di quanti presagivano la scomparsa delle religioni, si sperimenta oggi una rinnovata esigenza di spiritualità. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio”. Benedetto XVI cita il Catechismo della Chiesa cattolica per mettere l’accento sulla natura religiosa dell’essere umano. Certo, riconosce il Papa, “viviamo in un’epoca in sui sono evidenti i segni del secolarismo”. E tuttavia, se Dio “sembra sparito dall’orizzonte di varie persone”, allo stesso tempo “molti segni” ci indicano un risveglio del senso religioso, una riscoperta dell’importanza di Dio per la vita dell’uomo”:
“Guardando alla storia recente, è fallita la previsione di chi, dall’epoca dell’Illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni ed esaltava una ragione assoluta, staccata dalla fede, una ragione che avrebbe scacciato le tenebre dei dogmatismi religiosi e avrebbe dissolto il ‘mondo del sacro’, restituendo all’uomo la sua libertà, la sua dignità e la sua autonomia da Dio”.
“L’esperienza del secolo scorso, con le due tragiche Guerre mondiali – ha detto ancora il Papa – ha messo in crisi quel progresso che la ragione autonoma, l’uomo senza Dio sembrava poter garantire”. Il Pontefice ha così ribadito che l’uomo sente il bisogno di trovare una luce per dare risposte alle domande sul senso profondo della realtà. E ha ribadito che la religiosità dell’uomo “non emerge solo dai mondi antichi”, ma “attraversa tutta la storia dell’umanità”:
“L’uomo ‘digitale’ come quello delle caverne, cerca nell’esperienza religiosa le vie per superare la sua finitezza e per assicurare la sua precaria avventura terrena. Del resto, la vita senza un orizzonte trascendente non avrebbe un senso compiuto e la felicità, alla quale tutti tendiamo, è proiettata spontaneamente verso il futuro, in un domani ancora da compiersi”.
L’uomo, ha soggiunto, “sa che non può rispondere da solo al proprio bisogno fondamentale di capire”. E ha avvertito: “Per quanto si sia illuso e si illuda tuttora di essere autosufficiente”, l’uomo “fa esperienza di non bastare a se stesso”, “ha bisogno di aprirsi ad altro”, a “qualcuno che possa donargli ciò che gli manca”:
“L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare”.
Ha così riecheggiato quanto diceva San Tommaso d’Aquino che definisce la preghiera “espressione del desiderio che l’uomo ha di Dio”. Proprio questa “attrazione verso Dio, che Dio stesso ha posto nell’uomo – ha detto – è l’anima della preghiera”. Del resto, ha constatato, “pregare è difficile”, perché la preghiera ha il suo centro nel più profondo della persona, “non è facilmente decifrabile” e dunque “può essere soggetta a fraintendimenti e mistificazioni”. Per questo, ha avvertito, l’esperienza della preghiera è per tutti “una sfida, una grazia da invocare, un dono di Colui al quale ci rivolgiamo”. Si è poi soffermato sul gesto di mettersi in ginocchio, tipico delle espressioni di preghiera:
“E’ un gesto che porta in sé una radicale ambivalenza: infatti, posso essere costretto a mettermi in ginocchio – condizione di indigenza e di schiavitù -, ma posso anche inginocchiarmi spontaneamente, dichiarando il mio limite e, dunque, il mio avere bisogno di un Altro”.
Dunque, ha affermato, la preghiera “che è apertura ed elevazione del cuore a Dio, diviene così rapporto personale con Lui”. Ed ha concluso la catechesi invitando i fedeli a sostare maggiormente davanti a Dio che si è rivelato in Gesù Cristo:
“...impariamo a riconoscere nel silenzio, nell’intimo di noi stessi, la sua voce che ci chiama e ci riconduce alla profondità della nostra esistenza, alla fonte della vita, alla sorgente della salvezza, per farci andare oltre il limite della nostra vita e aprirci alla misura di Dio, al rapporto con Lui, che è Infinito Amore”.
Un’esortazione alla preghiera che il Papa ha ribadito al momento dei saluti ai pellegrini, in lingua italiana, quando ha invitato i giovani, le famiglie e i malati a valorizzare la preghiera mariana del Rosario.
Il Papa non ha infine mancato di rivolgere un saluto particolare ai partecipanti al pellegrinaggio promosso dalla “Società Divine Vocazioni”, in occasione della Beatificazione del fondatore don Giustino Russolillo. Dal Pontefice l’invito, sull’esempio del nuovo Beato, “a proseguire nell’impegno di conformazione a Cristo, tendendo alla misura alta della vita cristiana, la santità”.
◊ Usciranno nei prossimi giorni in Vaticano due nuovi documenti: venerdì 13 maggio la Sala Stampa renderà nota l’Istruzione “Universae Ecclesiae” della Pontificia Commissione Ecclesia Dei sull’applicazione della Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI.
Lunedì 16 maggio, sempre la Sala Stampa pubblicherà la Lettera Circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede, scritta per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di esponenti del clero.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il bisogno dell'Altro: all'udienza generale il Papa continua la riflessione sulla preghiera.
Lo tsunami che rischia di travolgere la ripresa: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sull'economia dopo Fukushima.
Si stringe il cerchio intorno a Gheddafi: in rilievo, nell'informazione internazionale, la crisi libica.
Una società di uomini dove si agisce e si è: in cultura, Giuseppe Della Torre su Chiesa visibile e realtà teologica del diritto ecclesiale.
L'introduzione di Giulia Galeotti e Lucetta Scaraffia al volume (da domani in libreria) "101 donne che hanno fatto grande l'Italia".
Stralci dal primo capitolo del libro "Maria di Nazaret. La Vergine dei Vangeli nella visione di Dante, nella sensibilità dei poeti e nell'intuizione degli artisti" di Luigi Pretto e Marina Stefani Mantovanelli.
Le 007 della "Centesimus annus": Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, su Giovanni Paolo II e il genio femminile.
Un articolo di Sandro Barbagallo dal titolo "Una burla per chi?": torna su "Il Foglio" l'affaire Raffaello.
Nella memoria visiva del mondo: Gaetano Vallini sulla mostra itinerante delle immagini premiate dal World Press Photo 2011.
◊ In Libia, sono scoppiati stamani violenti scontri tra insorti e forze governative a Misurata. L'aeroporto della città è tornato sotto il controllo dei ribelli. Proseguono anche i bombardamenti aerei della Nato su Tripoli. In mattinata, secondo fonti locali, è stata colpita la parte orientale della capitale. Resta il giallo sulla sorte di Gheddafi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Testimoni riferiscono che numerosi missili sono stati lanciati su Tripoli oggi dagli aerei della Nato. Non si arrestano poi i combattimenti tra forze governative e insorti. L'aeroporto di Misurata, dopo violenti combattimenti, è ora sotto il controllo dei ribelli. Gli scontri continuano anche in altre zone non lontane da Tripoli. L’Onu chiede una tregua immediata: il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in un colloquio con il premier libico al-Baghdadi Ali al-Mahmoudi, ha chiesto un “cessate-il-fuoco immediato e verificabile”, e ha intimato al governo di Muammar Gheddafi di porre fine agli attacchi contro la popolazione civile. Sulla sorte del leader libico si alternano voci discordanti. Secondo alcune fonti, non confermate, sarebbe rimasto ucciso durante i raid della Nato avvenuti nei giorni scorsi. L’Alleanza Atlantica, che non smentisce queste voci, non ha però alcuna prova che Gheddafi sia morto. Secondo quanto reso noto da un gruppo di insorti sul loro sito internet, il colonnello sarebbe fuggito dalla capitale e si troverebbe in un’area desertica a circa 400 chilometri da Tripoli. Nel Paese, i mezzi di informazione ufficiali non danno notizie sulla sorte del leader libico, come conferma mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico a Tripoli:
R. – Non se ne parla assolutamente. Nessun mezzo di comunicazione dà notizia di questo fatto. Purtroppo quello che appare quotidianamente, di cui facciamo esperienza, sono ancora le bombe che continuano a cadere durante la notte, soprattutto, con gli aerei che turbano tutta la vita sociale della città. La cosa che impressiona è come continuino a lanciare le bombe. Non si pensa a tutta la gente, a queste mamme, questi bambini che sono morti psicologicamente e che sono stanchi. Questo non sembra importante. L’importante è che Gheddafi sia morto! Ma notizie dirette non ne ho. Se fosse realmente morto, però, tutti si sarebbero preoccupati di capire quale potrebbe essere il dopo-Gheddafi. In realtà, invece, adesso non mi sembra ci sia questa preoccupazione e non mi sembra che il Paese sia sconvolto per un’eventuale notizia di questo tipo. (ap)
L'Unione Europea ha infine annunciato che aprirà un proprio ufficio di rappresentanza a Bengasi per poter assistere i ribelli libici e supportare il Consiglio Nazionale Transitorio. Gli insorti di Bengasi – ha detto il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton – “vogliono aiuto con l'istruzione, la sanità, la sicurezza delle frontiere, con quel genere di sostegno che l’Unione Europea è in grado di dare”.
Siria: i carri armati sparano contro i manifestanti a Homs
◊ In Siria prosegue la sanguinosa repressione del dissenso al regime del presidente Assad. Proprio stamattina i carri armati sono tornati a bombardare alcuni quartieri della città di Homs: secondo Al Jazira sarebbero morti almeno 9 dimostranti. L'agenzia ufficiale di Stato "Sana" riferisce invece che due soldati sono stati uccisi da "bande di terroristi armati". E all’indomani dell’entrata in vigore delle sanzioni dell’Unione Europea contro esponenti di spicco del regime, la responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton, ha detto che in settimana saranno riviste le misure adottate per “esercitare la massima pressione possibile sulla Siria”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Antonino Pellitteri, docente di storia dei Paesi arabi e di islamistica all’Università di Palermo:
R. – Credo che il governo e il regime di Assad tendano a minimizzare quanto sta accadendo: la situazione potrebbe tornare sotto contro se lo stesso Bashar al-Assad dovesse entrare sulla scena in prima persona, intervenendo per bloccare il tentativo di risolvere il problema soltanto con la forza della repressione. Credo che si possa trovare un’intesa politica che coinvolga tutte le parti di questa società così composita ed unitaria allo stesso tempo, com’è la società siriana. Guai a pensare che la lotta di questo Paese possa approdare a divisioni di tipo etnico-confessionali.
D. – Quindi questo ci dà un’immagine di un popolo molto, molto compatto che potrebbe anche avere la meglio? Oppure di una situazione che è destinata a sfociare in una vera e propria guerra civile?
R. – Non credo che ci possa essere una guerra civile, perché non ci sono i presupposti: il popolo siriano è unito nella consapevolezza del ruolo stesso della Siria nella regione. Io credo che Bashar al-Assad - lo ripeto - potrebbe trovare una soluzione se riuscirà a liberarsi di alcuni gruppi del suo regime, che sono contrari a qualsiasi tipo di cambiamento, gruppi molto ideologizzati e che si rifanno alla vecchia ideologia "bathista". Io credo che ci sia all’interno del regime una situazione di lotta interna in questa fase. Lo stesso fatto che Bashar al-Assad non venga fuori personalmente, credo che testimoni proprio questo: la lotta interna al regime, i gruppi del regime che non intendono affrontare la situazione sul piano della politica.
D. – Sono scattate le sanzioni dell’Unione Europea: ritiene che questa sia una politica internazionale di efficacia?
R. – Non credo molto nella politica delle sanzioni, soprattutto in questo contesto che riguarda tutto il mondo arabo e non soltanto un Paese come la Siria. Naturalmente l’Europa e gli Stati Uniti hanno consapevolezza della delicatezza della situazione e soprattutto del ruolo della Siria nella regione: è un Paese ritenuto vicino ai gruppi radicali palestinesi o agli hezbollah in Libano, ma è un Paese che ha anche una sua storia unitaria e qualsiasi situazione che rompa alcuni equilibri nella regione e nella Siria stessa, porterebbe con sé – come conseguenza – la situazione del Libano, il rapporto con Israele e quindi il discorso con la Palestina: creerebbe degli squilibri ancora maggiori. Credo che nell’Occidente ci sia proprio questa preoccupazione e quindi l’Occidente è abbastanza morbido - nonostante le sanzioni - è abbastanza attendista e spera che Bashar al-Assad possa riprendere in mano la situazione. (mg)
Nuove proteste e vittime nello Yemen
◊ Nuova giornata di sanguinose proteste nello Yemen. I manifestanti, che ieri si sono scontrati con la polizia soprattutto nella città portuale di al-Hodeida e a Taez, dove 5 persone avevano perso la vita, hanno continuato oggi a chiedere la fine del potere ultratrentennale del presidente Ali Abdullah Saleh per una decisa svolta democratica. Il bilancio odierno delle violenze parla finora di un morto e numerosi feriti per un totale di quasi 160 vittime dall’inizio delle proteste antiregime. E proprio dallo Yemen giunge il proclama del capo di al Qaeda nella penisola arabica che ha minacciato attacchi più intensi e devastanti, per vendicare l'uccisione di Osama Bin Laden. Ma in che cosa la protesta yemenita si differenzia da quelle dell’area nordafricana? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Paolo Branca, docente di Islamistica all’Università Cattolica di Milano:
R. – Sicuramente la Libia e lo Yemen sono molto diversi dalla Tunisia e dall’Egitto anche come composizione della società, come evoluzione delle istituzioni e per cui l’andamento è notevolmente diverso. Certo sia la Libia che lo Yemen sono dei Paesi ancora molto arcaici, tribali, divisi al loro interno. Lo Yemen del Nord e del Sud si sono riunificati nel ’90, ma si tratta di queste riunificazioni che lasciano – diciamo così - molti scontenti, perché c’è sempre una parte dominante rispetto ad un’altra; c’è un presidente, che è a capo del Paese dal 1978: quindi per certi aspetti è sicuramente un desiderio di cambiamento, che fatica, però, a trovare i canali attraverso i quali esprimersi ed imprimere una trasformazione graduale del Paese, proprio perché manca ancora una società civile ed una classe media e prevalgono solidarietà di tipo etnico e tribale.
D. – Genericamente le proteste chiedono più democrazia, ma con quale spirito l’opposizione yemenita, e anche l’intero popolo yemenita, guarda quelli che sono gli attuali modelli di democrazia nel mondo?
R. – Temo che di questi movimenti sappiamo soprattutto quello che non vogliono: non vogliono più la dittatura; non vogliono più un capo unico ed un partito unico, che da decenni governa e soprattutto gestisce anche forme di corruzione e di nepotismo. Le idee su cosa fare dopo sono diversificate, perché in Yemen ci sono anche degli oppositori di sinistra, oltre ai religiosi. Si è visto, però, come si siano anche coordinati almeno per quest’obiettivo simbolico che – come in Egitto, in Tunisia e in Libia – hanno chiesto che almeno cambi la faccia della persona che ormai da troppo tempo ha in mano tutto.
D. – Rende più difficili le cose il fatto che - è noto - in Yemen ci sia una intromissione forte di al Qaeda sul territorio?
R. – Certamente laddove ci sono forti movimenti di tipo fondamentalista, addirittura gruppi armati eversivi, la transizione diventa più complicata e si hanno dei grossi punti di domanda su cosa potrà succedere dopo. Il timore diffuso, a livello internazionale, è che si entri nella spirale di una guerra civile, senza uscita, come è successo in Somalia… Posso capire l’apprensione ed anche la prudenza da parte della Comunità internazionale nel fare dei passi: del resto anche in Libia abbiamo visto che si sono mossi, ma le cose non si sono ancora risolte e vanno anzi per le lunghe. (mg)
Sciopero generale in Grecia contro il piano anti-crisi: disordini ad Atene
◊ Scontri in Grecia oggi durante lo sciopero generale contro il piano anti-crisi varato dal governo per far fronte alla crisi economica. Migliaia le persone scese in piazza nelle principali città del Paese: ad Atene la polizia ha lanciato lacrimogeni contro i manifestanti. Lo sciopero, il decimo dall'anno scorso, coincide con l'avvio ad Atene della missione di Fondo Monetario Internazionale, Unione Europea e Banca Centrale Europea per decidere sulla possibilità di concedere un’altra tranche di aiuti al Paese. Sulle manifestazioni e i cortei in corso ci riferisce da Atene il collega Stefano Vergine, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Ci sono diversi cortei ad Atene, uno di questi è organizzato dal Pame, che è un movimento vicino al Partito comunista greco, poi ce n’è uno degli anarchici, che si snoda attorno al Politecnico e l’altro grande corteo è organizzato dai due principali sindacati greci. In sostanza, tutti chiedono di non pagare la crisi, contestano le misure di austerità che il governo greco ha accettato – loro dicono – perché “costretto” dalla troika, cioè dalla Banca Centrale Europea, dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. E’ il decimo sciopero da un anno a questa parte, cioè da quando la Grecia ha accettato la richiesta dell’Europa e del Fondo Monetario. E’ uno sciopero che però assume particolare significato, perché un anno fa, nell’altro grande sciopero generale che c’è stato qui in Grecia, nelle varie città e ad Atene principalmente, sono morte tre persone all’interno di una banca, asfissiate dai fumi delle molotov.
D. – Rispetto all’anno scorso, com’è cambiata la Grecia?
R. – La situazione è peggiorata e la Grecia si è decisamente impoverita, a causa di queste misure, per quanto abbiamo potuto vedere e per quanto ci hanno raccontato anche gli abitanti della Grecia. Ci sono stati pesanti tagli alla spesa pubblica, tagli di tredicesime e quattordicesime, a cui i greci sono sempre stati abituati, tagli delle pensioni e degli stipendi, sia nel settore pubblico sia in quello privato. Al contempo, però, c’è stato un aumento della pressione fiscale, delle imposte, dell’Iva, che ha portato – tanto per fare un esempio – la benzina a costare un euro e 80 centesimi al litro, quando un anno fa costava praticamente la metà. Quindi, di fatto, la Grecia si ritrova in una situazione piuttosto preoccupante.
D. – E’ in corso la missione della troika europea. Negli ultimi giorni si è parlato di una revisione del piano di aiuti concesso da Bruxelles, ma anche di un possibile abbandono dell’euro da parte di Atene…
R. – Sì, sono tutte voci, tutte ipotesi che si rincorrono e sono state smentite entrambe dal governo greco. Ieri ho parlato con il portavoce del premier Papandreu, che ha escluso totalmente l’ipotesi che ci possa essere un nuovo pacchetto di aiuti da 60 miliardi. C’è da dire però che nel corso di quest’anno spesso il governo ha smentito voci che poi invece si sono rivelate vere. La popolazione percepisce questa notizia dei 60 miliardi di aiuti non come una buona notizia, perché ha capito che quando si parla di aiuti di fatto poi spesso diventano aiuti per le banche internazionali che detengono il debito greco e sulla gente invece si riversano gli aspetti più negativi. I greci contestano l’atteggiamento del governo. Dobbiamo comunque ricordare che quando Papandreu è salito al governo, nel 2009, è stata rivelata quella che è la verità e cioè che il debito pubblico era molto più alto di quello che invece per anni avevano dichiarato. (ap)
Cresce la preoccupazione per le violenze contro cristiani nel mondo
◊ Sale la preoccupazione nel mondo per la sorte dei cristiani discriminati e perseguitati, oggetto di vessazioni ed attacchi personali in cosi tanti Paesi, in Africa e in Asia, in Paesi arabi e non solo, dove i fedeli di Cristo sono minoranze più o meno esigue. L’argomento è stato al centro del colloquio ieri mattina in Vaticano tra il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, ed il ministro italiano degli Esteri Frattini. Il porporato ed il capo della Farnesina hanno infatti affrontato durante oltre un’ora di conversazione temi di scottante attualità, quali la situazione europea nel contesto internazionale, in rapporto alla crisi in Nord Africa e Medio Oriente e alle persecuzioni dei cristiani e la possibilità di operare in loro in difesa. Su questi argomenti Roberta Gisotti ha raccolto l’opinione di Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia AsiaNews:
D. - Padre Cervellera, crescono gli episodi di violenze anche estreme con uccisioni e ferimenti di cristiani e distruzioni di chiese in diversi Paesi. Lo stesso segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon stamane si è detto "preoccupato" per i recenti scontri tra copti e musulmani in Egitto. Allora, cosa impone la coscienza verso questi fratelli nella sofferenza e cosa dovrebbe imporre la politica per prevenire tali atti?
R. – Io credo che per noi cristiani sia importante solidarizzare con questi nostri fratelli e sorelle, che vengono perseguitati e colpiti, Solidarizzare vuol dire pregare, vuol dire impegnarsi per garantire la libertà religiosa nei loro Paesi, aiutandoli a stare in questi luoghi, e garantire loro una piena cittadinanza alla pari con gli altri cittadini, con le altre personalità, con gli altri gruppi, perché sono un importante strumento di progresso, di sviluppo e di intelligenza per questi Paesi, penso soprattutto ai Paesi arabi come l’Egitto o altri Paesi del Medio Oriente come l’Iraq, ma anche il Pakistan... Nello stesso tempo, io trovo che siano gli stessi Stati mondiali che devono preoccuparsi perché la libertà religiosa non sia soltanto un principio stilato dall’Onu, ma sia affermata nelle Costituzioni e nella pratica dei Paesi della comunità internazionale.
D. – Ci si chiede se per troppi anni si sia sottaciuto il mancato rispetto della libertà religiosa in tanti Paesi, che è poi la cartina di tornasole del rispetto dei diritti umani in generale?
R. – Sì, questo è successo perché l’Occidente, in particolare, è divenuto più materialista e quindi si è interessato soprattutto agli aspetti economici, strettamente economici, mercantilistici nei rapporti con altri Paesi, e non ha esaltato invece altri tipi di rapporti culturali, l’aiuto e il confronto e il dialogo sui valori ultimi delle culture dell’Occidente e dell’Oriente. In questo modo è venuto a mancare un interlocutore che esalti i diritti dell’uomo, che una volta erano la bandiera dell’Occidente, e adesso sono diventati soltanto una postilla a tutti i contratti commerciali che vengono firmati.
D. – Allo stato attuale, dov’è il punto di equilibrio tra un interventismo eccessivo in tante situazioni di conflitto che abbiamo oggi nel mondo in difesa dei cristiani, che potrebbe però nuocere ulteriormente, e un atteggiamento di sostanziale ignavia verso queste persecuzioni, di cui molti accusano anche l’Europa ?
R. – Credo che il punto di equilibrio sia il fatto che bisogna garantire la libertà religiosa non soltanto ai cristiani o salvaguardare i cristiani come una minoranza - penso all’Egitto, al Pakistan, all’Iraq o ad altri Paesi - ma garantire la libertà religiosa in questi Paesi per tutte le comunità religiose. Pensiamo al Pakistan, dove vengono perseguitati non soltanto i cristiani, ma anche i sikh, anche gli sciiti e i sunniti tra di loro, e anche i buddisti … Tenendo conto che la libertà religiosa è quella che produce più sviluppo e più progresso in un Paese; premere per questo, quindi, non è cercare dei privilegi per i cristiani, ma cercare semplicemente che le società si evolvano con il contributo di tutti. In questo, però, ripeto, il problema è che molto spesso l’Europa, tendendo semplicemente a mercanteggiare le materie prime e i prodotti dell’industria con questi Paesi, dimentica invece l’elemento etico di questi contratti e dimentica che anche l’economia rischia di essere distrutta se nascono conflitti di tipo religioso. (bf)
Arriva la Notte dei Musei in 40 città d'Europa
◊ Visitare gratuitamente di notte i musei, alla scoperta dei più grandi capolavori dell’arte classica e contemporanea. È la proposta de “La notte dei musei”, iniziativa che sabato 14 maggio coinvolgerà contemporaneamente più di 40 città d’Italia e d’Europa. Nel panorama internazionale aderiscono al progetto i più importanti musei di Londra, Parigi, Strasburgo, per un totale di circa 3.000 spazi culturali ed espositivi a disposizione del pubblico. In Italia si distingue la città di Roma, che aprirà più di 80 dei suoi suggestivi luoghi d’arte e cultura. Il servizio di Salvatore Cernuzio:
La capitale è pronta a battere il record dell’edizione 2010 della Notte dei Musei, che l’ha vista classificarsi seconda, dopo Parigi, con più di 150 mila visitatori. Francesco Marcolini, presidente di Zetema-Progetto Cultura, organizzatore dell’evento, ci racconta come si articolerà la "notte" di sabato:
“Dalle ore 20.00 alle ore 2.00, tutti i luoghi culturali della città - e intendo i musei, intendo le accademie straniere, intendo le piazze più belle del centro - diventeranno scenario di iniziative varie, di spettacoli, di concerti, di conferenze, di mostre che vengono aperte al pubblico gratuitamente. Si tratta quindi di un momento sia di partecipazione collettiva ad un evento culturale, sia anche di riappropriazione di spazi”.
Oltre ai più importanti spazi del centro storico - come i Musei Capitolini, la Galleria Borghese e i Fori Imperiali - saranno coinvolti anche l’Università La Sapienza e alcuni luoghi di periferia, prima degradati, come il Laurentino 38. Ci spiega questa novità Dino Gasperini, assessore alle politiche culturali centro storico-Roma Capitale:
“E' un luogo a cui non avevano neanche voluto dare un riconoscimento non solo storico, ma neanche geografico, perché gli danno il nome del dato catastale: noi invece gli diamo una definizione culturale e questo mi sembra un bel passaggio”.
Cittadini e turisti potranno visitare 98 mostre permanenti e temporanee e partecipare gratuitamente a più di 100 eventi in programma. Una iniziativa, dunque, che come afferma Umberto Broccoli, sovrintendente dei Beni culturali di Roma può essere stimolo per una crescita culturale collettiva:
“I musei non sono contenitori asettici nei quali annoiarsi, tendenzialmente: c’è una frase di Svevo che dice ‘Per fortuna che i musei capitano una volta sola, in viaggio di nozze’. Noi non promuoviamo quel tipo di cultura ed abbiamo immaginato i musei aperti, aperti allo spettacolo, aperti all’intrattenimento e i risultati ci hanno dato ragione. C’è un aumento esponenziale dei visitatori con cifre che sfiorano il 30 per cento in più rispetto al 2008: il che significa che evidentemente questo tipo di iniziative che rendono popolari i musei - da sempre legati ad un qualcosa di polveroso, di antico e di arcaico – rende e fa la differenza. E’ successo lo scorso anno, con 150 mila giovani per strada: questa è la conferma per andare avanti”.(mg)
Istanbul: i Paesi più poveri del mondo chiedono più investimenti e non elemosine
◊ I Paesi meno progrediti non hanno bisogno della carità dei più ricchi, necessitano invece di investimenti maggiori e più intelligenti. Questo è il punto di partenza della Quarta Conferenza delle Nazioni Unite per i Paesi poveri del mondo (Ldc-IV) in corso ad Istanbul, in Turchia. L’incontro - riferisce l'agenzia Fides - vede riuniti 8 mila delegati, compresi i leader dei 48 Paesi più poveri del mondo, le agenzie di aiuti internazionali e partner per lo sviluppo, tutti impegnati a combattere la povertà. In un comunicato dell’Inter Press Service, si legge che sono circa 900 milioni i cittadini dei Paesi Ldcs, la metà dei quali vive con meno di 2 dollari al giorno. Secondo le Nazioni Unite, nell’ultimo decennio, il 60% dei rifugiati di tutto il mondo provenivano da questi Paesi. L’agricoltura deve diventare una priorità ed essere l’elemento chiave per offrire ai Paesi Ldcs' sicurezza alimentare e nutrizione adeguata. Secondo il rapporto "A World without Ldcs", appena lanciato al forum di Istanbul, questo settone è stato dimenticato a lungo nei Paesi più poveri del mondo, e molti sono diventati importatori. Secondo la World Bank, dal mese di giugno 2010, nell’arco di dieci mesi, l’aumento dei prezzi del cibo ha prodotto altri 44 milioni di poveri. Il numero dei Paesi Ldcs è salito da 25 nel 1971 agli attuali 48. Necessitano di risorse aggiuntive da investire nei settori produttivi, maggiore sviluppo del settore privato e aumento degli aiuti da parte del mondo ricco. Inoltre chiedono la rimozione delle barriere tariffarie e non, l’accesso al mercato per tutti i prodotti dei Paesi meno sviluppati, una valorizzazione commerciale, supporto per il trasferimento della tecnologia ai Paesi meno sviluppati, e misure di sostegno per promuovere gli investimenti. (R.P.)
India: per la polizia false accuse contro i cristiani dietro i massacri in Orissa e in Karnataka
◊ La polizia indiana ha provato senza ombra di dubbio che erano del tutto false le accuse scagliate contro i cristiani, pretesto per sferrare la massiccia aggressione che ha prodotto i massacri negli stati di Orissa e Karnataka nel 2008. Per questo, chiedono i cristiani indiani, “movimenti come il Vishwa Hindu Parishad (Vhp), responsabili delle violenze, devono fare pubblica ammenda, e devono restare sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine, per prevenire nuovi attacchi”. E’ stato così finalmente svelato, spiega all'agenzia Fides l’organizzazione ecumenica “Global Council of Indian Christians”, il perverso meccanismo alla radice della violenza anticristiana: diffondere false accuse per poi scatenare la violenza. Nel caso dei massacri dell’Orissa, i fedeli furono ingiustamente accusati di aver ucciso il leader estremista indù (appartenente al Vhp) Laxmanananda Saraswati. Da qui la violenza anticristiana di massa che portò all’omicidio di oltre 100 fedeli e al saccheggio di case e chiese cristiane. Ma oggi la polizia afferma di aver raccolto prove inconfutabili sul fatto che i responsabili sono il leader maoista Sabyasachi Panda e sei complici, dunque le accuse servirono solo per accendere la scintilla di un’operazione pianificata dal sapore di “pulizia etnica”. Anche la persecuzione in Karnataka, nello stesso anno, è stata organizzata facendo leva sugli stessi sentimenti anticristiani, fomentati tramite false accuse. Oggi, nota il Gcic, esiste il rischio che i colpevoli restino del tutto impuniti: come sta accadendo per i due uomini che hanno stuprato suor Meena Behra, la religiosa cattolica violentata a Kandhamal, in Orissa, che sono stati liberati su cauzione. “I cristiani hanno perso la fiducia nelle forze di polizia locali, che si sono rivelate complici degli aggressori, assistendo alla violenza senza intervenire” nota il Gcic, chiedendo che il processo ai due responsabili venga spostato fuori dall’Orissa, presso una Corte che possa garantire realmente l’imparzialità. (R.P.)
Pakistan: il nuovo Ministero per l’Armonia e le Minoranze religiose nasce senza fondi
◊ Il nuovo Ministero federale per l’Armonia interreligiosa e le Minoranze, annunciato nei giorni scorsi dal governo pakistano, nasce “povero”, in quanto non ha uno stanziamento di fondi da parte del governo. Fonti di Fides nel mondo politico pakistano denunciano con disappunto che, senza un adeguato finanziamento, il Ministero rischia di avere una funzione “puramente decorativa” e di non poter mettere in atto alcuna iniziativa concreta per la promozione e la tutela delle minoranze religiose in Pakistan. Il dicastero dispone soltanto dei fondi per mandare avanti la macchina amministrativa, ma non ha fondi utili per le sue attività. Shahbaz Bhatti, prima della sua morte, aveva ottenuto una promessa di finanziamenti dall’amministrazione Usa proprio per promuovere il dialogo interreligioso in Pakistan, ma questo rimane, per ora, un impegno verbale, inoltre sarebbe una fonte di cooperazione dall’estero e non quella, indispensabile, dall’interno. Fra le minoranze cristiane in Pakstan circolano disappunto e sconcerto. Si comprende molto meglio, nota una fonte di Fides, “il balletto politico scatenatosi intorno a questo dicastero, dopo la morte di Shahbaz Bhatti”. Prima era stato fatto il nome del senatore indù Khatu Mal Jeewan; in un secondo momento sembrava che Paul Bhatti, già nominato Consigliere Speciale del Primo Ministro per gli Affari delle minoranze, dovesse assumere in toto l’incarico che fu di suo fratello; in seguito, la nomina di un Ministro musulmano, Riaz Hussain Pirzada, ha turbato la scena e generato lamentele dalle minoranze religiose; infine la conferma dell’avvocato cattolico Akram Gill che, con l’ausilio di Paul Bhatti, gestirà la struttura. Sembra che Pirzada abbia voluto abbandonare l’incarico da un lato perchè malvisto dalle minoranze stesse, dall’altro perchè “si era accorto che il Ministero di fatto non disponeva di risorse economiche”, spiega la fonte di Fides. Secondo alcuni osservatori, è in corso una manovra politica per depotenziare il Ministero delle minoranze dopo la morte di Shahbaz Bhatti: con il compianto ministro, infatti, il Dicastero era divenuto piuttosto “scomodo” politicamente, per le questioni sollevate all’interno del Paese (la blasfemia, le conversioni, la libertà religiosa, etc) e soprattutto per gli appoggi e la vasta rete di relazioni internazionali che aveva instaurato in tutto il mondo, in grado di influenzare l’azione politica del governo pakistano. Proprio sulla questione dell’omicidio di Bhatti “aspettiamo che venga fatta piena luce e si attendono ancora i risultati delle indagini. Non vorremo che vi siano in corso tentativi di insabbiamento o di porre la questione nel dimenticatoio, per lasciare impuniti i colpevoli” notano fonti locali di Fides. (R.P.)
Russia: appello del patriarca Kirill a porre fine alle violenze contro i cristiani d'Egitto
◊ Il Patriarca russo Kirill ha inviato un messaggio di condoglianze al Patriarca copto Shenouda III per le persone rimaste uccise nei giorni scorsi in Egitto in seguito alle violenze contro i cristiani copti. Nella lettera, Kirill ha ricordato che più volte dal Patriarcato di Mosca e di tutte le Russie si è levata la voce “in difesa dei cristiani nei Paesi in cui rischiano di essere perseguitati e violati nei loro diritti fondamentali alla vita e alla libertà religiosa”. “Ora chiediamo alle autorità egiziane, ai leader delle comunità islamiche nel Paese, alla comunità internazionale di porre fine fermamente e inequivocabilmente alla violenza contro la minoranza cristiana, storicamente presente sul suolo egiziano”. Un appello “alla comunità internazionale e in particolare ai Paesi europei che hanno una responsabilità storica per il destino dei cristiani”, arriva anche dal metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Il metropolita russo afferma di aver apprezzato “le dichiarazioni dei leader musulmani d’Egitto che hanno fermamente condannato gli istigatori alla violenza”. “Siamo convinti – scrive Hilarion le cui parole sono state riprese dal Sir – che l’avvenire politico dell’Egitto è impensabile senza la difesa delle comunità cristiane locali che hanno sempre sostenuto lo Stato e la legalità nel Paese”. "Gli avvenimenti dell’Egitto – prosegue – non sono purtroppo che un episodio di un processo più globale di minaccia alla vita dei cristiani in numerosi Paesi del mondo dove sono minoranza religiosa". "La crescita incessante delle violenze contro i cristiani nelle regioni in cui essi vivono da secoli, non può che suscitare una profonda inquietudine. In questi ultimi anni, la cristianofobia che si manifesta in attentati contro la vita e i diritti di questi nostri fratelli, è divenuta sistematica". Anche le organizzazioni internazionali come l’Onu e il Parlamento europeo, hanno espresso preoccupazione. Ma se in Europa ci si sforza per “garantire i diritti delle minoranze non cristiane” - ha concluso - “il problema della cristianofobia non preoccupa le autorità dei Paesi in cui questa comunità è minoritaria”. (A.L.)
Calamità naturali. Appello di Ban Ki-moon: aumentare la prevenzione
◊ E’ con un appello ad accelerare gli sforzi di preparazione e prevenzione che il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha aperto ieri a Ginevra i lavori della terza piattaforma globale per la riduzione del rischio da catastrofi naturali. “La vulnerabilità del mondo ai rischi di disastri sta crescendo più rapidamente della nostra capacità di risposta” ha detto Ban Ki-moon rivolto ai circa tremila delegati di 180 Paesi che partecipano alla riunione. Secondo uno studio dell’Onu il rischio di mortalità legato ai disastri meteorologici quali cicloni o inondazioni è diminuito negli ultimi 20 anni ma il rischio di perdite economiche continua ad aumentare in tutte le regioni del mondo e minaccia gravemente le economie dei Paesi a basso reddito. Obiettivo della conferenza, in programma fino a venerdì, sarà di valutare come ridurre i rischi di disastri grazie alla tecnologia e al sapere e agli strumenti economici, anche alla luce del legame tra catastrofi naturali e sicurezza naturale drammaticamente portato alla luce dal recente incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima. Esperti stimano che attualmente circa la metà della popolazione mondiale è esposta a calamità naturali e deve far fronte periodicamente a eventi quali terremoti, eruzioni, inondazioni, siccità, smottamenti, uragani. I costi che ne derivano per i Paesi colpiti crescono vertiginosamente. Dall’inizio dell’anno i danni provocati dai disastri in Giappone, Nuova Zelanda e Australia hanno così già causato costi per 300 miliardi di dollari. (A cura di Silvana Bassetti)
Usa: nuovo pressante appello dei vescovi contro i drastici tagli ai danni dei più poveri
◊ Mentre prosegue il dibattito sulla Legge finanziaria al Congresso, i vescovi degli Stati Uniti hanno rivolto un nuovo pressante appello contro i drastici tagli di bilancio ai danni dei più poveri e vulnerabili. In una lettera ai membri del Senato firmata da mons. Howard James Hubbard e da mons. Stephen Edward Blaire, rispettivamente presidenti della Commissione per la giustizia internazionale e la pace e della Commissione per la giustizia nazionale e lo sviluppo umano della Conferenza episcopale, i presuli sottolineano il dovere morale di tutelare i più deboli anche nelle attuali difficoltà. “La qualità morale del dibattito sulla finanziaria – scrivono - non è determinata dal partito che vince o dai potenti interessi che prevarranno, ma piuttosto da come sono trattate le persone senza lavoro, affamate, senza casa o povere” la cui voce “è troppo spesso assente in questi dibattiti”. La lettera riconosce che di fronte alla pressante necessità di ridurre il deficit federale le decisioni da prendere non saranno facili e chiede quindi “una leadership bipartisan, la definizione delle priorità e una chiara visione morale”. “Le future finanziarie – afferma - non possono contare su tagli sproporzionati ai servizi essenziali ai poveri”, ma dovranno richiedere “sacrifici condivisi da tutti e quindi un adeguato aumento delle entrate fiscali, l’eliminazione di inutili spese militari e di altre voci di spesa e di trovare una soluzione equa per sostenere i costi futuri della spesa sanitaria e pensionistica”. I timori dell’episcopato riguardano in particolare i tagli a Medicare, Medicaid e ad altri programmi che rischiano di lasciare senza assistenza sanitaria più anziani, famiglie e poveri. Ma a preoccupare i vescovi sono anche i tagli agli aiuti umanitari internazionali. Di qui l’appello ai membri del Senato a sostenere i programmi anti-povertà e a rendere più efficienti gli aiuti ai più indigenti dei Paesi più poveri. Da parte loro, i vescovi americani si dicono prontii a collaborare con i due partiti “per una finanziaria che riduca il deficit, protegga i poveri e i vulnerabili, promuova il bene comune, la vita e la dignità umana”. Contro le drastiche riduzioni della spesa destinata ai programmi e ai piani anti-povertà si sono mobilitate anche le altre Chiese cristiane che in queste settimane hanno costituito una coalizione denominata “Circolo di protezione” per sensibilizzare le istituzioni a porre al centro dell’azione sociale e politica le fasce più emarginate della società. (A cura di Lisa Zengarini)
Ad Urbino la Carovana delle donne africane per il Nobel per la pace
◊ Sarà Urbino ad ospitare domani la prima tappa della carovana delle donne africane “Walking Africa”, promossa dalla Campagna Noppaw (Nobel Peace Prize for African Women) che propone l’assegnazione del Nobel per la Pace 2011 alle donne africane. Ad Urbino le donne africane incontreranno e dialogheranno con l’università e la cultura italiana nel convegno “Educare una donna per cambiare un villaggio” che si terrà presso l’Università “Carlo Bo” per iniziativa dei promotori della Campagna, Solidarietà e Cooperazione Cipsi e ChiAma l’Africa, in collaborazione con lo stesso Ateneo, il ministero degli Esteri, le associazioni L’Africa Chiama e Sos Missionario. “Istruzione, formazione e cultura – sottolinea all'agenzia Sir Guido Barbera, presidente di Solidarietà e Cooperazione Cipsi - costituiscono alcune delle tematiche centrali della Campagna Noppaw”. “Sono migliaia le storie di donne africane - aggiunge Eugenio Melandri, coordinatore di ChiAma l’Africa - cui la scuola ha ridato un futuro, la speranza e la possibilità di conquistare un’esistenza dignitosa nella propria terra di origine”. Tra le relatrici, anche Hélène Yinda, teologa del Camerun e Fatima Mohamed Lmeldeen, insegnante nel west Darfur, e Salimata Porquet, presidente rete Pace e sicurezza delle donne in Costa d’Avorio. (A.L.)
Kenya: lottare contro la corruzione per un autentico progresso
◊ “L’Africa, continente in via di sviluppo, è in difficoltà a causa dei molti problemi sociali, economici e politici provocati dai suoi leader spesso corrotti”. In una nota del direttore e responsabile esecutivo della Commissione anti-corruzione del Kenya, Patrick Lumumba, diffusa dal Catholic Information Service for Africa e ripresa dall'agenzia Fides, emerge l’appello alla Chiesa in Africa perché sostenga la lotta contro la dilagante corruzione. “Tuttavia, dobbiamo prima accertarci che le istituzioni siano libere da fenomeni come tribalismo e nepotismo” continua Lumumba rivolgendosi a 150 delegati di Kenya, Tanzania, Nigeria, Uganda, Sudan, Repubblica Democratica del Congo (Rdc) e Stati Uniti d’America riuniti in una Conferenza a Nairobi. Parlando della Rdc, Lumumba ha mostrato grande disappunto per la popolazione che ancora vive in condizioni di povertà nonostante il Paese sia ricco di diverse risorse, minerali inclusi. Lumumba ha sottolineato che il procapite di alcuni Paesi come il Brasile equivale alle economie di 54 Paesi del continente africano. Ha evidenziato quindi la necessità dell’Africa di lavorare sodo per il progresso economico, portando ad esempio Paesi come Singapore, che in passato era agli stessi livelli africani ma che con grande impegno è riuscito a raggiungere traguardi importanti, in parte grazie alla seria lotta intrapresa contro la corruzione e alle pene severe inflitte contro i sabotatori economici. (R.P.)
Nigeria: il dramma di centinaia di bambini accusati di stregoneria
◊ Centinaia di bambini nigeriani sono stati picchiati, bruciati e sepolti vivi perché accusati di stregoneria. Secondo il rapporto dell’organizzazione britannica “Stepping Stones Nigeria”, rilanciato oggi dall’associazione italiana Aibi, sono circa 250 i bambini vittime di queste violenze nello Stato Akwa Ibom. Anche piccoli di soli due anni, scrive l’Ong, sono stati bruciati, avvelenati, sepolti vivi o incatenati per settimane. Il rapporto della Ong inglese è già stato presentato alla Commission of Enquiry into Child Witchcraft presso la Nigeria High Commission di Londra. Tra i casi denunciati, quello di un bambino di 11 anni morto dopo che gli è stato versato addosso dell’acido, quello di una bambina rimasta invalida dopo che le è stato conficcato un chiodo in testa, e il tentativo di un uomo di seppellire vivi i suoi gemelli di sei anni per “vendicarsi della morte della moglie”. Oltre l’80% dei bambini accusati di stregoneria – ricorda infine l'agenzia Sir - viene poi abbandonato e costretto a vivere in strada. Anche l’Unicef, conclude Aibi, ha denunciato un “allarmante” aumento del numero dei bambini accusati di stregoneria, soprattutto tra i minori di età compresa tra gli 8 e i 14 anni. (A.L.)
Bolivia: Cristo risorto al centro del Messaggio dei vescovi al popolo di Dio
◊ La 91.ma Assemblea della Conferenza episcopale boliviana (Ceb) si è conclusa ieri con la lettura di un Messaggio al popolo di Dio. Annunciato da mons. Oscar Aparicio, vescovo ausiliare di La Paz, segretario generale della Ceb, durante una conferenza stampa, il Messaggio è stato letto alla presenza del cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Crux de la Sierra, presidente della Ceb, e mons. Jesús Pérez, arcivescovo di Sucre, vice presidente della Ceb. Il documento ha come titolo “Cristo Risorto, la nostra grande speranza” e riassume le conclusioni dell’Assemblea dei vescovi della Bolivia, riunita dal 5 al 10 maggio. “Dalla nostra analisi della realtà ecclesiale e sociale, ci sentiamo obbligati ad esprimere le nostre preoccupazioni ed i nostri desideri” inizia il testo del Messaggio, che poi elenca i motivi di angoscia: “Siamo preoccupati per la persistenza delle migrazioni, che continuano a colpire le famiglie in Bolivia, specialmente nelle zone rurali e marginali... in molti casi provocano la disintegrazione familiare e la perdita dell’identità culturale e sociale”. E’ urgente dare una risposta soprattutto ai giovani. “La scelta dei giudici della Corte Suprema di Giustizia è un’opportunità per l'esercizio della democrazia... E' importante che il Potere giudiziario sia accettato dalla maggioranza del popolo boliviano e sia realmente indipendente per esercitare la giusitizia con equanimità e procurare la pace al nostro Paese”. “Il tema dell'istruzione resta una priorità nel nostro Paese, se vogliamo uscire dalla povertà e dall'emarginazione. Per questo riaffermiamo la nostra posizione espressa nella Lettera pastorale: ‘L'educazione è responsabilità di tutti, non solo dello stato, specialmente delle famiglie e della società civile’.”I vescovi apprezzano “gli sforzi e i mezzi utilizzati dalle autorità per sensibilizzare la popolazione sui problemi ecologici”, tuttavia constatano la mancanza di un progetto accurato per la salvaguardia dell'ambiente per le generazioni presenti e future. “Vi è una sensazione diffusa di insicurezza tra i cittadini, a causa dell'enorme crescita della violenza contro le persone, che arriva al punto di togliersi la vita. Si è perso il senso della sacralità della vita, a causa di una mentalità relativista, senza valori umani e cristiani, né principi etici e morali. Un altro problema sul quale abbiamo riflettuto è il valore del matrimonio religioso, che è d’istituzione naturale e divina e che Cristo nostro Salvatore, ha ratificato come sacro. Ci rivolgiamo ai fratelli cattolici, soprattutto quelli che vivono in concubinato, perchè regolarizzino la loro situazione familiare”. Nella presentazione del documento i vescovi ricordano che "con il rilancio della Missione Permanente vogliamo chiamare tutti i battezzati a mettersi in stato di missione, a non limitare la loro evangelizzazione ad alcune attività specifiche". (R.P.)
Messico: i vescovi dicono “basta” alla violenza che spegne la speranza
◊ Basta “con la violenza in Messico” che provoca vittime “dovute al traffico di droga, alla criminalità organizzata, alla corruzione dei pubblici ufficiali”. “Basta ai rapimenti, alle estorsioni, agli omicidi, alle vendette”. È quanto chiedono i presuli del Messico in un accorato messaggio, ripreso dall'Osservatore Romano, indirizzato a tutti i settori della società che intendono lavorare in favore della riconciliazione nazionale. Basta con l’infierire nei confronti di migliaia di famiglie, donne, bambini, giovani, lavoratori. Basta – aggiungono i presuli - con i sentimenti di “paura, insicurezza, violenza e morte”. Occorre “smettere di mentire” perché “il Messico ha ancora speranza”. Si deve costruire un’autentica cultura della nonviolenza ed è questo un compito – sottolineano i vescovi messicani - a cui è chiamata tutta la popolazione perché “la pace è il lavoro di tutti”. Non si può prescindere dall’impegno ad “imporre lo stato di diritto” e a “promuovere una giustizia rapida ed efficace per tutti i messicani”. Il messaggio dei vescovi fa riferimento ad una realtà nazionale da tempo ormai gravemente segnata dalla violenza con oltre 40.000 morti dal 2006 ad oggi nella guerra al narcotraffico. A questo dramma si aggiungono altre piaghe come la corruzione, le difficili condizioni dei lavoratori, in particolare di quelli impegnati nelle miniere. Una situazione che ha scatenato un’ondata d’indignazione popolare culminata, domenica scorsa, in una marcia che ha portato nelle strade della capitale 150.000 persone. Alla “Marcia per la pace, la giustizia e la dignità”, promossa da circa 150 organizzazioni sociali, ha partecipato anche il vescovo di Saltillo, mons. José Raúl Vera López, la cui voce negli ultimi tempi si è levata in difesa dei minatori del Nord del Paese, vittime di frequenti incidenti. In particolare, il vescovo ha chiesto che venga vietata la pericolosa apertura di pozzetti di carbone e che le società per l’estrazione mineraria vengano obbligate ad un maggior rigore nell’applicare le norme per la sicurezza. Questi pozzi sono spesso tollerati perché fonti di lavoro. In realtà — ha detto il presule — “sono fonti di sfruttamento e di morte”. Tra gli organizzatori della marcia, figura anche l’intellettuale Javier Sicilia, il cui figlio è stato ucciso lo scorso mese di marzo da narcotrafficanti. “Siamo andati a Città del Messico – ha detto - per chiedere alle autorità di prendersi cura di questo Paese, altrimenti arriverà il disastro totale. Bisogna dargli un buon tessuto sociale perché altrimenti non si può esprimere niente nella politica, nella società civile e nei processi democratici”. Parole condivise anche dal presidente messicano Felipe Calderón Hinojosa. “Anch’io - ha detto - voglio un Messico in pace, senza violenza e libero dalla frusta e dall’oppressione della criminalità”. (A.L.)
Terra Santa: il patriarca Twal ribadisce l'importanza degli arabi cristiani nel processo di pace
◊ “Noi arabi cristiani abbiamo un ruolo importante nel processo di pace. In quanto arabi, abbiamo le stesse tradizioni, la stessa cultura e la stessa lingua dei nostri vicini musulmani. Nello stesso tempo siamo dei cristiani ed abbiamo una cultura cristiana che può ricordare forse la cultura occidentale”. Lo ha ricordato il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ricevendo, lunedì scorso, il titolo di "Dottore honoris causa” della Facoltà di teologia dell'università tedesca di Paderborn, in Westfalia. Titolo conferitogli, fa sapere l’ateneo tedesco, per “il suo grande impegno in favore della pace e della riconciliazione tra le religioni e i popoli del Medio Oriente”. Per Twal - riferisce l'agenzia Sir - i cristiani sono “un possibile ponte tra gli ebrei e gli arabi che sono coinvolti nel conflitto. La comunità internazionale deve riconoscere il ruolo che noi possiamo giocare in questo contesto”. Significativamente la Laudatio è stata pronunciata dall'ex ambasciatore di Israele in Germania, Avi Primor che ha sottolineato l’attenzione che il Patriarca riserva “nei confronti della costruzione delle scuole, delle università e degli ospedali in Terra Santa” per “superare i pregiudizi tra i popoli e le religioni”. Con il titolo, Twal ha anche ricevuto 5.000 euro che saranno destinati all'Università cattolica di Madaba fondata nel 2009. (R.P.)
L’arcivescovo Vacchelli all’Assemblea delle Pontificie Opere Missionarie
◊ “La missione non è un nostro progetto, dovremmo sentirci servi della missione di Dio, non protagonisti. A tutta la Chiesa e a noi in particolare è chiesto di scegliere e vivere le priorità fondamentali della missione, che non è un affare di denaro, ma è l’azione di Cristo nella potenza dello Spirito Santo di cui noi siamo solo le braccia”: lo ha sottolineato l’arcivescovo Piergiuseppe Vacchelli, segretario aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e presidente delle Pontificie Opere Missionarie (Pom), aprendo oggi la Sessione amministrativa dell’Assemblea generale annuale delle Pontificie Opere Missionarie, in corso a Roma. Tra le prospettive indicate dal presidente delle Pontificie Opere Missionarie, risalta la priorità della formazione dei collaboratori, “a livello nazionale ed internazionale”, che sia non solo culturale ma anche spirituale, e l’approfondimento del ruolo delle Pom. Nel suo discorso mons. Vacchelli, rivolgendosi ai direttori nazionali delle Pom provenienti da tutti i continenti, ha rilevato: “il nostro servizio di fatto non ha, o non dovrebbe avere, altra finalità che l’umile servizio al Vangelo in favore dell’umanità. In questo periodo, in cui l’essere cristiani equivale in molti Paesi da cui venite ad essere discriminati e perseguitati, la presenza di tutte le Chiese in questa Assemblea è un evento di intensa comunione e di rilancio dell’amore per l’evangelizzazione. La Parola di Dio corre attraverso i continenti e non può essere impedita dall’uomo. Ma perché questo possa realizzarsi, essa ha bisogno di braccia, di cuori, di messaggeri che la proclamino. Questo è quello che intendiamo fare noi come Pontificie Opere Internazionali e voi come animatori e formatori nazionali della coscienza e dell’impegno missionario delle vostre Chiese”. Tracciando un bilancio dell’attività svolta negli ultimi dodici mesi, il presidente delle Pom ha citato i cambiamenti e gli avvicendamenti dei responsabili a diversi livelli, che “devono costituire un’occasione di rinnovamento, quasi un ricominciare un cammino”, l’impegno del Comitato Esecutivo per garantire la normale gestione delle Opere, la riorganizzazione del personale dei Segretariati generali, la ristrutturazione dei Collegi… Tra i problemi segnalati da mons. Vacchelli, l’aumento delle diocesi e delle nuove nunziature da costruire, a cui non corrisponde un maggior numero di offerte, anzi, “alle maggiori uscite corrispondono minori entrate”, e la necessità di far comprendere ai fedeli l’importanza di sostenere gli studi di seminaristi e sacerdoti presso le Università pontificie a Roma, in quanto “la preparazione dei leader delle comunità cristiane è importante tanto quanto costruire pozzi e scuole, e la formazione è un elemento trainante dello stesso sviluppo”. (R.P.)
I cattolici cinesi si preparano alla Giornata Mondiale di Preghiera per la Chiesa in Cina
◊ Secondo le informazioni fornite all’agenzia Fides da Faith (il più popolare sito cattolico di lingua cinese), le comunità cattoliche cinesi del continente stanno celebrando il Mese Mariano aspettando il 24 maggio, festa di Maria Aiuto dei Cristiani e Giornata Mondiale di Preghiera per la Chiesa in Cina, stabilita da Benedetto XVI. Secondo quanto ha detto un sacerdote del continente, “il nostro cammino è silenzioso ma costante, animato dallo zelo missionario, facendo eco al Sì della Madonna, perché anche Lei ha fatto tutto nel silenzio”. Con un comunicato firmato da mons. Joseph Shen Bin, vescovo della diocesi di Hai Men, consacrato il 21 aprile con l’approvazione della Santa Sede, la diocesi di Hai Men ha stabilito che il 9 maggio, anniversario della fondazione della chiesa e del Santuario diocesano Mariano di Lang Shan, dedicato alla Madonna di Lourdes, sia la “Giornata del Pellegrinaggio al santuario mariano di Lang Shan”. Nella solenne Eucaristia celebrata in quello stesso giorno, la diocesi non solo ha festeggiato l’apertura del Mese Mariano e i 75 anni di fondazione della chiesa e del Santuario, ma ha anche premiato i migliori evangelizzatori dell’anno, perché “l’evangelizzazione seguendo l’esempio del Sì di Maria, è la nostra priorità assoluta” ha affermato il vescovo. Il santuario diocesano mariano di Lang Shan è uno dei 12 più grandi santuari del continente, è il più grande della zona nord della provincia di Jiang Su. L’opera caritativa contraddistingue il Mese Mariano della diocesi di Wen Zhou, della provincia di Zhe Jiang. Il primo giorno di maggio la diocesi ha raccolto gli indumenti destinati ai cattolici della zona montuosa e povera della diocesi di Xi An, nella provincia di Shaani Xi. Nella seconda domenica del Mese Mariano, il vescovo di Xi An, mons. Giuseppe Dang Ming Yan, ha distribuito ai fedeli bisognosi ben 32 cartoni di vestiti. Oltre 2.500 fedeli della diocesi di Jing Xian (oggi Heng Shui) hanno preso parte alla consacrazione della nuova chiesa della parrocchia di Ping An Dian, dedicata al Sacro Cuore misericordioso di Gesù, il 6 maggio. Durante il rito, il vescovo mons. Pietro Feng Xin Mao non solo ha presieduto la consacrazione della nuova chiesa, ma ha anche amministrato il sacramento del Battesimo a 14 catecumeni. All’inizio del Mese Mariano, centinaia di fedeli della diocesi di Zhou Zhi, della provincia di Shaan Xi, hanno compiuto il pellegrinaggio al Santuario mariano di Nostra Signora della Cina di Wu Quan Shan, che è anche la Cattedrale della diocesi di Xi An, fondata secoli fa. La diocesi di Xian Xian (oggi Cang Zhou) ha aperto il Mese Mariano nel santuario mariano del Villaggio della Madonna di Lourdes. Nell’omelia il vescovo diocesano ha esortato i fedeli ad imitare la Madonna e a rendere un ulteriore devoto omaggio alla Madre celeste. (R.P.)
Il cantante iracheno Kadhum Al-Sahir nominato ambasciatore Unicef
◊ “I bambini dell'Iraq hanno patito sofferenze incredibili negli ultimi due decenni. Centinaia di migliaia di loro soffrono privazioni disumane e le conseguenze brutali della violenza. È ora che questa situazione cambi”. A pronunciare queste parole è Kadhum Al-Sahir, uno dei cantanti più noti in Iraq e nel mondo arabo, nominato nuovo Ambasciatore Unicef per l’Iraq. Per sottolineare il coraggio dei bambini in Iraq, Al-Sahir ha lanciato una nuova canzone intitolata “Insieme per i Bambini”. E’ un invito all’azione per difendere i più piccoli: “Esiste qualcuno che ha patito i disagi che avete patito voi? Avete superato i confini della paura e della privazione”. Invitando tutti i settori della società irachena a contribuire a migliorare la situazione dei bambini, esorta anche ad unirsi all'Unicef “nella sua marcia per fermare la morte, la malattia, l'abbandono e la povertà”. “Aiutiamo i bambini vittime delle guerre. Venite – aggiunge - e facciamo qualcosa per far sì che le loro fatiche si trasformino in prosperità. Venite, lavoriamo insieme”. L'Iraq, a causa di decenni di guerra e di abbandono, è diventato uno dei Paesi più difficili dove un bambino possa vivere. Ogni anno – ricorda l’Unicef in un comunicato - circa 35.000 bambini muoiono prima di raggiungere il loro primo compleanno. Oltre 1,5 milioni di bambini sotto i cinque anni sono denutriti. Circa 700.000 bambini non sono iscritti alla scuola primaria. Sono poi 2,5 milioni i bambini che non hanno accesso all'acqua potabile e sono circa 800.000 bambini, di età compresa tra i 5 e i 14 anni, che lavorano. Da tempo attivo difensore dei diritti dei più giovani in Iraq, Kadhum Al-Sahir ha iniziato la sua attività di sensibilizzazione nel 1998 con “Tathakkar” (Remember), una canzone che parla dei bambini coinvolti nel conflitto. Il brano ha ottenuto un premio Unicef per aver dato un contributo eccezionale al miglioramento della vita dei bambini in difficoltà. Nel 2004, Al-Sahir ha anche tenuto un concerto di beneficienza per più di 50.000 bambini in Medio Oriente. “Bisogna agire con urgenza – sottolinea - per dare ai bambini più indigenti dell'Iraq le opportunità che meritano e che hanno il diritto di avere”. (A.L.)
In Svizzera, campagna della Chiesa “A pesca di buone notizie”
◊ Riconoscere con gratitudine le “grandi cose” che i cristiani compiono ogni giorno, in modo da ottenere un’immagine fedele della Chiesa e della sua vita, senza tacere eventuali, connesse problematiche, poiché “anch’esse fanno parte della realtà ecclesiale”. È l’obiettivo della campagna “À la pêche aux bonnes dépêches” (A pesca di buone notizie), lanciata nei giorni scorsi dalla Conferenza dei vescovi svizzeri. “I responsabili ecclesiali, ma anche tutti i cattolici e in particolare i media della Chiesa, hanno come sfida di diffondere le buone notizie”, ha detto padre Martin Werlen, abate di Maria Einsiedeln e responsabile dei media, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Berna, presso la “Maison ouverte La Prairie”. Gli aspetti negativi fanno certamente parte della realtà della Chiesa — ha sottolineato l’abate — “ma non bisogna dimenticare le notizie positive, se si vuole un’informazione completa, esatta e precisa”. Anche perché “le buone notizie sono all’origine della Chiesa, sono la vita della Chiesa, anche oggi”. Fra le “grandi cose” che spesso passano inosservate — si legge in un comunicato diffuso sul sito dei vescovi e ripreso dall’Osservatore Romano — c’è il volontariato. Saranno proprio i volontari, e le loro opere, al centro della campagna. Daniel Kosch, segretario generale della Conferenza centrale cattolica romana di Svizzera, ha fornito al riguardo cifre significative: il “Freiwilligen-Monitor 2010”, elaborato dalla Società svizzera di pubblica utilità, in collaborazione con l’Ufficio federale di statistica, mostra che il 29% delle donne e il 25% degli uomini cattolici sono impegnati nel volontariato. Numeri alla mano, significa che 870.000 cattolici in Svizzera fanno con regolarità del volontariato.La campagna “A pesca di buone notizie” spera di raccogliere, su internet, varie testimonianze dell’impegno dei volontari, come ha spiegato Laure-Christine Grandjean, del servizio di informazione della Conferenza episcopale, che curerà uno speciale sito web dove chiunque potrà inserire un messaggio per ringraziare i volontari, segnalando avvenimenti e iniziative che accadono nella propria regione. “Il rumore fa poco bene, il bene fatto poco rumore”: il servizio di informazione utilizza una celebre frase attribuita a san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, per incoraggiare a “mostrare il bene per il prossimo”, fatto spesso in silenzio. L’obiettivo della campagna è proprio quello di “dare un volto” al volontariato dei fedeli. Per il lancio dell’iniziativa, manifesti e volantini sono stati distribuiti in quasi duemila realtà fra parrocchie e comunità religiose cattoliche, che hanno poi provveduto a diffondere il materiale. La campagna si concluderà domenica 5 giugno, Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, con una colletta in favore dei media ecclesiali. (A.L.)
Al via la 64.ma edizione del Festival di Cannes
◊ Arrivati sulla Croisette, ci accoglie, come un benvenuto al cinema di domani, il programma del 64.mo Festival di Cannes. Se il buongiorno si vede dal mattino, un tale inizio fa ben sperare in una nuova stagione di film. I nomi del cartellone sono celebri e prestigiosi – si va da Gus Van Sant, a Nanni Moretti, Robert Guédiguian, i fratelli Dardenne, Terrence Malick, Aki Kaurismaki, Alain Cavalier, Naomi Kawase, Lars Von Trier, Pedro Almodovar, Paolo Sorrentino, Radu Mihaileanu – e ad essi si mescolano quelli di giovani autori semisconosciuti in cerca del loro primo riconoscimento internazionale. Ma ciò che dà il tono a questa nuova edizione è il film di apertura, fusione di una straordinaria sapienza registica e di una profonda esperienza di vita. "Midnight in Paris" di Woody Allen, che inaugura questa sera il festival, nasce da uno spunto autobiografico del regista, il rimpianto mai sopito di non avere diviso la sua vita professionale e privata fra le due città che ama, New York e Parigi. A incarnare un tale desiderio sullo schermo è il suo protagonista, un apprezzato professionista di Hollywood, che torna nella capitale francese dopo molti anni, alla vigilia del suo matrimonio, in compagnia della promessa sposa e dei suoceri. Amante dell’arte e della letteratura, dotato di un talento naturale per la scrittura, all’epoca egli avrebbe voluto diventare uno scrittore. Invece la scoperta delle sue doti di sceneggiatore e il timore per l’incertezza di una carriera letteraria, lo hanno indirizzato ad una carriera più solida e remunerativa. Oggi sta tentando di riprendere in mano il suo destino, anche se una tale scelta non è condivisa dalla sua nuova famiglia. Di nuovo nelle vie e nella piazze di allora, la nostalgia per quel desiderio riaffiora e l’incontro con qualcuno capace di ascoltarlo lo spingerà forse ad un’ardua, felice decisione. Altrettanto felice sembra la ritrovata vena narrativa di Allen, che riesce a mettere insieme un cast ispirato, arricchito dalla presenza della first lady francese Carla Bruni, a suo agio nel suo primo ruolo di attrice. Il regista mescola come sempre sottili note di umorismo alla dolente sensazione di una vita che sfugge fra le dita. Da domani sapremo se anche gli altri registi della selezione ufficiale sono consci della fugacità delle ambizioni umane e dell’impalpabile scorrere del tempo. (Da Cannes, Luciano Barisone)
Seminario a Roma su “Informazione partecipata e responsabilità”
◊ “Informazione partecipata e responsabilità”. Questo il tema posto all’attenzione di studenti, operatori della comunicazione e relatori ospiti della terza edizione del seminario “PerCorsi tra cittadinanza e informazione”, organizzato dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale della Pontificia Università Salesiana, dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università di Roma “La Sapienza” e dall’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi-Lazio). Il seminario, in programma da domani a sabato 14 maggio nelle sedi dei due atenei romani, cercherà di offrire risposte ad alcuni interrogativi di fondo: “È possibile un’informazione alternativa che sia capace di incidere sull’opinione pubblica e sui decisori politici? L’informazione che viene dalla società civile ha la possibilità di ‘uscire’, oppure è destinata a restare informazione di nicchia? “Le nuove tecnologie sono un’opportunità o una trappola per le organizzazioni non profit ed ecclesiali?” Questi gli appuntamenti: giovedì 12 ore 20 (p.za dell’Ateneo Salesiano, 1) “Il coraggio di informare” incontro con Sigfrido Ranucci, giornalista, autore de “Il Patto” (Chiarelettere, 2011) e con Raffaele Mastrolonardo, giornalista, autore di "La scimmia che vinse il Pulitzer", Bruno Mondadori 2011. Venerdì 13 ore 9,30 (p.za Pontificio Ateneo Salesiano, 1) “Noi lo diciamo così”: presentazione di esperienze di nuova comunicazione, a confronto con ricercatori ed esperti; ore 15 (via Salaria, 113) “La comunicazione come responsabilità” tavola rotonda. Sabato 14 ore 10.00 (p.za dell’Ateneo Salesiano, 1) “In cerca di idee efficaci e sostenibili. Come fare informazione alternativa e avere visibilità”: dibattito pubblico. L’iniziativa del Seminario s’inserisce nella Settimana delle Scienze della Comunicazione, organizzata dal Vicariato di Roma, con il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca e con il Consiglio nazionale delle Ricerche. Settimana che prende le mosse dal tema “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”, oggetto della lettera di Benedetto XVI a quanti operano a vario titolo nell’universo dei media. (A cura di Roberta Gisotti)
Salvamamme e Kuore di Roma Onlus insieme per il progetto “Sposare un sogno”
◊ Le Associazioni Salvamamme e Kuore di Roma Onlus lanciano il progetto “Sposare un sogno” grazie al quale ragazze prive di mezzi potranno avere in dono un bellissimo vestito da sposa per coronare il loro matrimonio. “L’idea - spiega Stefania Paciello di Kuore di Roma Onlus - è quella di raccogliere i vestiti che le spose di Roma, generosamente, ci vorranno donare e rimetterli a modello per le ragazze che stanno per sposarsi ma non possono permettersi un vero abito da sposa. “Il sogno è creare in seguito un laboratorio sociale di ampio respiro dove possano lavorare ragazze svantaggiate che, formate, possano trovare prospettive di lavoro e di vita dignitosa”. Per Grazia Passeri dell’Associazione “I Diritti Civili nel 2000 - Salvabebè/Salvamamme”, “l’importante è dare risposte concrete e non solo bei discorsi. Del resto cosa c’è di più prezioso di un sogno che diviene realtà? Migliaia di bimbi si vestono già in modo delizioso al Salvamamme grazie alle donazioni di corredini da parte delle famiglie romane. Si tratta semplicemente di ampliare un circuito che già funziona a meraviglia”. La prima sposa si potrà ammirare il prossimo 18 maggio in un Atelier romano che donerà il primo abito. Nsimba, nata in Angola e fuggita da bimba dalla sanguinosa guerra civile, e Piero, giovane italiano, sono i primi sposi che beneficeranno del progetto. L’Associazione “I Diritti Civili nel 2000 – Salvabebè/Salvamamme” da oltre quindici anni si occupa di migliaia di mamme e minori in modo concreto e tangibile su tutto il territorio nazionale. “Kuore di Roma – Onlus” è una Associazione senza scopo di lucro, formata da famiglie che opera a favore di famiglie bielorusse in difficoltà con bambini. La sua finalità è quella di sostenere i nuclei familiari nei momenti difficili per favorirne l’unità. (A.L.)
Disponibile “Il Trittico Romano” di Giovanni Paolo II con l’aggiunta di un Dvd
◊ Il “Trittico Romano” di Giovanni Paolo II, opera edita dalla Bompiani, viene riproposto con l'aggiunta di un Dvd della seconda tavola commentata dal giornalista Giuseppe De Carli, recentemente scomparso. La guida, composta in tre tavole ("ll torrente”, “Meditazioni sulla Genesi. Sulla soglia della Cappella Sistina” e “La sorgente”) e a cura del prof. Giovanni Reale si sofferma sulla figura del Beato Papa Wojtyla filosofo, teologo e al tempo stesso poeta raffinato ma accessibile a tutti. "Molti - si legge nell’introduzione – si chiedono come mai il Sommo Pontefice ha sentito il bisogno di ritornare a comporre opere poetiche, come aveva fatto da giovane”. “Ma, in primo luogo, va detto che alle composizioni poetiche (pubblicate per lo più sotto pseudonimi) Wojtyla si dedicò per quasi quattro decenni”. In secondo luogo – aggiunge il prof. Giovanni Reale - va ricordato e ribadito che Wojtyla, oltre che teologo, è non solo poeta, ma anche filosofo”. “Wojtyla riunisce in sé - in differente misura - le tre grandi forze spirituali mediate le quali l'uomo da sempre ha ricercato la verità: arte, filosofia, fede religiosa”. (A.L.)
Nuove minacce di Al Qaeda per la morte di Bin Laden: “il peggio deve ancora arrivare”
◊ Al Qaeda lancia nuove minacce contro gli Stati Uniti e promette ritorsioni per l’uccisione di Osama Bin Laden. Intanto in Pakistan resta acceso il dibattito sul blitz americano ad Abbottabad e sulle eventuali connivenze che per anni avrebbero protetto lo sceicco saudita. Marco Guerra:
In un comunicato apparso sui siti web islamisiti, il capo di Al Qaida nella penisola arabica, lo yemenita Nasser al Wahishi, ha ammonito gli Stati Uniti che “il peggio deve ancora arrivare” minacciando che sarà intensificata la Jihad, la “guerra santa”. “Gli americani hanno ucciso lo sceicco - afferma il numero uno di al-Qaeda nella penisola arabica - ma devono sapere che le braci della jihad ardono più ora che durante la sua vita”. “Non pensate che la questione sia chiusa - prosegue - quel che vi attende è più forte e dannoso”. E la scomoda figura di Osama Bin Laden continua a turbare la politica pakistana e suoi rapporti con gli Stati Uniti. Dopo la relazione del premier Gilani, l'Assemblea nazionale pachistana dovrebbe ascoltare venerdì, in una seduta a porte chiuse, una comunicazione ufficiale delle forze armate su quanto accaduto il 2 maggio ad Abbottabad. Intanto, un portavoce dei servizi militari ha detto che l’esercito e il governo “sono sulla stessa lunghezza d'onda per far fronte in modo concreto alla situazione”. Ieri i giornali hanno sostenuto che in un vertice presieduto dal comandante dell'esercito, Ashfaq Parvez Kayani, erano emerse critiche all'atteggiamento della classe politica pachistana che non aveva “fornito una risposta soddisfacente” alle accuse provenienti da Washington. È sempre dal Pakistan arriva la precisazione che, al momento, non è stata ricevuta alcuna “richiesta formale” dagli Usa di poter interrogare le mogli di Osama Bin Laden. Il sottosegretario agli Esteri Salman Bashir ha chiarito che se gli americani “vogliono avere accesso alle tre donne devono presentare la richiesta attraversi i canali appropriati”. Smorza i toni il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, dicendosi “sicuro” che il presidente Barack Obama avrà un colloquio con il presidente pakistano Asif Ali Zardari.
Usa-immigrazione
Per gli Stati Uniti, la soluzione del problema immigrazione rappresenta non solo una questione di sicurezza nazionale, ma anche di miglioramento economico per rendere il Paese più competitivo. In questo quadro, dopo il fallimento di due anni fa, il presidente Obama è tornato a proporre la riforma dell’immigrazione. Protezione dei confini, sanzioni contro le aziende che sfruttano lavoratori illegali, regolarizzazione dei clandestini che si autodenunceranno pagando le tasse arretrate e l’obbligo per gli immigrati di imparare la lingua inglese, sono i punti salienti della riforma illustrati ieri da Obama nel discorso tenuto a El Paso, in Texas, presso uno dei maggiori centri di frontiera tra Stati Uniti e Messico. “Il presidente e il congresso non possono più aspettare per affrontare questo importante problema”, ha commentato il presidente dei vescovi americani, l’arcivescovo di Los Angeles, mons. Jose H. Gomez.
Vertice Usa – Cina
“Significativi progressi” sono stati compiuti nelle relazioni economiche fra Cina e Stati Uniti. Lo ha detto il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, a conclusione del 'dialogo strategico economico' che ha riunito a Washington le delegazioni dei due Paesi. Nonostante le divergenze sui diritti umani, c’è stata l'intesa sulla collaborazione militare per la sicurezza e su una maggiore trasparenza sulla valutazione dello yuan. Francesca Baronio:
Prove di dialogo tra Washington e Pechino. Si chiude in un clima, complessivamente positivo, la terza sessione del dialogo strategico ed economico tra Cina e Stati Uniti. Il risultato più concreto è quello di una collaborazione militare sulla sicurezza e la creazione di un meccanismo che dovrebbe favorire una strategia comune in Asia. Passi avanti anche sul piano economico, anche se non ci sono state ancora tappe chiare: Pechino sembra più consapevole della necessità di rivalutare lo yuan nei confronti del dollaro. Profonde divergenze restano invece sul fronte dei diritti umani. Sia il vice presidente Biden che il segretario di Stato Clinton hanno sottolineato a chiare lettere come Stati Uniti e Cina abbiano visioni e sensibilità profondamente divergenti in materia. Il segretario di Stato, in particolare, ha espresso preoccupazione per i numerosi casi di dissidenti, ma anche di avvocati, scrittori e artisti che sono detenuti con motivazioni pretestuose o che sono spariti, fra cui l’archistar Ai Weiwei, autore del famoso Stadio del Nido, simbolo delle Olimpiadi di Pechino 2008. Cortese ma decisa la risposta del consigliere cinese Dai, che si è appellato al principio di “equality and mutual respect”, sostenendo che la Cina ha compiuto progressi enormi nel rispetto dei diritti umani, soprattutto sul piano economico-sociale. Ma anche qui, un piccolo successo l’amministrazione di Obama l’ha ottenuto: si svolgerà, infatti, a Washington nel 2012 la nuova sessione del dialogo sui diritti umani.
Stati Uniti, continuano le esondazioni del Mississippi
Il presidente Obama ha proclamato ieri sera lo “stato di calamità” per le aree del Tennessee interessate dall'esondazione del Mississippi. Questo consente di sbloccare fondi e di intervenire con misure aggiuntive per cercare di contenere l'alluvione. Il provvedimento è arrivato dopo che il livello del fiume ha toccato il suo picco a Memphis superando i 14 metri di altezza. Da lunedì sono già 400 le persone che hanno lasciato le loro case per trasferirsi in rifugi di emergenza.
Pakistan, parlamento approva legge a tutela delle donne sfigurate con l’acido
Il Parlamento pachistano ha approvato una legge ad hoc contro coloro che sfigurano le donne con l’acido, una pratica utilizzata per punire offese legate all'onore familiare. Il provvedimento è passato ieri all'unanimità. In base alla nuova disposizione, l'attacco con acido o altre sostanze corrosive può essere punito con una pena che va da 14 anni di reclusione all’ergastolo, oltre ad una pesante ammenda. E' inoltre previsto un risarcimento alla vittima per le cure mediche e la riabilitazione. Intanto un giornalista pachistano è rimasto ucciso ieri sera nell'esplosione di un’autobomba a Peshawar, nel nord ovest del Paese. Il giornalista lavorava per la televisione statale pachistana e aveva ricevuto minacce dai ribelli nei giorni scorsi.
Afghanistan, respinto attacco di talebani
Le forze di sicurezza afghane hanno riferito di aver respinto un violento attacco da parte di centinaia di combattenti talebani nella regione del Nuristan. “Circa 300 combattenti nemici hanno attaccato ieri sera diversi posti di blocco della polizia, ma sono stati sconfitti”, ha riferito il capo della polizia locale. A confermare la notizia il portavoce del ministero dell'Interno afghano, secondo cui nel corso degli scontri, durati diverse ore, è scoppiata una sparatoria nella quale sono morti quattro talebani e sono rimasti feriti tre agenti delle forze di sicurezza.
Iraq, due morti per l’esplosione di una bomba a Tikrit
Sono due i morti per la bomba esplosa ieri sera in pieno centro a Tikrit, a nord di Baghdad, al passaggio di una pattuglia della polizia. Lo hanno riferito la polizia e fonti mediche, rivedendo al ribasso il primo bilancio di 11 morti. Le vittime sono due agenti, mentre un terzo è rimasto ferito.
Tunisia, forze di sicurezza arrestano due persone in possesso di esplosivi
Le forze di sicurezza tunisine hanno arrestato due libici trovati in possesso di esplosivi e bombe a mano, mentre stavano tentando di rientrare nel loro Paese. Lo riferisce la tv Al Jazeera.
Iran, forze di sicurezza uccidono un militante sunnita
Le forze di sicurezza iraniane hanno ucciso un militante dell'organizzazione sunnita Jundullah durante un'operazione a Zahedan, nella provincia sudoccidentale del Baluchistan. L'organizzazione sunnita rivendica l'indipendenza delle province del Sistan e del Baluchistan dall’Iran.
Consiglio di Cooperazione del Golfo, critiche all’Iran
I Paesi membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg), hanno espresso “profonda inquietudine” per le interferenze dell’Iran nei loro affari interni durante il vertice che si è svolto ieri sera a Riad.
Bce, la Germania potrebbe sostenere la candidatura di Draghi
“La Germania potrebbe sostenere la candidatura di Mario Draghi come presidente della Bce”. E’ quanto afferma il cancelliere tedesco Angela Merkel in un’intervista al quotidiano tedesco Die Zeit. “Io conosco Mario Draghi. È una persona molto interessante e di grande esperienza – spiega la Merkel - ed è molto vicino alle nostre idee per quanto riguarda la cultura della stabilità e solidità nella politica economica”.
Giappone, la Tepco accetta le condizioni del governo per i risarcimenti
La Tepco, gestore della centrale nucleare di Fukushima, ha accettato le condizioni imposte dal governo di Tokio per poter essere aiutata a pagare i risarcimenti. La Tepco dovrà far fronte ad ingenti richieste di pagamenti di danni da parte dei residenti costretti ad abbandonare le loro case, oltre che dagli agricoltori e gli imprenditori rovinati dalla crisi nucleare. Per poter essere aiutata finanziariamente a far fronte alle richieste, la Tepco ha accettato un piano di tagli dei propri costi e di non porre un tetto massimo alle richieste di risarcimento.
Microsoft compra Skype per 8,5 miliardi di dollari
Microsoft compra il provider di telefonia sul web “Skype” per 8,5 miliardi di dollari portando a termine la maggiore acquisizione della sua storia, con la quale si rafforza nelle tecnologie per la comunicazione, da sempre core business dell’azienda americana. “L'acquisizione aumenterà l'accessibilità dei servizi video e voce in tempo reale, porterà vantaggi sia ai consumatori sia alle imprese”, si legge in un comunicato diffuso dall’azienda. Il prezzo è superiore alle attese di Wall Street e non inciderà sulla liquidità di Microsoft pari a 50,2 miliardi di dollari alla fine di marzo. All’acquisizione di Skype erano interessate anche Google, Facebook e Cisco. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Gabriele Papini)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 131