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Sommario del 21/07/2011
E’ morto il cardinale Świątek, testimone di Cristo nei lager sovietici. Il cordoglio del Papa
◊ Si è spento stamani in Bielorussia il cardinale Kazimierz Świątek, arcivescovo emerito di Minsk-Mohilev dei latini: aveva 96 anni. I funerali si svolgeranno lunedì 25 luglio nella Cattedrale di Pinsk. In un telegramma inviato a mons. Aleksander Kaskiewiecz, vescovo di Grodno e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici in Bielorussia, il Papa esprime il proprio cordoglio per la scomparsa del porporato, ricordandone “la testimonianza coraggiosa resa a Cristo e alla sua Chiesa in tempi particolarmente difficili come pure l’entusiasmo prodigato in seguito nel contribuire al cammino di rinascita spirituale” di questo Paese. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il cardinale Kazimierz Świątek era nato a Walga, nel territorio dell'amministrazione apostolica di Estonia, il 21 ottobre 1914. Viene ordinato sacerdote l'8 aprile 1939, pochi mesi prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Il 21 aprile 1941 è arrestato dal Kgb, il servizio segreto sovietico, e rinchiuso nella prigione di Brest nella cella della morte.
Approfittando della confusione creatasi in seguito all'invasione tedesca nel territorio dell'Unione Sovietica fugge il 22 giugno successivo dalla prigione e riprende la sua attività pastorale in parrocchia. Il 18 dicembre 1944 è nuovamente arrestato dal Kgb e rinchiuso nella prigione di Minsk dove rimane fino al 21 luglio 1945. Condannato a dieci anni di lavori forzati nei campi di concentramento, passa due anni a Mariinsk in Siberia e sette anni a Vorkuta e Inta, a nord, lavorando nelle miniere e nella «taiga» siberiana. Venne liberato il 16 giugno 1954 per ricominciare subito il suo lavoro pastorale. Nel 1991 diventa arcivescovo di Minsk-Mohilev e amministratore apostolico «ad nutum Sanctae Sedis» di Pinsk. In seguito ai cambiamenti avvenuti nell'Unione Sovietica e alla successiva proclamazione della sovranità della Bielorussia, riorganizza le strutture ecclesiastiche nel territorio a lui affidato, provvedendo in maniera particolare al recupero e alla ricostruzione delle chiese e alla formazione del clero. Nel 1994 Giovanni Paolo II lo crea cardinale e nel 2004 gli consegna il Premio Fidei testis (testimone della fede), conferito al porporato dall’Istituto Paolo VI in ragione della testimonianza fedele e coraggiosa resa a Cristo e al Vangelo negli anni difficili della persecuzione della Chiesa nell’Europa dell’Est. Nel suo diario di prigionia il cardinale Kazimierz Świątek scriveva:
“Soltanto negli ultimi anni di lager sono riuscito ad avere l'ostia e il vino per celebrare di nascosto la santa messa. Come calice usavo una tazza di ceramica, mentre tenevo l'ostia consacrata da portare ai cattolici in una scatola di fiammiferi. Ricordo una messa di Pasqua celebrata con alcuni prigionieri cattolici in un locale di lavanderia tra nuvole di vapore. Di tutta la mia vita sacerdotale fu la Pasqua più cara”.
Con il suo decesso, il Collegio Cardinalizio scende a 196 porporati, di cui 114 elettori e 82 non elettori, in quanto ultraottantenni.
◊ Tra poco meno di un mese, Benedetto XVI atterrerà a Madrid per dare l’avvio alla fase culminante della Giornata mondiale della gioventù. Per il Papa sarà il terzo raduno a livello internazionale, dopo gli appuntamenti di Colonia 2005 e Sydney 2008. Giunte qualche giorno fa nella capitale spagnola, la Croce e l’Icona della Giornata simboleggiano bene il tema attorno al quale si articolerà la catechesi del Papa, che per la Gmg 2011 ha per titolo “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Una catechesi che Benedetto XVI in questi anni ha sviluppato a “tappe”. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune:
La prima Gmg di Benedetto XVI non comincia a Colonia, il 18 agosto 2005, ma quattro giorni prima a Castel Gandolfo. È una calda vigilia della solennità dell’Assunta, e quel giorno l’allora responsabile del Programma tedesco della Radio Vaticana, padre Eberhard von Gemmingen, viene ricevuto nella residenza estiva dei Papi. Il nuovo Pontefice ha deciso di rilasciare la prima intervista in assoluto alla “sua” radio per lanciare un messaggio ai ragazzi di tutto il mondo. Un passaggio dell’intervista colpisce molti. Benedetto XVI, che alcuni organi di informazione sin dal momento della sua elezione hanno frettolosamente tacciato di scarso “appeal” mediatico, è in realtà un uomo di grande finezza, che non parla del cristianesimo usando concetti risaputi e un linguaggio dottorale, ma parole che spesso sorprendono per l’esatto contrario, per la loro semplicità e la loro franchezza. Com’è nel caso di questo pensiero ai giovani:
“Ja, ich möchte ihnen zeigen, dass es schön ist...
Vorrei fare capire loro che è bello essere cristiani! L’idea genericamente diffusa è che i cristiani debbano osservare un’immensità di comandamenti, divieti, principi e simili e che quindi il cristianesimo sia qualcosa di faticoso e oppressivo da vivere e che si è più liberi senza tutti questi fardelli. Io invece vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello ma sono ali e che è bello essere cristiani”.
“È bello essere cristiani”. Un’affermazione che cozza contro gli infiniti e triti luoghi comuni, ripetuti da chi del Vangelo e della vita della Chiesa conserva qualche annoiato ricordo del catechismo, mentre magari aggiorna la propria fede con il sentito dire di un telegiornale o di un video su Youtube. Invece, Benedetto XVI invita i giovani a fare di Gesù un’esperienza diretta. Provate a conoscerlo di persona, dice, e vi accorgerete che le sue “regole” vi cambieranno la vita in meglio:
“I Dieci Comandamenti ai quali Gesù, nella sua risposta [al giovane ricco, ndr], accenna sono solo una esplicitazione del Comandamento dell’amore: sono – per così dire – regole dell’amore, indicano la strada dell’amore con questi punti essenziali: la famiglia come fondamento della società, la vita da rispettare come dono di Dio, l’ordine della sessualità, della relazione tra uomo e donna, l’ordine sociale e, finalmente, la Verità. Questi elementi essenziali esplicitano la strada dell’amore: come realmente amare e trovare la via retta”. (Discorso ai giovani della Gmg diocesana, 25 marzo 2010)
E se scegliere Gesù vuol dire rinunciare alla “libertà” che offre il disimpegno, o alle estasi a breve scadenza di chi beve o si droga, ebbene – afferma Benedetto XVI – tali rinunce si fanno se hanno un perché, come gli atleti che si preparano alle Olimpiadi sapendo che vale la pena fare quegli sforzi:
“Superare con queste rinunce la tentazione del momento, andare avanti verso il bene crea la vera libertà e rende preziosa la vita. In questo senso mi sembra che dobbiamo vedere che senza un ‘no’ a certe cose non cresce il grande ‘sì’ alla vera vita!”. (Discorso ai giovani della Gmg diocesana, 25 marzo 2010)
Ecco, allora, la proposta della Gmg che – da Colonia a Madrid – è possibile cogliere nelle parole del Papa. Una proposta di libertà: siate liberi non di fare quello che volete, ma liberi di fare il bene. Questa, insiste Benedetto XVI, è la bellezza che allarga il cuore di chi vive il cristianesimo e che viceversa non coglie chi preferisce “mediare” tra la coerenza e la comodità:
“Non di rado la religione diventa quasi un prodotto di consumo. Si sceglie quello che piace, e certuni sanno anche trarne un profitto. Ma la religione cercata alla maniera del ‘fai da te’ alla fin fine non ci aiuta. È comoda, ma nell’ora della crisi ci abbandona a noi stessi. Aiutate gli uomini a scoprire la vera stella che ci indica la strada: Gesù Cristo! Cerchiamo noi stessi di conoscerlo sempre meglio per poter in modo convincente guidare anche gli altri verso di Lui”. (Gmg Colonia, Veglia di preghiera, 20 agosto 2005)
Dunque, cari giovani, conclude idealmente Benedetto XVI:
“Custodite la fiamma che lo Spirito Santo ha acceso nei vostri cuori, perché non abbia a spegnersi, ma anzi arda sempre più e diffonda luce e calore a chi incontrerete sulla vostra strada, specialmente a quanti hanno smarrito la fede e la speranza. La Vergine Maria vegli su di voi in questa notte ed ogni giorno della vostra vita”. (Gmg Sydney, veglia di preghiera, 19 luglio 2008)
La Santa Sede all'Onu: fermare il traffico illecito di armi
◊ Le armi non possono essere trattate come qualsiasi altra merce: così la Delegazione della Santa Sede all’Onu ha ricordato il grave costo in termini di vite umane del traffico illecito di armi. La Delegazione è intervenuta alla terza sessione dell’assemblea Onu, che si è svolta tra l’11 e il 15 luglio, dedicata alla preparazione del Trattato sul commercio delle armi che si vorrebbe votare ad una Conferenza prevista nel 2012. La Delegazione era formata tra gli altri dall'arcivescovo Francis Chullikatt, Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite; Paolo Conversi, della sezione Relazioni con gli Stati della Segreteria di Stato; mons. Mauro Cionini, Segretario della Rappresentanza vaticana ed esperto delle questioni di disarmo. Il servizio di Fausta Speranza:
“La proliferazione di qualunque tipo di armi incoraggia guerre locali, violenza urbana e uccide ogni giorno troppe persone nel mondo”. Da qui – spiega la Delegazione della Santa Sede all’Onu – “l’urgenza per la comunità internazionale di adottare uno strumento legale contro il traffico illecito con standard riconosciuti e approvati a livello internazionale”. “Sofferenze, conflitti, disordini, violazioni dei diritti umani, crisi umanitarie, crimini, violenza, terrore” sono le conseguenze di quelli che la Santa Sede definisce “gli irresponsabili affari fatti con le armi”. E la Delegazione sottolinea anche altri effetti come “l’impatto negativo sulla condizione di donne e bambini e le conseguenze in termini di rallentamento dello sviluppo integrale dei popoli”. La Santa Sede incoraggia fortemente il processo che l’Onu sta portando avanti in sostanza dal 2006 per arrivare all’adozione di un Trattato sul Commercio delle armi entro il 2012, che possa – spiega la Delegazione della Santa Sede – “promuovere criteri vincolanti per regolare il commercio di armi e munizioni come anche il commercio degli strumenti tecnologici per la loro produzione”. C’è bisogno di “un forte, credibile, efficace e concreto strumento legale internazionale” e tutto il processo per arrivarci è come un test - spiega la Delegazione della Santa Sede - per verificare “la credibilità politica e la reale buona volontà degli Stati ad assumersi la loro responsabilità morale e legale di rafforzare il regime internazionale di controlli”. Per un Trattato che sia completo, inoltre, la Santa Sede raccomanda di “non trascurare l’importanza dell’assistenza e dell’indennità alle vittime delle armi”. In definitiva, “l’obiettivo principale – si legge - deve essere la salvaguardia della vita umana e la costruzione di un mondo più rispettoso della dignità dell’uomo, e non soltanto la regolazione del traffico illecito di armi”.
Mons. Celli agli operatori cattolici dei media: fedeli alla Parola di Dio e all'uomo di oggi
◊ Si conclude domani a Rio de Janeiro la settima Assemblea che riunisce gli operatori cattolici della comunicazione in Brasile (il cosiddetto “Mutirão Brasileiro de Comunicação”). Quest’anno l’appuntamento, inaugurato il 17 luglio, è stato dedicato al tema della diversità, con riferimento al contesto culturale sempre più pluralistico che caratterizza il Paese. Un migliaio gli operatori dei media presenti. Ha partecipato all’assemblea anche mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per delle comunicazioni sociali, appena rientrato a Roma. Philippa Hitchen gli ha chiesto gli obiettivi di questo incontro:
R. – Gli operatori della comunicazione di ispirazione cattolica volevano vedere come e in che misura la Chiesa in questa contestualità deve saper proporre il Vangelo. Proporlo, però, in un atteggiamento di rispettoso dialogo con tutti. Però, nello stesso tempo, la Chiesa è impegnata a dare una parola di giustizia e verità, nel senso che il Brasile ha le sue problematiche sociali e ha l’impegno – ed ecco l’impegno della Chiesa – di annunciare la verità, di annunciare il Vangelo, di annunciare Gesù Cristo. Quindi, direi che viene riaffermato in maniera molto forte e precisa - specialmente dopo la riunione episcopale latinoamericana di Aparecida - l’impegno di missionarietà: cioè, ogni cristiano dev’essere missionario nel suo ambiente. Logicamente, quindi, la Chiesa assume anche attraverso le sue istituzioni comunicative questo impegno di annuncio del Vangelo, ma con un’attenzione particolare alle diversità. E quindi, non un trionfalismo comunicativo, ma un servizio preciso alla Parola. Mi sono permesso di invitare i partecipanti a questo importante meeting brasiliano ad una duplice fedeltà: ad una fedeltà alla Parola di Dio, perché questa è la missione della Chiesa, ma anche ad una fedeltà all’uomo, all’uomo e alla donna di oggi. E’ di qui che nasce, anche, il tema della parola di giustizia, e quindi poi anche un atteggiamento di servizio prestato nella cultura brasiliana di oggi, un servizio proprio alla verità. Posso dire che il clima è stato molto positivo. Vi è stata una pluralità umana molto ricca, da operatori della comunicazione con molti anni di servizio ad operatori della comunicazione giovani. E’ innegabile che le nuove tecnologie favoriscono in maniera particolare l’inserimento dei giovani: sono i giovani che gestiscono in maniera operativa le nuove tecnologie. Però è stato molto interessante vedere come questo quasi migliaio di persone abbia sentito profondamente questa missione, questa responsabilità di essere strumenti di evangelizzazione in questo contesto socio-culturale particolare del loro Paese. (gf)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Le giornate di Benedetto XVI a Castelgandolfo tra lavoro e riposo.
Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Kazimierz Šwiątek.
Nel servizio internazionale, l'economia: al vertice di Bruxelles si decide il futuro dell'euro.
Terra amata: in cultura l'omaggio a Benedetto XVI della diocesi di Monaco e Frisinga per il sessantesimo dell'ordinazione sacerdotale. Immagini tratte dal volume curato Peter Pfister con l'introduzione del cardinale Reinhard Marx.
Botticelli botanico d'eccezione: Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, sulla storia dei fiori a Firenze.
Storia e archeologia della pubblicità: Silvia Guidi sui centocinquant'anni de “L'Osservatore Romano”.
Le foto che nessuno doveva vedere: Gaetano Vallini su una mostra a New York dedicata alle immagini del dopo Hiroshima rimaste nascoste per decenni.
I chierichetti del Papa: Nicola Gori intervista mons. Enrico Radice sul Preseminario San Pio X in Vaticano.
Fame in Somalia. Appello di Ban Ki-moon: si mobiliti il mondo
◊ La comunità internazionale si muove in soccorso del Corno d’Africa colpito da una gravissima siccità che sta mietendo vittime, soprattutto bambini, e sta causando l’esodo di popolazioni intere. Ieri l’Onu ha dichiarato lo stato di “carestia” nella regione. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in prima persona, ha lanciato un appello ai Paesi membri, affinché si raccolgano con urgenza aiuti umanitari per 1 miliardo e 600 milioni di dollari per soccorrere almeno 3 milioni e 700 mila persone, alle quali manca di tutto. Se non si interverrà – ha detto Ban Ki-moon – le conseguenze saranno devastanti, non solo per la Somalia, ma anche per i Paesi vicini”. Su questa drammatica situazione, Giancarlo La Vella ha sentito Massimo Alberizzi, inviato speciale del Corriere della Sera, raggiunto telefonicamente in Somalia:
R. – Sono circa due ore di strada da Dadaab, da questo campo, che più che un campo direi che è un inferno; dev’essere un girone dantesco così come lo descrivono, perché arrivano da 1000 a 1500, 1700 profughi al giorno. Non si sa bene come sistemarli, non c’è acqua; distribuiscono acqua e cibo, però è difficile raggiungerli perché arrivano al campo, non si sa dove si stabiliscono, dovrebbero andare a registrarsi ma c’è talmente tanta folla che non possono neanche rimanere in coda. In un giorno non si smaltisce la fila di 1500 persone, quindi si arrangiano come possono qua e là e hanno anche difficoltà a raggiungere i punti di distribuzione del cibo e dell’acqua.
D. – C’è la speranza che la mobilitazione lanciata dall’Onu riesca ad alleviare la situazione?
R. – Questo è il tentativo. In realtà questo serve soprattutto per reperire fondi per aiutare questa gente perché anche i fondi cominciano a scarseggiare. Si deve considerare che finalmente il Kenya ha permesso l’apertura di un nuovo campo che è già pronto da qualche anno, però bisogna sistemarlo per fare entrare la gente e trovare loro un’accoglienza. Sta accadendo in questi giorni, ma il campo non è ancora operativo. Speriamo che lo sarà presto. Ci vogliono fondi, bisogna anche provvedere alla sicurezza perché la zona è molto insicura.
D. – Come risulta questa convivenza drammatica tra siccità, carestia e guerra?
R. – Questa è la sciagura. La guerra porta la carestia, le malattie. Ovviamente è tutto consequenziale perché se ci fosse un Paese in condizioni normali e non di emergenza e di guerra, si potrebbe comunque continuare a coltivare in qualche modo, magari raccogliendo l’acqua. Invece in una situazione di emergenza e di guerra questo non è possibile. L’obiezione che viene è anche quella di dire: anche in Kenya, in Etiopia, in Gibuti c’è la carestia. Questo è vero, però paragonate a quella della Somalia le condizioni sono migliori.
D. – Come mai questa tragedia almeno nella sua fase iniziale è avvenuta nel silenzio dell’opinione pubblica mondiale?
R. – Sì, qualche governo ha anche stanziato fondi, però c’è voluta proprio la diplomazia dell’Onu per fare esplodere il “bubbone”.
Sud Sudan: grande folla a Rumbek per i funerali di mons. Mazzolari
◊ Grande folla oggi a Rumbek in Sud Sudan per i funerali solenni di mons. Cesare Mazzolari, vescovo della città morto improvvisamente lo scorso 16 luglio, mentre stava celebrando la Santa Messa. Il rito funebre è presieduto dall’arcivescovo di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro. Da giorni la cattedrale, dove mons. Mazzolari è stato sepolto, è aperta 24 ore su 24 per consentire l’omaggio dei pellegrini. Molte le celebrazioni in sua memoria previste anche in Italia. Cecilia Seppia.
Cattolici di ogni confessione, musulmani, ma anche fedeli di religioni africane: sono centinaia le persone, giunte nella Cattedrale della Sacra Famiglia a Rumbek per partecipare ai funerali solenni del loro vescovo. Bresciano di 74 anni, di cui 30 passati in Africa, mons. Cesare Mazzolari ha condiviso con la gente le conseguenze atroci della povertà e della guerra senza mai tirarsi indietro. “Tutto il Sud Sudan è qui” ha detto l’arcivescovo di Juba, mons. Paolino Lukudu Loro, che nell'omelia ha ricordato mons. Mazzolari come un pastore sempre attento e preoccupato per il suo gregge, capace come faceva Gesù di consolare gli afflitti e i prigionieri tenendo lo sguardo fisso su Dio. Sentiamo in proposito quanto ci riferisce Maurizio Di Schino, inviato a Rumbek per TV 2000:
"L'arcivescovo di Juba ha voluto ricordare l'ostinazione di questo vescovo italiano nel credere che l'indipendenza del Sud Sudan sarebbe stata possibile, e a quel punto lo ha indicato come esempio a tutti i vescovi del Sud Sudan dicendo: 'Rimarrà in mezzo a noi un uomo di Dio che ha aperto la strada a tutti i vescovi del Sudan'; e ha detto ancora: 'Abbiamo in Paradiso un santo, un sicuro interlocutore davanti a Dio per la pace effettiva di tutto il Sudan'. L'impressione che ho avuto, quando l'arcivescovo di Juba, mons. Lukudu, diceva queste cose, era di ripercorrere la vita di mons. Mazzolari in parallelo con le parole del Vangelo".
Le sue spoglie sono state già sepolte nella cattedrale di Rumbek lo scorso lunedì, e da quel momento un fiume composto di uomini, donne e bambini ha voluto rendere omaggio anche solo un istante al pastore che tanto si è speso per l’indipendenza di quella che considerava la sua terra. Ancora Maurizio Di Schino:
"Commoventi le parole della sorella, Marianna Mazzolari, la quale ha parlato del lasciare qui le spoglie di mons. Mazzolari. Ha detto: 'Prendere questa decisione non è stato facile per me né per tutta la mia famiglia. Però sappiamo che qui c'è un popolo che può continuare a dare lode a mio fratello. E soprattutto, è giusto che rimanga qui perché questa è stata la sua terra eletta, questa è stata la terra della sua gente, del suo Sud Sudan".
Oltre ai fedeli, a prendere parte alle esequie tanti rappresentanti della Conferenza episcopale del Sudan, delle congregazioni missionarie, autorità civili, politiche e istituzionali che al termine della celebrazione hanno voluto dire grazie a colui che attraverso la preghiera e la fede ha combattutto per la pace. Lo Stato dei Laghi ha voluto proclamare da oggi fino a sabato tre giorni di lutto nazionale.
Cruciale vertice a Bruxelles su Grecia e euro
◊ “L’euro non è in pericolo”, ma l’eventualità di un default della Grecia “non è esclusa” sebbene sia da scongiurare. Lo ha dichiarato il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, arrivando al vertice di emergenza dei Paesi dell’Eurozona, in corso a Bruxelles. Juncker ha spiegato che il default selettivo di Atene rimane al momento una possibilità, affermando poi che non è stato trovato un accordo definitivo riguardo all'imposizione di una tassa sulle banche che finanzi il riacquisto del debito greco. Di tale ipotesi avevano parlato in un vertice notturno il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel, stabilendo una linea comune sul salvataggio della Grecia. L’incontro - i cui contenuti al momento non sono ancora noti - ha comunque rafforzato l’asse franco-tedesco in seno all’Europa. Ce ne parla Adriana Cerretelli, corrispondente del Sole24Ore da Bruxelles, al microfono di Giada Aquilino:
R. – Io direi che c’è un’Europa nella confusione più totale. Da una parte vuole agire perché sa che non può non agire, altrimenti i mercati avranno il sopravvento e probabilmente il contagio greco si espanderà in tutta Europa; e dall’altra, non sa come agire perché non c’è un accordo definitivo tra i vari Paesi. Ora, il punto centrale – come sempre – è la questione Merkel-Sarkozy. Il punto di grande diverbio è il coinvolgimento dei creditori privati, che sono sostanzialmente le banche. La Germania, fin dal primo momento, ha invocato questo coinvolgimento sostenendo che non è giusto che siano solo i contribuenti tedeschi a pagare per la crisi debitoria della Grecia. A questa posizione hanno controbattuto subito, e con altrettanta determinazione, non solo la Francia ma la stessa Bce, con il suo presidente Trichet, affermando che un coinvolgimento dei privati equivarrebbe ad una dichiarazione di default della Grecia; questo porterebbe ad un contagio del problema greco al resto dell’area euro, all’intera Europa e forse alla stessa economia globale.
D. – Al momento il debito greco da chi è detenuto?
R. – Il debito greco è detenuto da diversi Paesi; il primo, il più esposto, è la Francia, il secondo è la Germania, il terzo è la Gran Bretagna e poi l’Italia, con quattro miliardi.
D. – Perché il piano varato nel 2010 non è stato sufficiente a salvare i conti della Grecia?
R. – Perché, come sempre, le trattative per l’intesa si sono protratte all’infinito. Più si prolungano i negoziati per risolvere i problemi, più salgono i costi perché i mercati sono invogliati a speculare, a lucrarci sopra. Non è un caso che lo stesso Fondo monetario internazionale abbia spinto l’Europa a fare in fretta per trovare una soluzione. Nel caso della Grecia, allora 110 miliardi potevano sembrare sufficienti se accompagnati da un piano di austerità credibile. Nella realtà, poi, da una parte i mercati hanno continuato a non credere a questo tipo di salvataggio, dall’altra la Grecia ha avuto una situazione di instabilità socio-politica che si è andata aggravando nel tempo e dunque anche l’attuazione del piano concordato non è stata quella prevista. Il motivo per cui si teme il peggio è che il governo Papandreu non abbia la forza di attuare le misure previste, proprio perché anche in queste ore i tassisti si sono messi a manifestare con violenza contro la polizia. Cioè, non passa giorno che queste categorie – più colpite delle altre – non scendano in piazza.
D. – Quali sono gli altri Paesi più a rischio?
R. – Portogallo e Irlanda in prima linea, poi c’è la Spagna, poi possono arrivare l’Italia e il Belgio, in quanto Paesi a più alto debito. Ma direi che se, purtroppo, il caso greco uscisse dal controllo della politica, anche un Paese come la Francia potrebbe andare nel mirino dei mercati ed essere esposto alla speculazione. (gf)
Italia: preoccupazione del volontariato per i tagli alla cooperazione internazionale
◊ Slitta a martedì prossimo il voto al Senato sul disegno di legge di rifinanziamento delle missioni internazionali. L'assemblea di Palazzo Madama ha infatti accolto la proposta del presidente di turno, Vannino Chiti. Oggi la discussione generale sul provvedimento che riguarda anche la partecipazione dell’Italia alle operazioni militari in Libia, su cui la Lega non è d'accordo. Intanto, all’interno del mondo del volontariato, è allarme perché il decreto varato dal Consiglio dei Ministri il 12 luglio scorso sulla proroga e il rifinanziamento delle missioni all’estero, contiene tagli ai fondi destinati alla cooperazione internazionale che di fatto azzerano il volontariato nei Paesi in via di sviluppo. Adriana Masotti ha sentito Nino Sergi, presidente della ONG Intersos.
R. – Il volontariato, le attività delle organizzazioni non governative, non solo si annulla questa parte ma un po’ tutta la cooperazione italiana, cioè tutte queste attività che fanno sì che l’Italia dia un’immagine di sé positiva, forte, di rapporti umani, di comprensione dell’altro e di aiuto. Sono rapporti che alla lunga poi pagano perché l’Italia a livello internazionale viene considerata maggiormente. Noi oggi invece stiamo dando - il decreto ne è la dimostrazione - l’immagine di un’Italia all’estero basata solo sulle armi, sulla missione militare. In realtà, il decreto missioni - che si intitola “proroga degli interventi di cooperazione e del rafforzamento dei processi di pace” e poi solamente nella seconda parte dice “nonché delle missioni militari internazionali nel quadro delle Nazioni Unite” – stanzia l’88,5 per cento dei fondi per le missioni militari e l’1,5 per cento per la cooperazione civile.
D. – All’interno dei fondi destinati alle missioni all’estero, voi dite, è stata ridotta la parte per i progetti di sviluppo: è così?
R. - Piccoli dati lo dimostrano molto chiaramente. Nel 2008 c’era un miliardo per le missioni all’estero e di questo miliardo quasi il 10 per cento era per la cooperazione civile - perciò per lo sviluppo, per l’attenzione ai bisogni delle popolazioni… e il 90 per cento era per l’intervento militare. Oggi siamo a un miliardo e mezzo, perciò il 50 per cento in più di stanziamento per fronteggiare il costo delle missioni, ma con una riduzione della cooperazione civile che in questo secondo semestre è l’1,5 per cento di quell’ammontare e, visto che il primo semestre era al 3,6, siamo in una media di 2,4 per cento. Perciò 2,4 rispetto al 97,6 che vanno per le varie missioni militari. Questo noi non possiamo sopportarlo. Lo abbiamo denunciato e abbiamo inviato delle petizioni al parlamento; alcuni parlamentari ci stanno ascoltando e hanno presentato degli emendamenti. Speriamo che il nostro governo possa modificare questo tipo di decisioni. Ripeto: se l’Italia vuole mantenere un suo ruolo internazionale non deve basarlo solo sulla presenza delle armi perché comunque prima o poi cesserà e non rimarrà più nulla. Non saranno stati creati altri tipi di rapporti con le popolazioni, con le amministrazioni locali, per cercare di dare risposte ai loro bisogni. Ormai molto spesso la nostra politica è centrata all’interno dei confini nazionali, senza accorgerci che il mondo è molto più grande e per il bene dell’Italia è richiesto un rapporto con i Paesi pensando anche a un futuro in cui le relazioni con questi Paesi - che passano anche attraverso gli aiuti, la cooperazione … - possano essere utili anche a noi.
D. – Questo tirarsi indietro dell’Italia riguardo alla cooperazione è effetto della crisi economica o è dovuto a qualche altra cosa?
R. - La crisi ovviamente c’è e l’effetto della crisi si fa sentire, però in questi ultimi anni abbiamo aumentato del 50 per cento il costo delle missioni internazionali e la scelta è stata fatta sull’intervento militare. Bene, se questa è la scelta, noi - organizzazioni non governative, ma non solo, anche chi ha questo tipo di rapporti con questi Paesi, -diciamo che è un grandissimo errore per il nostro Paese. Un miliardo e mezzo è rimasto e non è che per effetto della crisi è stato dimezzato: è stato quasi annullato l’intervento di cooperazione rispetto a quello militare e questa è una scelta politica, non é la crisi.
D. - Le organizzazioni non governative contestano anche la permanenza di una task force, una struttura di gestione e controllo dei progetti di cooperazione che a questo punto gestirebbe il nulla?
R. – Sì, è una task force che esiste e in modo particolare è stata creata per gli interventi in Afghanistan e Pakistan. Finché c’erano i fondi aveva ragion d’essere. Oggi questi fondi non ci sono più; rimane una struttura con che cosa? Perciò abbiamo due centri decisionali su questa attività, ma basata sul nulla perché i fondi non ci sono più. Continuiamo ad alimentare strutture che ormai sono diventate inutili. Allora anche qui vogliamo chiarezza e vogliamo che, almeno su quei pochissimi fondi che ci sono, la Direzione generale cooperazione allo sviluppo rimanga l’unico centro decisionale. (bf)
Rapporto Censis-Confcommercio: l’Italia rischia di tornare nella stagnazione
◊ L’Italia rischia di tornare nella stagnazione. Per Confindustria, “la crescita sarà quasi nulla nel terzo trimestre, dopo che nel secondo si è avuto un aumento dell'1,6% della produzione industriale”. In difficoltà anche le famiglie. Uno studio di Confcommercio-Censis mette in luce che oltre il 50% dei nuclei ha utilizzato tutto il reddito disponibile per coprire i consumi e circa il 20%, quasi una su cinque, ha speso più di quanto ha guadagnato. E per i prossimi mesi le previsioni indicano un calo dei consumi. Alessandro Guarasci ha sentito il direttore generale Giuseppe Roma:
R. - Il futuro diventa nuovamente oscuro e quindi quello che si risparmia viene messo da parte. Soprattutto ci troviamo nella condizione di spesa senza consumi, per cui crescono molto quelle spese incomprimibili, che sono date dalle tariffe, dalla benzina, dal fisco, dalla riduzione di protezione sociale, pensiamo alla sanità. Della situazione nella vita reale, che è quella dei consumi che si scelgono, delle cose che sono necessarie, degli acquisti che bisogna fare, ci resta veramente poco e quindi anche per il futuro, i prossimi sei mesi, la previsione per la prima volta è più bassa che non quella del passato.
D. - Che cosa si taglia soprattutto?
R. - Le spese meno importanti, per esempio i pranzi fuori, anche per le vacanze naturalmente si cerca di mantenere almeno qualche giornata, però si tagliano anche i beni di consumo più tradizionali, penso l’abbigliamento, le calzature, e il rinnovo del mobilio… Questi tagli della famiglia derivano anche dall’assenza di una politica economica che, giustamente, tende alla compatibilità macroeconomica, ma ha perso completamente di vista i meccanismi virtuosi che nell’Italia degli ultimi anni ci hanno consentito il riparo dalla crisi: il giro delle risorse che ci sono in famiglia, il passaggio della ricchezza anche intergenerazionale, la pensione dei padri che aiuta i figli. Sono tutti aspetti messi a dura prova, perché è chiaro che se le pensioni si fermano, se vengono introdotti i ticket, questo vuol dire spesa maggiore per le persone più anziane, e quindi anche l’aiuto per quelle più giovani sarà minore e ciò avrà un effetto repressivo. (ma)
◊ Ieri pomeriggio, l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, è intervenuto nel sempre più acceso dibattito in Irlanda innescato dalla pubblicazione, nei giorni scorsi, di un rapporto sugli abusi su minori compiuti da alcuni sacerdoti nella diocesi di Cloyne. In un’intervista alla Radio nazionale Rte, il presule ha ribadito il suo profondo dolore per la vicenda; quindi ha risposto ad alcune domande sulle dichiarazioni rese ieri dal primo ministro irlandese, Enda Kelly, che - nel corso di un dibattito parlamentare sul Rapporto Cloyne - ha accusato il Vaticano di aver incoraggiato i vescovi a non denunciare gli abusi alle autorità ufficiali. Mons. Martin ha negato con forza tali accuse, sottolineando che nella diocesi di Cloyne sono state ignorate le norme del 2001, volute dall’allora cardinale Ratzinger, dunque dal Papa attuale. Il primate d’Irlanda ha anche affermato come lui stesso abbia consegnato personalmente 70 mila documenti alla Commissione d’inchiesta Murphy, denunciando tutti i casi di dichiarazioni di abuso alla polizia irlandese e ha aggiunto: “Non sono mai stato richiamato dal Vaticano per questo”. Ha poi espresso la sua indignazione e vergogna per quanto è stato fatto alle vittime e ad altre persone nella Chiesa, rilevando nello stesso tempo che questo scandalo colpisce anche tutti quei sacerdoti che testimoniano ogni giorno la loro fedeltà a Cristo. E ha raccontato un recente episodio dove alcuni sacerdoti anziani, “uomini di grande integrità e bontà”, sono stati pesantemente insultati durante il funerale di un compagno sacerdote. “Questa – ha detto mons. Martin - è la Chiesa di cui sono fiero e che ho la responsabilità di difendere”. Il presule ha denunciato coloro che “si prendono gioco” delle norme per tradire la Chiesa, ma ha anche criticato il governo irlandese per non essere riuscito a dare misure adeguate di protezione ai bambini. Infine, l’arcivescovo Martin ha esortato a non mettere in pericolo la collaborazione tra i vari attori della società civile: “Non voglio vedere – ha detto - contrasti tra Chiesa, Stato e volontari. Dovremmo tutti lavorare insieme per garantire che i bambini siano protetti”.
Corno d’Africa: appello di Caritas Africa alle Caritas regionali per incrementare gli aiuti
◊ Di fronte alla situazione catastrofica causata dalla grave siccità che ha devastato il Corno d’Africa insieme alle zone dell’Africa orientale e che sta colpendo 10 milioni di persone in Somalia, Etiopia, Eritrea e Kenya, Caritas Africa, attraverso il Caritas Africa Solidarity Fund creato per sostenere le vittime della siccità, ha offerto 25 mila euro ai partner delle rispettive Caritas dei Paesi citati, che stanno già facendo del loro meglio per rispondere all’emergenza e portare aiuti. Caritas Africa, in un comunicato inviato all’agenzia Fides, sottolinea che non sta solo reagendo all’attuale emergenza, ma sta anche rispondendo alla volontà chiaramente espressa dai Padri Sinodali nella Proposizione 17 del Messaggio finale pubblicato al termine della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, tenutasi nel mese di novembre 2009, che afferma: “È indispensabile sviluppare relazioni di solidarietà tra le diocesi e all’interno delle conferenze episcopali stesse. Pertanto, è urgente stabilire un fondo solidale tra le diocesi del continente attraverso la rete Caritas.” Caritas Africa ha invitato tutti i membri delle Caritas della regione ad organizzare campagne per la raccolta di fondi a tutti i livelli, in modo che chiunque possa contribuire in qualsiasi modo. È auspicabile uno sviluppo graduale del Fondo di solidarietà in modo che il sostegno finanziario possa essere fornito nel più breve tempo possibile, senza dover attendere nuove donazioni, conclude il comunicato. (R.P.)
Corno d'Africa: dalla Fao appello per 120 milioni di dollari e vertice a Roma il 25 luglio
◊ La Fao lancia un appello per 120 milioni di dollari per rispondere alla siccità e alla carestia che hanno colpito il Corno d'Africa, e annuncia la visita del direttore generale a Nairobi (22 - 24 luglio) e un vertice di emergenza a Roma il 25 luglio. In un comunicato diffuso ieri e ripreso dall'agenzia Sir, l'agenzia Onu ricorda che il numero dei somali che ha bisogno di assistenza umanitaria “è passato da 2,4 milioni a 3,7 milioni negli ultimi sei mesi. Nelle regioni di Bakool e Bassa Shabelle, dove oggi è stato dichiarato lo stato di carestia, “il tasso di malnutrizione grave ha superato il 50% e il tasso di mortalità registra sei morti al giorno ogni 10.000 persone”. Sono 12 milioni le persone nel Corno d'Africa che sono bisognose di assistenza. Di qui l’appello: occorrono “altri 120 milioni di dollari, di cui 70 per la Somalia e 50 per Etiopia, Kenya, Gibuti e Uganda”. “Dobbiamo scongiurare una tragedia umana di vaste proporzioni” afferma il direttore generale Jacques Diouf, che dal 22 al 24 luglio sarà a Nairobi. “Accanto agli aiuti alimentari”, avverte, dobbiamo “incrementare gli investimenti in interventi sostenibili” che “possano aiutare i contadini e le loro famiglie a tutelare i loro beni e a continuare a produrre cibo". Al vertice romano del 25 luglio sono invitati i Paesi membri, agenzie Onu, organizzazioni internazionali, banche dello sviluppo e Ong. (R.P.)
Unicef e Save the Children si attivano per il Corno d’Africa
◊ L’Unicef e Save the Children sono in prima linea per fronteggiare lo stato di carestia in due distretti della Somalia, in due distretti, Bakool e Lower Shabelle nelle altre regioni a rischio. Il tasso di malnutrizione acuta nel Paese, riporta l’Unicef in un comunicato, supera il 50% con tassi di mortalità infantile superiori a 6 per 10.000 abitanti in alcune zone. In Somalia, continua il comunicato, “sono già morti più di 400 bambini, una media di 90 bambini ogni mese, con un tasso di mortalità dell’86% nelle regioni centro- meridionali, nonostante l’Unicef e i partner abbiano già curato nello stesso periodo oltre 100.000 bambini affetti da malnutrizione acuta”. Un altro importante problema è l’accesso all’acqua nonché l’alta mortalità infantile: “Nelle aree maggiormente colpite, appena il 20% della popolazione ha accesso all’acqua potabile mentre i dati a disposizione indicano che un bambino su 9 muore prima di compiere 1 anno di vita, uno su 6 prima del quinto anno. L’Unicef, in particolare, ha lanciato un appello di fondi per 31,8 milioni di dollari per gruppi d’intervento nei settori nutrizione, acqua e igiene, istruzione e protezione; sostiene inoltre 418 Centri terapeutici, programmi di supporto nutrizionale per la cura della malnutrizione e Centri per la salute materno-infantile. L’organizzazione ha già inviato a Baidoa, nel Sud del Paese, 5 tonnellate di scorte nutrizionali d’emergenza, alimenti terapeutici pronti all’uso, farmaci per la cura dei bambini malnutriti e cisterne idriche. “Due giorni fa – si legge nel comunicato - 76 tonnellate di aiuti d’emergenza hanno raggiunto Mogadiscio tramite un altro ponte aereo, mentre 200.000 tonnellate di Unimix - farina arricchita di mais e di soia - e 11.576 cartoni di Plumpynut – barretta di arachidi ipercalorica - raggiungeranno la capitale nei prossimi giorni”. Nei prossimi 6 mesi – informa il comunicato - l’Unicef conta di fornire aiuti e assistenza per la cura di 70.000 bambini affetti da malnutrizione grave, attraverso l’apertura di nuovi Centri di alimentazione terapeutica e il sostegno a team mobili, e di raggiungere altri 75.000 bambini con malnutrizione moderata tramite il potenziamento dei programmi di supporto nutrizionale. Dal canto suo, Save the Children comunica dati non meno preoccupanti: “ sono 2 milioni i bambini che soffrono le conseguenze della crisi alimentare e per 1 milione di loro c’è il rischio concreto di perdere la vita”, riporta l’agenzia Sir. “La dichiarazione dello stato di carestia - ha detto Ben Fot, direttore Save the Children in Somalia deve scuotere la comunità internazionale. L’organizzazione sta sfamando e curando migliaia di bambini nel Paese ma assistiamo al raddoppio del numero dei bambini malnutriti e non ci sono risorse sufficienti per far fronte alle necessità. L’intervento umanitario deve moltiplicarsi in modo massiccio e urgente”. La crisi in Somalia ha anche ripercussioni in Kenya ed Etiopia, dove è accolta la maggior parte degli sfollati somali. (G.I.)
Sudan: appello dell’arcidiocesi di Khartoum perché la Chiesa resti unita
◊ Dopo il referendum del 9 luglio, che ha portato all’indipendenza del Sud Sudan dal nord del Paese, la Chiesa resti unita. È l’appello lanciato dal vescovo ausiliare di Khartoum, mons. Daniel Adwok, in un’intervista rilasciata a Radio Good News. In particolare, il presule ha esortato i cristiani del Sudan meridionale a non dimenticare i fratelli del nord, che ora si trovano in uno Stato praticamente islamico, in cui vige la Sharia e prevale la cultura araba. “I fedeli della nuova nazione – ha detto mons. Adwok – ricordino nelle preghiere i cristiani del Sudan settentrionale, anche perché per molti di loro non è facile lasciare tutto e trasferirsi al sud”. L’ausiliare di Khartoum ha poi elencato alcuni problemi che i fedeli devono ora affrontare, come la questione della cittadinanza per chi ha origini meridionali o la vendita di terreni situati al nord, ma appartenenti a cittadini del sud. Ai microfoni di Radio Good News, mons. Adwok ha citato anche le sfide che le scuole cattoliche del Paese si trovano davanti, ricordando che i fondi di sussistenza provenienti dalle associazioni caritative cattoliche sono in calo e che molte famiglie non sono più in grado di pagare la retta scolastica per i propri figli. Una situazione drammatica, ha concluso il presule, che potrebbe portare la Chiesa sudanese a chiudere definitivamente alcuni dei propri istituti di formazione. (I.P.)
Congo: epidemia di colera a Kinshasa. L’impegno dell'Opera don Guanella
◊ Il colera è arrivato a Kinshasa e la prossima settimana gli esperti prevedono il picco del contagio. A lanciare all'agenzia Sir l’allarme sulla situazione della capitale congolese è fratel Mauro Cecchinato, missionario guanelliano impegnato a Kingabwa, quartiere della capitale. “È da alcuni mesi – spiega – che nella Repubblica Democratica del Congo si verificano focolai di colera lungo il corso del fiume Congo, via molto trafficata dalla popolazione”. Il primo, circa un mese fa è esploso nella provincia di Bandundu, circa 400 chilometri a Est di Kinshasa, ad oggi i dati parlano di 51 contagi e 6 decessi ma date le precarie condizioni igieniche in cui versano i quartieri più poveri e la densità abitativa, il rischio di una rapida diffusione è altissimo. Le autorità congolesi il 24 giugno avevano ufficialmente dichiarato che tre nuove province erano state colpite dall’epidemia e secondo l’Ong Medici Senza Frontiere - presente con alcuni centri per il trattamento dell’epidemia – le persone contagiate, ai primi di luglio, erano state 2.787, i morti 153. “L’epidemia di colera – spiega Cecchinato – sta passando un po’ sotto traccia; i giornali locali cercano di non parlarne, ma è importante fare prevenzione perché in una città di quasi dieci milioni di abitanti i rischi sono alti”. L’Opera don Guanella è presenta a Kinshasa dal 1996 ed è impegnata in particolare sul fronte dei bambini di strada con tre Centri residenziali, due Centri diurni e due equipe mobili che si spostano nei quartieri per assistere i minori abbandonati, circa 30 mila nella sola capitale. “Di fronte all’esplosione di un’epidemia – continua il missionario – i bambini di strada sono i più vulnerabili. Nel nostro quartiere, ma anche in altre zone della periferia, non esistono fognature, le strade sono piene di spazzatura e non hanno accesso all’acqua corrente. Tutte condizioni che facilitano il contagio. Da ieri abbiamo sospeso le attività delle nostre equipe di strada nelle zone più a rischio. Questo per evitare che i nostri operatori possano diventare, a loro insaputa, vettori del contagio e portare l’epidemia all’interno dei nostri centri. Intanto abbiamo potenziato il dispensario medico nel tentativo di essere pronti all’emergenza”. (C.S.)
◊ A una conferenza stampa che si è tenuta martedì scorso a Cotonou, il vice-presidente del Comitato organizzativo, mons. Eugène Houndekon, ha illustrato i tre obiettivi centrali della visita di Benedetto XVI in Benin a novembre – la terza di un Papa nel Paese africano dopo quelle del 1982 e del 1993 di Giovanni Paolo II - sottolineandone il carattere pastorale: la consegna dell’Esortazione apostolica post-sinodale frutto del secondo Sinodo per l’Africa del 2009; la celebrazione con il Santo Padre del “Giubileo dei 150 anni dell’evangelizzazionedel Benin” e, infine, la commemorazione del compianto cardinale beninese Bernardin Gantin. Padre André Quenum, responsabile della comunicazione del comitato organizzativo, ha sottolineato, da parte sua, l’importanza della visita di Benedetto XVI non solo per i cattolici , ma per tutto il popolo beninese e che essa servirà a rendere visibile la Chiesa Famiglia che è in Africa. Egli ha quindi rivolto un appello a tutt i beninesi a contribuire al successo dell’evento. In un'intervista al quotidiano cattolico francese “La Croix”, il Ministro degli Esteri beninese Nassirou Bako-Arifari, afferma che la visita del Papa in Benin “onora tutta l’Africa”. Nell’intervista, rilasciata durante la visita a Roma il 4 e 5 luglio in occasione del 40° anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Santa sede e Benin, il capo della diplomazia di Cotonou sottolinea i buoni rapporti con la Chiesa e il suo contributo alla costruzione della Nazione, tema che è stato al centro dell’incontro della delegazione beninese con mons. Dominique Mamberti, Segretario della Santa Sede per i rapporti con gli Stati. (L.Z.)
◊ “Le bombe continuano a cadere. Ma almeno è stata adottata una nuova ‘strategia umanitaria’ per cercare di evitare vittime tra i civili” dice all’agenzia Fides mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli. “Prima di bombardare una determinata area - spiega mons. Martinelli - la Nato dissemina la zona di volantini per avvertire la popolazione che nei prossimi giorni il quartiere verrà bombardato. La gente è chiaramente infastidita perché deve lasciare l’abitazione e trovare un alloggio provvisorio. Ma almeno c’è la preoccupazione di evitare vittime innocenti”. Il vicario apostolico di Tripoli aggiunge che “la settimana scorsa nella zona di Tajura vi è stato un bombardamento molto violento, con più di 30 ordigni che hanno colpito l’area. Non mi spiego perché questa zona sia stata colpita in maniera così violenta, ma è certo che si continua a bombardare con la speranza di colpire il leader. Le bombe continuano a cadere ed è già stato annunciato che non verrà rispettata alcuna tregua per il Ramadan, che inizia a fine mese” sottolinea il vicario apostolico di Tripoli. “Ciò che mi stupisce è l’indifferenza della Nato e dell’Europa alla proposta di tregua per il Ramadan. Per tutti i libici (pro o contro Gheddafi) il Ramadan è un periodo sacro, ed è un sentimento che andrebbe rispettato” conclude mons. Martinelli. (R.P.)
Myanmar: non si placano le tensioni in Kachin. Allarme del vescovo di Banmaw
◊ “Non siamo molto ottimistici per il prossimo futuro, gli scontri non sono cessati, anzi, dalle notizie in circolazione sembra che si siano intensificati. Le conseguenze umanitarie sono gravi, è ormai più di un mese e mezzo che tra 10.000 e 20.000 civili sono sfollati e vivono in condizioni precarie, con pochissimi aiuti a disposizione”: a parlare con l'agenzia Misna della difficile situazione che stanno vivendo gli abitanti dello Stato settentrionale birmano di Kachin è mons, Raymond Sumlut Gam, vescovo di Banmaw, nonché responsabile della Caritas nel paese asiatico. “La Caritas sta cercando di aiutare, ma abbiamo pochissimo a disposizione. Agli sfollati servono cibo e tende” ha sottolineato il presule birmano, raggiunto telefonicamente nella sua diocesi, che si trova nello Stato Kachin, che conta in totale circa 100.000 cattolici. Dai primi di giugno combattimenti oppongono il potente esercito regolare all’Esercito indipendentista Kachin (Kia), una delle numerose fazioni armate delle etnie birmane. Non si conosce il bilancio degli scontri, che avrebbe causato vittime perlopiù tra i combattenti. Secondo le ultime informazioni riferite da fonti vicine al Kia, 10 soldati sarebbero stati uccisi e altri sette catturati durante scontri avvenuti nei pressi del villaggio di Khaya lo scorso fine settimana. L’esercito e gli indipendentisti si accusano a vicenda di essere all’origine della crisi scoppiata l’8 giugno. Il governo accusa il Kia di aver condotto un assalto contro le guardie di una società cinese incaricata di costruire un importante sito di produzione di energia idroelettrica. Il Kia sostiene che il governo ha provocato le tensioni, per aver tentato di mettere la milizia sotto il suo controllo proponendo di integrarla in un contingente di frontiera. Tensioni sono palpabili anche nel vicino Stato di Shan dove, secondo fonti antigovernative, i militari avrebbero lanciato un’offensiva contro l’Esercito dello Stato Shan (Ssa) a Wan Hai. (R.P.)
India: continuano le discriminazioni contro i cristiani dell'Orissa
◊ Nessun sussidio alle giovani vedove, diritti di proprietà revocati, intimidazioni: i cristiani del Kandhamal, epicentro dei pogrom in Orissa del 2008, continuano a subire angherie d’ogni tipo, ora anche dalle autorità del distretto. Mithun Digal, cristiano del villaggio di Beladadi, non può registrarsi all’ufficio di collocamento del distretto di Kandhamal, perché l’ufficio competente della stazione di polizia di G. Udayagiri gli nega i certificati di residenza, casta e reddito. Il motivo addotto - riferisce l'agenzia AsiaNews - è che suo padre non possiede un regolare patta land (diritto di proprietà). In realtà, dopo le violenze anti cristiane del 2008, l’ufficio non ha più accettato l’affitto per le loro terre dal padre di Mithum. Nel villaggio di Bankingia, completamente distrutto durante i pogrom, la comunità cattolica ha bloccato i lavori per la costruzione di una chiesa a causa delle continue minacce di un gruppo di fanatici indù. “Questo – spiega fratel K J Markose, avvocato – nonostante siano in possesso del patta land”. Snehalata Behera, 16 anni, è diventata vedova circa quattro mesi fa. Ma le autorità del villaggio di Bankingia – dove vive – le negano la pensione per le vedove e le 10mila rupie (circa 158 euro) di sussidio, perché non possiede la tessera Bpl (Below Poverty Line). “Snehalata e sua suocera – racconta fratel Markose, anche attivista per i diritti umani – sono andate almeno tre volte all'Ufficio di previdenza, ma nessuno le ha prestato attenzione”. (R.P.)
India: nel Karnataka il Bjp minaccia chi ostacola l'insegnamento dei testi indù nelle scuole
◊ In India si infiamma il dibattito sull’insegnamento del Bhagvad Gita, testo sacro indù, nelle scuole pubbliche del Karnataka, come proposto dal governo locale guidato dai nazionalisti indù del Bharathya Janatha Party (Bjp) e contestato dalle minoranze cristiane e musulmane. Nei giorni scorsi Dhananjay Kumar, leader locale del partito estremista, ha affermato che tutte le fedi nate al di fuori dell’India sono occidentali e i loro seguaci non possono imporre il loro volere negli istituti pubblici. Anche il ministro dell’educazione Vishveshwar Kaggeri ha lanciato minacce contro le minoranze. “Chi si oppone all’insegnamento del Bhaqvad Gita – ha detto– deve andare via dal nostro Paese”. Le dichiarazioni hanno scatenato numerose polemiche fra i partiti di opposizione e leader religiosi che si dicono preoccupati per la politica estremista portata avanti dalle autorità statali. Dal canto suo mons. Bernard Moras, arcivescovo di Bangalore, sottolinea all'agenzia AsiaNews che tali affermazioni sono un atto irresponsabile contro i valori laici su cui si fonda il Paese poiché rappresentano una minaccia alla vita e alle tradizioni dei cittadini indiani e rischiano – afferma il prelato – di creare divisioni fra la popolazione. Mons. Moras, spiega che tutti i cattolici rispettano la religione indù e i suoi testi sacri, ma non è giusto – ribadisce - utilizzare la scuola pubblica per diffondere un messaggio religioso parziale, che va contro le stesse norme presenti nella Costituzione. “Perché solo il Bhagvat Gita – sottolinea l’arcivescovo – deve essere insegnato nelle scuole e non la Bibbia e il Corano?”. Il presule ha riferito di aver già contattato il primo ministro del Karnataka e le autorità federali per presentare il caso all’Alta corte dell’India. In Karnataka, circa l’83% della popolazione è di religione indù. I musulmani sono l’11% e i cristiani il 4%. Le minoranze sono spesso vittime di violenza da parte degli estremisti indù che accusano cristiani e musulmani di compiere conversioni forzate. Solo il 6 luglio scorso un gruppo di 20 estremisti indù ha aggredito un pastore protestante accusandolo di proselitismo, mentre due giorni prima oltre 50 estremisti hanno assaltato le suore di una scuola cattolica del distretto di Bangalore. I radicali volevano obbligare le religiose ad ammettere nel loro istituto il figlio di un leader religioso indù, nonostante la chiusura delle iscrizioni. (C.S.)
Gmg: a Madrid solo 65 giovani vietnamiti, ma a migliaia ne studiano lo spirito
◊ Saranno 65 i giovani vietnamiti che, malgrado numerose difficoltà, dovrebbero poter essere presenti a Madrid dal 16 al 21 agosto per la Giornata Mondiale della Gioventù, ma sono decine di migliaia i giovani che prendono parte alle attività pastorali e sociali organizzate in tutte le diocesi dalla Commissione episcopale per i giovani per approfondire lo spirito della Gmg. L’obiettivo - riferisce l'agenzia AsiaNews - è quello di rendere le nuove generazioni di cattolici capaci di incamminarsi verso una vita nuova e rinvigorire tutti i giovani vietnamiti. In questo mese di luglio, la Conferenza episcopale ha pubblicato la “Communion New-Letter” n. 65 con il titolo “Giovani cattolici – Giornata Mondiale della Gioventù”. Insieme alla Commissione episcopale per i giovani vi si esprime la speranza che l’evento sia fruttuoso per i giovani vietnamiti. E già il 18 maggio l’ufficio del segretario generale della Conferenza aveva dato vita a un Forum per giovani per la promozione del pensiero autonomo e lo scambio di esperienze di lavoro col tema “Commissione per i giovani del Vietnam e consolidamento della civiltà dell’amore e della vita”. Tenuto al Centro pastorale dell’arcidiocesi di Saigon, l’incontro ha visto la partecipazione di oltre mille giovani. Ma è soprattutto con internet che i giovani vietnamiti possono avere informazioni quotidiane ed entrare nello spirito della Giornata. La Commissione episcopale per i giovani gestisce un sito, http://www.madrid11.com/vi, nel quale si possono avere informazioni. Il sito contiene anche parole e messaggi di Benedetto XVI tradotti in vietnamita. Il presidente della Commissione, mons. Joseph Vũ Văn Thiên rivolto ai giovani che contano di andare a Madrid ha detto che “quando voi potrete prendere parte all’assemblea, sarà una buona occasione per portarvi l’immagine e la cultura della Chiesa vietnamita. Voi siete anche i rappresentanti dei giovani del nostro Paese collegati con il Santo Padre e con i giovani di tutto il mondo”. “E - ha aggiunto - anche se non tutti i giovani cattolici vietnamiti potranno partecipare alla Giornata, attraverso il suo messaggio per la Gmg, il Santo Padre Benedetto XVI ci chiama e ci guida a vivere efficacemente nella società vietnamita di oggi”. (R.P.)
Gmg di Madrid: i vescovi Usa organizzano una fiera vocazionale
◊ Anche la Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) organizzerà una propria fiera delle vocazioni alla Giornata mondiale della gioventù di Madrid. L’appuntamento è per il 17 agosto presso la parrocchia di San Francesco Borgia, antistante l’ambasciata americana. “Una straordinaria occasione per invitare i nostri giovani ad aprire i loro cuori a Cristo e a rispondere alla sua chiamata al sacerdozio e alla vita consacrata”, così ha spiegato l’iniziativa mons. Robert Carlson, presidente del Segretariato dei vescovi per il clero, la vita consacrata e le vocazioni (Cclv) che patrocina l’evento insieme al Segretariato per i laici, il matrimonio, la famiglia e i giovani. Un recente sondaggio indica infatti che almeno il 20% dei giovani sacerdoti intervistati ha partecipato a una Giornata Mondiale della Gioventù. La fiera si aprirà con l’esposizione del Santissimo Sacramento e i vespri presieduti dal cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston, e proseguirà nel vicino auditorium dove i giovani potranno ascoltare interventi e interloquire con i vescovi. Tra gli ospiti anche diversi religiosi e religiose che racconteranno le loro esperienze personali. Una preghiera notturna e una benedizione chiuderà l’evento durante il quale sarà messa a disposizione una cappella dove i giovani potranno pregare davanti al Santissimo Sacramento. Durante la Gmg – lo ricordiamo - è prevista anche una fiera vocazionale internazionale che ospiterà 80 stand di diversi Paesi nel Paseo de Coches del Parco del Ritiro, dove tutti gli anni si celebra la Fiera del libro di Madrid. (L.Z.)
Usa. Rapporto sulle parrocchie nell'ultimo decennio: meno numerose, ma più grandi
◊ Un accresciuto numero di fedeli con una maggiore assiduità religiosa, a fronte di un numero ridotto di parrocchie e di sacerdoti. È la fotografia delle parrocchie negli Stati Uniti che emerge da una nuova ricerca condotta dal Centro per la ricerca applicata nell’apostolato (Cara) della Georgetown University di Washington. Il rapporto, intitolato “The Changing Face of the U.S. Catholic Parishes”, è stato reso noto lunedì. Esso conferma diverse tendenze emerse in questi anni nella Chiesa americana. In particolare dalla ricerca, che ha coinvolto un campione di 846 parrocchie, risulta un accresciuto numero di fedeli, grazie soprattutto all’immigrazione ispanica: stando alle dichiarazioni di appartenenza religiosa raccolte da alcuni sondaggi citati nel rapporto essi sarebbero più di 77 milioni. In deciso calo invece il numero di parrocchie, passate da circa 19mila registrate nel 2000 a meno di 17.800 alla fine del decennio, pari a una riduzione del 7,1%. Combinato con l’accresciuto numero di fedeli questa riduzione ha avuto come effetto di aumentare decisamente le dimensioni medie delle comunità parrocchiali (un processo che il rapporto descrive con il termine “supersizing”): un terzo delle parrocchie registra più di 1.200 residenti, mentre la percentuale delle comunità con meno di 200 fedeli è calata dal 24% del 2000 al 15% del 2010. Inoltre, è aumentata la frequenza e la partecipazione dei fedeli alle messe: in metà delle chiese vengono celebrate quattro o più liturgie pre-festive e domenicali. La ricerca conferma poi il carattere sempre più multiculturale della Chiesa statunitense: in quasi una parrocchia su tre, almeno una volta al mese viene celebrata una messa in una lingua diversa da quella inglese, con un incremento pari al 22% rispetto a dieci anni fa, mentre il 37% delle parrocchie riservano particolare attenzione alle tradizioni religiose delle comunità straniere, celebrando le messe in concomitanza con le feste religiose nazionali. La ricerca, infine, mette in luce l’accresciuto contributo dei fedeli al sostentamento economico delle parrocchie e nel servizio anche nei vari uffici ecclesiali: negli ultimi cinque anni la percentuale delle offerte è salito del 14%. (A cura di Lisa Zengarini)
Colombia: quattro milioni di firme contro l’aborto in Colombia
◊ Oltre quattro milioni di firme in favore della vita e contro l’aborto in Colombia. È questo, finora, il risultato dell’iniziativa promossa dalla Conferenza episcopale della Colombia (Cec). I dati - riferisce L'Osservatore Romano - sono stati divulgati, nel corso di una conferenza stampa, dal vescovo Juan Vicente Córdoba, segretario generale della Cec. La raccolta di firme intende favorire l’emendamento all’articolo 11 della Costituzione ed impedire, così «tutte le possibilità di aborto e di eutanasia». Si vuole insomma proteggere la vita nascente dal momento del concepimento fino alla morte naturale. La presentazione del progetto di riforma costituzionale — ha tenuto a sottolineare il presule — non è un’iniziativa di un particolare partito politico (quello conservatore), come sostengono i mezzi di comunicazione, ma si connota come un’iniziativa «multipartitica e multireligiosa». «Oltre 4 milioni di firme raccolte in pochi mesi — ha detto il presule — testimoniano che il popolo colombiano è per la vita». (R.P.)
Perù: il cardinale Cipriani esorta a rispettare l'ordine naturale della società
◊ “Occorre pregare per le autorità, per coloro ai quali sono affidate le sorti della Nazione e dei cittadini. Alcuni di loro, purtroppo intendono modificare, sovvertire l’ordine naturale delle società peruviana”. Lo ha sottolineato il cardinale Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima e presidente della Conferenza episcopale peruviana, durante l’omelia per la festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (Nuestra Señora del Carmen). Il porporato - riferisce l’Osservatore Romano - ha rivolto espressioni accorate in particolare ai genitori, invitati a “educare correttamente i propri figli» proteggendoli dalle molte spinte disgregatrici della persona umana e della società. La stampa locale ha interpretato le dichiarazioni del cardinale come un’allusione a chi, nelle ultime settimane, ha cercato di portare avanti un’ordinanza comunale che consente nei centri pubblici e commerciali qualsiasi «visualizzazione fisica di affetto omosessuale». Oltre a ciò, in precedenza, era stata ritagliata una “zona rosa” per regolamentare la prostituzione. Secondo il cardinale Cipriani, alcune proposte culturali e comportamentali attengono ad una visione del mondo che sembra aver smarrito la dimensione di Dio. E un mondo senza Dio è senza speranza, e una cultura senza Dio porta nel suo nucleo la disperazione, la negazione della dignità della persona umana. “Vale la pena vivere. La vita — ha evidenziato il porporato — è bella. Se metti gli occhiali della fede, con un po’ di umiltà, di coerenza, riesci a intuirne tutta la profondità verso i destini eterni. Certo il cammino è difficile, irto di insidie, ma chi si sforza di vivere in Dio non sarà abbandonato e potrà tagliare il traguardo della vittoria della vita sulla morte, potrà avere il dono della vera felicità, della vita eterna». Il cardinale ha anche invitato i cristiani ad essere “testimoni coerenti e gioiosi della fede” e in particolare i genitori a «essere buoni e gioiosi maestri dei loro bambini» perché la vita, pur nella sua fugacità, “vale la pena viverla nell’attesa gioiosa della speranza cristiana”. (L.Z.)
India: l’Associazione cattolica del Bengala occidentale celebra il centenario di fondazione
◊ Ha acceso solennemente una lampada e così mons. Thomas D’Souza, arcivescovo coadiutore di Calcutta, ha dato il via ufficialmente alle celebrazioni per il centenario di fondazione dell’Associazione cattolica del Bengala Occidentale. La Cab rappresenta i circa 500mila cattolici dello Stato indiano ed opera a livello sociale, culturale e religioso, portando avanti numerose attività di solidarietà. L’evento si è svolto domenica scorsa, presso il college St. Xavier di Calcutta. “Nel suo secolo di attività – ha detto il presule - l’associazione ha sempre avuto a cuore la formazione delle persone che puntano al servizio pubblico ed ha promosso l’impegno dei laici all’interno della Chiesa”. Gli ha fatto eco mons. Cyprian Monis, vescovo di Asansol: “Per combattere la cultura della corruzione, abbiamo bisogno di preparare bene i futuri leader politici e la Cab è all’avanguardia nel formare i nostri giovani ad impegnarsi nei servizi governativi”. Ribadita, infine, la necessità di una maggiore collaborazione, da parte dello Stato, per offrire la possibilità di borse di studio ai più giovani. (I.P.)
Congo: chiusura dell’anno pastorale della Commissione di musica ed arte sacra di Brazzaville
◊ Denunciare il male e dire la verità. Con questo mandato si è concluso, nei giorni scorsi, l’anno pastorale 2010-2011 della Commissione diocesana di musica ed arte sacra dell’arcidiocesi di Brazzaville, in Congo-Brazzaville. A lanciare l’invito alle corali di canto gregoriano è stato il cappellano dei coristi e dei seminaristi, l’abate Christian Moussavou. Celebrando la Messa, il religioso ha posto l’accento sul concetto di verità, ribadendo che “Cristo, nel Vangelo, ci chiede di vivere nella verità. Siate, quindi, cristiani che denunciano il male e dicono la verità, perché la verità ci rende liberi”. L’abate Moussavou ha poi esortato i fedeli ad evitare i sentimenti di vendetta verso coloro che hanno commesso del male: “Domandiamo al Signore – ha detto – di essere artigiani della verità e di saper coltivare il bene nei vari ambiti della nostra vita”. Partendo dall’episodio biblico di Giuseppe che, sebbene maltrattato dai fratelli e venduto come schiavo in Egitto, perdonò comunque i suoi aggressori, l’abate Moussavou ha invitato i partecipanti alla Messa a “fare del bene anche se riceviamo del male”. “Le Sacre Scritture – ha concluso il religioso – ci aiutano a guardare al comportamento esemplare di Giuseppe così che, anche se siamo perseguitati, imploriamo sempre la bontà di Dio affinché venga in nostro aiuto”. (I.P.)
Terra Santa: il Centro studi Al-Liqa da 25 anni al servizio del dialogo contro l'estremismo
◊ 25 anni al servizio del dialogo e l'informazione nel mondo arabo: a festeggiare, martedì scorso, è stato il Centro di studi religiosi della Terra Santa “Al-Liqa”, parola araba che significa “incontro”. A celebrare l’anniversario, secondo quanto riferito dal patriarcato latino di Gerusalemme, Giries Khoury, direttore del Centro, il Patriarca emerito Michel Sabbah, padre Rafiq Khoury, del Patriarcato Latino, dall'inizio direttore della rivista. Tra i presenti - riferisce l'agenzia Sir - anche mons. William Shomali, vescovo ausiliare e vicario patriarcale di Gerusalemme, e mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare e vicario patriarcale per Israele. Fondato nel 1980 da Khoury Giries, “Al-Liqa", è un Centro di studi su temi religiosi in Terra Santa e luogo che promuove l'ecumenismo e il dialogo interreligioso come risposta all'estremismo, in particolare quello religioso in tutte le sue forme. Lo scopo, infatti, è costruire ponti di comprensione tra arabi cristiani e musulmani e combattere la disinformazione in tutto il mondo sul Medio Oriente. Infine, mira anche a creare una vera coscienza comune sulla questione dei Territori palestinesi occupati. (R.P.)
In carcere il deputato Alfonso Papa. Strappo in aula tra Pdl e Lega
◊ In Italia, acque agitate nella maggioranza politica all’indomani del voto della Camera che ha concesso l'esecuzione dell'ordinanza di custodia nei confronti del deputato, autosospesosi dal Pdl, Alfonso Papa, e del voto del Senato che ha invece negato l’esecuzione dei domiciliari per l’ex Pd Alberto Tedesco. Il servizio di Marco Guerra:
Pdl e Lega cercano di attenuare le turbolenze interne alla maggioranza dopo la spaccatura alla Camera sul voto di ieri che ha concesso l’autorizzazione all’arresto dell’onorevole Alfonso Papa, l’ex magistrato autosospesosi dal Pdl per il suo coinvolgimento nell’inchiesta P4. Spaccatura che nelle stesse ore si era riproposta a palazzo Madama sull’autorizzazione a procedere, in questo caso negata, per il senatore ex Pd Tedesco, imputato nell’inchiesta sulla corruzione nella sanità pugliese. L’opposizione parla di capolinea per la coalizione di governo. Di diverso avviso la Lega, secondo cui c’è stata una divergenza come sui rifiuti, ma è “un errore volergli dare un significato politico”. Sulla stessa linea il segretario del Pdl Alfano, per il quale la posizione del Carroccio “non ha alcun nesso con la tenuta dell’esecutivo”. Mentre il capogruppo del Pdl alla camera Cicchitto contesta la validità del voto per la presunta violazione della sua segretezza. La maggioranza deve però registrare anche lo strappo del leghista Castelli al Senato dove ha annunciato il suo voto contrario al rifinanziamento delle missioni militari. Si tratta di una decisione esclusivamente personale che non riflette la posizione del partito di Bossi, ma che tuttavia ha indotto la maggioranza a far slittare a martedì il voto sul decreto per consentire un chiarimento sulla posizione da tenere in aula. Da parte sua il presidente Napolitano ha chiesto di evitare condotte che creino confusione di ruoli tra politica e magistratura, ha esortato ad accelerare su una riforma della giustizia che sia sostenuta da una "ampia condivisione", e ha chiesto di limitare le intercettazioni solo ai casi di assoluta necessità.
Egitto, attesa per il rimpasto del governo
Nel pomeriggio di oggi la nuova squadra del governo egiziano giurerà davanti al Supremo Consiglio delle forze armate, al potere nel Paese dopo la caduta del presidente Hosni Mubarak. Il premier Sharaf ha lavorato fino alla tarda serata di ieri per trovare l'accordo sul rimpasto chiesto dai manifestanti per accelerare le riforme e rimuovere i membri del governo compromessi con il partito del deposto presidente Mubarak. E a proposito dell'ex capo di Stato, un medico dell'equipe che segue il suo stato di salute ha smentito che sia in gravissime condizioni di salute, come molti voci riportavano. In un'intervista al quotidiano egiziano 'al-Ahram', il medico ha spiegato che "le condizioni di salute di Mubarak sono migliorate negli ultimi due giorni” anche se il paziente peggiora dal punto di vista psicologico con l’approssimarsi del processo a suo carico.
Libia, prosegue offensiva insorti
S’intensifica la marcia dei ribelli verso Tripoli per conquistare più terreno possibile prima dell’inizio del Ramadan di agosto. Secondo alcune fonti della stampa Usa gli insorti libici sono pronti a lanciare l'attacco contro Sebha, la citta' della Libia centro-meridionale storica roccaforte del colonnello Gheddafi. Allo scopo il governo di Bengasi ha chiesto alla Francia maggiori aiuti in armi. Da Parigi intanto, il ministero degli Esteri fa sapere di non essere contrario ad una permanenza di Gheddafi in Libia, purché lasci il potere e si ritiri a vita privata. Della stessa opinione il ministro italiano Frattini che ha però precisato che la “scelta sulla destinazione è un'opzione che spetta ai libici”.
Afghanistan, esercito di Kabul prende il controllo della provincia di Herat
In Afghanistan fonti dei talebani hanno smentito fermamente che il loro leader storico, il mullah Omar sia stato ucciso nelle scorse settimane, come era stato annunciato da alcune fonti. In particolare i talebani accusano gli occidentali di aver manomesso i cellulari del loro portavoce per diffondere la falsa notizia. Intanto sul terreno prosegue il passaggio di consegne tra le truppe dell’Isaf e quelle di Kabul. Ieri l’esercito afghano ha preso il controllo della sicurezza di un'altra zona chiave del Paese, Lashkar Gah, capitale della turbolenta provincia di Helmand. Oggi è stata la volta della provincia di Herat controllata dalle truppe italiane. Stupore infine per l’arresto da parte delle forze di Londra di due cittadini britannici accusati di combattere a fianco dei talebani.
Pakistan, violenze
Non si ferma la violenza in Pakistan. Almeno quattro persone sono state uccise in un'esplosione stamattina in Baluchistan, nel sud del Paese. Altri sette sono stati feriti. La deflagrazione è avvenuta vicino a un hotel nel distretto di Jaffarabad ed è stata provocata da una bomba nascosta su una motocicletta. L'obiettivo dell'attacco era un veicolo di impiegati di una compagnia petrolifera statale, due dei quali sarebbero rimasti uccisi. In Baluchistan, regione ricca di risorse minerarie, sono attivi diversi movimenti separatisti armati.
Nigeria
È di almeno cinque morti e dodici feriti il bilancio degli scontri interetnici tra cristiani e musulmani a Jos, città centrale della Nigeria. Il centro abitato situato al confine tra il nord a maggioranza musulmana e il sud dominato dai cristiani è teatro da anni di scontri interetnici con centinaia di morti. Le autorità hanno spesso puntato il dito contro la setta islamica dei Boko Haram.
Guinea
Ondata di arresti ieri in Repubblica di Guinea dopo il fallito colpo di Stato di martedì quando un gruppo di militari ha attaccato a Conakry la residenza del presidente Alpha Condé, rimasto incolume. Imprigionati una quarantina di membri dell’esercito: una misura intesa a dare un forte segnale alla popolazione sul pieno controllo da parte del Governo.
Malawi
In Malawi una serie di manifestazioni di protesta contro la politica del governo sono degenerate ieri in violenze e saccheggi. Negli scontri tra dimostranti e forze dell’ordine una persona è rimasta uccisa.
Usa-Shuttle
Si concluderà oggi, con l’atterraggio previsto a Cap Canaveral dell’Atlantis, il programma trentennale delle navette spaziali americane. Il primo volo dello Shuttle avvenne il 12 aprile del 1981. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 202