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Sommario del 20/07/2011
Reso noto il programma ufficiale della visita apostolica di Benedetto XVI in Germania
◊ La Sala Stampa vaticana ha reso noto oggi il programma ufficiale della visita apostolica di Benedetto XVI in Germania dal 22 al 25 settembre prossimi. Ce ne parla Sergio Centofanti.
Per la terza volta Benedetto XVI torna in Germania, dopo i viaggi a Colonia nell’agosto 2005 per la Giornata mondiale della gioventù e in Baviera nel settembre 2006. Saranno 4 intensi giorni che si svolgeranno sul tema: “Dove c’è Dio, là c’è futuro”. Quattro le tappe della visita apostolica: Berlino, Erfurt, Etzelsbach e Friburgo.
Il Papa inizierà il suo viaggio nella capitale tedesca, dove giungerà la mattina di giovedì 22 settembre. Qui, dopo la cerimonia di benvenuto al Castello di Bellevue e gli incontri con il presidente Christian Wulff e la cancelliera Angela Merkel, terrà un atteso discorso al Parlamento nel Reichstag. A seguire, l’incontro con la comunità ebraica e la Santa Messa nell’Olympiastadion di Berlino.
Venerdì mattina 23 settembre il Papa incontra i rappresentanti della comunità musulmana. Poi il trasferimento ad Erfurt, in Turingia, nei luoghi dove visse Lutero. Dopo la visita alla Cattedrale di Santa Maria, incontra i rappresentanti del Consiglio della Chiesa evangelica; quindi parteciperà ad una celebrazione ecumenica nella Chiesa del Convento degli agostiniani di Erfurt. Nel pomeriggio il Papa si sposta ad Etzelsbach dove presiederà i Vespri mariani presso la Wallfahrtskapelle. In serata il rientro ad Erfurt.
Sabato 24 settembre, alle 9.00, la Messa nella Domplatz di Erfurt. Nel pomeriggio il trasferimento a Friburgo, nel Baden-Württemberg: qui, dopo la visita alla cattedrale e il saluto alla cittadinanza, incontrerà l’ex cancelliere Helmut Kohl. Seguono altre tre incontri: con i rappresentanti delle Chiese ortodosse, con i seminaristi e con il Consiglio del comitato centrale dei cattolici tedeschi. Conclude la giornata, la veglia di preghiera con i giovani nella Fiera di Friburgo.
Domenica 25 settembre, ultimo giorno del viaggio, il Papa presiederà la Messa e l’Angelus nell’Aeroporto turistico di Friburgo. Dopo il pranzo con i membri della Conferenza episcopale tedesca e con il seguito papale, Benedetto XVI incontra i giudici della Corte costituzionale federale e i cattolici impegnati nella Chiesa e nella società. Alle 18.45 la cerimonia di congedo nell’aeroporto di Lahr e il rientro a Castel Gandolfo in serata.
Per il presidente della Conferenza episcopale della Germania, mons. Robert Zollitsch, la visita del Papa “rappresenterà un momento importante nella vita del Paese e della Chiesa tedesca”, incoraggiando la comunità cattolica e “il suo servizio agli uomini e alla società”.
◊ Uno dei grandi temi di riflessione sviluppato da Benedetto XVI tra il giugno del 2009 lo stesso mese del 2010 è stato quello del sacerdozio. Il Papa vi ha dedicato uno speciale Anno, durante il quale si è soffermato a più riprese – nelle udienze generali o in altre occasioni – sugli aspetti del ministero consacrato che fanno di un uomo un “altro Cristo”. E non ha esitato a stigmatizzare ciò che, troppo spesso, ha “macchiato” questa speciale vocazione divina. In questo servizio, Alessandro De Carolis ricorda alcune delle espressioni più intense di Benedetto XVI:
Quella del sacerdote è una “carriera” al contrario: il massimo dell’onore sta nell’essere servo, la massima espressione della libertà personale nel fare spazio alle idee di un Altro. Una missione impossibile, secondo gli standard umani della scalata al potere. E infatti il potere, in questo caso, viene da Dio, attraverso le insondabili strade che portano il sussurro della Sua voce a rapire un’intelligenza e a incendiare un’anima. Questa è una missione possibile, possibile per Dio, che – afferma in una occasione Benedetto XVI – non ha paura di far passare la ricchezza del suoi doni dalle mani di un povero amministratore:
“Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola ‘sacerdozio’. Che Dio ci ritenga capaci di questo; che Egli in tal modo chiami uomini al suo servizio e così dal di dentro si leghi ad essi”. (Omelia per la conclusione Anno sacerdotale, 11 giugno 2010)
La missione del sacerdote, dunque, arriva direttamente dal cielo, da dove proviene anche il sacerdote per eccellenza, Gesù. Come Lui, ripete il Papa, un sacerdote è autentico quando si fa “ponte” tra l’umanità a Dio. Un ruolo altissimo, dietro il quale – mette in guardia Benedetto XVI – potrebbe tuttavia annidarsi l’antichissima tentazione di sentirsi non il portatore di una lieta notizia, ma l’autore della notizia stessa:
“Il sacerdote non insegna proprie idee, una filosofia che lui stesso ha inventato, ha trovato o che gli piace; il sacerdote non parla da sé, non parla per sé, per crearsi forse ammiratori o un proprio partito; non dice cose proprie, proprie invenzioni, ma, nella confusione di tutte le filosofie, il sacerdote insegna in nome di Cristo presente, propone la verità che è Cristo stesso, la sua parola, il suo modo di vivere e di andare avanti”. (Udienza generale, 14 aprile 2010)
Nella Lettera con la quale il 16 giugno 2009 indice l’Anno sacerdotale, il Papa indica un modello di riferimento, San Giovanni Maria Vianney. Un modello di un’altra epoca, certo, scomparso 150 anni prima. In che modo, si chiede allora, potrebbe “imitarlo un sacerdote oggi, in un mondo tanto cambiato?”:
“A ben vedere, ciò che ha reso santo il Curato d’Ars è l’essere innamorato di Cristo. Il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto, e che è diventato amore delle pecore di Cristo, delle persone che cercano Dio”. (Udienza generale, 5 agosto 2009)
La cronaca dell’Anno sacerdotale racconta che mentre Benedetto XVI trovi di volta in volta espressioni profonde per rendere evidente la grandezza e l’importanza del ministero consacrato, proprio negli stessi mesi lo scandalo della pedofilia nel clero si scateni con forza, oscurando e infangando laddove il Papa cerca di illuminare e purificare. L’11 giugno del 2010, in una Piazza San Pietro imbiancata dalle talari di migliaia di sacerdoti, le parole di Benedetto XVI risuonano con particolare intensità:
“Era da aspettarsi che al ‘nemico’ questo nuovo brillare del sacerdozio non sarebbe piaciuto; egli avrebbe preferito vederlo scomparire, perché in fin dei conti Dio fosse spinto fuori dal mondo. (applausi) E così è successo che, proprio in questo anno di gioia per il sacramento del sacerdozio, siano venuti alla luce i peccati di sacerdoti – soprattutto l’abuso nei confronti dei piccoli, nel quale il sacerdozio come compito della premura di Dio a vantaggio dell’uomo viene volto nel suo contrario”. (Omelia per la conclusione Anno sacerdotale, 11 giugno 2010)
E tuttavia, anche se per le sue debolezze – o per l’indifferenza tante volte manifestata dall’uomo contemporaneo verso tutto ciò che è religioso – quella del sacerdote potrebbe “non di rado” sembrare, aveva detto il Papa qualche settimana prima, “voce di uno che grida nel deserto”, ciò non toglie nulla alla sua forza profetica della sua vocazione:
“Preghiamo realmente il Signore, perché ci aiuti a (...) raccogliere l’essere umano e portarlo – con il nostro esempio, con la nostra umiltà, con la nostra preghiera, con la nostra azione pastorale – nella comunione con Dio”. (Incontro con clero romano, 18 febbraio 2010)
Il cardinale Tauran: i cristiani in Terra Santa sono una minoranza che conta, un dono per la società
◊ I cristiani in Terra Santa sono una minoranza, ma una minoranza che conta. Lo ha detto ieri il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Intervenendo alla Conferenza internazionale sui cristiani in Terra Santa, svoltasi a Londra, il porporato ha ribadito l’importanza del dialogo interreligioso e ha lanciato un appello perché la Terra Santa non diventi solo un sito archeologico. Il servizio di Isabella Piro:
Una minoranza, ma una minoranza che conta. Il cardinale Tauran definisce così i cristiani in Terra Santa. Vivono in condizioni di precarietà, certo, indeboliti da guerre e rivoluzioni, costretti spesso a migrare. Ma essi sono anche “un dono per la società, perché portano apertura culturale, senso di dignità della persona umana, in particolare delle donne, una concezione della libertà che armonizza diritti e privilegi e un’idea della società politica che può portare alla democrazia”. E non solo: “I cristiani hanno la vocazione ad essere ponte”, sottolinea il cardinale Tauran, e insieme ad ebrei e musulmani, devono essere “annunciatori di speranza”, in memoria di Abramo, “padre” delle tre religione monoteiste. Perché “la religione insegna che c’è un solo futuro: un futuro condiviso”.
Di qui, l’appello lanciato dal porporato perché la Terra Santa non diventi solo un sito archeologico, un museo a cielo aperto da visitare pagando un biglietto. Per i cristiani, i luoghi santi sono “testimonianze viventi”, sono “la terra della rivelazione di Dio, il luogo dove Gesù è vissuto, è morto, è risorto”.
Altre due caratteristiche, continua il porporato, rendono peculiari i cristiani di Terra Santa e in Medio Oriente: essi sono discendenti diretti della fede apostolica e sono arabi, arrivati in quella parte del mondo “molto prima dei musulmani” Per questo, essi “non chiedono asilo, in quanto sono già a casa”, poiché “sono stati in Terra Santa per secoli, senza soluzione di continuità”. Centrale, allora, la ricerca di una soluzione dello status giuridico di Gerusalemme: in linea con la Santa Sede, il cardinale Tauran auspica che la parte più significativa della città, là dove si trovano i principali luoghi sacri delle tre religioni monoteiste, ottenga uno “statuto speciale, garantito a livello internazionale”. In questo modo, sottolinea il porporato, si potranno assicurare a cristiani, ebrei e musulmani, i diritti fondamentali come “la libertà di coscienza, di religione, di circolazione, i diritti civili, il diritto all’educazione, alle cure mediche, ad avere istituzioni proprie”.
“I cristiani in Terra Santa – prosegue il cardinale Tauran – non pretendono di imporsi, ma solo di fiorire là dove sono stati piantati da Dio e di rendere i loro concittadini in grado di capire che ogni religione è un invito ad andare avanti senza idoli, ad essere capaci di solidarietà”.
Ricordando, infine, “il profondo interesse” di Benedetto XVI per il tema della conferenza, il porporato conclude con un appello ad “osare”, ovvero a “non fermare il dialogo”, ma a proseguirlo con convinzione “verso la verità”.
A ottobre incontro internazionale a Roma dei "nuovi evangelizzatori"
◊ I rappresentanti delle realtà ecclesiali impegnate nell’ambito della nuova evangelizzazione in Occidente prenderanno parte a Roma, il 15 ed il 16 ottobre prossimi, ad un incontro internazionale organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Si tratta di un’occasione perché la Chiesa possa conoscere le realtà (diocesi, ordini religiosi, parrocchie, movimenti, associazioni) già da tempo attive in questo settore. Il programma dell’evento prevede il 15 ottobre l’incontro con i responsabili degli organismi ecclesiali per la nuova evangelizzazione. Dopo il saluto del presidente del dicastero, mons. Rino Fisichella, è prevista la testimonianza, tra gli altri, di madre Veronica Berzosa (fondatrice e superiora di Iesu Communio), dello scrittore Vittorio Messori e dello scienziato Marco Bersanelli. Seguirà il concerto del tenore Andrea Bocelli e successivamente è previsto l’incontro con Benedetto XVI. Sabato sera la diocesi di Roma accoglierà i gruppi e le realtà ecclesiali della nuova evangelizzazione che daranno vita a momenti di preghiera in diversi luoghi del centro storico. Domenica 16 ottobre, infine, è prevista la celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI per i nuovi evangelizzatori. (A.L.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Sono i figli il motore della ripresa: in prima pagina, Ettore Gotti Tedeschi sulla strategia economica per i Paesi più vecchi.
In rilievo, nell'informazione internazionale, la Somalia, dove si registra un altissimo tasso di mortalità tra i profughi stremati dalla siccità e dalla guerra.
In cultura, Felice Accrocca e Paolo Vian su Raoul Manselli e gli studi francescani.
Mio fratello il Papa: il libro di monsignor Georg Ratzinger, preparato insieme al giornalista e scrittore tedesco Michael Hesemann, in occasione del sessantesimo di sacerdozio di Georg e Joseph.
Vittorio Sgarbi su "Le meraviglie di Roma dal Rinascimento ai giorni nostri".
Quel borgo fantasma così vivo: Claudio Toscani recensisce "L'ultima sposa di Palmira" di Giuseppe Lupo.
Chiesa e scienza in dialogo per la prevenzione e la cura dell'Aids: nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi a monsignor Jean-Marie Mupendawatu, nuovo segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.
Allarme Onu per la Somalia. La fame uccide nel silenzio
◊ Cresce la preoccupazione internazionale per l'emergenza siccità nel Corno d'Africa, dove oltre 10 milioni di persone stanno soffrendo la fame e la sete. Le Nazioni Unite hanno ufficialmente dichiarato lo stato di carestia per due regioni della Somalia controllate dai ribelli: si tratta di Bakool e di Lower Shabelle. Sull’emergenza somala, Amedeo Lomonaco ha intervistato l’africanista del quotidiano ‘La Stampa’, Domenico Quirico, da poco rientrato dal Paese africano:
R. – Il problema, sostanzialmente, è la mancanza di soldi. Mancano soldi alle agenzie delle Nazioni Unite, che devono intervenire, mancano cifre considerevoli all’Alto Commissariato dei Rifugiati e così via. Sono stati versati soltanto la metà dei fondi necessari per un intervento d’urgenza in una zona in cui sono a rischio carestia circa dieci milioni di persone. Penso che, anche grazie all’intervento del Papa all’Angelus, la mobilitazione cominci, poco a poco, ad avviarsi. Ma non c’è tempo da perdere.
D. – Non c’è tempo da perdere e sicuramente non si può dire che non ci si sia accorti di quello che sta accadendo. Tu cos’hai visto in Somalia?
R. – Diciamo che la morte per fame è la più “discreta” delle varie forme di morte, perché si muore in silenzio. Non si urla, non si grida. I morti per fame si spengono. Le organizzazioni di soccorso internazionali dovrebbero mobilitare le coscienze e certamente le fotografie possono fare molto. All’epoca della prima carestia, all’inizio degli anni ’90, l’intervento nacque da uno straordinario reportage televisivo: il mondo si accorse che c’era una parte di se stesso che stava morendo di fame, che era già morta di fame. Le fotografie possono fare molto, ma credo che bisognerebbe raccontare come avviene il processo per cui una persona muore di fame. Raccontare, cioè, come questo tipo di morte asciughi progressivamente ogni energia vitale, riduca le ossa a dei moncherini, porti via qualsiasi cellula di vita per passare poi al cervello. Non si reagisce più, prende il sopravvento l’abulia, il disinteresse. L’altra reazione, invece, è quella della ferocia, dell’accanimento disperato nel cercare qualcosa da mangiare: cibo, cibo, cibo. Sei disposto anche ad uccidere altre persone per avere del cibo. Ci sono delle madri, in queste zone, che hanno gettato via i figli perché ormai il loro cervello era obnubilato dalla necessità di mangiare, di ingerire qualsiasi cosa. Raccontiamo allora cosa vuol dire morire per fame anche soltanto per una persona e non per mille, diecimila, centomila o dieci milioni e quale potrebbe essere l’apocalittico scenario del Corno d’Africa. Scenario che, per fortuna, non si verificherà, perché il mondo, anche se distratto, egoista ed avaro, è ancora in grado di intervenire. Raccontiamo questo e allora, forse, le nostre coscienze si mobiliterebbero più in fretta di quanto avviene oggi. Soprattutto si deve intervenire in Somalia, non soltanto con la carità internazionale. Bisogna che ci sia un intervento di tipo politico.
D. – Un intervento politico anche per porre fine alla perdurante assenza dello Stato somalo…
R. – La Somalia è una specie di straordinario vuoto che le grandi potenze, l’Occidente ricco, ha posto nella propria coscienza. In passato, quando la Somalia è diventata un elemento dell’internazionale islamica, c’è stato un certo interesse, perché sembrava che Bin Laden potesse avere anche lì dei suoi ‘dentellati’. Allora si è operato in un modo doppiamente criminale: far fare cioè una guerra per ‘procura’ tra africani. In questo spazio di vuoto, di silenzio, è successo di tutto in questo Paese. Si è assistito alla ferocia più terribile, a manifestazioni più esasperate del fanatismo religioso. Un intero popolo è rimasto in ostaggio di alcuni elementi criminali di varia natura. Questa è la Somalia di oggi, questa è la Somalia che affronta l’ennesima tappa del suo calvario, l’ennesima carestia. Ma questo non è un problema dovuto soltanto ad una catastrofe di tipo meteorologico, cioè perché non piove. I somali convivono con la siccità da sempre ed hanno delle tecniche primitive ma raffinate per sopravvivere. In questo sono abilissimi. Quello che oggi trasforma quella che potrebbe essere una situazione difficile in una catastrofe è, come sempre, la realtà politica di queste zone. Qualsiasi intervento, quindi, non può prescindere, questa volta, dal considerare il carattere politico di questa carestia. Il problema della carestia si ripresenterà sistematicamente ogni anno, per i prossimi 20, 40, 50, 100 anni. La comunità internazionale è disposta ad accettare questo tipo di discorso? Il problema è questo. (vv)
◊ Intercettazioni telefoniche illegali in ambito privato, vertici della polizia corrotti. Questi, due degli aspetti dello scandalo che in Gran Bretagna ha causato la chiusura del noto tabloid “News of The World” di proprietà di Rupert Murdoch. Dopo il magnate dell’informazione australiano, ascoltato ieri a Londra da una commissione parlamentare, stamane il premier britannico, David Cameron, sfiorato dall’inchiesta, parlando alla Camera dei Comuni, ha detto che la vicenda “ha incrinato la fiducia nei media, nella polizia e nel mondo politico”. Poi, in riferimento all’assunzione di Andy Coulson, ex direttore di "News of The World", come suo portavoce, Cameron ha ammesso la leggerezza, ma ha giurato sull’innocenza del dirigente. Ma, alla luce di questo scandalo, come è oggi il mondo dell’informazione? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Davide Bennato, docente di Sociologia dei media all’Università di Catania:
R. – Il mondo dell’informazione ha delle caratteristiche peculiari: ovviamente quello di essere un’industria e di comportarsi di conseguenza. Però in alcuni casi travalica l’etica della comunicazione e anche del rispetto delle persone coinvolte nelle notizie. Il caso di “News of the World” è, da questo punto di vista, un caso emblematico perché non solo ha autorizzato l’aggressività comunicativa tipica di un tabloid, ma è andato anche oltre riuscendo ad utilizzare tecnologie piuttosto avanzate per intercettare conversazioni telefoniche non solo di vip ma anche di persone comuni. Quindi, questa è una situazione che fa vedere come in questo mix multimediale di nuove tecnologie digitali, non solo gli utenti si appropriano di queste tecnologie, ma sempre più spesso se ne appropriano le grandi corporation con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
D. – Esiste ancora un confine tra diritto di cronaca e tutela della riservatezza?
R. – A mio avviso esiste. Forse è solo spostato un po’ più in là a vantaggio del diritto di cronaca, rispetto alla riservatezza. Però, ovviamente bisogna far sì che ci siano dei limiti ben riconosciuti.
D. – Cioè, l’informazione sta diventando sempre più scandalistica e molto meno contenutistica. E vero questo?
R. – Sì, è vero. C’è stata sicuramente una tendenza a lavorare molto più sulla dimensione scandalistica che sulla dimensione informativa e di approfondimento, e questo fondamentalmente è attribuibile a due fattori: in primo luogo, il fatto che su internet le notizie circolano con enorme velocità e sempre più persone – non necessariamente professionisti – tentano di approfondire queste informazioni. Quindi, da questo punto di vista, la stampa tradizionale cerca di intervenire con strategie in alcuni casi ovviamente discutibili. Il secondo aspetto è sicuramente che si è alla ricerca di un modo nuovo per catturare i lettori, cioè di persone che siano disposte a pagare il prezzo del giornale per avere un qualcosa in più, quello che si definisce “un valore aggiunto”: perché acquistare quel giornale, quando io le notizie di base già le ho grazie alla rete? E questo è un problema non da poco.
D. – L’informazione come intrattenimento o come formazione? Come fare a imporre una virata?
R. – Non è facile, perché le fonti informative si sono spaventosamente moltiplicate ed esplose. Quindi, il mix tra intrattenimento e informazione ha avuto la meglio rispetto all’informazione tradizionalmente intesa. In questo caso, bisognerebbe riconoscere ai diversi mezzi di comunicazione una capacità di informare e approfondire in maniera diversa. La televisione ha delle potenzialità, la radio ha delle potenzialità importanti, in questi ultimi tempi … Quindi, capire che la notizia non è più veicolo privilegiato in un mezzo di comunicazione ma semplicemente un tassello di un panorama più frammentato. Quindi, alcuni media sono più forti nell’approfondire, altri media invece sono più forti nell’intrattenere o comunque nel dare una prima rassegna sull’informazione.
D. – Come farsi portavoce di un’etica della comunicazione?
R. – Facendo capire soprattutto che non tutto ciò che viene spacciato per informazione può essere considerata tale. C’è di buono il fatto che l’informazione, negli ultimi tempi, è stata frammentata con stili, strategie e mezzi di comunicazione molto diversi. Però, bisogna prendere in considerazione che non bisogna mai travalicare il confine nel rispetto dell’altro, anche quando l’altro può essere una persona chiaramente coinvolta all’interno di un fatto di cronaca. (gf)
Sud Sudan: cristiani, musulmani e animisti rendono l'ultimo omaggio a mons. Mazzolari
◊ Si è tenuta ieri a Brescia una Messa in suffragio di mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, morto sabato scorso in questa città del Sud Sudan. Nella città Lombarda il presule era nato 74 anni fa. A presiedere la celebrazione, il confratello comboniano mons. Antonio Menegazzo, gia amministratore apostolico della città sudanese di El Obeid. E domani si terranno alle 10.00 a Rumbek, nella Cattedrale della Sacra Famiglia, i funerali di mons. Mazzolari. Migliaia di persone in queste ore stanno rendendo l'ultimo omaggio al vescovo scomparso, le cui spoglie sono state già tumulate nella Cattedrale: non si tratta solo di cristiani, ma anche di musulmani e di seguaci delle religioni tradizionali africane. Ma ascoltiamo mons. Antonio Menegazzo al microfono di Eugenio Bonanata:
R. – So che i vescovi, anche dal Nord, si sono già mossi per andare a Rumbek per i funerali e, quindi, sarà un momento senz’altro di pianto e di dolore da parte della popolazione. Io immagino la folla che parteciperà a questi funerali, perché mons. Mazzolari era veramente stimato e amato dalla popolazione. La popolazione sentiva di essere amata e vedeva in mons. Mazzolari un padre che la amava, un padre che si interessava di lei, un padre che cercava di alleviare la sua sofferenza e la sua povertà. Ebbe compassione per tutti, ebbe cura di tutti, fu generoso e questa generosità era una sorgente di speranza e di conforto per tutti quelli che lui incontrava.
D. – Mons. Mazzolari è stato tumulato nella cattedrale di Rumbek, come da sua volontà...
R. – Aveva espresso, si vede, più di una volta la sua idea di rimanere in Sudan e di essere sepolto proprio tra il suo popolo per continuare, quindi, questa vicinanza. La sua tomba presente tra di loro continuerà senz’altro a dare conforto e coraggio a questa popolazione, che incomincia una nuova vita, dopo la creazione del nuovo Stato separato dal Sudan del Nord.
D. – Qual è il suo personale ricordo di mons. Mazzolari?
R. – Nelle riunioni delle Conferenze episcopali dove ci trovavamo, si sentiva il suo dolore per la situazione di povertà e di miseria, di insicurezza, di guerra, per le morti, per le stragi che succedevano nel Sud Sudan. Era veramente una persona che viveva il dolore degli altri e quindi cercava in tutti i modi di alleviarlo. (ap)
Conferenza sull'Aids: milioni di africani stanno morendo per mancanza di farmaci antiretrovirali
◊ Si chiude oggi a Roma la sesta Conferenza mondiale sull’Aids, alla quale hanno partecipato oltre 5000 tra ricercatori, scienziati e attivisti. Durante i lavori della conferenza è emerso, in particolare, il fondamentale contributo della terapia destinata ai pazienti per bloccare la diffusione dell’Hiv. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, la dottoressa Raffaella Ravinetto, ex presidente di Medici Senza Frontiere Italia:
R. – In generale, il bilancio è positivo. E' stato un congresso internazionale nel quale sono stati presentati dati fondamentali che ci fanno ben sperare per il futuro del controllo dell’epidemia. In particolare è stato preso in esame lo studio che si chiama in codice “Hptn 052”. Ne deriva la dimostrazione che la terapia è anche una forma di prevenzione e che i pazienti che sono trattati il prima possibile con farmaci anti-retrovirali non sono più contagiosi. Io ero stata a questa conferenza per la prima volta nel 2002, e c’era un dibattito che metteva in contrapposizione la terapia e la prevenzione. La domanda era: 'Dobbiamo investire per prevenire o dobbiamo investire per salvare chi è già malato?' E’ un dibattito eticamente osceno che ci chiedeva di scegliere quale vita salvare… Oggi questo dibattito non ha più senso. Oggi non è solo l’etica, ma anche la scienza che ci dice che terapia e prevenzione sono la stessa cosa.
D. – Proprio attraverso la terapia è realistico pensare di fermare e poi spegnere la malattia nel corso dei prossimi anni?
R. – Possiamo essere ottimisti perché abbiamo i mezzi per farlo. Ora, però, i risultati della ricerca devono essere tradotti in politiche di salute pubblica, e queste hanno bisogno di investimenti. Per cui, la ricerca ci dice che è possibile. Oggi, se guardo ai Paesi del Sud sono ancora pessimista perché non vedo gli investimenti che sono necessari a riempire questo gap che c’è tra i pazienti del Nord e quelli del Sud. E in questo senso, purtroppo, la mia impressione è la stessa del 2002: i nove milioni di persone che necessitano della terapia e non la stanno ricevendo, sono principalmente nell’Africa sub-sahariana e in altri Paesi poveri. Quindi potremmo essere ottimisti se quelli che prendono le decisioni politiche e i finanziatori seguissero le indicazioni che adesso ci vengono date dai ricercatori.
D. – Dunque ci sono gli strumenti per intervenire, ma servono le risorse …
R. – Servono le risorse in maniera urgente! Per questo, il Fondo globale che appunto è stato creato nel 2002 e che è uno strumento fondamentale per aumentare il numero di pazienti in terapia, deve essere finanziato. E l’Italia, in particolare, deve ancora al Fondo globale le quote del 2009 e del 2010, che corrispondono a 260 milioni di euro. E’ quindi urgentissimo tenere fede agli impegni già presi, e poi lavorare a livello di comunità internazionale e di altri donatori, aumentare i finanziamenti fino a coprire questi nove milioni. Il fatto che nove milioni di persone oggi stiano morendo perché non vengono messi a disposizione questi farmaci, tutto sommato non scandalizza più di tanto, non muove più l’opinione pubblica come forse una volta… (gf)
Manifesto delle associazioni cristiane del lavoro: rilanciare l'impegno dei cattolici in politica
◊ In Italia, sette associazioni d’ispirazione cristiana nel mondo del lavoro rispondono all’appello del Papa che ha chiesto "una nuova generazione di cattolici impegnati in politica". Ieri a Roma è stato presentato il Manifesto di queste organizzazioni (Cisl, Acli, Movimento cristiano lavoratori, Compagnia delle Opere, Coldiretti, Confartigianato e Confcooperative) con lo scopo di rilanciare l’impegno dei credenti per lo sviluppo del Paese. Il servizio di Alessandro Guarasci:
Ci tengono a far sapere che non sta nascendo un nuovo partito. Piuttosto, il "Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro" vuole puntare ad alcune priorità: ridurre il debito pubblico, sostenere le famiglie, rimettere al centro il welfare e la scuola. Il portavoce del Forum, Natale Forlani:
“Non dobbiamo essere rassegnati alla diaspora. Abbiamo valori, protagonismo, capacità di progettazione, di creazione di classi dirigenti. In questo momento straordinario – lo dicono anche il Papa ed i vescovi – dobbiamo impegnarci in prima persona per ristrutturare l’offerta politica per migliorare anche la qualità del nostro lavoro. I veri temi, oggi, sono: responsabilità, doveri, mettersi in campo, creare una società civile vitale in grado di generare investimenti, occupazione, dare risposte a chi sta peggio”.
L’impressione è che sia partito un treno. Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori:
"Credo che sia importante che sette grandi organizzazioni superino autoreferenzialità ed anche specificità personali per scendere in campo, rispondendo anche all’appello del Santo Padre. L’obiettivo è quello di costituire una grande area sociale, che io chiamo 'blocco sociale', per orientare le riforme di cui il Paese ha bisogno e credo anche le scelte politiche del futuro".
Lo sviluppo è fondamentale, soprattutto quello delle piccole imprese, dice Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato:
“Noi non ci rassegniamo a vivere in un Paese che non ha prospettiva, che non dà prospettiva ai giovani. Siamo però fiduciosi del fatto che questo sistema - piccolo ma molto vitale - di milioni di imprenditori e di piccole imprese è un’energia straordinaria che, se trovasse un accoglimento, un terreno favorevole dal punto di vista legislativo, con meno burocrazia e meno pesantezza fiscale, sarebbe in grado di produrre energie straordinarie. Noi siamo qua per testimoniare la presenza di questo mondo, un mondo che ha le proprie radici nella Dottrina sociale della Chiesa e che ha contribuito, nella fase iniziale della storia di questa Repubblica, nei suoi primi 40 anni, a far sì che il nostro Paese dalla sconfitta della guerra diventasse la quinta potenza industriale del mondo".
Si apre a Specchia, in Puglia, la Festa del Cinema del reale
◊ S'inaugura oggi la Festa del Cinema del reale, giunta alla sua ottava edizione e ospitata fino al 23 luglio in uno dei borghi più suggestivi d’Italia, il paesino di Specchia in provincia di Lecce. Un'iniziativa che propone quattro giorni all’insegna del cinema più curioso e inventivo, capace di raccontare la nostra società e i nostri tempi. Ospite d’onore la regista francese Agnès Varda, testimone dei cambiamenti politici e culturali della seconda metà del Novecento. Il servizio di Luca Pellegrini:
Nel cinema trionfano gli effetti speciali? I sentimenti sono ridotti a sistemi meccanici di azione e reazione? Il macchiettismo e la farsa imperversano involgarendo il cinema? Una reazione arriva da un piccolo festival nel cui nome risiedono lo spirito e la finalità: indagare, proporre e studiare il cinema del reale. Ne spiega le finalità il suo direttore, Paolo Pisanelli:
R. – Da sempre abbiamo scelto di voler diffondere e far conoscere gli autori e le opere che parlano di quello che viviamo, per esempio delle realtà passate del mondo. Crediamo che le persone siano molto interessate a questo, ma purtroppo non ci sono canali distributivi adeguati; però, è anche il cinema più vivo, più aperto alla sperimentazione e per noi questo è un grandissimo valore. E’ proprio una festa degli sguardi, che raccontano le realtà del mondo.
D. – Agnès Varda è una protagonista assoluta del cinema mondiale: invitata alla “Festa” per quali ragioni?
R. – Senza nemmeno voler citare la ‘nouvelle vague’, l’importanza che ha avuto e che ha comunque a livello internazionale: è proprio questo sguardo d’autrice molto forte, originale, con grande intensità morale e spirituale nell’affrontare le cose … Quindi, noi pensiamo che veramente sia importante farla conoscere più di quanto non sia conosciuta! Abbiamo poi, tra l’altro, Cecilia Mangini, che è autrice dei documentari più importanti, in Italia: la prima donna ad aver fatto cinema-documentario nel dopoguerra. Con Gino Del Fra, suo marito, hanno fatto film bellissimi che raccontavano molto il sud, le migrazioni, lo stravolgimento dei territori con l’industrializzazione … uno sguardo importante anche nel raccontare le donne, le persone umili, a volte, che però meglio ti raccontano le realtà sociali dell’Italia del dopoguerra e degli anni Sessanta … (gf)
Corno d'Africa: per Oxfam servono 800 milioni di dollari per l'emergenza siccità
◊ Un buco nero di 800 milioni di dollari che non permette di rispondere in modo adeguato all’emergenza nell’Africa orientale. Il ritardo - riferisce l'agenzia Sir - è in buona parte colpa di diversi Paesi industrializzati che stanno ignorando la crisi nel Corno d’Africa. E’ la denuncia di Oxfam, che chiede oggi ai donatori internazionali e ai governi della regione di “mettere subito a disposizione più risorse”. Si stima che sia necessario un miliardo di dollari per evitare una catastrofe umanitaria nell’Africa orientale, ma finora sono stati stanziati solo 200 milioni. “E’ moralmente inaccettabile che diversi Paesi ricchi e donatori non siano in grado di dare un contributo più generoso. Non c’è tempo da perdere se vogliamo salvare la vita di tantissime persone”, avverte Fran Equiza, responsabile della regione per Oxfam. Il Regno Unito è stato il primo Paese a impegnarsi con nuovi aiuti: circa 145 milioni di dollari nelle ultime due settimane, quasi il 15% dei fondi necessari. Per colmare il ritardo, gli altri grandi donatori devono offrire contributi simili. Francesco Petrelli, presidente di Oxfam Italia, auspica che l’Italia “si accorga di quanto sta accadendo nel Corno d’Africa e contribuisca prima che si trasformi in una catastrofe umanitaria”. “Gli 800mila euro annunciati nei giorni scorsi – precisa - sono una goccia nel mare rispetto a quanto hanno donato altri Paesi e alle dimensioni dell’emergenza”. (R.P.)
Somalia: per Amnesty i bambini vittime di crimini di guerra
◊ In un nuovo rapporto diffuso oggi ripreso dall'agenzia Sir - Amnesty international ha denunciato l’estensione dei crimini di guerra di cui sono vittime le bambine e i bambini in Somalia, tra cui il sistematico arruolamento di soldati di età inferiore a 15 anni da parte dei gruppi armati islamisti. Il rapporto rivela l’impatto complessivo del conflitto armato in corso nel Paese e denuncia, oltre agli arruolamenti forzati, anche il diniego dell’accesso all’istruzione e le uccisioni e i ferimenti nel corso degli attacchi indiscriminati contro aree densamente popolate. “Se sei un bambino in Somalia – racconta Michelle Kagari, vicedirettore per l’Africa di Amnesty International - rischi la vita in ogni momento: puoi essere ucciso, reclutato e spedito al fronte, punito da al-Shabab perché ti hanno trovato mentre ascoltavi musica o indossavi ‘vestiti sbagliati’, costretto ad arrangiarti da solo perché hai perso i genitori o puoi morire perché non hai accesso a cure mediche adeguate”. Il rapporto analizza oltre 200 testimonianze di rifugiati somali, bambini e adulti, che si trovano in Kenya e a Gibuti. Molti sono stati costretti a fuggire dalle regioni centromeridionali per evitare l’arruolamento da parte dei gruppi armati. Sia il Governo federale di transizione della Somalia, sia Al-Shabab, il principale gruppo armato che si oppone al governo, compiono gravi abusi sui diritti umani dei bambini. (R.P.)
Pakistan. L’Alta Corte del Punjab chiude il caso: Farah Hatim resta nella famiglia musulmana
◊ La ragazza cattolica Farah Hatim resterà con il suo marito musulmano. È quanto riferiscono fonti dell'agenzia Fides a Bahawalpur, dove si è tenuta oggi, l’udienza davanti alla sezione locale dell’Alta Corte del Punjab. Il ricorso davanti all’Alta Corte è stato presentato dall’Apma (All Pakistan Minorities Alliance), dopo che un tribunale di primo grado aveva respinto la richiesta di incontrare la ragazza, secondo i familiari sequestrata e sposata con la forza da un uomo musulmano nella città di Rahim Yar Khan. Fra le lacrime, Farah Hatim è comparsa oggi davanti al giudice dell’Alta Corte del Punjab, sezione di Bahawalpur. Alla domanda del giudice su “quale famiglia scegliesse”, la ragazza, dopo un interminabile silenzio, ha risposto: “Tutte e due”. La Corte ha obiettato che “ciò è impossibile”, reiterando la domanda. A quel punto Farah ha scelto la sua nuova famiglia musulmana. Cala così il sipario su un caso che ha appassionato l’opinione pubblica della comunità cristiana in Pakistan, preoccupata per gli oltre 700 casi l’anno di ragazze cristiane rapite e costrette al matrimonio islamico. Il giudice ha permesso a Farah di avere un colloquio privato con la sua famiglia di origine per 10 minuti. La ragazza, rivelano fonti di Fides, ha raccontato di essere stata in effetti “presa con l’inganno” ma ha anche confidato, visibilmente scossa, di “non poter tornare”. Secondo la famiglia di Farah, i motivi della sua scelta non sono chiari: possono esserci dietro minacce di morte o intimidazioni, ma anche la possibilità che la ragazza sia incinta. In tal caso, secondo il diritto consuetudinario pakistano, Farah non può far altro che restare con suo marito, in quanto, se ripudiata, porterebbe uno “stigma eterno” e nessun uomo potrebbe più volerla al suo fianco. “Al di là delle possibili ragioni, alla fatidica domanda del tribunale, Farah ha risposto di voler restare con il marito musulmano, segnando per sempre il suo destino. D’ora in poi la famiglia di origine non ha più alcuna autorità su di lei, anche secondo la legge”. L’Alta Corte aveva stabilito l’udienza ieri, ordinando alla polizia di Rahim yar khan di prelevare la ragazza. Gli agenti ieri non hanno eseguito l’ordine, dicendo al giudice che era malata. Il giudice ha emanato una nuova ordinanza, imponendo alla polizia di condurre quest’oggi la ragazza davanti alla Corte. In ogni caso la famiglia di Farah conferma a Fides la sua preoccupazione per le sorti della ragazza, dicendosi “non convinta” dall’esito della vicenda. Chiede per questo alla comunità internazionale di fare pressioni sul governo pakistano per riesaminare il caso. Fonti locali affermano che Farah è stata comunque vittima di una rete che porta avanti un “traffico di ragazze”, con agganci nell’ospedale dove Farah lavorava e nel mondo della politica, per fornire ragazze a uomini politici in vista. (R.P.)
Tratta di esseri umani: un fenomeno sempre più in espansione. Il caso del Pakistan
◊ Si stima che ogni anno, in tutto il mondo, oltre 700 mila persone siano vittime del traffico di esseri umani, considerato come la terza fonte di guadagno per le organizzazioni criminali che sottopongono le vittime a prostituzione o lavori forzati, in particolare donne e bambini. Il più grande numero di vittime viene dall’Asia, con oltre 225 mila persone all’anno provenienti dal sudest asiatico e oltre 150 mila dall’Asia meridionale. L’ex Unione Sovietica - riferisce l'agenzia Fides - è considerata ora la più grande nuova fonte di tratta con oltre 100 mila persone all’anno provenienti da questa regione. Altri 75 mila provengono dall’Europa centrale e dell’est, oltre 100 mila da America latina e Caraibi, e oltre 50 mila dall’Africa. La maggior parte delle vittime vengono inviate in Asia, Medio Oriente, Europa occidentale e Nord America. In Asia il Pakistan è fonte, punto di transito e di destinazione per uomini, donne e bambini soggetti a questo fenomeno. Ragazzi e ragazze vengono comprati, venduti, affittati, o rapiti per farli lavorare in circuiti organizzati, illegali, accattonaggio, lavori domestici, prostituzione, e lavori forzati nei campi. Le ragazze e le donne sono vendute per matrimoni forzati. In alcune zone del Pakistan vengono vendute come animali. Migliore è la 'condizione' della donna, più elevato è il prezzo che viene stabilito dagli acquirenti. Una volta comprate vengono tenute in prigioni private o portate in altre parti del Pakistan e all’estero per essere ri-vendute ed utilizzate per la prostituzione, lo spaccio di droga e i lavori forzati. Una volta che il proprietario non ne vuole più sapere o la donna perde la sua utilità, la vende a qualcun altro. Molte ragazze, alcune minorenni, partoriscono bambini che poi vengono venduti nei mercati. La tratta delle donne è sempre stata presente sin dalla creazione del Pakistan. Durante la spartizione con l'India, migliaia di donne furono rapite da entrambe le parti dei confini dei due Paesi per essere vendute o costrette a prostituirsi. Dopo la creazione del Bangladesh si è verificata l’opportunità di trafficare con altre migliaia di donne. Nei periodi delle guerre, alluvioni o altri disastri naturali si registra sempre un aumento della tratta perchè dilaga la povertà, la gente è disperata e le donne vengono costrette a matrimoni con vecchi o all’espianto di organi per poter saldare i debiti. Per limitare il fenomeno, il Pakistan proibisce ogni tipo di traffico transnazionale, attraverso il Prevention and Control of Human Trafficking Ordinance (Pachto) che prevede punizioni da 7 a 14 anni di carcere. Inoltre, il Bonded Labor System Abolition Act vieta i lavori forzati infliggendo pene che vanno dai 2 ai 5 anni di carcere o multe ai contravventori. Il Governo del Paese sta seriamente lottando contro questo grave fenomeno tentando di eliminarne almeno una parte. (R.P.)
Tunisia: prosegue l’impegno della Caritas per aiutare i profughi al confine con la Libia
◊ “La comunità internazionale sostenga il processo democratico e tutti gli attori abbiano il massimo senso di responsabilità, perché la rivoluzione tunisina si trasformi in opportunità per tutti”. E’ quanto afferma all'agenzia Sir Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana, di ritorno da una missione in Tunisia, dove una delegazione Caritas ha visitato la Chiesa locale e il campo di transito Choucha a Ben Guerdane, al confine con la Libia. Nel campo sono accolti da mesi, con scarse prospettive per il futuro, circa 3000 profughi dell’Africa sub-sahariana in fuga dal conflitto in Libia e in attesa di un lungo iter per il riconoscimento dello status di rifugiato. In diverse città tunisine, intanto, sono proseguite nei giorni scorsi manifestazioni e scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. Lunedì sera è stato ucciso, con un proiettile, un ragazzo a Sidi Bouzid, la stessa cittadina dove il 17 dicembre si era innescata la rivolta. Il primo ministro del governo transitorio, Beji Caid Essebsi, e il leader del partito islamico, Rachid Ghannouchi, hanno condannato le violenze. “E’ una fase di transizione molto delicata – spiega Beccegato - ed è un po’ come stare sul filo del rasoio. Bisogna stare molto attenti perché questo fragile equilibrio non è scontato”. La Chiesa tunisina non mancherà di farlo perché è molto attiva e prende posizione accanto ai poveri. “Sia la Chiesa locale, sia la gente hanno grandi speranze: potrebbe essere veramente il preludio all’’estate araba’”. Caritas italiana sostiene da tempo Caritas Tunisia. Nell’ultimo anno ha stanziato 20.000 euro per aiutare i profughi alla frontiera tunisino-libica (qui operano un sacerdote italiano e due religiose); 25.000 euro per progetti con i disabili in diverse città tunisine; 20.000 euro per l’ambito educativo nella scuola cattolica di Bizerte e 10.000 euro per iniziative in ambito sociale. Dopo la missione, Caritas italiana riconferma la volontà di continuare a sostenere Caritas Tunisia per affrontare l’emergenza profughi. Per il campo Choucha Caritas italiana darà circa 20.000 euro nei prossimi due mesi. Per i mesi successivi, precisa Beccegato, “molto dipende dagli sviluppi della guerra in Libia”. “Se rimarranno ancora lì, bisognerà pensare a progetti di animazione, tutela dei diritti, formazione e riqualificazione professionale, corsi di lingue”. (A.L.)
Il Malawi in piazza contro la crisi economica: la testimonianza di un missionario
◊ Oggi il Malawi scende in piazza contro la crisi economica ma anche contro le pressioni del governo. Blantyre, Zomba, Lilongwe e Mzuzu, sono le principali città dove sono in corso manifestazioni e cortei. “La popolazione è allo stremo” afferma all’agenzia Fides padre Piergiorgio Gamba, missionario monfortano che da decenni vive ed opera nel Paese. Padre Gamba spiega le ragioni di questo disagio sociale che spinge la gente a scendere nelle strade: manca la corrente elettrica per oltre sei ore al giorno. Una misura restrittiva che durerà fino a dicembre per poi riprendere a gennaio e per un intero anno. Manca il carburante diesel e la benzina che si compra al mercato nero al doppio del prezzo, raggiungendo anche i due euro al litro. Dal 18 luglio inoltre il costo dei giornali è aumentato a 200 kwache perché è stata aggiunta una tassa del 16,5% su ogni pubblicazione. Il prezzo del cibo poi aumenta giornalmente, così come i trasporti sono sempre più cari. Il missionario nota inoltre come alla vigilia della manifestazione stia emergendo il volto peggiore del potere. Squadristi di turno, con in mano i panga knife, i grandi coltelli usati nelle piantagioni per tagliare la canna da zucchero, hanno fatto un’apparizione nella centralissima Victoria Avenue di Blantyre per spaventare i cittadini con uno “spettacolo, dice padre Gamba, che ricorda i fatti del genocidio del Rwanda nel 1994”. La Conferenza episcopale del Malawi e il Malawi Council of Churches (Mcc) hanno rivolto un appello comune perché tutti si astengano dalle violenze e la polizia protegga i cittadini ed eviti azioni che possano peggiorare la situazione. I leader cristiani hanno invitato infine i fedeli a pregare per la nazione. (C.S.)
Violenze e attacchi ai cristiani nel sud Kordofan: la denuncia dell'Acs
◊ I bombardamenti continuano nella regione di frontiera tra Sudan e Sud Sudan, il Kordofan e la situazione minaccia la pace della Nazione più giovane del mondo. Il direttore dell’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) in Gran Bretagna, Neville Kyrke-Smith, chiede una risposta ai drammatici rapporti sulla situazione di migliaia di civili che vengono attaccati in questa zona, con atti di violenza che troppo spesso prendono di mira anche le chiese. Secondo le cifre dell’Onu inoltre più di 70 mila persone sono fuggite dalle proprie case come conseguenza di lotte e scontri tra fazioni rivali e decine di migliaia di civili si nascondono sulle montagne per sfuggire ai bombardamenti, l’ultimo dei quali risale a 2 giorni fa. “Molti Nuba – spiega Kyrke-Smith - sono cristiani e questi attacchi specifici alle chiese interesseranno entrambe le nazioni il Sudan e il Sud Sudan”. La sua denuncia – riferisce l’agenzia Zenit - arriva dopo le domande poste al Parlamento del Regno Unito, da Lord Alton di Liverpool sulle misure che il Governo britannico sta prendendo per assicurare la protezione e l’assistenza umanitaria alle persone schiacciate nella morsa della lotta nelle regioni di frontiera contese. Kyrke-Smith ha confessato che ciò che si teme è il ritorno ad un conflitto in cui cristiani e altre minoranze religiose erano presi come obiettivi dal governo islamico del nord durante la terribile guerra civile. Quindi l’appello alla comunità internazionale perché porti entrambe le parti al tavolo dei negoziati quanto prima per poter conseguire una pace duratura. (C.S.)
Terra Santa: delegazione ebraica Usa in visita al patriarcato latino di Gerusalemme
◊ Si inscrive in un programma di incontri con i leader delle comunità cristiane in Terra Santa, che sono tenuti da Comitato Ebraico Americano (Ajc) dal 17 al 20 luglio la visita della delegazione dell’Ajc ricevuta domenica scorsa al patriarcato latino di Gerusalemme, in Terra Santa. L’incontro ha avuto come tema la situazione dei cristiani in Terra Santa. Ad accogliere la delegazione di cui fa parte il rabbino David Rosen, direttore degli Affari religiosi della Commissione, si legge sul sito , è stato mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme. In un clima cordiale e di ascolto reciproco, si è parlato soprattutto della diminuzione crescente dei cristiani, in questi ultimi anni, dovuta all’emigrazione, ma anche della esigua popolazione che fa parte della comunità. Nel 1847, quando il Patriarcato è stato ripristinato, i cristiani rappresentavano il 10% della popolazione, ora sono solo circa il 2%. Il conflitto israelo-palestinese è stato il punto centrale della discussione. “La risoluzione del conflitto contribuirà a migliorare il dialogo tra ebrei e cristiani in Terra Santa, limitato a causa della situazione politica, e contribuirà anche a ridurre l'antisemitismo nel mondo” ha assicurato mons. Shomali. Il presule ha poi focalizzato l’attenzione sulla sofferenza delle famiglie separate dal muro eretto tra Israele e i Territori palestinesi e le difficoltà di tutti gli arabi di Gerusalemme, cristiani e musulmani, per ottenere permessi di costruzione. L’incontro è stato caratterizzato da un tono di sincero e da una attenzione reciproca. (T.C.)
Messico: una marcia lungo il cammino dei migranti per sensibilizzare la comunità civile
◊ Una marcia che ripercorra il cammino fatto dai migranti nel sud del Messico per raggiungere gli Stati Uniti: è l’iniziativa promossa dalla Pastorale della Mobilità Umana della Chiesa cattolica per sensibilizzare le autorità e i cittadini, sulle condizioni di vita dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. In programma dal 25 luglio al 2 agosto, l’iniziativa si svolgerà in concomitanza con la visita in Messico del portavoce della Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani (Cidh). Gruppi della società civile, Ong e attivisti, guidati dal sacerdote e difensore dei diritti umani, padre Alejandro Solalinde Guerra, marceranno a piedi dal Chiapas fino a Coatzacoalcos, Veracruz, deciso a fare luce sul fenomeno del rapimento clandestino di migranti. Nella nota arrivata all’agenzia Fides, il sacerdote osserva che due dei percorsi utilizzati dai migranti partono dal Chiapas: uno passa attraverso Tabasco, Veracruz, e arriva a Tamaulipas; l’altro parte dal Chiapas, arriva a Ixtepec in Oaxaca, e poi va verso Puebla, per proseguire a nord. In alcune dichiarazioni rese alla stampa locale, padre Solalinde ha ribadito: “Veracruz è la terra dei Los Zetas, lì rapiscono i migranti, e poi li portano in tutta la Repubblica. Essi non hanno leggi, hanno già reclutato la popolazione locale. Questo reclutamento è diventato una minaccia enorme per le famiglie, per il popolo messicano, e per gli immigrati”. Quindi ha aggiunto che questa situazione è molto radicata e per bloccarla è necessario “l'intervento deciso della società civile”. La marcia farà i due percorsi dei migranti: una andrà alla comunità di El Naranjo, che si trova nel comune di Palenque, Chiapas, per proseguire per Tenosique, Tabasco, e arriverà a Coatzacoalcos, Veracruz. L’altra partirà da Tapachula, Chiapas, passerà da Ixtepec in Oaxaca, ed arriverà a Coatzacoalcos. (C.S.)
Combattere la povertà in America Latina: a Lima conferenza regionale della Caritas
◊ Combattere la povertà in ogni modo, definendo un piano di lavoro efficace. E’ questa la sfida che coinvolge 22 Caritas dell’America Latina e dei Caraibi, riunite a Lima, in Perù fino al 22 luglio. L’incontro ha come slogan “Una famiglia umana, Povertà Zero”. Secondo la nota inviata all’Agenzia Fides dalla Caritas del Perù, che ha organizzato l’incontro, a questa Conferenza regionale è presente il neo eletto segretario generale di Caritas Internationalis, Michel Roy, e altri rappresentanti della Rete Caritas Internazionalis. Dal 18 al 20 luglio, in modo parallelo, è in corso il “Workshop sul rafforzamento istituzionale e la trasparenza”, il quale affronta tematiche inerenti la spiritualità e le finanze, la responsabilità sociale, la trasparenza e la responsabilità. Relatrice è stata l’amministratrice della Conferenza episcopale del Cile, Angelica Ponce. (C.S.)
Kenya: la Commissione episcopale per la Salute lancia un piano d'azione con il governo
◊ “La salute non è un privilegio, ma un diritto umano fondamentale”: Lo ha detto l’arcivescovo di Mombasa, mons. Boniface Lele, vicepresidente della Commissione per la Salute della Conferenza episcopale del Kenya (Kec). Il presule ha presentato, nei giorni scorsi, un piano d’azione della Commissione che prevede la ratifica di un accordo con il governo locale, così da implementare i servizi sanitari nazionali. In particolare, ha sottolineato mons. Lele, dal 1996 alla Chiesa manca il sostegno fiscale dello Stato per mandare avanti le opere di assistenza sanitarie. Un taglio dovuto alla riduzione della spesa pubblica nel settore. Tuttavia, dal 2006, si è lavorato alla stesura di un protocollo di intesa per il ripristino del contributo statale. Il 2009, poi, ha visto la firma di un memorandum tra il Ministero del servizio medico ed il Ministero della sanità pubblica. Ora, la Kec auspica che tale memorandum venga attuato, così da garantire, da una parte, l’accesso ai servizi sanitari per tutta la popolazione e, dall’altra, la sostenibilità e la vitalità dell’operato della Chiesa. “In questo modo – ha ribadito mons. Lele – potremo portare avanti il ministero di salvezza di Gesù Cristo”, perché “nessuno è tanto da grande da poter fornire servizi sanitari da solo e nessuno è tanto piccolo da essere tagliato fuori”. “Non dimentichiamo - ha aggiunto il presule – che questa scelta sarà a favore del bene comune dei keniani che serviamo ogni giorno, riducendo le barriere finanziarie della sanità, incrementando la qualità, l’efficienza e la prontezza dei servizi offerti e sostenendo il nobile ministero di salvezza della Chiesa cattolica”. Quindi, mons. Lele ha ricordato il lungo operato portato avanti, in campo sanitario, dalla Chiesa cattolica in Kenya, sin dal 19.mo secolo: un operato che portato alla costruzione di 446 strutture, la maggior parte delle quali situate in zone del Paese isolate e difficili da raggiungere. E non solo: “La Chiesa ha investito molto nella formazione degli operatori sanitari e nella promozione di programmi per la salute pubblica, perché il nostro lavoro, in questo campo, rappresenta una missione pastorale e sociale”. Poi, l’arcivescovo di Mombasa ha elencato le sfide affrontate negli ultimi anni dalla Commissione per la Salute, come l’aumento dei costi dei farmaci e delle attrezzature mediche o la migrazione degli operatori sanitari che spesso si trovano costretti ad abbandonare le strutture cattoliche in cerca di un impiego meglio retribuito. Tutte difficoltà, ha sottolineato il presule, che minano le possibilità della Chiesa nell’attuazione di programmi sanitari per la cura dell’Aids, della tubercolosi, della malaria e per la vaccinazione dei bambini. Nonostante tali ostacoli, però, ha ribadito mons. Lele, “la Chiesa cattolica ha continuato a fornire servizi sanitari, soprattutto nelle campagne e nelle zone in cui le infrastrutture del governo sono limitate”. Nel suo intervento, il vicepresidente della Commissione episcopale per la Salute non ha dimenticato di citare il sostegno che la Chiesa ha ricevuto da attori non governativi, come il Catholic Relief Service: “Siamo ansiosi di accrescere ed approfondire queste collaborazioni in futuro”, soprattutto nei settori della “formazione pre e post laurea e nella raccolta e condivisione dei dati della ricerca scientifica”. Infine, mons. Lele ha lanciato un richiamo all’importanza del lavoro della Chiesa nella sanità “come mezzo di diffusione del Vangelo e della fede cattolica nelle nostre comunità”. (I.P.)
Thailandia: incontro promosso dal Cec a Bangkok sull'immigrazione
◊ Rispondere in maniera adeguata all’aumento dei flussi migratori in Nord Africa. Questo l’obiettivo che si pone l’incontro promosso dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec), in corso di svolgimento a Bangkok, al quale prendono parte un gruppo di leader religiosi dell’area del Golfo e i sei principali Paesi dell’Asia dai quali partono i flussi migratori. Occorre individuare — spiegano i promotori dell’iniziativa — le modalità con le quali le Chiese del Nord Africa possono rispondere in maniera adeguata all’aumento del fenomeno dei movimenti migratori, della xenofobia e della perdita di dignità provocati dai disordini politici. La regione mediorientale, così come le altre parti del mondo — proseguono — hanno assistito negli ultimi tempi a cambiamenti di modelli di migrazione causati dalla globalizzazione economica. Migliaia di persone provenienti da Paesi lontani si sono unite al grande numero di migranti che si spostano, anche all’interno della propria regione, alla ricerca di una vita migliore. Si stima che prima del conflitto, la Libia da sola ospitava circa 2,5 milioni di migranti tra egiziani, pakistani, sudanesi, bengalesi, filippini, vietnamiti, nepalesi e una vasta popolazione dell’Africa sub-sahariana. Le proteste scoppiate in Egitto, Tunisia e poi in Libia, Yemen e Bahrain hanno costretto migliaia di lavoratori migranti e stranieri a fuggire per cercare rifugio e sicurezza in altri Paesi del Nord Africa. L'incontro — hanno concluso dal Cec — è stato convocato con l’obiettivo di aiutare le Chiese a esprimere in maniera adeguata il mandato biblico dell’ospitalità. Nei prossimi giorni saranno individuate nuove strategie al fine di dare una risposta ecumenica globale alla migrazione. (L.Z.)
Ecumenismo: dialogo russo-tedesco sulla salvaguardia del creato
◊ “Conservazione del creato. Impulsi cristiani per l’ecologia e la sostenibilità”: è questo lo slogan dell’incontro del gruppo ecumenico di lavoro “Chiese in Europa”, svoltosi ieri a Wolfsburg e ad Hannover nell’ambito del “Dialogo di Pietroburgo” russo-tedesco. I rappresentanti della Chiesa ortodossa russa e di quella cattolica ed evangelica tedesca – spiega l’agenzia Sir- si sono confrontati in particolare su problemi ambientali e sulle sfide che le società tedesca e russa si trovano ad affrontare. “Questa iniziativa di comunione - ha sottolineato l’arcivescovo russo ortodosso Longin – offre la possibilità di elaborare insieme temi attuali e soluzioni a problematiche di grande rilevanza”. Da parte sua, il vescovo cattolico di Magdeburgo, mons. Gerhard Feige, ha ricordato “la responsabilità verso il creato quale compito principale delle Chiese e segno del tempo”. Il vescovo evangelico di Wittenberg, Siegfried Kasparick, ha invece sollecitato a “promuovere modifiche nello stile di vita nelle comunità”. I risultati del gruppo di lavoro sono stati presentati ai rappresentanti di vari gruppi sociali, evidenziando la portata del principio etico cristiano come base della cultura della moderazione. L’incontro di Wolfsburg e Hannover è stato l’undicesimo organizzato dal Dialogo di Pietroburgo e segna anche la quinta volta in cui le Chiese partecipano con un gruppo di lavoro comune. (C.S.)
Per i giovani spagnoli la Gmg è un “evento di speranza”
◊ La Giornata Mondiale della Gioventù ormai alle porte rappresenterà un evento di speranza per tutti i giovani spagnoli alle prese con diversi problemi, primo tra tutti la disoccupazione. E’ in sintesi il messaggio, che il cardinale Antonio Cañizares, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha voluto lanciare durante una conferenza dal titolo “I giovani e la Chiesa cattolica” svoltasi presso l’Università Re Juan Carlos a Madrid. “La situazione dei giovani in Spagna non è affatto facile, né esente da sofferenze”, ha aggiunto il porporato sottolineando come la mancanza di posti di lavoro e di un orizzonte lavorativo stabile sia preoccupante per lo sviluppo delle persone e delle loro famiglie. Le ripercussioni di questa situazione comportano infatti scoraggiamento personale ma anche conflitto sociale. Per il cardinale Cañizares, come riporta l’agenzia Zenit, è necessario aiutare i più poveri, tra cui i giovani, spesso circondati da “una cultura della delusione”, che li ignora, così come è importante scoprire gli interrogativi umani che tante volte non trovano risposta. “Il Vangelo – prosegue il porporato - dà loro il senso necessario per proclamare di nuovo la speranza” e la Gmg, come qualsiasi pellegrinaggio, è una parabola di ciò che è la vita, con le sue gioie e i suoi dolori, in cui “possiamo essere senza niente e allo stesso tempo, avere tutto”. La speranza, ha affermato, è l' “alternativa realista dell’ottimismo, che contempla l’esistenza di difficoltà sul cammino. Il giovane con spirito di avventura e capacità di stupirsi, venendo a Madrid, può scoprire il grande tesoro che l’umanità credeva nascosto e questo si è rivelato in Gesù Cristo”. Infine ha ricordato come sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI abbiano sempre cercato di coinvolgere i ragazzi, senza condannare, di proporre loro un programma esigente ma al tempo stesso appassionante capace di superare il relativismo che ha esiliato la virtù e ha lasciato il giovane a guardare se stesso, senza incoraggiamento e con sfiducia. (C.S.)
Alla Fiera del libro di Hong Kong uno spazio per la stampa cattolica
◊ Anche quest’anno la stampa cattolica è presente alla Fiera Internazionale del Libro di Hong Kong, con uno spazio interamente dedicato dal titolo “Lui è già qui”. Secondo quanto riporta l’agenzia Fides, il tema è in continuità con quello dell’anno scorso - “Un regalo inaspettato per te: il Signore Gesù Cristo” – e intende rivolgersi a tutti coloro che visitano il settore, invitandoli a trovare Gesù in una particolare scatola da regalo piena di doni spirituali come la carità, la pace, la condivisione, la benedizione, attraverso i quali diffondere il messaggio di evangelizzazione. Oltre ai libri, la comunità cattolica, sotto il coordinamento della Commissione per le Comunicazioni Sociali della diocesi presenta alla Fiera anche T-shirt e vari gadget. Il solenne mandato missionario ai volontari che prestano servizio alla Fiera, da oggi fino al 26 luglio, è stato celebrato il 17 luglio, con l’auspicio che attraverso i libri si possa ottenere un buon successo missionario, annunciando la Parola di Dio. Don Francis Lau Tak Kwong, direttore spirituale dell’Associazione, ha presieduto il rito spiegando il senso dell’evangelizzazione. Insieme all’Associazione Cattolica dei Laici, alla Fiera internazionale sono presenti anche diversi editori cattolici. (C.S.)
Giappone: rinasce l'Associazione salesiana di Maria Ausiliatrice
◊ Domenica scorsa è stato un giorno di festa e di gioia nell’Ispettoria salesiana del Giappone: l’Associazione Di Maria Ausiliatrice (Adma), che da decenni ormai era priva di membri, ha visto 17 persone pronunciare la loro promessa. Un segno di speranza per il Giappone salesiano. La cerimonia, semplice ma molto partecipata, ha avuto luogo nella cappella della Casa Ispettoriale. Accanto ai 17 nuovi membri erano presenti due aspiranti e gli assistenti del gruppo, il salesiano don Mario Yamanouchi, vicario ispettoriale, e sr. Teresina Matsumoto, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che hanno seguito e guidato il gruppo per oltre un anno, attraverso degli incontri mensili ben preparati e una cura costante alle persone. La funzione é stata presieduta dall’Ispettore, don Aldo Cipriani, che sin dall’inizio del suo mandato, nel 2009, aveva invitato i suoi confratelli e gli altri membri della Famiglia Salesiana a coltivare la spiritualità dell’Adma, per poter così rifondare l’associazione in Giappone. Gruppi dell’associazione, infatti, erano presenti nel Paese sin dalle prime fasi della missione in Giappone, ai tempi di mons. Cimatti. All’epoca nacquero vari gruppi, che però non sopravvissero al vorticoso cambiamento degli anni ‘60 e ’70. Per l’occasione Don Pascual Chávez, Rettor Maggiore, ha inviato un messaggio di felicitazione, nel quale ha anche ricordato che la fondazione del primo gruppo in Giappone “é un evento straordinario che riguarda tutta l’Associazione di Maria Ausiliatrice sparsa nel mondo e rappresenta un grande segno di speranza, in quanto la devozione a Maria Ausiliatrice, promossa dal nostro padre e fondatore, Don Bosco, ed elemento vitale del nostro carisma, ha trovato nell’Associazione una delle espressione più significative”. Tra i 17 nuovi membri, 4 parteciperanno, assieme all’animatore, don Yamanouchi, al VI Congresso Internazionale dell’Adma, in programma dal 3 al 6 agosto a Częstochowa, Polonia. “La nostra speranza – ha affermato don Yamanouchi – è che questo gruppo sia solamente il primo di molti gruppi che nel futuro potranno nascere attorno alle opere salesiane del Giappone”. (R.P.)
Arrestato Goran Hadzic, ultimo criminale di guerra serbo ancora latitante
◊ Il presidente serbo, Tadic ,ha confermato che Goran Hadzic è stato arrestato stamani a circa 60 km a nord di Belgrado, nella provincia della Voivodina. Era l'ultimo criminale di guerra serbo ancora in fuga dopo la cattura, il 26 maggio scorso, di Ratko Mladic, l'ex comandante dei serbi di Bosnia, arrestato dopo 16 anni di latitanza. Il servizio di Fausta Speranza:
Hadzic, ex capo politico dei serbi di Croazia, è accusato di genocidio e crimini contro l'umanità per le atrocità commesse durante la guerra fra Serbia e Croazia del 1991-1995, con la secessione della Krajina dopo la proclamazione di indipendenza della Croazia. Il suo nome è legato in particolare al massacro all'ospedale di Vukovar (ad est della Croazia), nel novembre 1991: circa 250 croati e altre persone non serbe che si erano rifugiate nell’ospedale furono torturate e uccise. Latitante dal 2004, è stato arrestato nei pressi del villaggio di Krusedol, nella zona collinare e turistica di Fruska Gora dove si trovano un noto monastero ortodosso e un edificio delle Forze armate serbe. Ora si trova in un carcere di Belgrado, in attesa della prevista estradizione all'Aja entro massimo sette giorni (Tpi). “Con questo arresto – ha detto in conferenza stampa il presidente serbo Tadic – abbiamo concluso il nostro obbligo legale e morale nei confronti del Tribunale penale internazionale dell'Aja (Tpi). Ha poi voluto aggiungere: le autorità serbe non sapevano dove si nascondesse.
Domani a Bruxelles cruciale vertice dei 17 Paesi della zona euro
“Non facciamoci illusioni, la situazione è molto seria e richiede una risposta altrimenti gli effetti negativi della crisi si estenderanno a tutta la zona euro”: è quanto ha detto il presidente della Commissione Ue, Josè Barroso, il quale ha lanciato un appello ai leader della zona euro a mostrare “responsabilità europea”, perchè è “in gioco il futuro dell'euro”. Secondo il ministro del Bilancio e portavoce del governo francese, Valerie Pecresse, l'obiettivo del vertice dell'eurozona deve essere trovare una “soluzione duratura già da domani” per la situazione della Grecia. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, è oggi a Berlino per incontrare la cancelliera tedesca, Angela Merkel.
Nicosia ricorda l’attacco turco del 1974 che portò all'occupazione di parte di Cipro
Stamani alle 5,20 ora locale, com'è ormai tradizione, mentre le bandiere sventolavano a mezz'asta, per un minuto le sirene dell'allarme aereo sono risuonate a Nicosia e nel resto della Repubblica di Cipro, la parte libera del Paese. L'ora è la stessa di quel 20 luglio del 1974, quando le truppe turche invasero Cipro in reazione a un fallito golpe di nazionalisti greco-ciprioti che - istigati dai colonnelli allora al potere ad Atene - volevano annettere l'isola alla Grecia. Nella Repubblica di Cipro, la commemorazione si consuma in un clima di cordoglio, nel ricordo dei morti e dei dispersi provocati dall'intervento armato di Ankara a difesa della minoranza etnica turca. Intervento che, per i greco-ciprioti, fu l'inizio di un'invasione militare considerata tuttora in atto. Diverso il clima nella parte turca dell'isola - la Repubblica Turca di Cipro del Nord (Rtcn) - che considera quella del '74 un'operazione di pace, con la proclamazione nel 1983 nella parte occupata ma riconosciuta solo da Ankara.
In Bahrein iniziative in difesa della libertà di stampa
Il Dialogo nazionale del Bahrein (l'assemblea di 300 rappresentanti del lavoro e della società civile che deve presentare al re proposte di riforme) ha raggiunto un accordo per chiedere al sovrano l'abolizione della prigione per i giornalisti. Lo riporta l'Agenzia di stampa del Bahrein. I partecipanti al Dialogo hanno anche convenuto sulla creazione di un Consiglio supremo dei giornalisti, composto da un giudice, un membro dell'Associazione nazionale dei giornalisti, uno dell'Associazione degli avvocati e un proprietario di una casa editrice. Lo scopo del Consiglio sarebbe quello di rilasciare le licenze per esercitare la professione e di giudicare i giornalisti in caso di reati legati alla stampa.
Ucciso in Yemen un cittadino britannico
Un cittadino britannico è morto in un attentato ad Aden, città portuale nel sud dello Yemen. Secondo un responsabile della polizia locale, l'uomo, che dirigeva una compagnia marittima, è stato ucciso dall'esplosione di una bomba piazzata nella sua automobile.
Pakistan, bici-bomba esplode a Mazar-i-Sharif
La deflagrazione di una "bicicletta-bomba" in una città del nord dell'Afghanistan, Mazar-i-Sharif, ha provocato alcune vittime. Lo ha detto il portavoce della polizia provinciale. La città è una delle sette aree la cui sicurezza è stata affidata alle forze afghane. Intanto, i portavoce dei talebani hanno smentito di aver precedentemente annunciato con un sms indirizzato ai media la morte del loro capo supremo, il mullah Omar, affermando che i loro telefoni sono stati “piratati dagli occidentali”. La morte del mullah Omar era stata già annunciata in maggio da fonti all'interno dei Servizi di informazione afghani e fermamente smentita dai talebani.
Usa, si cerca un piano bipartisan in tema di debito
Un piano condiviso dai due schieramenti politici statunitensi per ridurre le spese di 3.600-3.700 dollari in 10 anni: nel tentativo di sbloccare l'impasse sull'accordo sull'aumento del tetto del debito, un gruppo di sei senatori, la cosiddetta "Banda dei Sei", avanza una nuova proposta che ottiene l'appoggio del presidente, Barack Obama. La Camera intanto approva un piano di riduzione del deficit e del debito proposto dai repubblicani con 234 voti a favore e 190 contrari. Un'iniziativa simbolica: è probabile che il Senato a maggioranza democratica respingerà il "Cut, Cap and Balance Budget", che prevede tagli per 111 miliardi di dollari nell'anno fiscale 2011, determina un limite alla spesa del 18% del pil entro il 2021 e un emendamento alla Costituzione per un budget bilanciato per l'aumento del tetto del debito. Obama ha detto che opporrà il proprio veto. Il piano bipartisan è una buona notizia”, afferma il presidente, che però avverte: “Sono stati fatti progressi” nelle negoziazioni, ma “non c'è più molto tempo” e “bisogna parlare chiaro”. Un invito evidente ai repubblicani e ai democratici a trovare un accordo. Obama vedrà lo speaker della Camera, John Boehner, nei prossimi giorni per accelerare verso una soluzione. Il presidente guarda anche all'Europa e, in una telefonata con la cancelliera tedesca Angela Merkel, in vista del vertice europeo del 21 luglio prossimo, sottolinea l'importanza di gestire e risolvere la crisi del debito del Vecchio continente per sostenere la ripresa economica.
Clinton in India: relazioni Usa-India tra le più importanti del XXI secolo
Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha detto che “l'India ridisegnerà il futuro dell'Asia” e che le relazioni tra India e Usa “saranno tra le più importanti del XXI secolo". Il capo della diplomazia Usa ha parlato oggi a un convegno a Chennai, nello Stato meridionale del Tamil Nadu, dove si trova per il secondo giorno della sua visita in India. La Clinton ha poi chiesto all'India di giocare un ruolo maggiore in ambito regionale, in particolare nel prossimo vertice regionale dei Paesi del Sud Est asiatico (Asean). A proposito dei rapporti bilaterali, il segretario di Stato americano ha aggiunto che “India e Stati Uniti stanno lavorando insieme per rafforzare la loro intesa in materia di commercio, non proliferazione, cambiamento climatico, sicurezza e sviluppo”. Ha poi elogiato la democrazia indiana e in particolare il sistema elettorale, richiamando però New Delhi a far rispettare i diritti umani in Myanmar, un Paese con cui l'India continua a intrattenere strette relazioni commerciali. Sul terrorismo, la Clinton ha ribadito la volontà a “combattere insieme”, come aveva già dichiarato ieri dopo l'incontro con il ministro degli Esteri, S.M. Khrishna. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 201