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Sommario del 04/05/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Pregare è parlare con Dio: all'udienza generale il Papa inaugura un nuovo ciclo di catechesi
  • Rinunce e nomine
  • Libertà religiosa di nuovo minacciata nel mondo: così il Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Versioni contrastanti sul blitz contro Bin Laden. La figlia: catturato e ucciso
  • Libia: bombe su Misurata. Raid italiani: passano le mozioni di maggioranza, Pd e Terzo Polo
  • La Commissione Europea: più solidarietà davanti all'emergenza immigrazione
  • Mons. Paglia: la vecchiaia è un dono non una disfatta
  • Negato a troppi bambini il diritto alla famiglia
  • Chiesa e Società

  • Nigeria: il vescovo di Kano è preoccupato per le possibili reazioni all'uccisione di Bin Laden
  • Russia: il Patriarcato di Mosca contro i festeggiamenti per la morte di Bin Laden
  • Padre Pizzaballa: la “primavera araba” alla base dell’accordo tra Fatah e Hamas
  • Francia: giornata di sensibilizzazione e mobilitazione per la libertà religiosa
  • Costa d'Avorio: per l'Onu resta drammatica la situazione umanitaria
  • Somalia: violenze, siccità e carovita deteriorano la situazione umanitaria
  • Irlanda del Nord: alla vigilia del voto i vescovi richiamano il tema della povertà
  • Cuba: la comunità cattolica in festa per la beatificazione di Giovanni Paolo II
  • Filippine: nell'ex campo profughi di Morong il primo santuario dedicato al Beato Giovanni Paolo II
  • A Washington apre il “Seminario Beato Giovanni Paolo II”
  • Madagascar: ad Antananarivo intitolata una strada a Papa Wojtyla
  • Giappone: veglie di preghiera in tutto il Paese per la Beatificazione di Papa Wojtyla
  • L'Università di Tor Vergata rende omaggio a Giovanni Paolo II
  • India: reazioni della Chiesa al Rapporto 2011 della Commissione Usa sulla libertà religiosa
  • Sud Sudan: “Dieci passi per l'Unità” promossi dalla diocesi di Rumbek
  • Argentina: riflessione della Chiesa per la festa del lavoro sullo sfondo della crisi economica
  • Colombia: gravi danni causati dalle inondazioni
  • Australia: la Chiesa chiede più risorse per le scuole cattoliche
  • Germania, cattolici ed evangelici insieme nella Settimana per la vita
  • La Santa Sede presente con un suo padiglione alla Fiera del Libro di Santo Domingo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Firmato al Cairo l’accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas
  • Il Papa e la Santa Sede



    Pregare è parlare con Dio: all'udienza generale il Papa inaugura un nuovo ciclo di catechesi

    ◊   All’udienza generale di stamani in una Piazza San Pietro gremita di fedeli, Benedetto XVI ha iniziato una nuova serie di catechesi dedicata al tema della preghiera. L’uomo di tutti i tempi, ha osservato il Papa, prega perché “non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai fedeli polacchi venuti a Roma per la Beatificazione di Giovanni Paolo II e, all’inizio del mese mariano, ha affidato alla Vergine i giovani, i malati e le famiglie. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Pregare è parlare con Dio: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che nella sua prima catechesi dedicata alla preghiera ha rilevato come in tutti i tempi gli uomini si siano rivolti a Dio. Nelle prossime catechesi, ha rivelato dunque il Papa, cercheremo di imparare a vivere ancora “più intensamente il nostro rapporto con il Signore, quasi una ‘scuola di preghiera’”:

    “Sappiamo bene, infatti, che la preghiera non va data per scontata: occorre imparare a pregare, quasi acquisendo sempre di nuovo quest’arte; anche coloro che sono molto avanzati nella vita spirituale sentono sempre il bisogno di mettersi alla scuola di Gesù per apprendere a pregare con autenticità”.

    Ed ha aggiunto che riceviamo la prima lezione dal Signore attraverso il suo esempio. I Vangeli ci descrivono, infatti, “Gesù in dialogo intimo e costante con il Padre: è una comunione profonda di colui che è venuto nel mondo non per fare la sua volontà, ma quella del Padre che lo ha inviato per la salvezza dell’uomo”. Ha così rilevato che pur con accenti diversi le antiche culture, dall’Egitto all’Antica Grecia, dalle religioni della Mesopotamia all’Antica Roma abbiano sempre espresso il desiderio di conoscere Dio. Il Papa ha citato Marco Aurelio che affermava la “necessità di pregare per stabilire una cooperazione fruttuosa tra azione divina e azione umana”. L’imperatore filosofo, ha dunque constatato, dimostra che la vita umana senza la preghiera, “diventa priva di senso e di riferimento”:

    “In ogni preghiera, infatti, si esprime sempre la verità della creatura umana, che da una parte sperimenta debolezza e indigenza, e perciò chiede aiuto al Cielo, e dall’altra è dotata di una straordinaria dignità, perché, preparandosi ad accogliere la Rivelazione divina, si scopre capace di entrare in comunione con Dio”.

    Negli esempi di preghiere delle diverse epoche e civiltà, ha soggiunto il Papa, “emerge la consapevolezza che l’essere umano ha della sua condizione di creatura e della sua dipendenza da un Altro a lui superiore e fonte di ogni bene”:

    “L’uomo di tutti i tempi prega perché non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo. La vita umana è un intreccio di bene e male, di sofferenza immeritata e di gioia e bellezza, che spontaneamente e irresistibilmente ci spinge a chiedere a Dio quella luce e quella forza interiori che ci soccorrano sulla terra e dischiudano una speranza che vada oltre i confini della morte”.
    Ha così affermato che le religioni pagane rimangono un’invocazione che dalla terra attende una parola dal Cielo. Un’attesa che la Rivelazione porta a compimento. E’ in Gesù, ha detto il Papa, che “l’uomo diventa capace di accostarsi a Dio con la profondità e l’intimità del rapporto di paternità e di figliolanza”. E’ Gesù che, nella preghiera, offre la “possibilità di un rapporto più profondo con il Padre Celeste”. Al momento dei saluti, rivolgendosi ai pellegrini di lingua polacca il Pontefice ha ricordato con gioia la Beatificazione di Giovanni Paolo II del primo maggio:

    Niech Jego zawierzenie Matce Bożej, zawarte w zawołaniu „Totus Tuus”...
    “Il suo affidarsi alla Madre di Dio, contenuto nell’invocazione “Totus Tuus” – ha detto – sia un incoraggiamento per ognuno di voi e per tutto il popolo polacco, per il quale Maria è Regina”. Dal Papa anche un saluto alle nuove guardie svizzere che giureranno il 6 maggio. Infine, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare alla Vergine, all’inizio del mese a Lei dedicato:

    “Cari giovani, mettetevi ogni giorno alla scuola di Maria Santissima per imparare da Lei a compiere la volontà di Dio. Contemplando la Madre di Cristo crocifisso, voi, cari malati, sappiate cogliere il valore salvifico di ogni sofferenza vissuta insieme con Gesù. E voi, cari sposi novelli, invocate la sua protezione materna, perché nella vostra famiglia regni sempre il clima della casa di Nazareth”.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Campo Grande (Brasile), presentata da mons. Vitório Pavanello, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Dimas Lara Barbosa, finora vescovo titolare di Megalopoli di Proconsolare ed ausiliare di São Sebastião do Rio de Janeiro. Mons. Dimas Lara Barbosa è nato a Boa Esperança, diocesi di Campanha, nello Stato di Minas Gerais. Ordinato sacerdote il 3 dicembre 1988 per il clero di São José dos Campos, è stato consacrato vescovo il 2 agosto 2003. Attualmente sta concludendo il quadriennio come segretario generale della Conferenza episcopale brasiliana (2007-2011).

    Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Belo Horizonte (Brasile) il rev. Wilson Luís Angotti Filho, del clero della diocesi di Jaboticabal, finora assessore della Commissione per la Dottrina della Fede della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani a Brasília, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tabe. Il rev. Wilson Luís Angotti Filho è nato il 5 aprile 1958 nella città di Taquaritinga, Stato di São Paulo, nella diocesi di Jaboticabal. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 19 dicembre 1982.

    Il Papa ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di São Paulo (Brasile) padre Júlio Endi Akamine, finora superiore provinciale della provincia "São Paulo" della Società dell’Apostolato Cattolico (Pallottini), assegnandogli la sede titolare vescovile di Tagamuta. Padre Júlio Endi Akamine è nato il 20 novembre 1962 a Garça, diocesi di Marília, nello Stato di São Paulo. Ha emesso la professione religiosa l'8 dicembre 1980. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 24 gennaio 1988.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Vitória (Brasile) padre José Aparecido Hergesse, finora procuratore generale dell’Ordine dei Chierici Regolari (Teatini) a Roma, assegnandogli la sede titolare vescovile di Assava. Padre José Aparecido Hergesse è nato il 15 luglio 1957 a Paranapanema, nella diocesi di Itapetininga, nello Stato di São Paulo. Dopo gli studi preparatori ha fatto ingresso nell’Ordine dei Chierici Regolari (Teatini) nel quale ha emesso la professione religiosa il 7 maggio 1983. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 26 gennaio 1985.

    Benedetto XVI ha nominato ausiliari dell'arcidiocesi di Medellín (Colombia) il rev. Edgar Aristizábal Quintero, del clero della diocesi di Cartago, finora direttore del Dipartimento per la Dottrina della Conferenza episcopale colombiana, assegnandogli la sede titolare di Castra di Galba, e il rev. Hugo Alberto Torres Marín, del clero della diocesi di Santa Rosa de Osos, finora rettore del Seminario Maggiore diocesano "Santo Tomás de Aquino", assegnandogli la sede titolare di Bossa. Il rev. Edgar Aristizábal Quintero è nato a Cartago il 2 dicembre 1965. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 7 dicembre 1990. Il rev. Hugo Alberto Torres Marín è nato a Briceño, diocesi di Santa Rosa de Osos, il 9 agosto 1960. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 24 novembre 1987.

    Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Macedonia mons. Janusz Bolonek, arcivescovo titolare di Madauro, nunzio apostolico in Bulgaria.

    Il Papa ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi i cardinali Velasio De Paolis e Kurt Koch e i monsignori Zigmunt Zimowski, Ambrogio Spreafico e Santos Abril y Castelló.

    Il Santo Padre ha nominato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede mons. Joseph Augustine Di Noia, domenicano, arcivescovo titolare di Oregon City, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

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    Libertà religiosa di nuovo minacciata nel mondo: così il Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

    ◊   L’autentica libertà religiosa permette alla persona umana di realizzarsi pienamente e in tal modo contribuire al bene comune della società. Lo sottolinea Benedetto XVI nel messaggio inviato alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, riunita per cinque giorni in Vaticano, sul tema “Diritti universali in un mondo diversificato. La questione delle libertà religiosa.” Esperti di varie discipline si sono interrogati ed hanno cercato risposte rispetto ai nuovi scenari geopolitici, alle nuove sfide ideologiche e culturali ed ai rischi crescenti di violazioni della libertà religiosa nel mondo. Il servizio di Roberta Gisotti.

    “Le radici della cultura cristiana dell’Occidente restano profonde”, ribadisce Benedetto XVI, quella “cultura che ha dato vita e spazio alla libertà religiosa e continua a nutrire la libertà religiosa e la libertà di culto costituzionalmente garantite di cui molti popoli godono oggi”. Ma pure “questi diritti umani fondamentali sono di nuovo sotto la minaccia di tendenze ed ideologie che vorrebbero impedire la libera espressione religiosa”, ammonisce il Papa. “Di conseguenza, la sfida di difendere e promuovere il diritto alla libertà di religione e la libertà di culto deve essere raccolta una volta di più ai nostri giorni”, sollecita il Santo Padre. “Naturalmente, ogni Stato ha il diritto sovrano di promulgare la sua legislazione e di esprimere diverse attitudini verso la religione nella legge. Cosicché vi sono alcuni Stati che permettono ampia libertà religiosa nella nostra comprensione del termine, mentre altri la limitano per una serie di ragioni, inclusa la diffidenza per la religione stessa”. Per questo “la Santa Sede – ha ricordato Benedetto XVI - continua a reclamare il riconoscimento del fondamentale diritto alla libertà religiosa da parte di tutti gli Stati, richiamandoli a rispettare, e se necessario proteggere, le minoranze religiose che, sebbene legate ad una fede diversa da quella della maggioranza, aspirano a vivere con i loro concittadini pacificamente, e a partecipare pienamente alla vita civile e politica della nazione, a beneficio di tutti". Già il Concilio Vaticano II “consapevole degli sviluppi nella cultura e nella società” propose un’interpretazione antropologica della libertà religiosa, dichiarando che tutti i popoli ‘sono per loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, specialmente quella religiosa’. “Il Concilio – spiega il Papa - fu attento a chiarire che questa libertà è un diritto di cui ogni persona gode liberamente e che dovrebbe essere quindi protetto e promosso dal diritto civile”. Infine la “sincera speranza” espressa da Benedetto XVI che gli esperti - nei vari campi legislativo, politico, sociologico economico - convocati dall’Accademia delle Scienze sociali – portino “nuove intuizioni su questa importante questione”.

    A riferire sui risultati della Plenaria è stata questa mattina, in una conferenza stampa, Mary Ann Glendon, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, fondata nel 1994 da Giovanni Paolo II, la cui beatificazione ha dato un carattere speciale e memorabile a questa sessione, nel 20.mo anniversario della Centesimus annus, di cui l’Accademia può ritenersi un frutto fecondo:

    “I would say we got, from this meeting, some good news …”
    La Glendon ha riportato luci ed ombre, evidenziando quattro tipologie di minacce alla libertà religiosa, lo stato di coercizione e persecuzione dei credenti; le restrizioni delle libertà religiose delle minoranze; la pressione sociale sulle minoranze religiose che ne riduce comunque le libertà e la crescita del fondamentalismo secolare nei Paesi occidentali, che considerano i credenti una minaccia per la laicità e le politiche liberal-democratiche. ''Il 70% della popolazione mondiale - ha denunciato Mary Ann Glendon - vive in Paesi che impongono forti restrizioni sul piano della libertà religiosa e di culto. E, il rischio più grande oggi, ha concluso la Glendon, è la volontà di confinare la religione nella sfera del privato.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All'udienza generale Benedetto XVI inizia un nuovo ciclo di catechesi sul significato della preghiera.

    La libertà di religione è un diritto fondamentale: il messaggio del Papa alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.

    Un Credo “all'italiana”: stralci dal programma del concerto offerto a Benedetto XVI dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

    Nell'informazione internazionale, in primo piano l'uccisione di Osama Bin Laden: tensione tra Stati Uniti e Pakistan, al setaccio il computer trovato nel nascondiglio del leader di Al Qaeda.

    Nuove alleanze in America latina: Pierluigi Natalia sulla costituzione della Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici.

    La reggia italiana di Napoleone: Antonio Paolucci sul lavoro dell'architetto Raffaele Stern al palazzo del Quirinale.

    I capolavori saccheggiati: Sandro Barbagallo sulla mostra “Napoleon und Europe. Traum und Trauma” tenutasi a Bonn.

    La vecchiaia è un dono: monsignor Paglia al convegno cattolico-ortodosso della Comunità di Sant’Egidio dedicato alla terza età.

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    Oggi in Primo Piano



    Versioni contrastanti sul blitz contro Bin Laden. La figlia: catturato e ucciso

    ◊   Potrebbero essere diffusi, nelle prossime ore, documenti esclusivi sull’operazione che ha portato alla morte di Osama Bin Laden. Le autorità americane stanno valutando l’opportunità di diffondere alcune fotografie del blitz e del corpo senza vita dello sceicco saudita. L’obiettivo è di fugare ogni dubbio sulla sua morte. Ma il rischio è che le immagini, definite “agghiaccianti”, possano essere utilizzate da gruppi estremisti islamici come strumento di propaganda antiamericana. Secondo la Cnn, alcune fotografie, scattate in un hangar in Afghanistan, mostrano una profonda ferita alla testa di Osama Bin Laden. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Oltre ad alcune fotografie, potrebbero essere diffusi anche il video della sepoltura in mare e un messaggio del leader di Al Qaeda, registrato pochi giorni prima della sua morte. In attesa della pubblicazione di documenti inediti, arrivano intanto nuovi dettagli sul blitz, durato 38 minuti. Al momento dell’irruzione, Osama Bin Laden non era armato. All’operazione, secondo il New York Times, hanno partecipato 79 militari delle forze speciali. Un funzionario dell’amministrazione statunitense ha dichiarato che le vittime sono almeno 5: oltre ad Osama Bin Laden, sono morti un figlio del leader di Al Qaeda, una donna, il corriere di fiducia dello sceicco saudita e suo fratello. Altre due donne sono rimaste ferite. Una di queste, identificata grazie ad un passaporto yemenita, è una delle mogli di Osama Bin Laden. La tv Al Arabiya, citando fonti della sicurezza pakistana, riferisce inoltre che, secondo una delle figlie dello sceicco, il leader di Al Qaeda è stato catturato vivo e poi ucciso dalle forze speciali. Secondo fonti di stampa pachistane, Osama Bin Laden sarebbe invece stato ucciso da una sua guardia del corpo che aveva ricevuto l’ordine di ucciderlo per evitare la cattura dello sceicco saudita.

    Dopo l’uccisione del leader di Al Qaeda, al quale dovrebbe probabilmente succedere il medico egiziano Al Zawahiri, la Cia è entrata in possesso di un “impressionante quantitativo di materiale”. Sono ritenuti, in particolare, una miniera d’oro i cinque computer, ora al vaglio dell’intelligence statunitense, trovati durante il blitz seguito in diretta dal presidente Barack Obama grazie ad una telecamera fissata sul casco di uno dei militari delle forze speciali. Il presidente degli Stati Uniti si recherà domani a Ground Zero, a New York, per incontrare alcuni familiari delle vittime dell’11 settembre 2001. Non sarà presente, invece, l’ex presidente George W. Bush, capo di Stato americano all’epoca degli attentati. L’amministrazione americana, secondo il quotidiano Washington Post, sta anche valutando la possibilità di trovare un accordo negoziale con i talebani per un’uscita dal conflitto in Afghanistan. In vari Paesi, infine, sono state rafforzate le misure di vigilanza e controllo. In Italia il Ministero dell’Interno ha potenziato le misure di protezione per i luoghi di culto e i simboli della cristianità.

    Dal Pakistan, intanto, si leva la forte richiesta d’aiuto alla comunità internazionale per combattere il terrorismo. Il primo ministro pachistano, Yousuf Gilani, in visita a Parigi ha sottolineato che “la sicurezza e la lotta contro l'estremismo o il terrorismo non sono il compito di una sola Nazione”. Risposte importanti si attendono dai computer e dai documenti sequestrati dai militari americani nel covo di Osama. Che cosa potrebbe venir fuori dall’analisi di questi dati? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’esperto di politica internazionale, Paolo Mastrolilli:

    R. - Gli esperti dell’intelligence americana, in sostanza, cercano due cose. Prima di tutto capire se ci sono dei segnali, delle indicazioni su nuovi attentati che Al Qaeda stava preparando e, seconda cosa, se ci sono degli elementi per individuare altri leader dell’organizzazione che non sono stati ancora scoperti. C’è anche un terzo elemento: capire se abbiano delle capacità speciali che non sono state ancora scoperte, ossia armi chimiche o altre armi che non si sapeva Al Qaeda possedesse.

    D. - Smantellare Al Qaeda vuol dire eliminare gran parte del rischio terrorismo nel mondo?

    R. - Eliminarlo in maniera definitiva probabilmente no, perché Al Qaeda ormai si è organizzata come una struttura “in franchising” dove, in sostanza, le cellule isolate possono colpire in qualunque parte del mondo su iniziativa personale. Un altro elemento fondamentale è che naturalmente tutti i membri di Al Qaeda non sanno, a questo punto, che cosa è nelle mani dell’intelligence americana. Mentre quando viene preso un responsabile di medio livello dell’organizzazione i capi probabilmente sanno di che informazioni disponeva questa persona e quindi sanno quali sono i membri dell’organizzazione bruciati o piani che sono stati scoperti, in questo caso, forse, la maggior parte dei membri di Al Qaeda non sanno cosa c’era nei computer di Bin Laden e quindi non sanno più se sono sicuri o no.

    D. - L’indebolimento di Al Qaeda potrebbe avere delle ricadute positive, in Afghanistan e Pakistan, per quello che riguarda i rapporti, per ora esclusivamente conflittuali, con i talebani?

    R. - Al momento sono emerse due scuole di pensiero. Una è quella che spera che da quest’azione contro Bin Laden possa maturare uno sviluppo che favorisca questo tentativo di conciliazione che gli americani, insieme ai leader afghani, stanno cercando di condurre nel Paese e quindi convincere i talebani ad accettare il dialogo piuttosto che lo scontro frontale. C’è, però, anche un’altra scuola di pensiero che sostiene l’esatto opposto, cioè che i talebani reagiranno all’uccisione di Bin Laden scatenando una serie di azioni e rifiutando il processo di pace, cercando di radicalizzare il conflitto proprio per impedire agli americani di utilizzare la morte di Bin Laden come una giustificazione ed uno strumento per abbandonare finalmente l’Afghanistan, possibilmente pacificato.

    D. - Come può cambiare, in generale, il rapporto con il mondo islamico?

    R. - Questo, naturalmente, è un altro elemento fondamentale, che si collega anche alle analisi che stanno facendo i responsabili della Casa Bianca per decidere se rilasciare o meno delle foto di Bin Laden, riprese durante il raid. Il mondo islamico in generale sembrava aver abbandonato Al Qaeda e Bin Laden. E’ stato chiaro, durante la primavera araba, dall’Egitto agli altri Paesi dove ci sono state le proteste, che le persone che sono scese in piazza non lo hanno fatto nel nome di Al Qaeda e di Bin Laden. Ora bisogna fare in modo che quest’operazione non crei invece delle reazioni negative di irritazione e risentimento da parte del mondo arabo e musulmano per il modo in cui è stata gestita l’operazione e per il modo in cui è stato trattato il corpo di Osama Bin Laden. Quindi, evitare che questo successo strategico contro il terrorismo si trasformi poi in un insuccesso a livello d’immagine. (vv)

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    Libia: bombe su Misurata. Raid italiani: passano le mozioni di maggioranza, Pd e Terzo Polo

    ◊   Resta alta la tensione in Libia: almeno cinque persone sono rimaste uccise oggi nei bombardamenti delle truppe fedeli a Gheddafi al porto di Misurata. Questa mattina a Tripoli tre esplosioni successive, probabilmente un nuovo attacco aereo della Nato, seguono l’esplosione, la notte scorsa, di un’autobomba a Bengasi, nei pressi della sede del Consiglio nazionale di transizione libico, proprio nelle ore in cui scadeva la proposta di amnistia lanciata dal governo ai ribelli di Misurata, ultimatum che potrebbe essere prolungato. E proprio a Misurata almeno 23 giornalisti chiedono all’Organizzazione internazionale dei migranti di essere evacuati dalla città da giorni sotto l’assedio delle truppe fedeli a Gheddafi. Secondo le ultime stime dell’Unione europea, infine, sono già 650mila le persone che hanno lasciato il Paese per sfuggire alla guerra e alle violenze.

    Intanto, in Italia, alla Camera dei Deputati è stata approvata la mozione della maggioranza sull'intervento militare italiano in Libia, su cui il governo aveva espresso parere favorevole. I voti favorevoli sono stati 309, i contrari 294. Due gli astenuti. Berlusconi soddisfatto: "Ancora una volta la maggioranza dimostra solidità". Approvate anche le mozioni del Partito Democratico e del Terzo Polo. Bocciata invece la mozione contro l’intervento militare, promossa dall'Italia dei valori, che aveva avuto parere contrario del governo. Prima del voto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, aveva precisato il significato delle mozioni: non un termine alla durata delle operazioni in Libia, che non è nelle competenze dell’Italia, ma un termine prefissato alle azioni mirate italiane contro obiettivi militari in territorio libico.

    Sono enormi le difficoltà per i medici impegnati sul campo in varie città della Libia, dove le condizioni delle strutture sanitarie sono pessime. Anche per questo il governo provvisorio dei ribelli ha chiesto l’intervento dell’Onu e l’Italia ha prontamente risposto trasportando 25 feriti all’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma. Luca Attanasio ne ha parlato con il prof. Aldo Morrone, neodirettore generale del nosocomio, che nei giorni scorsi era in Libia con una task force:00:01:59:06

    R. – Siamo andati in Libia a Bengasi e abbiamo individuato, visitato, 25 persone ferite, quasi tutti combattenti delle battaglie di Misurata: si tratta soprattutto di giovani che hanno traumi cranici, ferite di proiettili, frammenti di mine, frammenti di bombe. Quindi, pazienti sufficientemente seri e anche abbastanza gravi. Abbiamo deciso con l’autorizzazione e la richiesta delle autorità libiche di portarli in Italia per curarli e appena staranno meglio riportarli in Libia, con la possibilità di portare altri feriti a Roma.

    D. – Avete avuto problemi di tipo pratico a svolgere il vostro compito?

    R. – Immediatamente dopo l’atterraggio, quando siamo usciti dal C-130 dell’aeronautica militare siamo stati accolti con grande gioia da tutta la popolazione locale presente all’aeroporto di Bengasi. Ci sono stati consegnati fiori in segno di grande amicizia e di grande gratitudine nei confronti dell’Italia che seguiva questa operazione. Ovviamente la situazione a Bengasi è molto difficile e drammatica e, quindi, questo nostro impegno umanitario è stato accolto con grande gioia dalla popolazione.

    D. – Lei ha passato poche ore in Libia, si è fatto un’idea di come può evolvere la situazione?

    R. – Intanto, la situazione, anche per quelle poche ore che abbiamo trascorso a Bengasi, è di una guerra vera, di una guerra drammatica, con persone che muoiono davvero, con persone ferite molto gravi. In Europa si ha un’idea di una guerra più mediatica che reale. Ci sono sofferenze, drammi, tantissimo dolore, i feriti sono tutti uomini, proprio perché sono loro che combattono in questo momento. Il dolore delle sorelle, delle madri che noi abbiamo visto, che abbracciavano questi feriti che noi trasportavamo in Italia era immenso. Si scopre davvero una situazione di grande dolore, di grande sofferenza, una guerra vera, drammatica, con tante vittime. (ap)

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    La Commissione Europea: più solidarietà davanti all'emergenza immigrazione

    ◊   La Commissione Europea ha presentato stamane il suo nuovo piano di azione in tema di migrazione perché l’Europa abbia davvero una politica comune su questo tema. Si tratta di linee guida in cui compare la parola solidarietà accanto alle raccomandazioni sul controllo delle frontiere. Ma ascoltiamo l’intervista di Fausta Speranza al portavoce della Commissione Europea Michele Cercone:

    R. – I recenti eventi a cui abbiamo assistito nel Nord Africa indicano in maniera molto chiara che l’Europa deve fare ulteriori progressi, in vista di una politica comune dell’immigrazione. E’ una richiesta che viene prima di tutto dai cittadini europei, ma è una richiesta che è indispensabile, è un obiettivo che è indispensabile per dotare l’Unione Europea degli strumenti adeguati per poter far fronte a questo tipo di emergenza. L’obiettivo della comunicazione è esattamente questa: a 360 gradi lancia dei messaggi e delle richieste politiche agli Stati membri molto forti in settori che vanno dalla gestione dell’immigrazione regolare alla lotta all’immigrazione irregolare, la gestione delle frontiere esterne dell’Unione Europea, la gestione della libera circolazione all’interno dello spazio Schengen, la cooperazione e il partenariato con i Paesi terzi di origine e di transito dei migranti, il lavoro in materia di accordi di riammissione per garantire e facilitare il rimpatrio degli immigrati, che non hanno titolo legale per essere in Europa. Su tutti questi temi, questa comunicazione lancia un messaggio forte agli Stati membri, in vista di un impegno maggiore per la solidarietà e in vista anche – è importante ricordarlo – della necessità di occuparsi non solo dell’aspetto della migrazione legale e regolare, ma anche del problema dei richiedenti asilo e di coloro che hanno bisogno di protezione internazionale, perché accanto allo spazio comune di immigrazione, l’Europa ha bisogno di uno spazio comune dell’asilo, che esiste già in base alle normative in vigore, ma che deve essere rafforzato e, soprattutto, il termine solidarietà deve acquisire un significato nuovo e più concreto, soprattutto per quello che riguarda la reinstallazione delle persone, che possono aver bisogno della protezione internazionale, e la reinstallazione in particolare di coloro che si trovano in Paesi terzi e che hanno bisogno di aiuto lì dove sono e che con l’attività e il coordinamento dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Rifugiati potrebbero già trovare protezione internazionale in alcuni Paesi europei.

    D. – Quindi, in definitiva, adesso è la richiesta ai governi di agire...

    R. – Gli esempi possono essere un rafforzamento del sistema di Schengen per fare in modo che ci sia maggiore fiducia e che ci sia la possibilità per tutti i Paesi di sapere in anticipo quali sono le regole che si applicano e chi è competente per sorvegliare queste regole; la possibilità che le frontiere esterne dell’area Schengen possano essere meglio sorvegliate attraverso un ruolo più forte - il fronte dell’Agenzia per la sorveglianza delle frontiere - ma anche la possibilità di dotarsi di strumenti finanziari più rapidi, più flessibili per intervenire a favore degli Stati membri, che si confrontano con flussi migratori straordinari. Di certo c’è una cosa, la Commissione ha un ruolo propositivo, propulsivo, ma non scordiamoci che poi gli Stati membri hanno la competenza di stabilire quali di queste misure si trasformerà in azioni concrete. (ap)

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    Mons. Paglia: la vecchiaia è un dono non una disfatta

    ◊   La dimensione della vecchiaia da percepire come età della vita non di naufragio e disfatta, ma come un dono. Se ne è parlato oggi, in un convegno organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio dal titolo “il dono della vecchiaia, ortodossi e cattolici, nella vita della carità”. A prendere parte all'incontro, oltre a rappresentanti delle due confessioni, anche mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, intervistato da Francesca Sabatinelli:

    R. – Dalle profondità dell’esperienza storica e spirituale della Chiesa cattolica e dell’ortodossia, questa esperienza è di grande insegnamento anche oggi. Di fronte ad una società disperata, la Chiesa può ridare una prospettiva di speranza.

    D. – Mons. Paglia, nel suo intervento non a caso lei ha fatto proprio due esempi molto importanti per quanto riguarda la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che sono stati fondamentali per il rispetto dell’anzianità …

    R. – Io ho fatto l’esempio di che cosa abbia significato un “anziano” Papa – Giovanni XXIII – in un momento nel quale la sfida con la modernità, da parte della Chiesa, era enorme. Ebbene, da quell’anziano è nata una nuova primavera, e non solo per la Chiesa cattolica. E poi, la resistenza nella preghiera, diciamo: la perseveranza, di tante donne anziane durante il periodo sovietico: hanno salvato non solo la Chiesa ortodossa russa, ma hanno dato un contributo alla rinascita della fede in una maniera assolutamente straordinaria. Due piccoli esempi che contrastano con l’efficientismo della società contemporanea, giovanilista e mercatista, e anche contro l’esclusione degli anziani dalla vita. A mio avviso è un messaggio che dobbiamo riscoprire, anche all’interno della Chiesa cattolica. E qui faccio un ulteriore esempio: quello del rischio di una concezione giovanilista della Chiesa, dimenticando la cura che dobbiamo agli anziani i quali devono vivere questo tempo della loro vita non come una disfatta, ma come un grande insegnamento per chi dovrà prendere il loro posto, e per loro stessi, per testimoniare la speranza nel futuro: la vita non finisce con la morte! E io vorrei sottolineare la straordinaria forza che ha dato Giovanni Paolo II quando all’età anziana quando lui stesso lo è diventato. Giovanni Paolo II ha dimostrato che è con l’adesione a Dio, con la fiducia in Dio che si indica il cammino ai propri fedeli ed ecco perché io credo che oggi sia ancora importante riscoprire quanto l’essere anziani che sanno pregare, che sanno sperare, che sanno vivere questo tempo, non come un naufragio, questa testimonianza io credo che sia molto più forte di tanti tentativi di coloro che credono che sia l’organizzazione che salva. No: salva la fede, salva la speranza e salva quest’abbandono in Dio che nelle persone anziane si manifesta in una maniera chiarissima.

    D. – Lei ha citato Giovanni Paolo II, il Pontefice che ha traghettato la Chiesa nel XXI secolo: “il Papa dei giovani”, è stato sempre chiamato. Voi oggi avete presentato anche un Giovanni Paolo II attento agli anziani …

    R. – Esatto. Direi che non c’è contraddizione. Una volta, in particolare, ne abbiamo discusso: quando lui esortava la Comunità di Sant’Egidio ad allargare l’impegno con i giovani. E noi, un po’ impertinenti, se possiamo dirlo, gli dicevamo: “Ma, Padre Santo, guardi, che anche gli anziani sono il futuro della Chiesa!”. E il Papa, allora, con grande intelligenza, disse: “Allora, sì: il futuro della Chiesa è l’incontro tra la generazione dei giovani e quella degli anziani”. Ed ecco perché questo Papa anziano ha saputo restare giovane nel cuore, circondandosi di giovani ma facendo anche una bellissima lettera per gli anziani, e nel Giubileo, un anno anche per loro! (gf)

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    Negato a troppi bambini il diritto alla famiglia

    ◊   E’ spesso difficile la situazione dei 23.100 minori italiani che non vivono né con i genitori né con i parenti. Di questi 15.500 sono ospiti di strutture residenziali e solo 7.600 sono accolti in affidamento familiare. Un tema su cui sensibilizzare l’opinione pubblica e che sarà al centro della Settimana “del diritto alla famiglia”, dal 9 al 15 maggio. Alessandro Guarasci:

    Troppi bambini ancora non hanno un padre o una madre, anche affidatario, a cui rivolgersi. Dal 2001, quando per legge chiusero gli orfanotrofi, di passi in avanti ne sono stati fatti, ma la strada da compiere e ancora lunga. Infatti, dei 15500 ragazzi ospitati in strutture residenziali almeno la metà avrebbero bisogno di una famiglia affidataria. Da lunedi quindi parte una settimana di sensibilizzazione, fatta di convegni e iniziative in varie parti d’Italia che terminerà a Nomadelfia, dove 30 anni fa don Zeno fondò la sua prima comunità. Ad organizzarla l’associazione Progetto Famiglia. Marco Giordano, presidente della rete di famiglie affidatarie dell’associazione:

    “Dopo aver cercato per anni famiglie affidatarie - senza trovarle o trovandone poche - abbiamo iniziato a trovare molto più facilmente famiglie solidali. Da queste, nell’arco di un certo periodo di tempo, emergono spontaneamente le famiglie affidatarie. E’ come se ci fosse una graduale alfabetizzazione alla solidarietà e all’accoglienza. Quanto i servizi, quanto l’associazionismo, quanto gli amministratori, quanto la Chiesa, quanto tutti quelli che hanno responsabilità si pongono il problema di far sì che in una scuola ci sia un coefficiente di solidarietà reciproca tra famiglie più forte? Lo stesso nel quartiere, nel condominio e così via. Questo lo stiamo sperimentando in piccolo e vediamo che funziona”.

    Le istituzioni a livello nazionale hanno un ruolo di coordinamento, visto che i servizi per questi minori sono gestiti dalle Regioni. Ma comunque in primo piano è il ruolo della famiglia, come dice Roberto Marino, direttore del dipartimento per la Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri:

    “Si afferma un ruolo sociale, politico, pubblico della famiglia che va in controtendenza, perché oggi, sempre di più, si tendono a considerare private le scelte famigliari, la scelta stessa se sposarsi o non sposarsi, di creare una famiglia, le scelte che riguardano l’educazione dei figli. Credo che quest’aspetto sia un aspetto che è fortemente presente in quest’iniziativa e che non può non interessare ed appassionare chiunque si occupi di politica della famiglia”.

    Una sfida che si può vincere, con la massima attenzione delle istituzioni.

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    Chiesa e Società



    Nigeria: il vescovo di Kano è preoccupato per le possibili reazioni all'uccisione di Bin Laden

    ◊   “Esiste la preoccupazione che la morte di Bin Laden possa provocare atti violenti a Kano. Non sappiamo cosa potrà succedere” dice all’agenzia Fides mons. John Namaza Niyiring, vescovo di Kano, nel nord della Nigeria. “I musulmani del nord del Paese sono particolarmente sensibili a quello che succede nel resto del mondo, basti ricordare gli incidenti scoppiati dopo la pubblicazione delle vignette danesi ritenute blasfeme nei confronti del profeta Mohammed” sottolinea mons. Niyiring. A Kano negli ultimi giorni la tensione è salita a causa delle violenze seguite alle elezioni presidenziali del 16 aprile, vinte dal Presidente uscente Goodluck Jonathan. “Il 18 aprile, mentre il conteggio dei voti indicava la ormai certa rielezione di Jonathan, una folla di giovani, delusa dal risultato, ha attaccato le case di alcuni importanti uomini politici e diverse strutture della Chiesa - riferisce il vescovo di Kano -. Centinaia di giovani hanno dato alle fiamme quattro chiese (St. Mary’s a Kano, St.Therese’s a Hadejia, St.Mary’s a Rahama Rawuni, St’Augustine’s a Zango), una scuola cattolica primaria a Hadejia, una stazione missionaria ed altre strutture della Chiesa cattolica. Anche altre confessioni cristiane sono state attaccate. Questi atti sono probabilmente ispirati da alcuni politici che si servono delle religione come arma di propaganda - continua il presule -. La Nigeria è un Paese pluralistico, dove vi sono diverse fedi e comunità. I cattolici, e in generale i cristiani, vogliono solo uno Stato che garantisca a tutti il pieno diritto alla libertà religiosa, nella sicurezza e nella pace”. Sull’ipotesi che negli ultimi avvenimenti di Kano vi possa essere la mano della setta “Boko Haram”, il vescovo risponde: “Non lo si può escludere, anche se la presenza di questa setta a Kano è meno visibile rispetto a Maiduguri e ad altre zone del nord della Nigeria. Boko Haram (che si può tradurre “l’educazione occidentale è proibita”) è contro la democrazia, contro la Costituzione nigeriana, contro il governo e, più in generale, contro la cultura e l’educazione occidentale. I suoi membri hanno nel mirino non solo i cristiani ma anche i membri dell’amministrazione statale e i musulmani che non la pensano come loro. Per risolvere queste tensioni auspico la creazione, anche a Kano, del Nigeria Inter-religious Council (Nirec), un forum di dialogo che riunisce i leader religiosi, cristiani e musulmani, per promuovere la pace e il dialogo interreligioso. Il Nirec esiste a livello federale e il governo centrale ha auspicato che tutti gli Stati della Federazione si dotino di tale organismo. Nel nostro Stato però deve essere ancora costituito” conclude mons. Niyiring. (R.P.)

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    Russia: il Patriarcato di Mosca contro i festeggiamenti per la morte di Bin Laden

    ◊   Monito del Patriarcato di Mosca a non rallegrarsi per la morte di Osama Bin Laden, ucciso il 1° maggio da un'operazione a guida Usa. "La Chiesa russo-ortodossa non condivide il giubilo che si è visto in alcuni Paesi - ha detto ieri a Interfax l'arciprete Georgy Roschin, vice capo del dipartimento del Patriarcato per le Relazioni tra Chiesa e società - chiunque muoia, sia egli il più grande male o il maggiore terrorista, sarà giudicato solo da Dio". Per il sacerdote, l'eliminazione del capo di al Qaeda non risolve il problema del terrorismo in sé: "La questione principale è prendere le decisioni giuste e celebrare i successi finalizzati a risolvere il problema in generale e non a eliminare un membro di un gruppo terroristico". Differente posizione, invece, quella del mufti supremo dell’Autorità spirituale centrale dei musulmani di Russia, Talgat Tudzhuddin, che ha accolto con gioia l’uccisione dello sceicco del terrore. “Questo è l’unico modo per affrontare il terrorismo internazionale”, ha dichiarato il leader musulmano. “Probabilmente Bin Laden non era l’unico a fomentare l’estremismo tra i wahhabiti – ha aggiunto Tudzhuddin – ora bisogna pensare a come sradicare veramente il terrorismo globale”. Alla domanda se in Russia ci siano molti seguaci di Osama, il mufti ha risposto deciso: “Assolutamente no. La maggioranza dei musulmani russi non accetta l’estremismo”. “Il nostro Paese – ha proseguito – sta dando un buon esempio di come cristiani e musulmani possano vivere insieme, anche grazie alla Chiesa russo-ortodossa. I fedeli dell’islam e del cristianesimo hanno trovato da tempo la giusta via di mezzo in Russia, che ci permette di rimanere fratelli senza contrapposizioni”. Sull’eliminazione del terrorista più ricercato al mondo è intervenuto con parole forti anche il rabbino capo di Russia, Berel Lazar, che ha definito l’evento “un trionfo della giustizia”. (R.P.)

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    Padre Pizzaballa: la “primavera araba” alla base dell’accordo tra Fatah e Hamas

    ◊   Al Cairo si è svolta la cerimonia per la firma del documento di riconciliazione nazionale palestinese tra Fatah e il movimento islamico Hamas. Ma nonostante la speranza per questo accordo “le ostilità tra Fatah e Hamas non spariscono di punto in bianco”, sottolinea padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta. “Di accordi annunciati - afferma alll'agenzia AsiaNews - ne abbiamo visti e sentiti a centinaia in passato”. In questa attuale fase storica, però, il contesto è profondamente mutato e “le rivoluzioni nel mondo arabo degli ultimi mesi sono una spinta forte per questa riconciliazione. La riunificazione dei palestinesi – spiega padre Pizzaballa - è una necessità molto importante. In questo ultimo periodo – ricorda il Custode di Terra Santa - il mondo arabo è cambiato in maniera radicale, più in cinque mesi che in tantissimi anni”. E la popolazione palestinese è stanca della divisione tra Fatah e Hamas. “Vuole un cambiamento forte che vada oltre le due fazioni e affronti i problemi reali del territorio e delle persone”. E cambiamenti così improvvisi, come quelli che si sono avuti nei Paesi arabi, “sono stati senz’altro una grossa spinta”. Padre Pizzaballa sottolinea anche come ormai la trattativa israelo-palestinese sia ferma. Per questo motivo, “bisogna lavorare sul fronte interno. Una riunificazione dei palestinesi - conclude - è una necessità fondamentale, sotto tutti i punti di vista”. (A.L.)

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    Francia: giornata di sensibilizzazione e mobilitazione per la libertà religiosa

    ◊   Una cinquantina di palme di diverse varietà, dune di sabbia, una fonte d’acqua: si presenta così, oggi, il sagrato della cattedrale di Notre-Dame, a Parigi, in occasione della giornata di sensibilizzazione e mobilitazione per la libertà religiosa organizzata da “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, opera di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten. L’obiettivo è di evocare la fragile libertà religiosa nel mondo e di rappresentare tutti gli uomini umiliati, perseguitati, uccisi a causa della loro fede religiosa, siano essi cristiani, musulmani, ebrei, indù, buddisti. L’iniziativa, intitolata "La palme de la liberté", si articola in tre momenti centrali: l’Oasi della pace, allestita dalle 9 alle 22 sul sagrato di Notre-Dame; la concelebrazione eucaristica presieduta in cattedrale, alle 18.30, dall’arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois; la Notte dei testimoni (subito dopo la Messa), con la veglia di preghiera per i cristiani perseguitati nel mondo. Sono attese più di cinquantamila persone. La veglia di preghiera, a conclusione dell’evento, costituirà uno dei momenti più significativi della giornata. Vi parteciperanno, dando testimonianza della loro vita quotidiana, fatta anche di minacce e intimidazioni, mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad, in Pakistan, mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo emerito di Mossul dei Siri, in Iraq, e mons. Youhanna Golta, vescovo di curia di Alessandria dei Copti, in Egitto. “Consacrare una giornata dell’anno alla libertà religiosa — spiega il direttore di ‘Aiuto alla Chiesa che Soffre’, Marc Fromager — è un segno di incoraggiamento forte per tutte le vittime nel mondo”. “Oggi una persona su due vive in Paesi dove questo diritto non è pienamente rispettato”. Il 75% delle persone discriminate per motivi religiosi sono cristiani. “Aiuto alla Chiesa che Soffre” ricorda in particolare alcuni drammatici episodi. Tra questi, l’assassinio, lo scorso 2 marzo in Pakistan, del ministro per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, l’uccisione in Nigeria, il 13 marzo, di Ibrahim Abdullahi Bolori, religioso musulmano “colpevole” solo di aver criticato gli estremisti islamici, e gli attentati di inizio anno in Iraq e in Egitto. Per il cardinale Vingt-Trois, “il diritto alla libertà religiosa è uno dei fondamenti della vita sociale, la pietra di paragone dei diritti dell’uomo”. L’iniziativa La palme de la liberté aiuterà a comprendere, secondo il porporato, “come si costruisce, o si distrugge, un clima di tolleranza vera, di verità e rispetto, e come libertà d’espressione e libertà religiosa non si oppongano”. (A.L.)

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    Costa d'Avorio: per l'Onu resta drammatica la situazione umanitaria

    ◊   Resta allarmante la situazione umanitaria di decine di migliaia di civili in Costa d’Avorio nonostante nel paese si registri un miglioramento delle condizioni di sicurezza. Sono notevoli infatti le necessità riscontrate dai team di operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ogni volta che raggiungono nuovi gruppi di sfollati. Lo staff dell’Agenzia ora può nuovamente accedere a gruppi di sfollati - dentro e nei dintorni di Abidjan - che già assisteva prima che i combattimenti costringessero a sospendere le operazioni. Il numero di sfollati registrato dall’Agenzia in 31 siti è diminuito dai 35.000 della fine di marzo ai 14.000 della scorsa settimana. Le condizioni di vita sono particolarmente difficili poiché per settimane le persone non hanno potuto disporre di cibo adeguato. In un sito ad Abobo Avocatier - ha riferito un prete agli operatori Unhcr - quattro sfollati sono deceduti per la pressione derivante da questa situazione. Tra loro un ragazzo di quattordici anni. Nelle regioni nord-occidentali e centro-occidentali della Costa d’Avorio operatori Unhcr hanno raggiunto migliaia di persone costrette ad abbandonare le proprie case tra la fine di marzo e l’inizio di aprile. Hanno visitato almeno 15 località e riscontrato che quasi tutti gli sfollati erano ospitati da famiglie locali, anch’esse a loro volta in grave difficoltà: con le risorse in esaurimento e un solo pasto al giorno. Vogliono tornare a casa al più presto possibile, dicono molti sfollati allo staff Unhcr. Ma spesso le loro case e i loro villaggi sono stati danneggiati o distrutti. Molti sono traumatizzati. Gli abitanti di quartieri di alcune città, di notte cercano nascondigli sicuri. Con il ritorno delle agenzie umanitarie, migliorano lentamente le condizioni umanitarie a Duékoué, dove però il complesso della chiesa cattolica resta sovraffollato da 27.000 sfollati. L’Unhcr ha ripreso a lavorare all’allestimento di un campo nei pressi del villaggio di Nihably, che conta di completare in due settimane in modo da decongestionare la chiesa. Vi saranno inizialmente trasferite 8.000 persone che non sono in grado di tornare nelle proprie aree d’origine e poi - dopo un’ulteriore espansione del campo - altre 7.000. Sono invece 650 le famiglie di sfollati nella chiesa che si sono registrate per tornare al più presto nelle loro abitazioni nella città o nei suoi dintorni. La metà di loro è di Duékoué, gli altri per la maggior parte delle regioni lungo la strada per Bangolo, a 37 chilometri di distanza. Alcune famiglie inoltre sono riuscite a tornare a casa autonomamente, mentre altri sono in attesa di ricostruire le proprie case o di veder ripristinate condizioni di sicurezza accettabili. L’Agenzia inoltre invita il governo a rassicurare la popolazione civile accelerando l’impegno per ristabilire la presenza delle autorità locali. Nell’ovest della Costa d’Avorio gli sfollati sono ancora 200.000, secondo le stime. Altri 177.500 ivoriani sono invece registrati come rifugiati in 13 Paesi dell’Africa occidentale, 160.000 nella sola Liberia, dove peraltro continuano ad arrivare al ritmo di circa 250 al giorno. Dal giorno della cattura dell’ex presidente Laurent Gbagbo - l’11 aprile - è poi cresciuto il numero di arrivi anche in Ghana e Togo. Si tratta sempre più di giovani sostenitori di Gbagbo che dicono di essere fuggiti nel timore di rappresaglie. (R.P.)

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    Somalia: violenze, siccità e carovita deteriorano la situazione umanitaria

    ◊   Siccità, aumento dei prezzi e continui combattimenti che costringono la popolazione alla fuga: la combinazione di questi tre elementi sta causando un ulteriore deterioramento del quadro umanitario somalo. E’ quanto emerge dall’ultima nota diffusa dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e ripresa dall’agenzia Misna “L’impatto della siccità si sta ripercuotendo su gran parte della Somalia portando alla perdita di bestiame, al conseguente aumento dei prezzi e rendendo più difficili le capacità di sostentamento delle famiglie più povere” dice Grainne Moloney, responsabile di una unità della Fao – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – dedicata alla sicurezza alimentare. Nonostante sia iniziata la stagione delle piogge, il livello dei fiumi, Juba e Shabelle in particolare, resta sotto la media. Parte della popolazione delle regioni di Bay e Bakool è stata costretta a spostarsi in luoghi più ricchi d’acqua. Almeno 55.000 persone, secondo stime dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati hanno lasciato i loro villaggi di residenza a causa della siccità. Preoccupante anche il livello dei combattimenti. A Garbaharey, nel sud, secondo Radio Shabelle, intensi scontri tra forze governative e uomini del gruppo armato degli Shebab hanno lasciato sul campo nelle ultime ore circa 70 vittime tra cui molti civili. Difficile resta inoltre la situazione a Mogadiscio, dove è ancora limitato l’accesso al mercato di Bakara, la principale piazza per il reperimento di generi di prima necessità per migliaia di persone. (A.L.)

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    Irlanda del Nord: alla vigilia del voto i vescovi richiamano il tema della povertà

    ◊   In vista delle elezioni di domani in Irlanda del Nord, i vescovi esortano gli elettori a considerare le questioni relative alla povertà, soprattutto riguardo ai bambini. Il Consiglio Cattolico dell'Irlanda del Nord sulle Questioni Sociali, un sottocomitato della Conferenza dei vescovi cattolici dell'Irlanda, ha organizzato a Belfast un incontro pre-elettorale sul tema “Dalla crisi alla speranza: lavorare per raggiungere il bene comune”. Come riferisce l'agenzia Zenit, in un intervento durante l'incontro, mons. Noël Treanor, vescovo della diocesi di Down and Connor, ha dichiarato che “l'Irlanda del Nord è un’interfaccia unica in questa crisi globale: deve rispondere a tagli drammatici alla spesa pubblica su cui non ha un controllo efficace a causa della situazione economica nel Regno Unito. Il settore in cui ciò è forse più urgente è quello della povertà infantile”, ha commentato il presule, sottolineando che l'Irlanda del Nord ha “i livelli più alti di povertà infantile sia relativa che assoluta di tutte le regioni del Regno Unito e della Repubblica d'Irlanda. Più di 100.000 bambini in Irlanda del Nord vivono in povertà”, ha continuato il vescovo. “Ciò è inaccettabile. “Per i cristiani” - ha concluso mons. Treanor - “considerare tale questione come prioritaria è un dovere fondamentale di giustizia che deriva direttamente dall'imperativo evangelico di dare priorità nelle nostre cure ai 'piccoli' di Dio”. (G.P.)

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    Cuba: la comunità cattolica in festa per la beatificazione di Giovanni Paolo II

    ◊   Domenica scorsa, in occasione della beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, il nunzio apostolico a Cuba, mons. Giovanni Angelo Becciu, ha presieduto la Santa Messa nella cattedrale della capitale cubana. Il segretario del Consiglio di Stato, Homero Acosta e il vicecancelliere Dagoberto Rodríguez hanno assistito alla celebrazione liturgica. Di fronte a cinquecento fedeli che gremivano la cattedrale, il nunzio ha affermato che Giovanni Paolo II è stato “un amico di Cuba. Sappiamo con quale interesse e amore – ha aggiunto – sentiva la vita di questo Paese”. Papa Wojtyła è stato, finora, l’unico Pontefice ad aver visitato l’isola caraibica. Le immagini del suo viaggio apostolico a Cuba, dal 21 al 25 gennaio 1998, hanno fatto il giro del mondo. In questi giorni la frase più ripetuta, pronunciata da Giovanni Paolo II in quell’occasione, è un’esortazione sempre viva: “Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. Mons. Becciu – riferisce l’agenzia Zenit - ha anche ringraziato il governo cubano per il fatto di aver voluto inviare una delegazione ufficiale alla celebrazione, manifestando in questo modo “la sua soddisfazione per l‘evento e per le buone relazioni con la Santa Sede”. I cattolici di tutta l’isola hanno festeggiato la beatificazione di Giovanni Paolo II e in tutte le chiese dell'Avana le campane hanno suonato per disposizione del cardinale Jaime Ortega, creato cardinale da Giovanni Paolo II il 26 novembre 1994 Il porporato ha presenziato alla cerimonia di beatificazione in Piazza San Pietro a Roma, alla quale ha assistito anche una delegazione del governo cubano, guidata da Caridad Diego, responsabile dell'Ufficio per le Questioni Religiose del Partito Comunista. I media cubani e internazionali ricordano in questi giorni l'importanza per le relazioni internazionali che ha avuto la visita di Giovanni Paolo II a Cuba. (A.L.)

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    Filippine: nell'ex campo profughi di Morong il primo santuario dedicato al Beato Giovanni Paolo II

    ◊   Mentre migliaia di fedeli filippini hanno affollato domenica le chiese di Manila e delle altre grandi città per unirsi spiritualmente alla cerimonia della Beatificazione di Giovanni Paolo II a Roma in piazza San Pietro, sulla lontana isola di Luzon, nelle Filippine settentrionali, mons. Ruperto Cruz Santos, vescovo di Balanga, ha celebrato lunedì la cerimonia di dedicazione al nuovo beato di un piccolo santuario sorto nell’ex campo profughi di Morong. Il santuario - riferisce L'Osservatore Romano - è costituito solo da una modesta cappella, con il tetto di bambù, costruita negli anni Settanta all’interno della struttura che ospitava migliaia di boat people fuggiti dal Vietnam e da altri Paesi dell’Oriente. Giovanni Paolo II si era recato nel campo profughi nel 1981 per celebrare la santa messa nel corso del primo dei suoi due viaggi nelle Filippine. A quell’incontro di trent’anni fa con il Papa parteciparono migliaia di profughi vietnamiti, cinesi e indiani appartenenti a diverse fedi. Gli ospiti del campo rimasero profondamente colpiti dalla figura del Papa e molti di loro, ormai integrati nella società filippina, ancora ricordano commossi l’arrivo di quello che anche i giornali dell’epoca chiamarono l’«angelo bianco». Durante la cerimonia per la dedicazione al beato Giovanni Paolo II del piccolo santuario, mons. Ruperto Cruz Santos ha sottolineato il grande amore dei filippini verso il nuovo Beato, «che riuscì a colpire profondamente i loro cuori» nel corso delle sue due visite apostoliche nel 1981 e nel 1995, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. (R.P.)

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    A Washington apre il “Seminario Beato Giovanni Paolo II”

    ◊   L'arcidiocesi di Washington aprirà un nuovo seminario che porta il nome del Beato Giovanni Paolo II, beatificato questa domenica in Vaticano. Il cardinale Donald Wuerl – rende noto l’agenzia Zenit - ha istituito formalmente il “Seminario Beato Giovanni Paolo II”, che verrà benedetto il 22 ottobre, giorno della memoria liturgica del nuovo Beato. “Papa Giovanni Paolo II - ha dichiarato il porporato - è stato un modello speciale per tante persone come sacerdote, vescovo e Papa straordinario. Nel quarto di secolo in cui è stato Papa ha viaggiato ovunque, ha incontrato folle enormi e le ha incoraggiate con le parole: Non abbiate paura. Riponete la vostra fiducia in Dio. Aprite il vostro cuore a Cristo. Queste parole – ha aggiunto - hanno ispirato molti giovani alla vocazione”. I seminaristi potranno iniziare la formazione nel nuovo seminario nel mese di agosto. “Con il nuovo seminario”, ha detto il cardinale, “i giovani che sono stati ispirati ad essere parte della nuova evangelizzazione potranno iniziare la loro formazione qui 'a casa' ed essere parte della comunità cattolica di Washington fin dall'inizio”. Nell'arcidiocesi di Washington, attualmente, sono 67 i seminaristi. (A.L.)

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    Madagascar: ad Antananarivo intitolata una strada a Papa Wojtyla

    ◊   1760 metri: tanto è lunga la strada che è stata dedicata a Giovanni Paolo II ad Antananarivo, in Madagascar, come omaggio per la sua Beatificazione avvenuta il 1° maggio scorso. Il tratto stradale, che collega i quartieri di Ambodivoninkley e di Alarobia, fu percorso da Papa Wojtyla nel 1989, durante un viaggio apostolico nel Paese. L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione «Apostoli della divina misericordia », alla quale il nuovo Beato era particolarmente devoto, insieme alle autorità locali. Ma tante sono state le iniziative che hanno accompagnato questa Beatificazione nel Paese africano: dal 29 aprile al 1° maggio, infatti, un triduo di preghiera si è svolto in tutte le principali parrocchie del Madagascar, su iniziativa della Federazione dei giovani cattolici. In particolare sabato 30 aprile, nella Chiesa di San Francesco Saverio di Antanimena, si è tenuta una conferenza su Giovanni Paolo II, seguita dalla proiezione di un documentario sulla sua vita. Il 1° maggio, invece, tutti i fedeli hanno potuto seguire in diretta la cerimonia di beatificazione, presieduta da Benedetto XVI in Piazza San Pietro, grazie a Radio don Bosco, emittente salesiana, e a Tvm, la televisione nazionale. Nel pomeriggio, inoltre, l’arcivescovo di Antananarivo, mons. Razanakolona, ha celebrato una Messa di ringraziamento. Nella sua omelia, il presule ha ribadito il messaggio lanciato da Giovanni Paolo II durante il suo viaggio apostolico nel Paese, un messaggio rivolto a diversi attori della società, compresi i giovani. « Egli ha incoraggiato i ragazzi – ha detto mons. Razanakolona – ad essere intransigenti nella difesa del diritto e della giustizia e a rifiutare la violenza, il disprezzo, la menzogna e la disonestà ». Quindi, la parola è andata al Console polacco nel Madagascar, che ha ricordato l’operato del Beato Wojtyla soprattutto nel campo del dialogo interreligioso, nella difesa dei diritti umani e nella lotta contro il comunismo ed il capitalismo sfrenato. (I.P.)

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    Giappone: veglie di preghiera in tutto il Paese per la Beatificazione di Papa Wojtyla

    ◊   Veglie di preghiera in tutte le diocesi del Giappone per la Beatificazione di Giovanni Paolo II. Questo grande evento coincide con un momento difficile per il popolo nipponico, colpito a marzo - riporta L'Osservatore Romano - dal forte terremoto e dallo tsunami che hanno causato migliaia di vittime soprattutto nella provincia di Sendai. Oltre ai lutti e alle distruzioni per il disastro naturale, il Paese è impegnato nella lotta per limitare le conseguenze del propagarsi delle radiazioni dalla centrale atomica di Fukushima, danneggiata dalla furia degli elementi. «In questo contesto — ha sottolineato padre Mario Yananouchi, vicario provinciale salesiano a Tokyo — la vita e l’opera di Giovanni Paolo II sono un esempio per dare un messaggio di speranza e di vicinanza a tutti coloro che oggi soffrono». Il religioso ha aggiunto che «il viaggio compiuto da Papa Wojtyła in Giappone nel 1981 ha lasciato una traccia indelebile. Questo Papa missionario ha sofferto, è stato vicino a chi soffre e oggi mostra il cammino ai cristiani giapponesi. Ispirandosi a lui, oggi la Chiesa cattolica locale testimonia l’amore di Dio con una presenza forte di solidarietà, di vicinanza e nella preghiera». (R.P.)

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    L'Università di Tor Vergata rende omaggio a Giovanni Paolo II

    ◊   L’Università di Roma Tor Vergata rende omaggio a Giovanni Paolo II. Da lunedì infatti, il piazzale del campus universitario porta il nome del nuovo Beato. “Questo luogo è entrato nella storia: qui si è creata la generazione Giovanni Paolo II, un laboratorio di fede che vuole identificarsi con quello che lui ha rappresentato” ha detto il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e per 40 anni segretario di Wojtyla. “Il Papa polacco – ha proseguito il porporato – dava importanza assoluta al rapporto con i giovani e con gli universitari, perché vedeva in loro il futuro, una speranza per tutti”. Alla cerimonia di dedicazione del piazzale erano presenti, tra gli altri, il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, mons. Lorenzo Leuzzi, direttore della pastorale universitaria della diocesi di Roma e il Rettore dell’Università di Tor Vergata Renato Lauro. E’ stata benedetta un’opera di Gino Giannetti che completa la croce alta 40 metri, eretta ai tempi del Giubileo. Si tratta di un basamento di travertino dalla forma che suggerisce un ideale abbraccio e otto pannelli in bronzo con il fronte principale dominato dal ritratto di Papa Wojtyla. (G.P.)

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    India: reazioni della Chiesa al Rapporto 2011 della Commissione Usa sulla libertà religiosa

    ◊   La situazione della libertà religiosa in India continua ad essere preoccupante. È quanto emerge dal Rapporto annuale 2011 della Commissione americana sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf - U.S. Commission on International Religious Freedom) che per il terzo anno consecutivo ha inserito l’India nella sua lista dei Paesi a rischio. Il rapporto, reso noto il 28 aprile, parla di una “giustizia lenta ed inefficace” per le vittime delle violenze anti-cristiane del 2007-2008 nello Stato dell’Orissa , di quelle del 2002 in Gujarat e delle rivolte anti-sikh del 1984. Secondo il documento, la polizia e le autorità giudiziarie si sono mostrate “incapaci di garantire sicurezza” e le speranze di vedere consegnati alla giustizia i colpevoli “restano lontane”. La Commissione rileva, in particolare, che le indagini sulle violenze anticristiane di tre anni fa nel distretto di Kandhamal (Orissa), sono state “gravemente ostacolate” dalla corruzione politica e dalla faziosità religiosa. Essa punta inoltre il dito contro le leggi anti-conversione in vigore in diversi stati indiani e contro le discriminazioni verso i dalit appartenenti ad alcune minoranze religiose. Positivo il giudizio sul rapporto di John Dayal, segretario della "All India Christian Council", secondo il quale – riferisce l'agenzia Ucan - le valutazioni della Commissione “confermano che in India esistono seri problemi per la libertà religiosa che devono essere tenuti sotto stretta osservazione”, considerata la natura e la diffusione del fenomeno. Giusto, secondo l’attivista cristiano, anche il richiamo contro le leggi anti-conversione che limitano gravemente la libertà religiosa in India. Commentando il rapporto, il vescovo di Berhampur Sarat Chandra Nayak ha confermato che a Kandhamal e in altri distretti dell’Orissa regna ancora “un clima di insicurezza e una cultura dell’impunità” favorita dalla passività delle autorità. Il rapporto annuale della Commissione sulla libertà religiosa internazionale è redatto da giornalisti, accademici, organizzazioni non governative, associazioni per i diritti umani e gruppi religiosi. Oltre alla lista, si espongono nel dettaglio miglioramenti e peggioramenti registrati negli ultimi dodici mesi, soprattutto nelle nazioni considerate “a rischio”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Sud Sudan: “Dieci passi per l'Unità” promossi dalla diocesi di Rumbek

    ◊   La diocesi di Rumbek ha lanciato domenica 1° maggio, un programma di preghiera intitolato "Dieci passi per l'Unità in Sud Sudan”. Si tratta di dieci settimane di preghiera che si concluderanno il 9 luglio, con la celebrazione per l’indipendenza del Sud Sudan. Il vescovo di Rumbek, mons. Cesare Mazzolari, ha spiegato a Radio Good News che il programma è ricalcato sulla falsariga dell’iniziativa “101 giorni di preghiera” che ha preceduto il referendum del Sud Sudan, chiarendo che “i Dieci passi” rappresentano le 10 domeniche dal 1° maggio al 9 luglio. Per ciascuna delle dieci domeniche viene preposto un tema spirituale per preparare il popolo a prendere parte nella costruzione della loro nuova nazione. Mons. Mazzolari ha sottolineato le due principali attività del programma: la preghiera e la catechesi spirituale e sui doveri civici. Mons. Mazzolari ha inoltre aggiunto che verranno creati dei gruppi di discussione che rifletteranno su dodici temi tratti dalla Dottrina sociale della Chiesa. Il vescovo ha proposto la recita del Santo Rosario durante la campagna di preghiera e soprattutto durante il mese di maggio. I dieci temi, e le corrispondenti omelie preparate da padre Bernard Mallia, sono: perdono; solidarietà; leadership per la pace; bene comune; guarigione e riconciliazione; diritti e responsabilità; “farete cose più grandi di me”; sussidiarietà; il popolo e il rispetto per l'autorità; lavorare e costruire insieme. I dodici temi per la riflessione e la discussione, tratti dalla Dottrina sociale della Chiesa sono: dignità umana; diritti e responsabilità; bene comune; solidarietà; opzione preferenziale per i poveri; sviluppo integrale; sussidiarietà; partecipazione; giustizia; pace; riconciliazione; integrità del creato. (R.P.)

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    Argentina: riflessione della Chiesa per la festa del lavoro sullo sfondo della crisi economica

    ◊   "Con il suo lavoro l'uomo deve procurarsi il pane quotidiano": si intitola così il documento della Commissione della pastorale sociale dell'arcidiocesi di Cordoba, in Argentina, che in occasione della festa di San Giuseppe lavoratore, e nel contesto di una crisi economica nazionale che vede aumentare la disoccupazione, offre alcune riflessioni sul lavoro umano. “In ogni comunità devono unirsi, in qualche modo, i lavoratori e coloro che hanno i mezzi di produzione o ne sono i rispettivi proprietari. Alla luce di questa fondamentale struttura di ogni lavoro - alla luce del fatto che, in ultima analisi, in ogni sistema sociale il lavoro e il capitale sono le indispensabili componenti del processo di produzione - l'unione degli uomini per assicurarsi i diritti loro spettanti, rimane un fattore costruttivo dell’ordine sociale e di solidarietà, dal quale non si può prescindere” si legge nella prima parte del documento. "Gli sforzi giusti per assicurare i diritti dei lavoratori, che sono uniti dalla stessa professione, devono sempre tener conto delle limitazioni che impone la situazione economica generale del Paese. Le richieste sindacali non possono trasformarsi in una specie di «egoismo» di gruppo o di classe, benché esse possano e debbano tendere pure a correggere - per riguardo il bene comune di tutta la società - anche tutto ciò che è difettoso nel sistema di proprietà dei mezzi di produzione o nel modo di gestirli e di disporne. La vita sociale ed economico-sociale è certamente come un sistema di «vasi comunicanti», ed a questo sistema deve adattarsi ogni attività sociale, che ha come scopo quello di salvaguardare i diritti dei gruppi particolari". Questo testo prende come base l’enciclica sul lavoro del beato Giovanni Paolo II, Laborem exercens. Nella conclusione la pastorale sociale di Cordoba rinnova il suo impegno e incoraggia a "continuare a costruire atteggiamenti come la cultura del lavoro, la promozione dell'occupazione e la creazione di posti di lavoro più numerosi e migliori, con una particolare attenzione ai giovani, spesso puniti per l'ignoranza, la droga e il disorientamento. Questa è una responsabilità di tutti, solo in questo modo potremo lasciare nel solco della storia i semi di un impegno serio e responsabile". (R.P.)

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    Colombia: gravi danni causati dalle inondazioni

    ◊   Le intense piogge che colpiscono la Colombia dall’ottobre scorso hanno inondato circa un milione di ettari di terre coltivate o adibite a pascolo provocando la morte di 115.000 bovini e lo spostamento forzato di quasi un milione e mezzo di capi di bestiame: lo riferisce l’ultimo rapporto del ministero dell’Agricoltura di Bogotá, secondo cui sono stati danneggiati anche 13 milioni di metri quadri di infrastrutture agro-zootecniche e 98 importanti arterie stradali utilizzate per il trasporto di alimenti. Come riferisce l'agenzia Misna, nelle campagne, solo dalla prima settimana di aprile hanno riportato conseguenze per le inondazioni anche 140.000 abitazioni, 5000 sono andate completamente distrutte. Il dicastero ha avvertito anche “sui cambiamenti nell’incidenza di malattie che si propagano più facilmente” specialmente per le piantagioni di caffè, di palma da olio e cacao. Secondo la Protezione civile quella che il presidente Juan Manuel Santos ha definito la “peggiore tragedia naturale” della storia della Colombia della sua storia”, attribuita al fenomeno meteorologico della Niña, ha causato finora disagi e danni di vario genere a tre milioni di persone, con 423 vittime, 523 feriti e 77 dispersi. (G.P.)

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    Australia: la Chiesa chiede più risorse per le scuole cattoliche

    ◊   L’attuale sistema di finanziamento statale e federale per le scuole pubbliche, private e indipendenti è concettualmente difettoso, troppo complesso, confuso e ha urgente bisogno di una revisione. Lo ha affermato Dan White, direttore delle scuole cattoliche di Sydney, a margine di un incontro con il responsabile dei fondi scolastici del ministero dell’Istruzione, David Gonsky. Attualmente è in corso una verifica da parte del Governo federale per valutare come effettivamente i finanziamenti statali siano ripartiti fra gli istituti scolastici. Dan White - riporta L'Osservatore Romano - si dice fiducioso e ha auspicato che la distribuzione dei fondi messi a disposizione dal Governo venga effettuata in maniera equa fra tutte le scuole del Paese, senza nessuna distinzione. «Tale distribuzione ovviamente deve essere fatta in base al numero degli studenti che ciascun istituto ha. Come ho detto già molte volte — ha affermato il direttore delle scuole cattoliche di Sydney — l’importante è che tutti gli studenti, indipendentemente dal tipo di scuola che essi frequentano, abbiano libero accesso a un’istruzione di qualità adeguatamente finanziata dal Governo». Dan White ha pubblicamente affermato che molte associazioni o movimenti di opinione tendono a inasprire il dibattito in corso per far sì che il messaggio venga recepito in maniera distorta e confusa. «Occorre costruire un dibattito serio e pacato e spiegare effettivamente come stanno le cose». Di recente, White ha criticato l’Australian Education Union (l’Unione australiana per l’educazione) per aver sostenuto che il Governo federale continua a elargire più denaro alle scuole private e indipendenti a scapito di quelle pubbliche, «ignorando — ha lamentato White — la realtà di come queste scuole siano finanziate. Siamo seriamente preoccupati per la campagna costante e concertata di deliberata disinformazione promossa da alcuni movimenti e supportata dagli organi di stampa». Secondo White, più del 90% del finanziamento statale è destinato alle scuole pubbliche, ma questo non viene mai menzionato. Attualmente nel Paese un bambino su cinque riceve la sua istruzione da una scuola cattolica con risorse inferiori rispetto a quelle statali, nonostante insegni a un maggior numero di studenti delle scuole superiori. Gli istituti cattolici spendono ogni anno 9.410 dollari per ciascuno studente contro i 10.760 dollari per studente delle scuole pubbliche. (R.P.)

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    Germania, cattolici ed evangelici insieme nella Settimana per la vita

    ◊   Una celebrazione ecumenica sancirà l’inizio della “Settimana per la vita” di quest’anno. La funzione sarà presieduta il 7 maggio nella Chiesa della Santa Croce di Berlino-Kreuzberg da mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), insieme con Nikolaus Schneider, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica (Ekd), che pronuncerà il sermone. Saranno presenti per la concelebrazione il vescovo della Chiesa evangelica di Berlino-Brandeburgo–Slesia, Markus Dröge, e Ronald Rother, rappresentante permanente dell’amministratore diocesano dell’arcidiocesi di Berlino. Le manifestazioni che si svolgeranno in tutto il territorio tedesco sono dedicate al tema del volontariato. “Entrambe le Chiese vogliono il rispetto della vita umana”, scrive mons. Zollitsch. Le opere di volontariato “si fondano sulla fede cristiana, poiché secondo la convinzione cristiana, ognuno è creato a immagine di Dio”. “E Gesù si identifica proprio con chi è minacciato nella sua dignità”. “La dignità umana - ha affermato Schneider - viene oggi violata in vario modo. Ciò vale soprattutto all’inizio e alla fine della vita”. La Settimana per la vita – ricorda il Sir - si svolge oramai da oltre 20 anni ed è organizzata dalle Chiese cattolica ed evangelica per sensibilizzare sul valore esulla dignità della vita. (A.L.)

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    La Santa Sede presente con un suo padiglione alla Fiera del Libro di Santo Domingo

    ◊   Si apre oggi la XIV Fiera internazionale del Libro di Santo Domingo: in programma fino al 22 maggio nel Parco della Cultura della capitale dominicana, l’evento si colloca quest’anno tra gli eventi celebrativi del V centenario dell’istituzione delle prime tre Diocesi d’America: Santo Domingo e Concepción de la Vega, nell’Isola Hispaniola (attuali Repubblica Dominicana e Haiti) e San Juan de Puerto Rico. Con la Bolla Romanus Pontifex di Giulio II dell’8 agosto 1511 le nuove diocesi venivano rese suffraganee dell’Arcidiocesi spagnola di Siviglia e affidate, rispettivamente, a Fr. García de Padilla, don Pedro Suárez de Deza e Don Alonso Manso. E’ importante ricordare che, tra tutte le diocesi del Continente americano, l’unica cui viene attribuito il titolo di “Primaziale d’America”, secondo la Bolla di Pio VII del 1816, è la sede di Santo Domingo, titolo riconosciuto anche nel Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica Dominicana del 1954. In riconoscimento del ruolo fondamentale della fede cristiana, trasmessa e testimoniata dalla Chiesa Cattolica, nella storia e nella cultura della Repubblica Dominicana, il Governo del Paese ha voluto che la Santa Sede fosse l’ospite d’onore della manifestazione, rivolgendo a Benedetto XVI un invito in tal senso attraverso il ministro della Cultura. Nell’accettarlo, il Papa ha nominato Suo Delegato il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, chiedendo che fosse quel Dicastero a coordinare l’organizzazione del Padiglione della Santa Sede. Presente con una sua Delegazione, la Sede Apostolica animerà una serie di conferenze e di eventi artistici e offrirà al Ministero della Cultura dominicano una significativa selezione di libri di autori cattolici, destinati ad istituzioni accademiche e scolastiche, così da contribuire ad accrescere la conoscenza e la diffusione della cultura cattolica. Nella progettazione e realizzazione del Padiglione sono impegnati, oltre al Pontificio Consiglio della Cultura, altre istituzioni vaticane; la Libreria Editrice Vaticana, i Musei, la Biblioteca Apostolica, l’Archivio Segreto, la Pontifica Commissione di Archeologia Sacra. Partecipano alle conferenze ed altre iniziative in programma, che illustreranno l’ampia azione culturale della Chiesa, anche il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, l’Ufficio Internet, la Radio Vaticana, la Pontificia Accademie delle Scienze e la Specola Vaticana. Negli spazi della “Fiera”, il principale appuntamento culturale del Paese, si alterneranno presentazioni di libri, conferenze, colloqui con gli autori, spettacoli teatrale per i lettori e per un pubblico di tutte le età. La XIV edizione è specialmente dedicata a due gesuiti: mons. Francisco J. Arnáiz, studioso di fenomeni sociali ed apprezzato scrittore e padre José Luis Sáez, il più importante scrittore cattolico nella storia ecclesiastica dominicana, autore di numerose opere sia nel campo della ricerca storica, sia nello studio del contributo reso alla società da figure rilevanti della Chiesa. (A cura di Marina Vitalini)

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    24 Ore nel Mondo



    Firmato al Cairo l’accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas

    ◊   È stato firmato oggi al Cairo l'accordo di riconciliazione tra i rappresentanti di Fatah, Hamas e altre 11 fazioni palestinesi. Alla cerimonia, nella sede dell'intelligence egiziana, partecipano il presidente palestinese Abu Mazen, il capo di Hamas in esilio e il responsabile dell’intelligence egiziana. Presenti anche quattro deputati arabo-israeliani e l’emissario Onu per il Medio Oriente. Ieri il premier israeliano Netanyahu aveva invitato Abu Mazen a non procedere con la formalizzazione dell'accordo di riconciliazione e a “scegliere il cammino della pace con Israele”. Oggi Abu Mazen in apertura di cerimonia ha detto: “Israele scelga tra la colonizzazione e la pace“.

    Iraq
    Almeno otto persone sono rimaste uccise in una nuova ondata di attentati in Iraq: a Baghdad un impiegato del ministero delle Finanze e un poliziotto sono stati freddati da uomini armati, mentre a Mosul un commando ha ucciso i conducenti di due camioncini e un automobilista è morto a causa dell’esplosione di un ordigno sul suo veicolo. Tre civili, infine, hanno perso la vita in seguito all'esplosione di una bomba vicino a un bus nel villaggio di Al-Khanafsa, a nord di Kerbala.

    Bahrein
    Il ministro della Giustizia locale riferisce del rinvio a giudizio di 23 medici e 24 infermiere accusati di aver assistito i dimostranti feriti durante le recenti manifestazioni antigovernative represse con la forza dal governo. Dovranno tutti rispondere dell’accusa di atti contro lo Stato e saranno giudicati da una Corte militare.

    Pakistan - attentato
    Almeno dieci persone sono morte e diverse sono rimaste ferite nei violenti scontri che si sono verificati nella notte tra gruppi estremisti rivali a Karot, nella regione tribale di Kurram, nordovest del Pakistan. Intanto oggi il primo ministro pakistano Gilani ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché il mondo intero collabori alla lotta al terrorismo, "il problema numero uno" del suo Paese.

    India
    È di nove morti tra gli agenti di polizia e 31 feriti il bilancio, ancora provvisorio, di un attentato seguito da una sparatoria, organizzato da un gruppo maoista nello Stato indiano nord-orientale di Jharkhand. Un altro ufficiale, inoltre, è rimasto ferito in un attacco di maoisti a due battaglioni della polizia paramilitare in altrettante località della giungla nel distretto di Bokaro.

    Afghanistan
    L’Isaf comunica che ieri, nella provincia orientale di Paktia, sono stati uccisi alcuni guerriglieri di un gruppo di militanti della cosiddetta Rete Haqqani. Nell’operazione, però, hanno perso la vita anche una donna e sono rimasti feriti altri sette civili, tra cui quattro bambini. Le forze internazionali di sicurezza, al tempo stesso, respingono le accuse accuse rivoltegli dalla polizia della provincia meridionale afghana di Ghazni riguardanti l'uccisione avvenuta durante un raid aereo di otto guardie private. Sempre ieri, il capo della divisione antiterrorismo della polizia della provincia occidentale afghana di Ghor, Ghulam Yahya, è stato ucciso da sconosciuti.

    Giappone, alti livelli di radioattività
    È aumentato di circa 600 volte il livello di radioattività nel mare al largo di Fukushima. Lo ha reso noto la stessa Tepco, gestore dell'impianto nucleare giapponese che proverà a procedere contro la contaminazione dell’acqua attraverso un dispositivo che sarà pronto entro fine maggio.

    Uganda: sciopero contro il carovita mentre si allenta la pressione sull’opposizione
    Si allenta gradualmente, in Uganda, la pressione sui capi dell’opposizione arrestati nelle scorse settimane durante le proteste contro il carovita. Mentre Norbert Mao è stato liberato, cadono le accuse di aggressione a esponenti delle forze dell’ordine per il leader Kizza Besije, accustao, però, anche di assembramento in grado di minacciare la sicurezza nazionale. Intanto è iniziato oggi lo sciopero di tre giorni indetto dal settore giudiziario contro i rincari di pane e benzina. Ci riferisce Giulio Albanese:

    Ormai in Uganda si parla apertamente di “rivolta del pane”, dopo gli scontri avvenuti a Kampala venerdì scorso tra manifestanti e forze di polizia con un bilancio di almeno due morti e 200 feriti. Il leader dell’opposizione, Kizza Besije, diretto avversario del presidente ugandese Joweri Museweni nelle ultime, contestate elezioni di febbraio, attualmente è ricoverato in un ospedale di Nairobi, in Kenya: la settimana scorsa era stato arrestato per la quarta volta in un mese, dopo essere stato duramente picchiato per le sue proteste contro l’aumento dei prezzi di benzina e cibo. Le immagini del suo arresto, trasmesse dalla televisione ugandese, hanno infiammato la rabbia dei suoi sostenitori che hanno rivendicato il diritto ad un cambiamento, come in Egitto ed in Tunisia. Sta di fatto che hanno promesso che domani scenderanno nuovamente in piazza, rifiutando ogni negoziato con il governo se prima Museweni non chiederà pubblicamente “scusa” a Besije. L’opposizione ha duramente attaccato il governo per la sua recente decisione di spendere 720 milioni di dollari per acquistare aerei militari russi da utilizzare per controllare le zone petrolifere del Paese, invece di investire il denaro nello sviluppo di un Paese che è ancora molto povero. Dal canto suo, Museweni – al potere dal 1986 – ha replicato dicendo che la colpa dell’aumento dei prezzi è da imputare alla siccità e alla crisi globale.

    Algeria
    Il quotidiano algerino Le Temps d'Algerie riferisce oggi dell’uccisione di due salafiti, tra cui un emiro, legati al Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento nel corso di una vasta operazione nei boschi di Keddara.

    Kenya
    Ben 38 persone sono state uccise in scontri tra tribù rivali nel Kenya settentrionale, al confine con l'Etiopia. Lo hanno reso noto fonti locali precisando che le vittime sono state uccise perché tentavano di impedire l'accesso all'acqua a uomini della tribù etiope Merrille. Le autorità assicurato l’invio di altri soldati nell’area.

    L’Ue vara piano di aiuti per il Portogallo: 78 miliardi in 3 anni per salvare l’economia
    Si avverte già stamattina l’effetto positivo dell’accordo raggiunto ieri sugli aiuti dell’Unione europea al Portogallo, con il rialzo delle banche cui andranno 12 miliardi di euro oltre i 78 decisi ieri. Le misure di austerità, però, che il Paese dovrà varare, rischiano di condannarlo a due anni di recessione. L’accordo raggiunto ha ricevuto il plauso del premier uscente Socrates, mentre i socialdemocratici all’opposizione chiedono tempo per valutare il piano. Da Lisbona, Riccardo Carucci:

    Il Portogallo ha raggiunto un accordo con l’Unione Europea e il Fondo monetario internazionale per ricevere un prestito triennale di 78 miliardi di euro. Lo ha annunciato ieri sera il primo ministro socialista José Socrates, alla testa di un governo minoritario e dimissionario. Il Portogallo si era rivolto il 6 aprile al Fondo europeo di stabilità finanziaria e al Fmi per chiedere un aiuto d’emergenza come avevano già fatto Grecia e Irlanda. I negoziati sono stati condotti a Lisbona dalla cosiddetta “troika”, formati da rappresentanti dell’Unione Europea, della Banca centrale europea e del Fmi, che hanno parlato non solo con il governo ma anche con altri partiti, con le banche, con le industrie, i mercati ed altri organismi sociali. Socrates ha detto che quello raggiunto è un buon accordo che imporrà sacrifici ma minori di quelli temuti; ha escluso misure antisociali e aumenti di imposte.

    Russia
    Due morti stanotte a Mosca in seguito a scontri di massa a sfondo etnico tra centroasiatici. I disordini si sono verificati nella parte orientale della città; le vittime sono cittadini del Tagikistan.

    Nuova Zelanda
    È stato ridotto da tre a uno il bilancio dei morti del tornado che ieri ha devastato diversi sobborghi di Auckland, in Nuova Zelanda. La polizia ha confermato che la vittima è un filippino di 37 anni, mentre altre 14 persone sono rimaste ferite.

    Messico
    Sono finora cinque i corpi senza vita recuperati da una miniera di carbone a Sabinas, nello Stato settentrionale di Coahuila, dove ieri a causa di un’esplosione 14 minatori sono rimasti intrappolati a 60 metri di profondità. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi e Gabriele Papini)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 124

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.