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Sommario del 27/07/2011
Santa Sede e Malaysia stabiliscono relazioni diplomatiche
◊ La Santa Sede e la Malayisia, desiderosi di promuovere legami di mutua amicizia, hanno deciso di comune accordo di stabilire relazioni diplomatiche. Lo riferisce la Sala Stampa vaticana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La Malaysia, 179.mo Paese a stabilire relazioni diplomatiche con la Santa Sede, ha una popolazione multiculturale, con oltre 28 milioni di abitanti. L’Islam è professato dal 60,4% della popolazione ed è religione di Stato. I buddisti sono oltre il 19,2%, i cristiani poco più del 9%. Il Paese, indipendente dal 1957, ha conosciuto un periodo di rapido sviluppo, che lo ha collocato tra i maggiori produttori di componenti elettronici nel mondo e al primo posto, nel sud est asiatico, per l’assemblaggio e l’esportazione di autoveicoli. La Malaysia ha acquisito un crescente profilo internazionale, fornendo un significativo contributo ad operazioni di pace. Come cofondatore dell’Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale (Asean), ha assunto anche un ruolo rilevante tra i Paesi membri.
La Chiesa cattolica è presente nel Paese dal 1511, con l’arrivo dei primi missionari portoghesi nella città di Malacca, dove si recò anche Francesco Saverio nel 1545.Oggi la Chiesa conta 9 circoscrizioni ecclesiastiche. I vescovi sono 11 e i sacerdoti diocesani 274. I cattolici sono oltre 850 mila, circa il 3% della popolazione. La Chiesa cattolica, molto attiva nell’evangelizzazione e nella pastorale per la famiglia, è presente in vari ambiti, tra cui quello educativo con molte scuole primarie e secondarie. Nel campo caritativo e sociale sono inoltre molteplici le istituzioni a favore dei più bisognosi e dei lavoratori migranti. I laici offrono la loro collaborazione sia a livello diocesano sia a livello parrocchiale. Non mancano iniziative per promuovere l’armonia sociale e la riconciliazione. I contatti tra Malaysia e Santa Sede sono stati contrassegnati da alcuni avvenimenti di particolare rilievo. Il 7 giugno 2002, l’allora primo ministro Mahathir bin Mohamad fu ricevuto in udienza da Papa Giovanni Paolo II e successivamente si intrattenne con il cardinale Angelo Sodano, allora Segretario di Stato, e mons. Jean-Louis Tauran, allora segretario per i Rapporti con gli Stati. Fu, questa, la prima volta che un primo ministro della Malaysia incontrava il Pontefice e i suoi più diretti collaboratori.
La decisione di stabilire relazioni diplomatiche era stata presa durante l’incontro a Castel Gandolfo il 18 luglio scorso tra Benedetto XVI e il premier della Malaysia, Najib Bin Abdul Razak. Nel corso di quel colloquio era stata sottolineata l’importanza “del dialogo interculturale e interreligioso per la promozione della pace, della giustizia e della maggiore comprensione tra i popoli”.
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Petrolina (Brasile), presentata da mons. Paulo Cardoso da Silva, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Manoel dos Reis de Farias, finora vescovo di Patos. Mons. Manoel dos Reis de Fariasè nato a Orobó, diocesi di Nazaré (Pernambuco), il 23 aprile 1946. È stato ordinato sacerdote il 6 gennaio 1983, a Orobó, per la diocesi di Nazaré. L’8 agosto 2001 è stato eletto vescovo di Patos (Paraíba) e ha ricevuto la consacrazione episcopale il 10 ottobre dello stesso anno e il 1° dicembre successivo ha iniziato il ministero pastorale.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Bolzano-Bressanone (Italia), presentata da mons. Karl Golser, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede il rev. Ivo Muser, del clero della diocesi di Bolzano-Bressanone, finora decano del capitolo cattedrale di Bressanone. Il rev.do Ivo Muser è nato il 22 febbraio 1962 a Brunico, nella diocesi di Bolzano-Bressanone. E' stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1987 a Bressanone.
Il Santo Padre ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di São Salvador da Bahia (Brasile) mons. Gilson Andrade da Silva, del clero della diocesi di Petrópolis, finora rettore del Seminario "Nossa Senhora do Amor Divino" nella medesima diocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Noba. Mons. Gilson Andrade da Silva è nato l’11 settembre 1966 a Rio de Janeiro, nell’omonima arcidiocesi. Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 4 agosto 1991.
◊ Il Papa prosegue il suo periodo di riposo a Castel Gandolfo: le udienze generali del mercoledì, sospese per tutto il mese di luglio, riprenderanno la prossima settimana, il 3 agosto. Nelle ultime udienze, a partire dal 4 maggio, Benedetto XVI ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi sulla preghiera, invitando a non cessare mai di imparare a pregare, perché – ha detto - “la preghiera non va data per scontata”, anche per chi è avanti nella vita spirituale. Il servizio di Sergio Centofanti.
L’uomo di tutti i tempi ha nel profondo del suo cuore la preghiera: è attratto verso Dio perché da Lui è stato creato. Per questo – sottolinea il Papa – sono fallite tutte le previsioni di chi, “dall’epoca dell’illuminismo, preannunciava la scomparsa delle religioni”. Non è possibile sopprimere il desiderio di Dio e per quanto s’illuda di essere “autosufficiente”, l’uomo “fa esperienza di non bastare a se stesso”, ha bisogno di aprirsi a “qualcuno che possa donargli ciò che gli manca”:
“L’uomo porta in sé una sete di infinito, una nostalgia di eternità, una ricerca di bellezza, un desiderio di amore, un bisogno di luce e di verità, che lo spingono verso l’Assoluto; l’uomo porta in sé il desiderio di Dio. E l’uomo sa, in qualche modo, di potersi rivolgere a Dio, sa di poterlo pregare”. (Udienza generale 11 maggio 2011)
Pregare è semplice: significa “parlare con Dio” o semplicemente stare con Lui. Tutti possono farlo. Ma nello stesso tempo – rileva il Papa - è difficile. La preghiera, infatti, “può essere soggetta a fraintendimenti e mistificazioni”. Può chiudersi in una dimensione consolatoria e individualista, mentre la vera preghiera permette “di uscire dallo spazio angusto del proprio egoismo” per aprirsi all’amore. Può cercare di piegare Dio ai propri schemi e ai propri progetti mentre la vera preghiera porta a seguire non la nostra volontà ma quella di Dio. Può essere evasione in un intimismo spiritualista mentre deve portare a un impegno ancora maggiore nel mondo. Il Papa lo aveva già precisato nell’Angelus del 4 marzo 2007:
“Per un cristiano, pertanto, pregare non è evadere dalla realtà e dalle responsabilità che essa comporta, ma assumerle fino in fondo, confidando nell’amore fedele e inesauribile del Signore”.
La preghiera è difficile perché è una lotta che richiede “tenacia e perseveranza”. Il Papa ricorda la lotta di Giacobbe con Dio: una lotta che vinciamo solo quando ci arrendiamo al suo amore. La preghiera è difficile anche perché significa far tacere le nostre parole per ascoltare Dio:
“Impariamo a riconoscere nel silenzio, nell’intimo di noi stessi, la sua voce che ci chiama e ci riconduce alla profondità della nostra esistenza, alla fonte della vita, alla sorgente della salvezza, per farci andare oltre il limite della nostra vita e aprirci alla misura di Dio, al rapporto con Lui, che è Infinito Amore”. (Udienza generale 11 maggio 2011)
“Lo scopo primario della preghiera – afferma il Papa – è la conversione” che ci rende capaci di aprirci a Dio e dunque agli altri, trovando la vera vita, perché “Dio è amore”:
“Cari fratelli e sorelle, la preghiera non è un accessorio, un optional, ma è questione di vita o di morte. Solo chi prega, infatti, cioè chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”. (Angelus 4 marzo 2007)
Gmg: a Madrid anche 4 mila giovani disabili. L'impegno dell'Unitalsi per l'accoglienza
◊ La Giornata Mondiale della Gioventù, in programma dal 16 al 21 agosto a Madrid, è un evento per tutti i giovani, anche per coloro che sono malati o hanno delle disabilità. Per consentire ad oltre 4000 giovani disabili di partecipare alla Gmg, è stato predisposto uno specifico piano logistico con il coinvolgimento di oltre 600 volontari. A coordinare l’accoglienza dei giovani disabili e dei loro accompagnatori, sarà l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali (Unitalsi). Si tratta di un piano di assistenza articolato e accurato. Ce ne parla il presidente dell’Unitalsi, Salvatore Pagliuca, intervistato da Giorgia Innocenti:
R. – L’Unitalsi si è fatta carico, già dalle edizioni precedenti, di facilitare l’accesso dei disabili alla Gmg perché ci sono anche i giovani disabili che desiderano partecipare. In verità, per il passato abbiamo dovuto superare non pochi problemi. Dall’anno scorso, don Nicolò Anselmi della pastorale giovanile della Cei ci ha coinvolti fin dall’inizio. Questo ci ha permesso di organizzare sia il viaggio verso Madrid sia i percorsi durante lo svolgimento della Gmg a misura di disabile. Per quanto riguarda l’alloggio - non era pensabile di poter dormire nei sacchi a pelo - abbiamo trovato una struttura universitaria che ci raccoglierà e inoltre ci siamo organizzati anche per quanto riguarda la partecipazione piena ai vari eventi.
D. – In particolare, verso quali aspetti avete concentrato il vostro impegno?
R. – Abbiamo studiato i percorsi, gli accessi, dei punti di ristoro o dei punti dove poter fare un minimo di assistenza e dare anche la possibilità di riposare. Questo percorso viene effettuato nell’ambito del percorso che fanno i giovani provenienti dalle diocesi, senza uno stacco netto ma in piena partecipazione. Abbiamo montato uno stand che verrà inaugurato il 16 di agosto dove presentiamo un po’ tutte le attività che l’Unitalsi svolge a favore della disabilità nel sociale. (bf)
I giovani che parteciperanno alla Gmg saranno uniti da un’esperienza vitale per tutti i cristiani, quella della preghiera. Ascoltiamo al microfono di Giorgia Innocenti il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez:
R. – Il metodo infallibile della prima comunità cristiana era il passare di esperienza in esperienza attraverso un incontro vivo con la persona di Gesù Cristo e non c’è dubbio che la preghiera è la prima, è la più immediata delle modalità. E’ un’arte la preghiera, ricordava Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, che non dobbiamo dare per scontata, ma è anche soprattutto il modo più immediato per comunicare con Dio e per imparare: chi non sa parlare a Dio non sa parlare neanche agli uomini.
D. – Come ricordare oggi Giovanni Paolo II, il Papa che ha iniziato le Gmg?
R. – Lo ricordo come “allenatore” dei giovani. Questo Pontefice, profondamente incarnato che si faceva ponte tra il Cielo e la terra toccando la terra con la sofferenza, mai facendosi schiacciare anzi sublimandola con il coraggio, con indomita forza d’animo. Queste Gmg ne ricordano ancora una volta la grandezza, soprattutto l’intuizione profetica di consegnare ai giovani l’alba del nuovo millennio. Credo che Benedetto XVI abbia fortemente intuito che questa è la via da proseguire: chi ha fede non muore, chi ha fede vince, chi ha fede ha una parola da dire e una speranza da consegnare. (bf)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Hans Jonas e il futuro dell’uomo: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia su come contrastare le utopie tecno-scientifiche.
Relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Malaysia.
Per gli sconfinati spazi del bello e del bene: in cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi sui settant’anni di Riccardo Muti.
Sordi all’ascolto: Giulia Galeotti recensisce “Prenditi cura di lei”, l'’ultimo romanzo di Kyung-Sook Shin.
Quando la Vergine fu profuga nel Mediterraneo: Isabella Farinelli su un singolare santuario mariano fra i tesori di Genova.
Sotto la botola di via Latina: Fabrizio Bisconti spiega come avvenne una delle più sorprendenti scoperte nelle catacombe romane.
Nell’informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi a mons. Segundo Téjado Muñoz, sotto-segretario del Pontificio Consiglio “Cor Unum” e membro della Fondazione “Populorum Progressio”.
Fame in Somalia: partito il primo ponte umanitario del Pam. Don Serretti: sono nostri fratelli
◊ Il Programma alimentare mondiale (Pam) ha annunciato che è partito oggi pomeriggio il primo ponte aereo di aiuti alimentari destinati alla Somalia, il Paese del Corno d'Africa più colpito dalla carestia. Da parte sua, la commissaria Ue agli aiuti umanitari Kristalina Georgieva, di ritorno dalla missione in Kenya e Somalia, ha definito la situazione una crisi “senza precedenti”. Per questo Bruxelles ha deciso di sbloccare immediatamente aiuti per 27,8 milioni di euro, a cui seguiranno altri 60 milioni che saranno resi disponibili in seguito oltre ai 70 già stanziati. La rappresentante europea ha riferito come a Daadab, in Kenya, "oltre 400mila persone vivono in un campo previsto per accogliere solo 90mila rifugiati", mentre ogni giorno più di 3mila somali fuggono dal loro Paese alla ricerca di cibo e sicurezza. Intanto l’organizzazione non governativa italiana Medici con l'Africa Cuamm ha affermato che in Uganda e in Etiopia si registra il più alto tasso di malnutrizione infantile dell'Africa sub-Sahariana, cioè il 48% dei bambini al di sotto dei 5 anni. Il direttore, don Dante Carraro, spiega che presso l'ospedale di Matany nella regione ugandese di Karamoja e presso l'ospedale di Wolisso in Etiopia nel febbraio 2010 è stato inaugurato proprio un reparto dedicato alla cura dei bambini malnutriti che in questi giorni è sottoposto ad un enorme carico di richieste di aiuto. Nel Corno d'Africa la carestia, la peggiore degli ultimi 60 anni, colpisce circa 12 milioni di persone, soprattutto bambini. Oggi a Nairobi è prevista la Conferenza dei Paesi donatori. Ma come interrogarsi da cristiani di fronte a simili tragedie? Fausta Speranza ne ha parlato con don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
R. - Di fronte a questi drammi che comportano una varietà di fattori - da quello politico a quello climatico, a quello socioculturale - che si intrecciano tra di loro, oltre a cause anche di conflitti e di guerre, la posizione del cristiano è la posizione di chi innanzitutto sa che quella parte di umanità che viene colpita è parte di sé. Il precetto antico-testamentario che dice ‘ama il prossimo tuo come te stesso’ secondo una traduzione ebraica può essere reso anche come ‘ama il prossimo tuo che è te stesso’.
D. – La fame è ingiustizia sociale che deve far ribellare le coscienze di tutti. Per il cristiano c’è un di più?
R. – Sì, per il cristiano c’è una diversità di fondo: non vive semplicemente l’aiuto solo come atto di solidarietà e non lo vive neanche come una questione ideologica, ma lo vive sapendo che tutti gli uomini in quanto creature di Dio, in quanto a immagine e somiglianza di Dio, costituiscono una famiglia.
D. - Nei volti scavati delle persone del Corno d’Africa c’è il volto di Cristo sofferente. Però, forse, anche come credenti ci siamo abituati persino troppo a queste immagini e non ci toccano più di tanto o comunque anche in famiglia a volte si guarda dall’altra parte quando c’è qualcosa che non ci piace vedere…
R. – Sì, c’è questo lasciare ai margini certe situazioni. Proprio oggi che in realtà la possibilità di trasferimento in maniera rapida e funzionale da una parte all’altra della faccia della terra rende tutti molto più corresponsabili che non in altre epoche.
D. – Don Massimo, diciamo una parola sui media: accendono i riflettori su queste tragedie per qualche giorno e se ne parla con immagini anche molto forti, poi però - lo abbiamo visto in passato - i riflettori si spengono e non si sa più nulla. Di fronte a questo c’è anche la responsabilità della memoria...
R. – Certo, questo va detto a voce alta e forte. Tra l’altro ci sono stati e ci sono ancora adesso gravissimi ritardi nell’allerta riguardo all’emergenza umanitaria. Rispondendo a una crisi momentanea non ci si fa carico invece di queste situazioni per quel che è possibile farsene carico. Ci sono fattori di cui non ci si può far carico: per esempio il fatto che siano seguiti due anni di piogge assolutamente insufficienti in quelle regioni è una cosa che parrebbe immodificabile. Ma altri parametri invece potrebbero e dovrebbero essere modificati. E qualora non si interviene, sia preventivamente sia successivamente, seguendo la situazione nei suoi sviluppi, è indice del fatto che gli interventi in queste situazioni si intendono semplicemente come umanitaristici e non si intendono questi uomini e queste donne e questi bambini come una parte reale di noi. La consapevolezza del cristiano dovrebbe essere quella per cui noi non potremmo vivere la nostra verità se non essendo uniti completamente e totalmente anche a loro. (bf)
Falso allarme bomba alla Stazione di Oslo: dibattito in Europa sull'incontro tra culture e religioni
◊ Nuovo allarme in Norvegia, alle prese con una vera e propria psicosi dopo gli attentati di venerdì scorso a Oslo e sull’isola di Utoya. Questa mattina blocco totale del principale scalo ferroviario della capitale per la presenza di una valigia sospetta. Ci racconta tutto, Salvatore Sabatino:
La stazione ferroviaria di Oslo ha ripreso a funzionare solo in tarda mattinata, dopo essere rimasta paralizzata in seguito ad un allarme bomba; una valigia sospetta, notata da un passante, il cui contenuto è risultato, poi, inoffensivo. Si tratterebbe, secondo le forze dell’ordine, dell'azione di un soggetto psicologicamente instabile, senza però alcun legame con Anders Behring Breivik, autore della strage di venerdì a Oslo e sull’isola di Utoya, costate la vita a 76 persone. Di certo c’è che la situazione nel Paese nordeuropeo rimane confusa; se da una parte gli inquirenti sarebbero alla ricerca di “possibili cellule” che avrebbero pianificato insieme a Breivik le stragi di venerdì, dall’altra l’intelligence norvegese è convinta che abbia agito da solo. Quanto all'esplosivo trovato nell'azienda agricola di Breivik, la polizia lo ha fatto brillare in una zona boschiva vicina alla fattoria. Si delinea, infine, ulteriormente il profilo psicologico dell’uomo, definito ieri dal suo avvocato “mentalmente instabile, incapace di stabilire relazioni con altre persone e convinto di essere in guerra”. Un poligono di Oslo, il Club della Pistola, ha confermato che era stato suo membro tra il 2005 e il 2007 e di nuovo a partire dal giugno 2010; aveva anche partecipato, insieme ad alte 13 persone, a sessioni di allenamento e a una competizione.
Proprio ad Oslo la Comunità di Sant’Egidio tenne un incontro dal titolo: “Convivere: il dibattito sull'integrazione è fuori dalla realtà?”. Oggi la Norvegia, e tutta l’Europa sono scioccate per le stragi compiute da Breivik. Al microfono di Massimiliano Menichetti il portavoce della Comunità, Mario Marazziti:
R. - Va commentato il fatto che parliamo da tanti anni di invasione, di pericolo islamico e qui abbiamo la crescita, in casa, di fenomeni di neonazismo, estrema destra intollerante. Una generazione che cresce parlando di purezza ed individuando nemici nell’altro, nel musulmano, il povero o chi rappresenta appunto l’integrazione. C’è un problema gigantesco di educazione e di formazione, direi di sbandamento della società occidentale che produce anche questo.
D. - Ma che cosa significa parlare di dialogo in un contesto che attraversa un po’ tutta l’Europa?
R. - L’idea che l’Europa sia una “fortezza” è un non-senso. L’Europa ha un grande bisogno di immigrati, non può essere un Paese chiuso all’inclusione. E’ un luogo di speranza e di futuro per tante persone. Essere se stessi - cioè essere Europa - significa porsi anche la responsabilità di questo ruolo nel mondo, altrimenti l’Europa smette di essere Europa e diventa un piccolo luogo provinciale, che pensa ai soldi e non ha alcun senso e significato politico internazionale. Bisogna lavorare per arrivare ad una cultura che non crei nemici.
D. - Per poter dialogare e costruire una cultura che non crei nemici quanto è importante, però, avere anche un’identità chiara?
R. - E’ fondamentale. Chi dialoga ha sempre un’identità chiara. Chi ha paura del dialogo è incerto di chi è. Non esiste l’identità senza l’altro, l’identità è sempre relazione. Il dialogo non è: “Io rinuncio alle mie cose, tu rinunci alle tue e diventiamo una terza cosa che è un po’ di plastica”. In realtà, più entriamo profondamente nelle nostre radici, anche religiose e culturali, più c’è spazio per l’altro.
D. - Alcuni ritengono che la società multiculturale, però, sia impossibile. C’è chi parla di “Eurabia”, riferendosi alla chiusura e al desiderio che avrebbero i musulmani di instaurare la sharia nei confronti delle terre in cui sono arrivati…
R. - Penso sia un’affermazione talmente generalizzata rispetto al miliardo di musulmani che hanno così tante sfumature, storie così diverse tra loro... La società multiculturale fatta ad isole è un errore, l’integrazione sociale è una necessità, un valore ed è questo che fa la differenza. Chi lo fa meglio, chi lo fa per primo, ci guadagna di più.
D. - Cosa fare a livello politico per arginare le derive xenofobe e neo-naziste?
R. - Innanzitutto direi che le classi dirigenti devono aiutare a ridimensionare i toni, a non usare una “cultura del nemico”. Poi, per quello che riguarda la crescita di un fenomeno marginale come quello che possiamo definire “neo-nazista” o di intolleranza xenofoba in Europa, questo è il vero problema che dobbiamo affrontare. Si tratta di un problema educativo, spirituale, culturale, politico, civile e di ordine pubblico, ma il dibattito è sempre spostato su altro. (vv)
L'ombra del default sugli Stati Uniti: continua il braccio di Ferro tra Obama e i repubblicani
◊ L’ombra del default si allunga pericolosamente sugli Stati Uniti, dove resta lettera morta il compromesso – chiesto da Obama – sull’aumento del tetto del debito. L'appello del presidente sembra, dunque, cadere nel vuoto in Congresso, con i partiti che continuano a duellare, ma viene recepito dagli americani che, in massa, stanno intasando le linee della Camera per esercitare quella pressione sugli eletti che Obama ha chiesto nell’ultimo discorso alla nazione. Sentiamo Elena Molinari:
L’appello di Barack Obama per un compromesso sull’aumento del tetto del debito americano cade nel vuoto in Congresso dove i partiti sono sempre più lontani. Lo spettro del default tecnico si fa sempre più reale, i mercati continuano a restare calmi ma si preparano al peggio. Alla scadenza del 2 agosto mancano, infatti, solo sei giorni e in quella data il tesoro esaurirà l’opzione a sua disposizione per pagare i conti e le obbligazioni. “Un default sarebbe un cataclisma sull’economia”, avverte la Casa Bianca. Ma i repubblicani lanciano una nuova sfida: un disegno di legge presentano a Camera e Senato per un aumento del tetto del debito in due fasi e un taglio delle spese di tremila miliardi. Una misura alla quale Obama si oppone e sulla quale minaccia il veto. Ma il presidente ostenta anche fiducia, “se non altro perché - ha detto - causare una profonda crisi economica per motivi politici sarebbe avventato e irresponsabile”.
Se non verrà raggiunto un compromesso entro il due agosto gli Stati Uniti potrebbero quindi trovarsi in una condizione di insolvibilità nei confronti dei creditori interni ed internazionali. A Mario Deaglio, docente di economia internazionale all’Università di Torino, Stefano Leszczynski ha chiesto quali potrebbero essere le conseguenze dirette di una situazione di questo tipo.
R. - Nessuno lo sa con precisione, perché si è già verificato altre volte, per brevi periodi ma in contesti molto diversi, in cui l’economia globale ancora non c’era e quindi gli effetti erano più limitati. Sostanzialmente, c’è una legge che proibisce al governo americano di superare certi limiti e quindi predice a questo governo di pagare certe cose: se iniziare a non pagare le pensioni o a chiudere i musei. Ma si deve cominciare da qualcosa e poi, a discrezione del governo, si va avanti e, nel giro di un tempo che non possiamo stimare ma direi comunque entro qualche settimana, la vita economica del Paese si paralizzerebbe, perché la componente pubblica smetterebbe di esserci tranne, forse, i servizi essenziali.
D. - Tutta questa situazione potrebbe essere facilmente risolta con una legge che aumenti il tetto di spesa per gli Stati Uniti. Come mai ciò non avviene?
R. - Non avviene perché nel panorama politico americano è sorta, di fatto, una nuova forza interna al partito repubblicano - e lo sta egemonizzando - che è di opinioni estremamente anti-stataliste. Si tratta di gente che ritiene di pagare troppo tasse, a cui non importa molto dei servizi pubblici.
D. - Diciamo che si rischia un aggravamento della crisi per motivi eminentemente politici. Da un punto di vista strettamente economico, la situazione sarebbe risolvibile senza grossi danni?
R. - Su questo punto molti dei miei colleghi - soprattutto quelli americani - la pensano proprio così. Io sono lievemente più pessimista. Mettiamo però che la cosa si risolva: se io devo sottoscrivere il futuro dei titoli del debito pubblico americano, lo faccio esattamente come prima, sapendo che questo è un governo che può essere bloccato da una legge sui tetti? Oppure non chiederò, magari, un tasso d’interesse superiore o andrei a cercare un altro investimento? Sicuramente questo fattore gioca contro la sua stabilità ed il suo uso continuato nelle relazioni economiche internazionali. (vv)
India: i vescovi scendono in strada per i diritti degli "intoccabili"
◊ In India, oltre mille persone hanno aderito ad uno sciopero della fame per chiedere al governo di garantire lo status di ‘caste riconosciute’ anche ai "dalit" cristiani e musulmani: i "dalit" sono i cosiddetti "intoccabili", che all'interno del sistema sociale indiano rappresentano i più poveri ed emarginati. Eppure anche tra gli stessi "dalit" ci sono discriminazioni. Infatti, la legge indiana attualmente riconosce diritti e facilitazioni in ambito economico, educativo e sociale, solo ai "dalit" indù. Il digiuno di tre giorni, cominciato lunedì scorso, culmina domani con una marcia verso il Parlamento, alla quale parteciperanno vescovi, leader religiosi e fedeli cristiani e islamici. Sul significato di questa iniziativa si sofferma, al microfono di Emer Mccarthy, uno degli organizzatori della marcia, padre Cosmon Arokiaraj, della Conferenza episcopale indiana:
R. – This is a Parlament march …
Questa è una marcia sul Parlamento che comincerà al centro di New Delhi e sarà guidata dal cardinale arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias; vedrà la partecipazione di almeno 60 vescovi di Chiese e denominazione differenti; ci saranno 200 sacerdoti, 100 suore, più di 10 mila persone tra cristiani, musulmani e gruppi in difesa dei diritti umani.
D. – Quale impatto ha questa discriminazione sulla vita quotidiana dei cristiani e musulmani dalit? Come li influenza nella loro vita quotidiana?
R. – In a day-to-day life dalit Christians and dalit Muslims …
Nella vita quotidiana, i dalit cristiani e musulmani vivono fianco a fianco con gli altri dalit – indù, sikh e buddisti. Tutti loro si trovano a dover affrontare lo stesso retroscena economico, sociale ed educativo: sono impoveriti, sono anche politicamente “poveri”, sono socialmente emarginati e devono affrontare le usanze dell’“intoccabilità”. Quindi, in realtà non c’è differenza, per i dalit, per quanto riguarda l’appartenenza religiosa! E’ il governo che, per mezzo del paragrafo 3 della legge 1950, determina questa discriminazione. Il paragrafo 3 recita così: “nessuna persona che professi una religione diversa dall’induismo, dalla religione sikh e dal buddismo, può essere considerata come appartenente ad una casta riconosciuta”. Quindi, per avere il beneficio della riforma sulle caste riconosciute, bisogna appartenere a queste religioni. E’ dunque il governo che definisce che solo le persone appartenenti all’induismo, alla religione sikh e al buddismo possono rientrare nelle caste riconosciute, mentre ne sono escluse le persone appartenenti all’islam, al cristianesimo e ad altre religioni.
D. – Lei stesso sta prendendo parte allo sciopero della fame. Come sta andando e come si sente?
R. – I consider it as a disciple of Jesus: Jesus fasting those 40 days …
Mi considero un discepolo di Gesù: Gesù ha digiunato per 40 giorni per affrontare il ministero pubblico, per fare la volontà del Padre. Penso che questo sia uno sciopero della fame che, in quanto discepoli di Cristo, ci dà coraggio morale e l’energia spirituale di combattere con tenacia per i diritti di uguaglianza dei dalit cristiani e musulmani.
Cresce la povertà delle famiglie italiane: sempre più esigua la classe media
◊ La crisi colpisce sempre di più la classe media e molti tra i nuovi poveri appartenevano proprio a questo settore sociale: è quanto emerge da una ricerca effettuata per 'Famiglia Cristiana' dall'Istituto nazionale di ricerche Demopolis. Lo studio fotografa le crescenti difficoltà delle famiglie italiane per "arrivare a fine mese". Emanuela Campanile ha intervistato Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari:
R. – Siamo in una situazione molto difficile perché siamo presi tra la responsabilità del contribuire al grande sforzo per far uscire dalla crisi il Paese e, contemporaneamente, dai dati sulla povertà che crescono rapidamente vediamo che la povertà è connessa al numero dei figli, quindi scelte della società che sono veramente folli. La prima e più importante richiesta che stiamo facendo è un alleggerimento della pressione fiscale, selettiva per la famiglie con figli. Noi abbiamo fatto una proposta di fattore-famiglia, una proposta di riforma del fisco che consentirebbe di non pagare le tasse per i soldi che ogni famiglia spende per l’educazione, per l’allevamento, per la cura, per nutrire i propri figli. In questo modo, investono sul futuro del Paese e forse, anzi ne siamo certi, alleggerendo la pressione fiscale su queste famiglie ripartirebbe anche il sistema economico. Secondo noi la questione fisco è prioritaria ma deve essere gestita come un investimento sulle famiglie.
D. – Quindi significa che ancora i primi passi non sono stati mossi?
R. – Al ministro Tremonti bisogna dare atto di essere stato molto rigoroso nel custodire la sostenibilità del sistema Italia e quindi tutti noi abbiamo dovuto accogliere l’invito del presidente Napolitano di fronte ad una manovra molto dura che peraltro è necessaria ed è solo la prima perché prossimamente avremo altri tempi difficili ma contemporaneamente ci manca proprio l’indicazione di progetto sul futuro: ci manca il modo in cui le nostre poche risorse vengono puntate sul cavallo vincente. Io credo che il cavallo vincente per il nostro Paese sia chi genera lavoro e la famiglia. Solo che poi ci scontriamo con la manovra finanziaria, con i tagli lineari, con una logica che non vede la famiglia. Nel piccolo ogni famiglia ha poi le sue strategie di difesa, magari rimanda l’acquisto di alcuni beni durevoli, decide di abbassare il tenore di vita. Di fatto quando arriva un figlio lo stile di vita di una famiglia si abbassa del 25-30 per cento ed anche per questo c’è un grande blocco delle dinamiche demografiche nel nostro Paese. Di fatto il nostro Paese ha vissuto di rendita sulle capacità delle famiglie. Il ministro Tremonti ha usato la capacità di risparmio delle famiglie per dimostrare che il sistema italiano è molto più forte degli altri sistemi pur avendo un indebitamento pubblico. In sostanza, le nostre famiglie risparmiano e il sistema pubblico spende, ma oggi anche la capacità di risparmio delle famiglie è pesantemente minacciata dalla crisi. Quindi occorre proprio un rovesciamento di logica e credo che sia tempo di una grande alleanza nazionale dove le forze sociali debbano avere più peso della politica. (bf)
Attentati a Oslo e Utoya: condoglianze e solidarietà al popolo norvegese dal mondo cristiano
◊ A pochi giorni dagli attentati di Oslo e Utoya, numerose sono le testimonianze di cordoglio e solidarietà al popolo norvegese da parte della comunità cristiana mondiale. I vescovi degli Stati Uniti hanno inviato una lettera di condoglianze a mons. Anders Arborelius, presidente della Conferenza episcopale della Scandinavia e vescovo di Stoccolma e a mons. Bernt Ivar Eidsvig, vescovo di Oslo, nella quale sottolineano come “l’assalto agli edifici governativi ad Oslo e al campo giovanile ci ricordano la fragilità della vita e la sfida di sradicare il male nelle sue diverse forme”. “L’incomprensibile tragedia e la morte di così tante persone innocenti”, si legge nella lettera firmata da mons. Timothy M. Dolan, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti e arcivescovo di New York “tocca i cuori della gente di tutto il mondo” e,“ci chiama a preghiere speciali per le vittime, le loro famiglie e i norvegesi in particolare”. “Un momento di dolore e oltraggio”, si legge nella missiva, che porta a condividere con la Chiesa in Scandinavia “il lavoro per costruire la pace nella nostra società”, contro “esasperate divisioni sociali”. Condoglianze al popolo e alle istituzioni norvegesi arrivano anche dai vescovi canadesi, uniti nella preghiera “per le famiglie direttamente colpite dalla perdita di un loro caro”. In un messaggio firmato da mons. Pierre Morrissette, presidente della Conferenza episcopale canadese e vescovo di Saint-Jèrôme, i presuli canadesi si dichiarano profondamente in linea con i valori di pace e solidarietà della Norvegia, “che devono prevalere in questo momento di prova che affligge il vostro Paese”. Anche la Caritas del Portogallo in una lettera all’ambasciatrice norvegese nel Paese, Inga Magistad, ha espresso la propria solidarietà per “l’atroce dolore” provato dalla nazione scandinava. Nella missiva, a firma del presidente della Caritas portoghese, Eugénio Fonseca, si assicurano preghiere per le vittime e si auspica che, “nonostante i sentimenti di ribellione e la necessità di una giustizia umana riparatrice”, “Dio riversi nei cuori di tutti i norvegesi sentimenti di pace e di compassione”. Si associa al lutto per “i nostri fratelli norvegesi” anche il Consiglio delle Chiese cristiane in Francia, che in un messaggio si augura che la pace ritorni prontamente in Norvegia e che si “ricerchi un dialogo di verità e di amore, necessario al rafforzamento della giustizia e dell’uguaglianza nel mondo”. (A cura di Michele Raviart)
Pakistan: dopo le alluvioni di un anno fa, 800mila famiglie vivono ancora in aree a rischio
◊ Due milioni di persone in Pakistan vivono ancora in zone a rischio inondazioni ad un anno dalle alluvioni che sconvolsero il Paese. A lanciare l’allarme è l’Oxfam, che in un rapporto pubblicato ieri, sostiene che i ritardi nei programmi di ricostruzione rischiano di colpire oltre 800mila famiglie, che non hanno ancora un’abitazione adeguata. Secondo il rapporto “c'è un urgente bisogno” di ridurre la vulnerabilità di queste aree “con adeguati lavori di contenimento dei fiumi, del canali di irrigazioni e dei bacini idrici”. Riferisce l’agenzia Sir che per l’Oxfam l’importo necessario per la riabilitazione delle aree sarebbe di circa 600 milioni di dollari, mentre a novembre la Banca Mondiale e la Banca Asiatica per lo Sviluppo hanno indicato al governo pakistano la necessità di un primo investimento di 27 milioni. Per Neva Khan, responsabile Oxfam in Pakistan, “il cambiamento climatico aumenterà la minaccia di inondazioni. Il Pakistan deve agire ora. Investire oggi in misure che riducono l'impatto dei disastri è fondamentale per salvare vite umane e salvaguardare il futuro e lo sviluppo del Paese”. (M.R.)
Save the children Pakistan: dopo le alluvioni, in aumento lavoro minorile e matrimoni precoci
◊ Secondo una ricerca realizzata da Save the Children in 8 dei distretti del Pakistan colpiti dalle alluvioni, il lavoro minorile è cresciuto sensibilmente del 30% mentre sono in aumento abusi e matrimoni precoci. In conseguenza dell’impatto delle devastanti piogge di un anno fa, sono 10 milioni i bambini colpiti dal disastro: quasi 2 milioni aiutati e supportati dalla Ong. Nel rapporto sono citati 1.200 casi di abusi e un aumento dei matrimoni precoci anche fra bambini di 9-10 anni: una misura – questa del matrimonio – a cui i genitori ricorrono per “proteggere” la loro figlia dal rischio di essere abusata e dunque “disonorata”. La Ong documenta inoltre il forte indebolimento del sistema scolastico, con il 47% dei genitori intervistati che dichiara che non ci sono insegnanti nelle scuole dei loro figli, il crollo verticale dei guadagni delle famiglie, diminuiti anche del 70% e l’impossibilità per oltre il 30% degli intervistati di ricostruire le proprie abitazioni. Molti dei 10 milioni di minori colpiti dalle devastanti alluvioni lottano ancora per sopravvivere: in alcune delle aree più disastrate il 23% dei bambini è malnutrito. Quasi la metà dei genitori intervistati da Save the Children dichiara che i propri figli hanno fobie, incubi e altri sintomi di sofferenza e trauma psicologico. In un distretto del Punjab 1 famiglia su 10 ammette che i propri figli hanno iniziato ad assumere hashish o colla per attutire il carico emotivo. Secondo David Wright, direttore di Save the Children in Pakistan, la sua Organizzazione ha sviluppato nel Paese il suo più massiccio ed ampio intervento di emergenza, raggiungendo e aiutando 4 milioni di persone, di cui 1.8 milioni di bambini e prestando cure a 25.000 bambini malnutriti. Cibo, rifugi, assistenza sanitaria, trattamenti nutrizionali, creazione di 200 “aree di gioco sicure e protette”per bambini, sostegno alle scuole, programmi di lavoro in cambio di denaro (cash for work): queste in sintesi le principali attività e interventi portati avanti dall’organizzazione. (R.P.)
India: il governo concede il visto permanente a suor Jean, la “Madre Teresa” di Bangalore
◊ La “Madre Teresa” di Bangalore resterà in India con i suoi lebbrosi: il ministro indiano dell’Interno P. Chidambaran ha rinnovato ieri il visto di suor Jacqueline Jean McEwan “senza limiti di tempo”. Alla notizia, la religiosa si è detta “pazza di gioia” per poter restare insieme ai suoi malati di lebbra, che cura da 29 anni. Il Global Council of Indian Christians (Gcic) - riferisce l'agenzia AsiaNews - ha ringraziato il ministro e il governo per aver risposto ai reclami della minoranza cristiana e dei lebbrosi ospiti della Sumnahalli Society, l’associazione dove opera la religiosa. Suor Jean avrebbe dovuto lasciare il Paese entro un mese, perché il governo aveva negato il rinnovo annuale del suo visto. Immediate le reazioni del Gcic e di padre George Kannanthanam, direttore del Centro dove lavora la missionaria inglese. Il ministro Chidambaran ha ammesso che l’avvertimento a lasciare l’India formulato dal Foreign Regional Registration Office (Frro), è stato un errore, causato forse dalla mancanza di alcuni documenti. (R.P.)
Bangladesh: 20mila sfollati nel sudest del Paese a causa delle piogge
◊ 20mila persone nel Bangladesh sud orientale sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa delle forti piogge che si sono abbattute nei distretti di Cox's Bazar e Teknaf. Le inondazioni, di una violenza senza precedenti, hanno colpito oltre 84mila case e danneggiato coltivatori e allevatori. Riferisce l’agenzia Fides che, secondo fonti locali, mai un ciclone così devastante si era abbattuto sulla zona, di per sé particolarmente vulnerabile alle inondazioni. Secondo quanto riferito da un responsabile dell’organizzazione “CARE Bangladesh”, le piogge continue non sono una novità, ma quello che è stato sorprendente è stato il livello raggiunto dalle inondazioni probabilmente dovuto al disboscamento selvaggio delle colline vicine. Già attivi gli aiuti alle persone colpite dal disastro, con la distribuzione di oltre 300 tonnellate di riso e altri alimenti, mentre nei prossimi giorni è prevista la consegna di acqua potabile, materiale edile e altri beni essenziali. (M.R.)
Coree. La Caritas di Seoul invia tonnellate di farina al Nord: “Sono allo stremo”
◊ La situazione in Corea del Nord “peggiora di giorno in giorno. Noi sappiamo che non si deve aiutare il regime, ma come cattolici ed esseri umani non possiamo rimanere a guardare mentre i nostri fratelli al di là del confine muoiono di fame. Ecco perché abbiamo deciso l’invio di 100 tonnellate di farina, che distribuiremo direttamente nelle mani degli abitanti”. Lo dice all'agenzia AsiaNews una fonte cattolica della Corea del Sud per spiegare l’invio di un carico di aiuti oltre confine. Dopo la ripresa degli esperimenti nucleari e i due attacchi contro postazioni sudcoreane da parte del regime di Pyongyang, il governo di Seoul ha fermato tutti i programmi di aiuto alla Corea del Nord. All’inizio dell’estate, tuttavia, la situazione è peggiorata talmente tanto che la “Casa Blu” - la residenza del presidente sudcoreano - ha autorizzato cinque Organizzazioni non governative a portare aiuti esclusivamente di tipo alimentare. E la Caritas ne ha approfittato per inviare la farina. Il carico è stato raccolto dalla Caritas Korea International, diretta da padre Francesco Saverio Ahn Myeong-ok. I fondi per l’acquisto della farina - consegnata via terra - sono stati raccolti durante la “Messa per la pace nella Penisola coreana”, la grande funzione che si è svolta il 17 luglio scorso a Imjingak. I pacchi saranno consegnati direttamente nelle mani dei cittadini della provincia settentrionale di Hwanghe. Il padre Simeone Lee Jong-keon, direttore esecutivo della Caritas Korea, ha visitato la parte nord della penisola nel giugno scorso. Secondo il sacerdote “la situazione è terribile. Visitando gli ospedali della provincia ci siamo resi conto che non hanno più assolutamente nulla”. Secondo la fonte di AsiaNews, “neanche i soldati mangiano più. E questo è l’ultimo passo verso la fine del regime, ma anche di tantissime vite umane”. (R.P.)
Congo: allarme rosolia per migliaia di bambini
◊ Oltre mille bambini sono stati vittime dell’epidemia di rosolia che sta devastando la Repubblica Democratica del Congo dall’inizio dell’anno. A renderlo noto è l'Ufficio di coordinamento delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) di Kinshasa, che ha avviato lo scorso 10 maggio una campagna di vaccinazioni, coordinata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e che al momento ha raggiunto circa 3,1 milioni di bambini. Riferisce l'agenzia Sir che la campagna, finanziata con 1,9 milioni di dollari, ha agito nelle province di Katanga, Kasai occidentale, Bas-Congo, Equateur e Orientale. “Il finanziamento, pari a 61 centesimi per bambino, ha contribuito a proteggere la salute di milioni di piccoli”, ha detto Fidèle Sarassoro, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per il Congo, che ha poi esortato i partner finanziatori a continuare con il sostegno “soprattutto ora che la Repubblica Democratica del Congo si trova ad affrontare altre epidemie, tra cui il colera nella parte occidentale del Paese”. La rosolia è una patologia virale che colpisce soprattutto i bambini malnutriti e finora in Congo ha contagiato 1.145 piccoli. (M.R.)
Australia: la Chiesa critica lo scambio di 800 richiedenti asilo con 4 mila rifugiati in Malaysia
◊ L’Australia trasferirà in Malaysia 800 richiedenti asilo giunti via mare a Christmas Island, l’isola situata nell’Oceano Indiano che ospita il centro di accoglienza per immigrati e richiedenti asilo più grande del Paese. È quanto stabilisce un accordo siglato lunedì scorso a Kuala Lumpur tra il governo di Canberra e quello malese. Il patto, di cui si discute tra molte polemiche dallo scorso mese di maggio, prevede di trattare i richiedenti asilo soggetti a trasferimento alla stregua di immigrati legali in attesa che le loro domande di accoglienza siano esaminate. Le domande di asilo saranno quindi valutate dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). In cambio, l’Australia accoglierà 4mila persone dalla Malaysia che sono già state riconosciute come rifugiati. Secondo il governo del Primo Ministro Julia Gillard, lo scambio servirà a scoraggiare i richiedenti asilo dall’intraprendere la pericolosa e costosa traversata verso l’Australia e quindi a colpire il traffico di esseri umani. Di diverso avviso le organizzazioni umanitarie e la Chiesa australiana che in queste settimane hanno espresso forti critiche all’iniziativa sulla quale ha sollevato dubbi anche l’Unhcr. Riserve ribadite all’indomani della firma dall’Ufficio cattolico australiano per i migranti e i rifugiati (Amcro). A preoccupare, ha affermato il direttore padre Maurizio Pattenà, è la sorte delle persone più vulnerabili, “compresi i bambini, le famiglie e altre persone in difficoltà che saranno bloccati proprio nel momento in cui hanno maggiore bisogno di aiuto”. Secondo il sacerdote, infatti, l’Australia potrebbe garantire a questi 800 richiedenti asilo condizioni di vita molto migliori di quanto non possa fare la Malaysia. “La soluzione malese – ha osservato – riflette la propaganda politica interna che vuole l’Australia minacciata da un’invasione di boat-people, mentre di fatto il numero degli arrivi via mare è insignificante se rapportato a quelli complessivi del programma nazionale sull’immigrazione”. Padre Pattenà ha quindi ricordato come proprio i dati governativi indichino quanto l’Australia abbia tutto da guadagnare dall’immigrazione, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione australiana. Senza contare - ha aggiunto - che la storia dimostra come l’irrigidimento delle politiche migratorie non sia mai riuscita a fermare l’immigrazione illegale, alimentata com’è dalla disperazione di chi fugge da situazioni drammatiche. Di qui l’appello a una politica migratoria più umana: “Il governo deve perseguire il benessere degli immigrati nel loro interesse e in quello di tutta l’Australia”, ha detto padre Pettenà. (L.Z.)
Perù: nel 190.mo d’indipendenza, la Chiesa auspica un futuro di progresso e speranza
◊ Era il 28 luglio del 1821 quando il Perù proclamava l’indipendenza dalla Spagna. A 190 anni da quella data, il Paese si prepara a celebrare l’evento con una Messa ed un Te Deum di ringraziamento, presieduti dall’arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis Cipriani, nella cattedrale della città domani, 28 luglio, alle ore 8.00. “Questa festa patriottica segna l’inizio di un nuovo governo e di un nuovo Congresso della Repubblica”, scrive la Conferenza episcopale peruviana in una nota firmata dal presidente dei vescovi, mons. Hector Miguel Cabrejos Vidarte, ed intitolata “Per un futuro di progresso e speranza”. “Lo Stato - si legge nella nota - ha nelle proprie mani il futuro di 30 milioni di persone che sperano in un impegno genuino a favore della democrazia e in una gestione del potere condivisa, efficiente ed onesta”. I vescovi ricordano, quindi, che lo sviluppo del Paese “deve essere integrale e focalizzato sulla sanità, l’alimentazione, l’acqua, l’istruzione, gli alloggi e la sicurezza pubblica”, così come sulla “creazione di opportunità per i più bisognosi”, obiettivo ritenuto “fondamentale e indispensabile per vivere con dignità”. Poi, sulla scia di Benedetto XVI, la Chiesa peruviana sottolinea che “è necessario proteggere il Creato, per costruire un mondo di pace”. Considerando che il Perù è un Paese “ricchissimo di risorse naturali”, i vescovi auspicano quindi “il dialogo, il consenso e la tolleranza, per costruire una nazione con la pace e con il progresso, evitando i conflitti sociali”. E ancora: la nota dei presuli richiama l’importanza della popolazione, “uomini e donne, anziani, giovani e bambini, che giorno dopo giorno costruiscono il futuro delle loro famiglie con sforzo e sacrificio”. In loro favore, bisogna “promuovere il progresso e lo sviluppo, tutelando la vita e la famiglia”, poiché “l’amore per la famiglia è un valore che la società deve proteggere. Esso risponde alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della persona umana”. Di qui, l’auspicio espresso dalla Chiesa perché siano rafforzati “i valori fondamentali del Perù, ovvero la democrazia, lo stato di diritto, il bene comune, la giustizia, la verità, la responsabilità, l’integrazione sociale, il rispetto e la promozione dei diritti umani, specialmente quelli dei più svantaggiati”. Infine, i vescovi guardano a Cristo, “via, verità e vita: riaffermando la fede in Lui, possiamo fare della nostra nazione un Paese grande, solidale ed unito, costruendo un futuro pieno di progresso e di speranza”. (A cura di Isabella Piro)
Il cardinale Scherer: l'ambiguità sull'identità sessuale può compromettere il futuro dell'umanità
◊ “La pretesa di introdursi nell’armonia che Dio ha stabilito tra i sessi e di sottomettere l'identità sessuale all'arbitrio della volontà è una temerarietà, che non promette buoni frutti per il futuro dell'umanità”. Così il cardinale Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo in Brasile è intervenuto sul tema della crescente ambiguità sull'identità sessuale che si sta imponendo nella cultura contemporanea. Nell’articolo “Maschio e femmina li creò”, pubblicato sulla rivista “O São Paulo” e riportato dall’agenzia Zenit, il porporato ha affermato che l’essere umano “non è questa ‘metamorfosi ambulante' che continua a vagare per la vita senza sapere chi è, cosa vuole, per che cosa vive, perché è ciò che è”, ma “deve tener conto di se stesso e vivere in modo responsabile, in base alla sua dignità e alla sua natura”. Per il cardinale Scherer un aspetto importante del vivere secondo natura consiste “nell'assumere la propria identità sessuale”, mentre “nella cultura attuale c'è molta confusione su questo, e la sessualità non è più presa sul serio, come una fatto di natura, ma è ritenuta un fenomeno culturale”. L'identità sessuale sarebbe perciò una questione di scelta modellata dalla cultura e dalla soggettività”, ha scritto il porporato, e la differenziazione sessuale nel corpo umano tra maschio e femmina sarebbe solo un “fatto secondario”, con il conseguente aumento dei comportamenti sessuali poco definiti: “si parla sempre più di omosessuali, bisessuali, transessuali, ed essere eterosessuale, con identità definita di uomo (maschile) e donna (femminile), appare solo come una tra le tante possibilità e opzioni relative all'identità sessuale”. “Non c'è un grande equivoco in questo? Sarà così d'ora in poi? Dove porterà tutto ciò?”, si chiede il cardinale, che spiega poi come “per il pensiero cristiano, la differenziazione sessuale tra uomo e donna deve essere presa pienamente sul serio; la sessualità interessa tutti gli aspetti della persona umana, nella sua unità di anima e corpo”, poiché “riguarda l'affettività, la capacità di amare e di procreare” e, in modo più generale, “riguarda la capacità di creare vincoli sereni di comunione con gli altri”. “Le differenze e le complementarietà fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni della coppia e della famiglia”, scrive l’arcivescovo di San Paolo, e la loro armonia dipende anche “dal modo in cui si vivono la complementarietà tra i sessi e il sostegno reciproci. Non è possibile che la natura abbia sbagliato a modellare l'essere umano come uomo e donna”, sottolinea il cardinale Scherer, “ciò ha un significato ed è necessario scoprirlo e prenderlo sul serio”. Per chi “desidera la verità e cerca di conformare la sua vita al disegno di Dio”, conclude il porporato, resta “l'invito a lasciarsi condurre dalla luce della Parola di Dio e dall'insegnamento della Chiesa anche per quanto riguarda la morale sessuale”. (M.R.)
Ecuador: consegnate nuove abitazioni per le famiglie di 300 ragazzi di strada
◊ Guayaquil è una delle città più importanti dell’Ecuador, sviluppatasi prevalentemente sulla riva destra del fiume Guayas, la sua popolazione raggiunge i 3 milioni e mezzo di abitanti. Il quartiere Nigeria, che sorge sull’isola di Trinitaria, nel delta del fiume, è uno dei quartieri più poveri e disagiati della città. Qui i Salesiani hanno sviluppato un progetto per ragazzi di strada che mira a migliorare la qualità della vita dei minori, riscattarli da una situazione di rischio, reinserirli nelle proprie famiglie e aiutarli a percorrere un percorso educativo e di formazione professionale. Sono circa 300 i ragazzi coinvolti nel progetto che ha appena realizzato la consegna di 101 abitazioni agli abitanti della Cooperativa “Independencia II”, che vivono nell’Isola di Trinitaria di Guayaquil. Alle famiglie dei ragazzi è stata consegnata una casa, così da favorire la promozione sociale e la stabilizzazione relazionale del minore. La realizzazione delle case è stata resa possibile grazie all’intervento della “Jugend Eine Welt” (Jew) e alla cooperazione interistituzionale tra il Municipio e la Fondazione “Consultora Don Bosco”. (R.P.)
Honduras: il vescovo di Trujillo sul conflitto per l'attribuzione della terra
◊ “Ringrazio profondamente i sacerdoti della mia diocesi per come riescono a svolgere la loro missione in una situazione particolarmente difficile come questa”, dichiara mons. Luis Solé Fa, vescovo di Trujillo in Honduras. Il presule è molto preoccupato per il perdurare del clima di violenza che colpisce la popolazione della regione di Bajo Aguán a causa del lungo conflitto tra i membri di organizzazioni contadine e le milizie dei proprietari terrieri. La disputa ha origine nella questione irrisolta della divisione dei terreni coltivabili in base ai principi stabiliti dalla riforma agraria. Nel suo resoconto, affidato all’agenzia Cns ripresa da L’Osservatore Romano, il vescovo di Trujillo sottolinea che ai sacerdoti ammessi all’interno delle piantagioni per celebrare la messa domenicale viene consentito solo di amministrare i sacramenti ai fedeli sotto la sorveglianza di guardie armate. Per il presule, il clima di violenza viene alimentato soprattutto dalle armi fornite alle parti in contrasto da alcune organizzazioni di narcotrafficanti. «La grande diffusione delle armi costituisce certamente un problema gravissimo”, afferma il presule, che aggiunge: “qui i fucili, ed anche armi più micidiali, sono diventati parte della vita quotidiana. Per questo noi membri della Chiesa locale dobbiamo avere una condotta ispirata alla prudenza perché è nostro dovere di religiosi non esasperare gli animi e provare in tutti i modi a favorire il dialogo tra le parti”. In un documento diffuso dalla Conferenza episcopale dell’Honduras, i vescovi affermano di «provare il dolore di una madre di fronte al conflitto in corso». Per i presuli «è nostro dovere essere e rimanere a fianco di quanti difendono i loro diritti per mezzo della legalità e del dialogo”. (L.Z.)
Argentina: l’Università Cattolica di Buenos Aires per la formazione dei missionari
◊ Padre Victor Manuel Fernandez, rettore della Pontificia Universidad Católica Argentina "Santa María de los Buenos Aires" (Uca), e don Osvaldo Pablo Leone direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie dell'Argentina (Pom), hanno firmato un accordo di cooperazione reciproca. “L'accordo - si legge in una nota riportata dall’agenzia Fides - mira a rafforzare la comunione ecclesiale e consolidare la vocazione dei discepoli missionari in modo che sacerdoti, suore e laici che frequentano il centro di Missiologia per il Cono Sud "Juan Pablo II", siano illuminati dall’esempio e dagli insegnamenti del Beato Giovanni Paolo II”. “Allo stesso tempo - continua la nota - si cerca di promuovere attraverso programmi d’interesse comune, il coordinamento delle attività congiunte (seminari, conferenze, consulenza reciproca), l'integrazione dei gruppi di lavoro d’interesse comune, workshop annuali, la preparazione di testi di formazione e di spazi d’incontro e di preghiera nel popolo di Dio, lo spirito missionario in sintonia con l'enciclica Redemptoris Missio; in modo di istituire una ferma e chiara opzione per la formazione dei membri delle nostre comunità, con un cuore universale, aperto a tutte le culture ed essere disposti a fare realtà il mandato missione di Gesù: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". (R.P.)
Indonesia: leader cristiani e musulmani diffondono il seme della tolleranza fra i giovani
◊ Insegnare ai futuri sacerdoti il rispetto delle religioni e diffondere uno spirito di dialogo fra cristiani e musulmani per fermare la crescita dell’estremismo nella società. Sono alcune delle tematiche trattate al convegno sul pluralismo religioso tenutosi lo scorso 23 luglio al seminario minore gesuita di San Pietro a Martoyudan, a Central Java, in occasione del centenario dell’istituto. Padre Ignatius Sumaraya, rettore dell’istituto, afferma all'agenzia AsiaNews che “il seme della tolleranza è stato piantato nel seminario per permettere ai seminaristi di essere guidati nella loro formazione dallo spirito della diversità nell’unità”. Per la prima volta nella storia del seminario, il più importante dell’Indonesia, sono stati invitati diversi esponenti e leader religiosi islamici e cristiani per parlare di problemi legati alla società. Fra i relatori Zuhaeri Misrawi, della Nahdlatul Ulama (Nu), organizzazione moderata islamica, Teguh Santosa, segretario generale del Muhammadiyah’s Youth Group, secondo movimento dei giovani musulmani del Paese. Presenti anche Trias Kuncahyono, ex seminarista e direttore del quotidiano cristiano Kompas Daily e Dr. Maryatmo, decano della Catholic Atma Jaya University di Yogyakarta. Secondo i relatori l’Indonesia è da anni vittima del settarismo religioso, che spesso sfocia in violenze fra musulmani, cristiani, ahmadi e le centinaia di denominazioni e gruppi tribali animisti presenti nel Paese. Gli attentati di Poso (Central Sulawesi) e delle Molucche avvenuti nel 2005 e i recenti attacchi contro le forze di polizie compiuti dagli estremisti islamici Jamaah Ashrut Tauhid, sono il prodotto di questo clima, sfruttato dai gruppi terroristici per scatenare di una comunità contro l’altra. I leader religiosi hanno sottolineato che l’unico modo per fermare questa tendenza è diffondere fra i giovani uno spirito di unità e tolleranza, attraverso la conoscenza e il rispetto reciproco. (R.P.)
Sud Corea: Chiesa contraria alla legge sulla castrazione chimica dei pedofili
◊ “La Chiesa è in linea di principio contraria alla castrazione chimica” per i pedofili e ritiene che esistano metodi alternativi per prevenire i crimini sessuali. Lo ha detto il segretario della Commissione bioetica della Conferenza episcopale sud-coreana (Cbki) , padre Paul Lee Chang-young, esprimendo la posizione dei vescovi in merito alla nuova legge che prevede questa punizione contro persone condannate per pedofilia. Il provvedimento, il primo del genere in un Paese asiatico, è entrato in vigore ieri e ha suscitato le critiche di medici, esperti e giuristi, ma anche dei leader religiosi. Padre Lee, citato dall’agenzia Ucan, ha evidenziato che la Chiesa è consapevole della necessità di punire crimini così odiosi, ma che allo stesso tempo ritiene che le funzioni naturali di un essere umano non possano essere “artificialmente o fisicamente” modificati, in quanto sono un dono di Dio. Il sacerdote ha poi messo in dubbio l’efficacia di questa misura nella prevenzione dei crimini sessuali e ha quindi chiesto al governo di trovare soluzioni alternative alla castrazione, annunciando che la Chiesa condurrà una campagna di informazione sulle implicazioni etiche di questo metodo. Il Ministero della giustizia sud-coreano, da parte sua, argomenta che la misura si è resa necessaria a causa del drastico aumento dei reati sessuali registrato in questi ultimi anni nel Paese e che la castrazione servirà a proteggere meglio i bambini. Secondo le statistiche del Governo le vittime di abusi sessuali sotto i 15 anni dal 2005 al 2008 è aumentato di quasi il 53%, passando da 1.282 a 1958. (A cura di Lisa Zengarini)
Costa d'Avorio: seminario sul ruolo della donna nel processo di riconciliazione nel Paese
◊ Tratterà del ruolo della donna nel processo di riconciliazione e nella ricostruzione post-crisi in Costa d’Avorio l’ottava edizione del seminario internazionale delle donne che si svolgerà il 30 e 31 luglio ad Abidjan, nella cattedrale di San Paolo. Organizzato dalla comunità cattolica Madre del Divino Amore, riferisce il portale www.news.abidjan.net, vedrà la partecipazione di conferenzieri di diversi continenti. “Rallegrati donna, hai ricevuto una grazia”: questo il tema della due giorni che vuole sensibilizzare la donna affinché trovi la sua dimensione nel Paese, comprenda qual è la propria missione, scopra i valori che devono guidarla e possa fare esperienza di una profonda pace interiore. “Nel processo di riconciliazione il ruolo della donna è primordiale – ha detto suor Maria Laura Boni della comunità cattolica Madre del Divino Amore – soprattutto per guarire, attraverso il potere materno del suo amore, tutte le ferite provocate dagli eventi degli ultimi anni e dalla crisi”. Oltre 200 le donne che si incontreranno ad Abidjan e che giungeranno anche dal Burkina Faso, dal Benin e dal Senegal. Il seminario prevede momenti di formazione e incontri di preghiera. (T.C.)
Gabon: i comitati parrocchiali chiedono un maggiore impegno nella Dottrina sociale della Chiesa
◊ Occorre una migliore applicazione della Dottrina sociale della Chiesa da parte dei sacerdoti e dei laici perché possano essere rivitalizzati gli organismi che si occupano di giustizia e pace nelle parrocchie: è la presa di coscienza dei membri dei comitati parrocchiali Giustizia e Pace dell’arcidiocesi di Libreville, nel Gabon che si sono incontrati nei giorni scorsi nella capitale per un seminario sul tema “Amore e Verità si incontreranno, Giustizia e Pace si abbracceranno”. Durante l’incontro, riferisce il portale www.eglisecatholique.ga, è emerso che la Commissione Giustizia e Pace non è attiva nella Chiesa del Gabon da oltre 15 anni e che ciò ha avuto anche ripercussioni nelle parrocchie. Nell’analizzare la realtà attuale, i partecipanti al seminario hanno rilevato che le ingiustizie e le disuguaglianze sociali, la cattiva distribuzione delle risorse, la violazione dei diritti dell’uomo minacciano la pace sociale nel Paese, che i cittadini non accedono facilmente ai servizi sociali di base e che manca una vera coscienza nazionale. Per tale motivo i membri dei comitati parrocchiali Giustizia e Pace invitano ad una presa di coscienza del ritardo della Commissione Giustizia e Pace nelle sue attività, esortano ogni parrocchia a dotarsi di uno specifico comitato per il prossimo anno pastorale, chiedono ai parroci di formare i fedeli su giustizia e pace. Dalla Commissione Giustizia e Pace poi si aspettano una maggiore conoscenza delle questioni sociali, economiche, politiche, giuridiche e ambientali, un impegno più forte nell’attuazione della dottrina sociale della Chiesa e una formazione più approfondita sulla Parola di Dio. (T.C.)
Il cardinale Rouco Varela: Spagna ed Europa in crisi demografica
◊ C’è un’Europa in preda alle difficoltà economiche e finanziarie, ma anche un’Europa che fa emergere una crisi demografica che riguarda soprattutto i più giovani, che rappresentano il futuro e la speranza di qualsiasi nazione. La questione, complessa, è stata al centro di un intervento che il presidente della Conferenza episcopale in Spagna, il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varela, ha tenuto in occasione della chiusura del seminario dal titolo “I giovani e la Chiesa cattolica: appunti per una pastorale giovanile oggi”, presso la Universidad Rey Juan Carlos. Il porporato – riferisce L’Osservatore Romano - ha sottolineato nella sua riflessione che la Spagna e l’Europa “soffrono per una crisi di giovani” dovuta alla scarsa propensione delle coppie a fare figli. In particolare, il cardinale ha osservato che in Spagna e in Europa, in proporzione al resto della popolazione, “il numero dei giovani compreso nella fascia di età 0-22 anni risulta basso”. E questo, ha aggiunto, comporta «che ci sono poche vocazioni, non solo all’interno della Chiesa, ma anche in molti altri contesti». A tale riguardo, il presidente della Conferenza episcopale ha puntato il dito sulla bassa natalità che alimenta la crisi demografica in Spagna come altrove, osservando che il tasso delle nascite non corrisponde a quello di sostituzione della popolazione e che questo si è riflettuto anche sui flussi migratori. Tutte le analisi demografiche degli istituti di ricerca mettono in luce proprio la tendenza delle coppie in Spagna a fare meno figli. Recentemente, tra gli altri, l’Ufficio statistico nazionale nel bollettino demografico annuale ha rilevato che 1,38 è il numero medio di figli per ogni donna relativo al 2010. Il tasso di fertilità, rispetto al 2009, inoltre, si è ridotto tanto fra le donne nate in Spagna che fra le straniere. Al problema demografico era stato fatto cenno anche durante la solenne “Messa della Santa Famiglia” presieduta il 2 gennaio scorso dal porporato: “La società invecchia e la crisi demografica, inarrestabile — aveva detto il cardinale — minaccia e mette in pericolo il futuro dei nostri ambiti vitali e il benessere economico e sociale”. Nel concludere il suo intervento il porporato ha poi sottolineato come il Paese si stia preparando con gioia e fervore alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, esortando i fedeli e i cittadini “a mostrare ciò che sono, ovvero una società accogliente che vive la sua vocazione all’ospitalità secondo lo stile delle proprie radici cristiane». Tracciando poi la storia della Gmg, il cardinale ha rilevato che essa è stato “un pellegrinaggio alla ricerca di Gesù” e che da questo «è nata una generazione di giovani che vive la fede e ha un rapporto di affetto con il Papa e la Chiesa”. (L.Z.)
Budapest: le conclusioni del Colloquio europeo delle Parrocchie
◊ Divenire «fontane di speranza» in un contesto in cui materialismo e una buona dose di disillusione alimentano l’avanzare della secolarizzazione. A questo sono chiamate le parrocchie del continente europeo. Un compito non facile, soprattutto se si guarda, in alcune situazioni, alle forze in campo, ma certamente esaltante e possibile. È questa la convinzione di Hubert Windisch, sacerdote e docente di teologia pastorale all’Università di Friburgo, in Germania, al quale sono state affidate le conclusioni del 26° Colloquio europeo delle parrocchie svoltosi la settimana scorsa a Nyíregyháza, in Ungheria. L’incontro - riferisce L'Osservatore Romano - al quale hanno partecipato rappresentanti di 17 Paesi, è stato dedicato appunto al tema «Parrocchie, luoghi di speranza. Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Ma è stato anche l’occasione per un confronto tra le Chiese dell’est e dell’ovest dell’Europa, oltre che un momento di riflessione ed esperienza sul cammino ecumenico. Windisch ha riconosciuto che oggi le parrocchie sono generalmente considerate «luoghi di speranze piccole, quotidiane, come tanti altri». Ma va anche sottolineato che in esse c’è una «grande speranza» che «è ancorata in Dio stesso ed è una virtù che ci viene da Lui». Per trasmettere questa speranza, coloro che abitano le parrocchie devono essere «icone di Cristo e del cielo per il mondo» e «attuare una sorta di trasparenza spirituale» della loro vita di fede e dei legami di fraternità e di amicizia che sperimentano. Per don Luca Bressan, docente di teologia pastorale al seminario arcivescovile di Milano, «la cultura urbana, obbliga il cristianesimo occidentale a ripensare in modo serio le forme della sua tradizionale presenza tra la gente» e alle parrocchie è richiesta «un’operazione paziente e attenta di discernimento e di immaginazione pastorale». Tra le strade percorribili quella di «utilizzare i legami della solidarietà per annunciare la portata universalistica e assolutamente gratuita della salvezza cristiana». E «istituire delle reti di relazioni capaci di rendere i luoghi ecclesiali davvero degli spazi in cui si respira la logica “altra” e “alternativa” della predicazione del Regno compiuta da Gesù». Per mons. Alphonse Borras, vicario generale della diocesi di Liegi, sia la speranza sia le parrocchie sono oggi «realtà problematiche». Nella nostra epoca, infatti, si è rotto il legame tra la vita locale e le parrocchie, e la «cultura post-moderna è meno sensibile al tempo, al futuro, alla storia che tende verso un fine, che è la visione giudeo-cristiana». In questo contesto la parrocchia diventa luogo di speranza se si presenta come «una comunità per tutti senza condizioni preliminari». I parrocchiani vivono la fede e la speranza nell’oggi e le parrocchie sono «luoghi per la Parola, l’Eucaristia, la diaconia e il discernimento»: le Chiese locali non possono pensare di «riformare la società», ma certamente possono «inventare il presente». Nel corso dell’incontro grande spazio è stato dato anche alle testimonianze della vita nelle parrocchie nei Paesi dell’Europa dell’est, durante il periodo delle dittature comuniste, per le quali «la religione era il nemico da abbattere». Per il francescano Kálmán Peregrin, «furono contrastati in particolare i cattolici, perché facevano riferimento a Roma e manifestavano in maniera concreta che l’uomo dispone di certi ambiti non disponibili alla dittatura dello Stato». In Ungheria, le chiese non vennero chiuse, ma anche qui, come altrove, «le scuole, gli ospedali, ma anche tutte le attività pastorali svolte dai religiosi vennero eliminate, gli ordini sciolti e monaci e monache mandati a lavorare; molti di loro, però, mantennero la fede». (R.P.)
Svezia: al via a Rinkaby il ventiduesimo incontro mondiale degli scout
◊ Oggi a Rinkaby, nel sud della Svezia, prende il via il 22.mo Incontro mondiale degli scout, che continuerà fino al 7 agosto. Sono attesi 38.000 partecipanti, tra i quali 1.700 italiani dell’Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) e del Cngei (Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani), rispettivamente rappresentanza dello scoutismo cattolico e di quello aconfessionale. “Semplicemente scout”, questo è il tema scelto per questa edizione che verterà su tre concetti fondamentali: incontri, natura, solidarietà. Gli organizzatori hanno rilevato che si tratta di un “evento educativo per la promozione della pace e della differenza culturale” e hanno ricordato il fondatore del movimento mondiale dello scoutismo, Baden Pawell. Egli, spiega Roberta Vincini, capo contingente italiano dell’Agesci all’agenzia Sir, “realizzò il primo raduno scout nel 1920, in un mondo a pezzi reduce della Prima Guerra Mondiale; lui sognava un mondo di pace e quest’intento è ancora il fondamento dell’esperienza scout. Il movimento - continua Vincini - è presente in tutto il mondo, tranne Cuba e Cina, e tutti i Paesi sono rappresentati al raduno in Svezia.”Ogni organizzazione scoutistica è infine invitata a vivere quest’incontro nel rispetto del prossimo e nella condivisione reciproca. (G.I.)
A Kandahar ucciso il sindaco e un bambino in due diversi attentati
◊ Si continua a morire in Afghanistan. Oggi in due attentati quasi contemporanei a Kandahar, sono rimasti uccisi il sindaco della città e un bambino di 9 anni. Intanto è arrivata a Roma la salma del primo caporal maggiore David Tobini, ucciso lunedì a Bala Murghab: oggi pomeriggio i funerali di Stato. Approvato, intanto, in Senato, il rifinanziamento delle missioni estere. Il punto da Roberta Barbi:
Nel mirino dei talebani, che hanno prontamente rivendicato l’attentato, oggi è finito il sindaco di Kandahar, Ghulam Haidar Hameedi, ucciso nel cortile del Municipio mentre stava incontrando alcuni cittadini. Il kamikaze, stavolta, aveva nascosto l’esplosivo sotto al turbante e l’ha attivato dopo essersi avvicinato al sindaco. Quasi nello stesso momento, un ordigno rudimentale è deflagrato al passaggio di un veicolo militare uccidendo almeno 11 persone, tra cui un bambino. Kandahar è considerata la roccaforte degli estremisti, che due settimane fa erano riusciti a uccidere un altro personaggio pubblico: il fratello del presidente Karzai. Ma non è l’unico posto dove si muore, nel Paese: stava effettuando un pattugliamento nell’ovest, il primo caporal maggiore Tobini, quando è stato ucciso due giorni fa. Il C-130 che lo ha riportato a casa è atterrato questa mattina a Ciampino alle 10; ad accogliere il feretro la famiglia e le più alte cariche dello Stato. I funerali, questo pomeriggio alle 18 nella basilica di santa Maria degli Angeli. Intanto il Senato italiano, con 269 sì, 12 no e un astenuto, ha approvato il decreto per il rifinanziamento delle missioni all’estero, rinviando, così, il provvedimento all’esame della Camera.
Riparte il dialogo tra India e Pakistan
India e Pakistan hanno ancora molta strada da percorrere per raggiungere una comunanza di
vedute su temi caldi bilaterali come il terrorismo e il controllo del Khasmir, ma sono intenzionati a percorrerla pazientemente. Lo hanno assicurato oggi a New Delhi i ministri degli Esteri dei due paesi, SM Krishna e Hina Rabbani Khar. Al termine di colloqui svoltisi stamani, i due ministri si sono presentati ai giornalisti assicurando che le relazioni bilaterali sono avviate “sul cammino giusto''. In particolare Krishna ha detto, citando un comunicato congiunto, che i colloqui si sono tenuti ''in una atmosfera sincera, cordiale e costruttiva''. Inoltre, ha aggiunto, ''siamo d'accordo che il terrorismo pone una minaccia permanente alla pace e alla sicurezza'' e che sia necessario ''un impegno fermo e autentico per combattere ed eliminare questo flagello in tutte le sue forme e manifestazioni''. Per quanto riguarda la spinosa questione del Jammu e Kashmir, i ministri hanno convenuto sulla ''necessità di discussioni continue con modalità mirate a risultati e rivolte al futuro, con la prospettiva di trovare una soluzione pacifica attraverso la riduzione delle divergenze e la costruzione di convergenze''. Da parte sua il ministro Khar ha sottolineato la necessità di ''fare sforzi per ridurre queste divergenze'', convinto che con tutta evidenza si sta aprendo ''una nuova era nella cooperazione bilaterale''. ''Una nuova generazione di indiani e pachistani - ha aggiunto parlando a braccio - vedrà relazioni che saranno, io lo spero, molto diverse da quelle conosciute nei due decenni precedenti''. Il dialogo fra i due paesi, evidenzia il comunicato congiunto, continuerà a vari livelli nei prossimi mesi ed i ministri Krishna e Khar torneranno ad incontrarsi ad Islamabad nella prima metà del 2012. Dopo la serie di attentati che hanno sconvolto Mumbai nel novembre 2008, le relazioni fra New Delhi ed Islamabad si sono fortemente deteriorate, anche perchè il commando che ha causato in quella occasione quasi 170 morti era composto da militanti pachistani.
Cina
Una trentina di civili e una decina di agenti di polizia sono rimasti feriti ad Anshun, nel sudovest della Cina, negli scontri che si sono scatenati in seguito alla morte di un venditore ambulante disabile. Alcuni cittadini, infatti, accusano i funzionari governativi di aver selvaggiamente picchiato l’uomo fino a provocarne la morte.
Libano
Il governo libanese ha condannato con forza l’attacco al contingente francese della missione Unifil nel Paese, che ieri ha causato il ferimento di cinque militari. Il primo ministro Najib Mikati ha promosso l’apertura di un’inchiesta sull’attentato e ha convocato l’ambasciatore francese per manifestargli la propria vicinanza.
Siria
Quattro persone sarebbero morte e una trentina sarebbero i feriti, tra cui un ragazzino di 11 anni, in un’operazione condotta all’alba dalle forze di sicurezza nella zona di Kanaker, nella provincia di Damasco. Diverse proteste antigovernative anche nella notte, che hanno portato a un’altra massiccia ondata di arresti.
Libia
Il leader libico Gheddafi è intervenuto ieri in una manifestazione in sostegno del suo governo a Hums, a est di Tripoli, annunciando l’intenzione di “liberare Misurata dagli oppressori”, cioè i ribelli, accusati dal colonnello di aver messo “a ferro e fuoco la terza città del Paese”. Secondo il giornale britannico Telegraph, invece, si farebbe strada l’ipotesi di un governo libico a cinque membri, frutto di un accordo con il Consiglio degli insorti. Intanto l’Acnur lancia l’allarme sulla situazione dei campi profughi in Tunisia nei quali continuano ad arrivare rifugiati dalla Libia. Londra, infine, ha deciso di espellere dal Paese tutto lo staff dell’ambasciata libica in quanto non più rappresentativo del Paese e annuncia il prossimo riconoscimento del Consiglio degli insorti.
Algeria
Un kamikaze sulla trentina si è fatto esplodere ieri pomeriggio nel centro della città di Bouhamza. L’uomo era stato notato dalla polizia per il suo aggirarsi con fare circospetto e dopo essere stato braccato dagli agenti si è fatto esplodere. La deflagrazione non ha causato vittime perché le forze dell’ordine avevano provveduto a isolare la zona.
Marocco
Il re Mohammed IV ha proclamato oggi tre giornate di lutto nazionale in seguito al grave incidente aereo di ieri, quando un aereo militare è precipitato causando la morte di 80 persone. Sono in corso gli accertamenti sulla dinamica di quello che è il peggiore disastro aereo mai avvenuto nel Paese.
Usa – al Qaeda
Il Dipartimento di Stato americano raccomanda di tenere alto il livello d’allerta: al Qaeda potrebbe colpire gli interessi degli Usa anche all’estero, in Europa, Asia, Africa e Medio Oriente. Le azioni possibili sono omicidi, attentati esplosivi, e sequestri e nel mirino ci sarebbero obiettivi quali hotel, ristoranti, uffici ma anche scuole.
Perù
È previsto per oggi l’insediamento del nuovo formato da Hollanta Humala, il nuovo premier uscito dalle urne elettorali alle elezioni del giugno scorso. Nella squadra anche una donna di origine africana, alla guida del dicastero della Cultura. Humala, che viene dalla sinistra nazionale, ha assicurato che lavorerà per la stabilità economica e l’inclusione sociale.
Serbia – Kosovo
Sale la tensione al confine del nord tra Serbia e Kosovo, dove entrambi i Paesi hanno rafforzato i presidi di polizia e dove sono scaturiti scontri con la popolazione che hanno causato diversi feriti. Le ragioni della tensione vanno ricercati nell’embargo alle merci imposto da Belgrado a Pristina, dal momento che la Serbia non riconosce l’indipendenza del Kosovo, al quale quest’ultimo ha risposto con un altro embargo. L’Unione europea invita alla calma, mentre la Nato incrementa la sorveglianza sui confini.
Ucraina
Due corpi senza vita e un sopravvissuto sono stati estratti oggi dalle macerie del crollo avvenuto due giorni fa in una miniera di carbone in Ucraina, nella regione di Donetsk, nell’est del Paese. Sale quindi a tre il bilancio delle vittime dell’incidente avvenuto di notte, a 520 metri di profondità mentre sul posto erano al lavoro circa 96 persone. Le miniere ucraine risultano essere tra le più pericolose del mondo.
Grecia
Un gruppo di ispettori dell'Ue e del Fmi arriveranno oggi ad Atene per verificare i progressi nell'attuazione del piano di austerity varato dal governo, che si è impegnato a portare a termine tutta una serie di privatizzazioni di società pubbliche, per un valore complessivo di 50 miliardi di euro entro il 2015: tutte misure messe in atto per il superamento della crisi.
Le pagelle dell’Istat sulla gestione dei rifiuti da parte delle regioni italiane
Aumenta la raccolta differenziata in Italia. Lo rileva l’Istat nel rapporto sugli indicatori ambientali urbani, che individua Pordenone come la città più virtuosa. Proprio sulla differenziata, si avvicina l’intesa tra il ministero dell’Ambiente, il Comune e la Provincia di Napoli e la Regione Campania, dopo che il governo è stato battuto ieri su un ordine del giorno che impegna l’Esecutivo a consentire il trasporto della spazzatura del capoluogo partenopeo in tutte le regioni italiane, specialmente quelle del nord. Secondo l’Istat crescono anche l'utilizzo di pannelli fotovoltaici installati su edifici comunali e il consumo di gas, mentre calano l’inquinamento atmosferico e il consumo di acqua. Il servizio è di Paolo Ondarza:
Migliora, seppur lievemente, l’attenzione degli italiani nei confronti dell’ambiente. L’Istat fotografa la situazione relativa al 2010, anno in cui la raccolta dei rifiuti solidi urbani è aumentata dello 0,9%, e la quota percentuale della raccolta differenziata sul totale rifiuti si è attestata attesta al 31,7%, +1,4% rispetto al 2009. A Napoli la differenziata non supera il 18%, bassa la quota anche nel resto della Campania con l’eccezione di Salerno, Avellino, Caserta e Benevento. Fanalino di coda a tre capoluoghi siciliani e cioè Messina, Siracusa ed Enna. I più virtuosi invece sono Pordenone, Novara e Carbonia, in Sardegna. Nel comune friulano in particolare il tasso di raccolta di differenziata è stimato al 78,6%. Un risultato frutto dell’impegno dell’amministrazione e dei cittadini, come spiega l’assessore all’ambiente di Pordenone Nicola Conficoni.
R. - Sicuramente ci sono state delle difficoltà. Abbiamo accompagnato questo cambiamento della modalità di raccolta con l’effettuazione di numerose assemblee pubbliche, che sono state molto partecipate. Durante queste assemblee abbiamo spiegato le ragioni che ci portavano a chiedere sostanzialmente un cambiamento di abitudini consolidate e i cittadini hanno compreso come sia economicamente ed “ambientalmente” vantaggioso praticare una corretta raccolta differenziata. L’esempio che noi abbiamo dato - nel giro di tre anni siamo passati da una raccolta differenziata dal 30 al 78 per cento – è un esempio positivo di come anche in poco tempo le cose possono cambiare, possono migliorare significativamente.(ap) (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 208