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Sommario del 03/05/2011
◊ I media e l’etica al centro dell’intenzione generale di preghiera di Benedetto XVI per il mese di maggio. Ne parliamo oggi, in concomitanza con la Giornata mondiale per la libertà di stampa, “che rappresenta – sottolinea il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon in un messaggio per la ricorrenza – uno dei mezzi più potenti per svelare i misfatti e ripristinare la fiducia nell’opinione pubblica”, quando "i governi reprimono i propri popoli sottraendosi ad ogni controllo.” Roberta Gisotti ha intervistato Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana:
D. - Il Papa invita a “pregare per gli operatori dei media perché rispettino sempre la verità, la solidarietà e la dignità della persona”. Verità e rispetto della persona, sono certo valori universali, che travalicano il mondo cattolico e interpellano la deontologia professionale degli operatori dei media. Roberto Natale come si calano questi valori nel vissuto del nostro mestiere?
R. – Verità e responsabilità sono – o dovrebbero essere – le pietre angolari della nostra professione. Certo, indipendentemente dal fatto che si creda o meno, il rispetto della verità sostanziale dei fatti sta scritto – per parlare di noi giornalisti italiani – nella legge costitutiva del nostro Ordine professionale. Oggi, "verità e responsabilità" significa che dobbiamo ricordarci di raccontare la realtà e non le costruzioni che sulla realtà si fanno per distrarre, per farci sentire spettatori-bambini, oppure per considerarci elettori da ammansire e da guidare verso obiettivi di questa o quella parte. "Verità e responsabilità" significa oggi tenere in considerazione l’impatto sempre maggiore che hanno l’informazione e la comunicazione nella vita delle persone. Nei giorni scorsi, abbiamo riletto insieme i messaggi che Giovanni Paolo II aveva scritto per le 26 Giornate mondiali delle comunicazioni sociali. In uno dei primissimi messaggi, Papa Wojtyla scriveva: “Ricordatevi che gli spettatori – parlava dei bambini, ma non solo – sono molle cera”. Ecco, di questa responsabilità dobbiamo ricordarci. E penso al messaggio di Giovanni Paolo II del 1979, più di 30 anni fa, quando ancora nessuno sapeva cosa fosse lo share: Giovanni Paolo II scriveva: “State attenti a non orientare il vostro lavoro alla massima ricerca dell’ascolto”.
D. – Il Papa chiede anche solidarietà. Proprio oggi la Federazione nazionale della stampa italiana ha organizzato un incontro pubblico sul tema “Giornalismo all’ombra del terrore”, in cui si parla del ruolo dei media nelle rivolte arabe. Il sottotitolo recita: “Nord Africa: l’informazione più forte dei regimi. Persone, lavoro, democrazia, diritti”. Ecco, che cosa si vuole comprendere in questo titolo?
R. – Si vuol comprendere l’importanza grandiosa, direi esaltante, che l’informazione attraverso i mezzi classici e ancor più attraverso i mezzi nuovi o nuovissimi, come i social network, ha avuto e sta avendo nella lotta per la libertà di popoli interi: quelli del Nord Africa e del Medio Oriente. Dunque, le settimane che stiamo vivendo sono anche motivo di grande ottimismo sul ruolo dell’informazione, perché vediamo quanto il lavoro di giornalisti e giornaliste in quelle società in condizioni di estrema difficoltà, sia servito a far crescere un terreno di speranza, di libertà, un terreno di richiesta di diritti. Certo, ragionare su quelle esperienze esaltanti dell’informazione significa anche – ed è più imbarazzante per noi – riflettere sul tradizionale nostro disinteresse per ciò che avviene anche a poche decine di miglia da noi. In altri termini: siamo rimasti sorpresi – non solo gli analisti politici, ma anche noi giornalisti – dal fatto che ci sia stata una tale esplosione di voglia di libertà nei Paesi del Nord Africa. Dove eravamo, noi? Perché ci occupiamo così poco di capire prima? Perché siamo così presi dalle vicende di casa nostra, da riuscire con grande difficoltà ad alzare lo sguardo, e magari lo facciamo soltanto quando le cose hanno raggiunto dimensioni così esplosive che non è possibile ignorarle? E magari, anche dopo che le rivolte, le ribellioni, sono esplose ce ne occupiamo soprattutto, un po’ egoisticamente, per le conseguenze che ne possono derivare per noi - per l’arrivo di troppi profughi, di troppi immigrati - anziché guardare alla voglia di libertà, alla grande speranza umana che in quelle lotte si esprime. (gf)
Da sottolineare che “i giornalisti sono sempre meno percepiti come osservatori esterni e il loro lavoro è sempre meno rispettato”, denuncia Jean-Francois Julliard, segretario generale di Reporter senza frontiere, commentando il rapporto 2011 “Predatori della libertà di stampa”, presentato oggi nel mondo. Ancora lunga la lista dei giornalisti uccisi nel 2010, ben 57, seppure in calo rispetto ai 76 del 2009. Per contro aumentano i rapimenti, 51 lo scorso anno rispetto ai 33 del precedente. “Per la prima volta – ha osservato Julliard – nessun continente è sfuggito a questo male. I giornalisti – ha ammonito – si stanno trasformando in merce di scambio. I rapitori li prendono in ostaggio per finanziare le loro attività criminali, fare accettare le loro richieste ai governi e inviare messaggi alla pubblica opinione: i rapimenti forniscono loro pubblicità”.
Scambio di idee e esperienze all’incontro di bloggers, ieri pomeriggio in Vaticano
◊ Centocinquanta bloggers, autori di scritti personali su Internet, si sono ritrovati, ieri pomeriggio, in Vaticano, su invito dei Pontifici Consigli per la Cultura e per le Comunicazioni Sociali. Diverse altre centinaia erano state le richieste di partecipazione, impossibili da esaudire per limiti logistici. Ha seguito per noi l'evento Fausta Speranza:
Giovani e persone di mezz’età, uomini e donne, qualche sacerdote, una suora con i capelli bianchi: è il variegato gruppo multimediale nell’Aula Magna del Palazzo che ospita i dicasteri Cultura e Comunicazione. Sui volti tanta voglia di comunicare, sul tavolo il computer acceso. E’ stata assicurata la connessione gratuita per chi volesse scrivere il proprio blog in tempo reale. I presidenti dei dicasteri vaticani, rispettivamente il cardinale Gianfranco Ravasi e l’arcivescovo Celli, intervengono solo per il saluto finale. Nessun discorso di apertura, perché l’obiettivo è: interventi dei blogger e dialogo. L’arcivescovo Claudio Maria Celli accoglie tutti con strette di mano e ci dice:
R. - Io credo che la prima riflessione che dovremmo fare è guardare le persone che sono presenti. Se lei vede, è un’assemblea viva, animata, e direi che ormai, con queste persone e in questa contestualità della comunicazione, il futuro è già presente. Adesso il nostro grande problema è far sì che ci possa essere un dialogo, un dialogo rispettoso, con queste realtà forti e vivaci della comunicazione nel mondo.
D. - Qui, la tecnologia ha un volto, perché dietro lo schermo del web sembra tutta una questione di username e di password: qui la gente è venuta invece con la propria faccia…
R. - Non c’è dubbio. Qui - ed è per questo che amo molto questa esperienza - si tratta di una tecnologia che mette ancora in risalto, fortemente, che il problema non è di tecnica, ma è ancora l’uomo al centro. Dovremmo allora far sì, ancora una volta, che sia l’uomo a esprimere se stesso nell’incontro con altri uomini, con altre donne e - allo stesso tempo - dovremmo guardare avanti, al futuro, per far sì che questo mondo sia più umano e che possa vivere, apprezzare, utilizzare queste tecnologie che favoriscono - se ben utilizzate - una più profonda e più ricca esperienza e relazione umana.
Negli interventi emergono interrogativi attuali: differenza tra blogger e giornalismo; dubbi sulle proprietà intellettuali, ma soprattutto emerge la convinzione che la Chiesa nella blogosfera deve esserci:
It’s the modern mission of the church…
E’ la moderna missione della Chiesa, quella di raggiungere la gente connettendosi in questo modo con le persone. E’ molto importante sentire questo incoraggiamento.
We love using Facebook…
Amiamo Facebook, essere blogger e utilizzare Twitter… E’ emozionante ritrovarci qui insieme, blogger di tutto il mondo, e vedere anche quanto la Chiesa stia facendo per muoversi in questa direzione nel futuro.
L’incontro è la prima risposta: la Chiesa vuole svolgere la sua missione di sempre anche nel mondo dei nuovi media. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, assicura che l’impegno è preso e va avanti.(mg)
◊ Un atto di affidamento dell’Italia alla Madonna, in occasione delle celebrazioni dell’unità nazionale. Sarà questo il significato della recita del Santo Rosario che Benedetto XVI presiederà il prossimo giovedì 26 maggio, alle 17.30, nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore. Il Papa, informa un comunicato della Prefettura della Casa Pontificia, reciterà la preghiera mariana “insieme con i Vescovi Italiani, riuniti in Assemblea Generale”. Il Papa – spiega ancora la nota – ha così voluto accogliere l’invito rivoltogli dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. “Con tale preghiera – conclude il comunicato – i Vescovi Italiani intendono ribadire il vincolo particolare con l’Italia, rinnovandone l’affidamento alla Vergine Madre nel 150° dell’unità politica del Paese”.
◊ In Ecuador, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Tulcán mons. Fausto Gaibor García, finora ausiliare di Riobamba. Il 59.enne presule ha studiato di Filosofia nel Seminario Maggiore “San José” di Quito e Teologia presso la Pontificia Università Cattolica di Quito (P.U.C.E.). Ordinato sacerdote, si è recato in Colombia per seguire studi pastorali presso la “Universidad Javeriana de Bogotá”. Ha conseguito la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Nel 2006 è stato nominato titolare di Naraggara e ausiliare della diocesi di Riobamba e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 2 dicembre successivo. Attualmente, è membro della Commissione episcopale della Pastorale sociale della Conferenza episcopale ecuadoriana.
Il cardinale Wuerl prenderà possesso domenica prossima del Titolo di San Pietro in Vincoli
◊ Domenica 8 maggio 2011, alle ore 11.00, il cardinale Donald William Wuerl, arcivescovo di Washington, prenderà possesso del Titolo di San Pietro in Vincoli.
◊ Ieri sera, dopo la chiusura della Basilica di San Pietro al pubblico, si è svolta la cerimonia per la reposizione delle spoglie del Beato Giovanni Paolo II, trasferite - come annunciato nei giorni scorsi - sotto l’altare della Cappella di San Sebastiano, all’interno della Basilica stessa. Il rito è stato presieduto dal cardinale Angelo Comastri, mentre già da questa mattina i pellegrini possono venerare il Beato nella sua nuova collocazione. Il servizio di Alessandro De Carolis:
(canto litanie)
Centinaia di migliaia in fila, come sei anni fa, per un saluto e una preghiera davanti a una cassa di legno che custodisce le spoglie di un uomo che tanti continuano a invocare come Santo. Poi, le porte della Basilica Vaticana si chiudono e la commozione diventa privata, raccolta, quella delle persone che con Giovanni Paolo II hanno condiviso tanti, tantissimi anni e che ora desiderano accompagnarlo al luogo della definitiva e ancor più ragguardevole sepoltura. È quanto accaduto nel tardo pomeriggio di ieri, tra le 19.15 e le 19.45. Chiusa in precedenza San Pietro al flusso dei pellegrini, l’arciprete della Basilica, il cardinale Angelo Comastri, ha aperto con una orazione la processione composta dai ministranti, dal Collegio dei Penitenzieri e dal Capitolo della Basilica, oltre che da diversi presuli e da nove porporati, tra i quali il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e i successori di Papa Wojtyla alla sede di Cracovia, i cardinali Macharski e Dziwisz. Queste le parole del cardinale Comastri:
"Ringraziamo Cristo, nostro Signore, per aver dato alla Chiesa un santo pastore, vero modello del gregge. Invochiamo ora tutti i santi del cielo e in particolar modo i santi pontefici, affinché possiamo ottenere la loro intercessione per camminare anche noi nella via della santità".
Al canto delle litanie – ha riferito in una nota padre Federico Lombardi – la processione si è diretta verso l’altare di San Sebastiano, sotto il quale era già stata collocata, ma ancora tenuta a vista, la teca con le spoglie del Beato Papa Wojtyla. Al termine delle litanie, è stata ripetuta cantando per tre volte l’invocazione al “Beato Giovanni Paolo”, quindi – recitata l’orazione propria del nuovo Beato e cosparsa la teca d’incenso – gli operai della Fabbrica hanno provveduto a chiudere il vano dell’altare con una grande lapide di marmo bianco, che reca scritte le parole “Beatus Ioannes Paulus PP. II”. Poi il gruppo si è sciolto non prima di un ultimo gesto, un bacio, un tocco alla lapide. Gesto che, siamo certi, d’ora in avanti verrà compiuto milioni di volte.
(canto litanie)
Ieri pomeriggio, alle 17, è stata celebrata una solenne Messa in onore del Beato Giovanni Paolo II, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia-Santuario della Divina Misericordia. Nel corso della liturgia, sono state esposte le reliquie del nuovo Beato, donate dal cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo di Cracovia. Alessandro Guarasci ha intervistato il rettore del Santuario, mons. Jozef Bart:
R. – Questa chiesa di Santo Spirito in Sassia è stata proprio destinata, per personale volontà del Santo Padre, alla diffusione del culto della Divina Misericordia. Quindi, Giovanni Paolo II, che sarà venerato d’ora in poi come Beato, in questa particolare chiesa sarà venerato anche come grande apostolo della Divina Misericordia. La motivazione, quindi, per la richiesta delle sante reliquie di Giovanni Paolo II sta nel fatto che esse ricorderanno a tutti i fedeli, che vengono qui in questa chiesa, l’insegnamento di Giovanni Paolo II.
D. – E’ un modo anche per rafforzare la fede...
R. – Sì, innanzitutto perché Giovanni Paolo II, quando ha consacrato l’umanità alla Divina Misericordia, il 17 agosto 2002, ha chiesto che la Divina Misericordia potesse raggiungere tutti gli abitanti della Terra.
D. – Molte persone stanno venendo qui in queste ore: quale atmosfera avverte?
R. – Le persone che entrano qui non sono persone già avanti nella fede, ma persone disperate, persone toccate da vari problemi – di ordine materiale o spirituale – e presso l’immagine della Divina Misericordia ritrovano la speranza, ritrovano – come disse Giovanni Paolo II – la nuova luce. Chi viene qua, allora, ritrova questo respiro nuovo, questa nuova speranza, si rialza e forse torna a casa ancora malato, ma sopportando questa malattia con nuovo coraggio, perché la unisce alla Passione di Cristo. (ap)
◊ Qualsiasi forma di migrazione comporta, inevitabilmente, qualche tipo di sofferenza. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nel discorso che pronuncerà durante gli incontri con i Cappellani dei migranti e le comunità immigrate, in occasione della sua visita in programma fino al prossimo 14 maggio in Australia. Il presule ricorda che nel 1963, Papa Giovanni XXIII nell’enciclica Pacem in Terris ha riconosciuto il diritto di ogni individuo di rimanere nel proprio Paese. Nel 2004, nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, anche Giovanni Paolo II aveva sottolineato che ogni persona ha “il diritto di vivere in pace e dignità nel proprio Paese”. Ma ci sono momenti e situazioni – ha sottolineato mons. Antonio Maria Vegliò – in cui è necessario lasciare la propria patria. Anche oggi molte persone abbandonano le loro case a causa di guerre e violenze.
La Chiesa – aggiunge il presule ricordando le parole di Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno – riconosce ad ogni uomo anche il diritto ad emigrare, “nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita”. Al tempo stesso, gli Stati – si legge ancora nel messaggio – hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di “difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana”. “Gli immigrati, inoltre, hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l’identità nazionale”. Nel settore delle informazioni, inoltre, è importante fornire ai potenziali migranti informazioni corrette sulla situazione dei loro Paesi di destinazione, sulle opportunità e sui pericoli che devono affrontare. Le migrazioni – ha concluso il presidente del Pontificio Consiglio – sono anche un'opportunità. La mescolanza di culture e religioni può essere un arricchimento, anche se è in alcuni casi può alimentare tensioni persistenti. Antidoto a questa tensione è “il dialogo che porta al riconoscimento di valori comuni”. (A.L.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il rito della reposizione: collocate sotto l’altare di San Sebastiano nella basilica Vaticana le spoglie del nuovo beato.
I giovani e il rischio della fiducia: in prima pagina, fratel Alois, priore di Taizé, ricorda Giovanni Paolo II.
Wojtyla nel Giorno del ricordo: nell’informazione religiosa, Guido Vitale, direttore di “Pagine ebraiche”, sull’omaggio della comunità ebraica.
L’ex presidente Lech Walesa sulla Polonia, il regime comunista e l’elezione del 1978.
Nelle interviste di Paolo Brocato e Alessandro Trentin il ricordo di don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, e di Franco Miano, presidente dell’Azione cattolica.
In perfetto equilibrio tra spirito e cuore: il commento di Francesco M. Valiante sul nuovo beato nelle parole di Bendetto XVI, ripreso dal “Giornale di Brescia”.
Come’è cresciuto il Pil dei benedettini: in cultura, Bruno Cescon su un convegno di studi che celebra i cinquant'anni del Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo.
Spirituali ovvero sommamente reali: Inos Biffi sui sacramenti e l’opera invisibile dello Spirito.
Nell’informazione internazionale, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “La lotta al terrore dopo bin Laden”: tra nuovi scenari e complessi rapporti diplomatici.
◊ La notizia dell’uccisione di Osama Bin Laden sarà accompagnata, nelle prossime ore, dalla pubblicazione di documenti esclusivi. L’amministrazione statunitense ha annunciato che verrà reso pubblico il filmato della cerimonia di sepoltura del leader di Al Qaeda. Fonti di stampa statunitensi riferiscono inoltre che, a breve, sarà diffuso anche l’ultimo messaggio di Osama Bin Laden, registrato pochi giorni prima del blitz compiuto da forze speciali americane ad Abbottabad, in Pakistan. La morte dello sceicco saudita è stata interpretata da molti, in Occidente, come l’inizio della fine di un’era. Ma la rete di Al Qaeda è ancora viva e pericolosa, come sottolinea al microfono di Fabio Colagrande l'islamologo gesuita egiziano, padre Samir Khalil Samir:
R. - Non credo che questa morte fermerà il terrorismo - anche se lui era come un portabandiera - perché c’è il suo secondo, l’egiziano il dottor Zawahiri, ma ci sono anche decine di capi del terrorismo in tutto il mondo islamico e altrove. Credo che la lotta continuerà a lungo ancora, finché i problemi del mondo islamico non verranno man mano risolti.
D. - Ci sono motivi, in questo senso, che inducono a sperare?
Forse c’è una piccola speranza che viene dal cambiamento che sta riguardando in questo momento il mondo arabo. Se si riuscirà ad andare verso una società più democratica, più pacifica, allora anche il terrorismo diminuirà perché in parte è una reazione all’ingiustizia del mondo islamico. Si dice spesso che è una reazione all’Occidente ed è vero anche questo, ma il punto di partenza di Bin Laden era l’Arabia Saudita. La sua vita indica che c’è nel mondo arabo e islamico un sentimento di qualcosa che non va e speriamo che questa “primavera araba” sia veramente una primavera.
D. - Come interpretare questo periodo storico del mondo arabo?
R. - La cosa sicura è che stiamo vivendo un momento chiave della storia moderna del mondo arabo. Ciò che è sicuro è che la gente vuole vivere in pace e non in una tale disuguaglianza tra ricchissimi e poverissimi e su questo dobbiamo mettere l’accento adesso. Unirsi per costruire un mondo più giusto, un mondo arabo, un mondo islamico, un mondo cristiano, un mondo occidentale, orientale: tutti ricercano questi elementi fondamentali.(bf)
L’amministrazione americana, che sta valutando in queste ore l’ipotesi di diffondere le fotografie del corpo senza vita di Osama Bin Laden, ha anche reso noto che il Dna prelevato dal corpo dell’uomo ucciso in Pakistan corrisponde al 99 per cento a quello dello sceicco saudita. Sul significato della scomparsa del leader di Al Qaeda, si sofferma il teologo musulmano Adnane Mokrani, docente alla Pontificia Università Gregoriana, intervistato da Fabio Colagrande:
R. – L’uccisione di Bin Laden è la fine di un simbolo del terrore. Ma, secondo me, quello che è più importante è la morte della sua ideologia criminale. In queste rivoluzioni arabe, pacifiche, per libertà, per i diritti umani, vediamo il superamento di questa ondata di terrorismo causata dalla deriva di Bin Laden.
D. – Quindi, secondo lei è da rimarcare la coincidenza tra questa azione delle forze statunitensi e quello che sta succedendo invece ormai da diversi mesi nei Paesi arabi…
R. – Vedo in queste rivoluzioni pacifiche la dichiarazione più chiara della morte dell’ideologia settaria di Bin Laden. Il terrorismo di al Qaeda non ha alcun futuro, nessuna prospettiva. Non ha potuto coinvolgere l’opinione pubblica, i popoli, ed è sempre più emarginato. L’uccisione di Bin Laden è la conferma di questo fallimento.(ap)
Dopo il blitz che ha portato all’uccisione di Bin Laden, la Cia è entrata in possesso dell'archivio segreto del leader di Al Qaeda. Sono stati trovati i computer, i dischi, i Dvd e altre attrezzature dello sceicco saudita. La Casa Bianca ha precisato che si tratta di “un tesoro di informazioni”. Il materiale, che può rivelarsi utilissimo per contrastare eventuali azioni terroristiche da parte di Al Qaeda, è attualmente all’esame del "National counterterrorism center" e della "National security agency" in una base in Afganistan. Il raid è durato 38 minuti, 8 più del prestabilito, proprio perché le forze speciali si sono attardate alla ricerca dell’archivio, come ordinato da Leon Panetta, il direttore della Cia.
◊ Si celebra oggi la Giornata mondiale dell’asma, patologia che colpisce circa 300 milioni di individui su tutto il pianeta e causa 250 mila morti ogni anno. Tra le molte iniziative messe in campo per sensibilizzare su questa diffusissima malattia, spicca il progetto dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove è entrato in funzione una sorta di “naso elettronico”, dotato di sofisticati sensori e in grado di vagliare il respiro di pazienti asmatici fino a tracciare l’identikit molecolare della loro malattia. Il progetto – che si svolgerà nell'ambito di uno studio europeo sul tema – è coordinato dal prof. Paolo Montuschi, dell'Unità Operativa di Farmacologia dell'Università Cattolica. Eliana Astorri lo ha intervistato, chiedendogli in cosa consista l’asma e come sia possibile curarla:
R. – L’asma è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree, che si manifesta dal punto di vista dei sintomi con un andamento generalmente intermittente, caratterizzato dalla comparsa di difficoltà respiratorie, affanno, sensazione di chiusura del torace, tosse, classicamente il respiro sibilante. Questo andamento è, come detto, per la maggior parte dei casi intermittente, nel senso che i pazienti tra un attacco e l’altro stanno bene e poi, improvvisamente, per fattori scatenanti – tipo pollini, allergeni, inquinanti atmosferici, l’attività fisica, il fumo di sigarette e infezioni virali – a un certo punto riacutizzano, cioè presentano i sintomi. In alcuni casi, fortunatamente più rari, i pazienti presentano un’ostruzione persistente e lì subentrano maggiori problemi, perché la risposta alla terapia farmacologica è sicuramente meno efficace.
D. – Come ci si rende conto di essere asmatico?
R. – Sicuramente per la comparsa di questi sintomi, che messi insieme orientano alla diagnosi di asma, anche se presi singolarmente chiaramente non sono specifici per l’asma. Poi, è molto importante una storia clinica, precedenti episodi di broncospasmo, una storia familiare di allergia, visto che l’allergia è il principale fattore di rischio per l’asma. Chiaramente non è detto che se una persona è allergica sia anche asmatica, cioè presenti i sintomi e asma, però una persona allergica è sicuramente una persona a maggior rischio di asma e, quindi, deve avere un maggior livello di attenzione all’asma. Poi la diagnosi, oltre che clinica, attualmente strumentale, è confermata da alcuni test di funzionalità respiratoria, tipo la risposta a farmaci che provocano broncodilatazione, oppure a farmaci che provocano broncocostrizione, mettendo in evidenza quella che è chiamata "iper reattività bronchiale", cioè una maggior risposta della muscolatura liscia e bronchiale a stimoli di diverso tipo.
D. – Parliamo di farmaci, quelli classici, che sono sempre stati usati e quelli innovativi, quelli su cui si sta studiando...
R. – E’ molto importante, quando si parla di farmaci antiasmatici sapere il tipo di paziente che ci si trova davanti e la gravità dell’asma del paziente che si starà trattando. La terapia dell’asma è una terapia tipicamente per gradini: si aumenta non tanto e non solo la dose di un determinato farmaco, ma si aggiungono via via più farmaci mano a mano che aumenta la gravità dell’asma. Molti pazienti, quelli asintomatici, richiedono semplicemente la terapia con farmaci broncodilatatori all’occorrenza, oppure per la prevenzione di sintomi, come i pazienti che hanno l’asma da sforzo. Invece, per altri pazienti è necessaria una terapia persistente, quindi diversi giorni di terapia – quattro, otto, dodici settimane – con farmaci antinfiammatori: i più efficaci sono sicuramente i glucocorticori, vale a dire i cortisonici per via inalatoria. Esistono anche i farmaci che si somministrano per bocca, che si chiamano leucotrieni. E poi esistono in associazione ai cortisonici per via inalatoria, i broncodilatatori a lunga durata d’azione. Questi sono i farmaci principali.(ap)
Nelle sale il "Thor" di Branagh, eroe tra mitologia e suggestioni bibliche
◊ Un nuovo supereroe dei fumetti è arrivato sugli schermi italiana: Thor, il dio vichingo che combatte l’ipocrisia e l’arroganza del potere. Il film porta la firma di Kenneth Branagh, autorevole attore shakespeariano che guarda al mito e all’avventura con elegante ironia e alcuni interessanti riferimenti culturali. Il servizio di Luca Pellegrini:
Non pensate che sia soltanto una storia di supereroi sospesa tra due mondi: quello degli dei vichinghi Asgard e quello dei terrestri ignari e sempre vulnerabili. Se un regista raffinato come Kenneth Branagh, che ha alle spalle splendide traduzioni cinematografiche di alcuni drammi e commedie di Shakespeare, ha deciso di impegnare tutto il suo entusiasmo e il suo talento nel portare “Thor” - fumetto Marvel di enorme successo - sugli schermi, significa che oltre agli effetti speciali ha trovato nelle avventure del biondo dio vichingo qualche cosa di più culturalmente valido e interessante:
R. – You know, just it’s rich in...
E’ semplicemente ricco di metafore, suppongo: Asgard è una sorta di giardino dell’Eden e Thor, giovane uomo o il simbolo di un certo tipo di uomo, è scacciato. E proprio il linguaggio di essere scacciato da una sorta di Paradiso è tipicamente biblico, così come lo è la rivalità tra i fratelli Caino ed Abele. Certamente queste storie riducono il comportamento umano a favole e rappresentano in maniera concentrata gli istinti basilari degli esseri umani: la gelosia, l’ambizione, l’arroganza. Ci ha permesso di trovare in Thor un’economia necessaria in un film tratto da un fumetto. Se si vuole raggiungere la profondità, si deve fare velocemente. Bisogna catturare l’attenzione delle persone con qualcosa che le colleghi a elementi culturali già presenti, come la Bibbia, come il mondo mitologico, che nella nostra cultura possono essere presenti sia pure in maniera inconscia.
D. - Lei ha anche portato sugli schermi una fantasiosa e coinvolgente trasposizione del “Flauto magico” mozartiano. Ripeterebbe l’esperienza del melodramma su un vero palcoscenico?
R. – I haven’t found the Opera that ...
Non ho trovato un’opera alla quale avrei potuto aggiungere qualcosa sul palcoscenico, nulla che mi lasciasse pensare che potessi farla in maniera diversa, migliore o speciale. Ma io ho fatto tesoro dell’esperienza del "Flauto Magico". Infatti, in un certo senso, vedo Tamino, il braccio sollevato che tiene il flauto, attraversare le prove del fuoco e dell’acqua, e così ho cominciato a trovare il mio Thor, con il martello al posto del flauto… (ap)
Iraq: i cristiani temono nuovi attacchi dopo la morte di Osama Bin Laden
◊ La morte di Osama Bin Laden è vissuta con apprensione dai cristiani in Iraq, anche se, come dichiara all'agenzia AsiaNews l’ambasciatore iracheno in Italia, Saywan Barzani, il governo di Baghdad pensa che “la cosa più importante è quella di cercare di assicurare la sicurezza dei cristiani, di trovare tutti i modi per far sì che la comunità cristiana sia difesa”. L’eredità di Bin Laden non è destinata a scomparire con la sua morte, dicono nella comunità cristiana di Baghdad. Il timore di possibili ritorsioni per la sua morte è forte. “L'Iraq – prosegue l’ambasciatore Barzani - è il primo fronte antiterrorismo al mondo. Abbiamo avuto il più grande numero di attentati nella storia, e il più alto numero di vittime. Abbiamo una grande esperienza, le forze di sicurezza e l’esercito sono in stato di allerta”. L’ambasciatore sottolinea l’impegno del suo Paese a tutela dei membri della comunità cristiana. “Il governo fa di tutto per proteggere le chiese e le comunità cristiane dell’Iraq perché sono una componente storica molto importante del Paese”. (G.P.)
Mons. Pompili: guerra contro il terrorismo, non contro l’Islam
◊ “Il presidente Obama, nel dare la notizia della morte di Bin Laden, ha fatto una distinzione salutare nel precisare che la guerra non è contro l’islam ma contro il terrorismo”. Queste le parole di mons. Domenico Pompili, portavoce della Conferenza episcopale italiana (Cei), rilasciate all’agenzia Zenit. “In questo modo - ha continuato - si mette in evidenza che ci si oppone alla violenza e non a una esperienza alla quale appartengono milioni di persone che hanno una dignità, essendo credenti nello stesso Dio come noi cristiani”. “Mi pare sia importante – ha proseguito mons. Pompili – disinnescare questo cortocircuito dello scontro di civiltà che rappresenta una lettura superficiale di quanto accaduto. In realtà le religioni non sono portatrici di violenza ma talvolta possono essere strumentalizzate o lasciarsi strumentalizzare dai poteri economici o politici. Il punto di equilibrio - ha detto il presule - lo ha suggerito ieri il cardinale Bagnasco quando ha ricordato di aver pregato per Bin Laden e allo stesso tempo per le vittime del terrorismo. Rispetto alla tragica vicenda del terrorismo – ha concluso il portavoce della Cei – la riflessione da fare è che la religione non può mai essere utilizzata come strumento di guerra, perché una vera esperienza religiosa induce piuttosto a cogliere gli elementi di vicinanza e di continuità. Tutto ciò che sale converge. Una vera religione rende possibile l’incontro tra i popoli”. (G.P.)
Pakistan: Paul Bhatti confermato ministro per le Minoranze religiose
◊ Il cattolico Paul Bhatti, fratello del ministro ucciso Shahbaz Bhatti, è stato confermato alla guida del Ministero per gli Affari delle Minoranze Religiose in Pakistan. Bhatti è oggi Consigliere Speciale del Primo Ministro per gli Affari delle minoranze religiose, con lo status, il portafoglio e le competenze di “Ministro federale”. Tutta la struttura del dicastero ha un nuovo assetto, sancito dall’ingresso nel governo della Pakistan Muslim League-Q. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, dopo un accordo politico stretto due giorni fa, oggi il Pakistan People party, il partito al governo, detentore della maggioranza relativa, ha varato la nuova alleanza di governo, che varrà anche in vista delle elezioni generali del 2013. Hanno giurato questa mattina 7 ministri federali e 7 vice ministri, che saranno parte effettiva del nuovo esecutivo. Il rimpasto è stato l’occasione per definire anche l’assetto del Ministero per le Minoranze religiose, che rischiava l’abolizione e lo smembramento in quattro sedi provinciali. Accanto a Bhatti è stato infatti inserito, nelle vesti di vice ministro, l’avvocato di Lahore Akram Gill, anch’egli cattolico, parlamentare e membro della Pakistan Muslim League-Q. Segretario generale del Ministero è Javed Akhtar, che era nella pubblica amministrazione già ai tempi del compianto Shahbaz Bhatti. Tali personalità guideranno il Ministero per i prossimi due anni, fino alle prossime elezioni. L’ipotesi di un decentramento del Ministero è stata dunque accantonata, con somma soddisfazione per le minoranze religiose nel Paese. Non ha mancato di suscitare perplessità, invece – registrano fonti di Fides in Pakistan – l’ingresso della Pakistan Muslim League-Q. nel governo. Nei mesi scorsi la Lega-Q si era schierata nella “Alleanza per difende l’onore del profeta”, rete di partiti religiosi islamici scesa in campo con manifestazioni e proteste contro l’abolizione o la modifica della legge sulla blasfemia. (M.G.)
Mons. Martinelli: appelli per una tregua in Libia non sono stati ascoltati
◊ “Avevo chiesto una tregua, ma nessuno ha ascoltato l’appello. È vero, non abbiamo sentito bombe, ma gli aerei hanno sorvolato Tripoli tutta la notte impedendoci di dormire. Anche se non bombardano, gli aerei creano il panico tra la popolazione. Si capisce che quando un aereo passa sopra la testa all’una di notte, si ha paura che una bomba possa scoppiare da un momento all’altro”. Queste le parole di mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, rilasciate all’agenzia Fides. “Ieri sono stato ai funerali di Saif al-Arab (uno dei figli di Gheddafi, ucciso nel bombardamento della sua casa insieme a 3 nipoti). Non c’era Gheddafi – prosegue il presule - ma erano presenti i maggiori rappresentati del potere libico, tra cui alcuni dei suoi figli, anche se non tutti. C’era anche Abdessalam Jalloud”. Abdessalam Jalloud, è stato uno dei più stretti collaboratori di Gheddafi fino a qualche tempo fa, prima di ritirarsi dalla scena pubblica. “Rinnovo il mio appello per una tregua, per rispettare il lutto della famiglia del leader libico” ha concluso mons. Martinelli. In Italia intanto, i missionari Comboniani, in un documento approvato in riva al Lago di Garda al termine di un simposio di riflessione sulla missione in Europa, hanno ribadito il loro ‘no’ a “ogni forma di violenza come metodo di risoluzione delle controversie”. I Comboniani, citati dall'agenzia Misna, sottolineano che “la violenza genera violenza e pagano sempre gli innocenti”. Nel testo il dramma del conflitto viene messo in relazione ad un contesto più generale, segnato dalla chiusura dell’Europa nei confronti della sponda Sud del Mediterraneo e del Sud del mondo nel suo complesso. “Come missionari e missionarie – scrivono i Comboniani – contestiamo un’Europa arroccata su se stessa e sui suoi interessi, che rifiuta di accogliere tanti fratelli e sorelle africane che cercano di sfuggire a situazioni di violenza e di morte. Chiediamo che l’Europa dimostri maggiore senso di umanità e attenzione ai diritti fondamentali delle persone che invocano accoglienza e aiuto”. (G.P.)
Egitto: i copti annunciano una marcia di protesta di un milione di persone
◊ Diversi movimenti copti hanno annunciato per venerdì 6 maggio una marcia di protesta di un milione di persone per proteggere la cattedrale di san Marco ad Abbasseya. Venerdì scorso infatti migliaia di salafiti avevano inscenato un sit-in di protesta di fronte alla cattedrale per chiedere il “rilascio” di Kamilia Shehata, la moglie di un prete copto, che scappata dal marito si sarebbe fatta musulmana, per poi ritornare nella famiglia di origine. Secondo i salafiti la donna sarebbe tenuta prigioniera e sarebbe stata costretta a ritornare alla religione copta. “Bisogna essere cauti e non dare giudizi affrettati. Occorre aspettare che la situazione evolva, senza escludere nessuna possibilità di sviluppo” dice all’agenzia Fides padre Luciano Verdoscia, missionario Comboniano che opera in Egitto da molti anni. Il missionario ricorda che “secondo alcuni analisti, i salafiti in realtà non rappresentano un gruppo molto consistente, che tuttavia tende a esporsi e a fare rumore”. Padre Verdoscia invita inoltre a non affrettarsi nel concludere che l’Egitto si stia avviando ad uno scontro interreligioso. “Occorre tenere presente che in Egitto la sensibilità religiosa è sempre stata molta alta. Questo riguarda sia i musulmani che i cristiani. Lo avvertiamo anche noi religiosi provenienti da fuori: si tende a rinchiudersi in una specie di ghetto, dove si vive abbastanza bene e si possono fare le proprie attività. Quello che sta all’esterno della propria comunità viene visto come una minaccia dalla quale bisogna proteggersi. Naturalmente la storia ci dice che in contesti come questo tutto può capitare. Pensiamo all’occidente: vi sono state persecuzioni di minoranze religiose, c’è stato il nazismo, ecc…Occorre quindi lavorare per superare questa logica”. (R.P.)
Sri Lanka: fedeli e organizzazioni per i diritti umani denunciano aggressioni contro preti cattolici
◊ A due anni dalla fine della guerra civile in Sri Lanka resta ancora alta la tensione e l’insicurezza nel nord-est del Paese a maggioranza tamil. A farne le spese sono anche sacerdoti cattolici vittime di un numero crescente di aggressioni e intimidazioni rimaste impunite. È quanto denunciano diverse organizzazioni per i diritti umani locali che insieme a gruppi di fedeli hanno chiesto ripetutamente alle autorità di intervenire per fermare i responsabili delle violenze. Tra le ultime vittime – riferisce l’agenzia Eglises d’Asie - padre Jayakumar, sacerdote nella diocesi di Jaffna ed ex direttore della Caritas locale aggredito recentemente nella sua abitazione. Secondo un attivista locale per i diritti umani Anton Jeganathan, si tratta di un fenomeno nuovo, perché gli srilankesi tradizionalmente rispettano il clero di qualsiasi religione ed è inconcepibile che tali aggressioni possano restare impunite. Questi episodi si inseriscono nel clima di persistente tensione nella regione dove all’antico conflitto etnico tra tamil e cingalesi, potrebbero aggiungersi anche tensioni di carattere religioso. Lo scorso mese di gennaio il vescovo di Mannar mons. Rayappu Joseph aveva espresso preoccupazione non solo per la singalizzazione forzata delle popolazioni tamil messa in atto dalle autorità di Colombo, ma anche di una buddizzazione della regione a scapito della maggioranza indù e cristiana. (L.Z.)
Messico: approvata la legge in favore dei migranti
◊ La Camera dei Deputati del Messico ha approvato all’unanimità, pochi giorni fa, una nuova legge che riconosce e tutela i diritti umani dei migranti, sia per i connazionali che per gli stranieri, che era già stata approvata dal Senato. L'iniziativa, approvata con 432 voti nella fase finale della legislatura, garantisce il pieno rispetto dei diritti umani dei migranti, indipendentemente dalla loro origine, nazionalità, sesso, etnia, età e stato d’immigrazione. La legge prevede che ogni immigrato clandestino che sia stato vittima o testimone di un crimine, può avere lo status legale nel Paese fino alla fine del processo e comunque gli sarà consentito di lavorare durante tale periodo. Essa prevede inoltre l'accesso per gli immigrati ai servizi sanitari, giudiziari, finanziari, e la possibilità di regolarizzare il loro status d'immigrato. Ogni anno sono più di 300.000 gli immigrati che cercano di raggiungere gli Stati Uniti attraversando il Messico, la grande maggioranza di loro sono centroamericani. (G.P.)
Al via la 49.ma Assemblea dei vescovi del Brasile. Verrà rinnovata la presidenza
◊ Le elezioni dei membri della Presidenza e gli orientamenti generali per l'Evangelizzazione della Chiesa in Brasile. Sono i temi al centro dei lavori della 49.ma Assemblea Generale della Conferenza Nazionale dei vescovi del Brasile (CNBB) che si apre domani, mercoledì 4 maggio, ad Aparecida. Secondo una nota inviata dalla Conferenza episcopale del Brasile all’agenzia Fides, saranno eletti per un mandato di quattro anni, il presidente, il vicepresidente ed il segretario generale. Oltre a questi, i vescovi dovranno votare, sempre per un periodo di quattro anni, i Presidenti delle Commissioni episcopali di Pastorale, che attualmente sono dieci. Questi Presidenti delle Commissioni, con i tre membri della Presidenza, formano il Consiglio episcopale della pastorale della Cnbb (ConSep). Il testo dei nuovi Orientamenti, che hanno anch’essi una validità di quattro anni, è stato redatto da una Commissione di vescovi presieduta dall'arcivescovo di São Luís, mons. José Belisario da Silva, con la consulenza di esperti. La base del testo sono le attuali linee guida, approvate nel 2008, integrando in esso il documento finale della Quinta Conferenza dell'Episcopato dell'America Latina e dei Caraibi, tenutosi nel 2007 ad Aparecida (Sp), ed altri documenti della Chiesa pubblicati da allora, come la recente Esortazione apostolica post-sinodale "Verbum Domini" di Benedetto XVI. Altri temi nell'ordine del giorno dei vescovi saranno gli orientamenti per il diaconato permanente, alcune questioni di liturgia e della Commissione Pastorale per la Dottrina della Fede, la situazione delle popolazioni indigene, l'analisi delle vicende ecclesiali e sociali, i diversi temi e problemi che riguardano le comunicazioni, la Giornata Mondiale della Gioventù, la Quinta Settimana sociale brasiliana. La Chiesa in Brasile conta 456 vescovi, 301 attivi e 155 emeriti. Se ne sono registrati all'Assemblea 336 (296 attivi e 40 emeriti). Ci sono anche altre 119 persone che partecipano all'Assemblea in qualità di consulenti, esperti, ospiti, collaboratori, fornitori di servizi, per un totale di 455 persone. (M.G.)
Brasile: protesta degli indigeni contro le grandi infrastrutture in Amazzonia
◊ Un accampamento che riproduce un villaggio tradizionale nella spianata di fronte al Congresso di Brasilia, in prossimità della presidenza. Per l’ottavo anno consecutivo, circa 800 indigeni in rappresentanza di 230 etnie del Brasile hanno messo in scena questa originale forma di protesta per chiedere un freno ai mega progetti di infrastrutture che il governo porta avanti nei loro territori ancestrali e più in generale la difesa dei loro diritti sanciti dalla Costituzione. I dimostranti presiederanno la struttura fino a giovedì, quando sperano di essere ricevuti dal presidente del Brasile, Dilma Rousseff. Al centro delle proteste l’avanzare di centrali idroelettriche e autostrade in Amazzonia e in altre regioni del Paese, a partire dal controverso impianto di Belo Monte. Di recente, la centrale idroelettrica di Belo Monte, nello Stato amazzonico del Pará, concepita per diventare la terza al mondo dopo quella delle Tre Gole, in Cina, e di Itaipú, alla frontiera tra Brasile e Paraguay, è stata contestata anche dalla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), che ha chiesto al governo di fermare i lavori fino a quando non saranno consultate le popolazioni che ne subiranno l’impatto. “Viviamo in accampamenti improvvisati sparsi ovunque perché i grandi coltivatori di soia hanno invaso i nostri territori”, ha raccontato all'agenzia Fides Leia Kaiowá, rappresentante del popolo Guaraní-Kaiowá dello Stato centro-occidentale del Mato Grosso do Sul. “Il presidente Lula ha riconosciuto molte terre indigene – ha aggiunto Kaiowá - ma le procedure sono paralizzate. Speriamo che Dilma sia più comprensiva, anche se finora non ha fatto nulla per i nativi”. Secondo la Fondazione nazionale dell’indio (Funai, ente governativo) in Brasile si contano circa un milione di indigeni su una popolazione globale di 190 milioni di abitanti. (M.G.)
L'intervento di mons. Celli al seminario "Parola e parole" sulla comunicazione
◊ “Le nuove tecnologie aprono possibilità enormi, ma vanno vissute con un atteggiamento di dialogo rispettoso”. Il presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali (Pccs), mons. Claudio Maria Celli, è intervenuto questa mattina a Roma al seminario “Parola e parole”, organizzato dall’Azione cattolica, ricordando l’“esperienza particolarmente viva” vissuta proprio ieri in Vaticano, nel primo incontro di bloggers voluto dalla Santa Sede. “Le nuove tecnologie – ha sottolineato mons. Celli ripreso dall'agenzia Sir – mettono di fronte a noi possibilità prima inimmaginabili”. Il presidente del dicastero vaticano ha rilevato come “apparteniamo a una Chiesa che ‘è’ comunicazione, non fa soltanto comunicazione: anzi, se non comunica non è Chiesa”. E non si tratta di “comunicazione intellettuale”, quanto piuttosto “nella sua globalità è comunicazione al mistero d’amore di Dio”. “La stessa celebrazione eucaristica – ha precisato – è un momento di comunicazione, così pure l’azione caritativa, perché dice al mondo cos’è la Chiesa”. Infine, “anche il silenzio è comunicazione”, ha osservato mons. Celli ricordando l’ultima apparizione pubblica di Giovanni Paolo II: non poteva più parlare, eppure “comunicava all’uomo un messaggio che era grazia e ricchezza”. Da qui l’invito a “recuperare il valore comunicativo del silenzio”. Dal canto suo il presidente nazionale dell'Azione Cattolica Franco Miano ha affermato che “non c’è formazione veramente cristiana che non sia pienamente umana”, ha aggiunto, e se “oggi è sempre più difficile e complesso l’incontro tra fede e vita”, “per noi amare la vita significa amare le persone” e “mettersi a servizio nell’impegno politico, nell’associazionismo e nel volontariato”. Al seminario è intervenuto anche il portavoce della Conferenza episcopale italiane mons. Domenico Pompili il quale ha sottolineato che "l'indifferenza", la "sacralizzazione della tecnica" e il "il linguaggio" sono le sfide culturali da non subire, ma interpretare creativamente. (R.P.)
Uganda: pubblicata la prima Bibbia in Ng’akarimojong
◊ Dopo una lunga attesa, le popolazioni Karimojongs dell’Uganda hanno finalmente a disposizione la Bibbia nella loro lingua. La nuova edizione – riferisce il quotidiano locale “The Observer ripreso dall’agenzia Apic - è stata curata dalla Società Biblica dell’Uganda, che ha già tradotto la Bibbia in diverse altre lingue parlate nel Paese. Iniziata nel 1986 dal vescovo anglicano Peter Lomomgin (scomparso nel 2006) e dal vescovo cattolico Paul Lokiru Kalanda (oggi emerito), l’impresa ha richiesto in tutto 24 anni dalla selezione dei traduttori fino alla stampa. In particolare, per il Nuovo Testamento sono stati necessari sette anni di lavoro, mentre per il Vecchio Testamento sono bastati tre anni. Ad allungare i tempi hanno contribuito non poche difficoltà, a cominciare dalla traduzione di termini ebraici, aramaici o greci di cui non esisteva l’equivalente in lingua Ng’akarimojong. La squadra di traduttori ha dovuto quindi letteralmente “inventare” nuove parole e quindi introdurle ai fedeli. Un altro ostacolo è l’alto tasso di analfabetismo tra i Karimojongs. Per aggirarlo la Società Biblica dell’Uganda ha lanciato una versione audio per chi non sa leggere. La Società ha già tradotto la Bibbia in dodici dei 57 idiomi parlati nel Paese, tra cui il Lusamia, l’Ateso, le Lugbara, le Runzakitara, le Madi et l’Alur. (L.Z.)
Burundi: Messaggio dei vescovi per la Beatificazione di Giovanni Paolo II
◊ “La missione di essere fermento di pace nel nostro Paese”: è questo il messaggio centrale lasciato da Giovanni Paolo II al Burundi. È quanto scrivono i vescovi del Paese in occasione della beatificazione del 1° maggio. Il documento, firmato dal presidente della Conferenza episcopale mons. Gervais Banshimiyubusa, sottolinea gli aspetti salienti del messaggio di Papa Wojtyla a partire dall’invito “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo!” con cui aprì il suo lungo pontificato. I presuli ricordano inoltre il suo straordinario impegno per “annunciare il Vangelo a tutti gli uomini”, soprattutto attraverso le sue numerose visite pastorali in tutto il mondo; la sua grande sollecitudine pastorale per i giovani che si è concretizzata con l’istituzione delle Giornate Mondiale della Gioventù, ma anche per i sacerdoti, come testimoniano le lettere del Giovedì Santo, e verso i religiosi e le religiose per i quali istituì nel 1994 la Giornata mondiale per la vita consacrata, il 2 febbraio. Il documento si sofferma quindi sulla sua incessante opera a favore dei diritti umani e della pace: Giovanni Paolo II – si legge – è stato “un apostolo impegnato perché nel mondo possa regnare la verità, la giustizia, l’amore e la pace”. Un altro punto centrale del suo messaggio – annota ancora il testo - è stato l’invito rivolto ai cristiani a vivere nella consapevolezza che tutti siamo chiamati ad essere santi: in questa prospettiva nel suo lungo pontificato ha donato alla Chiesa quasi 500 santi da tutti i popoli e regioni del mondo. Tra gli altri tratti caratteristici del suo pontificato i vescovi del Burundi ricordano poi la sua profonda devozione mariana a cui è direttamente legato il suo magistero sulla donna, ma anche il suo modo speciale di esercitare il ministero petrino e in particolare il rafforzamento della sua dimensione collegiale di cui sono un esempio i diversi sinodi da lui convocati. Il messaggio si sofferma quindi sull’insegnamento lasciato da Giovanni Paolo II al Burundi in occasione del suo viaggio apostolico nel Paese nel 1990. Esso ricorda in particolare il discorso pronunciato all’arrivo all’aeroporto di Bujumbura, il 5 settembre, in cui il Papa aveva esortato i burundesi a consolidare la loro unità “radicandola solidamente per mezzo della riconciliazione e del perdono” e a basarsi “sulla giustizia e sul principio dell’uguale dignità di ogni uomo” poiché “siamo tutti creature amate da Dio”. Un messaggio che era rivolto a un Paese appena uscito da un sanguinoso conflitto etnico, ma che - sottolineano i vescovi burundesi - resta ancora attuale oggi in Burundi. Di qui il loro l’appello finale: “Giovanni Paolo II ci ha consigliato di riconciliarci, di condividere i beni che Dio ci ha messo a disposizione, di ben costruire il nostro Paese e di vivere in pace: non dimentichiamo questi preziosi consigli”. (A cura di Lisa Zengarini)
India: per la Beatificazione di Giovanni Paolo II due giorni di celebrazioni a Mumbai
◊ Oltre 5000 giovani hanno preso parte alla Jesus Fest a Mumbai, in India, l’evento organizzato per celebrare la Beatificazione di Giovanni Paolo II. L’iniziativa prevedeva una messa e una veglia di preghiera il 30 aprile scorso nella chiesa del Monte del Carmelo, e un grande concerto gospel il 1° maggio, giorno della Beatificazione. Rispetto, gratitudine, amore e gioia contagiosa sono stati palpabili durante tutta la due giorni, mentre un gruppo di giovani ha portato in processione una croce alta 4 metri e un’icona della Vergine Maria. In chiesa, i fedeli hanno accolto la croce tenendo in mano candele accese. “Il buio era illuminato da un mare di luci, l’effetto era molto simbolico” ha riferito all'agenzia AsiaNews padre Warner. Durante l’omelia, il sacerdote ha parlato di papa Giovanni Paolo II come dell’apostolo della “Divina Misericordia”. Al termine della liturgia, il Movimento ha proposto una serie di filmati, che ritraevano alcuni episodi del suo pontificato: l’elezione, i pellegrinaggi apostolici, le tante Giornate Mondiali della Gioventù. Tutti i partecipanti erano “rapiti” dalle immagini; alcuni hanno cercato di nascondere le lacrime di commozione, nel rivedere momenti così toccanti. Il giorno successivo – il giorno della beatificazione – c’è stato un grande coro gospel, la cui preparazione è durata due mesi. Al concerto hanno partecipato i giovani del Movimento del Carmelo, adulti, bambini e religiosi. Ogni giovane ha ricevuto in dono un rosario e una coroncina della Divina Misericordia. Più tardi, attraverso megaschermi i partecipanti hanno assistito alla cerimonia di beatificazione. “È stata una grande esperienza di grazia e musica, il giusto tributo a un grande papa che ha creduto, amato e sfidato i giovani”, ha detto padre Warner a conclusione della festa. (M.G.)
Filippine: campagna contro il “Documento sulla salute riproduttiva”, nel nome di Papa Wojtyla
◊ La Chiesa cattolica, organizzazioni pro-vita, associazioni e scuole cristiane, hanno rilanciato nelle Filippine la campagna pro-vita per bloccare l’approvazione del “Documento sulla Salute Riproduttiva”, di recente rinominato “Responsible Parenthood, Reproductive Health and Population and Development Act” che nei prossimi giorni sarà all’esame del Congresso e che è sostenuto dal Presidente delle Filippine, Benigno Aquino. La campagna è stata rilanciata nel nome di Giovanni Paolo II, ricordato come “alfiere della difesa della vita”. Come riferito all’agenzia Fides, l’arcivescovo di Manila, il cardinale Gaudencio Rosales, ha avviato una “Novena per la vita”, che si concluderà il 9 maggio, data in cui si aprirà la sessione di lavoro del Congresso per esaminare e approvare il documento. Il cardinale ha ricordato Papa Wojtyla come “amante della vita” e “difensore del bambino non nato”, notando che in entrambi i viaggi compiuti nelle Filippine (nel 1981 e nel 1995) il Papa polacco rimarcò che “nessuno ha il diritto di uccidere una persona innocente”. Anche la “Coalizione per la Famiglia e per la Vita” ha tratto nuova linfa dalla beatificazione di Giovanni Paolo II per una azione più efficace nella società: in collaborazione con la rete di movimenti e sigle pro vita denominata “Alleanza civica per la protezione della vita umana” ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per “salvare le Filippine dall’aborto”. I movimenti infatti sostengono che, fra le misure di “salute riproduttiva” e i programmi di pianificazione familiare, il Congresso potrebbe anche introdurre nel Documento il ricorso all’aborto, oggi vietato dalla Costituzione. Gli attivisti rimarcano che il governo delle Filippine ha già ricevuto circa 900 milioni di dollari da organizzazioni come Unfpa, Usaid, Ausaid per l’approvazione del Documento, mascherandoli sotto la voce “conseguimento degli obiettivi del Millennio e programmi per alleviare la povertà”. In una fase che molti osservatori hanno definito “di stallo” nei rapporti fra stato e Chiesa, dopo l’interruzione del tavolo di colloqui, mons. Antonio Ledesma, arcivescovo di Cagayan de Oro, ha proposto una soluzione di compromesso dicendo: “Il miglior modo di dire ‘no’ al Documento sulla Salute riproduttiva è dire ‘sì’ ai metodi naturali”, che pongono realmente l’accento sulla paternità e sulla maternità responsabile. (R.P.)
Svizzera: Campagna di informazione dei vescovi a favore del volontariato
◊ Dare un volto al volontariato: è questo l’obiettivo della Campagna di informazione lanciata dalla Conferenza episcopale svizzera (Ces). Intitolata « A caccia di buone notizie », l’iniziativa vuole raccogliere, su Internet, messaggi e testimonianza di persone impegnate nel volontariato, così da dare un volto ai volontari ed incoraggiare altre persone a seguirne l’esempio. « I responsabili della Chiesa – si legge in una nota della Ces - così come tutti i battezzati ed in particolare i media della Chiesa si trovano davanti alla sfida di diffondere la Buona Novella e le buone notizie ». I vescovi svizzeri, poi, ribadiscono la necessità di non negare gli aspetti negativi, poiché «essi fanno parte della realtà della Chiesa. Piuttosto che negare, si tratta invece di riconoscere con gratitudine le grandi cose realizzate dai battezzati, in modo da ottenere un’immagine fedele della Chiesa e della sua vita ». E tra « le grandi cose », continua la nota, l’opera di volontariato è sicuramente in prima linea. Secondo gli ultimi dati statistici, infatti, il 29% delle donne cattoliche svizzere, insieme al 25% degli uomini, sono impegnati nel volontariato. Il che significa che 870mila cattolici operano regolarmente in questo settore. Per il lancio della campagna di informazione, manifesti e volantini esplicativi sono stati distribuiti in circa 2mila parrocchie e comunità religiose della Chiesa cattolica elvetica. La campagna andrà avanti fino al 5 giugno, « Giornata mondiale delle comunicazioni sociali », durante la quale verrà organizzata una colletta speciale a favore degli strumenti della Chiesa per la comunicazione. (I.P.)
La Chiesa ceca celebra il II centenario della nascita di S. Giovanni Nepomuceno Neumann
◊ Le celebrazioni in onore di San Giovanni Nepomuceno Neumann nella Repubblica ceca culmineranno il 18 giugno con un pellegrinaggio a livello nazionale alla sua città natale, Prachatice, alla presenza del cardinale Justin Francis Rigali, Legato pontificio nominato da Benedetto XVI lo scorso 18 aprile. L'evento – come spiega l’agenzia Sir - rappresenta il punto più alto delle celebrazioni del 200° anniversario della nascita del santo ceco, considerato il fondatore dell'istruzione offerta dalla Chiesa negli Stati Uniti. Il programma comprende la mostra dal titolo "Il cammino della vita di San Giovanni Nepomuceno Neumann", che è stata inaugurata lo scorso 15 aprile nel chiostro del convento domenicano di Budweis e rimarrà aperta fino al 27 maggio. Il 4 maggio l'edificio ospiterà anche un simposio sulla vita e le opere del Santo, organizzato dalla diocesi di Budweis in collaborazione con la Facoltà teologica dell'Università della Boemia meridionale e l'Accademia cristiana ceca. Giovanni Nepomuceno Neumann nacque nel 1811; durante la sua vita divenne famoso negli Stati Uniti, dove ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale e in seguito la consacrazione vescovile a Filadelfia, attuale sede del legato pontificio per il pellegrinaggio nazionale, l'arcivescovo Rigali. Fu canonizzato nel 1977. (L.Z.)
Australia: le Pontificie Opere Missionarie a fianco delle mamme lavoratrici
◊ In occasione della festa della mamma, che sarà celebrata il prossimo 8 maggio, il direttore nazionale della Pontificie Opere Missionarie australiane, Martin Teulan, rende omaggio a tutte le madri del mondo che con il loro sacrificio sono “le vere eroine non riconosciute” del nostro tempo. In una nota ripresa dalla Fides, Martin Teulan sottolinea che “decine di milioni di mamme devono occuparsi delle famiglie, prendersi cura dei loro bambini, e svolgere anche lavori retribuiti che forniscano i beni primari e mantengano unite le famiglie”. “In questo senso – continua Teulan - ogni giorno è la Festa della Mamma. In 160 paesi – afferma ancora Mr. Teulan - le Pontificie Opere Missionarie, attraverso i missionari locali, offrono alloggio, vestiario, cibo ed istruzione agli orfani abbandonati. Aiutiamo anche le mamme delle comunità più vulnerabili attraverso programmi nutrizionali, e assistenza all’infanzia”. Uno di questi progetti comprende l’asilo nido gestito dalla Figlie di San Francesco di Sales (Dsfs) nel villaggio di Adigonfanahalli, distretto di Bangalore, stato del Karnataka, India. “Qui le mamme impegnate a lavorare nei campi sono costrette a lasciare i loro bambini incustoditi a casa” aggiunge il Direttore nazionale. Le suore Dsfs ospitano oltre 100 bambini e neonati, fornendo loro una dieta alimentare e controlli pediatrici regolari, oltre a vaccinazioni e cure mediche. Grazie a questi centri, i più piccoli imparano a pregare insieme alle suore e vivono in un clima pulito ed accogliente mentre le loro mamme sono impegnate al lavoro. Inoltre le suore organizzano anche seminari per incoraggiare i genitori ad una condotta di vita nel rispetto dei valori morali. (M.G.)
Festa della mamma: Save the Children presenta un Rapporto sulle madri nel mondo
◊ La condizione delle madri e dei bambini in 164 nazioni del mondo messa a fuoco attraverso una classifica dei Paesi in cui mamme e bambini stanno meglio o peggio. E’ quanto propone il XII Rapporto annuale di Save the Children su “Lo Stato delle madri nel mondo”, che sarà presentato domani, mercoledì 4 maggio, presso il Museo delle Terme di Diocleziano a Roma. Per l’occasione saranno illustrati anche i risultati del nuovo Rapporto di Save the Children “Piccole mamme, sulle madri teen ager” (14-19 anni) in Italia. Il lancio dei due dossier - di cui da notizia l'agenzia Sir - alla vigilia della Festa della mamma (8 maggio), costituisce un’ulteriore tappa della campagna di Save the Children “Every One”, partita nell’ottobre del 2009 con l’obiettivo di dire basta alla mortalità infantile. La conferenza di domani si avvarrà della presenza di Rossana Boldi, presidente della XIV Commissione politiche dell’Unione europea; Maria Pia Garavaglia, membro della VII Commissione Istruzione pubblica e beni culturali; Francesca Quadri, capo di Gabinetto del Dipartimento per le pari opportunità; Vera La Monica, segretario confederale Cgil; Fiorella Kostoris Padoa-Schioppa, docente presso l’Università La Sapienza di Roma; Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale Istat. In programma, inoltre, la testimonianza di alcune mamme adolescenti e di operatrici delle associazione Caf onlus di Milano, Il Melograno di Roma, L’Orsa Maggiore di Napoli. (M.G.)
Il prof. Baima Bollone: tutti i segni della Passione sono riscontrabili sulla Sindone
◊ La Sindone studiata da diversi punti di osservazione: storico, archeologico, chimico e perfino botanico e numismatico. Di questo si è parlato alla conferenza organizzata l’Istituto di Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”, a cui ha preso parte il prof. Pierluigi Baima Bollone, medico legale tra i più conosciuti in Italia e all’estero, autore di numerosi studi scientifici sulla Sacra Sindone e considerato uno dei maggiori esperti dell’argomento. “Ricordo – ha detto il medico legale ripreso dall'agenzia Zenit – che in occasione degli esami svolti sul lenzuolo nel 1978, ho chiesto ed ottenuto di prelevare alcuni fili sui quali ho potuto dimostrare l’esistenza di sangue e che si tratta di sangue umano. Questi risultati sono stati confermati da tutti i ricercatori che si sono successivamente occupati della questione. Un altro esempio dei risultati della ricerca di tracce sulla Sindone – ha aggiunto – sono le indicazioni date dai pollini che vi si trovano e che dimostrano scientificamente il percorso che il Lenzuolo ha compiuto dalla Giudea attraverso l’Anatolia, Costantinopoli ed infine l’Europa”. “La medicina legale – ha raccontato ancora l’esperto – ha fornito contributi anche più importanti alla conoscenza ed alla prova della autenticità della Sindone con il suo studio clinico ed anatomico. Qualche anno fa ho cercato di mettere in evidenza i particolari anatomoclinici della Passione, agonia e morte in croce di Gesù sulla esclusiva base dei dati scritturali neotestamentari, prescindendo assolutamente dalle immagini sindoniche”. “Lo scopo – ha spiegato – era quello di verificare successivamente se la Sindone si adattava ai risultati della ricerca. Seguii Gesù dall’Ultima Cena a Golgota, attraverso l’agonia psicologica del Getsémani, i traumi della cattura, la deprivazione di cibo, acqua e sonno, attraverso i cinque processi davanti al Sinedrio, al sommo sacerdote Caifa, ad Anna precedente sommo sacerdote e suocero di Caifa, a Ponzio Pilato ed Erode Antipa”. “Seguono flagellazione, incoronazione di spine, violenze verbali e fisiche, la Via Crucis, la crocefissione e la rapida morte sul legno – ha proseguito il prof. Pierluigi Baima Bollone -. Sulla base di questo studio, pubblicato da Mondadori con il titolo "Gli ultimi giorni di Gesù", ora presente tra gli Oscar, si deve concludere che la morte di Gesù, secondo anche quanto si sa sull’agonia dei crocifissi, è davvero conseguita ad una pluralità di fattori. Alla fatica, al dolore, allo shock e alla disidratazione – ha continuato – si sovrappongono l’asfissia meccanica da crocifissione e, alla fine, un’ischemia cardiaca terminale, del tutto attendibile in un soggetto lungamente provato, disidratato e, quindi, in una situazione di inspissatio sanguinis, di sangue iperdenso, iperviscoso e povero o privo di ossigeno”. Sulla Sindone, ha quindi concluso, “si trova la materializzazione iconografica di tutti gli elementi di questa catena fisiopatologica”; essa è infatti “l’immagine visiva di quanto descritto, pur senza alcuna intenzione narrativa, da Matteo, Marco, Luca e Giovanni”. (M.G.)
In Costa d’Avorio ancora scontri e crisi economica
◊ Ancora scontri in Costa d’Avorio nonostante l’appello del leader dell’opposizione, Laurent Gbagbo, ai suoi sostenitori di deporre le armi e lavorare alla ricostruzione del Paese. Lo stesso presidente in carica, Alassane Ouattara, ha dichiarato di voler avviare al più presto un processo di riconciliazione nazionale sul modello di quanto avvenuto in Sudafrica. Tuttavia, entrambi i leader concordano sulla necessità di risollevare prima le sorti economiche della Costa D’Avorio, che fino agli anni 80 era uno dei più prosperi del Continente. La crisi politica in corso ormai da molti anni e il crollo del prezzo del cacao hanno gettato il Paese sul lastrico alimentando cosi le tensioni sociali ed etniche. Sulla situazione nel Paese africano Stefano Leszczynski ha intervistato Enrico Casale, africanista della rivista dei Gesuiti “Popoli”.
R. – Il dialogo e una pacificazione del Paese passeranno certamente da una ripresa economica della Costa d’Avorio. Senza una ripresa e, quindi, senza un nuovo benessere economico difficilmente potrà aprirsi un dialogo e un nuovo rapporto tra le parti in conflitto.
D. – Insomma, è una condizione essenziale per poter avviare un processo di riconciliazione ed eventualmente anche un governo di unità nazionale, come ha detto il presidente eletto Ouattara...
R. – La ripresa economica è fondamentale. È chiaro che, però, chiunque gestisca il potere in Costa d’Avorio non possa prescindere anche da una riconciliazione nazionale, che cerchi di lenire le ferite psicologiche e umane che questa lunga crisi ha causato. Il vivere continuamente in uno stato di instabilità e in una condizione di violenza è frustrante e prostra la popolazione. I nuovi leader, la nuova classe politica, dovrà puntare molto l’attenzione sulla riconciliazione e sul guarire le ferite psicologiche di questa guerra.
D. – Una guerra che è stata molto violenta tanto che entrambe le parti hanno mosso accuse di brutali violazioni dei diritti umani. Sarà possibile superare questa fase?
R. – Certamente, questa crisi ha acuito le differenze tra la popolazione del Sud e la popolazione del Nord del Paese. Si pensava che il processo di pacificazione, che poi ha portato alle elezioni presidenziali, fosse già un buon avvio verso una riconciliazione nazionale. Purtroppo, invece, questo non è stato. Ciò significa, quindi, che il lavoro di riconciliazione sarà molto lungo e che si dovrà partire appunto da una classe politica che sappia guardare con occhi nuovi al Paese, cercando di coinvolgere nella gestione di esso spesso tutte le componenti etniche ed economiche. Questo sarà un lavoro veramente lungo, credo. (ap)
Appello della Croce rossa per la Siria, in particolare per la città di Daraa
Il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) ha lanciato un appello per un “accesso immediato e senza ostacoli” a tutte le persone che hanno bisogno di assistenza in Siria, in particolare a Daraa, la città del sud culla delle rivolte contro il regime. “La violenza ha già causato un alto numero di vittime e temiamo che se la situazione peggiora altre vite potrebbero essere perse”, ha affermato la responsabile della delegazione del Cicr a Damasco, Marianne Gasser. “I servizi medici, di pronto soccorso e per altre attività salva-vita devono urgentemente poter raggiungere” le persone colpite, ha aggiunto. “Finora abbiamo avuto solo un accesso limitato ad alcune aree ma abbiamo bisogno accesso più vasto, in particolare a Deraa e al sud. Siamo in contatto quotidiano con le autorità ma per ora abbiamo solo ottenuto un accesso per probabilmente domani o il giorno dopo ad alcuni ospedali nei dintorni di Damasco”, ha detto a Ginevra il portavoce del Cicr Hisham Hassan. Il Cicr ha inoltre ribadito la volontà di aver accesso ai detenuti nel Paese, incluse le persone detenute in rapporto alle rivolte scoppiate a metà marzo.
Libia, Misurata isolata da tre giorni sotto le bombe di Gheddafi
Misurata, la città simbolo della guerra interna che sta insanguinando la Libia, è completamente isolata per il terzo giorno consecutivo a causa degli intensi bombardamenti delle forze di Gheddafi, che hanno colpito il porto con una decina di razzi. Alcuni feriti gravi sono morti per mancanza di cure e 36 versano in condizioni disperate nella città, da due mesi sotto assedio. La Nato ha fatto sapere oggi di non poter fissare un limite alle operazioni, che saranno portate avanti con “pazienza e determinazione”. Il figlio di Gheddafi, dichiarato morto in un raid della Nato a Tripoli, non era un target dell'Alleanza. ''Noi non attacchiamo individui. Tutti i nostri target sono militari'', ha detto il vice ammiraglio Rinaldo Veri, responsabile delle attività marittime della missione “Unified Protector”. Intanto, a causa dei bombardamenti che stanno prendendo di mira il porto di Misurata, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha lanciato un appello a "tutte le parti coinvolte nel conflitto" perché consentano alla sua nave Red star di attraccare nel porto di Misurata. La nave dovrebbe evacuare 1000 migranti, di cui 71 sono donne e bambini, provenienti da vari Stati dell’Africa.
Calma relativa al confine tra Libia e Tunisia
Situazione calma nella città di Dehiba, al confine tra Libia e Tunisia, teatro nei giorni scorsi di aspri combattimenti tra lealisti e ribelli e in seguito di sconfinamenti delle truppe lealiste in territorio tunisino. Il versante libico di Dehiba rimane in mano ai ribelli, nonostante i lealisti ne tentino da giorni la riconquista. L'assenza stamane di attività militari ha agevolato la ripresa della fuga di libici verso la Tunisia, in particolare verso la regione di Tataouine, cosa che sta aumentando la pressione sui centri di accoglienza, già in sofferenza per le migliaia di arrivi dal Paese vicino. Dopo gli sconfinamenti di militari fedeli a Gheddafi, lungo il confine con la Libia stazionano molte unità dell’esercito e della Polizia di frontiera.
In Somalia ancora combattimenti
Intensi combattimenti tra forze del governo di transizione e ribelli hanno provocato almeno 70 vittime, secondo fonti locali. Questa mattina, le milizie governative hanno annunciato di aver ripreso il controllo di Garbaharey, città della regione di Gedo, nel sud della Somalia, ma gli Shebab resterebbero posizionati appena fuori dei confini della città.
Sudan
Il principale gruppo ribelle del Darfur ha respinto una proposta di accordo di pace accettata invece da altre formazioni irregolari: lo scrive oggi il quotidiano “Sudan Tribune”, sottolineando le difficoltà dei negoziati e l’incertezza delle prospettive per la regione. L’ipotesi di accordo prevede un cessate il fuoco immediato e il diritto per il Darfur di esprimere un vice-presidente ed eleggere 96 deputati nel parlamento sudanese. Otto anni dopo l’inizio del conflitto, il Darfur resta un’area di crisi. Ad alimentare le tensioni ha contribuito la convocazione per il primo luglio di un referendum sullo status amministrativo della regione.
Repubblica Democratica del Congo
Incursioni e saccheggi si stanno susseguendo a Kanyabayonga, località della provincia nordorientale del Nord-Kivu: secondo fonti locali, forze ribelli starebbero pianificando di prendere il controllo della città, approfittando dell’assenza delle Forze armate regolari (Fardc). L’ultimo attacco è stato perpetrato nella notte tra domenica e lunedì.
In fase di riconciliazione, Al Fatah e Hamas si spaccano sull’uccisione di Bin Laden
L'uccisione di Osama Bin Laden in Pakistan ha riportato tensione fra le principali fazioni palestinesi. Secondo il premier uscente dell'Anp, Salam Fayyad, il capo di Al Qaeda “si era impegnato in un'opera di distruzione lungo la sua intera vita. Spero - ha aggiunto - che la sua morte segni l'inizio della fine di questa epoca tenebrosa”. A Gaza invece il capo dell'esecutivo di Hamas, Ismail Haniyeh, ha preferito denunciare “la politica oppressiva degli Stati Uniti”. Tali posizioni contrapposte potrebbero pesare quindi sul futuro dell’accordo di riconciliazione, raggiunto la scorsa settimana tra le due fazioni palestinesi. Oggi e domani al Cairo è infatti in programma la firma dell’intesa, che prevede tra l’altro la costituzione di un governo unitario di esperti, in vista di nuove elezioni politiche e presidenziali entro un anno. A cosa dovrà dunque effettivamente servire l’accordo? Giada Aquilino lo ha chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – L’accordo deve servire a ricomporre l’unità interpalestinese, rotta dal 2007 per il colpo di Stato che Hamas aveva fatto a Gaza e l’estromissione da Gaza dell’Autorità nazionale palestinese. C’era stato già un iniziale tentativo di accordo da parte egiziana circa un anno fa che, però, era stato firmato dall’Autorità palestinese e da Abu Mazen, ma non era stato sottoscritto da Hamas. E, improvvisamente, Hamas nei giorni scorsi ha comunicato la sua disponibilità a firmare quell’accordo con qualche leggero ritocco e quindi a riaprire il discorso dell’unità interpalestinese. È stata una decisione probabilmente dovuta anche al peggioramento dei rapporti tra Hamas e il regime siriano di Assad: Hamas - che è in qualche maniera una costola dei Fratelli Musulmani - pare abbia mandato una lettera di solidarietà agli stessi Fratelli Musulmani, i quali in Siria hanno aderito alle manifestazioni contro il regime. E, ovviamente, Assad non ha gradito.
D. – Hamas ha chiesto nelle ultime ore che il premier di questo nuovo esecutivo sia di Gaza...
R. – La nomina del premier spetta al presidente dell’Autorità palestinese, che è Abu Mazen. Tuttavia Hamas cerca di evitare la nomina di Fayyad, che è considerato troppo vicino agli americani e, quindi, questo è uno degli elementi del braccio di ferro sull’intesa.
D. – Chi tratterà invece con Israele?
R. – Secondo tutti gli accordi, anche precedenti, il compito di questo governo, che è un governo tecnico, non è il negoziato con Israele. Il negoziato con lo Stato ebraico ricade sul presidente dell’Olp, che è Abu Mazen, perché è l’Olp il firmatario degli accordi di Oslo.(ap)
Afghanistan
Le forze di sicurezza afghane hanno localizzato ed ucciso stamane un gruppo di circa 25 militanti armati che erano penetrati nella provincia orientale di Nuristan con il proposito di vendicare l'uccisione ieri a Abbotabad, in Pakistan, di Osama Bin Laden. Lo ha reso noto una fonte del governo a Kabul. Almeno 8 guardie afghane sono state uccise oggi in un attacco aereo della Nato nella provincia meridionale di Ghazni, in Afghanistan. Lo riferiscono fonti della polizia locale. Due altre guardie, secondo fonti locali, sono invece state catturate dalle truppe straniere.
Immigrazione
La Commissione europea ha inviato una lettera a livello amministrativo a Italia e Francia, chiedendo rispettivamente dei chiarimenti sul decreto legge con cui Roma ha rilasciato titoli di viaggio ai tunisini sbarcati a Lampedusa, e sui controlli effettuati da Parigi alla frontiera con l'Italia. Lo ha confermato il portavoce della commissaria Europea agli affari interni Cecilia Malmstroem.
Schengen
Una riforma del regolamento Schengen in direzione “comunitaria”: questa la proposta che la Commissione Europea discuterà mercoledì in risposta alla lettera inviata al presidente Barroso da Berlusconi e Sarkozy al termine del vertice italo-francese. Il cuore del dibattito è costituito dalla possibilità per uno Stato di ripristinare i controlli alle frontiere in caso di minacce per l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale, una decisione che al momento può essere presa unilateralmente da ogni paese Schengen. La Commissione intende andare incontro a questa richiesta, chiedendo però in cambio la possibilità di indicare i criteri in base ai quali può essere presa la decisione di sospendere Schengen e quindi, nel caso di una reintroduzione delle frontiere, valutare ed eventualmente ricorrere contro la decisione degli Stati membri.
Per un tornado, tre morti a Auckland, la città più popolosa della Nuova Zelanda
Tre persone sono morte e altre 20 sono rimaste ferite dopo che un improvviso tornado ha devastato diversi sobborghi di Auckland, la città più popolosa della Nuova Zelanda, viaggiando a più di 200 km l'ora. Una portavoce del servizio ambulanze ha confermato che due persone sono rimaste uccise, mentre Radio New Zeland ha riferito che è morta una terza persona. Circa 20 feriti sono stati trattati sul posto e in un vicino ospedale e tre sono in condizioni critiche. Il tornado ha strappato via parte del tetto nel centro commerciale Megacentre del sobborgo settentrionale di Albany mettendo in fuga centinaia di persone terrorizzate, sollevando in aria le auto e sradicando alberi, ha riferito un portavoce della polizia. La Nuova Zelanda viene colpita da eventi di tornado circa 20 volte l'anno, ma normalmente sono poco ampi e di breve durata.
Canada
Il primo ministro canadese, Stephen Harper, si avvia verso una piena vittoria elettorale. Secondo i dati preliminari, il suo Partito Conservatore ha ottenuto 167 seggi in Parlamento, ben oltre la soglia della maggioranza di 155 deputati. Il risultato rappresenta un'importante vittoria per Harper che dal 2006 guidava il Paese alla testa di governi di minoranza. Netta la sconfitta del partito Liberale, che ha governato il Canada per la maggior parte dei suoi 144 anni di indipendenza ed è stato a lungo il principale avversario di Harper.
Esplosione in posto di polizia a Mosca: un poliziotto ucciso
Un poliziotto è rimasto ferito in un'esplosione che ha avuto luogo a Mosca, nei pressi di un posto di polizia nel centro della città. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti citando una fonte delle forze dell'ordine. Un ordigno esplosivo artigianale è esploso nel parcheggio vicino all'edificio che ospita il posto di polizia nel momento in cui il poliziotto poi rimasto ferito ha scoperto una busta sospetta contenente appunto l'esplosivo. Lo scorso marzo alcune esplosioni simili avevano avuto luogo a Mosca ad una fermata di autobus nei pressi di un'accademia dell'Fsb, i servizi segreti russi (ex Kgb)En mars, e davanti ad un edificio sempre dell'Fsb, senza fare vittime. Una delle esplosioni era stata rivendicata da un gruppo islamista che affermava essere un gesto in risposta delle operazioni dell'Fsb contro la ribellione islamica nel Caucaso. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Gabriele Papini)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 123