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Sommario del 22/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Istituzione Teresiana: risvegliare l’anima cristiana e umana nel mondo dell’educazione e della cultura
  • Cordoglio del Papa per la morte del fratello del cardinale Bertone
  • Memoria di Santa Maria Maddalena. Il Papa: la fede nasce dall'incontro personale con Cristo risorto
  • Nomine
  • Padre Lombardi: il dibattito sul Rapporto Cloyne sia obiettivo e miri alla salvaguardia dei bambini
  • Il cardinale Rouco Varela: le Gmg hanno fatto nascere una nuova generazione di giovani cattolici
  • Mons. Chullikatt: le armi nucleari sono incompatibili con la pace
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Asia Bibi. Paul Bhatti: serve più prudenza per non fomentare gli estremisti
  • Somalia: gli integralisti Shabaab chiudono l'accesso alle organizzazioni umanitarie
  • Carovita in Malawi, esplodono le violenze: 18 i morti. Appello dei vescovi
  • Piano Marshall a Bruxelles: l’Ue salva Grecia e euro
  • Libia: la Nato intensifica i bombardamenti
  • Bambini sahrawi in vacanza in Italia
  • Chiesa e Società

  • Tagikistan: nuove restrizioni alla libertà religiosa
  • Malaysia: una ragazza cattolica e disabile rischia la pena di morte
  • Sud Sudan: messaggio del presidente Salva Kiir per i funerali di mons. Mazzolari
  • La Chiesa degli Usa: modificare la definizione del matrimonio significa cambiarne la natura
  • Repubblica Ceca: critiche della Chiesa alla riforma sanitaria
  • L'arcivescovo di Lviv: la Chiesa in Ucraina vive “una nuova primavera”
  • Cile: l’impegno delle Pom per la formazione missionaria
  • A Kinshasa fervono i preparativi in vista della canonizzazione del Beato Luigi Guanella
  • 24 Ore nel Mondo

  • Si allarga lo scandalo intercettazioni in Gran Bretagna: numerose testate nel mirino, 300 reporter coinvolti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Istituzione Teresiana: risvegliare l’anima cristiana e umana nel mondo dell’educazione e della cultura

    ◊   Benedetto XVI invia il suo saluto e la sua benedizione all’Istituzione Teresiana a cento anni dalla sua nascita. In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, letto durante la plenaria dell’Istituzione in corso nei pressi di Madrid, il Papa ricorda con gratitudine i buoni frutti raccolti da questa associazione internazionale di laici fondata nel 1911 da San Pedro Poveda, invitandola a rinnovare l’impegno a “risvegliare l'anima cristiana e umana” nel mondo dell'educazione e della cultura per “la promozione integrale della persona”. San Pedro Poveda – sottolinea il Papa – fu ispirato dallo “sguardo amorevole della Madonna di Covadonga” a mettere in pratica “la buona idea di dare nuovo impulso a una vita cristiana autentica e alla missione di evangelizzare e umanizzare i vari settori della società”. San Pedro Poveda, uomo dolce ma determinato, fu uno dei primi martiri dell’odio antireligioso scoppiato durante la guerra civile spagnola. Fu ucciso a Madrid il 28 luglio 1936 a 61 anni, dicendo queste ultime parole a chi lo aveva condannato a morte: “Sono sacerdote di Cristo”.

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    Cordoglio del Papa per la morte del fratello del cardinale Bertone

    ◊   Benedetto XVI ha espresso il suo cordoglio per la morte di Paolo Bertone, fratello del cardinale segretario di Stato, avvenuta questa mattina in una casa di cura a Moncrivello nel Vercellese. In un messaggio al cardinale Bertone, il Papa manifesta la sua vicinanza al porporato e ai familiari, assicurando la sua partecipazione spirituale alla liturgia funebre, che si svolgerà il 25 luglio nella Chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Solutore in Romano Canavese. Infine, eleva “fervide preghiere affinché il caro defunto possa condividere con il Signore Risorto la gioia e la pace senza fine”.

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    Memoria di Santa Maria Maddalena. Il Papa: la fede nasce dall'incontro personale con Cristo risorto

    ◊   La Chiesa celebra oggi la memoria di Santa Maria Maddalena, discepola del Signore e prima testimone del Risorto. Benedetto XVI l’ha definita una donna sincera, anche nella sua debolezza, una donna che continua ad amare quando tutte le ragioni dell’amore sembrano finite. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Maria di Magdala era una peccatrice: ma lo sapeva, lo riconosceva, per questo l’incontro con Cristo la cambia profondamente. Da lei escono sette demoni. La sua storia – afferma il Papa - richiama a tutti una verità fondamentale:

    “Discepolo di Cristo è chi, nell’esperienza dell’umana debolezza, ha avuto l’umiltà di chiedergli aiuto, è stato da Lui guarito e si è messo a seguirLo da vicino, diventando testimone della potenza del suo amore misericordioso, più forte del peccato e della morte”. (Angelus del 23 luglio 2006)

    E’ facile seguire Gesù quando compie miracoli e tutti lo osannano. La Maddalena lo segue anche quando viene arrestato, deriso, ucciso sulla croce, mentre perfino i discepoli fuggono. Ma lei sarà anche la prima a incontrare il Cristo risorto e a correre ad annunciarlo al mondo:

    “La fede nasce dall’incontro personale con Cristo risorto, e diventa slancio di coraggio e di libertà che fa gridare al mondo: Gesù è risorto e vive per sempre. E’ questa la missione dei discepoli del Signore di ogni epoca e anche di questo nostro tempo”. (Udienza generale del 19 aprile 2006)

    Maria Maddalena non ha mai smesso di cercare il Signore, anche quando ogni speranza sembra perduta. E la sua costanza viene premiata. Lo ritrova e lo riconosce quando viene da Lui chiamata per nome:

    “Anche noi, se cerchiamo il Signore con animo semplice e sincero, lo incontreremo, anzi sarà Lui stesso a venirci incontro; si farà riconoscere, ci chiamerà per nome, ci farà cioè entrare nell’intimità del suo amore”. (Udienza generale dell’11 aprile 2007)

    La sua gioia nel ritrovare il Maestro è grande, vorrebbe riabbracciarlo, come un tempo, ma Gesù la ferma. “Ormai – osserva il Papa - non c’è più posto per un rapporto con il Risorto che sia meramente umano”, occorre uno sguardo totalmente nuovo:

    “Per incontrarlo non bisogna tornare indietro, ma porsi in modo nuovo in relazione con Lui: bisogna andare avanti! Lo sottolinea San Bernardo: Gesù ci invita tutti a questa vita nuova, a questo passaggio… Noi non vedremo il Cristo voltandoci indietro". (Udienza generale dell’11 aprile 2007)

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jelgava (Lettonia) presentata da mons. Antons Justs per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. Eduards Pavlovskis, del clero dell’arcidiocesi di Riga (Lettonia), finora parroco della parrocchia di Cristo Re. Il rev. Eduards Pavlovskis è nato il 30 agosto 1950 a Bresne, nella Regione di Latgalia, oggi diocesi di Rezekne-Anglona. E’ stato ordinato sacerdote per l’arcidiocesi di Riga il 25 maggio 1975 dall’allora arcivescovo Valerians Zondaks. In questi 36 anni di sacerdozio ha svolto il ministero di vice parroco e parroco in diverse realtà dell’arcidiocesi. Il rev. Pavloskis dopo l’ordinazione sacerdotale, contemporaneamente agli incarichi pastorali, ha insegnato lingua greca e polacca, liturgia e filosofia (logica, ontologia e cosmologia), presso il Seminario Maggiore di Riga fino al 2000. Inoltre, è uno dei direttori spirituali esterni del Seminario. Ha ricoperto anche l’incarico di Economo del Seminario.

    Il Santo Padre ha nominato vescovo di Saint-Claude (Francia) mons. Vincent Jordy, finora vescovo ausiliare di Strasburgo. Mons. Vincent Jordy è nato il 20 gennaio 1961 a Perpignan, nella diocesi omonima. Dopo gli studi superiori all’Università statale di Strasburgo, Facoltà di Diritto e Scienze Politiche, ottenendo la Licenza, è entrato al Pontificio Seminario francese di Roma. Ha frequentato i corsi di filosofia e di teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, concludendoli con il baccalaureato in Teologia. E’ stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1992 per l’arcidiocesi di Strasburgo. Ha contribuito a fondare un’associazione diocesana sacerdotale chiamata "Fraternitè de Jésus". Nel 2002 ha pubblicato il libro intitolato "L’Art de la prière". Eletto vescovo titolare di Idassa e nominato ausiliare di Strasburgo il 19 settembre 2008, è stato consacrato l’11 novembre successivo. In seno alla Conferenza Episcopale Francese è membro del Consiglio per l’Unità dei Cristiani e per i rapporti con il giudaismo.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Uzbekistan mons. Ivan Jurkovič, arcivescovo titolare di Corbavia, nunzio apostolico nella Federazione Russa.

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    Padre Lombardi: il dibattito sul Rapporto Cloyne sia obiettivo e miri alla salvaguardia dei bambini

    ◊   Il direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, interpellato dai giornalisti, è intervenuto ieri sera sulla questione degli abusi su minori compiuti da esponenti del clero in Irlanda. Il portavoce vaticano ha confermato, "come già detto, che la Santa Sede risponderà opportunamente alla domanda posta dal Governo irlandese a proposito del Rapporto sulla diocesi di Cloyne. In ogni caso – ha proseguito - ci si augura che il dibattito in corso su temi così drammatici si sviluppi con la necessaria obiettività, in modo da contribuire alla causa che deve stare maggiormente a cuore a tutti, cioè la salvaguardia dei bambini e dei giovani e il rinnovamento di un clima di fiducia e collaborazione a questo fine, nella Chiesa e nella società, come auspicato dal Papa nella sua Lettera ai cattolici dell’Irlanda”.

    Mercoledì scorso, durante un dibattito parlamentare sul Rapporto Cloyne, il primo ministro irlandese, Enda Kenny, aveva accusato il Vaticano di aver incoraggiato i vescovi a non denunciare gli abusi alle autorità ufficiali.

    A sua volta, l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, in un’intervista alla Radio nazionale Rte, ribadendo il suo profondo dolore per la vicenda, aveva respinto con forza tali accuse, sottolineando che nella diocesi di Cloyne sono state ignorate le norme del 2001, volute dall’allora cardinale Ratzinger, dunque dal Papa attuale. Il primate d’Irlanda ha anche affermato come lui stesso abbia consegnato personalmente 70 mila documenti alla Commissione d’inchiesta Murphy, denunciando tutti i casi di dichiarazioni di abuso alla polizia irlandese e ha aggiunto: “Non sono mai stato richiamato dal Vaticano per questo”. Il presule ha poi denunciato quanti tradiscono la Chiesa prendendosi gioco delle sue norme, ma ha anche criticato il governo irlandese per non essere riuscito a dare misure adeguate di protezione ai bambini. Infine, ha esortato a non mettere in pericolo la collaborazione tra i vari settori della società civile: “Non voglio vedere – ha detto - contrasti tra Chiesa, Stato e volontari. Dovremmo tutti lavorare insieme per garantire che i bambini siano protetti”.

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    Il cardinale Rouco Varela: le Gmg hanno fatto nascere una nuova generazione di giovani cattolici

    ◊   I giovani cattolici di tutto il mondo si stanno preparando ad incontrare il Papa a Madrid per la Giornata mondiale della gioventù. Prima di arrivare all’incontro, i ragazzi del Cammino neocatecumenale che verranno dai diversi continenti, annunceranno il Vangelo nelle città dell’Europa invitando la gente a partecipare all’appuntamento. Daniel Calabuig, giovane spagnolo di 26 anni, di Valencia, ha partecipato a diverse Giornate mondiali della Gioventù e andrà anche quest’anno. Debora Donnini gli ha chiesto quale significato abbiano avuto questi momenti nella sua vita:

    R. – Quello che mi aiuta sempre nella mia vita è la parola del Papa. Lui dice sempre una parola di incoraggiamento ai giovani: “Voi siete la speranza della Chiesa”. Per me significa sentire l’amore nella mia vita ed è quanto accade anche nelle Giornate mondiali della gioventù. Io sono il primo di dieci fratelli ed è una grazia che partecipo per la prima volta con altri sette fratelli alla Giornata mondiale della gioventù, non mettendo al primo posto i soldi, ma vedendo l’amore dei nostri genitori verso di noi, che hanno fatto dei sacrifici per farci partecipare a questo evento.

    D. – Tu e le persone con cui andrai alla Giornata mondiale della gioventù e la diocesi di Valencia come vi state preparando?

    R. – Stiamo facendo vari incontri, preghiamo insieme i Vespri, ascoltiamo e meditiamo la Parola e c'interroghiamo sulla nostra vocazione e poi c'è l’adorazione al Santissimo. La diocesi di Valencia sta preparando l’accoglienza: arriveranno più o meno ottomila giovani e l’arcivescovo della città celebrerà una Messa. Le famiglie valenciane apriranno le loro porte per accogliere queste persone che verranno dall’India, dall’Africa, per poi partire tutti assieme per Madrid.

    D. – Prima di arrivare a Madrid avrete anche un momento di annuncio del Vangelo...

    R. – I primi giorni non andremo subito a Madrid, ma ad Avila per annunciare nelle strade e nelle piazze il Vangelo ai giovani. Questo può essere una testimonianza concreta: vedere che anche qui in Spagna ci sono giovani cattolici che mostrano che quello che ha fatto Dio, che ha fatto la Chiesa per noi nella nostra vita, e che è possibile lo facciano anche a tutti gli altri se aprono il loro cuore. Noi siamo molto grati che venga il Papa a Madrid a trovarci. (ap)

    Ma quali speranze nutre la Chiesa per questa Giornata mondiale della gioventù? Rafael Alvarez Taberner lo ha chiesto al cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid:

    R. - Que la Jornada sea de nuevo un momento...
    Auspico che la Giornata sia un momento molto profondo di conversione dei giovani a Cristo. Lo scopo di queste Giornate mondiali è proprio quello di rivitalizzare i giovani perché la loro fede abbia solide basi nell’incontro autentico con il Signore. Sono giorni densi di esperienza di fede e di comunione ecclesiale. Certo, oggi i giovani devono affrontare, soprattutto in Occidente, i problemi di una società caratterizzata da un laicismo distruttivo e da un relativismo morale e religioso molto forte. Di fronte a questa situazione, queste Giornate sono davvero un importante strumento di apostolato ed evangelizzazione dei giovani e io credo che questi appuntamenti, promossi da Giovanni Paolo II 25 anni fa, abbiano davvero fatto nascere una nuova generazione di giovani cattolici. (ap)

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    Mons. Chullikatt: le armi nucleari sono incompatibili con la pace

    ◊   “La questione nucleare: il magistero della Chiesa e la situazione attuale”: questo il titolo della conferenza tenuta nei giorni scorsi nella città di Kansas City, in Missouri, dall’arcivescovo Francis Chullikatt, Osservatore Permanente della Santa Sede all’Onu. Il servizio di Fausta Speranza:

    20.000 armi nucleari giacciono in 111 siti in 14 Paesi del mondo. Ogni anno si spendono 100 miliardi per il mantenimento e la modernizzazione di arsenali nucleari. Mons. Chullikatt ricorda queste cifre per evidenziare quanto resti irrisolta, dopo più di 20 anni dalla fine della ‘guerra fredda’, la questione del disarmo nucleare. “La vastità di tali problematiche ha preoccupato a lungo la Chiesa cattolica” che torna a dissuadere dal sostenere gli armamenti nucleari secondo l’insegnamento che emergeva dal Concilio Vaticano II e che negli anni è stato fatto proprio da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. La Chiesa “aborrisce all’idea di qualunque uso di armi nucleari”. La condanna ha radici nel rispetto che la Chiesa ha della vita e della dignità della persona. I Trattati per la non proliferazione delle armi nucleari sono ben visti ma solo come fase di passaggio perché – spiega mons. Chullikatt – l’obiettivo deve essere il disarmo completo. Questo era nelle intenzioni degli Stati dopo la fine della “guerra fredda”: eliminare gli arsenali e provvedere alla tecnologia nucleare solo a scopi civili. Ma così non è avvenuto e diversi Stati contano sulle armi nucleari per la propria sicurezza. Secondo la Chiesa cattolica “l’obiettivo non è rendere il mondo più sicuro attraverso la minaccia delle armi nucleari ma piuttosto rendere il mondo più sicuro attraverso il condiviso e verificabile disarmo nucleare”. “In una guerra nucleare – dice mons. Chullikatt - non ci sarebbero vincitori ma solo vittime”. “La vera pace richiede necessariamente il disarmo completo”. E’ stato stimato che per gli arsenali nucleari sia stata spesa una cifra superiore a 1 trilione di dollari. E mons. Chullikatt pensa a quanti progetti di sviluppo a beneficio dei popoli si sarebbero potuti sovvenzionare. Per quanto riguarda le conseguenze, purtroppo bisogna ricordare che oltre all’uccisione di tante persone ci sono da mettere in conto gli effetti devastanti delle radiazioni che “non possono essere contenuti”. Già dal 1996 la Corte internazionale di Giustizia ha affermato che “devono essere conclusi negoziati seri per l’eliminazione delle armi nucleari”. La Chiesa, che incoraggia fortemente qualunque processo che porti a questo, ribadisce che “le armi nucleari sono incompatibili con la pace che si vuole per il 21.mo secolo”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il seme della storia: in prima pagina, Francesco Ventorino sul senso della risurrezione oggi.

    Il cordoglio del Papa per la morte di Paolo Bertone, fratello del segretario di Stato.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’accordo economico, raggiunto a Bruxelles, per salvare la Grecia.

    Quella trama dove passa il filo di Dio: in cultura, la presentazione di Inos Biffi al volume “Scritti Liturgici. Riflessioni, appunti, saggi (1930-1939)” che raccoglie i più antichi testi dedicati da Giovanni Battista Montini alla liturgia.

    Un articolo di Mordechay Lewy, ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, dal titolo “Gerusalemme in Acquapendente”: ipotesi per una nuova attribuzione della più antica imitazione del Santo Sepolcro rimasta in Europa.

    Quanto darei per parlare cinque minuti con san Tommaso: Roberto Cutaia a colloquio con don Fortunato Signini, curatore dell’ultimo numero della rivista “Divus Thomas” dedicato a un confronto tra il Doctor Angelicus e Antonio Rosmini.

    Servi umilissimi della Parola di Dio: nell’informazione religiosa, il cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, sulle radici del ministero episcopale.

    Pace e coesione nazionale per il Libano: nell’informazione vaticana, mons. Maurizio Malvestiti, sotto-segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, sull’auspicio del cardinale prefetto Leonardo Sandri durante la recente visita nel Paese.

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    Oggi in Primo Piano



    Asia Bibi. Paul Bhatti: serve più prudenza per non fomentare gli estremisti

    ◊   Sono passati oltre 760 giorni dall’arresto nel 2009 di Asia Bibi, la donna cristiana 45.enne, madre di cinque figli, accusata in Pakistan di blasfemia. Indebolita nel fisico e prostrata dalle minacce da parte di estremisti islamici, Asia Bibi in cella continua a pregare e spera nella liberazione. Ma la sua famiglia, costretta a vivere in clandestinità, teme che possa ripetersi la vicenda di Qamar David, un cristiano pakistano condannato all’ergastolo per blasfemia e deceduto in circostanze sospette nella prigione di Karachi. In Pakistan, intanto, gli avvocati e tutte le forze impegnate ad ottenere il rilascio di Asia Bibi, hanno scelto di lavorare in silenzio. Spiega i motivi di questa decisione al microfono di Amedeo Lomonaco il consigliere speciale del primo ministro per gli Affari delle Minoranze Religiose, Paul Bhatti, fratello del ministro cattolico per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, ucciso lo scorso 2 marzo da estremisti islamici ad Islamabad:

    R. – Ci siamo resi conto che più abbiamo esaltato il caso, più problemi abbiamo avuto a partire dal governo del Punjab e - considerando anche la vicenda di mio fratello Shabbaz - abbiamo adottato questo metodo del silenzio perché ci è sembrata la via più giusta. Abbiamo visto che più si esaltava il caso, più si peggiorava la situazione per lei e per noi. Anche se noi stiamo facendo grandi sforzi, insieme agli sforzi della Francia, alle manifestazioni organizzate in Italia e in altri Paesi europei, abbiamo visto che tutto questo inizia a fomentare gli estremisti e tutto si riduce ad una presa di posizione dalla quale non si uscirà mai. Noi non vogliamo un confronto con gli estremisti e con i fondamentalisti; quello che vogliamo è che nella nostra società non ci siano più Asia Bibi …

    D. – Possiamo però essere speranzosi, nel caso di Asia Bibi? Possiamo sperare che nei prossimi mesi si arrivi alla liberazione?

    R. – Non posso dire se avverrà nei prossimi mesi, però stiamo facendo tutto il possibile perché ciò avvenga al più presto e senza rischi per lei e per gli altri. Stiamo lavorando su questo. Anche gli ambasciatori occidentali si stanno interessando molto e sono coinvolti, in particolare, la Francia con il presidente, che si è interessato direttamente al caso. Ma non è questo che ci serve: ci serve qualcosa di più. Ci serve di parlare con le persone che sono qui per agire, per vedere insieme quali possano essere i metodi più idonei per appoggiare le minoranze.

    D. – Quindi, un percorso giuridico per aiutare Asia Bibi e soprattutto per non lasciarla sola, perché è vero che è grave la sentenza nei suoi confronti, ma quello che fa ancora di più crescere i timori è la condanna di morte da parte degli estremisti …

    R. – Sì, quella è la stessa condanna che domani toccherà anche a me: loro condannano chiunque sia contro di loro. E condannano anche chi aiuta una persona accusata di blasfemia, perché secondo il loro modo di vedere per il fatto stesso che io stia aiutando Aia Bibi, anche io sono condannato. Lo sono perché sto aiutando una persona accusata di blasfemia. Perciò anche io ho commesso lo stesso reato, secondo loro.

    D. – Però, questo non la ferma, sicuramente, nel suo lavoro, anche nel ricordo di suo fratello che è stato ucciso proprio dagli estremisti...

    R. – No, non è che questo ci fermi, però dobbiamo pur arrivare ad una conclusione, dobbiamo arrivare ad un cambiamento radicale, ricorrendo a metodi giusti, diplomatici. E' questo ciò che serve, non manifestazioni che non fanno altro che ulteriormente fomentare gli estremisti. (gf)

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    Somalia: gli integralisti Shabaab chiudono l'accesso alle organizzazioni umanitarie

    ◊   Nonostante la gravissima crisi che ha colpito i Paesi del Corno d’Africa, i miliziani integralisti somali, al Shabaab, hanno annunciato che non permetteranno l’accesso alle organizzazioni umanitarie nei territori sotto il loro controllo. L’accusa che questi gruppi vicini ad al Qaeda rivolgono alle Nazioni Unite infatti è quella di esagerare deliberatamente i dati su carestia e siccità per finalità politiche. Da parte sua l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sottolinea che sono in media 1.000 le persone disperate che ogni giorno arrivano a Mogadiscio in cerca di aiuto, dopo essersi lasciate alle spalle la carestia che colpisce le regioni del sud del Paese. Nel solo mese di luglio oltre 20.000 sfollati sono giunti nella capitale somala, di cui più della metà di loro provienienti dalla regione di Lower Shabelle, dove mercoledì scorso è stata ufficialmente dichiarata la carestia. Sugli aspetti politici, il servizio di Stefano Leszczynski:

    La carestia che si è abbattuta sull’Africa orientale ha colpito almeno 11 milioni e 300 mila persone. Il dato è talmente impressionante da avere spinto le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate a varare con urgenza un vasto piano di aiuti umanitari. “Si tratta di scegliere tra la vita e la morte”, ha affermato da Mogadiscio Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale, che si appresta a distribuire aiuti alimentari a oltre due milioni di persone. Un obiettivo che rischia tuttavia di rimanere parzialmente inattuato, per l’opposizione dei gruppi più radicali del fondamentalismo. Gli al Shabaab, infatti, vicini alla rete terroristica di al Qaeda e padroni di ampie aree della Somalia, non intendono garantire l’accesso alle organizzazioni umanitarie nei territori sotto il loro controllo. La folle motivazione di un tale divieto consiste nell’accusare le Nazioni Unite di esagerare deliberatamente la drammaticità della carestia nel Paese africano per sfruttare l'allarme con finalità politiche. Una posizione che suscita fortissime preoccupazioni in tutti gli ambiti internazionali, in quanto le aree a maggiore rischio sono proprio quelle sotto il controllo di questo gruppo insurrezionale.

    Sulle motivazioni della presa di posizione degli al Shabaab, Giancarlo La Vella ha intervistato Marco Rotelli, segretario generale di Intersos, organizzazione non governativa che da anni opera in Somalia:

    R. – Purtroppo la Comunità internazionale è abbastanza abituata a questi proclami politici di al Shabaab. Le motivazioni che porta il portavoce sono di carattere politico o religioso; ritiene che l’influenza internazionale possa essere un problema per la comunità somala che a suo avviso sta intervenendo e sta supportando i più vulnerabili in questa fase critica della siccità e della carestia in Somalia; inoltre presenta problematiche di carattere religioso, accusando la comunità internazionale di portare i somali verso Paesi a matrice cristiana.

    D. - Intanto in tutto il Corno d’Africa si continua a morire e a soffrire. Quali sono i dati che avete a vostra disposizione?

    R. - I dati sono terribili, si parla di oltre 10 milioni di persone coinvolte da questa carestia. L’epicentro si trova nelle regioni centromeridionali della Somalia, ovvero le aree largamente controllate dal movimento di al Shabaab. Le conseguenze sulle persone sono gli effetti di un terribile mix di conflitto, fenomeni naturali e soprattutto del mancato accesso umanitario in queste aree. Da anni non si riesce ad intervenire come la Comunità internazionale vorrebbe e le conseguenze non sono altro che il degenerare di questa situazione.

    D. - Sembra che ci sia una situazione estremamente caotica e quindi difficoltosa nel portare gli aiuti e nell’organizzare gli interventi umanitari?

    R. – La situazione è caotica perché abbiamo centinaia di migliaia di persone che si spostano dalla Somalia centromeridionale verso i campi in Etiopia e nel nord del Kenya. Ricordiamo che tutti e due sono Paesi piuttosto poveri e con estreme difficoltà sia economiche che generali ma anche loro colpiti dalla siccità. Quindi, la crisi si sta già allargando. Il fatto di avere centinaia di migliaia di persone che vinte dalla fame e dalla carestia si spostano fuori dai confini somali non fa altro che ridurre ancor di più la capacità della Somalia di riemergere da una situazione ormai assolutamente ingestibile. Sono vent’anni che questo Paese è al collasso, in assenza totale di un controllo reale politico e quindi di una speranza di risollevamento. La situazione, se va avanti così, non potrà che peggiorare. Se non si interviene come Comunità internazionale in maniera più convinta, trovando forme di dialogo anche con al Shabaab, la situazione non potrà che arrivare a un disastro ancora più totale di quanto non lo sia oggi.

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    Carovita in Malawi, esplodono le violenze: 18 i morti. Appello dei vescovi

    ◊   Stati Uniti, Onu e Unione Europea hanno condannato l’uso della forza in Malawi, dove ieri la polizia è intervenuta per disperdere alcune manifestazioni antigovernative provocando almeno 18 vittime. Oggi fonti della sicurezza riferiscono di oltre 200 arresti eseguiti in varie città negli ultimi due giorni. I vescovi del Malawi hanno invitato alla calma, esortando i dimostranti a fermare ogni forma di violenza e di saccheggio e chiedendo al governo di aprire una chiara linea di dialogo con tutte le parti interessate. Ma qual è il clima nel Paese africano in queste ore? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a padre Piergiorgio Gamba, missionario dei monfortani che vive da anni in Malawi:

    R. – Il clima è certamente di attesa dopo la violenza che ha fatto seguito a una manifestazione che era rimasta nei limiti di una manifestazione pacifica; poi è diventata violenta proprio per il modo con cui è intervenuta la polizia, un modo molto pesante. Adesso si sta calmando anche perché è intervenuto l’esercito che in Malawi è considerato dalla parte della gente.

    D. - La gente reclama la mancanza di cibo, l’aumento dei prezzi e la carenza di carburante…

    R. - In particolare la mancanza di energia elettrica. Si tratta di beni che non erano mai venuti a mancare in un modo così vistoso come lo sono attualmente, con la risposta del ministro dei Trasporti che, davanti a quello che la gente chiede, dice: “Eh, bisognerà abituarsi a questa situazione”.

    D. - Quali sono state le reazioni della presidenza?

    R. – Il Paese ha fatto scelte legate a un’autarchia estrema. Il presidente porta avanti discorsi ideologici di patriottismo e indipendenza che poi non corrispondono alla realtà del Paese.

    D. - Come si vive in Malawi?

    R. – La popolazione, in grandissima maggioranza, vive ancora con meno di un dollaro al giorno e c’è una estrema povertà. In questi ultimi anni però c’era tanta speranza, il Paese aveva raggiunto una crescita del 7 per cento, quindi tra le più alte al mondo. Certo, questa crescita non si vedeva nel villaggio, però si vedeva un Paese, che nella stabilità che lo caratterizza - perché rimane uno dei Paesi che non ha mai avuto esperienze di guerra - ha voluto dire chiaramente che non era più possibile continuare così.

    D. – Qual è il messaggio che emerge da queste manifestazioni?

    R. – Queste manifestazioni accusano il governo di portare il Paese a un aumento della povertà insostenibile e vogliono che cambi.

    D. – Com’è stata la reazione della Chiesa locale?

    R. – La Chiesa cattolica, il 30 ottobre 2010, all’inizio dell’Avvento, aveva presentato un programma dove esprimeva i sentimenti della gente che si sentiva andare alla deriva, abbandonata dalla politica e dai propri leader. Da lì il presidente ha chiuso ogni dialogo con la Chiesa. La Chiesa è una presenza molto forte - sono otto diocesi, otto vescovi di cui sei africani e due europei - e ha continuato la ricerca del dialogo. Immediatamente prima di queste manifestazioni aveva fatto sentire forte il suo messaggio parlando di una manifestazione pacifica a tutti i costi. Il giorno della manifestazione, quando ormai stava scadendo nella violenza, c’è stata poi una lettera in cui il rappresentante dei vescovi chiedeva il dialogo con la presidenza, e, allo stesso tempo, chiedeva alla gente di evitare qualsiasi forma di violenza e di confrontarsi con la dirigenza politica.

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    Piano Marshall a Bruxelles: l’Ue salva Grecia e euro

    ◊   Dopo il piano europeo da 160 miliardi per salvare la Grecia, le Borse europee hanno segnato reazioni positive e l'agenzia di rating Fitch ha parlato di “passo importante'' per la stabilità dell'eurozona e di “default limitato” per la Grecia. Ieri i leader dell'Eurozona per arginare la crisi del debito sovrano hanno varato un pacchetto di misure senza precedenti, che, dopo la ritrovata sintonia tra Francia e Germania, è stato adottato all'unanimità. Al salvataggio parteciperanno anche le banche e, davanti al rischio di un default selettivo che potrebbe essere decretato dalle agenzie di rating, i leader dei 17 hanno deciso di creare una sorta di paracadute attraverso l'estensione del campo di azione del fondo salva-Stati. Si può dire dunque che in questo caso le Banche si sono assunte alcuni oneri? Fausta Speranza lo ha chiesto all’economista Alberto Quadrio Curzio:

    R. – Io credo si possa senz’altro dire, anche se le banche private sono coinvolte in una misura tale che non pregiudica la loro sostanziale tenuta, anche perché l’orizzonte temporale del loro intervento andrà a concludersi nel 2019, quindi si tratta di otto anni. Ora, se l’economia europea funzionerà come deve, è un onere che le banche private possono ben sopportare. E credo sia anche opportuno che ciò sia accaduto senza pregiudizio – a mio avviso – degli azionisti delle banche private stesse, ma forse con qualche maggiore risparmio anche sul fronte degli emolumenti che sono stati così lauti per i vertici gestionali delle banche medesime.

    D. – Tra i punti dell’intesa, c’è anche la proposta di ridurre il peso delle agenzie di rating: è d’accordo? E soprattutto, secondo lei, si farà davvero?

    R. – Io sono pienamente d’accordo e credo che l’Europa, così come si è data una Banca centrale, deve darsi una agenzia di rating di natura pubblica che sia completamente indipendente e anche appaia completamente indipendente. Le agenzie di rating attualmente in essere sono tre grandi agenzie che coprono il 95 per cento delle certificazioni del mondo. Io non credo che esista un altro caso di mercato che, per il 95 per cento è coperto da soli tre soggetti: rappresentano davvero uno strapotere, anche laddove queste agenzie di rating non vogliano intenzionalmente esercitare uno strapotere; ma di fatto, ce l’hanno.

    D. – In definitiva, si è salvata la Grecia e l’euro ma si è anche aperta la porta a un uso diverso del Fondo salva-Stati: è così?

    R. – E’ così. E sotto questo profilo, io avrei preferito di molto un intervento assai più lineare che avrebbe dovuto portare all’emissione degli eurobond, alla trasformazione del cosiddetto Fondo salva-Stati in un’agenzia europea del debito. Un’agenzia che avrebbe potuto assorbire parte del debito pubblico degli Stati membri; avrebbe potuto collocare sul mercato delle obbligazioni di Eurolandia che avrebbero avuto – a mio avviso – una grande attrattività per gli investitori finanziari mondiali; avrebbe potuto raccogliere risorse finanziarie anche per fare investimenti adatti al XXI secolo - e cioè in energie pulite, in ambiente, in infrastrutture civili - tali da far crescere l’Europa e soprattutto far crescere l’occupazione. Si è scelta una via di mezzo: servirà per salvare gli Stati in pericolo e per proteggere quelli che non lo sono, ma a mio avviso non serve per ridare spinta ad una crescita sostenibile che l’Europa si deve dare, nel XXI secolo, anche per andare incontro alla disoccupazione giovanile che è una cosa seria.

    D. – Adesso l’attenzione si sposterà in particolare sul Portogallo, forse anche sulla Spagna e sull’Italia. Quali prospettive intravede?

    R. – Il Portogallo e l’Irlanda dovrebbero essere relativamente protetti e anche eventualmente assistiti da misure poste in essere con questo nuovo meccanismo. Per quanto riguarda l’Italia, credo che nei giorni scorsi ci sia stato un errore di prospettiva sul nostro Paese, non solo e non tanto perché la manovra è stata approvata molto velocemente, ma anche perché l’Italia è un Paese molto solido, sia per un sistema bancario tutt’altro che pericolosamente esposto, sia per una ricchezza privata che detiene più del 50 per cento dei nostri titoli di Stato. Un grande banchiere di una banca inglese, una delle più grandi del mondo, ha dichiarato che l’errore di prospettiva nel mettere sotto osservazione l’Italia da parte delle agenzie di rating è stato tale proprio perché non ha considerato questi aspetti. Credo ci sia stata un’aggressione speculativa all’Italia nel tentativo di scardinare l’euro attraverso l’Italia: infatti, se viene scardinato l’euro, viene scardinato attraverso uno dei suoi grandi Paesi e quindi attraverso Italia o Spagna. Il caso della Spagna è più delicato, perché ha avuto una bolla immobiliare spaventosa, ha una disoccupazione che supera il 20 per cento e una disoccupazione giovanile che va oltre il 40 per cento. La Spagna, probabilmente, ha vissuto gli anni passati con troppa euforia pensando che la sua crescita fosse infinita; in realtà, era una crescita speculativa, e le crescite speculative non durano mai a lungo. (gf)

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    Libia: la Nato intensifica i bombardamenti

    ◊   In Libia la Nato ha intensificato i bombardamenti su Zliten, mentre continuano gli scontri tra i ribelli e i fedeli del colonnello Gheddafi alle porte di Misurata. Ieri sera gli oppositori del rais sono riusciti anche ad entrare a Tripoli e a colpire un palazzo presidenziale dove si trovavano membri del governo. Intanto la diplomazia internazionale è al lavoro intorno al nodo-Gheddafi per trovare una soluzione alla crisi libica. Oggi a Roma nuovo incontro tra il ministro egli Esteri Frattini e il vicepresidente del Consiglio transitorio di Bengasi Ali al-Issawi. Intanto si continua a discutere dell’uscita di scena di Gheddafi dalla Libia, con diverse soluzioni possibili: trasferimento all’estero, passaggio di poteri restando nel Paese. E' rimasta, invece, lettera morta il mandato di cattura emesso nei suoi confronti dal Tribunale penale internazionale. Perché non è stato dato seguito all’iter attivato dal procuratore, Luis Moreno Ocampo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Vincenzo Buonomo, docente di Diritto internazionale all’Università Lateranense:

    R. - Resta il problema dell’implementazione delle decisioni del procuratore, non soltanto nel caso Gheddafi, bisogna subito ricordarlo, ma anche in altri casi, in altri Paesi africani: penso per esempio al Sudan. Resta, quindi il problema dell’impegno dei singoli Stati a dare attuazione alle indicazioni che provengono da istanze internazionali. Nel caso specifico c’è anche una difficoltà che è subentrata nell’ultimo periodo e cioè organizzazioni non governative, come Amnesty International o Human Rights Watch, hanno praticamente messo in discussione i punti di partenza dello stesso mandato di cattura emesso dalla corte, in particolare per quanto riguarda i fatti che sarebbero avvenuti a Zawaya, nel corso della repressione fatta dalle truppe governative, e sulla cui base è stato costruito il mandato. Dobbiamo ricordare che il mandato è stato emesso per crimini commessi nel mese di febbraio e non per situazioni successive all’inizio dell’attacco alla Libia.

    D. - La maggior parte degli Stati africani sostiene che questa incriminazione risponde esclusivamente agli interessi occidentali. Quanto una frattura così forte può danneggiare il Tribunale penale internazionale, almeno dal punto di vista della credibilità?

    R. - Il Tribunale penale internazionale al momento rappresenta un punto di arrivo di una riflessione fatta dalla Comunità internazionale, secondo cui non ci può essere impunità neanche per capi di Stato, capi di governo o responsabili degli Stati. Tra l’altro, nel caso specifico del mandato nei riguardi di Gheddafi, è la prima volta che il Tribunale lo emette a conflitto ancora in corso e non alla fine del conflitto. Certamente per quanto riguarda il caso dell’Africa, basti citare l’esempio del Darfur con le accuse di genocidio rivolte dal Tribunale internazionale al presidente del Sudan che sono rimaste lettera morta: perché? Perché all’accusa del Tribunale, o meglio all’atto del Tribunale, dovrebbe corrispondere l’impegno degli Stati a garantire l’arresto o, quanto meno, la delegittimazione dal punto di vista politico di colui che è oggetto del mandato di cattura. Questo - non solo in Africa, ma anche in altri contesti geografici - fino ad oggi non è mai avvenuto.

    D. - Su una cosa non ci sono dubbi: Gheddafi continua a dividere la Comunità internazionale. Perché, secondo lei?

    R. – Anzitutto, Gheddafi divide un Paese, divide un popolo. Lì c’è una contrapposizione tra persone che vivono in un contesto geograficamente già diviso, ma di fatto un contesto che dal punto di vista sociologico poteva dirsi in qualche modo unito: Gheddafi già divide lì. Dall’altra parte, divide la Comunità internazionale per interessi che non riguardano soltanto la questione libica interna, ma riguardano anche la gestione di risorse, la condivisione di risorse e poi soprattutto l’esposizione della Libia nei confronti di altri Paesi con cui la Libia ha accordi di tipo commerciale o di tipo economico più generale. (ma)

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    Bambini sahrawi in vacanza in Italia

    ◊   Dalla metà degli anni ’80, grazie a una serie di associazioni, giungono in Italia nei mesi estivi centinaia di bambini originari del Sahara Occidentale, che vivono per il resto dell’anno nei campi profughi in Algeria. Appartengono al popolo dei Sahrawi, le antiche tribù del deserto che, passato dal colonialismo spagnolo all'amministrazione del Marocco, lotta da anni per l’indipendenza. Ai piccoli viene offerta la possibilità di una vacanza fuori dai campi, assistenza sanitaria e l’occasione di parlare all’Europa della loro drammatica condizione. A Roma, sono ospitati al Borgo Don Bosco. Ma sentiamo Luca Attanasio:

    Ottobre 2010, oltre 20 mila persone, in gran parte giovani, donne, bambini, piantano 80 tende a Gdeim Izik nei pressi di El Aiun, la capitale dei territori occupati dal Marocco: chiedono pane e rispetto. Per molti osservatori sono proprio quei ragazzi del Sahara Occidentale a innescare la miccia che di lì a poco incendierà tutto il Nordafrica e il Medio Oriente. I Sahrawi - il popolo del deserto, che non riesce a diventare Stato, nascosti dietro il muro più lungo del mondo, 2.700 km, o ammassati nei campi profughi a Tindouf in Algeria - attendono da venti anni che si svolga il referendum approvato dall’Onu sull’autodeterminazione. Sidahmed Bachir, un giovane sahrawi da molti anni in Italia:

    “Il mio popolo soffre al centro del deserto dell’Algeria e quei pochi che vivono nei territori occupati sono soggetti a maltrattamenti da parte delle autorità marocchine e non hanno assolutamente possibilità di sfruttare le risorse ricchissime del territorio”.

    Per fargli passare un’estate serena e sana ma anche far conoscere al nostro Paese la loro triste sorte molte associazioni italiane accolgono su tutto il territorio 300 bambini sahrawi. Marco Ciccotelli responsabile di “Sahara Libre”:

    “Quest’anno sono arrivati 40 disabili e 30 celiaci. Durante questa prima settimana abbiamo fatto le visite mediche. Negli anni ci hanno colpito molte cose di questi bambini: sono educati, rispettosi e ansiosi di far conoscere la propria cultura con balli, canti… Una delle prime cose che ci hanno chiesto è di sapere da che parte fosse la Mecca per poter eseguire i loro riti di preghiera ogni giorno”.

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    Chiesa e Società



    Tagikistan: nuove restrizioni alla libertà religiosa

    ◊   La Camera alta del Parlamento tagiko ha approvato ieri nuove restrizioni sulla libertà religiosa per i minorenni. Inoltre sono previste nuove pene per chi predica “estremismo religioso”, ma c’è preoccupazione perché non è spiegato cosa si intenda. Lo riferisce AsiaNews. La nuova Legge sulla responsabilità dei genitori prevede “l’obbligo” dei genitori di “non consentire che i giovani minorenni partecipino alle attività di organizzazioni religiose, con eccezione di quelle comprese in modo ufficiale nell’istruzione religiosa”, in pratica quelle approvate dallo Stato. Il divieto era già previsto ma i ragazzi potevano almeno “partecipare ai funerali”. Ora anche questa possibilità è stata esclusa. Il controllo è affidato al Comitato per gli affari religiosi, che nel Paese ha anche uffici locali, in grado di controllare in modo capillare la vita pubblica delle famiglie e di denunciare i genitori che non esercitino la prescritta sorveglianza. I genitori devono sorvegliare persino che i figli non partecipino ad attività religiose quando sono all’estero, occorre uno speciale permesso statale pure per essere iscritto a una scuola estera religiosa. Fonti dell’agenzia Forum 18 spiegano che è poi molto difficile ottenere dallo Stato l’approvazione per qualsiasi forma di istruzione religiosa. In pratica il divieto impedisce ai giovani di avere qualsiasi educazione e frequentazione religiosa fino alla maggiore età. Il fine della legge – afferma AsiaNews - appare soprattutto quello di colpire le madrasse (scuole islamiche) straniere: nell’agosto 2010 il presidente Emomali Rahmon ha invitato le famiglie a richiamare i figli che frequentano scuole islamiche all’estero, ammonendo contro il pericolo che diventino “estremisti e terroristi”. Molte famiglie povere musulmane inviano i figli in simili istituti, dove sono alloggiati, nutriti e ricevono una educazione di base, anche se di livello molto variabile. Ma il divieto colpisce tutti: dalla nuova legge sulla libertà religiosa nel 2009 molte moschee sono state distrutte, i cristiani processati e condannati per riunioni e attività “illegali” e i Testimoni di Geova sono stati banditi dal Paese. Inoltre è stato introdotto il carcere fino a 2 anni sia per chi organizza che per chi partecipa a “riunioni non autorizzate, incontri, dimostrazioni, picchettaggi e cortei stradali”. Ci rientra ogni riunione illegale di qualsiasi matrice. E’ pure punito chi insegna dottrine religiose “estremiste”, ma non è stato chiarito cosa si intenda per estremismo, lasciando, quindi, ampia discrezionalità alla polizia: insegnamento punito “in qualsiasi luogo” si svolga, anche in case private, con carcere fino a 12 anni per chi lo organizza e con la confisca delle proprietà.

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    Malaysia: una ragazza cattolica e disabile rischia la pena di morte

    ◊   Una ragazza cattolica indonesiana, Wilfrida Soik, accusata di aver ucciso la sua datrice di lavoro in Malaysia, rischia la condanna a morte. In sua difesa si sono mobilitate alcune organizzazioni non governative, in Indonesia e Malaysia, e la Chiesa indonesiana di Atambua. Il caso – riferisce l’agenzia Fides - necessita di chiarimenti a tutti i livelli. Inoltre Wilfrida è una ragazza disabile, vittima di trafficanti di esseri umani. La Chiesa cattolica di Atambua, attraverso il vescovo, mons. Dominikus Saku, ha segnalato il caso alla “Commissione per i Diritti Umani” dell’Indonesia e si sta impegnando per trovare le giuste strade e per chiedere la grazia in favore di Wilfrida. La sua – ricordano fonti locali - è una storia di povertà, emarginazione e sfruttamento. Wilfrida proviene da una famiglia molto povera. Nata nel 1993 nella provincia di Belu (provincia di Nusa Tenggara orientale), la ragazza dall'età di due anni comincia a soffrire di disturbi mentali. L’anno scorso è stata avvicinata da alcuni uomini che, attraverso l’Agenzia del Ministero del Lavoro di Belu, le hanno procurato un lavoro in Malaysia. Per farla espatriare hanno anche falsificato i suoi documenti, facendo risultare che Wifrida fosse maggiorenne. Di fatto Wilfrida è stata vittima di un’organizzazione che traffica esseri umani, soprattutto donne. Giunta in Malaysia, Wilfrida è stata impiegata come domestica nella città di Pasir Mas (nei pressi di Johor), nella casa di un’anziana signora, Yeap Seok Pen, a sua volta malata di morbo di Parkinson. La signora è stata ritrovata morta il 7 dicembre 2010. Wilfrida è stata accusata di omicidio e arrestata. Il tribunale di Pasir Mas il 9 maggio scorso ha tenuto un’udienza per accertare la colpevolezza della giovane ma, come rendono noto fonti locali, “il risultato non è tanto chiaro, né lo sono le prove a carico della ragazza”. Ma Wilfrida rischia la pena captale. La Coalizione contro la Pena di morte in Indonesia, che riunisce numerose associazioni, fra le quali la Comunità di Sant’Egidio, ha scritto al Ministero degli Esteri indonesiano. Il Presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, ha formato di recente la “Indonesian Migrant Workers Task Force”, proprio per trattare i casi spinosi di lavoratori migranti che condannati alla pena capitale all’estero. Charles Hector Fernandez, avvocato cattolico di Kuala Lumpur, responsabile dell’associazione “Malaysians Against Death Penalty and Torture”, spiega che in Malaysia ci sono oltre 640 detenuti nel braccio della morte, in attesa di esecuzione. “Le esecuzioni vanno avanti, non c’è una moratoria, ma sono state ridotte fino ad eseguirne solo 2 nel 2010. Sembra che il governo sia propenso e riesaminare la questione della pena di morte, almeno per rimuoverla come pena per alcuni reati, e togliere l’obbligatorietà per i giudici. Sarebbe un passo avanti, anche se noi speriamo in una completa abolizione”. (A.L.)

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    Sud Sudan: messaggio del presidente Salva Kiir per i funerali di mons. Mazzolari

    ◊   “Un uomo dalla fede profonda, umile e sincero, che ha servito la popolazione della diocesi di Rumbek con grande impegno”. Con queste parole, Salva Kiir Mayardit, presidente della Repubblica del Sud Sudan, ha ricordato mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, deceduto sabato scorso. Le parole del capo dello Stato sono state lette ieri, durante le esequie del presule, dal ministro degli Affari Interni, Kosti Manibe. “Ho avuto il privilegio di conoscere mons. Mazzolari di persona – ha scritto il presidente nel suo messaggio di cordoglio – Egli ha dedicato la sua vita al servizio della Chiesa cattolica del Sudan e sarà ricordato per il suo impegno eroico nella lotta per la libertà, la giustizia e la dignità umana, lotta portata avanti dalla popolazione del Sud Sudan”. Mons. Mazzolari, ha sottolineato ancora Salva Kiir, si è sempre prodigato per “la riconciliazione tra le parti avverse” e per l’indipendenza del Sud Sudan, proclamata il 9 luglio, una settimana prima della sua morte. “Grazie alle opere buone che egli ha compiuto in mezzo a noi – si legge ancora nel messaggio presidenziale –mons. Mazzolari sarà ricordato per sempre”. Quindi, il capo di Stato ha inviato le sue condoglianze alla famiglia del compianto presule, che “ha offerto il proprio figlio alla missione sacerdotale”, alla popolazione di Brescia, città d’origine del defunto, ai Missionari Comboniani, congregazione alla quale mons. Mazzolari apparteneva, ai fedeli della sua diocesi, Rumbek, a tutta la Chiesa cattolica e all’intera neo-nazione. “Come persone di fede – conclude il messaggio – uniamo i nostri cuori e le nostre menti in preghiera perché Dio Onnipotente conceda a mons. Mazzolari l’eterna pace!”. (A cura di Isabella Piro)

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    La Chiesa degli Usa: modificare la definizione del matrimonio significa cambiarne la natura

    ◊   Continua negli Stati Uniti il dibattito sull’abrogazione del cosiddetto Doma (Defence of Mariage Act), la legge che definisce il matrimonio come un‘unione tra un uomo e una donna. Due proposte legislative in tal senso sono attualmente all’esame del Senato e della Camera dei Rappresentanti e il 19 luglio l’Amministrazione Obama ha annunciato il suo sostegno all’iniziativa, intitolata “Respect for Mariage Act”. Così come è formulata, la legge oggi in vigore, introdotta 15 anni fa sotto la presidenza Clinton, permette agli Stati dell’Unione di non riconoscere i matrimoni omosessuali celebrati in altri Stati dove sono invece legali. Attualmente essi lo sono in Connecticut, Iowa, Massachusetts, New Hampshire, New York, Vermont e nel District of Columbia, mentre altri sei Stati riconoscono le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Secondo i suoi sostenitori, la Respect for Mariage Act porrà fine a una illegittima discriminazione nei confronti delle persone omosessuali, escluse dai benefici e dai diritti riconosciuti alle coppie eterosessuali unite in matrimonio. Questa tesi - come è noto – è invece contestata dai vescovi e non solo, come ha confermato all’agenzia Cns Daniel Avila, consulente presso il Sotto-comitato per la promozione e la difesa del matrimonio della Conferenza episcopale (Uscccb). “La posizione della Chiesa, condivisa con altre religioni e organizzazioni laiche - ha detto - è che il matrimonio è una unione tra un uomo e una donna. Nella sua definizione non si può togliere il riferimento alla differenza sessuale senza cambiare la natura del matrimonio”. Avila ha inoltre ricordato l’opinione contraria della maggioranza dei cittadini americani, soprattutto in quegli Stati in cui i matrimoni omosessuali sono stati bocciati dal voto popolare: “Se il Doma sarà abrogato, il governo federale si metterebbe nella posizione di scavalcare e calpestare la volontà degli elettori in tutto il Paese”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Repubblica Ceca: critiche della Chiesa alla riforma sanitaria

    ◊   Migliorare la riforma sanitaria allo studio: lo ha chiesto il Consiglio di bioetica della Conferenza episcopale ceca, come ha riferito ieri l’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress ripresa dal Sir. Il Consiglio ha criticato in particolare alcuni passaggi del progetto di legge che prevedono aperture nell’ambito della medicina riproduttiva. Mons. Vojtech Cirkle ha deplorato l’annuncio del governo sulla riforma che verrà varata interamente, ossia anche per la parte contestata dalla Chiesa cattolica ceca. Per contro, mons. Cirkle ha valutato positivamente il depennamento di norme “che avrebbero liberalizzato ulteriormente l’interruzione di gravidanza”. Per il Consiglio di bioetica, il progetto di riforma sanitaria con le sue eventuali aperture sulla riproduzione assistita, solleva “una serie di problemi etici”, soprattutto per un eventuale “turismo riproduttivo” proveniente dai “Paesi vicini in cui non è ammessa la donazione di cellule staminali”. “Violando la dignità dell’embrione umano”, fa presente il vescovo, il progetto di legge non prevede limitazioni nel numero di embrioni e di cellule staminali utilizzate, consentendo “che con l’inseminazione artificiale venga terminata la vita di un numero di embrioni umani superiori a quello dei bambini che nascerebbero vivi”. A livello concreto, i vescovi hanno chiesto una “discussione responsabile” sulle questioni di bioetica.

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    L'arcivescovo di Lviv: la Chiesa in Ucraina vive “una nuova primavera”

    ◊   “Una nuova primavera”. Così mons. Mieczysław Mokrzycki, arcivescovo di Lviv (Leopoli) dei Latini e presidente della Conferenza episcopale ucraina, parla della situazione della Chiesa locale in un’intervista diffusa da Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) e ripresa dal Sir. “La nostra comunità – spiega – sta vivendo la sua rinascita dopo i difficili anni del comunismo che hanno minato la fede e la morale della popolazione, anni in cui chiese ed edifici religiosi sono stati distrutti e i sacerdoti uccisi o esiliati”. E molto attiva la pastorale, in particolar modo quella giovanile, e “i frutti di questa nostra rifioritura – afferma il presule – già si vedono, anche se c’è ancora molto da fare”. “Soprattutto – aggiunge - abbiamo bisogno di strutture, di nuove chiese e di locali per la catechesi”. Tra le questioni da affrontare, l’arcivescovo richiama il problema della restituzione delle proprietà confiscate durante il regime comunista, tra cui edifici “importanti” come il seminario teologico di Lviv, di cui, nel 2009, è stata restituita esclusivamente la cappella. “Finalmente – conclude – siamo poi rientrati in possesso della curia vescovile, ma la nostra comunità ha bisogno almeno di altre tre chiese”. Aiuto alla Chiesa che soffre nel 2010 ha realizzato in Ucraina progetti per oltre 4,5 milioni di euro e la stampa del catechismo per la formazione di seminaristi e ragazzi. (A.L.)

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    Cile: l’impegno delle Pom per la formazione missionaria

    ◊   Prosegue l’impegno delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) del Cile per l’animazione e la formazione missionaria degli animatori e di tutti i battezzati. Il 15 e 16 luglio si è svolto nella diocesi di San José de Melipilla un Corso di formazione di base per gli Animatori della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria della diocesi. Vi hanno preso parte una trentina di giovani, che svolgono già l’attività di Animatori missionari nei decanati di Melipilla, Talagante e San Antonio. Secondo le informazioni inviate all’Agenzia Fides dalla Direzione nazionale delle Pom, “i giovani hanno partecipato con molta attenzione a questi due giorni di formazione missionaria, che hanno ricevuto con grande interesse e gioia, per mettersi al servizio dei più piccoli”. Il Corso di formazione si è concluso con una celebrazione di invio missionario, al quale ha preso parte anche la direttrice del Dipartimento diocesano per le Missioni, che si è detta molto contenta per la risposta dei partecipanti e per il sostegno dato dalla Direzione nazionale delle Pom. Sarà invece dedicata alla testimonianza e si svolgerà il 30 luglio a Santiago, presso la sede della Direzione nazionale delle Pom la mattinata di formazione missionaria sul tema “E’ Cristo che vive in me”, a cui sono invitati i membri delle comunità dell’Arcidiocesi di Santiago. (A.L.)

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    A Kinshasa fervono i preparativi in vista della canonizzazione del Beato Luigi Guanella

    ◊   Nei centri di recupero per i bambini di strada dell’Opera don Guanella a Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, fervono i preparativi in vista della canonizzazione del Beato Luigi Guanella, prevista il prossimo 23 ottobre. “In ognuno dei nostri centri – spiega al Sir, fratel Mauro Cecchinato – i nostri ragazzi stanno preparando degli spettacoli sulla figura del nostro fondatore”. “A loro abbiamo chiesto di lanciare un messaggio, attraverso differenti forme artistiche, che riprenda i suoi insegnamenti”. I ragazzi che frequentano i tre centri residenziali dell’Opera don Guanella a Kinshasa sono tutti minori abbandonati. Ai tre centri residenziali, tra cui uno per ragazze vittime di violenze, si aggiungono i due centri diurni, frequentati giornalmente da circa 250 ragazzi, e la colonia agricola nel Plateau de Bateke, a circa 115 km dalla capitale. In questa struttura è stata da poco inaugurato un centro per portatori di handicap. “Nel pomeriggio di domenica 9 ottobre – spiega fratel Mauro Cecchinato – abbiamo organizzato un festival in cui verranno messi in scena degli spettacoli”. “Inoltre, già da alcuni mesi, abbiamo avviato una serie di incontri e proiezioni per aiutare i ragazzi a riscoprire la figura del beato Guanella”. “Il giorno della canonizzazione organizzeremo degli schermi per seguire la cerimonia e alcuni nostri operatori congolesi saranno a San Pietro”. (A.L.)

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    24 Ore nel Mondo



    Si allarga lo scandalo intercettazioni in Gran Bretagna: numerose testate nel mirino, 300 reporter coinvolti

    ◊   Si allarga lo scandalo intercettazioni in Gran Bretagna: nel mirino circa 31 pubblicazioni e 300 reporter che avrebbero usato detective privati per avere informazioni riservate e illegali. Intanto, la Camera dei comuni chiede nuovi chiarimenti a James Murdoch, ascoltato lo scorso martedì, dopo che due dirigenti di "News of The World", ne hanno contraddetto la deposizione. Replica anche il premier inglese Cameron: “Ora Murdoch dovrà dare risposte in parlamento”. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Lo scandalo dei cellulari violati si estende a macchia d’olio e dalle testate del gruppo Murdoch arriva a gettare ombre sul Daily Mail, il Mirror, il Sunday People e altri organi d'informazione. Trecento i reporter coinvolti, 31 le pubblicazioni incriminate, mentre Scotland Yard è ora intenzionata a indagare a 360 gradi. Per questo ha chiesto di acquisire i documenti relativi a un'inchiesta del British Information Commissioner, risalente al 2006, che mise nero su bianco nomi di testate e giornalisti colpevoli di aver raccolto informazioni riservate in modo illegale. Sulla vicenda è intervenuto anche il vicepremier, Nick Clegg, chiedendo trasparenza nelle indagini, mentre il leader del Labour, Ed Miliband, è tornato a invocare un esame di coscienza generale. Sul caso di Andy Coulson continuano, intanto, a emergere nuovi dettagli: il portavoce di Cameron, secondo i media britannici, sarebbe stato assunto a Downing Street senza che il suo curriculum fosse sottoposto al severo vaglio di sicurezza riservato ai suoi predecessori. Ieri, il premier Cameron, aveva ammesso di aver compiuto errori, quindi ha annunciato l’avvio di un’inchiesta giudiziaria per chiarire le relazioni tra la stampa e la polizia, rivendicando però la trasparenza dei suoi rapporti con Rupert Murdoch. Ma i guai per il magnate australiano minacciano sempre più di tracimare oltreoceano. L’Australia ha deciso di rafforzare le leggi sulla privacy, mentre negli Usa un ex funzionario della Fox, Dan Cooper, ha rivelato che l’emittente aveva un dipartimento segreto che potrebbe aver effettuato una serie di hacker aggi in stile Murdoch. Intanto, la Camera dei comuni fa sapere di voler riascoltare il magnate australiano e suo figlio James, appena interrogati. Due dirigenti di News International avrebbero infatti giudicato false le dichiarazioni del figlio di Murdoch, che a loro avviso era informato sulle intercettazioni. Anche Cameron ha chiesto chiarezza: “Ora - ha detto - Murdoch dovrà rispondere in parlamento”.

    Proteste in Siria: sotto assedio Homs e Damasco
    Nuovo venerdì di proteste in Siria: in migliaia si preparano a scendere in piazza contro il governo del presidente, Bashar al Assad. Due quartieri di Damasco, sono stati completamente isolati dalle forze di sicurezza, che stanno effettuando retate e perquisizioni casa per casa. Decine gli arresti, mentre ieri sera – secondo il Comitato di coordinamento locale - almeno 10 civili sono stati uccisi ad Homs e altrettanti feriti. Testimoni hanno riferito anche di spari ed esplosioni nel quartiere di Bab Sbaa, mentre carri armati sarebbero schierati alle porte della città, pronti a reprimere manifestazioni e cortei.

    Egitto: giurano i ministri del nuovo governo del premier Sharaf
    Hanno giurato ieri sera al Cairo i nuovi ministri del governo guidato dal premier egiziano, Essam Sharaf. La cerimonia pubblica è avvenuta davanti ai membri del Consiglio supremo delle Forze armate. I capi dei dicasteri, secondo quanto riporta la tv satellitare al-Arabiya, sono 14. Tra questi ci sono Mohammed Salem, ministro per le Telecomunicazioni e Mahmoud Isa, ministro del Commercio e dell'industria. In un discorso alla nazione, inoltre, Sharaf ha annunciato inoltre la revoca dello stato di emergenza nel Paese, in vigore da oltre 30 anni e l’apertura delle carceri alle ong impegnate nel campo dei diritti umani e della società civile, per verificare l’assenza di detenuti politici e prigionieri di guerra.

    Belgio: accordo di governo senza i separatistiIl Belgio vicino alla soluzione della crisi politica con l’insediamento di un nuovo governo. Dopo oltre quattrocento giorni trascorsi dalle elezioni del 13 giugno 2010 senza un esecutivo, il primo ministro incaricato, Elio di Rupo, leader dei socialisti francofoni, ha comunicato a re Alberto II il raggiungimento di un accordo tra otto partiti, quattro fiamminghi e quattro valloni. Nella nota di Palazzo reale, si precisa tuttavia che le trattative non inizieranno immediatamente e che dall’intesa è stato estromesso partito separatista fiammingo, accusato di ostruzionismo.

    Cina: pullman si incendia in autostrada, almeno 41 morti
    Tragedia nella provincia cinese di Henan: 41 persone sono morte carbonizzate dopo che l’autobus sul quale viaggiavano ha preso fuoco. Il mezzo, ha riferito la televisione di Stato, trasportava “merci pericolose e tossiche”. Cinque passeggeri e il conducente sono stati tratti in salvo dalla polizia stradale. Resta sconosciuta la dinamica dell’incidente.

    Pakistan: nuove violenze fra gang a Karachi: sette morti
    In Pakistan, nuova ondata di violenza dovuta a scontri tra bande rivali nella città di Karachi. Fonti di polizia riferiscono di almeno 7 morti e 17 feriti, mentre il Ministero dell’interno ha annunciato l’arresto di almeno 154 sospetti gangster affiliati a partiti politici. In diversi quartieri, inoltre, sono stati chiusi negozi e uffici e dispiegati reparti speciali delle forze dell’ordine. Il governo di Islamabad ha anche annunciato nuove misure amministrative e rinforzi militari.

    Afghanistan
    Forze di sicurezza afghane e internazionali hanno ucciso in un'operazione nella provincia sudorientale di Paktika 50 militanti afghani e stranieri, per lo più appartenenti alla Rete Haqqani. Lo riferisce oggi la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza.

    Caldo record negli Stati Uniti: 22 le vittime
    Almeno 22 vittime negli Stati Uniti per l’eccezionale ondata di caldo che ha colpito la zona costiera orientale. Toccati livelli record anche in Canada, dove la giornata di ieri è stata, secondo i metereologi, la più calda nell’anno con temperature comprese tra i 45 e i 48 gradi.

    Il ministro degli Esteri iraniano: pronti a dialogo con Usa
    L’Iran potrebbe avviare un dialogo “da pari a pari”, senza pre-condizioni con gli Stati Uniti, se Washington rispetterà i suoi diritti. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano, Ali Akbar Salehi, in un’intervista all’agenzia ufficiale Irna. Teheran e Washington non hanno relazioni diplomatiche da oltre 30 anni e i loro incontri bilaterali sono peggiorati negli ultimi anni a causa del programma nucleare iraniano, ma anche per la politica della Repubblica islamica nella regione.

    Nord Corea: a Bali incontro sul nucleare
    Questione nucleare in primo piano nell’incontro che i rappresentanti delle due Coree hanno avuto oggi, a margine del Forum regionale dell'Asean, in corso a Bali, in Indonesia. Un faccia a faccia avvenuto per la prima volta in due anni e mezzo, in vista di una possibile ripresa del negoziato a sei per l'abbandono delle ambizioni atomiche di Pyongyang. Le trattative - che coinvolgono le due Coree, Cina, Russia, Usa e Giappone - sono infatti in stallo da dicembre 2008, quando l’Onu decise nuove sanzioni contro la Corea del Nord. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 203

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