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Sommario del 26/07/2011
◊ Un grande pastore: così il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, ha ricordato il cardinale Virgilio Noè scomparso domenica all’età di 89 anni. Il cardinale Sodano ha celebrato i funerali stamane nella Basilica di San Pietro in comunione di preghiera con Benedetto XVI. Ieri il Papa aveva ricordato “l’apprezzata testimonianza di fervoroso zelo sacerdotale e di fedeltà al Vangelo” del porporato in un telegramma alla sorella Maria. Il servizio di Fausta Speranza:
“Pastore illuminato e saggio, prima come sacerdote a Pavia, poi come vescovo qui, in Vaticano, ed infine come cardinale di Santa Romana Chiesa, accanto prima al Santo Giovanni Paolo II e poi all’attuale Pontefice, Benedetto XVI.”
Il cardinale Sodano ricorda la figura del cardinale Noè e sottolinea: “E’ stato un dono alla Chiesa, un grande pastore”, quasi a voler riassumere un’attitudine dell’animo - e quindi un modo di essere -, ricorda quanto il cardinale Noè amava ripetere...
“ ...le parole del Salmo: ‘Cercherò sempre il Tuo volto, o Signore’”.
Il cardinale Noè è stato per anni collaboratore della Santa Sede, in particolare nell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche e come arciprete della Basilica di San Pietro. E’ stato presidente della Commissione Permanente per la Conservazione dei Beni Storici ed Artistici della Santa Sede, presidente della Fabbrica di San Pietro. Oggi i membri della Curia Romana, a partire dal segretario di Stato, il cardinale Bertone, dice il decano del Collegio cardinalizio, “sono uniti nella preghiera con Benedetto XVI”:
“Com’è noto, il nostro amato Pontefice ha avuto una lunga consuetudine di vita con il compianto cardinale, nutrendo per lui sentimenti di profonda stima e amicizia. In questo momento, un arco di preghiere unisce quindi Castel Gandolfo e Roma, e ci trova tutti uniti in orazione, intorno all’altare del Signore”.
Ai funerali hanno partecipato, tra gli altri, il vescovo di Pavia ed il sindaco del comune di Bereguardo, nella provincia di Pavia, dove il cardinale Noè era nato. Nella città di Pavia, il giovane Virgilio Noè frequentò il seminario e fu ordinato sacerdote il primo ottobre 1944, in uno dei drammatici momenti della Seconda Guerra Mondiale.
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Sherbrooke (Canada), presentata da mons. André Gaumond per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Sherbrooke mons. Luc Cyr, finora vescovo di Valleyfield (Canada). Mons. Luc Cyr è nato il 21 novembre 1953 a Saint-Jérôme, Québec. Ha studiato presso il collegio Marie-Victorin e al Cégep di Saint-Jérôme e ha fatto gli studi teologici presso il seminario Maggiore di Montréal e presso l’Università della medesima città. E’ stato ordinato sacerdote il 29 agosto 1980. Dopo un anno di Spiritualità a Firenze, nel 1984 ha studiato Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana di Roma, dove nel 1987 ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale. Ritornato in Canada ha svolto il ministero pastorale presso diverse parrocchie della diocesi di Saint-Jérôme fino al 1989, quando è stato nominato Responsabile dei Servizi di Formazione e del Servizio Vocazionale. Nel 1994 è stato nominato vicario generale. Il 10 maggio del 2001 è stato nominato vescovo di Valleyfield e consacrato il successivo 17 giugno.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Acireale (Italia), presentata da mons. Pio Vittorio Vigo, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Antonino Raspanti, del clero della diocesi di Trapani, finora docente di Storia della Spiritualità presso la Pontificia Faoltà Teologica "San Giovanni Evangelista" a Palermo. Mons. Antonino Raspanti è nato ad Alcamo (diocesi e provincia di Trapani) il 20 giugno 1959. Dopo gli studi liceali, è entrato nel Seminario Diocesano, frequentando il Seminario Arcivescovile Maggiore "San Mamiliano" di Palermo. Ha conseguito il Baccellierato in Teologia presso la Facoltà Teologica "San Giovanni Evangelista", a Palermo, nel 1982. Ha poi completato gli studi accademici presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, con il Dottorato in Teologia nel 1990. Ha ricevuto l’ordinazione diaconale il 6 marzo 1982 ed è stato ordinato Presbitero il 7 settembre 1982, per le mani del compianto mons. Emanuele Romano. Ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: vicario parrocchiale della Cattedrale di Trapani dal 1984 al 1986; vice-assistente diocesano del settore giovani dell’A.C.I. dal 1984 al 1988; docente di Teologia Dogmatica presso l’ISRS "Alberto degli Abati" a Trapani da 1984 al 1993; assistente di Teologia Dogmatica e Storia della Spiritualità presso la Facoltà Teologica di Sicilia dal 1984 al 1998. È stato parroco della parrocchia "Maria Santissima delle Grazie" a Trapani dal 1986 al 1991; parroco della parrocchia di "San Giuseppe" a Trapani da 1991 al 1992; parroco della parrocchia di "Maria Santissima delle Grazie" a Trapani dal 1993 al 1994; assistente delle Missionarie della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo da 1995 al 2000; parroco della Chiesa Madre di Erice dal 1995 al 2001; direttore spirituale del Seminario vescovile di Trapani dal 1998 al 2001 e vice-preside della Facoltà Teologica di Sicilia dal 1999 al 2002. Dal 1998 è docente stabile di Storia della Spiritualità presso la Facoltà Teologica di Sicilia; membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei consultori di Trapani dal 1999 al 2009 e preside della Facoltà Teologica di Sicilia dal 2002 al 2009. Dal 2005 è socio della Pontificia Accademia di Teologia; cappellano di Sua Santità dal 2005 e dal 2008 è membro del Comitato per gli Studi di Teologia e Scienze religiose della C.E.I. È autore di numerosi studi di carattere teologico e filosofico pubblicati su varie riviste.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia del governo pastorale del Vicariato Apostolico di Izabal (Guatemala), presentata da mons. Gabriel Peñate Rodríguez, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico ed ha nominato mons. Mario Enrique Rios Montt, C.M., vescovo titolare di Tiguala ed ausiliare emerito dell’arcidiocesi di Città del Guatemala, amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis del Vicariato Apostolico di Izabal.
◊ Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha presieduto stamani una Santa Messa nella Cappella di Sant’Anna a Gressoney la Trinité, in Valle d’Aosta, dove Giovanni Paolo II sostò 10 anni fa, durante i giorni del suo riposo estivo. Papa Wojtyla venne in questi luoghi soprattutto per confortare gli abitanti dei paesi colpiti dall’alluvione del 15 ottobre 2000. Un passaggio – ha sottolineato il porporato - ancora vivo negli occhi e nel cuore di coloro che erano presenti: per l’occasione è stata benedetta una targa commemorativa dell’evento.
Il cardinale Bertone, nell’omelia, ha commentato la parabola del grano e della zizzania, proposta dalla Liturgia odierna. “Si tratta di un’immagine realistica della situazione del mondo – ha detto - dove bene e male coesistono" e abitano in ogni popolo e cultura, in ogni comunità e in ogni cuore, come si è visto recentemente in Norvegia. Come cristiani – ha esortato il segretario di Stato – “guardiamoci dal nemico seminatore di zizzania" e anche "se siamo immersi in un mondo fatto di tanta cattiveria e disprezzo", "non dobbiamo scoraggiarci di essere seminatori di buon grano". "Così hanno fatto i santi e così continua a fare tanta gente comune, che per mezzo delle buone azioni quotidiane, solleva le sorti dell’umanità circostante”. Ha quindi additato ad esempio San Giovanni Leonardi che, “pur avendo lucida consapevolezza che la Chiesa è il campo di Dio (cfr Mt 13,24), non si scandalizzò per le sue umane debolezze. Per contrastare la zizzania scelse di essere buon grano: decise, cioè, di amare Cristo nella Chiesa e di contribuire a renderla sempre più segno trasparente di Lui”.
Il porporato, infine, ha ricordato l’odierna memoria dei Santi Anna e Gioacchino, genitori della Beata Vergine Maria, invocando la loro intercessione per “saper udire come essi hanno fatto il messaggio di Dio” e per “saper portare luce e speranza nelle nostre famiglie". A Sant’Anna in particolare – ha concluso - "affidiamo le mamme, soprattutto quelle che sono ostacolate nella difesa della vita nascente o trovano difficoltà nel crescere ed educare i propri figli”.
Memoria dei Santi Gioacchino ed Anna. Il cardinale Comastri: le famiglie ritrovino Dio
◊ La Chiesa celebra oggi la memoria dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori della Beata Vergine Maria. Una memoria particolarmente sentita nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, dove a mezzogiorno il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, ha presieduto la Messa con la recita dell’Angelus, la supplica alla madre della Madonna e la preghiera per le famiglie. Nel pomeriggio, alle 18, la celebrazione eucaristica dedicata ai nonni presieduta dal cardinale Paolo Sardi. E sulle figure dei Santi Gioacchino ed Anna ascoltiamo al microfono di Tiziana Campisi il cardinale Comastri:
R. - Noi abbiamo pochissime notizie su Sant’Anna, come anche su San Gioacchino. Le uniche notizie che si hanno le possiamo ricavare dalla figlia, Maria. Ecco, allora, la proposta che io faccio: entriamo nella piccola casa di Nazareth ed ascoltiamo Maria mentre risponde all’Angelo: “Eccomi”. Com’è sbocciato questo “Eccomi”? Evidentemente, in quell’ “Eccomi”, c’è la grazia di Dio, c’è la libertà docile di Maria, ma c’è anche l’educazione che ha ricevuto in famiglia. C’è l’educazione all’ascolto della voce di Dio, che Maria ha preso da Sant’Anna e da San Gioacchino. In quell’ “Eccomi” meraviglioso c’è, in qualche modo, il profumo della vita e della testimonianza di famiglia che Maria ha respirato accanto a Sant’Anna ed accanto a San Gioacchino.
D. - La figura di Sant’Anna ci porta dunque all’immagine della famiglia. In che modo, oggi, riaccostarsi ai valori della famiglia, guardando alla figura di Sant’Anna ma anche a quella di San Gioacchino?
R. - Oggi la famiglia è diventata un deserto. Possiamo dire che molti figli crescono in case atee, dove non si respira affatto la presenza di Dio. E quando manca Dio, manca la pace, l’armonia. Quando manca Dio, manca la fedeltà ed anche una precisa scala di valori. L’esempio di San Gioacchino e di Sant’Anna deve stimolare le famiglie di oggi a ritrovare la sorgente della gioia, della pace, della bellezza della famiglia. Se la famiglia non ritrova Dio, se non ritrova quella pienezza di Dio che si respirava nella casa di San Gioacchino e di Sant’Anna, non potrà dare nulla ai figli. Potrà assicurare un po’ di benessere, che però non risolve il problema del senso della vita, della gioia del cuore. I figli hanno bisogno di una testimonianza di valori e di ideali autentici, ma prima di tutto hanno bisogno della testimonianza del valore di Dio, che è la roccia su cui si può costruire la vita.
D. - Famiglie e generazioni che si succedono. Se la famiglia è un po’ la base della società, hanno un’importanza fondamentale i nonni…
R. - I nonni sono i custodi della continuità, sono la presenza continua dell’affetto. Trasmettono la lampada della sapienza della famiglia, la lampada dei valori della famiglia, dell’educazione che si deve ricevere in famiglia. E se i nonni sono persone ricche della sapienza di Dio, possono veramente trasmettere ai figli il segreto della vita ed anche la mappa della vita che devono percorrere. Se noi vogliamo trasmettere ai figli e ai nipoti la luce che illumina la vita, bisogna averla dentro e gli adulti devono porsi la domanda: “Che responsabilità abbiamo noi, oggi, di fronte allo sbandamento dei figli, dei giovani?”. Molto spesso, i giovani, più che lontani dalla fede sono allontanati o non avvicinati. Questo è un esame di coscienza che dobbiamo fare tutti noi adulti. (vv)
Fondazione Populorum Progressio: 189 progetti in favore dei più poveri in America Latina e Caraibi
◊ Si è conclusa la settimana scorsa a Belém do Pará in Brasile, la riunione annuale del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Populorum Progresso affidata, fin dalla sua nascita nel 1992, al Pontificio Consiglio Cor Unum. Come ogni anno, i presuli che la compongono – di Brasile, Messico, Perù, Colombia, Bolivia ed Ecuador – sotto la presidenza del cardinale Robert Sarah, presidente di Cor Unum, hanno deliberato una serie di progetti in favore delle comunità indigene, meticce ed afroamericane contadine dell’America Latina e Caraibi. Roberto Piermarini ha chiesto al sotto-segretario di Cor Unum e rappresentante del dicastero nella Fondazione, mons. Segundo Tejado Muñoz, che ha accompagnato in Brasile il cardinale Sarah, quali sono state le novità di questa riunione a Belem do Parà:
R. – La prima novità è stata quella di fare questa riunione in Brasile, a Belém do Pará, invitati dal membro del Consiglio di amministrazione, mons. Alberto Taveira Corrêa, arcivescovo di questa arcidiocesi. Una tra le novità più grandi poi è stata la presenza per la prima volta del cardinale Sarah, che è il presidente della Fondazione e anche il presidente del Pontificio Consiglio Cor unum. E’ stata una ricchezza enorme perché mons. Sarah viene da un periodo molto lungo di lavoro nella Congregazione dell’evangelizzazione dei popoli e tutta l’esperienza accumulata in questi anni è stata una grandissima ricchezza per tutti noi durante i colloqui e i momenti di riflessione che abbiamo avuto. Ha un’idea molto chiara dei problemi dell’America Latina e dei problemi dell’evangelizzazione, della carità e della missione, in tutto il mondo.
D. – Ci sono state novità per quanto riguarda la composizione del Consiglio?
R. – Quest’anno non ci sono state novità, proprio per la presenza, per la prima volta, del cardinale Sarah, che ha chiesto ai membri del Consiglio di rimanere ancora per un anno, anche se alcuni dovevano già essere rinnovati, in modo che lui potesse avere una conoscenza più vera dei meccanismi, delle funzioni anche dei membri del Consiglio. Quindi per quest’anno si sono un po’ congelate le cariche e non c’è stato rinnovamento. L’anno prossimo si ricomincerà di nuovo.
D. - Mons. Tejado, quali sono stati i progetti presentati e che fondi ha a disposizione la Fondazione Populorum Progressio?
R. – Quest’anno sono stati presentati 216 progetti. Una o due nazioni soltanto non hanno presentato progetti. Ne abbiamo potuti approvare 189 perché i fondi sono quelli che sono e dobbiamo sempre tagliare una parte dei finanziamenti o alcuni progetti che non vengono presentati in modo corretto. Sono progetti molto vari, molto diversi, cambiano da Paese a Paese, dall’Argentina, al Perù, al Brasile, al San Salvador, al Messico, c’è il problema di Haiti, per esempio… Quindi le modalità e le caratteristiche dei progetti sono veramente diverse. C’è chi chiede di fare un pozzo d’acqua, chi chiede di poter avere un luogo dove fare riunioni nei quartieri, nelle periferie; oppure chi vuole organizzare una piccola cooperativa per iniziare un lavoro…. Sono tutti progetti veramente molto ricchi, molto belli. Il problema è chiaramente che non avendo fondi non possiamo neanche aumentare il tetto dei progetti, che è di 15 mila dollari per progetto e che è pochissimo, diciamo la verità. Quindi a causa di questa mancanza di fondi non possiamo neanche approvare tutti i progetti che ci vengono presentati. Grazie a Dio la Conferenza episcopale italiana continua ad aiutarci e ad aiutare questa Fondazione del Papa.
D. – Potete controllare la realizzazione di questi progetti?
R. – Sì, esiste un controllo molto attento, serio, soprattutto da parte della stessa Chiesa locale. Il garante dei progetti è sempre il vescovo. Ogni vescovo può presentare due progetti e, soprattutto, è molto importante che si realizzino i rendiconto per poter fare poi un ulteriore intervento. Inoltre esiste anche un controllo da parte nostra, della nostra équipe di amministrazione, che si trova a Bogotà.
D. – Quali sono stati i problemi e le sfide emerse dalla riunione del Brasile per quello che riguarda la realtà dell’America Latina?
R. – Sono diversi. Sono i problemi di tutta l’America Latina e mi concentrerei sui problemi delle periferie delle grandi città. Il processo di urbanizzazione che si è prodotto in Europa negli anni ’60-’70 ancora è in atto in America Latina. Le persone che vivono in campagna tendono a trasferirsi nelle periferie delle grandi città, per esempio del Brasile, “los pueblos jovenes” di Lima e tante altre realtà. Questo processo di urbanizzazione crea anche problematiche molto concrete di povertà e di abbandono di molte di queste popolazioni. Un altro problema è il problema delle sètte che abbiamo potuto vedere in loco. Abbiamo visitato sia Belém do Pará, sia Castanhal, dove eravamo ospiti in una casa di esercizi e di ritiri e abbiamo potuto visitare le periferie di queste città: c’è una proliferazione immensa di questi piccoli luoghi di culto; però si tratta di sètte tra le più stravaganti, le più strane. Alcune provengono dall’America del nord, altre sono locali ma crescono veramente come funghi… è una cosa impressionante. Come ci dicevano i vescovi, dove la Chiesa è presente queste sètte poi tendono a sparire perché la gente è profondamente religiosa e anche se in una maniera molto semplice, ha una religiosità, una pietà che ha a che fare con la loro storia e quindi con la presenza della Chiesa tra queste popolazioni. Il problema è che molte di queste comunità non riescono a rispondere a tutte le necessità ed è veramente un grande problema.
D. – Mons. Tejado, di fronte a queste problematiche quale può essere una risposta della Chiesa?
R. – Credo che il Santo Padre lo indichi in una maniera chiara. Prima di tutto lo ha indicato molto chiaramente nelle sue encicliche, la “Deus caritas est” e soprattutto nella “Caritas in veritate”, la sua ultima enciclica: avere una sana antropologia, una sana visione dell’uomo. Noi lavoriamo con le comunità indigene, campesine; se noi consideriamo l’uomo solo nel suo aspetto materiale, orizzontale, dimenticando il vero sviluppo - che è lo sviluppo integrale, dove la dimensione trascendente ha un’importanza grandissima per tutti questi uomini e per queste popolazioni - noi veramente non aiutiamo questi popoli. Per questo ci vuole una nuova evangelizzazione, un nuovo slancio e - come il Santo Padre sta dicendo costantemente - una nuova evangelizzazione con nuovi metodi, come tante volte si è ripetuto. Per risolvere questo problema delle sètte chiaramente ci vogliono uno zelo e uno slancio nuovi nella Chiesa, per andare incontro anche a queste popolazioni che stanno aspettando l’annuncio del Vangelo. (bf)
L’arcivescovo Chullikatt: i giovani sono chiamati a trasformare società e cultura
◊ I giovani hanno un significativo ruolo per la trasformazione della società. E’ quanto ha detto ieri, a New York, l’arcivescovo Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu, intervenendo all’incontro dal titolo: “Proteggere i giovani e promuovere la dignità umana”. La nostra – ha spiegato il presule - è una cultura che cerca la gratificazione immediata, soluzioni rapide. La cultura odierna, inoltre, tende ad emarginare Dio. L’arcivescovo Francis Chullikatt ha indicato quindi la sfida per le nuove generazioni: “trasformare la cultura seguendo i valori del Vangelo e i principi che hanno la finalità di rinnovare la società”. Un impegno che deve essere calibrato su vari fronti. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon – ha aggiunto l’arcivescovo Francis Chullikatt – lo scorso anno in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù, ha affermato che i giovani devono assumersi la responsabilità di prendere parte attivamente al processo decisionale a livello locale, nazionale e anche globale. Questa responsabilità non può prescindere dal rispetto della persona. “La dignità della persona umana – ha affermato mons. Francis Chullikatt ricordando il messaggio nel 1999 di Papa Giovanni Paolo II per la celebrazione della XXXII Giornata Mondiale della Pace - è un valore trascendente, sempre riconosciuto come tale da quanti si sono posti alla sincera ricerca della verità”. “L'intera storia dell'umanità, in realtà, va interpretata alla luce di questa certezza”. All’iniziativa, organizzata dalla Missione di Osservazione Permanente guidata dall’arcivescovo Francis Chullikatt, prendono parte diplomatici ed esponenti di organizzazioni per la tutela e il sostegno dei giovani. All’incontro, che si conclude oggi, è intervenuta anche Leah Darrow, ex top model che ha parlato della propria esperienza personale, della scoperta della virtù della modestia e del valore della castità in una cultura, quella occidentale, fortemente condizionata e orientata dalle apparenze e dal piacere. (A.L.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, la crisi somala: l’Onu chiede libero accesso per portare gli aiuti. All’interno, un articolo di Pierluigi Natalia sulle difficoltà degli interventi umanitari.
Nel servizio internazionale, in rilievo l'economia: ancora stallo nel negoziato sul debito americano.
McLuhan supercitato ma poco conosciuto: in cultura, Silvia Guidi sul sociologo canadese nel centenario dalla nascita.
Tragediografo da otto millimetri: Emilio Ranzato ricorda il regista Michael Cacoyannis.
Il cosmo delle sette note: Michael J. Zielinski sull’arte musicale alla luce degli scritti di Joseph Ratzinger.
Il significato liturgico della musica: stralci dal volume di Mario Ronchi su “La musica e la liturgia”.
Non regaliamo un genio a Hitler: Marcello Filotei sui rapporti tra Wagner e il nazismo.
L’omelia del cardinale Angelo Sodano per le esequie del cardinale Virgilio Noé.
Fame nel Corno d’Africa: si sta spegnendo un'intera generazione di somali
◊ Si aggrava di ora in ora la situazione nel Corno d’Africa messo in ginocchio da una delle peggiori siccità degli ultimi decenni. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) stima che nel mese di luglio oltre mille persone al giorno hanno raggiunto la capitale somala Mogadiscio per fuggire dalla carestia. Un’emergenza di fronte alla quale deve aumentare la mobilitazione internazionale, come chiesto ieri dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, nella riunione straordinaria dell’agenzia Onu svoltasi ieri a Roma. Il servizio di Marco Guerra:
“Nell'ultimo mese, circa 40mila sfollati dalla siccità e la carestia sono giunti a Mogadiscio in cerca di cibo, acqua, rifugio ed altre forme di assistenza. Altri 30mila sono arrivati in campi a 50 km dal centro della città. E in tutto, si stima che la capitale somala ha ricevuto fino a 100mila sfollati interni negli ultimi due mesi, con arrivi quotidiani di mille al giorno in luglio”. I numeri drammatici dell’emergenza in Somalia sono stati aggiornati oggi dalla portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Vivian Tan. Tuttavia si tratta solo di una piccola parte di quei 12 milioni di persone a rischio in tutto il Corno d’Africa stimati dalle Nazioni Unite. Situazione approfondita nella riunione d’emergenza della Fao di ieri. Il Paese più colpito resta la Somalia con 3,7 milioni di persone coinvolte, ma si contano milioni in difficoltà anche in Kenya, Gibuti, Etiopia e Uganda. Durante il vertice è stata esortata la mobilitazione di tutta la comunità internazionale e la creazione immediata di corridoi umanitari per distribuire gli aiuti. Si è parlato anche di fondi: a otto mesi dall'allarme lanciato dall’Onu è stato raccolto un miliardo di dollari, ma ne mancano altrettanti per affrontare l'emergenza. La Banca Mondiale ha promesso più di 500 milioni che saranno investiti in progetti di lungo periodo destinati agli allevatori della regione, mentre 12 milioni verranno spesi per l'assistenza immediata. Intanto il Programma Alimentare Mondiale ha avviato già oggi un ponte aereo per la distribuzione di aiuti su Mogadiscio, nella città etiope di Dolo e a Wajir, nel nord del Kenya. Al via anche una campagna di vaccinazione dell’Oms nel campo profughi di Dadaab nel nord del Kenya. Ma in quali condizioni si trovano gli sfollati che cercano di raggiungere i campi profughi? Antonella Palermo ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:
Molte di queste persone soffrono di malnutrizione acuta, il 50 per cento dei bambini che arriva soffre di malnutrizione acuta e questa è una percentuale elevatissima, veramente preoccupante. Inoltre stanno aumentando i decessi nei campi di rifugiati perché purtroppo, specialmente i bambini, nelle 48 ore successive che vengono messi in terapia alimentare, non riescono a superare la crisi e muoiono. Quindi è una situazione i cui numeri sono spaventosi, che merita tutta l’attenzione da parte del mondo, perché veramente stiamo vedendo un’intera generazione di giovani somali che si sta spegnendo e bisogna assolutamente intervenire prima che sia troppo tardi.
D. – E’ vero che come è stato detto è la crisi umanitaria in questa regione più grave negli ultimi 60 anni?
R. – E’ sempre molto antipatico fare una graduatoria nelle crisi umanitarie più disperate, perché per chi le vive ognuna di queste crisi è la peggiore. Sicuramente quella somala oggi è la crisi umanitaria più grave nella storia del Paese, su questo purtroppo non ci sono dubbi. Io ricordo che il Kenya e l’Etiopia stanno ricevendo ogni giorno 1.500 persone. Bisogna sostenere lo sforzo di questi Paesi, che ottemperino agli obblighi internazionali lasciando le frontiere aperte, ma non possono essere lasciati soli a gestire questa situazione. (bf)
Strage in Norvegia. Breivik: non ho agito da solo. Nel Paese, dall'orrore alla solidarietà
◊ In Norvegia è stato ridimensionato il bilancio delle vittime nel duplice attentato di venerdì scorso compiuto dal 32.enne norvegese Anders Breivik. I morti accertati sono 76 e non 92 come riferito nei giorni scorsi dalle autorità norvegesi. Intanto, per la prima volta dal suo arresto, l’attentatore ha dichiarato di essere stato aiutato da complici, all'estero, che avrebbero avuto un ruolo determinante negli attacchi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nell’udienza preliminare Anders Breivik ha ammesso ieri davanti al giudice le proprie responsabilità ma si è dichiarato non colpevole aggiungendo di aver agito per fermare quella che ha definito “l’alleanza marxista – islamica”. L’uomo ha anche ammesso di aver preparato gli attentati con l’aiuto di due cellule. Sono in corso indagini, e non solo nel Paese scandinavo, per individuare eventuali complici. Intanto la Norvegia sconvolta dal duplice attentato, chiede giustizia. Anders Breivik rischia non più di 21 anni di carcere. E’ questa, infatti, la pena massima per stragi legate al terrorismo nel Paese con il più basso numero di detenuti in Europa. Ma l’autore del duplice attentato ad Oslo e sull’isola di Utoya potrebbe essere incriminato per crimini contro l'umanità, reati introdotti nel codice penale norvegese nel 2008, con una condanna in questo caso a 30 anni di prigione. Il ministro della Giustizia norvegese, Knut Storberget, ha elogiato il lavoro svolto dalla polizia, criticata invece da molti per il tardivo intervento sull'isola di Utoya. E' stato anche reso noto che Breivik era già stato segnalato, lo scorso mese di marzo, ai servizi di sicurezza norvegesi per aver acquistato grandi quantità di prodotti chimici in Polonia.
Ma quale clima sta vivendo oggi la Norvegia? Anna Charlotta Smeds lo ha chiesto a padre Pål Bratbak, portavoce della Chiesa cattolica norvegese:
R. – (parole in norvegese)
In tutto il Paese c’è una calma irreale. Le persone trovano difficile capire quello che è accaduto, la vastità della tragedia, ma la reazione del dolore sta arrivando. Davanti alla cattedrale luterana di Oslo c’è un mare di fiori, tantissime candele. Le persone sentono il bisogno di fare qualcosa di concreto, desiderano sostenere le persone che hanno perso i loro cari in questa immensa tragedia. Nessuno poteva prevedere tanto orrore nel nostro Paese. Abbiamo visto il peggio che il male può fare alle persone, ma nello stesso tempo stiamo vedendo anche tanto bene nelle reazioni della gente.
D. - I giovani stanno raccontando quanto hanno visto…
R. - (parole in norvegese)
Sì, i giovani che sono sopravissuti alla strage raccontano cose orrende. In un primo momento hanno pensato che fosse uno scherzo, ma poi, purtroppo, hanno capito che si trattava di una cruda realtà: un uomo, con estrema calma e freddezza, girava e sparava. Raccontano che hanno visto i loro amici sparati in faccia. Hanno vissuto un’esperienza indicibile: la paura della morte, la rassegnazione di non poter far niente per gli altri, il dolore di veder morire gli amici. Qui in Norvegia, i mass-media, raccontando i fatti, si comportano con molta delicatezza nei confronti dei giovani.
D. - Ci si chiede il perché, com’è possibile che sia accaduto tutto ciò. Chi è quest’uomo che ha commesso una tale mostruosità? Perché nessuno si è accorto di nulla?
R. - (parole in norvegese)
Anche i suoi familiari non sapevano niente. Nel suo Manifesto si descrive come un guerriero, un cavaliere, usa metafore ispirandosi alle crociate. Sul profilo di Facebook si dice cristiano. Ma qui in Norvegia non viene definito un cristiano fondamentalista, ma una persona mentalmente disturbata. Certo di estrema destra, anti-marxista e nemico dell’immigrazione musulmana, ma una persona squilibrata, con molta confusione in testa. Non puoi dirti cristiano e fare quello che hai fatto e tantomeno fare riferimenti alla Chiesa cattolica: questo fa capire che quest’uomo non è proprio in contatto con la realtà. La Chiesa cattolica è per definizione “universale” e multiculturale. E’ impossibile connettere razzismo e fede cattolica. Solo nella parrocchia della Cattedrale di Oslo convivono fraternamente fedeli di 160 nazionalità diverse. Avere simpatie cattoliche e nello stesso tempo razziste è completamente fuori dalla realtà.
Siria: la legge sul multipartitismo non ferma la protesta
◊ Svolta storica o farsa? Questo quanto si chiedono gli osservatori in merito alla riforma sul multipartitismo varata ieri in Siria dal governo di Damasco dopo mesi di dure proteste contro la presidenza Assad. L’opposizione, intanto, non recede e afferma che la nuova legge non è altro che un modo per cercare di sedare la piazza. Intanto gli Stati Uniti puntano il dito contro il governo di Damasco, il cui atteggiamento - secondo Washington - è condannabile a causa della brutale repressione su persone innocenti. Sulla legge che apre al multipartitismo, Giancarlo La Vella ha raccolto il parere di Erik Salerno, esperto dell’area mediorientale del quotidiano “Il Messaggero”:
R. – E’ sicuramente un tentativo di trovare una soluzione alla grossa crisi siriana. C’è una parte dell’opposizione che vorrebbe soltanto la fine del regime di Assad, non c’è dubbio, e c’è una parte invece che cerca di salvare l'attuale assetto istituzionale perché, tutto sommato, per anni ha significato per il Paese stabilità.
D. – E’ possibile che l’opposizione siriana, di fronte a quanto successo in Tunisia e in Egitto, punti all'unico obiettivo di destabilizzare definitivamente la presidenza di Assad per aprire ad un nuovo corso?
R. – C’è una cosa importante in questi giorni da dire: tutti stanno vedendo che in fondo questa “primavera araba” non sta proprio funzionando negli altri Paesi. Ci sono difficoltà importanti in Tunisia e soprattutto in Egitto. Comincia ad arrivare un po’ di scetticismo nelle strade dei Paesi arabi che sono ancora agitati e questo ovviamente è un’arma che ha in mano anche Assad, per dire: “Guardate, non pensate di poter arrivare a tutto quello che cercate; forse possiamo insieme portare il Paese verso qualcosa di diverso”.
D. – Dal punto di vista più globale, come la comunità internazionale guarda a questo periodo così caldo a Damasco e nelle altre città siriane?
R. – Stanno tutti guardando a quello che sta succedendo, non soltanto a Damasco, ma anche altrove. Il mondo siriano, oltretutto, ha dovuto guardare anche all’atteggiamento venuto dai Paesi occidentali, molto meno decisi nei confronti del regime siriano di quanto non siano stati nei confronti di quello egiziano, rispetto all’idea di un cambiamento di regime. Sì, ci sono state sanzioni, si è parlato del fratello di Assad, si è parlato di Assad stesso, però abbiamo sempre visto che tutto il mondo ha dato credito a Damasco, sperando ancora nel cambiamento. Questo tentativo del multipartitismo, e soprattutto di togliere al partito Baath il potere assoluto, è un’iniziativa che teoricamente potrebbe avere un aspetto sufficiente a calmare la piazza siriana per adesso.
D. – Che identità ha l’opposizione siriana?
R. – Non c’è dubbio che all’interno di questa protesta troviamo un po’ tutta la società siriana: sia quella parte che è stata più legata al potere, che altri elementi più lontani. Probabilmente, però, chi cerca dei cambiamenti, quantomeno nella direzione giusta, troverà in questa legge sul multipartitismo un primo tentativo di cambiare la realtà, di portare il Paese verso una democrazia diversa. Ovviamente la cosa importante è far arrivare il Paese ad una situazione in cui non vi sia più lo Stato di polizia che ha imperato per tutti questi anni, ma un qualcosa di più liberale. Quando succederà, se succederà, è l’unico modo, ovviamente, per i siriani di dire: "Siamo riusciti in qualche modo a cambiare il nostro Paese". (ap)
Un congolese in marcia sulla Via Francigena per chiedere più attenzione al suo Paese
◊ Un viandante africano in marcia per venti giorni sulla Via Francigena - da Reggio Emilia a Roma - per attirare l'interesse della gente e della comunità internazionale sulla difficile situazione della Repubblica Democratica del Congo, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. E' la piccola grande impresa compiuta nelle scorse settimane dal congolese John Mpaliza che da 17 anni vive in Italia e lo scorso anno ha compiuto un pellegrinaggio analogo lungo il Cammino di Santiago per sensibilizzare persone comuni e rappresentanti istituzionali sulla sorte del suo Paese. Fabio Colagrande lo ha intervistato.
R. – Mi chiamo John Mpaliza, sono un cittadino congolese - nello specifico della Repubblica Democratica del Congo - ed ho 42 anni. Sono un ingegnere informatico, vivo in Italia da 17 anni e da 13 risiedo a Reggio Emilia, dove lavoro come programmatore-sistemista. Sto camminando in primis perché il nostro Paese non è molto conosciuto, né in Italia né in Europa, nonostante sia un Paese molto grande e ricco di risorse. Poi cammino per sensibilizzare le persone sulla situazione in cui versa questo bellissimo Paese, per informare la gente comune – ed anche le istituzioni che ho potuto incontrare -, in particolar modo i giovani, su quanto è successo e continua a succedere in Congo. C’è stata una guerra economica che ha causato sei milioni di morti, c’è stato un genocidio, ci sono stati dei crimini di guerra. Tutto questo è riportato nel dossier dell’Onu rilasciato lo scorso anno, chiamato “Dossier Mapping”. Però, nonostante ciò, non si è fatto nulla per far emergere questa situazione, per farla conoscere. Io sto camminando per questo: incontrare gente e spiegare loro la situazione del mio Paese.
D. – Perché credi sia importante aumentare la conoscenza del tuo Paese?
R. – Intanto perchè così ci conosciamo meglio. Poi perché a novembre, in Congo, ci saranno le elezioni e bisognerebbe evitare che succeda di nuovo quello che è successo nelle ultime elezioni. Dobbiamo sperare che vada tutto bene perché, considerando che c’è stato un genocidio in questo Paese - e nessuno è stato punito per questo o comunque non se ne è neanche parlato - se le cose dovessero andar male chi ha commesso questi crimini potrebbe ripeterli tranquillamente. Quindi, vorrei intanto sensibilizzare i cittadini italiani, europei e tutti quelli che ci ascoltano ma anche le istituzioni, in modo che si rimanga in allerta, perché sappiamo che le elezioni, in Paesi come i nostri, sono sempre alquanto complicate. Bisogna rimanere in allerta, serve che tutti sappiano, che i nostri connazionali ed i nostri dirigenti siano a conoscenza del fatto che il mondo li guarda. Questo è davvero molto importante. Si deve far emergere questa situazione, perchè le multinazionali che ci sfruttano – come ha spiegato anche l’Onu – devono sentire che c’è qualcuno che sa o che “li controlla”. Spero che così possano prendere le cose che devono prendere, come i minerali, e prenderle in modo sostenibile, aiutando il popolo. (vv)
La Marcia francescana ricorda l'ottavo centenario della consacrazione di Santa Chiara d'Assisi
◊ Continua in tutta Italia il pellegrinaggio della Marcia Francescana sul tema “Le vie del cuore”, che approderà ad Assisi il 2 agosto, per la Solennità del Perdono. Oggi 300 marciatori dell’Umbria sono in ritiro presso il monastero delle Suore Clarisse del Buon Gesù di Orvieto, in occasione dell’ottavo centenario della consacrazione di Santa Chiara d'Assisi. Sulla eredità spirituale di questa santa, Alessandra De Gaetano ha sentito la badessa, Madre Amata:
R. – Credo che l’eredità spirituale di Chiara sia la testimonianza della sua fede e della sua vita. Chiara vive la sua santità in una forma di vita che è l’altissima povertà e la santa unità. Chiara, nella sua clausura, è una donna libera: la libertà, la gioia, la sicurezza, l’amore è quello che cerca il cuore di ogni uomo e che Chiara ha trovato in Dio, ha vissuto rispondendo con fedeltà al Signore e vivendo il Vangelo.
D. – Anche il cammino contemplativo di clausura è, in un certo senso, un pellegrinaggio del cuore …
R. – Lo è perché un cuore contemplativo è un cuore che si immerge nei vasti sentieri della preghiera, e nella preghiera si incontra Dio, la sua voce, la sua parola e si incontra anche l’uomo: l’uomo con il suo dolore, le sue domande, il suo vuoto, le sue speranze … “Pellegrinaggio del cuore” significa anche il cammino della conversione che è sempre un esodo che si vive tra debolezza e grazia, un esodo che è l’uscita da sé, dal proprio egoismo per amare l’altro.
D. – Quest’anno si festeggia l’ottavo centenario dalla consacrazione di Santa Chiara. Cosa accadde la sera della Domenica delle Palme del 1211?
R. – Le fonti ci dicono che in quella notte Chiara fuggì da casa aprendo una porta pesantissima, che era chiamata la “porta del morto”, e arrivò alla Porziuncola dove fu accolta da Francesco e dai suoi frati. Una soglia varcata che lascia alle spalle di Chiara un passato, le sue ricchezze, la logica del mondo e la introduce – “pellegrina e forestiera”, come Chiara stessa dice – alla sequela del suo Signore. L’“eccomi” di Chiara in quella notte poi ha generato tanta vita, e quindi noi continuiamo con Chiara ad essere pellegrine, destinatarie di questo dono e custodi grate e responsabili. (gf)
Somalia: l’impegno della Chiesa per l'emergenza umanitaria
◊ Continua l’impegno della Chiesa per assistere le popolazioni somale in fuga dalla fame e dalla guerra che si sono rifugiate negli Stati limitrofi, in particolare in Kenya. Mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, in qualità di Presidente di Caritas Somalia, ha nominato come sua assistente Suzanna Tkalec, del Catholic Relief Services (Crs). La signora Tkalec, secondo quanto riferisce mons. Bertin all’agenzia Fides, avrà i seguenti compiti: fornire aggiornamenti settimanali sulla situazione in Somalia e sui rifugiati somali in Kenya ed Etiopia; mantenere i contatti con le altre Caritas che operano a Nairobi a favore dei rifugiati somali; partecipare alle riunioni di coordinamento con le altre agenzie umanitarie presenti a Nairobi. Anche il Jesuit Refugee Service (Jrs) ha annunciato l’intensificazione delle sue attività in Etiopia e Kenya per aiutare i rifugiati somali. Secondo un comunicato le squadre del Jrs nei campi di Nairobi e Kakuma assistono 12.500 persone, offrendo supporto educativo, distribuendo cibo ed altri beni essenziali, oltre a fornire assistenza medica, psicologica e finanziaria. Tra le persone più vulnerabili che ricevono assistenza vi sono i malati mentali e le donne che hanno subito o rischiano di subire violenze sessuali. In Etiopia, ad Addis Abeba, il Jrs assiste 4.000 somali, ed è nella fase finale delle trattative con l’Unhcr (Alto Commissariato Onu per i Rifugiati) per fornire assistenza psicosociale ed educativa nel campo di Dollo, dove sono accolti oltre 100.000 somali. Sempre secondo l'Unhcr, circa 40.000 persone hanno raggiunto Mogadiscio nel solo mese di luglio, alla ricerca di viveri e acqua potabile mentre altre 30.000 si sarebbero accampate in campi profughi alla periferia della capitale. Nella ‘contabilità’ dell’emergenza si stima inoltre che siano circa un migliaio al giorno i profughi che approdano nella capitale contesa – alcuni quartieri sotto il controllo del governo federale altri nelle mani degli insorti ‘Shebab’ – ogni giorno. “Il cibo non basata per tutti e questo, al momento della consegna, provoca baruffe e litigi, puntualmente sfociati in saccheggi, con l’immediata conseguenza di lasciare a mani vuote i più piccoli, anziani e deboli” ha precisato Vivian Tan, portavoce dell’organismo dell'Onu. (R.P.)
Australia: la Chiesa risponde all’appello del Corno d’Africa, colpito dalla siccità
◊ È una risposta pronta quella che la Chiesa australiana dà al Corno d’Africa, colpito da una gravissima crisi umanitaria, causata dalla siccità. In una nota diffusa ieri, la Conferenza episcopale australiana (Acbc), guidata dall’arcivescovo Philip Wilson, incoraggia tutti i fedeli a sostenere, sia con le preghiere che con gesti concreti, la Caritas del Paese la quale, a sua volta, sta già facendo giungere gli aiuti ai Paesi africani più colpiti. “I nostri fratelli e sorelle dell’Africa orientale – si legge nella nota – sono nella morsa di una grave crisi umanitaria. La lunga siccità e l’insicurezza alimentare estrema minacciano le vite di milioni di persone. Dobbiamo essere risoluti nel dare il nostro supporto e la nostra solidarietà”. Per questo, mons. Wilson invita tutte le parrocchie del Paese a dedicare, nelle Messe di domenica prossima, speciali intenzioni di preghiera per il Corno d’Africa e a destinare a questa regione così devastata il ricavato delle collette. “Per quarant’anni - prosegue la nota - Caritas Australia ha lavorato per conto della comunità cattolica del Paese al fine di creare opportunità di sviluppo per i più poveri tra i poveri. In Africa Orientale, la Caritas è già operativa sul territorio, distribuendo cibo, acqua, generi di primo soccorso ed assistenza agricola”. Ricordando, poi, che la Chiesa australiana “è impegnata nella difesa della dignità umana”, mons. Wilson sottolinea che il Corno d’Africa sta vivendo “la più grande crisi umanitaria mai vissuta sulla Terra fino ad oggi”: due milioni di bambini, infatti, sono malnutriti; molti muoiono letteralmente di fame e circa 11 milioni di persone in otto Paesi sono stati dichiarati a rischio. “Il vostro contributo – spiega la Acbc ai fedeli – farà sì che la Caritas Australia possa difendere la dignità e i diritti di tutte le persone, dando voce agli africani più poveri, accompagnando le comunità più vulnerabili fuori da una povertà debilitante”. Di qui, l’esortazione a non dimenticare che, per molte persone del Corno d’Africa, “il più fondamentale dei diritti umani, il cibo, è diventato un lusso”. “Come cattolici – ribadisce la nota – non possiamo semplicemente stare a guardare e permettere che queste comunità rimangano in una condizione di sofferenza disumana”. Infine, citando le parole di padre Pedro Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983, mons. Wilson conclude: “Se c’è la fame in tutto il mondo, allora la nostra celebrazione eucaristica è in qualche modo incompleta in tutto il mondo. La nostra fede in Gesù Cristo ci spinge a seguire il suo esempio nella compassione verso i poveri”. (I.P.)
India: continua lo sciopero della fame per i diritti di dalit cristiani e musulmani
◊ Più di mille persone stanno facendo uno sciopero della fame, in India, per chiedere al governo di garantire lo status di Scheduled Caste anche ai dalit cristiani e musulmani. Il digiuno di tre giorni (25-27 luglio) culminerà in una marcia verso il parlamento, il prossimo 28 luglio, a cui hanno aderito vescovi, leader religiosi, fedeli cristiani e islamici e movimenti per i diritti umani. “Questo è il nostro appello – ha dichiarato all'agenzia AsiaNews mons. Vincent Concessao, arcivescovo di New Delhi – chiediamo giustizia per i più deboli della società, discriminati in base al loro credo religioso”. La lotta per garantire eguali diritti anche ai dalit cristiani e musulmani va avanti dal 1950, quando il parlamento approvò l’art. 3 della Costituzione sulle Scheduled Caste (Sc): in base a questo paragrafo, la legge riconosce diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale solo ai dalit indù. In seguito, nel 1956 e nel 1990, lo status venne esteso anche a buddisti e Sikh. “Il Congresso, guidato dal governo Upa (United Progressive Alliance), è il solo responsabile per la negazione dei diritti e dell’uguaglianza per i dalit cristiani e musulmani – continua l’arcivescovo – e questo sciopero della fame deve servire da avvertimento ai nostri politici. La storia ha visto cadere molti governi in apparenza potenti, quando la giustizia viene negata”. Mons. Concessao ricorda le parole del primo ministro indiano Manmohan Singh, che il 27 dicembre 2006 definì l’intoccabilità una “macchia per l’umanità”. “E purtroppo i nostri dalit cristiani – prosegue l’arcivescovo – sono schiacciati dalla doppia discriminazione per via della loro fede”. (R.P.)
India: suor Jean, la “Madre Teresa” di Bangalore, dopo 29 anni costretta a lasciare il Paese
◊ Suor Jacqueline Jean McEwan, la “Madre Teresa” di Bangalore, dovrà lasciare entro un mese l’India e i lebbrosi di cui si prende cura da 29 anni. Il governo centrale non ha rinnovato il visto della missionaria inglese, senza dare alcuna spiegazione. “Sto partendo con un peso sul cuore – racconta la religiosa – non si tratta solo di una mia perdita, ma una perdita per tutte le migliaia di malati di lebbra”. Suor Jean, 63 anni, è una missionaria montfortiana che lavora presso la Sumanahalli Society di padre George Kannanthanam. “Sento che il cuore di Sumanahalli è stato strappato via – afferma il sacerdote – senza di lei, dubito che l’organizzazione sarà più la stessa”. In un primo momento, suor Jean avrebbe dovuto lasciare Bangalore ieri, ma le è stata concessa una proroga di un mese. “Sono davvero triste e non so cosa fare – afferma all'agenzia AsiaNews padre George Kannanthanam – suor Jean è stata la vera forza per i malati di lebbra negli slum di Seshadripuram, Indirapuram e altrove”. Il sacerdote racconta della “professionalità, tenerezza, compassione e preoccupazione leggendarie con cui assisteva i lebbrosi delle baraccopoli”. Inoltre, suor Jean era coinvolta in programmi educativi rivolti ai pazienti e ai loro bambini: “Grazie a lei molti di loro, in genere ostracizzati dalle famiglie e dalla società, hanno ricevuto una formazione e una speranza per il futuro”. La suora aveva anche imparato il kannada (dialetto locale), per poter comunicare meglio con i suoi pazienti. “Su scala mondiale, il 70% dei casi di lebbra sono in India – spiega padre George – e anche se, come nel resto del mondo il numero di pazienti è diminuito, in questo Paese si contano ancora 2,5 milioni di malati. Solo in Karnataka ci sono 4mila casi e lo scorso anno a Bangalore sono stati registrati 400 nuovi malati”. Per queste ragioni il mancato rinnovo del visto di suor Jean “è una perdita per i più emarginati, quelle persone che lei ha amato tanto e ha sempre trattato con dignità umana”. La Sumanahalli Society ha iniziato il suo progetto di assistenza e riabilitazione con i lebbrosi nel 1977. In 33 anni, ha curato più di 5mila malati di lebbra. Con la diminuzione dei casi, l’organizzazione ha iniziato ad occuparsi anche di malati di Hiv, disabili, orfani, ragazzi di strada e giovani disadattati. (R.P.)
Pakistan: le strutture mediche nelle zone di conflitto nord-occidentali sono al collasso
◊ Negli ultimi tre anni i medici e le infermiere del Lady Reading Hospital di Peshawar, nella zona nord-occidentale del Pakistan, sono stati particolarmente impegnati. L’ospedale, uno dei più grandi del Paese, segue i pazienti di tutta la provincia di Khyber Pakhtoonkhwa (Kp), ma, dall’inizio dei conflitti, circa tre anni fa, è stato registrato un aumento di pazienti del 20-25%. Attualmente, ogni giorno vengono visitate 5.500-6.000 persone negli ambulatori e nel pronto soccorso. In una dichiarazione del responsabile esecutivo dell’ospedale si legge che mancano i medici, in particolare donne, nella zona tribale di South Waziristan e nella città principale della provincia, Wana. La maggior parte hanno trovato lavoro altrove e vanno via dalle zone di guerra. La situazione - riporta l'agenzia Fides - è particolarmente difficoltosa per le donne che vivono in queste aree perchè spesso sono riluttanti dal farsi visitare da medici di sesso maschile. Inoltre, i talebani impediscono alle donne di lavorare costringendo molte dottoresse ed infermiere ad abbandonare il lavoro o a fuggire dalle zone sotto il controllo militare. Quelle che si rifiutano spesso sono soggette a severe punizioni. La situazione è più grave in zone come Kurram Agency, dove i conflitti durano dal 2007, e le agenzie umanitarie sono molto preoccupate perchè da quando questi si sono intensificati e inizia a scarseggiare anche l’assistenza sanitaria. In un recente rapporto diffuso dall’organizzazione Medici Senza Frontiere, si legge che "le violenze settarie nella Kurram Agency, una delle 7 nella Fata (Federally Administered Tribal Areas), continuano a rendere sempre più complicata la distribuzione degli aiuti nelle città di Alizai e Sadda. Al Lady Reading Hospital arrivano uomini, donne e bambini provenienti da tutta la zona tribale e anche dall'Afghanistan in cerca di aiuto medico che non possono ricevere a casa. (R.P.)
Libia: mons. Martinelli denuncia i bombardamenti sui depositi alimentari
◊ “Si stanno colpendo obiettivi civili come i depositi alimentari” denuncia all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Pochi giorni fa, aerei della Nato hanno colpito un deposito alimentare poco fuori Tripoli, che conteneva olio, pasta, salsa di pomodoro. Un fiume di olio veniva fuori dal capannone distrutto. So che hanno colpito pure un Centro sociale. Ma a che titolo si bombarda un Centro alimentare?” si chiede il vescovo. “Inoltre, ma la notizia l’ho saputa in maniera indiretta e non l’ho verificata di persona, vi sarebbero delle manifestazioni sulle montagne nei dintorni di Tripoli a favore di Gheddafi. Anche in questo caso vi sarebbero stati dei bombardamenti. Non ho notizie di vittime, e non credo ve ne siano, ma è chiaro che si vuole incutere paura alla gente bombardando nei pressi delle loro manifestazioni” afferma Mons. Martinelli che riferisce anche della pressione psicologica alla quale è soggetta la popolazione, a causa “dei continui sorvoli degli aerei della Nato, specie la notte. I libici dimostrano però riconoscenza nei confronti della Chiesa. Due giorni fa un gruppo di donne è venuto a ringraziarci per le preghiere che abbiamo pronunciato in favore della pace. Ieri ho ricevuto un altro segno, semplice ma toccante, della gratitudine dei libici nei confronti della Chiesa: un signore ci ha regalato una cesta di fichi dicendo ‘questi fichi sono per voi, perché voi siete un segno di amicizia’” conclude mons. Martinelli. (R.P.)
Leader religiosi a colloquio a Gerusalemme su cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile
◊ “In che modo le religioni possono rispondere alla crisi climatica?”: per rispondere a questo interrogativo si sono incontrati ieri a Gerusalemme, in Terra Santa, all’American Colony Hotel, diversi leader religiosi. Organizzato dal centro interreligioso per lo sviluppo sostenibile, il forum è stato voluto per poter individuare strumenti di collaborazione di fronte alle sfide dei cambiamenti climatici. Particolarmente significativi gli interventi di mons. William Shomali, vescovo ausiliare del patriarcato latino di Gerusalemme presente a nome del patriarca Fouad Twal, del rabbino David Rosen, direttore internazionale degli Affari Interreligiosi per il Comitato ebraico-americano e copresidente della Conferenza mondiale delle religioni per la pace, e di Haj Salah Zuheika, vice ministro degli Affari Religiosi per l’Autorità palestinese e membro del Consiglio delle istituzioni religiose della Terra Santa. “Rispettare la creazione significa rispettare il creatore” ha sottolineato mons. Shomali che ha condiviso l’affermazione del rabbino Rosen fatta propria anche dal vice ministro Zuheika sulla terra come bene da non considerare proprio. “Siamo qui di passaggio - ha detto il presule – dobbiamo innamorarci di questa creazione, che è un dono prezioso da custodire”. E parlando della terra, si legge sul sito del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, mons. Shomali ha evocato il Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi e, ricordando il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace dello scorso anno, ha aggiunto che per costruire la pace, occorre proteggere la creazione. Quindi il presule ha evidenziato la necessità di revisionare i modelli di sviluppo poiché l’attuale ritmo di sfruttamento mette in pericolo la disponibilità delle risorse naturali, mentre la mancanza di progetti politici ed economici a lungo termine hanno provocato il degrado dell’ambiente. Mons. Shomali ha anche parlato della realtà ecologica di Gaza, dove la mancanza di un buon sistema di smaltimento sta provocando l’inquinamento delle acque costiere. (T.C.)
Nuovi documenti attestano il ruolo di Pio XII nella salvezza di migliaia di ebrei romani
◊ Papa Pio XII salvò la vita a più di 11.000 ebrei a Roma durante la Seconda guerra mondiale. Lo testimonierebbero alcuni documenti ritrovati dal ricercatore tedesco Micheal Hesemann negli archivi della chiesa di Santa Maria dell'Anima, la chiesa nazionale della Germania a Roma. Hesemann è il rappresentante per la Germania della fondazione “Pave the Way”, fondata negli Stati Uniti dall’ebreo Gary Krupp, con lo scopo di promuovere il dialogo tra le religioni. “Molti hanno criticato Pio XII per essere rimasto in silenzio durante gli arresti del 16 ottobre 1943 e quando i treni lasciarono Roma con 1.007 ebrei mandati al campo di concentramento di Auschwitz”, ha affermato Krupp in una dichiarazione inviata all’agenzia Zenit, ma “nuove scoperte provano che Pio XII agì direttamente dietro le quinte per far terminare gli arresti alle 14.00 dello stesso giorno in cui erano iniziati, e che non riuscì a fermare il treno dal destino tanto crudele”. “La mattina del 16 ottobre 1943 il Papa seppe dell'arresto degli ebrei e inviò immediatamente una protesta ufficiale vaticana all'ambasciatore tedesco, sapendo che non avrebbe avuto esito”, ha aggiunto Krupp. “Il Pontefice inviò allora suo nipote, il principe Carlo Pacelli, dal vescovo austriaco Alois Hudal, guida della chiesa nazionale tedesca a Roma, che era, secondo alcuni, cordiale con i nazisti e aveva buone relazioni con loro. Il principe Pacelli disse a Hudal che era stato inviato dal Papa, e che Hudal doveva scrivere una lettera al governatore tedesco di Roma, il generale Stahel, per chiedere di fermare gli arresti”, ha continuato il fondatore di “Pave the Way”. Nella lettera del vescovo Hudal al generale Stahel si leggeva infatti: “proprio ora, un'alta fonte vaticana mi ha riferito che questa mattina è iniziato l'arresto degli ebrei di nazionalità italiana. Nell'interesse di un dialogo pacifico tra il Vaticano e il comando militare tedesco, le chiedo urgentemente di dare ordine di fermare immediatamente questi arresti a Roma e nella zona circostante. La reputazione della Germania nei Paesi stranieri richiede una misura di questo tipo, e anche il pericolo che il Papa protesti apertamente”. La lettera venne poi consegnata a mano al generale Stahel da un confidente di Papa Pio XII, il sacerdote tedesco Pancratius Pfeiffer, superiore generale della Società del Divin Salvatore, che conosceva personalmente Stahel. La mattina dopo, il Generale rispose al telefono: “Ho girato subito la questione alla Gestapo locale e a Himmler personalmente. Himmler ha ordinato che, considerato lo status speciale di Roma, gli arresti siano fermati immediatamente”. Il sacerdote gesuita Peter Gumpel, alto giudice della causa di beatificazione di Pio XII, ha confermato questi eventi, dichiarando di aver parlato personalmente con un generale tedesco, Dietrich Beelitz, che ascoltò la conversazione telefonica tra Stahel e Himmler e confermò che il generale Stahel aveva usato con Himmler la minaccia di un fallimento militare se gli arresti fossero continuati. In un altro documento ritrovato, intitolato “le azioni dirette per salvare innumerevoli persone della nazione ebraica”, si afferma che il vescovo Hudal riuscì, attraverso i suoi contatti con Stahel e con il colonello von Veltheim, a ottenere che “550 istituzioni e collegi religiosi fossero esentati da ispezioni e visite della polizia militare tedesca”. “Migliaia di ebrei locali a Roma, Assisi, Loreto e Padova si salvarono grazie a questa dichiarazione”, ha detto Krupp, che poi ha aggiunto di nutrire la sincera speranza che i rappresentanti degli studiosi della comunità ebraica romana compiano ulteriori ricerche su questo materiale originale. “Scopriranno che la stessa esistenza oggi di quella che Papa Pio XII chiamava 'questa vibrante comunità' è dovuta agli sforzi segreti di questo Papa per salvare ogni vita”, ha concluso Krupp:“Pio XII ha fatto ciò che ha potuto, mentre era sotto la minaccia di invasione, di morte, circondato da forze ostili e con spie infiltrate”. (M.R.)
Nigeria: per il vescovo di Maiduguri continua il clima di violenza
◊ “Al momento non posso confermare la denuncia di Amnesty International sull’uccisione indiscriminata di civili da parte delle forze antiterrorismo” dice all’agenzia Fides mons. Oliver Dashe Doeme Vescovo di Maiduguri, la capitale dello Stato di Borno, nel nord-est della Nigeria, dove, secondo una denuncia di Amnesty International, il 23 luglio, un gruppo di militari della Joint Task Force (Jtf) dopo essere stato oggetto di un attentato dinamitardo, avrebbe aperto il fuoco indiscriminatamente sulla folla, uccidendo almeno 23 civili. “Il problema è che gli attentati continuano praticamente ogni giorno, ma nessun arresto dei responsabili è stato effettuato dalle forze di sicurezza. Questo contribuisce ad accrescere il senso di sfiducia tra i militari e la popolazione” afferma il Vescovo di Maiduguri, descrivendo il clima in cui un simile tragico fatto potrebbe essersi verificato, senza peraltro giustificarlo. La setta islamica Boko Haram è accusata di essere responsabile degli attentati che colpiscono forze di polizia, chiese e bar. Secondo Amnesty International, dall’inizio dell’anno 250 persone sono morte negli attentati attribuiti alla setta. L’organizzazione umanitaria denuncia però anche le brutalità commesse dai militari. (R.P.)
Congo: un Centro di trattamento per il colera sarà aperto vicino Kinshasa
◊ Un “Centro trattamento colera” (Ctc) sarà creato dalla fondazione Coopi a 80 chilometri da Kinshasa, in Congo. Il centro, una zona di isolamento dell’ospedale accessibile solo ai malati e al personale medico, avrà il compito di arginare l’epidemia di colera scoppiata nello Stato africano nel mese di marzo e che minaccia ora di entrare nella capitale. Secondo l’agenzia Sir, infatti, l'infezione batterica, già endemica nell’est del Paese, si sarebbe propagata lungo il fiume Congo dalla città di Kisangani. “Ci sono battelli carichi di merci che viaggiano per giorni e giorni in condizioni igieniche disastrose”, ha spiega Andrea Dominici, coordinatore del Paese per Coopi, “qualche individuo a contatto con il vibrione è stato trasportato lungo il fiume Congo e ha contribuito alla diffusione dell'epidemia lungo il tragitto”. Secondo l’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell’Ue (Ocha), al 12 luglio i casi accertati di colera sono 3.646. Nel caso in cui l’epidemia dovesse entrare a Kinshasa, si calcola che le persone a rischio contagio possano essere intorno alle 100.000. (M.R.)
Senegal. Appello del cardinale Sarr ai politici: pace e concordia
◊ “Penso che oggi i nostri politici debbano imboccare altre vie per far progredire il nostro Paese che ha una reputazione mondiale nell’ambito della democrazia”: è quanto ha detto ieri l’arcivescovo di Dakar, in Senegal, il cardinale Théodore Adrien Sarr, a margine di una cerimonia al Centro di formazione prescolare Saint-Joseph di Thiès. Lanciando un appello alla classe politica, riferisce il portale www.lesoleil.sn, il porporato ha esortato alla pace e alla concordia perché il Paese non finisca in un vicolo cieco. “Conviene partire da quanto è frutto di esperienza ed avanzare, piuttosto che commettere errori ed indietreggiare” ha aggiunto il cardinale Sarr. Ai diversi partiti, infine, il porporato ha chiesto di privilegiare il dialogo al confronto che non può regolare nulla. (T.C.)
Filippine: i vescovi si schierano contro la legge sulla salute riproduttiva
◊ La legge sulla salute riproduttiva in discussione nelle Filippine avrebbe l’effetto di disgregare la società a livello morale, come analoghi provvedimenti legislativi hanno fatto in altri Paesi. Così la Conferenza episcopale delle Filippine ha condannato il disegno di legge denominato “RH Bill”, redatto secondo i vescovi sulla base di uno “spirito laico e materialista”. Secondo l’Osservatore Romano i presuli filippini “contestano l’ambiguità della legge, realizzata con lo scopo di fermare la sovrappopolazione ed eliminare la povertà ma senza andare alla radice delle reali cause di questi fenomeni”. “La legge non è altro che il prodotto dello spirito del mondo invaso dal secolarismo e dal materialismo spirituale, che considerano la morale come un insegnamento che cambia secondo le epoche storiche”, hanno ribadito i vescovi. “Lo spirito di questa legge”, ha spiegato mons. Nereo P. Odchimar, vescovo di Tandag e presidente della Conferenza episcopale filippina, “considera le norme morali e religiose come arretrate. Il disegno di legge ignora le considerazioni morali e religiose, in nome della democrazia e della libertà di scelta in una società pluralista». Il disegno di legge promuove l’uso di contraccettivi, pillole anticoncezionali e dispositivi intrauterini e iniettabili, definiti “farmaci essenziali” e prevede un programma di pianificazione famigliare, “che invita le coppie a non avere più di due figli, sanziona l’obiezione di coscienza e favorisce la sterilizzazione volontaria”. La Conferenza episcopale ha pertanto esortato i fedeli a difendere i valori cristiani, respingendo con fermezza la proposta di legge.“Ignorare i valori morali è corruzione morale”, ha affermato il vescovo Odchimar, “e la corruzione morale produce corruzione nella vita pubblica e privata. È frutto di un degrado sociale e di disgregazione”. “Il popolo”, ha aggiunto il presule, “ha diritto di scegliere e deve essere sempre guidato dai Vangeli e dagli insegnamenti della Chiesa. Ignorare questo principio significa ignorare la luce che illumina la retta coscienza”. Per contrastare il disegno di legge, la Chiesa nelle Filippine ha iniziato a distribuire in tutte le parrocchie del Paese materiale informativo e un adesivo con una faccia sorridente con la scritta:”io sono per la vita e contro l’RH Bill”. “A volte un sorriso può influenzare gli altri e rispecchia anche come la Chiesa svolge la propria missione.”, ha affermato mons. Juanito S. Figura, segretario generale della Conferenza episcopale, che ha poi aggiunto: “attaccheremo gli adesivi dappertutto perché non fanno male e non sono contro nessuno in particolare, sono solo contro questo disegno di legge. Vogliamo semplicemente portare avanti questa campagna con un sorriso. Se oggi insegniamo ai nostri giovani i valori sbagliati sulla vita, se insegniamo ai giovani i valori sbagliati della società e della famiglia, che cosa diventeranno quando saranno adulti e leader della nazione?”. (M.R.)
Messico: 7 milioni di giovani rischiano di essere preda delle organizzazioni criminali
◊ 7 milioni di giovani messicani disoccupati rischiano di entrare nel racket delle organizzazioni criminali. A lanciare l’allarme è il settimanale dell'arcidiocesi di Mexico "Desde la Fe", inviato all'agenzia Fides. Il periodico ricorda che in tutta l’America Latina ci sono quasi 40 milioni di giovani tra i 15 ed i 29 anni che non studiano né lavorano, di cui 7 milioni solamente in Messico. "La rete della criminalità organizzata migliora ed espande il suo potenziale di attrarre milioni di giovani senza opportunità”, si legge nel settimanale, che aggiunge: “questa è la popolazione giovanile più vulnerabile, perché non ha un’occupazione o un mestiere, cade nei vizi, o vive alla disperata ricerca di qualsiasi opportunità di lavoro che non arriva, quindi sono tentati di accettare le proposte dal crimine organizzato che offrono soldi a palate, anche sapendo che c'è il rischio di perdere la vita o la libertà”. Le cifre sono allarmanti: l'80% delle carceri sono occupate da giovani tra i 20 e i 35 anni mentre le vittime di crimini violenti 9 volte su 10 sono giovani. “Non basta assistere i giovani che studiano per non fargli abbandonare la scuola, ma occorre offrire opportunità a coloro che non fanno neppure parte del sistema scolastico, e, logicamente, tanto meno hanno la possibilità di unirsi alla popolazione economicamente attiva”, conclude il settimanale, che rileva anche una diminuzione del lavoro della Chiesa cattolica in questo ambito, a causa della lontananza dei giovani dagli ambienti di fede e di una carente evangelizzazione. (M.R.)
Argentina: vita, famiglia e società tra i temi del Congresso della Pontificia Università Cattolica
◊ La Pontificia Università Cattolica Argentina (Uca) organizza, dal 28 al 30 settembre prossimi, il Congresso internazionale sul tema “Vita, famiglia e società”. A fare da cornice al convegno, ci saranno due eventi: il 30.mo anniversario dell’Esortazione apostolica “Familiaris Consortio”, siglata da Giovanni Paolo II nel novembre del 1981, e l’Anno della Vita, indetto per il 2011 dai vescovi argentini. Ma il congresso guarderà anche al futuro e servirà come preparazione all’Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano dal 30 maggio al 2 giugno 2012. I partecipanti al convegno saranno i responsabili delle Commissioni per la famiglia delle varie Conferenze episcopali, gli agenti di Pastorale familiare, i movimenti e le istituzioni che promuovono la vita e la famiglia, i membri degli Istituti universitari per la famiglia, le istituzioni educative e i genitori stessi. Un’attenzione speciale, dunque, quella che la Chiesa argentina dedica a questi temi: basti ricordare il Messaggio pubblicato nell’ottobre 2010, per l’indizione dell’Anno della Vita. In quell’occasione, infatti, i presuli richiamavano l’importanza di valori comuni e di principi inviolabili, come “la dignità della persona umana, incomparabile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita dal concepimento alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna”, tutti definiti “fondamento” di ogni altro diritto umano. (I.P.)
Cile: l’arcivescovo di Santiago promuove il dialogo per migliorare l’istruzione pubblica nel Paese
◊ "Sostengo la richiesta di dialogo. I problemi che dobbiamo risolvere è molto meglio metterli sul tavolo, meglio parlare che affrontare la questione con metodi violenti. La violenza non porta mai a nulla”. Queste le parole di mons. Riccardo Ezzati, arcivescovo di Santiago del Cile dopo l’incontro con i manifestanti che avevano occupato la cattedrale di Santiago per protestare sullo stato della pubblica istruzione in Cile. "Sono molto preoccupato per un gruppo di giovani che sono in sciopero della fame ed anche per la denuncia fatta dai genitori che riguarda 150 giovani che sono stati aggrediti durante le dimostrazioni”, ha affermato l’arcivescovo all’agenzia Fides: “credo che la società abbia tutto il diritto di vivere in pace, di parlare chiaramente e di cercare il dialogo per risolvere i nostri problemi". Domenica scorsa un gruppo di studenti ha manifestato con dei cartelli davanti alla cattedrale di Santiago chiedendo la partecipazione diretta della Chiesa cattolica al dibattito sull’istruzione pubblica, mentre all’interno si celebrava la Messa per i 450 anni dell’arcidiocesi. I vescovi del Cile avevano pubblicato il giorno precedente una nota in cui invitavano tutta la comunità alla responsabilità per il sistema educativo del Paese. (M.R.)
Indonesia: la diocesi di Sintang celebra il 50.mo di fondazione
◊ Una grande Messa nel 50.mo anniversario di fondazione: così la diocesi di Sintang, nella provincia indonesiana del Kalimantan Occidentale, ha festeggiato, nei giorni scorsi, il suo mezzo secolo di istituzione. A presiedere la celebrazione è stato il titolare della diocesi, mons. Augustinus Agus che, nella sua omelia, ha esortato i cattolici a fare un uso responsabile delle risorse naturali, ponendo attenzione alla sostenibilità. “Aprite i campi e piantate il riso e gli alberi della gomma – ha detto il presule - Ma fatelo bene e in modo responsabile perché ciò vi porterà un futuro migliore”. Alla Messa hanno partecipato circa 2mila fedeli che hanno portato ciotole di riso ed attrezzi agricoli, come il machete, per la tradizionale benedizione degli oggetti. “La Chiesa sostiene la cultura tradizionale e le pratiche agricole – ha aggiunto mons. Agus – Anzi, vuole lo sviluppo dei costumi e delle arti tradizionali proprio per rafforzare la fede e la Chiesa stessa”. Il 50.mo anniversario di fondazione della diocesi è coinciso, tra l’altro, con la festa del raccolto della tribù dayak: “Ci sentiamo rafforzati da questa Messa – ha detto uno dei contadini presenti – Questa celebrazione è stato il nostro ringraziamento per il raccolto dello scorso anno e ci ha offerto un momento di riflessione in vista della prossima semina, così da invocare la misericordia di Dio”. Da notare che la festa del raccolto, celebrata da tempo immemorabile fra le tribù locali dei dayak, ha assunto da alcuni anni un valore religioso cristiano: processioni in costume, accompagnate da danze e musiche tradizionali, giungono fino alle chiese, mentre i fedeli rivolgono a Dio le loro preghiere perchè il raccolto sia abbondante. Si tratta, quindi, di una testimonianza forte del processo di inculturazione della fede cattolica in Indonesia. Tra l’altro, nel Kalimantan Occidentale, su circa 4 milioni di abitanti, i cattolici sono nel complesso poco più di 600mila, presenti nelle tre diocesi di Pontianak, Sanggau e Sintang. La Chiesa locale è da sempre impegnata sul piano della catechesi, della formazione e nel settore sociale, tanto che organizza cooperative per il lavoro della cellulosa e ha dato impulso alla nascita di cooperative di microcredito, così da diffondere fra i nativi la mentalità del risparmio. (I.P.)
Ucraina: appello di mons. Shevchuk al premier per il 1000.mo della cattedrale di Santa Sofia
◊ Il Primate della Chiesa Greco-Cattolica dell’Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, ha inviato una lettera al Primo Ministro ucraino, Mykola Azarov, con la richiesta di includere la partecipazione del clero e dei fedeli della Chiesa Greco-Cattolica dell’Ucraina (Ugcc) nel programma delle celebrazioni per il 1000° anniversario della Cattedrale di Santa Sofia a Kyiv, previste per il 21 settembre 2011. L’appello è stato indirizzato anche al vice primo ministro dello Sviluppo Regionale e dell’edilizia dell’Ucraina e presidente del Comitato Organizzatore, Mykola Soroka. Nel messaggio ripreso dall'agenzia Sir, si esprime la preoccupazione dei vescovi della Ugcc per il fatto che le celebrazioni sarebbero “impari, cioè a favore di un’unica confessione” (il Patriarcato di Mosca). “Tutte le confessioni tradizionali, che derivano dall’unica radice della nostra tradizione cristiana di Kyiv, hanno pari diritto e dovere di partecipare alle festività previste“, sottolinea Sua Beatitudine Shevchuk, mettendo in evidenza che la Cattedrale di Santa Sofia – che fa parte dei siti del patrimonio mondiale dell’Unesco – “rappresenta l’incarnazione delle comuni radici cristiane di tutto il popolo ucraino“. Le celebrazioni prevedono una conferenza scientifica internazionale, varie mostre, programmi radiofonici e televisivi e presentazioni di libri dedicati alla cattedrale, alla sua storia e al suo valore artistico. (R.P.)
La Misericordia di Dio come chiave del dialogo interreligioso nelle parole dell’arcivescovo di Lione
◊ La Misericordia, che è il nome di Dio, rappresenta una parola chiave per il dialogo tra musulmani, ebrei e cristiani”. È quanto ha affermato domenica scorsa il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, nell’ambito del pellegrinaggio cristiano-islamico che si celebra da 60 anni nella cittadina bretone di Vieux-Marché. “Perché la parola 'misericordia' è scomparsa dalle labbra dei cattolici? Perché la utilizziamo così poco? Perché abbiamo paura di usarla? Mi sorprende, perché nella Bibbia appare ovunque, e sarebbe un concetto meraviglioso per il dialogo interreligioso”, si è chiesto il porporato nell'omelia, riportata dall’agenzia Zenit. L’arcivescovo di Lione, di origini marocchine, ha poi ricordato come il popolo ebraico abbia ricevuto la vocazione “di essere servitore della Misericordia di Dio in tutte le Nazioni”, mentre per l’Islam “questa parola appare in ciascuna delle sure del Corano, che inizia sempre con l'invocazione a Dio misericordioso. Anche nel Vangelo è presente ovunque, esce dalle labbra di Cristo, esce dalle labbra della Vergine Maria quando canta il Magnificat, o si ritrova nel Cantico di Zaccaria, che è la nostra preghiera di ogni mattino. Allora perché non la utilizziamo?”, si è infine domandato il cardinale. Il pellegrinaggio di cristiani e musulmani nella cappella dei Sette Santi di Efeso a Vieux-Marché affonda le sue radici nei santi “dormienti” ai quali è dedicata: i sette cristiani di Efeso del III secolo vittime perseguitate dell'imperatore Decio. Secondo una tradizione ripresa da un canto popolare bretone, i sette dormirono per circa 200 anni e poi riapparvero vivi, come menzionato anche nella sura 18 del Corano. Constatando questa relazione tra il canto e la sura, l’islamologo Louis Massignon, decise nel 1954 (anno di inizio della guerra tra Francia e Algeria) di invitare esponenti musulmani al pellegrinaggio annuale alla cappella. Quest'anno il pellegrinaggio ha battuto i record di partecipazione. (M.R.)
L’arcivescovo di Santiago de Compostela: senza Dio l'uomo fabbrica idoli
◊ “La mancanza di religiosità spinge l’uomo a fabbricare idoli che non lo salvano e gli offrono una visione riduttiva della sua dignità, senza dare risposta alle sue profonde inquietudini”. Queste le parole di mons. Julian Barrio Barrio, arcivescovo di Santiago de Compostela, durante la Messa per la festività di San Giacomo, celebrata ieri nel capoluogo galiziano. “La fede cristiana, con la sua autorità morale, è un contributo unico al bene comune e un valido aiuto per la società”, ha aggiunto il presule dalla cattedrale di Santiago, che nel 2011 ha compiuto ottocento anni dalla sua consacrazione.“Oggi pensiamo che sia più facile accettare ciò che ci sembra utile e opportuno in ogni circostanza, ma è necessario uscire dalla nostra autosufficienza, che rende difficile l’obbedienza, affidandosi a Dio, il quale non priverà mai l’uomo della sua libertà”, ha detto l’arcivescovo nell’omelia, riportata dal quotidiano “L’Avvenire”. Riferendosi ad alcune leggi approvate in Spagna negli ultimi anni, mons. Barrio ha ricordato che “la legge civile, quando in sintonia con l’ordine morale e pertanto con la verità dell’uomo, non viola la libertà del cittadino che deve obbedire”, ma che tale obbedienza verrebbe meno qualora la legislazione contraddicesse “la verità dell’uomo, non riconoscendo i suoi diritti fondamentali o calpestandoli”. Il rito di ieri, al quale hanno partecipato sei vescovi e una folla di pellegrini, è stato quasi un’anticipazione della Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Madrid dal 16 al 21 agosto. A tale proposito l’arcivescovo ha ricordato l’esempio di Santiago: “pellegrinando con l’apostolo Giacomo ravviviamo la coscienza del nostro essere figli di Dio e della nostra fratellanza con gli altri”, nella certezza che “la reale libertà non nasce dal soggettivismo, dalla spontaneità o dall’isolamento, bensì dall’apertura, dalla comunione e dall’inserimento solidale”. Mons. Barrio ha poi ricordato le vittime delle “conseguenze del terrorismo, sempre irrazionale”. (M.R.)
Facebook: aumentano gli utenti in lingua araba in Nord Africa e Medio Oriente
◊ Nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, gli utenti di Facebook in lingua araba supereranno entro un anno quelli in inglese e francese. Ad annunciarlo è uno studio di settore che, come riferito dalla Misna, ha analizzato i contenuti dei social network nel mondo. Attualmente circa 10 milioni di internauti utilizzano Facebook in arabo: una “popolazione” che cresce a un ritmo del 175% annuo a fronte degli internauti angolofoni, in aumento del 42%. Tra i Paesi nordafricani particolarmente interessante è la posizione dell’Algeria, che ha visto Facebook crescere del 478% in un anno. Il Paese con più utenti rimane ancora l’Egitto, con 7 milioni di account, dei quali 3,8 in lingua araba. Facebook è considerato uno degli elementi tecnologici che hanno favorito il propagarsi dei moti di rivolta che attraversano da mesi i Paesi della costa sud del Mediterraneo. Grazie al social network, numerosi movimenti anti-regime sono riusciti ad aggirare la sicurezza e a organizzare manifestazioni e sit-in di protesta nelle principali capitali del mondo arabo. (M.R.)
Cina: le celebrazioni per i 20 anni di Faith, la maggiore casa editrice cattolica cinese
◊ I 20 “Modelli dell’evangelizzazione di oggi” eletti dai cattolici cinesi continentali attraverso Faith dell’He Bei, sono stati premiati il 13 luglio nel Seminario Maggiore dell’He Bei. L’iniziativa fa parte delle celebrazioni per i 20 anni di fondazione (aprile 1991) e di inizio delle pubblicazioni (settembre 1991) di Faith, la maggiore casa editrice cattolica del mondo cattolico cinese. Faith ricorda questo anniversario con tante altre iniziative per sottolineare la sua missione essenziale: l’evangelizzazione. Secondo i responsabili di Faith “il servizio all’evangelizzazione è molto più significativo della semplice celebrazione festosa”. Secondo quanto riferito all’agenzia Fides, l’elezione del “Modello dell’evangelizzazione di oggi” è stata lanciata in aprile e si è conclusa il 12 luglio. Ha avuto grande eco nel mondo cattolico continentale, che ha risposto con e-mail, fax, telefonate, lettere, per presentare gli attivisti dell’evangelizzazione della loro parrocchia, della loro comunità di base, del villaggio. Tra i primi 50 ne sono stati selezionati con il voto 20. Secondo uno di loro: “non siamo degni di questo premio perché l’evangelizzazione è il nostro dovere e ci sono tantissime persone che lavorano nel silenzio dedicandosi alla missione, magari in condizioni più difficili. Siamo soltanto i loro rappresentanti. E il premio ci incoraggia a continuare la missione rendendola ancor più fruttuosa”. Nei giorni seguenti i vincitori hanno anche scambiato le loro esperienze sull’evangelizzazione con gli universitari del Campeggio estivo e con gli 85 Seminaristi maggiori provenuti da tutti i Seminari maggiori continentali per il Campeggio estivo organizzato da Jinde Charities. Secondo i giovani universitari e i seminaristi, la premiazione e la condivisione “sono state anche una lezione di fede”. (R.P.)
Terra Santa: giovani americani di origine palestinese in visita nelle città dei loro avi
◊ Sono arrivati da 13 diversi Paesi degli Stati Uniti i giovani di origine palestinese che trascorreranno in Terra Santa 20 giorni per conoscere il loro patrimonio culturale. Una trentina di ragazzi, i cui genitori sono nati a Ramallah, Birzeit, Ramleh, Jaffa, Nazareth e Gaza, grazie al programma “Conosci la tua eredità” della Fondazione Terra Santa Cristiana Ecumenica e di diverse Ong locali, hanno visto Gerusalemme per la prima volta nella loro vita, dopo aver superato il confine tra Giordania e Territori Palestinesi attraverso Allenby, sono arrivati a Betlemme e sono stati anche ricevuti dal primo ministro Salam Fayyad. E circa 1.500 palestinesi, riferisce il sito www.lpj.org, hanno dato il benvenuto ai giovani americani che hanno inoltre visitato il patriarcato latino di Gerusalemme. Ad incontrarli mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme. “Voi avete la ricchezza di possedere due lingue, ma, anche, due culture, due mentalità, e quindi siete anche in grado di essere dei veri ponti tra la Terra Santa e l’Occidente, e di dare una immagine radiosa del vostro Paese nel mondo”: ha detto il presule. Il programma “Conosci la tua eredità” mira a rinsaldare il senso di appartenenza dei giovani palestinesi della diaspora alla loro terra di origine, sia da un punto di vista storico, politico, culturale ed economico. L’iniziativa di quest’anno è un’idea pilota che potrebbe diventare un appuntamento annuale e coinvolgere anche quei Paesi dove esiste una discreta presenza di palestinesi emigrati. (T.C.)
Nessun accordo sul debito Usa: appello di Obama alla nazione
◊ È ancora stallo nelle trattative sulla ristrutturazione del debito statunitense. Il presidente Obama ha lanciato un appello alla nazione chiedendo di fare pressione sul Congresso perché si arrivi ad un accordo con i repubblicani. Dura la replica dello speaker della Camera, John Boehner, che respinge ogni ipotesi di compromesso. Il servizio di Stefano Leszczynski:
Il tetto del debito va aumentato. Non agire causerebbe gravi danni all'economia. Il presidente Barack Obama si è rivolto direttamente alla nazione per chiedere agli americani di fare pressione sul Congresso affinché sia raggiunto un compromesso sul piano di riduzione del deficit e del debito. A rischio ci sono posti di lavoro – ha ammonito Obama - e senza una soluzione si ''rischia una profonda crisi economica ''. L’inquilino della casa Bianca è fiducioso, un compromesso si raggiungerà. Lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, risponde, tuttavia, con un 'no' secco alle richieste del presidente e insiste su una manovra fatta di tagli alla spesa sociale. Il presidente Obama nel suo discorso non si è limitato a ricordare le cifre dell’immenso debito pubblico americano, che ammonta a 14.300 miliardi di dollari, ma ha puntato il dito anche contro chi lo ha provocato: la precedente amministrazione repubblicana che con due guerre a proprio carico ha lasciato già nel 2000 un deficit di mille miliardi. Ora, se non verrà alzato il tetto del debito, il 2 agosto l'America non sarà più in grado di onorare i suoi obblighi: con i pensionati, i dipendenti pubblici, i creditori nazionali e stranieri.
Marocco
Un aereo da trasporto militare C-130 marocchino, con a bordo 70 persone, è precipitato in Marocco. Un primo bilancio parla di almeno 20 morti accertati. Secondo un responsabile del ministero dell'Interno l’aereo si è schiantato contro una montagna a Guelmin a causa delle avverse condizioni meteo.
Yemen, ancora combattimenti tra esercito e milizie di al-Qaeda
Nello Yemen nancora combattimenti tra le forze governative e guerriglieri di al-Qaeda. Ieri 17 terroristi sono stati uccisi in scontri a fuoco avvenuti nella provincia di Abyen, nello Yemen meridionale. Da due mesi proseguono gli scontri nella zona tra l'esercito e al-Qaeda, che ha proclamato la nascita di un 'emirato islamico' a Zinjibar. Sempre nella provincia di Abyen, alcune tribù hanno annunciato la liberazione della città di Loder dai militanti di al-Qaeda che l’avevano occupata nel mese di maggio. In questi mesi migliaia gli abitanti di Loder sono stati costretti ad abbandonare la città per la presenza dei terroristi.
Egitto
In Egitto almeno 32 persone sono rimaste ferite in scontri scoppiati questa mattina fra circa 2.000 manifestanti in sciopero a Ismailiya, sulla riva occidentale del Canale di Suez, e forze della polizia militare. I manifestanti, che stanno scioperando per avere un aumento salariale, si sono scontrati con la polizia militare, che li ha bloccati mentre cercavano di avvicinarsi ad una grande base militare della zona.
Libia
Il ministro degli esteri della Gran Bretagna, William Hague, ha detto che il leader libico Muammar Gheddafi può restare in Libia se accetterà di lasciare il potere. La posizione britannica, secondo diversi osservatori, è un significativo cambio di direzione rispetto a quanto sostenuto finora ed è un tentativo di rompere lo stallo in cui si trova da settimane il conflitto con gli insorti.
Afghanistan: domani in Italia la salma di David Tobini
Nuova offensiva dei talebani in Afghanistan. Questa mattina quattro persone, fra cui due soldati afghani e due civili, sono rimasti feriti in un attacco contro la base aerea di Jalalabad, nella parte orientale del Paese. Domani, invece, giungerà in Italia la salma del caporal maggiore dei paracadutisti, David Tobini, rimasto ucciso in Afghanistan durante un conflitto a fuoco con un gruppo di ribelli talebani. Nello scontro, sono rimasti feriti anche altri due militari, uno dei quali in gravi condizioni. Tobini, 28 anni di Roma, è la 41.ma vittima italiana, caduta in Afghanistan dall’inizio della missione Isaf nel Paese asiatico. In Italia, intanto, è in corso il dibattito politico sul rifinanziamento delle missioni all’estero.
Pakistan
In Pakistan due milioni di persone vivono in aree a rischio di inondazioni a causa dei ritardi nella ricostruzione dopo le alluvioni di un anno fa che hanno provocato oltre 1700 vittime. E’ l’allarme lanciato dall’Onu ieri ad Islamabad. Secondo alcune fonti, sarebbero ancora 800 mila gli sfollati nel Paese.
Corea del Nord
Secondo fonti di stampa sud coreane, la Corea del Nord starebbe preparando manovre militari nel mar Giallo. Le operazioni dovrebbero riguardare l’aviazione, la marina e l’esercito.
Irlanda del Nord, operazione anti-terrorismo
La polizia dell’Irlanda del Nord ha arrestato cinque persone sospettate per l’omicidio di un giovane poliziotto cattolico avvenuto lo scorso aprile, azione attribuita ad un gruppo dissidente dell’Ira. I sospetti, di età compresa tra i 25 e i 45 anni, sono stati fermati nell’ambito di una vasta operazione di polizia che ha visto l’impiego di oltre 200 agenti in diverse località dell’Irlanda del nord.
Congo, epidemia
Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per l’epidemia di rosolia che ha colpito la Repubblica Democratica del Congo. Sono 1.145 i bambini morti da gennaio scorso. Altri tre milioni sono stati vaccinati. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 207