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Sommario del 08/05/2011
◊ Dare speranza alla modernità e superare le paure del nuovo nelle mutate condizioni politiche del nostro tempo. L’esortazione di Benedetto XVI nell’omelia della Messa celebrata stamane nel Parco San Giuliano di Mestre, davanti 300 mila fedeli, accorsi per incontrare il Papa nella seconda giornata del suo viaggio apostolico nel Nordest d’Italia, dove ha fatto tappa ad Aquileia e Venezia. Ricordando gli esempi di santità venuti dal Triveneto - San Pio X, il beato Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I - il Papa ha citato anche il venerabile Giuseppe Toniolo, sociologo ed economista, esponente del sindacalismo cattolico della seconda metà dell’800, la cui beatificazione è ormai prossima. Alla Messa hanno partecipato tra gli altri, il sindaco di Venezia, Orsoni, ed i ministri del governo italiano Sacconi e Galan. Da Venezia, il servizio del nostro inviato Luca Collodi.
“Le Chiese generate da Aquileia sono chiamate oggi a rinsaldare quell’antica unità spirituale in particolare alla luce del fenomeno dell’immigrazione e delle nuove circostanze geopolitiche in atto. La fede cristiana può sicuramente contribuire alla concretezza di tale programma che interessa l’armonico sviluppo dell’uomo e della società in cui egli vive”. Il Papa nella Messa celebrata stamani nel Parco San Giuliano a Mestre davanti ad oltre 300mila persone, molte arrivate in bicicletta, esorta il Nordest a superare la paura del nuovo, del diverso chiamando i cristiani a convertire la tristezza del tempo presente in speranza e gioia, sull’esempio della conversione dei discepoli di Emmaus opera di Cristo risorto e Signore della vita.
“Come in passato, quando quelle Chiese si distinsero per il fervore apostolico e il dinamismo pastorale, così anche oggi occorre promuovere e difendere con coraggio la verità e l’unità della fede. Occorre rendere conto della speranza cristiana all’uomo moderno, sopraffatto non di rado da vaste ed inquietanti problematiche che pongono in crisi i fondamenti stessi del suo essere e del suo agire”.
Benedetto XVI non ha mancato di ricordare come nei secoli il cristianesimo abbia accompagnato il cammino di tanti popoli. Una fede che oggi trova testimonianze nelle chiese, nell’arte, negli ospedali, nelle biblioteche del territorio e nella tutela dell’ambiente. Ma il Papa mette anche in guardia dal rischio che il cristianesimo illumini il cammino dell’esistenza umana solo in parte.
“Il problema del male, del dolore e della sofferenza il problema dell’ingiustizia e della sopraffazione, la paura degli altri, degli estranei e dei lontani che giungono nelle nostre terre e sembrano attentare a ciò che noi siamo, portano i cristiani di oggi a dire con tristezza: noi speravamo che il Signore ci liberasse dal male, dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall’ingiustizia”.
Anche un popolo cattolico, infatti, “può avvertire in senso negativo” i contraccolpi di una cultura che finisce per insinuare un modo di pensare nel quale viene “rifiutato” od ostacolato il messaggio evangelico.
“Vi incoraggio a non cedere mai alle ricorrenti tentazioni della cultura edonistica ed ai richiami del consumismo materialista”.
Nel saluto iniziale al Papa, il Patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola ha ricordato le comuni radici cristiane “dei popoli latini, slavi e germanici”, affermando come le Chiese nate da Aquileia, 57 diocesi tra Veneto, Friuli, Trentino, Lombardia, fino ai Paesi europei di confine e alla Baviera, abbiano ancora oggi “un nuovo compito comune a favore del nostro fratello uomo, per annunciare la bellezza di Cristo a tutte le nostre genti”. Al termine della Messa sul prato di San Giuliano - una ex discarica Fincantieri di Mestre trasformata nel 2003 in parco pubblico dove stamani si è celebrata per la prima volta una celebrazione eucaristica - Benedetto XVI ha invocato al Regina Coeli la protezione della Madonna sull’antica terra di Aquileia, territorio dove tanti luoghi “santuari, chiese e cappelle” - secondo l’antica tradizione del Patriarcato di Aquileia - sono dedicati alla Madre del Risorto”.
“Il Signore conceda a voi, abitanti di queste terre ricche di una lunga storia cristiana, di vivere il Vangelo sul modello della Chiesa nascente, nella quale la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima sola”.
◊ Ripercorriamo ora i passi salienti della prima giornata del Papa, accolto ieri pomeriggio all’aeroporto di Ronchi dei Legionari dal patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, dall’arcivescovo di Gorizia mons. Dino de Antoni, dal nunzio in Italia mons. Giuseppe Bertello e da un gruppo ragazzi di alcune strutture che si occupano di disabili e disagio minorile. Poi l’arrivo ad Aquileia, nella piazza del Capitolo: qui il saluto al Sindaco, alle autorità civili ed ecclesiali e alla grande folla fedeli, prima d’incontrare nella Basilica i rappresentanti delle diocesi del Triveneto, in vista del loro secondo convegno ecclesiale, previsto nell’aprile del 2012. Il servizio di Roberta Gisotti:
Rendo omaggio ad una “terra benedetta, irrorata dal sangue e dal sacrificio di tanti testimoni”. La voce del Papa si è levata nel piazza del Capitolo tra i figli ed eredi della Chiesa di Aquileia, invocando anche oggi “discepoli di Cristo coraggiosi e fedeli, votati solo a Lui e perciò convinti e convincenti”. “Solo da Cristo, infatti, l’umanità può ricevere – ha ribadito il Papa - speranza e futuro; solo da Lui può attingere il significato e la forza del perdono, della giustizia, della pace.”
“..in quest’ora della storia riscoprite, difendete, professate con calore spirituale questa verità fondamentale”.
Siate assidui alla ‘mangiatoria’, “cioè all’altare – ha spiegato il Santo Padre – dove il nutrimento è il Cristo stesso”, “cibo del coraggio e dell’ardore cristiano”. Quindi l’auspicio finale
"Il ricordo della santa Madre Chiesa di Aquileia vi sorregga, vi sproni a nuovi traguardi missionari in questo travagliato periodo storico, vi renda artefici di unità e di comprensione fra i popoli delle vostre terre".
Dalla Chiesa di Aquileia, sono infatti nate ben 36 diocesi d’Italia, Slovenia, Croazia, Austria e Germania. Ai loro rappresentanti riuniti nella Basilica cittadina, Benedetto XVI ha chiesto, in vista del prossimo Convegno ecclesiale del Triveneto, d’impegnarsi oggi “in un mondo radicalmente cambiato, per una nuova evangelizzazione” del loro territorio.
"Custodite, rafforzate, vivete questa preziosa eredità. Siate gelosi di ciò che ha fatto grandi e rende tuttora grandi queste Terre!".
“Sono ancora ben visibili anche nell’odierna società secolarizzata” – ha osservato il Papa - i segni di “una storia ricca di fede, di cultura e di arte”. Da qui l’invito ad “un popolo affabile, laborioso, tenace, solidale” a guardare alla missione futura del Nord-est d’Italia, che “si apre anche ai territori circostanti e a quelli che, per diverse ragioni, entrano in contatto con essi”. Ha raccomandato il Santo Padre opere d’amore per le persone più deboli, poveri, anziani, malati, disabili, di porre al centro la famiglia, cellula fondamentale della società e della comunità ecclesiale, di riservare “costante attenzione” e dare risposta ai giovani, “che guardano oggi al futuro con grande incertezza, vivono spesso in condizioni di disagio, di insicurezza e fragilità, ma portano nel cuore una grande fame e sete di Dio”.
"I cambiamenti culturali in atto vi chiedono di essere cristiani convinti, “pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”, capaci di affrontare le nuove sfide culturali, in rispettoso confronto costruttivo e consapevole con tutti i soggetti che vivono in questa società".
Non più solo crocevia tra Est e Ovest dell’Europa, ma anche tra Nord e Sud, il Nord Est d’Italia interessato dal massiccio fenomeno del turismo e dell’immigrazione, dalla mobilità territoriale, dall’omologazione pervasiva portata dai mass media ha accentuato il suo pluralismo culturale e religioso. In questo contesto donato dalla Provvidenza, i cristiani devono riconoscersi “in un rapporto franco e sincero con i non praticanti, con i non credenti e con i credenti di altre religioni”.
“…non rinnegate nulla del Vangelo in cui credete, ma state in mezzo agli altri uomini con simpatia, comunicando nel vostro stesso stile di vita quell’umanesimo che affonda le sue radici nel Cristianesimo, tesi a costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà una “città” più umana, più giusta e solidale".
◊ Lasciata Aquileia, Benedetto XVI è giunto nel tardo pomeriggio a Venezia. Dal Molo di San Marco, “porta di accesso al cuore della Città”, da dove lo sguardo abbraccia l’inconfondibile profilo di Venezia, detta “la perla dell’Adriatico”, il Papa ha indirizzato il suo saluto alle autorità cittadine e ai fedeli accorsi per esprimere la propria fede e la devozione al Successore di Pietro. Ascoltiamo Claudia Di Lorenzi:
“Vengo in mezzo a voi per rinsaldare quel profondo vincolo di comunione che storicamente vi unisce al Vescovo di Roma” e “per portarvi una parola di amore e di speranza, e confermarvi nella fede della Chiesa”. Nel suo saluto alla città di Venezia il Papa ha evidenziato come il patrimonio di tradizioni civili, culturali e artistiche della città sia profondamente intessuto della fede cristiana, e ha ricordato “i venerati Pastori che da questa Sede patriarcale sono passati a quella di San Pietro”, fra cui il Patriarca Albino Luciani, che divenne Papa Giovanni Paolo I e il Patriarca Angelo Giuseppe Roncalli, divenuto Papa Giovanni XXIII e proclamato beato. Una tradizione – ha osservato il Santo Padre - che identifica la città insieme alla sua storica vocazione al dialogo fra i popoli:
“Da questo molo si può cogliere quell’aspetto di singolare apertura che da sempre caratterizza Venezia, crocevia di persone e comunità di ogni provenienza, cultura, lingua e religione. Punto di approdo e di incontro per gli uomini di tutti i continenti, per la sua bellezza, la sua storia, le sue tradizioni civili, questa Città ha corrisposto nei secoli alla speciale vocazione di essere ponte tra Occidente ed Oriente. Anche in questa nostra epoca, con le sue nuove prospettive e le sue sfide complesse, essa è chiamata ad assumere importanti responsabilità in ordine alla promozione di una cultura di accoglienza e di condivisione, capace di gettare ponti di dialogo tra i popoli e le nazioni; una cultura della concordia e dell’amore, che ha le sue solide fondamenta nel Vangelo”.
Per rispondere a queste attese, il Papa invita i veneziani a “ricercare e custodire sempre l’armonia tra lo sguardo della fede e della ragione che permette alla coscienza di percepire il vero bene”:
“Le scelte della comunità civile siano sempre ispirate ai principi etici corrispondenti alla profonda verità della natura umana. L’uomo non può rinunciare alla verità su di sé, senza che ne soffrano il senso della responsabilità personale, la solidarietà verso gli altri, l’onestà nei rapporti economici e di lavoro”
Senza la benedizione di Dio – è il monito del Papa - l’uomo costruisce invano.
Il programma del viaggio prosegue nel pomeriggio con una visita presso la Basilica di san Marco, dove il Santo Padre terrà un discorso alla Assemblea per la chiusura della Visita Pastorale Diocesana. A seguire, presso la Basilica della Salute, il Papa incontrerà esponenti del mondo della cultura e dell’economia, benedirà la Cappella della SS. Trinità, i cui lavori di restauro si sono da poco conclusi, e sarà presente all’inaugurazione dei locali della Biblioteca dello Studium Generale Marcianum di Venezia. Quindi il rientro a Roma. L’arrivo all’aeroporto Ciampino è previsto per 20.30.
◊ Sul significato della visita di Benedetto XVI ad Aquileia e a Venezia si sofferma, al microfono di Isabella Piro, l’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato:
R. - Credo che il significato sia espresso dal tema della visita, “Tu conferma la nostra fede”. Penso che questo sia il significato più profondo di una terra di grandi tradizioni, ma anche, in questo momento, di prova di fede come tutte le terre europee. Credo che il Papa, come successore di Pietro, veramente possa dare una spinta di conferma, di sostegno, di rafforzamento della fede di queste popolazioni.
D. - Quali sono le caratteristiche della diocesi di Udine da mettere in luce?
R. - Sono molte! È una Chiesa che ha una grande tradizione perché, di fatto, è la Chiesa erede del Patriarcato di Aquileia perché il Patriarca, dopo essersi spostato da Aquileia a metà del ‘500, di fatto ha soggiornato per quattro secoli a Cividale e poi, fino alla soppressione del Patriarcato alla metà del ‘700, qui ad Udine. Quindi questa Chiesa sente molto queste radici e questa grande tradizione cristiana. In questo senso, è una ricchezza. Contemporaneamente, è una terra in travaglio, perché ha avuto la grossa prova del terremoto del ’76 che, al di là del fatto fisico delle migliaia di vittime, ha creato proprio uno scossone in tutta la convivenza sociale, dell’organizzazione, delle tradizioni. Quindi c’è ancora un travaglio in corso che rende necessaria, in questa terra, anche una pastorale missionaria.
D. - Qual è il suo auspicio per questa visita del Papa ad Aquileia e Venezia?
R. - L’auspicio è che questa visita possa essere veramente una grazia particolare di Gesù Cristo in questo tempo pasquale, per questa Chiesa, per i sacerdoti, per le vocazioni – perché ne abbiamo bisogno! – per tutta la diocesi, per le famiglie che hanno molto bisogno di ricevere sostegno, speranza, linfa. Sono quelle grazie che il Signore fa in occasioni particolari ed io sono convinto che godremo di questa grazia con il passaggio del Santo Padre.
Un evento ecocompatibile: il raduno a Mestre organizzato con criteri di rispetto ambientale
◊ Il viaggio apostolico del Santo Padre nel Nord Est è anche ecocompatibile. Per la Santa Messa nel Parco San Giuliano di Mestre, sono stati infatti utilizzati gruppi elettrogeni ad emissioni zero. I sistemi audio e video hanno avuto un’alimentazione autonoma per non generare campi magnetici inquinanti. Sono stati anche utilizzati materiali riciclabili e tecnologie caratterizzate da bassissimi consumi. Su questo aspetto si sofferma al microfono di Luca Collodi, il produttore esecutivo dell'evento di San Giuliano, Lorenzo Marangoni:
R. – Siamo in uno dei più bei parchi d’Europa e, fin da subito, si è scelto di organizzare un evento che avesse criteri di eco compatibilità, cercando di utilizzare tecnologie, materiali e quant’altro che riescano a ridurre l’impatto ambientale e l’emissione CO2. La scelta è stata quella di sfruttare essenzialmente quello che era già esistente: c’è un grande dispendio, ad esempio, di energia elettrica e quindi abbiamo usato gruppi elettronici ad emissione zero. Questa è la prima cosa. La seconda cosa è stata l’utilizzo di materiali scenografici che fossero riciclabili.
D. - Una celebrazione quindi a bassa emissione di anidride carbonica…
R. - Assolutamente sì. Pensate solo che se avessimo usato - senza aver possibilità di riciclare i materiali - tutte le coperture del parco, della grande cupola che è stata costruita che riproduce la cupola della Basilica di San Marco, il pvc e tutti questi materiali che abitualmente vengono buttati via e mandati a bruciare hanno una emissione pazzesca. Vengono utilizzati materiali a noleggio e che quindi vengono riutilizzati più volte dagli stessi fornitori. Per le scenografie è stato usato un tipo di tessuto, come quello delle vele delle barche, che verrà donato ad una cooperativa di sartoria del carcere femminile della Giudecca a Mestre, che produrrà delle borse. Quindi questo materiale viene riutilizzato anche in maniera creativa. Per quanto riguarda poi gli altri materiali, non abbiamo usato niente che fosse fuori standard: sono quindi coperture che vengono noleggiate e riutilizzate più volte.
D. - Perché questa idea di una celebrazione ecosostenibile?
R. - Soprattutto perché si può fare. Bisogna cominciare ad avere questa sensibilità. Altra cosa, altro spunto, al di là dei gruppi elettronici di ultima generazione, è che abbiamo un minor uso di energia, perché utilizziamo proiettori, luci e tecnologie al led, che hanno un assorbimento del 70 per cento inferiore rispetto ai normali proiettori che si usano in queste situazioni. Anche questo è un esempio di sensibilità: si può fare, perché allora non utilizzare queste tecnologie? (mg)
◊ La Resurrezione di Cristo è “il fatto costitutivo e più importante della nostra fede”, e il vescovo è chiamato ad essere “il primo annunziatore del messaggio pasquale e della speranza della vita eterna”. E’ il cuore dell'omelia del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone per la Consacrazione episcopale di mons. Jan Vokál, vescovo di Hradec Králové, nella Repubblica Ceca. Con riferimento alla liturgia della Parola di questa terza domenica del Tempo pasquale, che ripropone il discorso di San Pietro nel giorno di Pentecoste, il porporato ha ricordato la “differenza tra la morte del patriarca Davide e quella del Signore Gesù, che era suo discendente. Mentre il sepolcro del primo è soltanto testimonianza della sua morte, quello di Cristo, ritrovato vuoto al terzo giorno, attesta il compimento delle Scritture, che cioè la carne del Figlio di Dio non ha subìto corruzione”. A differenza di Davide – ha spiegato il cardinale Bertone – il Signore Gesù “ha vinto la morte” e proprio la Risurrezione è “il fattore discriminante e qualificante del Vangelo rispetto a qualunque altro messaggio filosofico e religioso”. “Senza la Risurrezione di Cristo – ha rimarcato il porporato - il messaggio cristiano sarebbe una semplice filosofia o un nobile insegnamento morale”. Il cardinale Bertone ha quindi auspicato che i cristiani di oggi mostrino lo stesso coraggio di Pietro e degli Apostoli e “sappiamo annunziare la Risurrezione di Cristo, senza tacerla, nasconderla o minimizzarla”. E proprio sulla missione specifica del vescovo il segretario di Stato vaticano ha ricordato che “la consacrazione episcopale va compresa secondo la logica della successione apostolica. I vescovi, successori degli Apostoli (…) sono chiamati a guardare intorno da una posizione superiore, per proteggere e custodire il gregge loro affidato. Tale ruolo di “sentinella” implica nel medesimo tempo un guardare dall’alto e un guardare col cuore, secondo lo stesso sguardo amoroso del Cristo”. I compiti prioritari del vescovo – ha spiegato - sono tre: essere “pastore”, e quindi occuparsi del proprio “gregge” con premura e affetto; essere “maestro”, e quindi promuovere la fede, annunziare il Regno di Dio e proclamare la speranza evangelica; essere “sacerdote”, ovvero Ministro della Parola di Dio nella Comunità, e, come Gesù, condurre i discepoli alla Mensa dove la Parola si fa carne, si fa Presenza viva nell’Eucarestia, che “costituisce il punto focale della vita cristiana”. Il cardinale Bertone conclude con un richiamo all’esperienza personale di mons. Vokál e un breve cenno alla Chiesa per la quale viene ordinato. “La Chiesa boema ha attraversato fasi luminose e fasi critiche, con un notevole contributo di martiri per la fede. Basta pensare che la sede di Hradec Králové è rimasta vacante dal 1956, anno della morte del vescovo mons. Pícha, fino al 1989, a causa del regime totalitario dell’epoca”. Proprio in quel contesto – ricorda il cardinale Bertone – “si colloca anche la venuta a Roma del giovane Jan, nel 1983. Fu una partenza sofferta e quasi avventurosa, fuggendo da un regime ostile per intraprendere il cammino verso il sacerdozio”. Da allora, “inizia il periodo di servizio alla Chiesa di Roma e al Papa che lo ha condotto fino ad oggi, giorno in cui, in ben diverse circostanze, è chiamato a compiere lo stesso viaggio a ritroso”: “ora viene invitato a tornare in quella terra per confermare i fratelli nella fede”. (C.D.L.)
A 100 giorni dalla GMG: incontro a Madrid in attesa del grande evento dal 16 al 21 agosto
◊ Si svolge oggi a Madrid l’incontro “A 100 giorni dalla Gmg”, per celebrare l’avvicinarsi della Giornata Mondiale della Gioventù, che si snoderà in una serie di attesi incontri in programma dal 16 al 21 agosto prossimi nella capitale spagnola. Ma sui preparativi della Gmg ascoltiamo Yago de la Cierva, direttore esecutivo della Giornata mondiale, intervistato da Michela Coricelli:
R. – I preparativi vanno molto bene, anzi direi che quasi tutto è stato pianificato. La città e il Paese si stanno preparando per ospitare questo grande evento.
D. - I volontari si stanno iscrivendo in maniera numerosa… C’è una risposta importante da parte dei ragazzi spagnoli?
R. – Abbiamo avuto delle richieste per fare il volontario superiori non soltanto alla nostre attese ma anche ai nostri bisogni. Avremmo bisogno di 22 mila persone e abbiamo ricevuto più di 25 mila richieste. Sfortunatamente dobbiamo dire no a molte persone. Le incoraggiamo ad iscriversi comunque come pellegrini per non perdersi questa grande festa. Il Pontificio Consiglio dei Laici ha insistito inizialmente dicendo: per favore non preparate una copia di Colonia, di Roma, di Parigi; tentate di fare una cosa tutta vostra perché la Giornata Mondiale deve avere le radici nella propria storia, nella propria cultura, nelle proprie tradizioni. Questa Giornata Mondiale deve essere diversa dalle altre e sarà molto spagnola. Direi che la Spagna ha un carattere molto missionario. Se oggi la metà dei cattolici parla spagnolo è perché tantissimi missionari sono partiti da qui e sono andati ad evangelizzare non soltanto in questi Paesi ma anche in Africa, in Asia, in Oceania. Per noi è anche molto importante mostrare ai giovani la vocazione essenzialmente missionaria dell’essere cristiano e vogliamo anche sottolineare questo aspetto. Io mi ricordo che Giovanni Paolo II parlava spesso della fede fatta cultura; questo Papa, invece, insiste sul fatto di trasmettere la fede tramite la bellezza. Noi abbiamo tentato anche di mostrare come la fede è diventata cultura, è diventata bellezza in Spagna: cioè, tenteremo di fare vedere la bellezza fatta arte.
D. – C’è il ritorno anche di Benedetto XVI in Spagna…
R. – Sappiamo che ogni Giornata Mondiale è veramente un dono alla Chiesa che l’organizza, alla Chiesa a cui viene chiesto di promuoverla e anche ogni visita del Santo Padre è un regalo. Forse perché siamo privilegiati, forse perché ne abbiamo più bisogno degli altri: la Spagna soffre adesso di un processo di secolarizzazione e penso che la Giornata mondiale possa essere una grandissima opportunità per ribaltare la situazione, per avere un sacco di giovani che sperimentano in prima persona questo e che possono darsi da fare con i loro coetanei, perché il messaggio viene trasmesso alle persone che hanno più o meno la stessa età. (bf)
Bin Laden progettava nuovi attacchi: le prove, secondo gli Usa, nei video sequestrati in Pakistan
◊ Riflettori ancora puntati sull’uccisione di Osama Bin Laden. Il Dipartimento della Difesa americano ha reso pubblici cinque video del leader di Al Qaeda sequestrati nel suo rifugio in Pakistan in cui compare nell'atto di pronunciare nuovi messaggi e mentre guarda dei filmati di se stesso precedentemente registrati. Secondo il Pentagono, il materiale recuperato nel suo rifugio, definito “un vero centro di controllo e comando”, dimostra che Osama era ancora attivo e aveva il pieno controllo della sua organizzazione. Dai Pc del capo di Al Qaeda è poi emerso che Bin Laden pianificava e dirigeva attacchi nello Yemen e in Somalia. La morte di Osama Bin Laden è, dunque, un duro colpo per la rete Al Qaeda, già fortemente indebolita dopo il 2001, ma non per il terrorismo di matrice islamica. E’ quanto sottolinea Fulvio Scaglione, vicedirettore di "Famiglia Cristiana", intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. – Io credo che al Qaeda, in quanto movimento terroristico capace di colpire su scala globale, era sostanzialmente finito dopo l’attacco americano, internazionale all’Afghanistan, perché con quell’attacco Osama e al Qaeda avevano perso la loro base, il loro appoggio, la struttura logistica necessaria per colpire in quel modo. Diverso è se si vuol fare un discorso sulla fine del terrorismo islamico che si ispira ad al Qaeda: in questo senso, temo che la morte di Osama Bin Laden sia non dico ininfluente, ma molto meno influente di quello che possiamo pensare.
D. – Permangono dunque le condizioni perché il terrorismo di matrice islamica possa colpire?
R. – Il terrorismo di matrice islamica può ancora colpire perché proprio dopo la fine di al Qaeda 'tradizionale', il terrorismo islamico si è frazionato in una serie di movimenti che con Osama Bin Laden avevano una relazione molto labile. Credo che il pericolo non sia finito. Certamente, essendo Osama un grandissimo simbolo per tutti, comunque, anche per chi gli dava la caccia, credo che la sua morte abbia importanza soprattutto in quel senso.
D. – E sono anche da temere i colpi di coda di al Qaeda. Non bisogna assolutamente abbassare la guardia…
R. – No, assolutamente. E credo che a non farci abbassare la guardia – cosa che credo non succederà comunque – debba essere proprio la coscienza che nei dieci anni dall’invasione dell’Afghanistan, al Qaeda si è dispersa, si è frammentata. E comunque anche i suoi seguaci hanno mutato natura. Pensiamo, per esempio, a quello che succede in Pakistan, riguardo anche alla minoranza cristiana: è una cosa molto diversa da quello che poteva essere il terrorismo islamico di dieci anni fa! Pensiamo poi a quello che succede nello stesso Afghanistan, dove in realtà le operazioni contro la missione internazionale sono condotte da un coacervo di forze in cui i talebani, cioè i grandi sostenitori di al Qaeda, sono una frazione del pericolo … Quindi, c’è la consapevolezza che il terrorismo, avendo perso dieci anni fa la sua centrale principale, oggi è più insidioso e più difficile da combattere! (gf)
La Festa dei popoli in piazza S. Giovanni in Laterano a Roma: presenti 58 nazioni
◊ Si rinnova oggi, fino alle ore 20.00, in Piazza San Giovanni in Laterano a Roma, l’annuale appuntamento con la Festa dei Popoli giunta alla sua XX edizione. Una festa della Chiesa e della città, dedicata al popolo dei migranti, che vive nella capitale contribuendo alla crescita della comunità, a dimostrazione che la condivisione della vita è possibile. Cuore della giornata, dal titolo “Una festa senza confini”, la Messa, presieduta da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei. All’organizzatore, padre Gaetano Saracino, scalabriniano, Gabriella Ceraso ha chiesto com’è mutata la festa fino ad oggi, alla luce anche di quanto sta accadendo nel Nord Africa:
R. – Si è andati dalla pura accoglienza degli anni ’90 ad un cammino di integrazione e di appartenenza ai nostri giorni. Oggi siamo sottoposti a fatti di cronaca che sulla materia della mobilità richiamano l’attenzione dei più e fanno percepire il fenomeno in un certo modo. Allora la Festa dei popoli ha anche maggiori responsabilità. Che strada vuole indicare? Una mano tesa alle Nazioni da cui queste persone provengono ma anche un cammino di integrazione necessario per quelli che sono arrivati, mantenendo l’impegno e l’obbligo sia umanitario sia della condivisione, ma anche cercando di mettere in pratica politiche che tengano conto che la mobilità umana è ormai irreversibile e combatterla con le ideologie non serve.
D. - Come avete pensato questa giornata? Cosa potrà vedere la gente che viene? Chi potrà conoscere?
R. – Ci si immergerà in un mondo dove entrando ci saranno 58 gazebo di 58 Nazioni diverse che presentano prodotti, suoni, cose tipiche di persone che vivono con noi tutti i giorni, che prendono i nostri autobus e vanno a scuola con i nostri figli. Poi avremo 25 comunità che in 25 lingue animeranno la celebrazione eucaristica e 30 gruppi che animeranno lo spettacolo folklorico. Negli stand troveremo le comunità rom di Roma. Nello spettacolo folklorico troveremo un rom italiano. Sappiamo bene quanto la città di Roma abbia vissuto, anche negli ultimi tempi, questa realtà. La Festa dei popoli ha un messaggio propositivo, prudente, ottimista nel senso vero: mettendosi insieme si ha ben presente che c’è una terza identità anche da acquisire che è l’identità delle differenze mescolate e che convivendo si hanno delle opportunità.
D. – Vent’anni sono anche l’occasione per guardare al futuro. Lei che cosa augura a questa Festa?
R. – Per i prossimi anni si guarda con grande interesse alle seconde generazioni. Che cosa ci diranno questi ragazzi che troppo spesso molto in fretta vogliono tranciare il cordone ombelicale con i loro genitori che sono qui entrando in una fase anche di ibrido dove non sono né l’uno né l’altro? Bisogna curare queste generazioni. L’altro messaggio è che l’immigrazione è qualcosa che da Abramo ai nostri giorni non si è mai fermata e guai a chi dice che essa è un fenomeno passeggero. Forse fino ad oggi ci siamo un po’ coperti gli occhi per non vederla: se invece proviamo a vederla non la gestiremo soltanto come un’emergenza ma come qualcosa che accompagna l’uomo da quando è nato fino a quando resterà sulla terra. (bf)
"Nel cuore della realtà": tema della Giornata per l'Università cattolica
◊ Si celebra oggi la Giornata per l’Università Cattolica, dedicata al 50.mo anniversario della morte del fondatore, padre Agostino Gemelli, e promossa dall’Istituto Toniolo. Un momento di sensibilizzazione e promozione dell’Ateneo, della sua offerta formativa e dei servizi alla comunità ecclesiale e civile. Soprattutto un’occasione per dimostrare come all’interno di questa istituzione universitaria sia “la fede a dare unità e coerenza al sapere delle molteplici discipline”, secondo il messaggio dei vescovi italiani per l’evento. Il motto della giornata è “Nel cuore della realtà”, un’espressione di cui il rettore Lorenzo Ornaghi, intervistato da Salvatore Cernuzio, ci spiega il significato:
R. – Il significato e il messaggio che si vogliono dare, sono più chiari con la frase intera da cui, nel cuore della realtà, è stata estratta. E la frase intera è: “Agire soprannaturalmente nel cuore della realtà”. “Soprannaturalmente”, quindi, alla luce della fede cristiana. Sapere entrare nel cuore della realtà significa non solo capire che questa realtà fa parte della nostra vita di ogni giorno: il mondo fisico che ci sta intorno, le nostre emozioni, i nostri sentimenti; “nel cuore della realtà” significa sapere andare sotto la corteccia talvolta rozza delle convenzioni e degli stereotipi. Ecco: io credo che questo sia davvero importante soprattutto per i giovani. Conoscendo la realtà si impara non solo ad amare di più questo mondo, ma anche a muoversi nel mondo più da protagonisti.
D. – Quest’anno ricorre il 90.mo anniversario della fondazione dell’Università Cattolica. Quali cambiamenti ha vissuto l’Università in tutti questi anni?
R. – L’Università Cattolica ha visto grandi cambiamenti in questi decenni. Il cambiamento maggiore è il numero rilevantissimo degli studenti: più studenti si hanno, più si privilegia l’aspetto della formazione professionale e più si rischia di sottovalutare l’aspetto propriamente educativo. E questa è una grande sfida che la nostra Università Cattolica sicuramente ha e che potremmo riassumere con questa domanda: come rendere armonica una formazione professionale alta che consenta un ingresso da protagonisti nel mondo professionale, con un’educazione alla luce della fede?
D. – Appunto parlando di sfide, il vostro obiettivo è quindi quello di aiutare i giovani ad affrontare le sfide nel campo dell’educazione e della ricerca. Di quali sfide stiamo parlando, concretamente?
R. – Questa sottolineatura di aiutare i giovani è il tentativo di corrispondere ad un invito che il Santo Padre più volte ci ha rivolto: l’invito a preparare i giovani nel campo della società, nel campo dell’economia, nel campo della politica. Concretamente, significa accompagnare giorno per giorno i giovani studenti in questa formazione professionale e in questa ricerca della verità.
D. – Qual è il senso di promuovere ogni anno questa Giornata dell’Università Cattolica?
R. – Credo che il senso sia quello della festa di compleanno, cioè il momento in cui ci si ritrova con le persone più care. La Giornata dell’Università Cattolica significa momento di memoria, momento di affetti, soprattutto momento in cui, ritornando alle origini, si deve guardare al futuro. Ogni Giornata è davvero un modo per traguardare quello che ci aspetta e – con la speranza che caratterizza il cristiano – per passare in mezzo a tutte le difficoltà, superandole e raggiungendo le finalità che ci si propone. (gf)
La tradizionale supplica alla Vergine del Santo Rosario di Pompei presieduta dal cardinale Sodano
◊ Oggi, 8 maggio, tradizionale supplica alla Vergine del Santo Rosario di Pompei, il Santuario voluto dal beato Bartolo Longo. Il Rito quest’anno è stato presieduto dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio e segretario di Stato emerito. “‘Non lamento, ma azione’ – ha sottolineato il porporato nella sua omelia - fu il motto del Papa Pio XII durante l’ultimo conflitto mondiale. Non lamento, ma azione è il messaggio che il nostro Bartolo Longo lancia ancor oggi a chi lavora per un mondo migliore, nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, in campo economico ed in campo sociale. Bartolo Longo – ha ricordato il cardinale Sodano - fece suo l’invito che nei tempi difficili succeduti alla riforma protestante Sant’Ignazio di Loyola aveva rivolto ai suoi contemporanei: ‘Lavorare come se tutto dipendesse da noi e poi confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui’. ‘Preghiera ed azione’: questo deve essere il nostro motto! Sono le due armi di ogni credente. Alla scuola del grande Bartolo Longo, - ha concluso il porporato - questa festa mariana rinnovi, quindi il nostro impegno apostolico, per creare nel mondo un regno di giustizia, di amore e di pace. E così sia!” . Nel suo saluto iniziale l’arcivescovo prelato di Pompei, mons. Carlo Liberati, ha voluto evidenziare la difficile condizione dei bambini abbandonati, ancora circa 35-40 mila in tutta Italia. In loro aiuto – ha ricordato – si prodigò il Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei intitolato alla Madonna, il quale “si fece “Buon Samaritano” degli orfani, dei figli e delle figlie dei carcerati, dei diseredati di ogni ceto sociale, costruendo qui a Pompei la “città dell’amore”, così da promuovere i veri poveri e restituendo loro la dignità di figli di Dio”. Se lui oggi tornasse, ha detto mons. Liberati, “con nella mano 'quella dolce catena che ci unisce al cielo', il Santo Rosario, si chinerebbe come allora sull’infanzia non protetta, l’adolescenza offesa, la famiglia insidiata e assediata da mali dirompenti. Guarderebbe con tenerezza le angustie dei disabili, lo smarrimento dei drogati, le solitudini e i disagi degli anziani, le sofferenze dei carcerati e tante nuove povertà ignote alla negligenza delle legislazioni civili”. Un esempio di carità da custodire e promuovere, dunque, quello del Beato Bartolo Longo, come pure le opere da lui realizzate. Proprio in riferimento alla necessità di restauro del Santuario, “tra i più belli e grandi del mondo”, mons. Liberati ha quindi denunciato “l’indifferenza di tutte le autorità della Regione, fatta eccezione delle Sovrintendenze ai Beni artistici, architettonici, storici, archivistici, culturali, paesaggistici”. Proprio grazie all’attenzione e alla collaborazione di questi uffici – informa l’arcivescovo prelato di Pompei – i lavori sono a buon punto e se ne prevede la conclusione entro la fine dell’anno. Per l’occasione mons. Liberati ha formulato al Papa l’invito a presiedere l’inaugurazione del restauro della Basilica. Il Santo Padre ha già visitato al Santuario nell’ottobre del 2008.
La Russia, uno dei Paesi più religiosi d’Europa
◊ La stragrande maggioranza di russi, l’82%, crede in Dio e questo rende la Russia uno dei Paesi più religiosi dell’Europa. E’ il risultato di un’inchiesta pubblicata dalla fondazione “Public Opinion” in collaborazione con “Wednesday”, un servizio sociologico legato al dipartimento sinodale per i giovani. L’inchiesta è stata condotta in questi mesi ed è basata su un campione di 1500 persone, dai 18 anni in su, residenti in 44 regioni della Russia. Questi nel dettaglio i risultati: solo il 13% degli intervistati si dichiara ateo in modo aperto; il 5% ha difficoltà a definirsi tale. Fra gli atei, vi sono in maggioranza uomini, il 68%, mentre le donne raggiungono solo il 32%. Quelli che si definiscono atei appartengono alle fasce più basse: sono operai o poveri che non hanno da mangiare. Il 27% dei credenti non appartiene a nessuna religione organizzata. Risponde così il 34% dei giovani fra i 18 e i 24 anni e il 38% degli studenti. Il 4% si dichiara musulmano, mentre sono pochi i buddisti, i cattolici, i protestanti, gli ebrei: il 50% dei credenti si dichiara cristiano ortodosso e appartiene in maggioranza alla Chiesa ortodossa russa. Fra gli ortodossi, vi sono più donne (62%) che uomini (38%). Il 40% degli ortodossi vive in città con almeno 250 mila abitanti. Solo il 3% di essi va in chiesa ogni settimana. I dati di “Wednesday” confermano i risultati di un’inchiesta riportata da Interfax-Religiia sui credenti in Europa, secondo cui la Russia è uno dei Paesi meno atei del continente europeo, mentre in Svizzera i non credenti sono il 37%; in Germania il 31%; in Gran Bretagna il 34%; in Belgio il 36%. (C.D.L.)
Sri Lanka. Leader cristiani, musulmani e indù con i buddisti per la festa di Vesak
◊ Cristiani, musulmani e indù dello Sri Lanka devono “prendere per mano” i loro fratelli buddisti e celebrare insieme la festa di “Vesak”, che quest’anno ricorre il 17 e 18 maggio, nel 2.600.mo anniversario dell’illuminazione di Buddha. E’ l’invito del rev. Sarath Hettiarachchi, metodista e copresidente dell’Inter Religious Alliance for National Unity (Iranu), nel corso di una conferenza stampa, lo scorso 3 maggio, presso il Dipartimento per l’Informazione del governo. “Lo Sri Lanka è una società pluralistica, dove convivono etnie, religioni e culture diverse - ha affermato p. Hettiarachchi. Per questo, tutti i fedeli delle altre religioni dovrebbero partecipare alle celebrazioni del Vesak, un evento di grande gioia per i nostri fratelli buddisti”. In occasione del Vesak, il governo inaugurerà il prossimo 20 maggio il primo museo buddista al mondo nella provincia centrale di Kandy. Il museo si trova nello Sri Dalada Maligawa, il tempio della “reliquia del dente”: uno dei luoghi più sacri per la comunità buddista dello Sri Lanka e di tutto il mondo, dichiarato Patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1988. In esso è conservato appunto un dente del Buddha. La questione dell’armonia etnica e religiosa è molto sentita nel Paese, che cerca un riscatto dopo il trentennale conflitto etnico conclusosi nel 2009. (C.D.L.)
Sud Corea. I rifugiati dal Nord, missionari di speranza
◊ I rifugiati dalla Corea del Nord verso il Sud “aumentano di numero, anche perché le condizioni di vita nel loro Paese sono terribili. Ma non sono, come molti pensano, un problema: sono, anzi, una risorsa incredibile per tutta la Corea”. Il vescovo di Daejeon e presidente della Commissione episcopale per la cura pastorale dei migranti e dei rifugiati, mons. Lazzaro You Heung-sik, racconta ad AsiaNews che nel Paese il numero dei rifugiati provenienti dal Nord è in aumento, anche a causa dell’aggravarsi della crisi economica e sociale. Nella provincia di Pyongan, nella Corea del Nord, ad esempio, cresce il numero dei campi di lavoro forzati, dove la popolazione è costretta a lavorare fino allo stremo. E’ per questo che un numero crescente di nordcoreani tenta di fuggire dal Paese. Sono in molti – racconta il presule – a dirigersi prima vero la Cina, da dove dopo circa un anno tentano di entrare in Sud Corea, nonostante una parte della popolazione sudcoreana sia a loro ostile. Con dispiacere mons. You Heung-sik racconta dell’emarginazione che subiscono molti rifugiati nordcoreani, soprattutto i cosiddetti “saeteomin”, che arrivano dalla parte nord del confine: “È triste dirlo, ma molti sudcoreani li guardano con sospetto e li relegano nelle fasce basse della popolazione: cosa ancora più triste se si pensa che queste persone vengono da esperienze terribili. La Chiesa, invece, si occupa di loro con ogni mezzo a disposizione: non sono né immigrati né rifugiati, sono nostri fratelli”. Le loro storie, continua mons. You, “sono spesso terribili. Vengono da privazioni e violenze, e per superare il confine hanno speso tutto il loro denaro. È per questo che nei nostri centri di prima accoglienza, soprattutto nella zona di Seoul e in quella nei pressi del confine, noi non chiediamo loro nulla. Li accogliamo, li curiamo se serve e poi ci impegniamo per dar loro un’occupazione in Corea del Sud”. Nei confronti dei rifugiati il presule invita tutti ad avere un comportamento improntato alla carità e all’amore fraterno, alla luce dell’insegnamento di Gesù: “Si deve praticare il rispetto e la carità il più possibile anche perché parlando dei rifugiati, parliamo del nostro futuro. Non si può pensare che chi viene da noi sia soltanto un ospite, desiderato o meno: è parte integrante della nostra vita”. L’accoglienza ai rifugiati produce poi anche frutti spirituali: “Moltissimi di loro si convertono al cristianesimo (…) ma vogliamo che, se una persona sceglie la Chiesa di Cristo, lo faccia con coscienza e serenità”. In ogni caso, sottolinea infine il vescovo, “i saeteomin sono il futuro della nostra missione. Quando Dio vorrà le due Coree saranno riunificate e noi, grazie a loro, potremo aiutare meglio i nostri fratelli del Nord nell’evangelizzazione e nella ricostruzione della loro società”. (C.D.L.)
Chiesa di Corea: l’aborto è il peggiore degli omicidi. Celebriamo la vita
◊ L’aborto “è un crimine ancora peggiore di un omicidio normale, perché viene compiuto dai genitori della vittima e dagli operatori sanitari che invece dovrebbero proteggere la vita. È un crimine brutale contro un essere umano senza difesa, da condannare in ogni senso”. Così - riferisce AsiaNews - mons. Gabriele Chang Bong-hun, vescovo di Cheongju, nella Corea del Sud, e presidente della Commissione episcopale per la bioetica, nel messaggio ai fedeli in occasione dell’annuale Domenica per la Vita, che si celebra oggi nel Paese asiatico. L’appuntamento ricorre per tradizione l’ultima domenica di maggio, ma quest’anno è stato anticipato alla prima domenica del mese mariano per coincidere con la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II. Nel messaggio, mons. Chang evidenzia che “non soltanto l’aborto, ma anche un’insufficiente educazione sessuale e la mancanza di uguaglianza fra i generi sessuali sono crimini contro la vita”. Crimini - spiega il presule - che “nascono da mancanza di etica medica, di un minimo sostegno a chi intende dare la vita. (...) La cultura della morte è dilagante in tutto il mondo e in Corea in particolare - denuncia il vescovo di Cheongju - e va fermata”. Il problema degli aborti e del basso tasso di natalità è da sempre uno dei campi in cui la Chiesa coreana è maggiormente impegnata. Particolarmente preoccupante nel Paese asiatico è la questione degli aborti selettivi. La legge proibisce infatti le interruzioni di gravidanza in base al sesso del nascituro, ma la consuetudine sociale impone alle coppie di avere, come primogenito, un maschio. Ecco perché, in caso di gravidanza sana, ma femminile, moltissime persone ricorrono all’interruzione di gravidanza clandestina. Secondo le ultime statistiche pubblicate dal governo, il numero degli aborti illegali praticati nel 2005 è stato di 342mila unità a fronte di 440mila nascite. Una ong cristiana sostiene che nel 2009 il numero è salito a 380mila. (C.D.L.)
Haiti: al via la costruzione del terzo villaggio SOS a Les Cayes
◊ SOS Villaggi dei Bambini, presente ad Haiti da oltre 30 anni, ha avviato sull’isola il programma di costruzione di un nuovo villaggio, il terzo, che sorgerà nell’area della città di Les Cayes, la terza maggiore città di Haiti, con circa 70.000 abitanti, fra cui molti orfani, molti dei quali giunti dalle periferie nei mesi successivi al terremoto del gennaio 2010. Il nuovo centro si aggiunge ai due già esistenti a Santo e Cap Haïtien, che offrono educazione, formazione e sostegno alle famiglie vulnerabili. “A fine marzo sono state attivate le procedure per l’acquisto dei terreni su cui sorgeranno una scuola, un centro sociale e il nuovo Villaggio SOS, in grado di accogliere approssimativamente 135 bambini” riferisce Franco Muzio, direttore dell’organismo umanitario, che spiega come “in accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione” saranno costruite “10 nuove scuole, con copertura totale delle spese di gestione per i primi 5 anni. A Delmas, nelle vicinanze di Les Cayes, sorgerà la prima Scuola SOS che offrirà istruzione gratuita a più di 700 bambini”. Ma la carenza di scuole - riferisce il responsabile sul campo, Ilu Valenzuela - non è la sola urgenza: “dal confronto con i rappresentanti e le autorità delle comunità locali, è emerso che lo sono altrettanto la mancanza di strutture mediche, la disoccupazione e le violenze domestiche diffuse. A queste esigenze SOS Villaggi dei Bambini risponderà con il Centro Sociale e i Centri Comunitari SOS che, oltre ad aiuti economici alle famiglie più vulnerabili, forniranno servizi medici, corsi di formazione professionale e percorsi di supporto psicologico”. I programmi di rafforzamento familiare attivati a Les Cayes saranno dedicati all’intera comunità locale con l’obiettivo di fornire alle famiglie e alle comunità un sostegno per raggiungere l’indipendenza economica e sociale - spiega un comunicato dell’organizzazione. Lo scopo ultimo è quello di riportare Haiti alle condizioni antecedenti al terremoto e, se possibile, di migliorarle. Nella fase di emergenza successiva al terremoto, SOS Villaggi dei Bambini ha avviato a Port-au-Prince un centro medico e un programma di nutrizione d’emergenza basato su punti di distribuzione di cibo e beni di prima necessità che hanno raggiunto migliaia di bambini. Ha accolto temporaneamente più di 500 bambini, 150 dei quali è stato possibile ricongiungere alla propria famiglia. I piccoli rimasti senza genitori sono stati accolti nei due Villaggi SOS presenti sull’isola, in cui oggi vivono 500 bambini in più rispetto ai 600 ospitati prima della tragedia. (C.D.L.)
Inghilterra: mini-Giornata della Gioventù alle Olimpiadi 2012
◊ Per le prossime Olimpiadi londinesi del 2012 la Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles sta organizzando una mini-Giornata mondiale della gioventù predisponendo un villaggio poco lontano da Brentwood, a sud di Londra, per accogliere 1.200 giovani cattolici che vorranno vivere l’esperienza delle Olimpiadi e condividere il modo in cui la Chiesa festeggerà questo evento. “Vivranno l’entusiasmo di questa straordinaria competizione sportiva, ma saranno anche disponibili se il loro aiuto sarà richiesto”, ha spiegato James Parker che è stato scelto dalla Chiesa cattolica per avviare le iniziative nel villaggio olimpico. Il villaggio si chiamerà “Joshua Camp” e darà la possibilità ai giovani tra i 18 e i 30 anni di piantare le loro tende pagando circa 120 sterline per dieci giorni in cambio di servizi per l’accoglienza di atleti, parenti e spettatori. L’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Nichols, primate della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles, ha deciso anche di scegliere un cappellano per lo sport per la sua diocesi, mons. Vladimir Felzmann, che avrà il compito di verificare la capacità di accoglienza della diocesi per questo grande evento.
Terra Santa: dal 29 maggio al 4 giugno, settimana di preghiera per la pace promossa dal Cec
◊ Una settimana mondiale di preghiera per la pace tra israeliani e palestinesi. È l’iniziativa promossa dal 29 maggio al 4 giugno dal Forum ecumenico Palestina-Israele del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec). Palestinesi e israeliani si ritroveranno a pregare insieme davanti agli ingressi delle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata, sotto il muro di separazione e in diversi luoghi di culto. L’obiettivo - spiega un comunicato del Cec - è di incoraggiare le comunità e i singoli in Terra Santa a una comune testimonianza di pace. “Di fronte allo stallo del processo di pace israelo-palestinese - ha dichiarato il pastore John Calhoun, presidente dell’iniziativa - i credenti vogliono esprimere il loro sostegno a una pace giusta e durevole per tutti”. Oltre a celebrazioni religiose, la settimana prevede attività di formazione e sensibilizzazione sulle azioni che favoriscono la pace e quelle che la ostacolano, e petizioni presso i leader politici. Tutte le iniziative avranno come comune denominatore Gerusalemme. “Le politiche e le misure prese dal governo israeliano a Gerusalemme Est continuano ad ipotecare il futuro della città come luogo di coabitazione possibile per i due popoli e le tre religioni: il giudaismo, il cristianesimo e l’islam”, sottolinea il comunicato del Cec. In particolare, “le limitazioni imposte all’accesso dei palestinesi ai luoghi di culto di Gerusalemme, la demolizione delle case palestinesi a Gerusalemme Est per fare spazio alle colonie ebraiche illegali e il rifiuto opposto al ricongiungimento familiare dei palestinesi nella città, nonché il ritiro dei permessi di residenza a numerosi palestinesi, come è accaduto al vescovo anglicano di Gerusalemme Suheil Dawani, costituiscono gravi violazioni dei diritti umani fondamentali”. La preghiera della Settimana mondiale della pace invoca, dunque, eguali diritti per i due popoli, la fine della discriminazione e delle restrizioni di movimento. La ricerca della pace tra israeliani e palestinesi è tra gli impegni del Consiglio Ecumenico delle Chiese fin dal 1948. (L.Z.)
Nuovo sito web finanziato dalla Conferenza episcopale per informare su eventi religiosi
◊ Gli appassionati di eventi religiosi in Slovacchia potranno ottenere informazioni su centinaia di attività di carattere religioso in un nuovo spazio virtuale. In questi giorni – riferisce l’agenzia Sir - è stato lanciato, infatti, il nuovo sito web www.vyveska.sk col supporto finanziario della Conferenza episcopale slovacca. “Mi è successo molte volte di navigare su Internet alla ricerca di informazioni su eventi a cui volevo partecipare. Sono convinto che, grazie al nostro nuovo progetto, questo sarà molto più semplice”, afferma Štefan Kušnír, uno dei coordinatori del progetto. Il nuovo sito web fornisce informazioni sui principali eventi di carattere nazionale come pellegrinaggi, incontri di preghiera, progetti per giovani, concerti, spettacoli teatrali, presentazioni di libri, incontri con rappresentanti delle chiese cattoliche e di altre chiese cristiane, e aspira a diventare il principale provider di informazioni di questo genere in Slovacchia. Il progetto è gestito dall’associazione civile Christin, e tutte le diocesi e le parrocchie del Paese sono invitate a partecipare con inviti alle attività locali. Per informazioni: vyveska@vyveska.sk. (Sir)
Al via “La carovana della pace” per il Nobel alle donne africane
◊ Promuovere la conoscenza del patrimonio umano, culturale e professionale proprio delle donne africane, in vista dell’assegnazione del Nobel per la pace 2011. E’ l’obiettivo della campagna “Noppaw” (Nobel Peace Prize for African Women) promossa dal coordinamento delle Ong Solidarietà e Cooperazione, Cipsi e ChiAma l’Africa sul tema “L’Africa che cammina sui piedi delle donne”. Un’iniziativa - riferisce il Sir - che vedrà una lunga “carovana” di donne africane attraversare l’Italia e l’Europa, partendo da Urbino, dove il prossimo 12 maggio si terrà un incontro sul tema “Educare una donna = Cambiare un villaggio”. La “Carovana” si sposterà il 20 maggio a Fermo, dove la Provincia organizzerà una conferenza stampa per far conoscere l’iniziativa. Il 21 e 22 maggio si svolgerà l’annuale convegno ad Ancona, dedicato quest’anno all’incontro con le donne africane e alla campagna Noppaw, con testimonianze di donne impegnate in diversi settori della società. Infine, il 23 e 25 maggio ci sarà la presentazione ufficiale dell’iniziativa al Parlamento europeo e alla Farnesina. Il ministro degli Affari esteri italiano Franco Frattini ha dato pieno appoggio alla campagna e sarà presente ad entrambi gli appuntamenti. Tra i partecipanti anche Awa Ndiaye, ministro alle pari opportunità del Senegal; Hélène Yinda, camerunense, promotrice del Noppaw, e Soyata Maïga, commissario speciale per i diritti delle donne dell’Unione Africana. Informazioni su www.cipsi.it - www.noppaw.org . (C.D.L.)
◊ In Egitto torna altissima la tensione tra la comunità cristiana copta e i musulmani estremisti, dopo l’assalto di questa notte alla chiesa di san Mina, nel quartiere Imbaba del Cairo, a seguito del quale almeno 12 persone hanno perso la vita ed altre 232 sono rimaste ferite. Nella stessa zona della capitale egiziana, in mattinata sono scoppiate nuove violenze che hanno causato cinque feriti. Il servizio di Marco Guerra:
Secondo testimoni, circa 500 islamisti salafiti si sono radunati ieri sera davanti alla chiesa copta di san Mina, alla periferia nord-est de Il Cairo, esigendo la consegna di una donna che secondo loro si era convertita all’islam e che i cristiani tenevano prigioniera. Dopo aspre discussioni fra le guardie della chiesa e il gruppo, si è passato allo scontro con colpi di arma da fuoco, bottiglie incendiarie e pietre. Le violenze si sono subito allargate a tutto il quartiere e un’altra chiesa nelle vicinanze, quella della Vergine Maria è stata data alle fiamme. 12 i morti e 232 i feriti, il tragico bilancio degli scontri nella nottata. L’esercito è giunto in massa ed ha impiegato molto tempo per separare i due gruppi che, tuttavia, stamani hanno dato vita ad una breve sparatoria che ha ferito altre cinque persone. Al momento soldati sono dispiegati attorno a tutte le chiese copte dell'area per prevenire possibili nuovi attacchi. La giunta militare che sta guidando il governo di transizione ha reso noto che sono stati effettuati 190 arresti, mentre l’esecutivo ha convocato una riunione urgente. Il premier, Essam Sharaf, ha rinviato un viaggio nei Paesi del Golfo. Gli incidenti di ieri sera rappresentano infatti una preoccupazione in più per le autorità egiziane che, stanno cercando di riportare il Paese alla normalità. L’impegno comune di cristiani e musulmani per una società più democratica, hanno fatto sperare in una riduzione delle tensioni interreligiose. Ma l’avvicinarsi delle elezioni in settembre e la forza dei gruppi musulmani integralisti fa temere una crescita delle violenze. Fra l’altro i salafiti – che seguono un’interpretazione radicale del Corano – non sono nuovi alle accuse, più volte smentite dai fatti, contro i cristiani che terrebbero prigioniere donne convertite all’islam.
Siria
In Siria non si ferma la pesante repressione contro le proteste anti-regime in atto dallo scorso marzo. Secondo la tv araba al Jazeera, almeno 12 persone sono morte ad Homs dove l'esercito di Damasco ha dispiegato soldati e carri armati. I militari avrebbero fatto irruzione anche nella città meridionale di Tafas, presso Deraa epicentro delle proteste contro il presidente Assad. Testimoni sostengono di aver udito colpi d'arma da fuoco e di aver visto soldati e poliziotti entrare nelle case per arrestare alcuni giovani. I blindati siriani occupano poi la città costiera di Banias, dove ieri, secondo attivisti per i diritti umani, almeno 6 persone, fra cui 4 donne, sono state uccise dai militari. E riferendosi alla situazione siriana il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha detto che è ancora possibile un percorso per le riforme. “Per questo – ha aggiunto il responsabile della diplomazia Usa - continuiamo insieme ai nostri alleati a fare pressioni".
Yemen
Mano dura contro i manifestanti anche nello Yemen. Ieri due studenti sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco e altre 15 persone sono rimaste ferite mentre partecipavano ad una manifestazione ad al-Maafer, a sud della capitale Sanaa.
Libia
Dura offensiva delle forze fedeli a Gheddafi ieri contro diverse località del Paese controllate dagli insorti. Almeno 9 ribelli sono morti e altri 50 feriti nella città libica di Zenten, a sud- ovest di Tripoli. Le milizie governative hanno attaccato anche, per la terza volta dall'insurrezione, la remota città petrolifera di Jalu, nel deserto a sud di Ajdabiya. Gli assalti sono comunque falliti e i centri abitati sono rimasti nelle mani degli insorti. Intanto continuano a bruciare i depositi di petrolio a Misurata, all’indomani dei bombardamenti delle forze del rais. L’aviazione di Gheddafi sarebbe riuscita a violare la no-fly zone, usando velivoli normalmente destinati a scopi civili. E fa discutere, infine, l’annuncio del Consiglio di transizione, secondo cui l’Italia presto fornirà armi agli insorti. Immediata è arrivata la smentita della Farnesina. Fonti del ministero sottolineano che l'Italia fornisce "materiali per l'autodifesa" ma nessun materiale d'attacco.
Immigrazione
Nuova tragedia dell’immigrazione nelle acque del Mediterraneo, un barcone con oltre 600 persone è naufragato ieri, subito dopo la partenza, davanti alle coste libiche, nei pressi di Tripoli. Al momento non è stato fornito alcun bilancio ufficiale delle vittime, ma testimoni riferiscono di decine di morti mentre in molti si sarebbero salvati raggiungendo a nuoto la riva. Fonti non confermate parlano di 16 cadaveri recuperati e di almeno 32 dispersi. Nel complesso si tratta di profughi provenienti dall’africa sub sahariana. Strage sfiorata invece davanti alle coste di Lampedusa, dove nella notte un barcone proveniente dalla Libia si è incagliato sugli scogli facendo cadere in mare gli oltre 500 migranti che vi erano a bordo. Grazie alla tempestività dei soccorsi non ci sono state vittime. Finanzieri, uomini della capitaneria, carabinieri, poliziotti, volontari hanno formato una catena umana per recuperare tutte le persone finite in acqua. Secondo alcune stime, sarebbero circa mille le persone ingoiate dalle acque del Mediterraneo in questi primi mesi del 2011.
Iraq, rivolta nella prigione di Baghdad
Sono almeno 18 i morti nella rivolta scoppiata nella notte in una prigione di Baghdad gestita dall'Unità per la lotta al terrorismo del ministero degli Interni iracheno. Lo hanno riferito fonti della sicurezza, precisando che tra le vittime ci sono sette agenti. Mentre tra i prigionieri rimasti uccisi risulta anche un leader locale di Al Qaeda. Si tratta dell'''Emiro di Baghdad'', Huthaifa al-Batawi, considerato la mente dell'attacco del 31 ottobre scorso contro la chiesa cattolica "Nostra signora della Salvezza", in cui hanno perso la vita 50 persone.
Afghanistan
È di 21 talebani morti, tra i quali sette kamikaze, il bilancio di 48 ore di duri scontri a Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. Tre i civili rimasti uccisi, mentre sono due le vittime tra gli agenti della polizia locale. Lo ha annunciato Zmarai Bashari, portavoce del ministero dell'Interno afghano. Nel corso dell'attacco, che ha preso di mira gli edifici pubblici della città, sono state utilizzate anche due autobomba. In due giorni sono state udite almeno 25 esplosioni. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 128