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Sommario del 25/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Virgilio Noè
  • La Santa Sede richiama per consultazioni il nunzio in Irlanda
  • Funerali a Pinsk del cardinale Kazimierz Świątek, “testimone della fede nelle persecuzioni”
  • Vedere la morte con lo sguardo della fede: così il cardinale Bertone ai funerali del fratello Paolo
  • Festa di San Giacomo il Maggiore. Il Papa: la fede vera non si realizza nel trionfalismo ma nella Croce
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Norvegia: udienza a porte chiuse per Breivik. Il vescovo di Oslo: una tragedia che rende più forte e più unito il Paese
  • Fame nel Corno d'Africa. Apello della Fao: aiuti urgenti per salvare 12 milioni di persone
  • Attacco in Afghanistan: ucciso un parà italiano, il caporalmaggiore David Tobini
  • Borse in calo dopo il mancato accordo sul debito Usa
  • Chiesa e Società

  • Somalia: mons. Bertin chiede di accompagnare l'azione umanitaria con quella politica
  • Kenya: l’Ordine di Malta aiuta le vittime della siccità nella diocesi di Marsabit
  • Cina: cattolici in prima linea negli aiuti alle vittime dell’incidente ferroviario a Wen Zhou
  • India: i Dalit scendono in piazza per il riconoscimento dei loro diritti
  • Pakistan: continua il dramma di Farah Hatim, la donna costretta a convertirsi all'islam
  • La solidarietà dell’Amecea alla diocesi di Rumbek per la scomparsa di mons. Mazzolari
  • Nigeria: i vescovi chiedono al presidente Jonathan di fermare le violenze islamiste nel nord-est
  • Yemen: l’Onu denuncia la presenza di bambini soldato nei gruppi combattenti
  • Messico: aumentano le violenze contro chi difende i diritti dei migranti
  • Bolivia: il cardinale Terrazas chiede alle autorità la saggezza di saper distinguere tra bene e male
  • Perù: il cardinale Cipriani chiede un’azione di governo a difesa della famiglia e della vita
  • Perù: inaugurata una nuova mensa per i bambini malnutriti di Lima
  • Romania: allarme abbandono per i bambini appena nati
  • Andranno alla Gmg di Madrid partendo da Kirkuk, 20 iracheni e 10 giovani francesi
  • India: iniziata la “maratona del Rosario” per l’evangelizzazione nel mondo
  • Bangladesh: la Chiesa lamenta la mancanza di sacerdoti con competenze specifiche
  • Svizzera: l’Istituto delle Missionarie Secolari Scalabriniane compie 50 anni
  • Chianciano Terme: iniziata la 48.ma sessione di formazione del Segretariato Attività Ecumeniche
  • Al via la 31.ma edizione della Marcia Francescana sul tema “Le vie del cuore”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Siria: il governo di Assad apre al multipartitismo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Virgilio Noè

    ◊   Il Papa ha espresso il proprio cordoglio per la morte del cardinale Virgilio Noè, avvenuta ieri mattina a Roma all’età di 89 anni. In un telegramma inviato alla sorella Maria, Benedetto XVI ricorda con affetto il porporato “per tanti anni solerte collaboratore della Santa Sede in particolare nell'ufficio delle celebrazioni liturgiche e come arciprete della Papale Basilica di San Pietro rendendo ovunque – afferma il Pontefice - una apprezzata testimonianza di fervoroso zelo sacerdotale e di fedeltà al Vangelo”. I funerali del cardinale Noè si svolgeranno domani mattina alle 10.00 nella Basilica di San Pietro e saranno celebrati dal cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio.

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    La Santa Sede richiama per consultazioni il nunzio in Irlanda

    ◊   La Santa Sede ha richiamato per consultazioni il nunzio apostolico in Irlanda, mons. Giuseppe Leanza, in seguito alla pubblicazione, il 13 luglio scorso, del Rapporto della Commissione d'Inchiesta del Governo irlandese circa le accuse di abusi di minori da parte del clero della Diocesi di Cloyne. Lo riferisce la Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    La Segreteria di Stato ha preso la decisione di richiamare il nunzio a Dublino in particolare per le reazioni che sono seguite al Rapporto Cloyne. Mercoledì scorso, durante un dibattito parlamentare, il primo ministro irlandese, Enda Kenny, aveva accusato il Vaticano di aver incoraggiato i vescovi a non denunciare gli abusi alle autorità ufficiali.

    Successivamente era intervenuto il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, che, interpellato dai giornalisti, aveva confermato che la Santa Sede avrebbe risposto “opportunamente" alle domande del Governo irlandese sulla vicenda. Il portavoce vaticano auspicava inoltre che il dibattito su temi così drammatici potesse svolgersi “con la necessaria obiettività, in modo da contribuire alla causa che deve stare maggiormente a cuore a tutti, cioè la salvaguardia dei bambini e dei giovani e il rinnovamento di un clima di fiducia e collaborazione a questo fine, nella Chiesa e nella società, come auspicato dal Papa nella sua Lettera ai cattolici dell’Irlanda”.

    Da parte sua, l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, aveva respinto con forza le accuse lanciate dal premier irlandese, sottolineando che nella diocesi di Cloyne sono state ignorate le norme del 2001, volute dall’allora cardinale Ratzinger, dunque dal Papa attuale.

    In una risposta orale, padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, ha spiegato oggi che “il richiamo del nunzio ha lo scopo principale di permettere una consultazione con chi lavora sul posto da parte della Segreteria di Stato e degli altri Dicasteri coinvolti, al fine di preparare la risposta ufficiale della Santa Sede al Governo Irlandese” in seguito al Rapporto Cloyne. Padre Benedettini ha poi sottolineato che “il richiamo del nunzio, essendo una misura cui raramente la Santa Sede fa ricorso, denota la serietà della situazione, la volontà della Santa Sede di affrontarla con obiettività e determinazione, nonché una certa nota di sorpresa e rammarico per alcune reazioni eccessive”. Infine – conclude – si tratta di una decisione che va interpretata “nella linea di una volontà della Santa Sede finalizzata ad una seria e fattiva collaborazione”.

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    Funerali a Pinsk del cardinale Kazimierz Świątek, “testimone della fede nelle persecuzioni”

    ◊   Un “atleta di Dio” che non cessava mai di essere testimone del Vangelo anche nelle persecuzioni: con queste parole l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, metropolita di Minsk-Mohilev, in Bielorussia, ha ricordato stamane la testimonianza di fede offerta nella sua vita dal cardinale Kazimierz Świątek morto all’età di 96 anni il 21 luglio scorso. L’arcivescovo Kondrusiewicz ha pronunciato l’omelia ai funerali, presieduti dal cardinale Dziwisz, che si sono svolti stamane nella cattedrale della cittadina bielorussa di Pinsk, dove riposeranno le spoglie del porporato. Il cardinale Świątek, nato in territorio estone, già a tre anni fu deportato in Siberia con la madre, un fratello e una sorella. Venne ordinato sacerdote a Pinsk l’8 aprile 1939 e fu incaricato di svolgere il servizio di cappellano militare per l'esercito polacco. Dopo l’arrivo dell’Armata Rossa, fu incarcerato, condannato a morte e liberato dalla popolazione locale. Poi nuovamente incarcerato e condannato ai lavori forzati per dieci anni nei gulag in Siberia, dove lavorava nelle miniere e celebrava di nascosto l’Eucaristia. Liberato nel 1954, divenne parroco della cattedrale di Pinsk e lì – ha ricordato l’arcivescovo Kondrusiewicz – “ha proseguito sempre il suo lavoro pastorale tra difficoltà e ostacoli da parte del regime comunista”, fino al 1989. Il 29 ottobre 1990 fu ricevuto in udienza da Papa Giovanni Paolo II, che lo chiamò “l’uomo della leggenda”. Nel 1991 lo ordinò vescovo a Pinsk e poi lo nominò arcivescovo di Minsk-Mohilev e nel 1994, nonostante l’avanzata età, lo innalzò alla dignità cardinalizia. E’ stato presidente della Conferenza episcopale bielorussa dal 1999 al 2006. Nel 2004, fu lo stesso Giovanni Paolo II a consegnargli personalmente il Premio “Testimone della fede”. Mons. Kondrusiewicz ha esortato i fedeli a “non racchiudere la testimonianza del cardinale Świątek in un reliquiario d’oro”, ma a guardare al suo esempio ai tempi di oggi, caratterizzati non da persecuzioni ma da relativismo morale e indifferenza religiosa”. (A cura di Fausta Speranza)

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    Vedere la morte con lo sguardo della fede: così il cardinale Bertone ai funerali del fratello Paolo

    ◊   La morte porta il dolore della separazione ma è ponte per l’incontro con Cristo: con questa consapevolezza il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha pronunciato l’Omelia ai funerali, stamane, nella Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Solutore in Romano Canavese, di suo fratello Paolo, scomparso a 81 anni dopo due anni di sofferenza a causa di un ictus. Il cardinale Bertone ha ringraziato il Santo Padre che – ha detto - “ha voluto, con un graditissimo messaggio e poi ancora con una telefonata personale, assicurare la sua partecipazione spirituale alla liturgia funebre, e impartire a noi la sua confortatrice Benedizione Apostolica”. Il servizio di Fausta Speranza:

    Di fronte alla morte il cardinale Bertone parla della “forza della vita che si nasconde nella sofferenza”. Ricorda “uno sposo e un padre generoso, cittadino ricco di amor di patria, animato da un forte senso del dovere, altruista verso tutti e pieno di buon umore nelle sue relazioni, grande lavoratore pieno di energie”. “Quando è sembrato che la malattia volesse annullare le emozioni e i sentimenti, - afferma - è emersa in lui quella forza che fa l’uomo ancora più grande; la forza della vita che si nasconde nella sofferenza”. La morte è il suggello della promessa di immortalità, fatta da Cristo nostro Salvatore; è un entrare nella pienezza della vita, è un godere i frutti di una esistenza coerente, generosa e giusta, davanti agli uomini e davanti a Dio”. “Come Gesù stesso ha testimoniato percorrendo fino in fondo l’aspra salita sotto il peso della croce, la sofferenza – sottolinea il cardinale Bertone - diventa feconda mediante la fede, al modo del chicco di grano morente nella terra, per rinascere a vita nuova”. “Anche se dobbiamo riconoscere la fitta del dolore per la separazione - afferma il cardinale Bertone - sappiamo che la morte sigilla la meta del pellegrinaggio terreno, e fa da ponte per il grande incontro con Cristo nella vita eterna”. “Vedere la morte con lo sguardo della fede, - sottolinea - è l’ultimo atto di fede, di consenso, del cristiano che è vissuto di fede giorno dopo giorno, nelle gioie e nelle avversità.” Accennando proprio alla vita di fede del fratello Paolo, terzo di otto fratelli e sorelle, il cardinale Bertone si apre al racconto più personale: “Paolo era un ex allievo di Don Bosco e la realtà salesiana ha caratterizzato un po’ tutta la nostra famiglia educandoci ad una solida esperienza sacramentale e infondendoci una ardente e filiale devozione mariana”. “Pur nella sofferenza e nella incomunicabilità del suo stato, - confida il cardinale Bertone - un sussulto, uno sguardo era sufficiente ai suoi cari per capire che aveva percepito, che era presente, e per fargli sentire il loro affetto perseverante”. Per i bambini, “da lui tanto amati”, “il tempo della sofferenza del nonno – dice - e la carica di amore che lo ha circondato sono stati per loro una autentica scuola di vita, di fede e di bontà”. L’invito per tutti è a rivolgersi con fiducia a Maria Consolatrice e Ausiliatrice “che – dice il cardinale Bertone - per le tante volte in cui Paolo l’ha supplicata di accompagnarlo nell’ora della morte, ora vorrà riconoscerlo come un suo figlio devoto e con amore materno vorrà presentare la sua anima al cospetto di Dio”. La comunità della Radio Vaticana esprime al cardinale Bertone sincere condoglianze e si unisce di cuore alla preghiera a Maria.

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    Festa di San Giacomo il Maggiore. Il Papa: la fede vera non si realizza nel trionfalismo ma nella Croce

    ◊   Oggi la Chiesa celebra la festa di San Giacomo il Maggiore: figlio di Zebedeo e fratello di San Giovanni Evangelista, è il primo degli Apostoli a morire martire. Il Papa ne ha parlato nell’udienza generale del 21 giugno 2006. Riascoltiamo la sua catechesi in questo servizio di Sergio Centofanti.

    Il Papa traccia il cammino di conversione di San Giacomo: dalle ambizioni del potere al martirio. L’Apostolo nasce a Betsaida, in Galilea, sulle rive del Lago di Tiberiade. E’ un pescatore. Quando Gesù lo chiama è al lavoro ma non ha tentennamenti: col fratello Giovanni lascia subito la barca e il padre per seguire il Maestro che gli annuncia il Regno. Ha un temperamento forte. Vuole far scendere dal cielo un fuoco per consumare un villaggio samaritano che non accoglie il Signore. E da Gesù vuole, per sé e il fratello, il posto più grande nel Regno. Non ha ancora capito che le vie di quel Regno sono la mitezza, l’umiltà, la misericordia. Sul Monte Tabor continua ad assaporare sogni di gloria terrena: durante la Trasfigurazione, guarda lo splendore divino del Signore; ma nell’orto del Getsemani “vede con i propri occhi come il Figlio di Dio si umilia facendosi obbediente fino alla morte”:

    “Certamente la seconda esperienza costituì per lui l’occasione di una maturazione nella fede, per correggere l’interpretazione unilaterale, trionfalista della prima: egli dovette intravedere che il Messia, atteso dal popolo giudaico come un trionfatore, in realtà non era soltanto circonfuso di onore e di gloria, ma anche di patimenti e di debolezza. La gloria di Cristo si realizza proprio nella Croce, nella partecipazione alle nostre sofferenze”.

    Ma Giacomo ancora fugge la Croce. E’ scandalizzato dalla morte di Cristo e lo abbandona nel momento più difficile. Non è con Maria sul Calvario. La maturazione della fede – ricorda il Papa - è infatti portata a compimento dallo Spirito Santo nella Pentecoste: allora Giacomo annuncia senza paura il Vangelo della morte e risurrezione di Gesù. Il re Erode Agrippa lo fa decapitare: è il primo tra gli Apostoli a subire il martirio:

    “Da San Giacomo, dunque, possiamo imparare molte cose: la prontezza ad accogliere la chiamata del Signore anche quando ci chiede di lasciare la ‘barca’ delle nostre sicurezze umane, l’entusiasmo nel seguirlo sulle strade che Egli ci indica al di là di ogni nostra illusoria presunzione, la disponibilità a testimoniarlo con coraggio, se necessario, fino al sacrificio supremo della vita”.

    Il cammino di San Giacomo vale per tutti i credenti:

    “Possiamo dire che il cammino non solo esteriore ma soprattutto interiore, dal monte della Trasfigurazione al monte dell’agonia, simbolizza tutto il pellegrinaggio della vita cristiana, fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, come dice il Concilio Vaticano II. Seguendo Gesù come San Giacomo, sappiamo, anche nelle difficoltà, che andiamo sulla strada giusta”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Va abbandonata per sempre la via dell'odio: l'appello di Benedetto XVI dopo gli atti terroristici in Norvegia.

    Dichiarazione della Santa Sede in seguito alla pubblicazione del Rapporto della Commissione d'Inchiesta del Governo irlandese circa le accuse di abusi di minori da parte del clero della Diocesi di Cloyne.

    Nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede, a New York, riguardo al Trattato sul commercio delle armi.

    Nell'informazione vaticana, la morte del cardinale Virgilio Noè, uno dei protagonisti della riforma liturgica ispirata dal Concilio Vaticano II.

    L'omelia di mons. Luis F. Ladaria, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella celebrazione eucaristica, a Roma, per la solennità dell'apostolo Giacomo patrono di Spagna.

    In cultura, un articolo di Timothy Verdon dal titolo "Davanti alla tragedia di un figlio morto": il dolore dell'uomo e la preghiera della Chiesa nella cantoria del duomo di Firenze.

    Kierkegaard e Wojtyla in risposta a Kant: Antonio Livi dalla metafisica di Tommaso al personalismo del Novecento.

    Nel teatro del grande istrione: Sandro Barbagallo sul Padiglione italiano alla Biennale.

    Un articolo di Silvia Guidi dal titolo "A San Miniato va in scena la complicata sarabanda di Bergman": dal cinema al palcoscenico.

    Intelligenze artificiali per un turista neanche troppo futuro: Ernesto D'Avanzo e Tsvi Kuflik sul progetto italo-israeliano sperimentato al museo Hecht di Haifa.

    Tintin è il mio alter ego: l'ultima fatica di Spielberg.

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    Oggi in Primo Piano



    Norvegia: udienza a porte chiuse per Breivik. Il vescovo di Oslo: una tragedia che rende più forte e più unito il Paese

    ◊   In Norvegia si è aperta l’udienza preliminare per Anders Behring Breivik, l’attentatore che ha confessato la paternità dei due attacchi di venerdì scorso. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 93 vittime. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    L'udienza preliminare è a porte chiuse. Il 32.enne reo confesso per i due attentati, Anders Behring Breivik, avrebbe voluto che l'udienza si tenesse a porte aperte per spiegare i motivi degli attacchi. Ma il giudice ha invece respinto questa richiesta stabilendo anche che l’uomo non abbia contatti con i mezzi di informazione. La polizia temeva anche che l’autore degli attacchi potesse mandare messaggi in codice a suoi eventuali complici. Una pista, questa su cui sta lavorando anche Scotland Yard. Nel manifesto pubblicato on line dall’attentatore, che aveva assunto degli steroidi anabolizzanti prima di compiere il massacro sull'isola di Utoya, sono infatti emersi diversi collegamenti con il Regno Unito. Un uomo polacco, intanto, è stato arrestato in Polonia nell'ambito delle indagini sulle stragi. E’ stato anche reso noto che l’incriminazione dell’attentatore potrebbe arrivare ad agosto inoltrato, visto che la legge norvegese prevede fino a quattro settimane di custodia cautelare. Oggi, durante il lungo interrogatorio al quale è stato sottoposto dalla polizia, Anders Behring Breivik ha anche dichiarato che sull'isola di Utoya voleva uccidere l'ex primo ministro norvegese, Gro Harlem Brundtland, definita "assassina del Paese" nel delirante manifesto di 1500 pagine che Breivik ha diffuso su Internet. L’ex primo ministro, alla guida di tre governi laburisti tra gli anni ‘80 e ‘90, aveva tenuto un discorso sull'isola ed era ripartita poco prima dell'arrivo dell'assassino. Su quanto accaduto in Norvegia, ascoltiamo il vescovo di Oslo, mons. Bernt Ivar Eidsvig:

    R. – It has affected every one of us…
    E’ una tragedia che ha colpito tutti, a prescindere dalle differenze politiche, religiose o culturali. Nella nostra storia non abbiamo mai vissuto nulla di simile - cento persone uccise a sangue freddo – ma nonostante il dolore, questa tragedia sta creando unità ed anche forza. In tanti adesso stanno pregando per le vittime di questa strage compiuta da una persona che credo sia mentalmente disturbata, perché penso che l’ideologia non basti a spiegare tutto questo.

    La Norvegia si è fermata per un minuto di silenzio a mezzogiorno per commemorare le vittime delle stragi di Oslo e Utoya. Alla cerimonia ha partecipato anche il premier norvegese. Il minuto di silenzio è stato osservato anche in Svezia, Finlandia e Danimarca.

    In Norvegia, intanto, hanno ricevuto vasta eco le parole del Papa all’Angelus. “A tutti – ha detto il Santo Padre - voglio ancora ripetere l’accorato appello ad abbandonare per sempre la via dell’odio e a fuggire dalle logiche del male”. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il nunzio apostolico nel Paese, mons. Emil Paul Tscherrig:

    R. - Le parole del Santo Padre sono state quasi subito divulgate dalla Tv di Stato della Norvegia, e sono state rese note ai fedeli anche durante la Messa della Domenica. In tutte le parrocchie è stato letto il messaggio del Santo Padre ed è stata anche rinnovata l’esortazione a pregare per le vittime e le famiglie. Tutti questi interventi, da parte del Papa, sono stati considerati dalla popolazione un grande atto di solidarietà ed un gesto molto importante, in un momento davvero molto difficile per la nazione.

    D. - L’attentatore è stato definito, da diversi mezzi d’informazione, un “fondamentalista cristiano”. In realtà, si tratta di uno squilibrato, di una persona complessa, anche con un livello culturale piuttosto elevato, da quello che si è potuto appurare…

    R. - E’ chiaro che usando l’aggettivo “cristiano” non si aggiunge nulla, perché queste persone sono squilibrate. Si tratta di individui che hanno un’idea fissa e cercano di imporre se stessi, le loro ideologie e le loro idee agli altri. E questo, evidentemente, non ha nulla a che fare con l’essere cristiano.

    D. - Il Santo Padre, nel telegramma di cordoglio, ha anche esortato i norvegesi a “restare spiritualmente uniti”. Quest’unità, oggi, è visibile soprattutto nella condivisione del dolore. Ma in futuro può diventare anche la base, il pilastro di una nuova società, di un nuovo popolo norvegese?

    R. - Penso che questo disastro, questa incredibile ed impensabile tragedia cambierà certamente molte cose, anche per il popolo norvegese. Credo che crescerà la coesione, soprattutto in questi tragici momenti. Ieri, ad esempio, si è celebrata una Messa nella cattedrale luterana, alla quale hanno partecipato anche rappresentanti del governo, il Re e la Regina. Durante questa cerimonia si è visto che c’era davvero molta commozione, ma anche una profonda volontà di sentirsi “popolo” e di reagire, affinché questo tipo di violenze non si ripetano.

    D. - A proposito di violenze, il Papa ha esortato ad abbandonare ogni via dell’odio e a fuggire anche le logiche del male. Quali sono i malesseri della società scandinava e qual è il compito, di fronte a questi malesseri, da parte della Chiesa cattolica?

    R. - Credo che per la Chiesa cattolica - ed anche per quella luterana - il compito sia sempre lo stesso: annunciare Cristo. In questi ultimi anni questo compito è diventato sempre più difficile a causa della secolarizzazione della società, del grande benessere che esiste in questi Paesi. Il messaggio cristiano è sempre lo stesso: promuovere la causa di Cristo, cioè l’amore, e far sì che le persone siano unite e non si creino piccoli isolotti di famiglie o isole interne alla società. La Chiesa può creare questa comunità di fede, di speranza e d’amore e può farlo attraverso la collaborazione della varie Chiese. L’esistenza del movimento ecumenico, in questi Paesi, è un aspetto molto importante. Se cerchiamo di fondare questa nuova comunità insieme, soprattutto con l’aiuto di Dio e con l’intervento dello Spirito Santo, possiamo riuscire a rinnovare noi stessi. Se la Chiesa cattolica, essendo una comunione di tante e variegate culture e lingue, riesce a creare questa comunità, questo sentimento di farsi ed essere Chiesa intorno a Cristo, credo che possiamo diventare veramente il fondamento per un nuovo tipo di società, con cui si può attestare e provare che anche le persone di origini, culture e lingue diverse possono vivere insieme. Penso che la Chiesa, in questo Paese, abbia un grande compito ed una grande missione. (vv)

    Sugli attacchi in Norvegia, ecco la riflessione del pastore luterano norvegese Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, al microfono di Linda Bordoni:

    R. – Our quiet and peace loving country has been attacked …
    Il nostro Paese, tranquillo e amante della pace, è stato attaccato in un modo che nessuno di noi avrebbe mai immaginato! E’ difficile da comprendere la dimensione della tragedia, in particolare il massacro di tutti quei giovani … è destabilizzante per tutti noi e ci chiediamo cosa potrebbe ancora succedere … Ci rendiamo conto che è un’azione compiuta da una persona che ha agito deliberatamente, sì, ma sembra – speriamo – senza un ampio gruppo organizzato alle sue spalle. In questo senso, speriamo che non sia un segno anticipatore di un’aggressione massiccia alla Norvegia, da parte di qualsiasi gruppo. Ci rendiamo conto anche dell’importanza dei valori per i quali stiamo lottando: la democrazia, la giustizia e la pace, e quanto sia importante – proprio in un giorno come questo – continuare a lottare per essi. (gf)

    Ma chi è Anders Behring Breivik? Risponde al microfono di Luca Collodi, lo studioso delle religioni, il prof. Massimo Introvigne, rappresentante dell’Osce per la lotta al razzismo e alle discriminazioni contro i cristiani:

    R. – Ora la chiarezza è stata fatta: c’è un comunicato della Gran Loggia di Norvegia, la Massoneria regolare, che conferma che Breivik era un maestro massone ad Oslo, molto attivo in quell’ordine, che non è responsabile della strage. Breivik ci ha lasciato molto: ci ha lasciato un libro di 1500 pagine, oltre a tutta una serie di post su siti Internet, da cui possiamo ricostruire le sue idee. La sua dominante è l’odio per l’islam e la difesa della tradizione europea, tradizione di cui fa parte anche il cristianesimo, ma più come eredità culturale che non come fede vissuta. Per la mobilitazione anti islamica, Breivik si rivolge a tutti quelli che possono essere in qualche modo contro l’islam. Quindi, prende contatto con gli atei organizzati, prende contatto con i neo pagani e perfino con i satanisti. Ed è ironico che sia un ministro ordinato della chiesa di Satana, che in Norvegia è legalmente riconosciuta, ad essere la persona che ha postato su Internet le 1500 pagine di Breivik che tutti poi abbiamo utilizzato.

    D. – Quale profilo, quale personalità emerge?

    R. – Il “libro” diffuso su internet ci mostra una persona molto colta, anche se con disordinate letture. Sappiamo che la sua famiglia contava politici e diplomatici. Ahimè era una famiglia in cui c’erano stati divorzi e di nuovo divorzi ed era stato un po’ sballottato da un genitore all’altro. Era stato in una scuola di elite e aveva un’identità confusa: attribuiva tutti i suoi problemi, tutti i problemi del mondo e della storia ai musulmani, indubbiamente con degli spunti anche di natura patologica. (ap)

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    Fame nel Corno d'Africa. Apello della Fao: aiuti urgenti per salvare 12 milioni di persone

    ◊   Dodici milioni di persone hanno bisogno di aiuti urgenti in tutto il Corno d'Africa colpito dalla carestia. Nella sola Somalia sono a rischio oltre 3 milioni e mezzo di persone. Per questo la Fao, l'agenzia Onu per l'alimentazione e l'agricoltura, ha ospitato oggi a Roma un’importante riunione ministeriale, che ha visto la presenza dei 121 Paesi membri della Fao e di numerose Ong. Durante l’evento il ministro dell'Agricoltura francese, Bruno Le Maire, promotore dell’iniziativa, ha inoltre annunciato una Conferenza dei donatori ''tra due giorni a Nairobi''. C’era per noi Salvatore Sabatino:

    “La catastrofica siccità nel Corno d'Africa richiede un'azione massiccia e urgente”. E’ un vero e proprio grido d’allarme quello lanciato da Jacques Diouf, direttore generale della Fao, che ha disegnato soprattutto per la Somalia uno scenario a tinte fosche, rilanciando la richiesta per 1,6 miliardi di dollari nei prossimi 12 mesi. Una cifra enorme, certo, così come enorme è il numero di persone colpite da questa tragedia: ben 12 milioni, sparsi su una vasta area che va dal nord del Kenya, al sud dell'Etiopia, a Gibuti, fino ad una regione dell’Uganda e a buona parte della Somalia.

    E’ qui che si registra la situazione peggiore, come sottolinea il ministro francese all’Agricoltura, Bruno Le Maire, promotore dell’incontro, che durante il suo intervento non ha risparmiato certo critiche alla comunità internazionale, accusata di non essere riuscita ad "assicurare la sicurezza alimentare" nel mondo. "Se non prendiamo le misure necessarie, la carestia sarà lo scandalo di questo secolo" – ha tuonato il rappresentante dell’Eliseo. Ed i primi atti concreti per risolvere la crisi sono giunti proprio da Parigi, che ha annunciato lo stanziamento di 10 milioni di euro. Da parte sua, la Banca Mondiale ha stanziato 500 milioni di dollari; somma che servirà a finanziare progetti di lungo termine a favore degli agricoltori, anche se una parte - oltre 8 milioni di euro - andranno per l'assistenza immediata alle popolazioni maggiormente colpite dalla crisi e dalla carestia.

    Di disperazione tra la popolazione somala ha, infine, parlato il vicepremier somalo, Mohamed Ibrahim, che ha chiesto alla comunità internazionale “un intervento urgente, anche per aprire corridoi umanitari per il trasporto di aiuti alimentari”. Appello accolto immediatamente dal Pam, il Programma Alimentare Mondiale; la direttrice Josette Sheeran proprio dalla riunione romana ha annunciato l’inizio del ponte aereo per Mogadiscio già domani. L’importante, dicono in molti, è che si sfrutti bene quest’occasione, affinché si trasformi in un primo passo verso quello sviluppo concreto di cui si parla da anni. Luca De Fraia, segretario generale aggiunto di ActionAid Italia:

    R. – La risposta di natura immediata all’emergenza è sicuramente fondamentale: non possiamo perdere l’opportunità, perché dobbiamo costruire le premesse affinché queste crisi siano sempre meno frequenti.

    D. – Questa è una crisi che coinvolge davvero milioni di persone. Perché, secondo lei, se ne parla così poco a livello internazionale?

    R. – La crisi è ancora in fase evolutiva. La parte più conclamata di questo fenomeno avviene in una regione molto complicata: in alcune regioni del Sud della Somalia. Altri Paesi sono in sofferenza - Etiopia e Kenya - e per fortuna, sono in una situazione difficile, ma ancora controllabile. Quindi, questo probabilmente è il momento buono e necessario per intervenire. Indubbiamente poi tutti i fenomeni politici che coinvolgono e caratterizzano queste regioni hanno un loro impatto, perché ovviamente si tratta di trovare qualche accordo anche con quelle componenti politiche più difficili che in Somalia stanno svolgendo un ruolo, in questo momento. (ap)

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    Attacco in Afghanistan: ucciso un parà italiano, il caporalmaggiore David Tobini

    ◊   Ancora un militare italiano ucciso in Afghanistan. Si tratta del paracadutista David Tobini colpito a morte durante un attacco a fuoco a Bala Murghab. Feriti altri due soldati, uno dei quali si trova in gravi condizioni. Cordoglio dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e dal premier Silvio Berlusconi. A livello politico, intanto, si riaccende il dibattito sulla presenza del contingente italiano nel Paese asiatico. Proprio domani in Senato arriva il disegno di legge sul rifinanziamento delle missioni all’estero. Paolo Ondarza:

    Ucciso in uno scontro a fuoco a nord ovest di Bala Murghan, nell’Afghanistan occidentale. E’ morto così il caporalmaggiore David Tobini, 28 anni appena compiuti lo scorso 23 luglio, in forza al 183.mo reggimento paracadutisti «Nembo» di Pistoia. È il 41.mo italiano a morire nel Paese asiatico dal 2004, il terzo dall’inizio del mese. Nell'attacco sono rimasti feriti altri due parà: uno è in gravi condizioni, mentre l'altro non sarebbe in pericolo di vita. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha spiegato che i militari alle 4.15 di mattina erano entrati insieme alle forze afghane in un villaggio dove erano stati segnalati materiale esplosivo e ordigni. Qui sono stati attaccati da un gruppo di insorti che ha aperto il fuoco su di loro. Quindi l’intervento della forza aerea di reazione alleata, che con quattro elicotteri ha bombardato la zona consentendo l'evacuazione, «dopo un periodo non breve», alle forze italiane presenti sul territorio. E la politica in Italia torna ad interrogarsi sul ritiro del proprio contingente alla vigilia della discussione del rifinanziamento delle missioni all'estero, già molto contestata in Senato. La Lega mostra perplessità, ma fa sapere che appoggerà il decreto di rifinanziamento delle missioni. Chiede invece il ritiro l’Italia Dei Valori. Intanto, profonda commozione per la morte del parà Tobini è stata espressa dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mentre il premier Silvio Berlusconi rinnova ai soldati impegnati nelle operazioni di pace la gratitudine del governo e del Paese. Ma come leggere questo ennesimo attacco degli insorti al contingente italiano? Risponde l’analista militare Gianandrea Gaiani, direttore di analisidifesa.it:

    R. - Credo che i talebani abbiano intenzione di dimostrare - e in qualche modo ci stanno riuscendo - che, nonostante le forze alleate arrivate sul campo e nonostante le numerose batoste subìte, hanno ancora una loro vivacità.

    D. - Uccidere un militare italiano può voler dire, più genericamente, uccidere un militare straniero e quindi mandare un segnale a tutta la coalizione internazionale o forse va interpretato come un segnale specifico all’Italia?

    R. - Credo di no, anche perché nel settore di Bala Murghan c’erano truppe italiane ma anche statunitensi e, poco più in là, anche soldati spagnoli. Certo che, in un momento in cui , come in questo mese di luglio, sette aree - alcune delle quali anche molto importanti - dell’Afghanistan stanno passando, con il processo di transizione, sotto il diretto controllo delle truppe afghane, per i talebani è importante mostrare di essere ancora in grado di condurre grandi azioni terroristiche.

    D. - Non è pensabile che i talebani siano a conoscenza del dibattito, in Italia, sul rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, che proprio in questi giorni si sta discutendo in Senato?

    R. - Credo che ci sia sicuramente, a livello di vertice e di comando dei talebani, degli insorti, un controllo capillare anche di quelli che sono i dibattiti interni ai vari Paesi. Credo, però, che questi problemi li abbiano anche altri Paesi.

    D. - Va ripensato qualcosa nella presenza dei vari contingenti in Afghanistan?

    R. - Credo che ci sia un rischio generale di un ritiro troppo rapido. Penso che più di pensare ad un ritiro per quanto riguarda il settore italiano, occorra pensare ad un rischiaramento. Potrebbe essere auspicabile, nel momento in cui alcune zone diventano sicure e gli afghani possono controllarle da soli, prelevare le truppe schierate in queste zone e trasferirle dove invece la sicurezza è ancora più aleatoria, magari fornendo loro più mezzi. (vv)

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    Borse in calo dopo il mancato accordo sul debito Usa

    ◊   Le borse mondiali hanno aperto la settimana in netto calo e si sono mosse in territorio negativo per tutta la mattina a causa dello stallo delle trattative sul debito Usa. Negli Stati Uniti si fa sempre più difficile il raggiungimento dell’accordo sull’innalzamento del tetto del deficit. L’ultimo incontro tra i partiti, avvenuto in queste ore, si è concluso con un nulla di fatto: la Casa Bianca ha respinto la proposta dei repubblicani su un piano in due fasi che sposterebbe il grosso dei tagli nel 2012, e cioè nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali. L’entourage di Obama si dice certo che l’intesa arriverà a breve a fronte della scadenza fissata per il 2 agosto prossimo. Ma qual è la natura dello scontro tra repubblicani e democratici? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia americana all’Università di Bari:

    R. - Si stanno facendo le prove generali per la prossima votazione, oramai non molto lontana. E’ chiaro che i repubblicani affilano le armi e cercano di battere proprio sui punti deboli di Obama. Quindi, l’accordo che assolutamente servirebbe a Obama per ricandidarsi alla prossima elezione, viene reso difficile da parte repubblicana e, dal loro punto di vista, giustamente. Io credo che questo sia realmente il nodo dello scontro.

    D. – Il punto è che manca poco più di una settimana alla scadenza del 2 agosto e quindi lo spettro del fallimento si fa sempre più pesante…

    R. – Lo spettro del fallimento si fa sempre più pesante. Il fallimento clamoroso, però, è molto difficile. La politica riesce ad attenuare ed ad allungare tutti i tempi e in questo Obama certamente è maestro. Obama, finora, si è dimostrato un grande maestro della tattica ma la prova dinanzi alla quale lui si trova è quella di trasformarsi in maestro della strategia. È un momento difficilissimo. Se vince, non sull’immediato ma in prospettiva, è certamente un presidente destinato a passare alla storia; altrimenti rimarrà come uno stratega straordinario di una magnifica campagna elettorale per la prima elezione.

    D. – Per Obama quale può essere la via d’uscita?

    R. – Per Obama la via d’uscita è una via di difficilissima negoziazione con un partito repubblicano che non vuole negoziare ma vuole la sua sconfitta. Quindi Obama non ha molte chances. Sull’immediato deve tatticamente concedere qualche cosa per riuscire a guadagnare un vantaggio strategico da giocare poi nel secondo mandato, se riuscirà ad averlo.

    D. - Comunque per gli Stati Uniti si apre un periodo di coperta corta, di tagli?

    R. – Direi che per gli Stati Uniti si apre un periodo di resa dei conti con quello che loro stessi avevano costruito nel corso degli ultimi decenni. Adesso abbiamo soltanto la constatazione di una situazione che era già in atto e che è emersa in modo drammatico sia per il precipitare di questioni finanziarie e sia per le turbolenze internazionali che non sono state affatto calmate. Quindi questo è il compito di Obama: riuscire a dare la svolta, la soluzione a problemi che egli stesso aveva soltanto accantonato.

    D. - A rischio le missioni all’estero?

    R. – Le missioni all’estero non sono certamente il punto di forza degli Stati Uniti, e non solo per la presidenza Obama ma in una prospettiva storica che oramai comincia ad avere radici abbastanza fondate nel tempo. Se le missioni all’estero vengono in qualche modo messe in crisi, gli Stati Uniti possono riacquistare la capacità di fare veramente una politica di rilevanza mondiale che guadagni l’occhio attento e benevolo del mondo, perché il mondo non vuole guerre. Certo non si deve dimenticare che gli Stati Uniti, per la loro economia, hanno avuto bisogno e continuano ancora ad avere bisogno delle guerre, perché le guerre sono un motore che serve per il loro sostentamento economico.

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    Chiesa e Società



    Somalia: mons. Bertin chiede di accompagnare l'azione umanitaria con quella politica

    ◊   “Non vorrei che la corsa per far fronte all’emergenza umanitaria, necessaria per salvare milioni di persone, nasconda però il problema di fondo, che è la mancanza della struttura statale”. Lo afferma all’agenzia Fides mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, capitale della Somalia mentre a Roma si concludeva la riunione di emergenza della Fao sulla gravissima crisi alimentare che ha investito il Corno d’Africa. Il Paese più a rischio è la Somalia, da anni in preda alla guerra civile. “Il problema della Somalia è la mancanza dello Stato - prosegue mons. Bertin -. Se non si prende atto di questa situazione si continuano a tappare i buchi, senza risolvere il problema. L’azione umanitaria, che deve essere fatta con urgenza, deve essere accompagnata anche da un discorso politico con i responsabili somali. Ne ho incontrati alcuni a Nairobi tre settimane fa - afferma Mons. Bertin -. Ho detto loro che quanto sta accadendo deriva anche dal fatto che non sono riusciti ad esprimere una vera leadership in grado di ricostruire le strutture statali. Si è invece privilegiato l’interesse personale e quello della famiglia o del clan”. Secondo gli Shabab (gli appartenenti al movimento islamista che si oppongono al governo di Mogadiscio) l’emergenza umanitaria è enfatizzata dall’Onu per creare un pretesto per interferire nella situazione interna della Somalia. Secondo mons. Bertin “tra gli Shabab vi sono diverse anime. Quella che aveva fatto una dichiarazione a favore del ritorno delle Ong, è più vicina ai clan e si rende conto che la popolazione muore di fame. Vi e poi un’altra componente, più radicale, legata ad un certo contesto internazionale, a cui probabilmente non importa questa tragedia”. “Insomma, gli Shabab non sono così uniti anche se danno l’impressione di essere un movimento unitario” conclude l’amministratore apostolico di Mogadiscio. (R.P.)

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    Kenya: l’Ordine di Malta aiuta le vittime della siccità nella diocesi di Marsabit

    ◊   L’Ordine di Malta aumenta il suo impegno in Kenya, per far fronte all’emergenza siccità che sta colpendo oltre dieci milioni di persone nel Corno d’Africa. In particolare l’Ordine di Malta sta lavorando per portare aiuto ad oltre 20.000 persone a Marsabit, regione nord orientale del Kenya, con l’aiuto della diocesi locale e delle unità sanitarie da essa dipendenti. Tra le persone bisognose di aiuto ci sono circa 1.200 donne in gravidanza e 3.000 bambini malnutriti, che riceveranno riso, fagioli e olio e, tra i farmaci d’emergenza, vitamina A, ferro, acido folico e farmaci vermifughi per curare le malattie da parassiti intestinali. Nei campi profughi sovraffollati, la situazione è critica: c'è poco cibo e le medicine non sono sufficienti a soddisfare la domanda. Nelle remote aree rurali, gli abitanti sono in attesa di aiuti, che fino ad ora, non sono arrivati. L’agenzia di soccorso internazionale dell’Ordine di Malta, Malteser International, opera in Kenya da oltre 10 anni ed è già intervenuta a Marsabit durante la siccità del 2009 salvando molte vite umane. (M.R.)

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    Cina: cattolici in prima linea negli aiuti alle vittime dell’incidente ferroviario a Wen Zhou

    ◊   I cattolici cinesi sono stati tra i primi volontari a soccorrere i feriti e a pregare per le vittime dell’incidente ferroviario che sabato scorso ha causato almeno 38 morti a Wen Zhou, nel sud-est della Cina. Riferisce l’agenzia Fides che ad adoperarsi sono state soprattutto le suore della congregazione diocesana di Santa Teresina, coordinati da “Jinde Charities”, l’ente caritativo cattolico cinese. Subito dopo l’incidente, Jinde Charities ha cominciato a contattare la comunità cattolica locale per coordinare i soccorsi. I cattolici della diocesi di Wen Zhou si sono subito recati all’ospedale per donare il sangue o sul luogo dell’incidente per aiutare i sopravvissuti. Il giorno dopo l’incidente, i volontari e le suore di Santa Teresina erano già al lavoro nei due ospedali statali che avevano accolto i feriti, presto raggiunti da suore specializzate in riabilitazione psichica dopo gravi traumi. Durante la Messa domenicale di ieri, tutte le comunità cattoliche hanno pregato per le vittime, invocando la misericordia del Signore per loro e la pronta guarigione per i feriti. (M.R.)

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    India: i Dalit scendono in piazza per il riconoscimento dei loro diritti

    ◊   Migliaia di "fuoricasta" dell’India, Dalit cristiani e musulmani, si sono riuniti nelle strade di Nuova Delhi per protestare a favore dell’uguaglianza dei diritti all’interno della società. La protesta di massa, che durerà fino al 28 luglio, vede coinvolte tutte le denominazioni cristiane ed è stata organizzata dal National Coordination Committee for Dalit Christians, dal National Council of Dalit Christians, e dalla Conferenza Episcopale indiana. In India, i Dalit o “fuoricasta” occupano il posto più basso nella scala sociale e sono circa un quarto degli abitanti del Paese, su una popolazione di oltre 1 miliardo e 250 milioni di persone. Le proteste sono rivolte al governo affinchè riveda la legge attuale per estendere la parità dei diritti costituzionali ai Dalit cristiani e musulmani, i gruppi più discriminati. Secondo la Costituzione indiana, infatti, la legge prevede prestiti economici, percorsi educativi e sociali solamente a Indù, Buddisti e Dalit Sikh, mentre ai Dalit cristiani e musulmani sono negate tali opportunità. Riferisce l’agenzia Fides che i vescovi cattolici indiani hanno espresso la speranza che queste proteste aumentino la pressione sui capi di governo, che sono l’ostacolo più grosso al riconoscimento dei diritti dei Dalit. Nonostante il Paese abbia formalmente eliminato il sistema delle caste, questo continua a sopravvivere nelle pratiche culturali e nelle istituzioni sociali. (M.R.)

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    Pakistan: continua il dramma di Farah Hatim, la donna costretta a convertirsi all'islam

    ◊   Farah Hatim, una donna cristiana di 24 anni, residente a Yar Khan nel Punjab meridionale, è stata rapita l’8 maggio da Zeehan Ilyas e dai suoi fratelli Umran e Gulfam ed è stato obbligata a convertirsi e a sposare il suo rapitore. La Chiesa cattolica e le organizzazioni di diritti umani - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno condannato l’atto e hanno chiesto un’azione contro questa violazione dei diritti umani. La commissione Giustizia e pace ha portato il caso in tribunale; e da allora la polizia non ha smesso di minacciare la famiglia della ragazza. Il giudice Khawaja Mir ha trasferito il caso alla Corte suprema, a causa della sensibilità della materia. L’appello alla Corte suprema è stato presentato dalla commissione Giustizia e pace e dall’All Pakistan Minorities Alliance (Apma). La Corte suprema di Bawalphur ha chiesto al responsabile di polizia distrettuale Rahim Yar Khan e alle famiglie di presentarsi in tribunale il 20 luglio. Il giudice ha chiesto a Farah Hatim se è stata rapita, o è andata con Zeehan Ilyas di sua volontà, e dopo qualche minuto di silenzio la donna ha risposto: “Di mia volontà”. Dopo poche altre domande, il giudice ha annunciato che Farah vivrà con la sua nuova famiglia. Farah Hatim è scoppiata a piangere quando la Corte ha annunciato la decisione. A Farah Hatim sono stati concessi alcuni minuti per incontrare la sua vecchia famiglia. Il fratello di Farah ha dichiarato: “Sono shoccato da quello che Farah ha detto in tribunale. E’ minacciata, e ogni speranza che possa tornare è svanita. Perché noi? Perché dobbiamo affrontare tutto questo? Solo perché siamo cristiani?”. Secondo la commissione Giustizia e pace, “Farah è diventata vittima del racket della prostituzione. Zeeshan IIyas ha cercato di spingerla alla prostituzione quando era ancora studentessa allo Sheikh Zaid Medical College a Rahim Yar Khan, ma lei ha rifiutato. Allora Zeehan IIyas si è vendicato. La decisione attuale su Farah è possibile perché è incinta, e teme che la sua famiglia venga uccisa se cerca di tornare; e anche se avesse scelto la via coraggiosa del ritorno, non sarebbe stata accettata dalla società perché è stata rapita e stuprata. La paura del rigetto è anche una possibile ragione delle sue dichiarazioni”. La commissione Giustizia e pace denuncia che “migliaia di ragazze delle comunità di minoranze sono rapite e forzate a sposarsi. Stiamo lottando contro il cancro dei rapimenti e dei matrimoni forzati”. La famiglia Hatim, disperata, fa appello alle più alte autorità, affinché compiano delle azioni, o facciano leggi contro i matrimoni forzati, e le conversioni forzate. “Non vogliamo che questo accada a nessun’altra ragazza. Abbiamo perso nostra sorella, il dolore è grandissimo. Ci prendono a bersaglio perché siamo una minoranza, chiediamo che il governo non abbandoni le minoranze”, ha dichiarato in lacrime il fratello maggiore di Farah, fuori dal tribunale. (R.P.)

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    La solidarietà dell’Amecea alla diocesi di Rumbek per la scomparsa di mons. Mazzolari

    ◊   Continuano le manifestazioni di solidarietà e di cordoglio per la scomparsa di mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, in Sud Sudan, deceduto a causa di un malore il 16 luglio mentre celebrava la Santa Messa. Tra i tanti messaggi di vicinanza giunti alla Chiesa sudanese, c’è anche quello dell’Amecea, l’Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa Orientale, composta da Tanzania, Uganda, Kenya, Zambia, Etiopia, Malawi, Eritrea e Sudan, con Gibuti e Somalia come affiliati. Nel testo, a firma di padre Pius Rutechura, segretario generale dell’Associazione, si esprime solidarietà ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli della diocesi di Rumbek e si ricorda in particolare l’accoglienza offerta da mons. Mazzolari ai membri dell’Amecea, in visita in Sudan nel novembre scorso. Condoglianze sono state offerte anche dal Consiglio delle Chiese del Sudan, che ha invocato l’eterno riposo per il compianto presule. Dal suo canto, la Conferenza episcopale cattolica del Paese ha ringraziato quanti hanno manifestato la propria vicinanza ed ha ricordato mons. Mazzolari come “una grande persona, un vescovo ispirato che ha dato un grande supporto alla Chiesa sudanese”. Infine, due proposte arrivano dal governo locale: pensare alla costruzione di istituzioni scolastiche e sanitarie in memoria del defunto vescovo di Rumbek e cambiare il nome della radio principale della diocesi, Radio Good News, in “Radio Mazzolari”, poiché non solo l’emittente fu fondata proprio con gli auspici del presule, ma lo stesso mons. Mazzolari era membro del Comitato governativo per il network delle radio cattoliche del Sudan. (A cura di Isabella Piro)

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    Nigeria: i vescovi chiedono al presidente Jonathan di fermare le violenze islamiste nel nord-est

    ◊   I vescovi nigeriani hanno invitato il presidente del Paese, Goodluck Jonathan, ad agire energicamente contro la setta islamista Boko Haram, le cui violenze stanno minando la stabilità dello Stato nord-orientale di Borno. Riferisce l’agenzia Fides che nella dichiarazione, firmata da padre Peter Okonkwo, vicesegretario del Catholic Secretariat of Nigeria, la Conferenza episcopale nigeriana ha condannato gli attacchi della setta, che farebbero parte di un preciso tentativo di destabilizzare il Paese, strumentalizzando la religione al fine di provocare una vera e propria crisi interconfessionale. Da parte sua Goodluck Jonathan ha tuttavia escluso l’imposizione dello stato d'emergenza nello Stato di Borno, sottolineando come la situazione stia gradualmente ritornando alla normalità. Una fazione dissidente della setta, lo Yusufiyya Islamic Movement, ha invece condannato gli attacchi indiscriminati contro i civili perpetrati dalla Boko Haram negli ultimi mesi. (M.R.)

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    Yemen: l’Onu denuncia la presenza di bambini soldato nei gruppi combattenti

    ◊   Diverse migliaia di bambini combattono in Yemen nei principali gruppi militari. Particolarmente grave è la situazione nel governatorato settentrionale di Sa'dah, dove sono bambini il 50% dei combattenti filogovernativi e degli uomini armati del movimento ribelle “al-Houti”. La denuncia arriva dalle Nazioni Unite, che nel Rapporto annuale sui bambini soldato condannano 57 gruppi armati in tutto, tra i quali, in Yemen, lo stesso al-Houti, i filogovernativi Republican Guards e Central Security e il gruppo di opposizione First Armoured Division. Riferisce l’agenzia Fides che in Yemen i ragazzi vengono mandati in prima linea mentre le ragazze, spesso reclutate dopo essere state costrette a sposare i membri dell’esercito, sono usate per cucinare o provvedere alle necessità dei militari. L’arruolamento di bambini soldato risale al 2004, anno dell’inizio dei conflitti tra il governo yemenita e i ribelli del nord. Lo scorso anno sono stati registrati 42 ragazzi morti e 55 feriti, presumibilmente in seguito ai combattimenti tra Al-Houthi e le milizie filo-governative. La legge yemenita stabilisce che le reclute dell'esercito debbano essere maggiorenni, ma i reclutatori a volte modificano i documenti di identità dei bambini per aggirare l’ostacolo. (M.R.)

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    Messico: aumentano le violenze contro chi difende i diritti dei migranti

    ◊   Negli ultimi anni sono aumentate le aggressioni e le minacce contro chi difende i migranti in Messico. A lanciare l’allarme è la Commissione della pastorale della mobilità umana della Conferenza episcopale messicana che, in un rapporto, rileva come dal 2004 al 2009 siano stati registrati 62 incidenti, la metà dei quali è avvenuta nell’ultimo biennio. Riferisce l’agenzia Fides che il “Rapporto sulla situazione dei difensori delle persone migranti in Messico” è stato presentato a pochi giorni dall’arrivo in Messico del relatore della Commissione Interamericana dei Diritti Umani sui lavoratori migranti, il quale analizzerà la situazione attuale dei migranti nel Paese. “In questi anni sono stati uccisi due difensori dei migranti. Ci hanno minacciati, colpiti, molestati, accusati penalmente per il nostro impegno di denuncia. Un difensore è stato esiliato, una casa del migrante e un centro per la tutela dei diritti umani sono stati costretti a chiudere per mancanza di sicurezza”, ha scritto in una nota l’arcivescovo di Tijuana Rafael Romo, sottolineando come la violenza sia estesa spesso anche ai sacerdoti. Migliaia di migranti, per la maggior parte centroamericani, ogni anno cercano di attraversare il territorio messicano per arrivare negli Stati Uniti, nonostante rischi, estorsioni, sequestri e omicidi da parte dei gruppi criminali e persino delle autorità. La Commissione nazionale dei Diritti Umani ha recentemente segnalato che, tra aprile e settembre 2010, sono stati sequestrati almeno 11.333 migranti in 214 rapimenti di massa, la maggior parte dei quali non sono mai stati chiariti. In molti casi è stato accusato il cartello dei narcotrafficanti Los Zetas mentre le autorità messicane hanno ammesso il coinvolgimento nei rapimenti di alcuni funzionari. Una nuova legge messicana, recentemente promulgata, riconosce e protegge i diritti dei migranti, stabilendo la possibilità di denunciare la violazione dei loro diritti umani, anche in assenza di documenti. (M.R.)

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    Bolivia: il cardinale Terrazas chiede alle autorità la saggezza di saper distinguere tra bene e male

    ◊   Il cardinale Julio Terrazas Sandoval ha esortato le autorità di governo a mettere da parte le punizioni e a chiedere a Dio la saggezza di saper distinguere il bene dal male. L’arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, nella sua omelia durante la Messa celebrata nella cattedrale di Santa Cruz ha sottolineato l'importanza che la gente inizi a chiedere la conversione del cuore, per ottenere un cuore nuovo che riesca ad accettare e praticare gli insegnamenti di Gesù Cristo. Si legge nella nota inviata all’agenzia Fides: "Speriamo che queste parole possano darci un cuore nuovo: ne hanno bisogno coloro che sono al governo, che dovrebbero chiedere la saggezza di distinguere tra bene e male, e non passare il loro tempo chiedendo solo qualche punizione e persecuzione per alcuni" ha detto il cardinale. In questo senso, ha detto che è necessario che ognuno possa avviare un processo di conversione con l'aiuto di Dio, così che il cuore possa anche mostrare il riflesso della coscienza. "Tutti noi dobbiamo dire al Signore che ci dia la sapienza del cuore, che ci dia un cuore intelligente, un cuore che in realtà sia un riflesso della nostra coscienza e la nostra coscienza sia collegata con la verità" ha detto il cardinale Terrazas Sandoval. È necessario che tutte le persone comincino a distinguere il bene dal male e che ognuno possa trarre dal profondo del suo essere la forza per affrontare i problemi che la vita presenta. (R.P.)

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    Perù: il cardinale Cipriani chiede un’azione di governo a difesa della famiglia e della vita

    ◊   “La famiglia deve vivere in un clima in cui deve esserci maggior rispetto per la dignità”. E’ quanto ha affermato lo scorso sabato in un programma radiofonico l’arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis Cipriani. “Mi preoccupano la famiglia, l'educazione dei figli, la morale”, ha detto il porporato, che ha poi chiesto al nuovo presidente del Perù, Ollanta Humala, di promuovere un’azione di governo a difesa della famiglia e della vita. “Non possiamo portare avanti ragazzi che siano consumatori di droghe o membri di bande perché non c'è una buona istruzione, né possiamo creare una tendenza nella gioventù in cui tutto è divertimento, carriera e sesso”, ha dichiarato il cardinale Cipriani, aggiungendo poi che “i genitori vogliono una maggiore attenzione per l'educazione dei propri figli e per la sicurezza. L'evitare il consumo di droghe, la non violenza, il rispetto della possibilità di tutti di accedere all'assistenza sanitaria. Tutti questi temi vanno insieme”. Riferisce l’agenzia Zenit che il porporato si è anche riferito all'esistenza di pressioni esterne al Paese, che vogliono promuovere l'aborto, l'eutanasia e il consumo di droghe, distruggendo i valori fondamentali della famiglia. “Vorrei un'agenda in cui si rispetti la vita fin dal concepimento, in cui si rispettino la costituzione della famiglia, uomo e donna, e la sua stabilità”, ha confessato l’arcivescovo di Lima, auspicandosi che il nuovo governo “promuova unità, pace, ordine e una crescita morale. La Chiesa non prende mai le parti di un governo, ma allo stesso tempo guarda con speranza alla possibilità che la famiglia peruviana mantenga le proprie radici cristiane e che lo sviluppo avvenga anche in campo morale”, ha sottolineato il porporato, che ha poi ringraziato Papa Benedetto XVI per la fiducia che ha riposto in lui nominandolo membro della Pontificia Commissione per l'America Latina, un'istituzione che cerca di conoscere la situazione della Chiesa in questa parte del mondo.“Siamo un gruppo di cardinali e vescovi incaricati di analizzare come procede la fede in America Latina studiando anche le situazioni politiche, sociali, economiche e delle altre religioni”, ha concluso il porporato. (M.R.)

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    Perù: inaugurata una nuova mensa per i bambini malnutriti di Lima

    ◊   Come parte delle celebrazioni per i 21 anni del loro arrivo in Perù, le suore "Piccole Figlie di San Francesco d'Assisi" hanno aperto una nuova mensa per i bambini malnutriti nella zona del complesso di Canto Grande, nel distretto di San Juan de Lurigancho, alla periferia della capitale peruviana. Questa opera è frutto dell'iniziativa dei laici che affiancano ogni giorno nel lavoro le suore di origine italiana. L’ "Hogar San Francesco d'Assisi" gestiva già una piccola mensa per i bambini malnutriti nella zona di Mangomarca, dove si tengono anche diversi corsi di formazione, in modo che i giovani e le madri possano imparare un mestiere e allo stesso tempo ricevere una formazione sui valori fondamentali. Secondo la nota inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale peruviana, i servizi di ristorazione sono rivolti ai piccoli tra i sei mesi ed i 3 anni. Per accedere alla mensa i genitori devono soddisfare i requisiti richiesti dall’Hogar e devono esprimere il loro impegno a lavorare per lo sviluppo dei loro figli. Le Piccole Figlie di San Francesco d'Assisi sono a Lima dal 1990. Lo scopo di questa loro presenza è l’annuncio, la testimonianza e la condivisione. Le religiose sono affiancate da collaboratori e personale peruviano che condivide gli stessi obiettivi. Il loro impegno missionario si esplica nella preparazione ai Sacramenti e nell’evangelizzazione; nell’accoglienza di bambini con gravi problemi di denutrizione da 6 mesi a 3 anni, cui vengono distribuiti 2 pasti, sotto il controllo medico, proponendo attività ludiche tese a stimolare lo sviluppo psico-motorio e intellettivo, e fornendo sostegno psicologico e formazione alle mamme; nella condivisione di ciò che si è e di ciò che si ha attraverso la realizzazione di alcuni progetti. (R.P.)

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    Romania: allarme abbandono per i bambini appena nati

    ◊   In Romania 414 bambini sono stati abbandonati alla nascita nei reparti di maternità degli ospedali nei primi tre mesi del 2011. A renderlo noto è il ministero romeno del lavoro, della famiglia e della protezione sociale. Riferisce l’agenzia Sir che, tra i bambini abbandonati, 129 sono stati riportati nelle loro famiglie, dieci sono stati collocati sotto la protezione di un’altra famiglia, 153 collocati con assistenti materne, mentre 22 sono stati portati negli orfanotrofi. Sempre secondo le statistiche del ministero, il Sistema nazionale di protezione del bambino comprende attualmente 64.828 bambini. Di questi, 19.858 vivono con assistenti materne, 19.305 nei servizi pubblici residenziali, 17.760 con i parenti fino al quarto grado, 3.963 si trovano in servizi residenziali privati e 3.942 vivono con famiglie diverse dalla propria. Inoltre sono oltre 85 mila i minori romeni con uno o entrambi i genitori fuori casa, poiché lavorano all’estero. Di questi oltre 1.000 sono finiti in affidamento, mentre i rimanenti sono stati lasciati con parenti e amici di famiglia. La relazione del ministero infine mostra che ci sono 61.366 famiglie con almeno un membro che lavora all’estero e 17.672 famiglie con entrambi i genitori fuori dal Paese. (M.R.)

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    Andranno alla Gmg di Madrid partendo da Kirkuk, 20 iracheni e 10 giovani francesi

    ◊   Stanno trascorrendo una giornata con le famiglie cristiane di Kirkuk i dieci giovani cattolici francesi che da ieri sono nella città del nord dell’Iraq. L’incontro con le famiglie permetterà loro di approfondire la conoscenza della difficile realtà nella quale vivono i cristiani e della quale hanno avuto una prima rappresentazione dai 20 loro coetanei del luogo con i quali parteciperanno alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid, il mese prossimo. I dieci francesi, cinque ragazze e cinque ragazzi - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono giunti a Kirkuk per testimoniare vicinanza e solidarietà alle famiglie cristiane. Hanno portato 30 chili di medicine, che distribuiranno nei luoghi ove si recheranno. Dopo Kirkuk, infatti, andranno a Soulaymaniya, Erbil, Piana di Nineve (karakosh) Alkosh , Dohok e Amadiyia. Per tutti è un momento di forte comunione ecclesiale. Ieri, i giovani francesi hanno partecipato alla messa celebrata dal vescovo, mons. Louis Sako e hanno cantano insieme alla corale. Dopo la messa i giovani ospiti hanno incontrato i giovani cristiani in una grande sala, durante una cena preparata da loro. I giovani francesi hanno dato un impulso alla comunità cristiana locale durante la messa quando alcuni hanno dato la loro testimonianza, ma anche hanno scoperta la bellezza della liturgia orientale e il coraggio dei cristiani e il loro impegno per vivere lo fede e il loro amore per loro terra nonostante mille difficoltà. (R.P.)

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    India: iniziata la “maratona del Rosario” per l’evangelizzazione nel mondo

    ◊   Una maratona di preghiera no-stop, della durata di 101 giorni, per evangelizzare il mondo e santificare la Chiesa: è l’iniziativa avviata nei giorni scorsi dalla diocesi di Thamarassery, nello Stato indiano del Kerala. A dare il via alla recita del Santo Rosario è stato il responsabile della diocesi, mons. Remigious Inchananiyil, che ha guidato la preghiera mariana nel Bethania Renewal Centre di Pulloorampara. “Speriamo – ha detto il direttore del centro, padre James Kiliyananickal – che il Santo Rosario possa contribuire all’evangelizzazione del mondo, che ha bisogno del Vangelo”. “Più di 100mila persone prenderanno parte all’iniziativa – ha aggiunto il religioso – a favore di un mondo che ha sete del Vangelo e rischia di essere conquistato dal secolarismo”. I 101 giorni di preghiera si concluderanno il 29 ottobre e vedranno coinvolte le 117 parrocchie della diocesi di Thamarassery, che reciteranno il Rosario notte e giorno. Contemporaneamente, per tutti i fedeli ci sarà la possibilità di ricevere il sacramento della confessione. Non è la prima volta che questa diocesi indiana organizza una simile iniziativa: maratone di preghiera si sono svolte anche negli scorsi nove anni. (I.P.)

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    Bangladesh: la Chiesa lamenta la mancanza di sacerdoti con competenze specifiche

    ◊   Sacerdoti con maggiori competenze specifiche in vari campi: di questo ha bisogno oggi la Chiesa in Bangladesh per essere all’altezza delle nuove sfide della società contemporanea. È l’indicazione emersa dalla riunione annuale dell’Associazione dei sacerdoti diocesani bengalesi, svoltasi nei giorni nella capitale Dacca presso il Seminario maggiore del Santo Spirito. Nei vari interventi – riferisce l’agenzia Ucan - è stato evidenziato come quello che manca oggi alla Chiesa in Bangladesh sono sacerdoti formati su materie specifiche: comunicazione, economia diritto, tutte materie che non possono studiare in seminario. Questo - è stato osservato – li rende più facilmente “condizionabili” da parte di leader laici più preparati di loro. Di qui la proposta di un aggiornamento dei curricula di studi nei seminari. “Dobbiamo assicurare ai futuri sacerdoti una formazione adatta ai tempi, perché siano più attenti e coscienti delle sfide della modernità”, ha detto padre Joyanto S. Gomes, direttore del Christian Communication Center della Conferenza episcopale. (L.Z.)

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    Svizzera: l’Istituto delle Missionarie Secolari Scalabriniane compie 50 anni

    ◊   Ricorre oggi il 50° anniversario della nascita dell’Istituto delle Missionarie Secolari Scalabriniane. L’Istituto sorse a Solothurn, in Svizzera, il 25 luglio 1961 su iniziativa di Adelia Firetti, giovane insegnante di Piacenza. La comunità delle Missionarie ha compiuto i suoi primi passi in un contesto di emigrazione e ha ricevuto la prima approvazione della Chiesa nel 1967 e il riconoscimento definitivo come Istituto Secolare nel 1990. Le Missionarie sono un carisma all’interno della Famiglia Scalabriniana, che comprende innanzitutto le due congregazioni fondate dal Beato Giovanni Battista Scalabrini, quella dei Missionari Scalabriniani e quella delle Suore Scalabriniane. Riferisce l’agenzia Fides che le Missionarie vivono la consacrazione a Dio e l’ispirazione scalabriniana in una forma di vita laicale, inserite negli ambienti ordinari della società, attraverso vari tipi d’impegno professionale (nel campo sociale, culturale, pastorale, scolastico, medico, artistico, scientifico), di condivisione e di sensibilizzazione a favore dei migranti e dei rifugiati. Attualmente le Missionarie sono di nove nazionalità e sono presenti in Svizzera, Germania, Italia, Brasile e Messico. Vivendo in piccole comunità internazionali, le Missionarie sono chiamate a testimoniare che, con il fermento del Vangelo, è possibile vivere l’accoglienza e il dialogo tra le diversità, che apre la strada ad una nuova Pentecoste dei popoli. Momenti culminanti di quest’anno di celebrazione sono stati il pellegrinaggio di tutte le Missionarie a Roma con l’udienza dal Papa (28-31 dicembre 2010), la Scalabrini-Fest di Primavera a Solothurn con 400 partecipanti di 33 Paesi differenti (29 aprile - 1° maggio 2011) e l’incontro delle Direzioni Generali dei tre Istituti della Famiglia Scalabriniana a Solothurn (15-18 giugno 2011). (M.R.)

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    Chianciano Terme: iniziata la 48.ma sessione di formazione del Segretariato Attività Ecumeniche

    ◊   È cominciata questa mattina a Chianciano Terme la 48ª sessione di formazione ecumenica estiva del Segretariato Attività Ecumeniche (Sae), che avrà come tema “Camminare in novità di vita. In dialogo sull’etica”. “La questione etica”, spiega la Sae all’agenzia Sir, “si sta rivelando attualissima come dimensione cruciale della crisi che vive l’Italia a un secolo e mezzo dall’unità” e perciò ci si interrogherà su “quale contributo può dare in questo contesto una prospettiva ecumenica”. La complessità del tema ha suggerito di articolarne la trattazione in un arco biennale, dedicando la sessione di quest’anno a un’interrogazione di fondo sull’etica ecumenica, per preparare a tematiche più specifiche per l’anno prossimo. Quest’anno, chiariscono al Sae, “si cercherà innanzitutto di disegnare l’orizzonte globale della ricerca, per esplorare poi la ricchezza della testimonianza biblica in materia di etica, le tappe del percorso compiuto nel dialogo ecumenico e gli ‘stili etici’ delle chiese, cioè le forme in cui esse elaborano la testimonianza biblica per costruire i rispettivi discorsi etici; seguiranno infine una riflessione sui motivi e i luoghi che vedono le chiese ancora distanti in ambito etico e uno sguardo al futuro, sulle prospettive e speranze che si aprono nell’orizzonte ecumenico”. (M.R.)

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    Al via la 31.ma edizione della Marcia Francescana sul tema “Le vie del cuore”

    ◊   È iniziata oggi la 31.ma edizione della Marcia francescana, che quest’anno si svolge sul tema “Le vie del cuore”. Un pellegrinaggio spirituale, organizzato dall’Ordine dei Frati minori d’Italia, che coinvolge oltre un migliaio di giovani, provenienti anche dall’Austria e dalla Croazia. Undici giorni di cammino, scarpe comode, uno zaino e un sacco a pelo, per vivere un’esperienza forte di condivisione e di preghiera, lontano dalle sicurezze e dalle comodità. Un itinerario fisico e interiore, di conoscenza delle vie del cuore, animato dai frati e dalle suore, nelle catechesi che si svolgeranno nelle diverse tappe del cammino. Meta del pellegrinaggio è la basilica patriarcale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, dove i marciatori in cammino, riconciliati con Dio, con sé stessi e con i fratelli, arriveranno il 2 agosto per ricevere il Perdono d’Assisi chiesto al Signore da San Francesco nel 1216. (A cura di Alessandra De Gaetano)

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    24 Ore nel Mondo



    Siria: il governo di Assad apre al multipartitismo

    ◊   Il governo siriano ha approvato una legge che apre al multipartitismo, permettendo la formazione di altri partiti diversi dal Baath al potere in seguito ad un colpo di Stato nel 1963, allorché furono messe al bando tutte le altre formazioni politiche. Con questa decisione, il presidente Bachar al-Assad cerca di mettere fine all'ondata di proteste che da oltre quattro mesi scuote il Paese. Il multipartitismo è infatti una delle principali richieste dei manifestanti. L’abolizione dello stato d'emergenza, in vigore dal 1963, non era stata sufficiente a fermare le dimostrazioni. In base alla nuova legge – riferisce l’agenzia ufficiale Sana - ogni nuovo partito dovrà impegnarsi al ''rispetto della Costituzione, dei principi democratici, della legge, della libertà e dei diritti fondamentali''. La normativa, inoltre, proibisce la formazione di partiti su ''base religiosa o tribale''. La repressione delle proteste cominciate il 15 marzo scorso in Siria ha portato finora all'uccisione di circa 1.500 persone e all'arresto di oltre 12.000, secondo le organizzazioni per i diritti umani. Sul versante economico, intanto, il governo siriano ha firmato con Iran e Iraq il maggiore contratto sul gas del Medio Oriente, del valore di 10 miliardi di dollari, per consentire il transito del gas iraniano dal giacimento di South Pars verso l'Europa attraverso il Libano e il Mar Mediterraneo.

    Libia: trattative diplomatiche
    Il regime libico è pronto a trattare sulla possibile uscita di scena di Gheddafi. Lo sostiene una fonte del ministero degli Esteri russo, secondo cui questa ipotesi è stata discussa nel colloquio della settimana scorsa tra il capo della diplomazia russa, Lavrov, e il suo omologo libico al-Obeidi. Ufficialmente però il regime di Tripoli continua a negare qualsiasi trattativa sull'uscita di scena del Colonnello. Intanto si segnalano nuovi raid aerei della Nato sulla capitale libica, mentre i ribelli hanno respinto un nuovo attacco delle forze lealiste di Gheddafi contro la città di Gualish, 50 chilometri a sud di Tripoli. La cittadina era stata strappata all'esercito del rais all'inizio del mese.

    Egitto: tensioni di piazza
    Ancora alta tensione in Egitto, dove ieri un uomo è stato ucciso oggi in una sparatoria tra le forze dell'ordine e una folla che cercava di liberare un uomo trattenuto in un commissariato di polizia a Ismailiya, a nord est del Cairo sul canale di Suez. Intanto centinaia di manifestanti continuano a protestare in piazza Tahrir contro il consiglio supremo delle forze armate per non aver attuato le riforme promesse dopo la caduta di Mubarak. Sabato notte circa 300 persone sono rimaste ferite in violenti scontri che hanno opposto gli attivisti ai sostenitori delle forze armate. I giovani di Piazza Tahrir hanno però ribadito l'intenzione di continuare a manifestare per il cambiamento e le riforme nel Paese. Infine, il processo contro l'ex ministro dell'Interno egiziano Habib El Adly e i suoi collaboratori, accusati di avere fatto sparare sui manifestanti a piazza Tahrir, è stato rinviato al 3 agosto e unificato al processo che si aprira' quel giorno e per gli stessi reati contro l'ex presidente Hosni Mubarak.

    Kurdistan iracheno bombardato dall'artiglieria iraniana
    È di due civili curdi uccisi e altri tre feriti il bilancio degli intensi bombardamenti dell'artiglieria iraniana sul Kurdistan iracheno nelle ultime 24 ore, secondo quanto riferisce il comando delle guardie di frontiera dell'Iraq. La regione curda irachena è sottoposta frequentemente a bombardamenti da parte dell'Iran e della Turchia, con il dichiarato intento di neutralizzare le basi di movimenti separatisti curdi che dal territorio iracheno lanciano attacchi contro gli altri due Paesi.

    Moody's taglia il rating sul debito della Grecia
    Nonostante il piano di salvataggio approvato la scorsa settimana dai leader dei Paesi dell'Eurozona, l’agenzia Moody's ha tagliato ancora il rating sul debito della Grecia, a un passo dalla soglia predefinita di default. L'agenzia di rating ha avvertito che Atene dovrà affrontare ancora sfide a medio termine per quanto riguarda la solvibilità. Moody's ritiene inoltre che il nuovo piano di aiuti annunciato dall'Unione Europea indica che la probabilità di un default del debito del governo greco è pari “virtualmente al 100%”.

    Italia, ancora scontri in Val di Susa per i cantieri Tav
    Tensione oggi in Val di Susa intorno al cantiere della Maddalena dove sono in corso i lavori della contestata tratta ferroviaria Torino-Lione. Ieri accanto a manifestazioni pacifiche, centinaia di dimostranti hanno lanciato pietre e bombe carta contro le forze dell'ordine che presidiano il sito. Feriti 5 carabinieri. Intorno alla mezzanotte, è stata anche riaperta la statale 24, precedentemente bloccata da manifestanti No Tav. Al microfono di Massimiliano Menichetti il direttore del settimanale cattolico La Valsusa, don Ettore De Faveri:

    R. - Dalla giornata di ieri la situazione è tornata di nuovo molto tesa. Certamente questo rende la cosa molto complessa e difficile.

    D. - Da una parte si va avanti con il progetto della tratta Torino-Lione, dall’altra c’è chi continua a dire che non si deve fare. Come se ne uscirà?

    R. - Ci vuole un vero e proprio atto di coraggio da parte delle istituzioni, dello Stato: approntare una riflessione - oserei dire anche una trattativa - per metterli di fronte alle loro responsabilità. Si deve capire, una volta per tutte, se c’è uno spazio di manovra nella discussione, nella verifica delle cose o se queste persone altro non hanno in mente che la riconquista della Maddalena per fare di essa, come dicono loro, “la libera Repubblica”.

    D. - Accanto a chi manifesta pacificamente contro la Tav c’è anche chi ha lanciato bombe-carta. Questo gesto va comunque condannato…

    R. - Certamente. Anche da parte nostra, da parte del giornale diocesano e di tutto il mondo che riflette, l’invito è quello di non cedere, da questo punto di vista, alla tentazione di creare violenza per conquistare quello che molti di loro ritengono un valore. Però non va conquistato con la violenza. Mettiamola da parte, questa violenza.

    D. - Gruppi pacifisti, gruppi anarchici e adesso anche gli alpini si sono spaccati. Alcuni di loro sono contro la Tav…

    R. - Sì. Siamo arrivati addirittura a mettere in crisi un’esperienza storica come quella degli alpini. Pro o contro la Tav vuol dire che c’è un bisogno urgente di avviare una riflessione, una trattativa seria e profonda, altrimenti non se ne esce. (vv)

    Italia-Cie: giornalisti contro il divieto d'informazione
    Giornalisti italiani e stranieri si sono dati appuntamento oggi davanti ai Centri di identificazione ed espulsione italiani, per dire no al divieto stabilito dalla circolare dell’aprile scorso del ministero dell’Interno, con cui si nega ai cronisti la possibilità di raccontare ciò che accade all’interno dei Cie. Camilla Spinelli ha parlato dei motivi di questa protesta con Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana:

    R. – Innanzitutto permettere a noi giornalisti di entrare in questi centri perché il nostro diritto-dovere di vedere e raccontare coincide col diritto dei cittadini a sapere.

    D. - Quello che sembra essere un problema prettamente italiano ha però un’eco molto forte anche in altri Paesi europei ed extraeuropei?

    R. – Sul tema dei migranti spesso l’Europa non dà la migliore immagine di sé. Noi siamo qui davanti ai centri oggi sia come giornalisti ma anche perché come cittadini italiani non vogliamo che provvedimenti come quello della circolare Maroni rovinino la credibilità delle istituzioni: questa circolare autorizza a pensare che dentro i centri avvenga ogni nefandezza.

    D. – La circolare vieta l’accesso ai giornalisti al fine di non intralciare le attività nelle strutture?

    R. - Noi non intralciamo alcunché, noi chiediamo semplicemente di fare il nostro lavoro.

    D. - C’è chi dice che state difendendo una casta, quella dei giornalisti. Voi affermate che state dalla parte del diritto dell’informazione e che date voce alle proteste degli immigrati …

    R. – Non è un privilegio di categoria o peggio di corporazione, quello che chiediamo: è la possibilità di rispettare tanti diritti insieme. (bf)

    Spagna, indignados
    Sono tornati a migliaia in Piazza a Madrid i giovani aderenti al movimento degli Indignados per riprendere le fila della protesta esplosa il 15 maggio scorso. I manifestanti denunciano la politica corrotta, la 'collusione' con banche e poteri forti,la disoccupazione endemica, che colpisce metà dei giovani spagnoli, e chiedono un sistema più giusto e democratico. Le nuove manifestazioni serviranno anche a definire le nuove strategie per i prossimi mesi.

    Sequestro nave italiana
    La Farnesina segue la vicenda della nave mercantile italiana della compagnia armatrice Rbd Armatori di Torre del Greco, sequestrata dai pirati davanti alle coste del Benin. L’unità di crisi ha attivato tutti i canali politici e diplomatici, ma preferisce mantenere sulla vicenda il silenzio stampa. Il mercantile, è stato sequestrato mentre navigava nel Golfo della Nigeria. A bordo 23 uomini di equipaggio, due dei quali italiani.

    Venezuela, Chavez annuncia ricandidatura alle presidenziali
    Il presidente del venezuela Hugo Chavez, rientrato due giorni fa da Cuba dopo un ciclo di chemioterapia, ha affermato che si candiderà per un nuovo mandato di sei anni alle elezioni presidenziali del prossimo anno. Chavez, 56 anni, malato di cancro, ha confermato la volontà di ricandidarsi al quotidiano Correo del Orinoco, dopo che nei giorni scorsi era stata anticipata da fonti governative.

    Sri Lanka
    Buona affermazione del principale partito tamil nelle elezioni locali che si sono tenute nel nord e nord est dello Sri Lanka, regioni dove due anni fa sono stati sconfitti i ribelli separatisti delle Tigri Tamil. Sono stati 18 su 65 i consigli amministrativi conquistati dal partito dell'Alleanza nazionale tamil, mentre nelle altre circoscrizioni ha dominato il partito di maggioranza guidato dal presidente nazionalista Mahinda Rajapaksa. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 206

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.