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Sommario del 28/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: saremo giudicati sull’amore per i fratelli più piccoli
  • Cordoglio nella Chiesa per la morte di mons. Pietro Sambi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Fame e guerra in Somalia. Mons. Bruno Forte: senza solidarietà non c'è futuro per l'umanità
  • Stragi in Norvegia: istituita commissione d'inchiesta indipendente. Intervista con Helge Lurås
  • Stati Uniti: conto alla rovescia per un accordo in extremis sul debito
  • Tagliato il rating di Grecia e Cipro, aumenta la disoccupazione in Francia
  • Duplice attentato kamikaze in Afghanistan: tra le vittime, donne e bambini
  • Apre ad Ancona la 15.ma filiale della Banca Popolare Etica
  • La famiglia al centro del Fiuggi Film Festival
  • Chiesa e Società

  • Costa d'Avorio: per Amnesty il clima di paura impedisce il rientro dei profughi
  • India: tre anni dopo i pogrom in Orissa, i bambini soffrono ancora
  • Egitto: scontri fra copti e musulmani in un villaggio nella regione di Minya
  • Macao. E' morto a 97 anni padre Luis Ruiz Suarez: ha fondato 140 tra lebbrosari e ospedali
  • Messico: la Carovana “Passi per la Pace”, a difesa degli immigrati, incontra il relatore dell'Osa
  • Messico: dopo oltre un secolo il primo incontro dei giornalisti cattolici
  • Perù: il vescovo di Puno invita le autorità politiche a occuparsi dei problemi sociali
  • Laos: il Catholic Relief Services protegge i bambini dagli ordigni inesplosi
  • Washington: il cardinale Burke richiede massimo rispetto e cura per i malati
  • Iniziative dell’arcidiocesi di Sydney nel solco della nuova evangelizzazione
  • Camerun: il presidente Biya nomina mons. Befe Ateba alla guida del Consiglio della Comunicazione
  • Sudafrica: ha confessato l’assassino di padre Blondel, ucciso due anni fa
  • I vescovi svizzeri: “la Chiesa non fa politica di parte, ma prende parte alla politica”
  • Messaggio del cardinale Bagnasco ai giovani italiani in partenza per la Gmg di Madrid
  • Attesi 250mila fedeli per la visita del Papa in Calabria a ottobre
  • Belgio: dal 3 al 7 agosto settimana di preghiera per i giovani nell’Abbazia di Orval
  • Trovata in Turchia tomba paleocristiana, forse è quella di San Filippo
  • 24 Ore nel Mondo

  • Libia: Londra riconosce il Consiglio nazionale di Transizione come autorità di governo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: saremo giudicati sull’amore per i fratelli più piccoli

    ◊   “Il regno dei Cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano via”, “raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo”. E’ questo un passo del Vangelo odierno, tratto da Matteo, che invita i fedeli a soffermarsi sulla realtà del Giudizio finale. Una riflessione che si fa ancor più pressante, di fronte a realtà sconvolgenti quali la carestia nel Corno d’Africa che sta uccidendo migliaia di innocenti nell’indifferenza dell’opinione pubblica. Sulla realtà ultima del Giudizio e in particolare sul suo criterio, l’amore, Benedetto XVI ha svolto diverse riflessioni a partire dalla sua Enciclica, “Spe Salvi”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo” il prevalere dell’amore di Dio “su tutto il male nel mondo ed in noi. Il dolore dell'amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia”: è uno dei passaggi forti della “Spe Salvi” in cui Benedetto XVI sottolinea come il Giudizio finale vada atteso non con paura, ma con speranza. “Io – scrive il Papa nell’Enciclica - sono convinto che la questione della giustizia costituisce l'argomento essenziale, in ogni caso l'argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna”. Il Papa ci porta dunque a riflettere su una pagina evangelica tra le più conosciute, per comprendere meglio la realtà del Giudizio:

    “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto… (Mt 25,35) e così via. Chi non conosce questa pagina? Fa parte della nostra civiltà. Ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali.” (Angelus, 23 novembre 2008)

    Dobbiamo avere, esorta il Papa, un “cuore che vede”. Non possiamo restare indifferenti di fronte alle sofferenze dell’umanità. Cristo, avverte, è Pastore buono e misericordioso, ma anche Giudice giusto che nel Giudizio finale separerà i buoni dai malvagi. Benedetto XVI ci indica il “criterio decisivo” di questo giudizio:

    “Questo criterio è l’amore, la carità concreta nei confronti del prossimo, in particolare dei ‘piccoli’, delle persone in maggiore difficoltà: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati. Il re dichiara solennemente a tutti che ciò che hanno fatto, o non hanno fatto nei loro confronti, l’hanno fatto o non fatto a Lui stesso. Cioè Cristo si identifica con i suoi ‘fratelli più piccoli’, e il giudizio finale sarà il rendiconto di quanto è già avvenuto nella vita terrena”. (Visita apostolica ad Amalfi, 22 novembre 2008)

    Questo amore su cui saremo giudicati, soggiunge il Papa, non è mera filantropia. La sua fonte è Cristo stesso:

    “Lo spettacolo dell'uomo sofferente tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso che va ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro intimo ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo nel mondo sofferente”. (Udienza Cor Unum, 23 gennaio 2006)

    E dunque, prosegue, “quanto più consapevolmente e chiaramente lo portiamo come dono”, tanto più efficacemente il nostro amore cambierà il mondo e risveglierà la speranza. Ecco perché, ribadisce il Papa, la fede non è una teoria che “si può far propria o anche accantonare”:

    “È una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro stile di vita. In un'epoca nella quale l'ostilità e l'avidità sono diventate superpotenze, un'epoca nella quale assistiamo all'abuso della religione fino all'apoteosi dell'odio, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte”. (Udienza Cor Unum, 23 gennaio 2006)

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    Cordoglio nella Chiesa per la morte di mons. Pietro Sambi

    ◊   Si è spento ieri sera a Baltimora, negli Stati Uniti, l’arcivescovo Pietro Sambi, nunzio apostolico a Washington. Le sue condizioni di salute si erano aggravate negli ultimi giorni dopo un intervento chirurgico al polmone. I funerali si terranno nella Basilica dell'Immacolata Concezione a Washington, il prossimo 6 agosto, Festa della Trasfigurazione. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Mons. Sambi era nato 73 anni fa a Sogliano al Rubicone, diocesi di Rimini. Ordinato sacerdote nel 1964, entra nel servizio diplomatico della Santa Sede, prestando servizio in Camerun, Gerusalemme, Cuba, Algeria, Nicaragua, Belgio e India. Il 10 ottobre 1985 viene nominato arcivescovo titolare di Belcastro e pro-nunzio apostolico in Burundi; il cardinale Jozef Tomko lo consacra vescovo il 9 novembre dello stesso anno. Nel 1991 viene nominato nunzio in Indonesia e successivamente, nel 1998, assume l'incarico di rappresentante pontificio a Cipro e in Israele, nonché quello di delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina. Dal 17 dicembre 2005 è stato nunzio apostolico per gli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani. Come nunzio in Israele e delegato apostolico per la Palestina ha svolto un’intensa opera a sostegno dei cristiani di Terra Santa. Tra l’altro ha contribuito a risolvere l'assedio alla Basilica della Natività. Chiedeva la solidarietà di tutta la Chiesa invitando i pellegrini a recarsi nei luoghi di Gesù senza farsi scoraggiare dalla paura. Ai nostri microfoni, più volte era intervenuto per rassicurare sulla sicurezza dei pellegrinaggi:

    “Credo che quelli che devono rassicurare sono soprattutto i pellegrini che fanno il pellegrinaggio senza problemi particolari. Sono loro che, al ritorno, devono testimoniare che si può fare il pellegrinaggio in tutta serenità, perché i problemi qui ci sono, ma non sono sul cammino dei pellegrini. E i pellegrini devono anche dare testimonianza di questa esperienza unica che hanno fatto, camminando sui passi di Gesù”. (Radio Vaticana, 25 marzo 2005)

    Mons. Sambi ha seguito da vicino il difficile processo di pace in Terra Santa. “E’ una situazione dominata dalla paura, da entrambe le parti – sottolineava – ciascuna parte si attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte”. Non parlava di ottimismo, ma di speranza cristiana, una speranza basata sulla fede e anche sul sentire della gente comune:

    “Quello che mi pare evidente è che i due popoli, israeliano e palestinese, siano estremamente stanchi di questa situazione di conflitto, di questo vivere quotidiano nella paura, dell’incertezza del futuro e della miseria, che sta bussando a tutte le porte, sia in Israele che in Palestina. E’ mia impressione, dai contatti numerosissimi che ho avuto, sia con il popolo palestinese che con il popolo israeliano, che la volontà popolare sia che finalmente il passo sia celere e si arrivi alla pace”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)

    Giunto negli Stati Uniti, in una intervista alla Radio Vaticana gli fu chiesto quale fosse il suo ricordo di Gerusalemme. Questa la risposta di mons. Sambi:

    “Ma vede, Gerusalemme è una città, per quanto lei possa fare per Gerusalemme, che le darà sempre molto di più di quanto lei potrà dare. Il ricordo è stato quello di essere vissuto anche con i problemi di ogni giorno, alla sorgente della nostra identità cristiana, alla fonte della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità. Non sono ricordi quelli che porto, sono modi di vivere la propria fede, la propria speranza e la propria carità, che nella preghiera quasi quotidiana al Santo Sepolcro, al Calvario, al Getsemani, all’Ascensione, diventano parte integrante del proprio modo di essere, di pensare, di pregare e di parlare”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)

    Grande il cordoglio in Terra Santa per la sua scomparsa. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, intervistato dall’agenzia Sir, ha detto: “Ha molto amato la Terra Santa e la Terra Santa ha molto amato lui”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Anatomia del catastrofismo: in prima pagina, Carlo Bellieni sui ricorrenti e ingiustificati allarmi planetari.

    Il gigante ferito: nell'informazione internazionale, Luca M. Possati sulla crisi economica negli Stati Uniti e in Europa.

    Fumava il sigaro e scriveva per il Papa: in cultura, Silvia Guidi su Antonietta Klitsche de la Grange, la prima donna a firmare articoli sull'"Osservatore Romano"; con l'incipit del racconto d'appendice "Un episodio della vita di Guido Reni" uscito a puntate a partire dall'edizione del 2 gennaio 1867.

    Divorante nostalgia in uno stile implacabile: Claudio Toscani ricorda la scrittrice Agota Kristof.

    Questo volto non mi è nuovo: Eugenio La Rocca sulla mostra, ai Musei Capitolini, "Ritratti. Le tante facce del potere".

    Per scolpire Dio nella materia propria: Micol Forti su Francesco Somaini e l'arte sacra.

    Mecenate abitava qui: in una guida all'Auditorium sulla via Merulana si evidenzia l'inoppugnabile testimonianza di Marco Cornelio Frontone.

    "Abbiamo trovato la tomba di san Filippo": l'annuncio, in Turchia, del professor Francesco D'Andria, a capo di una missione archeologica italiana.

    Nell'informazione religiosa, intervento del Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, e la replica del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, a proposito dell'articolo del porporato pubblicato su "L'Osservatore Romano" del 7 luglio.

    La povertà di amore, radice di ogni problema umano: nell'informazione vaticana, messaggio di Benedetto XVI all'ordine dei Chierici regolari somaschi.

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    Oggi in Primo Piano



    Fame e guerra in Somalia. Mons. Bruno Forte: senza solidarietà non c'è futuro per l'umanità

    ◊   Violenti scontri si registrano questa mattina nel centro di Mogadiscio in seguito a un'offensiva delle forze del governo transitorio somalo contro gli Shabab, gli estremisti islamici che detengono il potere nella maggior parte del Paese. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Non c’è davvero fine alla tragedia che sta colpendo la Somalia. Perché, oltre alla carestia che ha già causato migliaia di morti, ora il Paese deve fronteggiare un’altra emergenza, questa volta legata alla sicurezza interna. Questa mattina, infatti, violenti scontri sono esplosi fra forze lealiste e islamici a Mogadiscio, nei pressi del mercato Bakara e nel quartiere Suqbacad. Entrambe le parti, secondo i testimoni, hanno usato artiglieria pesante. Difficile, per il momento, parlare di vittime, anche perché le autorità locali non hanno diffuso notizie in tale senso; certa e confermata, invece, la dinamica delle violenze: tutto è iniziato quando le forze governative, col sostegno di truppe dell'Unione Africana, hanno attaccato un bastione dei gruppi armati islamici Shabaab; i miliziani, che detengono il potere nella maggior parte del Paese, nei giorni scorsi avevano sfidato la comunità internazionale, vietando la distribuzione di aiuti alimentari nelle aree colpite dalla carestia. Nonostante tutto, però, ieri il Pam, il Programma alimentare mondiale, ha annunciato la partenza del primo ponte aereo di aiuti umanitari per la capitale somala.

    La grave carestia nel Corno d’Africa è un’emergenza umanitaria che oltre a domandare solidarietà internazionale per le popolazioni in difficoltà deve anche tornare a far riflettere sulle motivazioni profonde dei gravi disequilibri economici mondiali e sui rischi per tutti. Fausta Speranza ne ha parlato con mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:

    R. - Io credo che interroghi ogni uomo, perché questa tragica carestia, siccità, in Somalia, in realtà, esprime una situazione di grave necessità di tutto il pianeta Terra. Sappiamo che esiste un problema di surriscaldamento dei mari, specialmente nella fascia equatoriale, e questo problema di carestia e siccità riguarda non solo la Somalia ma anche fasce del continente americano. Chiudere gli occhi di fronte a quello che sta avvenendo nel Corno d’Africa significa chiudere gli occhi di fronte al futuro della casa comune, che è il pianeta Terra. In un’epoca di globalizzazione questo non dev’essere consentito a nessuno.

    D. - A parte situazioni di emergenza, questi sono anni di crisi economica e ora c’è la situazione degli Stati Uniti: per anni abbiamo considerato Washington la prima potenza mondiale e adesso sentiamo che trema per il possibile default a causa del debito, peraltro soprattutto nei confronti della Cina... In economia, dunque, ci sono davvero pochissime certezze, piuttosto un’economia in bilico…

    R. - Credo che stia venendo a galla quello che è il vero, grande problema segnalato dalla “Caritas in veritate”: il rapporto fra globalizzazione e localizzazione, cioè fra questa rete globale del pianeta e le identità locali, che spesso sono state in essa mortificate. Nel momento in cui l’economia mondiale continua ad essere governata dalla ricerca di un profitto sempre più grande per quelli che se lo possono permettere, ciò che sta avvenendo è soltanto la pallida ombra della tragedia che potrebbe profilarsi a livello planetario. Siamo di fronte ad un campanello d’allarme molto grave ed il Papa, nella “Caritas in veritate”, lo ha voluto segnalare con la pacatezza della sua riflessione e con la profondità della sua analisi.

    D. - Benedetto XVI, nel discorso di Pentecoste, ha parlato di “parti della famiglia umana divise e disperse”. Come tornare a riflettere su queste parole?

    R. - Queste parole sono tanto più gravi in quanto si collocano in un contesto che è appunto quello delle globalizzazioni. Senza un’attenzione ed un nuovo ordine economico-mondiale che si fondi non sul primato del più forte ma su un’economia di solidarietà e di gratuità per i più deboli, il futuro dell’umanità è un futuro a rischio. A me sembra che questa profezia si stia realizzando in pieno nei confronti dei Paesi dell’Occidente che - siamo onesti - sono quelli che finora hanno maggiormente beneficiato degli squilibri del pianeta Terra. L’emergere dei Paesi del Terzo e Quarto Mondo è certamente significativo, ma naturalmente potrà essere a rischio se si faranno gli stessi errori commessi dall’Occidente. Penso, ad esempio, alle economie della Cina e dell’India. Ecco perché questo è un momento in cui occorrerebbe che i grandi ed i piccoli della terra si mettessero intorno ad un tavolo per una riflessione comune. Sarebbe compito dell’Onu sfidare tutti a pensare un nuovo ordine economico internazionale. Il compito della Chiesa è segnalare la gravità e l’urgenza di queste scelte ispirate all’etica.

    D. - Sembra necessaria una parola, dopo tutte queste riflessioni: “unità”. Cristo chiama tutti e la sua Chiesa all’unità, ora in questo mondo globalizzato e dunque con modalità e sfide nuove ed anche con debolezze che emergono…

    R. - Certamente. La parola “unità” ci richiama alla preghiera di Gesù: che tutti siano uno. E ci richiama a quella che è la condizione fondamentale dell’unità, cioè l’amore, l’agape del Nuovo Testamento. Può sembrare paradossale e perfino ingenuo, ma la grande proposta che ci viene dalla “Caritas in veritate” è che senza amore, senza un amore solidale e responsabile fra i singoli e fra i popoli, non ci sarà un vero futuro per l’umanità. Un’economia che mette l’amore da parte, come se fosse una condizione superflua, è un’economia che si condanna al fallimento. In altre parole, la carità è il principio che salverà il mondo. Anche in campo economico, anche di fronte a sfide drammatiche come quelle che provengono, in questo momento, dal Corno d’Africa. Senza carità e senza amore saremmo tutti meno umani, meno felici e alla fine distruggeremmo questo giardino da coltivare che Dio ci ha affidato. Con l’amore, quello che viene da Dio, al di là dei nostri limiti e delle nostre incapacità, il pianeta Terra può ancora cambiare, il giardino di Dio può rifiorire, il deserto può trasformarsi in giardino. (vv)

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    Stragi in Norvegia: istituita commissione d'inchiesta indipendente. Intervista con Helge Lurås

    ◊   In Norvegia il governo ha annunciato ieri l'istituzione di una commissione di inchiesta indipendente sulle stragi del 22 luglio compiute da Anders Breivik, che hanno causato la morte di 76 persone. Nel Paese, adesso, secondo quanto riferiscono i media, regnano la psicosi di un nuovo atto terroristico e soprattutto la paura. Ieri la Stazione di Oslo è stata evacuata per un falso allarme bomba. Anna Charlotta Smeds, del Programma scandinavo della Radio Vaticana, ne ha parlato con Helge Lurås, consigliere presso l’Istituto norvegese di politica estera:

    R. – My sense is that people is scared, that that is the prevalent feeling they have…
    La mia sensazione non è che la gente abbia paura o che questo sia il sentimento prevalente, anche se ovviamente c’è una certa inquietudine, come di attesa per qualcosa che potrebbe ancora accadere. Sostanzialmente, è shock, dolore … molte persone non riescono a comprendere quello che è accaduto. E’ talmente al di fuori del comune modo di essere, che la gente fatica a elaborare questa tragedia. Ma anche qui, non bisogna generalizzare troppo: la gente reagisce in maniera differente. Io stesso ho la sensazione che molti hanno in realtà capito quello che è successo e stanno cercando risposte piuttosto che rassicurazioni emozionali. Sicuramente tutto questo avrà un impatto forte sulla società norvegese; quali saranno le conseguenze è troppo presto per dirlo; ma sicuramente l’impatto sarà forte.

    D. – Secondo le attuali leggi sugli atti di terrorismo, Breivik dovrebbe essere condannato a un massimo di 21 anni, che salirebbero a 30 anni se fosse accusato di crimini contro l’umanità. Ma per molti norvegesi potrebbe apparire ancora poco. Potrebbe essere varata una nuova legge per colpire più duramente Breivik?

    R. – This is a challenge to the Justice System in Norway…
    Questa è certamente una sfida per il sistema giudiziario e politico norvegese. Credo che Breivik sarà trattato secondo la legge in vigore nel momento in cui ha compiuto la strage: questo è un principio saldo nella legge norvegese. Non è possibile avere una legge retroattiva. Ci si chiederà se le leggi norvegesi siano troppo indulgenti e se non sia il caso di prolungare la pena prevista di qualche anno, e probabilmente saranno introdotte nuove norme. Ma questo sarà un processo lento. E non credo che i detenuti avranno tempi più duri e condizioni più aspre. Il governo, certo, metterà in atto ogni mezzo possibile per infliggere a Breivik la punizione più grave possibile al fine di dare alla popolazione una sorta di “senso della giustizia”. E’ anche vero che, in realtà, nel sistema punitivo norvegese non c’è nulla che possa essere sufficientemente “severo” perché agli occhi dei norvegesi possa risultare che Breivik abbia pagato il prezzo giusto per i crimini commessi, che sono di una natura e di una gravità che non abbiamo mai visto negli ultimi decenni in Norvegia e credo nemmeno in Europa! (gf)

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    Stati Uniti: conto alla rovescia per un accordo in extremis sul debito

    ◊   Ieri nuova giornata di stallo nel negoziato sull'innalzamento del tetto del debito Usa. Ed oggi il piano del presidente repubblicano della Camera, John Boehner, passerà al vaglio del Congresso. Anche se il presidente Obama ha già avvertito che userà il suo potere di veto sul disegno di legge. Intanto gli americani hanno risposto all’appello della Casa Bianca, intasando i centralini del Congresso per chiedere ai rappresentanti di giungere ad un compromesso. Ma quali sono le principali preoccupazioni dei cittadini statunitensi di fronte a questa situazione economica? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a Dennis Redmont, esperto di questioni americane:

    R. – Per l’americano medio - e su questo io personalmente penso che si giocherà l’elezione del 2012 - è l’impiego. Se si guarda il tasso di disoccupazione in America a giugno è del 9,2 per cento: di solito in America si dice che ci vuole un tasso del 5 o 6 per cento per stare bene. Perciò il vero problema in America è l’alta disoccupazione.

    D. - Nel sistema americano quando ci si trova di fronte a una così forte contrapposizione a un certo punto il presidente può forzare il sistema?

    R. – Il presidente ha il famoso diritto di veto e perciò ci sono due soluzioni, quella dei repubblicani contrapposta a quella dei democratici. Se quella dei repubblicani arriva al suo tavolo lui potrebbe porre il veto e a questo punto il governo potrebbe decidere per esempio di non pagare i salari per adesso, o non assolvere alcuni impegni che ha il governo. Questo tipo di confronto non è senza precedenti, però per la prima volta gli americani si rendono conto che il dollaro è debole.

    D. - Cosa potrebbe accadere all’interno degli Stati Uniti se non si arrivasse a una soluzione entro il 2 agosto?

    R. – Molta gente potrebbe dire: io non mi fido dei buoni del tesoro perciò li riscuoto. Oppure potrebbe esserci un modo selettivo di tagliare certe spese: lavori non essenziali, etc. Alla fine si arriverà a un compromesso ma il problema è: il compromesso sarà temporaneo, fino al 2012, o una cosa che duri 10 anni?

    D. – Quindi in sostanza possiamo dire: nessuno lascerà che l’America vada a fondo da un punto di vista economico ma i conti su tutta questa situazione verranno fatti alle prossime presidenziali?

    R. – Probabilmente sì.

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    Tagliato il rating di Grecia e Cipro, aumenta la disoccupazione in Francia

    ◊   In Europa è sempre alta l’attenzione sulla crisi economica: i rating di Grecia e Cipro sono stati ulteriormente abbassati. E, dopo Irlanda, Portogallo e Grecia, ora anche Cipro potrebbe dover usufruire del piano di salvataggio di Bruxelles. Situazione difficile anche per le economie portanti del Continente. Il Fondo Monetario esorta la Francia a diminuire il deficit, mentre per Parigi cresce in modo preoccupante il tasso della disoccupazione. C’è dunque da temere un effetto domino nell’Unione Europea? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’economista Francesco Carlà:

    R. – Un po’ più di un anno fa dicevo che è molto difficile isolare questi fenomeni una volta che cominciano, e parlavamo della Grecia, poi abbiamo visto come è andata. Adesso Cipro in termini di prodotto interno lordo di Eurolandia non ha una grande importanza, però è la conferma che siamo un po’ in una tenaglia composta da una parte dalle agenzie di rating, dai mercati, e dall’altra dai nostri disequilibri europei economici e finanziari dei vari Paesi.

    D. – Perché il declassamento del rating della Grecia proprio in questo momento in cui Atene sta usufruendo del cospicuo aiuto deciso da Bruxelles?

    R. – Dopo la vicenda di Lehman Brothers del 2008 dove le agenzie di rating furono colte completamente impreparate - Lehman Brothers aveva ancora la tripla A pochi giorni prima di fallire -, sono diventate molto zelanti e quindi adesso ogni volta che c’è una situazione per cui ritengono di dover intervenire lo fanno senza starsi troppo a curare di problematiche politiche o di altro genere.

    D. - Alcuni osservatori denunciano il fatto che per un’Europa economicamente veramente unita queste crisi sarebbero ben poca cosa, ecco perché si è scelta invece la soluzione dell’aiuto e non quella di rispondere tutti insieme alle situazioni di emergenza…

    R. - Potrei rispondere con una parola sola: elettorato. Nel senso che ogni Paese è alle prese con le proprie problematiche di consenso. La politica in questo momento non si rende conto che la variabile tempo quando si ha a che fare con una crisi finanziaria come quella attuale è decisiva.

    D. – Dopo l’Italia sta nascendo un certo allarme anche per la Francia. Che cosa potrebbe succedere in caso di grosse difficoltà delle economie forti dell’Unione?

    R. – Intanto la cosa di cui si comincia a prendere coscienza è che non esiste una nazione che si possa salvare in un contesto in cui tutte le altre cadono perché l’economia mondiale e anche la finanza mondiale ormai sono correlate. E’ chiaro che la Francia non è immune da tutto ciò perché anche se ha un debito pubblico inferiore a quello italiano ha per esempio un disavanzo peggiore del nostro negli ultimi 12-24 mesi e da un punto di vista economico dimostra anche lei di avere i suoi problemi perché anche la Francia è piena di problematiche legate all’invecchiamento della popolazione alla quantità di persone che dovranno andare in pensione da qui a 10 anni, ovvero problemi simili e soluzioni molto difficili. (bf)

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    Duplice attentato kamikaze in Afghanistan: tra le vittime, donne e bambini

    ◊   E' di almeno 19 morti e oltre 30 feriti il bilancio di due attentati kamikaze compiuti nella provincia dell'Uruzgan, nell'Afghanistan meridionale, ai quali ha fatto seguito uno scontro a fuoco. L’attacco è stato realizzato da un commando di 7 uomini armati contro gli uffici di un vice-governatore e di un commissariato della polizia locale ed è stato rivendicato dai Talebani. Fra le vittime ci sono anche bambini e donne. Morto anche un giornalista della Bbc. Ieri, intanto, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, l'Ordinario militare d'Italia, mons. Vincenzo Pelvi, ha presieduto il funerale del caporal maggiore David Tobini, ucciso lunedì scorso in uno scontro a fuoco in Afghanistan. Luca Collodi ha chiesto al presule quale insegnamento possiamo trarre da un evento drammatico come la morte di un militare impegnato in una missione di pace:

    R. – Direi che dalla morte dei nostri soldati dobbiamo imparare a chiederci che cosa sia l’uomo. Se non ci prendiamo cura dell’altro uomo che è nel bisogno... che cosa sarebbe la vita senza il dono, senza l’amore? Bisogna andare oltre la superficialità e le risposte dei pro e dei contro delle missioni di sicurezza. Le domande fondamentali, quindi, sono quelle sul senso della vita che è proposta e che è realizzazione dell’amore. L’uomo non è un’isola e non possiamo fermarci a risposte parziali. La professione militare è anche capacità di offerta della propria vita. Allora, c’è sempre una novità nella morte di un militare e la novità che vedo per l’uccisione di David, credo sia che ancora l’espressione del bene comune prevale sulla logica dell’egoismo umano.

    D. – Mons. Pelvi, è anche vero, però, che le ripetute morti di militari, non solo italiani, all’estero, ci dicono che la pace non è frutto di un accordo politico...

    R. – Sì, la pace rischia di essere considerata solo frutto di accordi tra governi oppure di iniziative che vogliono assicurare efficienti aiuti economici. E’ vero, la costruzione della pace esige tessitura di contatti diplomatici, di incontri culturali, di progetti comuni per arginare sia le minacce di tipo bellico, ma anche per sradicare le tentazioni terroristiche. Ma perché gli sforzi di pace, per la pace, possano produrre degli effetti duraturi, credo bisogna guardare e radicarsi su valori che sono non negoziabili, e cioè la dignità della persona, la salvaguardia dell’uomo e di tutto l’uomo nei suoi diritti e nei suoi doveri.

    D. – Mons. Pelvi, in Italia c'è stato un forte dibattito in Parlamento per il voto sulle missioni all’estero. Tutto questo come può essere percepito dai nostri militari, che all’estero rischiano la vita quotidianamente?

    R. – Mi fa veramente soffrire quando dal cuore dei nostri militari escono espressioni di timore, di non comprensione del loro servizio. Dico che i nostri militari non sono aiutati né da sensibilità altalenanti né da interessi di parte. (ap)

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    Apre ad Ancona la 15.ma filiale della Banca Popolare Etica

    ◊   In controtendenza al segnale negativo dei mercati internazionali che flettono sull’onda della crisi economica, la Banca Popolare Etica ha aperto oggi ad Ancona una nuova filiale, la quindicesima in Italia. Nata nel 1994, Banca Etica è la prima istituzione concepita dalle organizzazioni del Terzo Settore, del volontariato e della cooperazione internazionale. Massimiliano Menichetti ha intervistato il direttore generale, Mario Crosta.

    R. - Nonostante l'ormai prolungato periodo di crisi che sta caratterizzando i mercati economico-finanziari, la finanza etica - in Italia e non solo - continua ad acquisire spazi. Questo è il segnale che una finanza che sia attenta all’economia ed un’economia che sia a favore di uno sviluppo sostenibile nel tempo trovano spazio, anche relativamente a prodotti finanziari e ad una buona accoglienza da parte del pubblico.

    D. - Dire questo significa affermare che è possibile costruire un’economia di credito differente rispetto a quella comunemente nota. Ma quali sono, in concreto, le differenze tra una banca tradizionale e la vostra struttura?

    R. - Banca Etica non si è mai occupata di finanza speculativa, non abbiamo mai avuto rapporti al portatore, non abbiamo accolto i capitali che arrivavano dalle operazioni dello scudo fiscale. L’elemento fondamentale di natura operativa, per quanto ci riguarda, è la trasparenza. La persona che porta i propri risparmi in Banca Etica ha la possibilità, accedendo al sito, di vedere come i propri risparmi vengono utilizzati.

    D. - Quali sono, dunque, i settori d’investimento del risparmio?

    R. - Sono i settori della cooperazione sociale, la cooperazione internazionale, l’associazionismo culturale, il mondo che si occupa del rispetto ambientale. Abbiamo finanziato molto le energie prodotte da fonti rinnovabili.

    D. - Dalle pagine web del vostro sito si evince che accompagnate la classica istruttoria economico-finanziaria ad un’istruttoria sociale. Perché?

    R. - Per vedere la ricaduta sul territorio degli investimenti di cui ci viene richiesto il finanziamento. Questo è sicuramente un elemento che aiuta lo sviluppo dell’economia civile ma rende anche sostenibile un’esperienza come Banca Etica. Voglio citare un dato: abbiamo un tasso di sofferenza - quindi un tasso di decadimento del credito - dello 0,4 per cento, che è ampiamente sotto la media del mercato. Questo è l’evidente segnale che si possono sostenere progetti ad alto contenuto sociale riuscendo anche a fare impresa che produce reddito.

    D. - Qual è la prossima sfida di Banca Etica?

    R. - Allargare ulteriormente la presenza sul territorio. Stiamo percorrendo ulteriori frontiere, che non si limitano più ai settori tradizionali della cooperazione sociale ma siamo attenti a finanziare tutto il mondo dell’impresa che si muove seguendo i principi della responsabilità sociale d’impresa. Credo che questa sia una sfida, perché collegata ad essa c’è la ricerca di crescita di un’economia che sia ispirata a dei valori. (vv)

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    La famiglia al centro del Fiuggi Film Festival

    ◊   La quarta edizione del Fiuggi Family Festival, che si apre oggi, 28 luglio, nella città laziale ed è in programma fino al 31, si caratterizza anche quest’anno per un’offerta di film e iniziative legate al mondo della famiglia, con momenti di riflessione, stimolati dal cinema, per rieducare alle emozioni e al dinamismo delle relazioni tra genitori e figli. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Cinema per la famiglia, cinema sulla famiglia: il festival di Fiuggi si caratterizza, per scelte e finalità, come un momento di condivisione e di riflessione che, attraverso il cinema, coinvolge grandi e bambini, con un programma caratterizzato sempre più come un’interessante vacanza per le famiglie, che possono partecipare anche a laboratori, giochi, iniziative legate al mondo dello sport, e, naturalmente, contare su una quotidiana, ricca proposta cinematografica grazie alla proiezione di un totale di quaranta titoli suddivisi in concorso, anteprime e cinema d’animazione, oltre a documentari sui bambini e gli adolescenti di tutto il mondo, cui si affiancano convegni e tavole rotonde per i genitori e la promozione delle ultime novità della letteratura per bambini e ragazzi. Il neo-direttore artistico Mussi Bollini conferma la scelta tematica del festival: “Sistema Famiglia: il dinamismo delle relazioni”:

    “Il tema delle dinamiche in famiglia riguarda, secondo me, molto il tema delle emozioni. Il cinema è ancora, oggi, il mezzo che più può stimolare in noi queste emozioni; la televisione lo fa sempre di meno. Quindi, abbiamo cercato quei film che trattano i rapporti tra le persone, sia tra persone adulte, sia tra adulti e bambini, sia tra bambini tra di loro. Perché parlo del tema delle emozioni? Perché in famiglia, oggi, sempre meno spazio è lasciato alle emozioni e sempre meno i genitori parlano e dialogano con i figli in merito alle emozioni. L’attenzione è stata proprio questa: che cioè la dinamica in famiglia deve ripartire dalle emozioni che non vengono nascoste, cancellate, non trattate…” (gf)

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    Chiesa e Società



    Costa d'Avorio: per Amnesty il clima di paura impedisce il rientro dei profughi

    ◊   Amnesty International ha accolto con favore il rinnovo fino al 31 luglio 2012 del mandato alla missione Onu in Costa d’Avorio (Unoci) per la protezione dei civili approvato ieri dal Consiglio di sicurezza, ma avverte che nel Paese subsahariano “c’è un clima di paura che impedisce il rientro di oltre mezzo milione di profughi”. Nel rapporto diffuso oggi, “We want to go home, but we can’t”, l’organizzazione umanitaria denuncia che forze di sicurezza governative e milizie formate dai Dozos (cacciatori) “continuano ad uccidere la gente in base alla loro etnia, anche dopo l’arrivo al potere” del nuovo presidente Alassane Ouattara, “impedendo così alla popolazione di lasciare la relativa sicurezza dei campi temporanei”. Amnesty - riporta l'agenzia Sir - chiede a Ouattara “la smobilitazione e il disarmo effettivi delle milizie e delle altre forze irregolari”, e “un piano globale di azione per garantire la sicurezza e consentire il ritorno degli sfollati e dei rifugiati”. Solo lo scorso aprile si è conclusa nel Paese la violenta lotta per il potere tra l’attuale capo dello Stato Ouattara e l’ex presidente Laurent Gbagbo, con l’arresto di quest’ultimo. Secondo Gaëtan Mootoo, ricercatore di Amnesty International per l’Africa, “bisogna agire tempestivamente” altrimenti si rischia di “minare gli sforzi per promuovere la riconciliazione in un Paese lacerato da un decennio di violenti conflitti etnici”. (R.P.)

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    India: tre anni dopo i pogrom in Orissa, i bambini soffrono ancora

    ◊   La Commissione nazionale per la protezione dei diritti dei bambini (Ncpcr) afferma che tre anni dopo i pogrom di Kandhamal i bambini continuano a soffrire. Il rapporto - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato presentato nella capitale dello Stato dell’Orissa. Subito dopo le violenze interreligiose del 2008 i bambini colpiti dai pogrom cominciarono ad abbandonare le scuole, e molti di loro cominciarono a lavorare. Insieme con le loro famiglie si spostarono in altri Stati e distretti. Non c’è stata nessuna protezione, nessun accesso all’istruzione, nè cura forniti a quei bambini. L’attivista per i diritti Mahendra Parida ha presentato una relazione a favore dei bambini di Kandhamal, alla Commissione. Ha anche presentato un database relativo a circa 1500 bambini colpiti dai pogrom, offerto sia al Ncpcr che al Dipartimento per il benessere delle donne e dei bambini, che però non hanno preso alcuna iniziativa. Basandosi sulla relazione investigativa, il Ncpcr ha raccomandato al governo dello Stato di fornire ai bambini cibo sano e nutriente, acqua potabile sicura, cure mediche, reti antizanzare, posti in cui giocare e libri di testo gratuiti. Ma nessuna misura è stata presa, ha dichiarato il presidente della Commissione, Shantha Sinha, e ha aggiunto che lo Stato non ha considerato seriamente la questione. Il segretario del Dipartimento per il benessere delle donne e dei bambini, Arti Ahuja, ha assicurato la Commissione che si occuperà della questione. Ha aggiunto che si stava lavorando per trovare il modo di curare la riabilitazione dei bambini vittime dei pogrom di Kandhamal e di iscriverli in varie scuole. L’incontro ha anche messo in luce la mancanza di Centri statali per l’istruzione fino ai cinque anni di età, l’impiego dei bambini in lavori pericolosi e la povertà delle infrastrutture scolastiche. (R.P.)

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    Egitto: scontri fra copti e musulmani in un villaggio nella regione di Minya

    ◊   Lo scorso 25 luglio a Ezbet Jacob Bebawi, piccolo villaggio alle porte della città di Samalout, alcuni musulmani hanno assaltato con bastoni e attrezzi da lavoro un gruppo di copti che stava difendendo una donna incinta di cinque mesi picchiata da un giovane musulmano. Il bilancio è di 6 feriti. Lo scontro è stato fermato dalla polizia, che però ha arrestato solo i cristiani, fra cui il marito della donna accusato di detenere in casa una pistola. Secondo padre Estephanos Shehata, sacerdote copto della diocesi di Samalout, lo scontro è stato scatenato da una diatriba fra la donna cristiana e il giovane musulmano, che protestava per la nuova campana posta sulla torre della chiesa copta del villaggio, restaurata di recente. Il sacerdote sottolinea che il villaggio è a maggioranza cristiana e in questi anni non vi sono mai stati problemi con la comunità musulmana. “I cristiani – ha spiegato padre Shelata ai giornali locali - sostengono che l’attacco sia stato premeditato”. Egli fa notare che dopo gli scontri la polizia ha abbandonato il villaggio a se stesso. “I musulmani del luogo – spiega - si sono riuniti e i cristiani temono un imminente assalto contro la chiesa”. Dopo la caduta del presidente Mubarak, le comunità cristiane dell’Alto Egitto e delle regioni più lontane dalla capitale stanno registrando una crescita degli attacchi da parte dei musulmani. Una fonte dell'agenzia AsiaNews imputa la situazione alla poca sicurezza e all’indifferenza della polizia. "Questo clima di impunità diffusa - afferma - ha fatto aumentare i casi di violenze, anche per futili motivi, trasformandoli spesso in conflitti religiosi". Secondo la fonte finché non cambierà la costituzione i cristiani saranno sempre in pericolo in Egitto. “La democrazia è ancora distante – spiega – nonostante il clima di cambiamento portato dalla rivoluzione dei gelsomini la popolazione laica e tollerante è ancora una minoranza”. La fonte spiega che i giovani cristiani e musulmani, protagonisti della manifestazioni di piazza Tahrir, devono entrare in politica e lavorare affinché la primavera araba non si trasformi in un inferno. (R.P.)

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    Macao. E' morto a 97 anni padre Luis Ruiz Suarez: ha fondato 140 tra lebbrosari e ospedali

    ◊   “Cittadino per eccellenza che ha dedicato tutta la sua vita al servizio sociale per i poveri e i più deboli, portando loro calore umano e speranza”: così Fernando Chui Sai, amministratore speciale della Regione speciale di Macao, ha definito padre Luis Ruiz Suarez missionario gesuita spagnolo, fondatore della Caritas Macao che si è spento nella notte del 26 luglio, all’età di 97 anni. Autorità civili, leader di altre comunità e gruppi cattolici hanno ricordato affettuosamente padre Luis. Ampia risonanza alla sua scomparsa - riferisce l'agenzia Fides - è stata data anche dai mass media di Macao e del continente che hanno ricordato le sue grandi opere. Il missionario gesuita spagnolo era arrivato a Macao nel 1951, un anno dopo la fine della guerra, e si è subito impegnato ad assistere ed aiutare la folla di immigrati rimasti in grandi difficoltà, fondando il “Centro di Servizio Sociale Matteo Ricci”. Nel 1971 la struttura è diventata parte della diocesi di Macao aderendo alla Caritas Internazionale ed è diventata “Caritas Macao”. Nel 1970, ha fondato un Centro di accoglienza per i disabili, e ha continuato a viaggiare in tutto il continente per rendere servizio ai lebbrosi e ai malati di Aids. A Macao ha fondato 140 tra lebbrosari e piccoli ospedali. Le persone che lo hanno conosciuto o che hanno lavorato con lui hanno detto: “la missione è fatto con gesti concreti. Vedere lui, è vedere Gesù stesso”. (R.P.)

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    Messico: la Carovana “Passi per la Pace”, a difesa degli immigrati, incontra il relatore dell'Osa

    ◊   Il relatore dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), Felipe González Morales, ha ricevuto ieri pomeriggio la carovana dei migranti "Passi per la Pace" presso l'albergo, "Hermanos en el camino", a Città Ixtepec. Accompagnato dal sacerdote Alejandro Solalinde Guerra, rappresentante della Pastorale della mobilità umana dell'episcopato messicano nel Sud, González Morales - riporta l'agenzia Fides - ha spiegato che lo scopo della sua visita è quello di verificare la situazione degli immigrati del centro-america, al fine di elaborare una serie di raccomandazioni al governo federale e locale sulle politiche migratorie. "Con queste raccomandazioni vogliamo che la polizia possa agire efficacemente per prevenire la violazione dei diritti umani dei migranti, perché i giudici possano agire con diligenza e perché le persone come il padre Solalinde possano svolgere il proprio lavoro in sicurezza" ha detto González Morales. Il relatore ha espresso il suo apprezzamento per il lavoro svolto dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani dei migranti e ha promesso di ascoltare le testimonianze delle vittime di rapimenti. González Morales ha detto al termine della visita, che oltre a proporre una serie di raccomandazioni, scriverà un rapporto dettagliato sulla situazione dei migranti in Messico, nel quale si tratteranno di argomenti come i rapimenti e gli omicidi dei migranti, la situazione ai posti di blocco , la partecipazione della società civile, la legge sull'immigrazione. Nel Paese intanto non si fermano gli episodi di violenza attribuiti agli “scissionisti”, il cartello conosciuto anche con il nome dei “Caballeros templarios”, in lotta contro gli “Zetas” e contro la decimata “Familia”. L’ultimo in ordine cronologico riguarda il ritrovamento di 18 cadaveri in una fossa comune a Juárez, vicino Monterrey, nello Stato nordoccidentale di Nuevo León, dove appena il mese scorso, ricorda l’agenzia Misna, erano stati scoperti due cimiteri clandestini con resti umani non ancora identificati, per un totale di 51 corpi. Notizie di brutalità arrivano anche dallo Stato occidentale di Michoacán, dove sei uomini sono stati uccisi e quattro feriti in una sparatoria nel centro di Yurécuaro, mentre altri tre cadaveri con evidenti segni di tortura sono stati trovati nella periferia della capitale Morelia e sarebbero tutti membri degli "Zetas". (R.B.)

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    Messico: dopo oltre un secolo il primo incontro dei giornalisti cattolici

    ◊   Non accadeva da oltre un secolo: era il 1909, infatti, quando per la prima e unica volta i giornalisti cattolici del Messico si riunirono in un incontro nazionale che si è replicato la settimana scorsa, grazie all’impegno organizzativo della Commissione episcopale per la Pastorale della comunicazione sociale. Il tema scelto per la riunione è stato “L’identità della stampa cattolica”, discusso dai rappresentanti di 38 dei 70 periodici cattolici che circolano all’interno delle diocesi messicane, che hanno una tiratura globale di 254mila copie. Padre Antonio Camacho Muňoz MG, il segretario esecutivo della commissione che ha organizzato l’incontro nella sede di Lago de Guadalupe della Conferenza episcopale messicana, ha precisato all'agenzia Zenit che l’organo ufficiale dell’arcidiocesi primaziale di Città del Messico, “Desde la Fe”, inserisce ogni settimana in vari media 650mila copie e che la diffusione della stampa diocesana si aggira sul mezzo milione di copie. L’aspirazione, però, è quella di “creare una rete di periodici cattolici e una pagina web o un portale cattolico di periodici e riviste”, ha detto padre Muňoz. In Messico, infatti, permane per la Chiesa locale il divieto di possedere media elettronici. “Uno degli obiettivi principali dell’incontro – è la testimonianza di mons. Luis Artemio Flores Calzada, vescovo di Valle de Chalco – è conoscere chi siamo e come siamo distribuiti nelle varie diocesi messicane e avere anche ben chiari i criteri cui deve ispirarsi il compito della stampa cattolica”. Fatto questo, secondo il presule, il passo successivo è la creazione di una rete per migliorare la presenza presso i fedeli. Alla fine dell’incontro i partecipanti hanno segnalato la necessità di poter contare su una presenza giornalistica a livello nazionale che dia voce alla Chiesa e contemporaneamente le consenta di intervenire nel dibattito pubblico. (R.B.)

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    Perù: il vescovo di Puno invita le autorità politiche a occuparsi dei problemi sociali

    ◊   Il vescovo di Puno mons. Jorge Pedro Carrion Pavlich, durante la celebrazione eucaristica per il 190.mo anniversario dell'indipendenza del Perù ha sottolineato che nessun rappresentante del governo centrale ha visitato la regione di Puno durante i tragici eventi sociali che hanno provocato la morte di diverse persone. La zona è stata protagonista di diverse manifestazioni, anche violente, causate da problemi socio-ambientali e di natura politica. Una nota inviata all’agenzia Fides da Radio Onda Azul di Puno rileva che il vescovo ha criticato l'incapacità delle autorità di risolvere i conflitti sociali. “Ci siamo trovati una folla di persone prive di autorità" ha ricordato mons. Jorge Carrion dopo aver riflettuto sulla parabola del Buon Pastore che si preoccupa per il suo gregge. Dopo la celebrazione eucaristica, diverse personalità politiche e funzionari militari hanno commentato l’omelia di mons. Jorge Carrion, considerandola come un appello alla riflessione. Il vice presidente regionale di Puno, Saul Bermejo Paredes ha detto che "il vescovo è stato molto diretto, bisogna dare ascolto a ciò che ha detto", mentre per il sindaco di Puno Luis Butron Castillo, l’omelia del vescovo "è stata un invito al dialogo e all’unione". (R.P.)

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    Laos: il Catholic Relief Services protegge i bambini dagli ordigni inesplosi

    ◊   Durante la guerra in Vietnam, il Laos, che si trova al confine, era diventato il Paese maggiormente bombardato in tutto il mondo. Non tutte le bombe esplodevano all’impatto; si stima che milioni di piccole bombe siano ancora inesplose. Dopo 40 anni si potrebbe pensare che siano diventate innocue, ma non lo sono. Tanti bambini - riferisce l'agenzia Fides - non sanno cosa siano le bombe, le raccolgono e ci giocano. Altri sanno di cosa si tratta ma pensano che lanciandole abbastanza lontano non siano dannose. Gli adulti, pur essendo al corrente dell’eventuale pericolo nel quale incorrerebbero maneggiando questi ordigni raccolgono il metallo per venderlo a pochi centesimi. Il Laos è un Paese molto povero e questo tipo di “commercio” rappresenta una fonte di guadagno immediata ma molto pericolosa. Anche se molto del metallo che si trova sepolto nelle campagne è sicuro e viene da bombe già esplose, altre potrebbero non esserlo. In Laos e Vietnam, il Catholic Relief Services è impegnato ad istruire la popolazione sulle bombe e sul modo di tutelarsi. Tuttavia, vista l’enorme quantità di ordigni ancora presenti nei territori gli incidenti non diminuiranno. Per questo, in Laos, dove per raggiungere un ospedale con il trattore ci vogliono ore, il Crs dà le nozioni di base di pronto soccorso nei vllaggi più remoti. L’obiettivo è quello di stabilizzare i feriti in modo da portarli in salvo nelle strutture ospedaliere e farli curare. In un vecchio edificio traballante nella zona di Xaibouathong, circa 12 abitanti sono stati formati al pronto soccorso. Iniziano a medicarsi a vicenda, a provare ad usare fasciature, imparano a separare gli arti feriti premendo sulla aorta per contenere le emorragie causate dalle esplosioni. In pochi giorni questi studenti si trasformano a loro volta in insegnanti per altri abitanti del villaggio. Lo sminamento è un lavoro lento e meticoloso, si calcola che ci vorranno molti decenni per eliminare da Laos e Vietnam tutte le bombe sganciate negli anni 1960 e 1970. (R.P.)

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    Washington: il cardinale Burke richiede massimo rispetto e cura per i malati

    ◊   “La vita umana è un dono, al quale deve essere dato il massimo rispetto e la massima cura dall’inizio fino alla morte. Non siamo noi i creatori della vita e dobbiamo rispettare il piano dell’‘Autore’, che riguarda noi e il nostro mondo”. È quanto dichiarato dal cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica in occasione della conferenza sul tema del “mistero della sofferenza umana e della morte”, promossa nell’arcidiocesi di Kansas City dall’associazione Saint Gianna Physician’s Guild, che sostiene i valori della fede cattolica nella pratica sanitaria. Il cardinale ha evidenziato “che non importa quanto una vita sia ridotta e quanta sia la sofferenza: essa esige sempre il massimo rispetto e la massima cura; non vi è mai un diritto di spegnere una vita, nonostante sia gravata da un pesante fardello”. Il cardinale Burke - riporta L’Osservatore Romano - ha osservato la necessità per i cattolici in generale, ma soprattutto per i giovani studenti, di essere informati sulla posizione della Chiesa in merito all’eutanasia, prendendo spunto dalla vicenda di Theresa Marie Schindler Schiavo. Terri, cosi veniva soprannominata la donna, era disabile ed è morta nel 2005 in seguito della volontà dei genitori e della sentenza di una Corte, che ha imposto l’interruzione della nutrizione e dell’idratazione artificiali. Il porporato ha indicato che “la sofferenza umana non può che essere compresa alla luce del dono e della dignità umana” e ha aggiunto che “impossessarsi deliberatamente della vita di una persona innocente è intrinsecamente malvagio e mai giustificabile. I giovani - ha puntualizzato il porporato - dovrebbero seguire un certo numero di corsi di filosofia, in modo tale che in qualsiasi campo si specializzino, usino un approccio logico e pieno di fede ai problemi dalla vita”. Ha infine terminato affermando che “il rispetto della dignità della vita umana è il fondamento del buon ordine della nostra vita individuale e della nostra società”. Senza questa prospettiva “le nostre vite personali diventano profondamente disordinate e la società si trasforma in un teatro di violenza e di morte”. (G.I.)

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    Iniziative dell’arcidiocesi di Sydney nel solco della nuova evangelizzazione

    ◊   Annunciare il Vangelo non solo in Chiesa ma anche nei posti che sono maggiormente frequentati, perché se il fine dell’evangelizzazione resta lo stesso, gli strumenti che può utilizzare la missione sono diversi e devono adeguarsi ai tempi, come diceva Giovanni Paolo II, che volle fortemente il programma di nuova evangelizzazione. Questa la dichiarazione d’intenti della responsabile del Catholic Renewal and Evangelisation Office dell’arcidiocesi di Sydney, in Australia, Catherine Kennedy, che illustra all’Osservatore Romano le iniziative che saranno prese dal territorio sotto la guida del cardinale George Pell. Le iniziative ruotano tutte intorno alla preghiera, non solo in contesti a essa deputati come le parrocchie, ma anche in altri luoghi molto frequentati come le scuole, le sedi di associazioni e i centri commerciali: all’East Garden Shopping Centre di Sydney, ad esempio, sabato prossimo verrà inaugurata un’area dedicata alla preghiera con un’iniziativa rivolta alle famiglie e ai più piccoli, per avvicinarli alla comunicazione con il Signore. L’obiettivo è “rafforzare la presenza dei cattolici nelle comunità – aggiunge Kennedy – la testimonianza della nostra appartenenza religiosa, infatti, non può ridursi alla partecipazione alla Messa domenicale, ma va coltivata ogni giorno”. La responsabile cita a titolo di esempio il caso della comunità cattolica di Daceyville, che nella parrocchia di San Michele ha recentemente promosso un incontro sul tema “Abbiamo veramente bisogno di Dio?”, cui ha invitato a partecipare il vescovo ausiliare di Sydney, mons. Julian Porteous, che ha celebrato una Messa seguita da una discussione nella forma del “Pub talk”. La comunità in questione è molto attiva anche grazie alla sua natura multiculturale – qui vivono molti asiatici, filippini, indonesiani ma anche un nutrito gruppo di polacchi – e invita spesso personalità religiose e laiche vicine alla Chiesa australiana: tra loro suor Judy Bowe, religiosa delle Missionarie of God’s Love, e padre Ed Travers, direttore spirituale del Seminario arcidiocesano del Buon Pastore. (R.B.)

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    Camerun: il presidente Biya nomina mons. Befe Ateba alla guida del Consiglio della Comunicazione

    ◊   Il Presidente del Camerun Paul Biya ha deciso di affidare ad un vescovo la guida del Consiglio nazionale della Comunicazione (Cnc), un organismo consultivo incaricato di assistere l’Esecutivo nelle politiche di comunicazione istituzionale. Si tratta di mons. Joseph Befe Ateba, vescovo di Kribi, entrato in carica il 20 luglio. Tra i suoi primi compiti – riferisce l’agenzia Apic - vi sarà quello di garantire un accesso equilibrato dei media nazionali all’informazione istituzionale in particolare per la copertura delle elezioni presidenziali previste per il prossimo mese di ottobre. La scelta di mons. Befe Afeba non è casuale: il presule ha, infatti, al suo attivo una lunga esperienza nel campo dei media. Già giornalista al quotidiano nazionale “L’Effort camerounais”, ha lavorato come addetto stampa del Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar (Secam/Sceam) ed è attualmente presidente della Commissione dei media della Conferenza episcopale camerunense. Mons. Befe Ateba è il secondo vescovo cattolico nel giro di un mese a ricevere un incarico ufficiale dal Presidente Biya, dopo mons. Dieudonné Watio, vescovo di Bafoussam che ai primi di luglio è stato chiamato a fare parte del Consiglio elettorale del Camerun (Elecam). Dei 18 componenti del Consiglio cinque sono rappresentanti della società civile, tra cui l’antropologo cattolico Pierre Titi Nwel, già responsabile della Commissione giustizia e pace del Camerun. (L.Z.)

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    Sudafrica: ha confessato l’assassino di padre Blondel, ucciso due anni fa

    ◊   Ha confessato l’assassino di padre Louis Blondel, il missionario dei Padri Bianchi d’Africa ucciso due anni fa. Nelson Kabelo Malope, riferisce l'agenzia Fides, ha ammesso di essere penetrato nell’abitazione del sacerdote a Diepsloot, township di Pretoria, dove il prete si era trasferito nel 2008, assieme a due complici per effettuare un furto e di aver ucciso il sacerdote, che si era svegliato, con alcuni colpi di arma da fuoco. Malope è comparso davanti ai giudici del North Gauteng High Court di Pretoria, mentre i suoi complici saranno giudicati nel mese di febbraio prossimo. Padre Blondel si era trasferito in Sudafrica nel 1987 e aveva vissuto a Orange farm, una township di Johannesburg, prima di trasferirsi a Pretoria, dove, quando è stato ucciso, aveva appena terminato il suo secondo mandato come Superiore della Provincia dell’Africa australe dei Padri Bianchi. (R.B.)

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    I vescovi svizzeri: “la Chiesa non fa politica di parte, ma prende parte alla politica”

    ◊   “La Chiesa cattolica non fa politica di parte, ma prende parte alla politica”, schierandosi “con chi non ha voce” e per la dignità della vita di ogni essere umano, “da quella appena concepita, a quella delle persone handicappate, dei malati, degli anziani o ancora degli stranieri”. Questo il messaggio contenuto nella lettera pastorale preparata dalla Conferenza episcopale svizzera (Ces) per la Festa nazionale della Confederazione, il 1° agosto, e in vista delle elezioni federali del prossimo autunno. Il contenuto della lettera, che sarà letta lunedì in tutte le parrocchie elvetiche, viene anticipato dall’abate di Einsiedeln Martin Werlen in tre video – uno per lingua - disponibili sul sito dei vescovi www.eveques.ch. “La Chiesa è politica” è appunto il titolo del documento, a sottolineare l’importanza attribuita dalla Chiesa alla politica intesa nel senso più alto del termine come perseguimento del bene comune a cui tutti i cristiani sono chiamati a contribuire. “La Chiesa non possiede la soluzione”, ma con l’esperienza che le deriva dalla sua dimensione globale “può aiutare a trovare buone soluzioni”, afferma il testo: il suo obiettivo è di mettere l'essere umano al centro del dibattito politico, ritenendo che lo sviluppo economico da solo non basti. I vescovi elvetici precisano inoltre che “la Chiesa non è una società parallela”: essa vive tra gli uomini fedele alla sua vocazione di servire da “lievito” della società umana. “Nel suo impegno – continua la lettera - essa è tenuta a rendere conto non alle urne, bensì al Vangelo” di Gesù Cristo. Al termine del video l’abate Werlen esprime la gratitudine dei vescovi elvetici a tutti i fedeli che si impegnano nella vita politica nazionale, che partecipano alle elezioni seguendo i dettami della propria coscienza, che si battono per trovare le soluzioni migliori e a quanti pregano per il presente e il futuro del loro Paese. (L.Z.)

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    Messaggio del cardinale Bagnasco ai giovani italiani in partenza per la Gmg di Madrid

    ◊   “Stare con i giovani è sempre un dono perché è un’iniezione di vitalità e di autenticità e perché il dialogo tra le generazioni è il segreto della vera educazione”: è quanto riportato dal presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco nel saluto ai giovani in partenza per Madrid, dove si svolgerà la Giornata Mondiale della Gioventù dal 15 al 21 agosto. La Gmg sarà quindi “un’esperienza fondamentale nella ricerca del volto di Dio e un momento unico nella Chiesa” perché sarà un “colloquio a più voci”, riporta l’agenzia Sir: “il primo dialogo si attiverà con la propria anima, che, quando esce dalla solita vita, si dispone a vivere una situazione inedita, in un contesto essenziale e orientato a ciò che conta”, ha ribadito il porporato. La Gmg sarà, infatti, un’occasione “per riscoprire i tempi del silenzio e dell’ascolto; attraverso la catechesi, la preghiera personale, l’Eucarestia, e la confessione sacramentale - sottolinea ancora - sarete invitati a far spazio all’azione di Dio senza frapporre ostacoli, creando le condizioni che vi aiuteranno nelle scelte di vita”. Il Santo Padre sarà allora “una guida insuperabile nell’ascolto e nella meditazione della parola di Dio”. “Nelle sue parole profonde e semplici troveremo - ricorda il presidente della Cei - l’orientamento necessario per comprendere la nostra vita e per orientarci in questo difficile periodo storico. A volte siamo tentati ad abbandonarci al peggio, mentre occorre conservare la speranza di costruire insieme un mondo a dimensione di uomo”. In secondo luogo, è l’occasione per un dialogo “ tra giovani provenienti da ogni parte del nostro Paese e del nostro pianeta”. Sarà poi un “momento di confronto culturale e di arricchimento reciproco, in un mondo che è ancora diviso e che vive lancinanti conflitti economici e politici e di guerre dimenticate. Mostrare che è possibile stare insieme in nome della comune fede cristiana, è un segno di speranza e una prova umanizzante del Vangeli”. Il messaggio del presidente della Cei termina con un auspicio: “Mi auguro che tornando a casa sappiate conservare questa apertura universale che è una delle note distintive della nostra identità credente, ‘cattolica’, perché radicata in Dio”, ha concluso. (G.I.)

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    Attesi 250mila fedeli per la visita del Papa in Calabria a ottobre

    ◊   La diocesi di Lamezia Terme prevede che saranno circa 150mila i fedeli che prenderanno parte, il 9 ottobre prossimo, alla Messa presieduta da Benedetto XVI in città. Finora sono già arrivate 60mila prenotazioni. L’amministrazione comunale informa che la celebrazione avrà luogo nell’ex area Sir, che consentirà il regolare svolgimento della funzione e, dopo, del deflusso, soprattutto dal punto di vista della sicurezza. La notizia della scelta della zona, riferisce l’agenzia Sir, mette fine a una serie di voci spiacevoli che erano circolate nel merito e che la Curia vescovile, che si occupa dell’organizzazione dell’evento, aveva bollato come “false e tendenziose, che cercavano di sminuire un’occasione importante come la visita del Santo Padre in Calabria”. “Ci auguriamo – fa sapere il comitato organizzatore – che sia sempre la Verità a diradare le ombre gettate dalle mistificazioni e dall’inattendibilità di notizie non dettate dalla buona fede e, soprattutto, dalla volontà di rendere un buon servizio di informazione all’intera comunità”. (R.B.)

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    Belgio: dal 3 al 7 agosto settimana di preghiera per i giovani nell’Abbazia di Orval

    ◊   Esiste la Gmg, ovvero la Giornata Mondiale della Gioventù, che quest’anno si svolgerà a Madrid dal 16 al 21 agosto. Ma esiste anche la Ojp, ovvero la settimana dei Giovani in preghiera a Orval, abbazia cistercense del Belgio. Ormai da cinque anni, infatti, la comunità monastica del luogo organizza un periodo di riflessione e meditazione riservato ai giovani dai 18 ai 30 anni. Quest’anno, l’iniziativa si svolgerà dal 3 al 7 agosto, sul tema “In preghiera con Gesù”. “Si tratta di un’esperienza spirituale da vivere in un clima di silenzio e seguendo il ritmo quotidiano dei monaci – si legge sul sito Internet www.orval.be – Nei Vangeli, si parla del modo in cui Gesù stesso pregava. Quale impatto aveva tutto questo sui discepoli? Quale orientamento può dare alla nostra vita la preghiera di Gesù? Quale esempio essa può offrire oggi? Queste domande troveranno certamente alcune risposte ad Orval”. Poi, i monaci fanno una considerazione: “Attualmente, molti giovani sentono il desiderio di sperimentare un cammino interiore e specialmente di vivere il senso della preghiera cristiana”. E poiché “la comunità monastica sceglie la preghiera come suo primo lavoro”, ecco perché i monaci vogliono “condividere il nucleo essenziale del loro carisma in un luogo che, grazie alla sua grandezza e bellezza, favorisce in modo unico questa esperienza di interiorità orante”. “La preghiera – si legge ancora sul sito web – è un tesoro che appartiene a tutta la Chiesa”, ed è per questo che la Ojp sarà strutturata in base alla Liturgia delle Ore, con grande attenzione anche all’aspetto musicale. “La musica – si legge ancora sul sito web – è un elemento concreto di comunione tra i fedeli perché aiuta ciascuno dei partecipanti ad inserirsi attivamente nella recita delle salmodie”. Inoltre, attraverso la musica, si vuole “onorare la sensibilità propria della generazione contemporanea, pur nel rispetto dello stile e del clima propri di un monastero”. Infine, degno di nota è il logo scelto per l’evento, raffigurante un rosone, un campanile ed una figura umana stilizzata: “Il rosone – informa il sito web – rappresenta il passato, il campanile indica il luogo attuale della comunità e quindi simboleggia il presente, mentre la figura umana stilizzata rimanda alle lettere J e P, ovvero alle iniziali di giovani e preghiera. E non solo: essa richiama anche il “tau”, ovvero una delle forme che l’iconografica cristiana usa per la croce”. Il tutto in una “forma ellittica che dà un senso dinamico alla preghiera”. (I.P.)

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    Trovata in Turchia tomba paleocristiana, forse è quella di San Filippo

    ◊   Se fosse confermata sarebbe una notizia molto importante per le comunità cristiane che lo venerano e chiarirebbe, forse, alcune circostante mai del tutto precisate sulla sua morte: la Missione archeologica italiana guidata da Francesco D’Andria avrebbe ritrovato la tomba di San Filippo, uno dei 12 Apostoli di Gesù, attivo predicatore nell’Asia Minore. L’area in cui la tomba avrebbe dovuto essere era già stata individuata dalla Missione tre anni fa e ora la struttura è stata scoperta tra le rovine di una chiesa in cui gli scavi sono stati avviati un mese fa nell’area di Pamukkale, nota nell’antichità con il nome di Hierapolis e oggi affermata stazione termale turca. La tomba non è ancora stata aperta, ma stando alla struttura e alle iscrizioni riportate su di essa dovrebbe proprio essere quella del Santo, nato a Betsaida nel 5 d.C. e morto intorno all’80 non si sa se crocifisso dai romani o per cause naturali. La notizia ha ovviamente suscitato le reazioni, di cauto ottimismo, degli esperti e della comunità ecclesiale: “Sarebbe una grande notizia per tutta la cristianità - ha commentato all'agenzia Sir il segretario generale della Conferenza episcopale turca, padre Anton Bulai – attirerà molti pellegrini e sarà dovere dei cristiani locali custodire il Santo”. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    Libia: Londra riconosce il Consiglio nazionale di Transizione come autorità di governo

    ◊   In Libia, offensiva degli insorti per riconquistare Ghazaya, cittadina vicino al confine tunisino ancora nelle mani del regime. I ribelli parlano dell’impiego di razzi e carri armati e di altri 4 raid sferrati in altrettanti villaggi lungo le montagne dell’Ovest. Sul fronte diplomatico, il Consiglio nazionale di transizione ha ottenuto il riconoscimento politico della Gran Bretagna. Il servizio di Marco Guerra:

    Dopo Francia, Stati Uniti, Italia e una trentina di altri Paesi, anche la Gran Bretagna ha riconosciuto oggi il Consiglio nazionale di transizione ''unica autorità di governo'' legittima del popolo libico. È quindi seguita l’espulsione da Londra degli esponenti diplomatici di Tripoli. La mossa ha inoltre consentito di sbloccare l'accesso agli insorti di 91 milioni di sterline di risorse petrolifere. Il Foreign Office riconosce Paesi, non governi o gruppi di opposizione, e quella sulla Libia ''è una decisione unica'', ha commentato il ministro degli esteri Britannico Hague. L'annuncio segue di 24 ore l'allineamento di Londra sulla posizione francese che il colonnello può restare in Libia se accetta di lasciare il potere. Le aperture dell’occidente non coincidono però con le posizioni degli insorti. "Il tempo perchè a Gheddafi sia permesso di restare è scaduto", ha detto Abdel Jalil, il leader del Cnt a Bengasi, spiegando che l'offerta fatta un mese fa al rais tramite oggi ''non è più valida''. Contro la possibilità che Gheddafi resti in Libia si è schierato anche il Procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo: "La Libia deve eseguire il mandato di arresto di Gheddafi – ha detto Ocampo -, non importa quale governo, è una questione giuridica'".

    Iraq
    È di 15 morti e 38 feriti il bilancio del duplice attentato a Tikrit, città irachena a 160 km dalla capitale. Fra le vittime anche 4 soldati e poliziotti. Prima è esplosa un'autobomba davanti a una banca, poi un kamikaze si è fatto saltare in aria fra i soccorritori.

    Siria
    “Bashar al-Assad non è altro che il capo di una banda di criminali”. Con queste parole il leader di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, ha espresso il suo appoggio alle proteste antigovernative in Siria. Nel video diffuso sul web il medico egiziano punta il dito anche contro gli Stati Uniti e Israele, accusati di complottare alle spalle della Siria. E oggi è stato diffuso un nuovo scioccante bilancio, secondo il quale circa tremila persone sono scomparse dall'inizio delle contestazioni al governo di Bashar al-Assad. È quanto sostiene l'ong Avaaz, che ha elaborato una lista di 2.918 persone che non risultano in carcere o sotto il controllo delle forze di sicurezza. Secondo l’organizzazione il governo sta intensificando gli sforzi per reprimere la contestazione prima del ramadan.

    Medio Oriente
    Cresce la tensione nella regione. Un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza ha colpito il Sud di Israele senza tuttavia provocare vittime o danni. A Ramallah la polizia palestinese ha circondato e perquisito l'abitazione dell’ex capo dei servizi di sicurezza sospettato di corruzione. In passato i vertici dell’Anp hanno accusato l’uomo di aver organizzato un complotto per eliminare il presidente Abu Mazen.

    Tensioni Serbia–Kosovo
    Resta alta la tensione al confine tra Serbia e Kosovo. Stamani le forze Nato Kfor, hanno ripreso il controllo del valico di Jarinje dato alle fiamme ieri sera da alcuni gruppi di serbi kosovari che si sono poi scontrati con i militari della forza internazionale I valichi tra i due Paesi sono al centro delle recenti tensioni tra Belgrado e Pristina esplose a seguito del reciproco boicottaggio delle importazioni e della decisione di quest'ultima di schierare al confine la propria polizia per monitorare l'embargo. Il premier del Kosovo, Hashim Thac, ha dichiarato che “non ci sarà alcun passo indietro fino a quando Belgrado non cambierà il suo atteggiamento”.

    Costa d’Avorio
    In una conferenza stampa alle Nazioni Unite, il presidente della Costa d’Avorio Alassane Ouattara ha promesso che saranno puniti i crimini commessi durante le violenze post-elettorali. Intanto, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha rinnovato di un anno il mandato dei caschi blu nel Paese; un contingente di oltre 9mila uomini.

    Filippine-maltempo
    E' di 31 morti e 27 dispersi il bilancio dalla forte tempesta tropicale 'Nock-ten' che da lunedì pomeriggio sta colpendo le Filippine. Secondo Edna Rola, funzionario della protezione civile, il bilancio delle vittime e dei dispersi potrebbe aggravarsi ulteriormente dopo le intense piogge abbattutesi nelle province settentrionali nel corso della notte.

    Peru-presidente
    Capi di Stato e di governo stanno arrivando a Lima, in Perù, dove in mattinata giurerà il presidente eletto Ollanta Humala. Esponente del centro-sinistra, Humala si è imposto nel ballottaggio di giugno contro la sfidante Keiko Fujimori, figlia dell'ex presidente Alberto.

    Messico-narcotraffico
    Ancora un macabro ritrovamento in Messico. Almeno 15 cadaveri sono stati trovati in una fossa vicino alla città di Monterrey, nel nord del Paese. Con ogni probabilità si tratta di vittime dei cartelli del narcotraffico. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 209

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.