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Sommario del 18/07/2011
◊ Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il primo ministro della Malaysia, Najib Bin Abdul Razak, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. Il premier, il cui colloquio personale col Papa è durato circa 20 minuti, era accompagnato dalla consorte, da esponenti governativi, rappresentanti religiosi musulmani e dall’arcivescovo di Kuala Lumpur.
“Nei cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - sono stati evocati i positivi sviluppi nei rapporti bilaterali e si è concordato di stabilire le relazioni diplomatiche tra la Malaysia e la Santa Sede. Inoltre, si è passato in rassegna la situazione politica e sociale nel mondo e nel Continente asiatico, con particolare riferimento all’importanza del dialogo interculturale e interreligioso per la promozione della pace, della giustizia e della maggiore comprensione tra i popoli”.
Il premier, musulmano, ha ricordato di essere stato alunno di una scuola cattolica retta dai Lasalliani. Il Papa gli ha regalato una ceramica con una veduta di Piazza San Pietro. Il primo ministro, da parte sua, ha donato a Benedetto XVI un pregiato ricamo floreale, caratteristico del Paese orientale.
◊ In diversi Paesi dell’Africa Orientale, sono oltre 12 milioni le persone che rischiano di morire di fame. Tra queste, i bambini al di sotto dei cinque anni sono i più vulnerabili. La Chiesa è in prima linea e la rete Caritas ha messo a disposizione un primo aiuto di 300 mila euro. Ma per evitare una catastrofe umanitaria, la comunità internazionale deve agire velocemente: l’appello del Papa ieri all’Angelus per le popolazioni del Corno d’Africa e in particolare della Somalia, colpite da “una gravissima siccità”, deve trovare una risposta adeguata e immediata. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bertin:
R. - Sono certamente molto grato per questo intervento del Santo Padre, anche perché incoraggia la comunità internazionale ad intervenire. E’ già successo in passato che il Papa abbia lanciato appelli per la Somalia. Ricordo che alcuni rappresentanti somali mi avevano scritto anche una lettera da presentare al Santo Padre per ringraziarlo per avere attirato l’attenzione internazionale sul problema somalo.
D. - Un appello che deve avere però risposte immediate. Bisogna fare presto perché la situazione è sempre più drammatica …
R. - Bisogna fare presto: si tratta di spostare soldi, di acquistare viveri, di trasportare tende. Ci vorrà un po’ di tempo e nel frattempo, soprattutto i bambini piccoli, al di sotto dei cinque anni, purtroppo moriranno.
D. - L’Onu parla della peggiore siccità degli ultimi 60 anni, però la gente della Somalia e di tutto il Corno d’Africa convive da sempre con la siccità. Cosa acuisce questa crisi?
R. - Nel caso della Somalia la siccità è così grave perché si aggiunge alla situazione di insicurezza, di conflitto e di assenza dello Stato in questi ultimi 20 anni. Già in passato alcune organizzazioni umanitarie hanno dovuto abbandonare il Paese, altre sono state addirittura cacciate, perché si diceva che nella loro agenda c’erano altre intenzioni. Io vorrei che questo aspetto, quello dell’insicurezza, e i tentativi per restaurare lo Stato in questo momento non siano accantonati per il problema umanitario. Bisogna far rinascere lo Stato e una società civile che funzioni.
D. - Quindi, un corridoio umanitario, un’assistenza concreta verso questa popolazione deve essere sempre abbinata ad una rete politica e sociale, che in qualche modo possa funzionare. Adesso invece è assente…
R. - Purtroppo è assente e allora rimane solo una piccola possibilità, quella tradizionale attraverso gli anziani, i capi tribù. Il loro ruolo si è però molto affievolito in questi ultimi anni. Anche per questo l’idea di corridoi umanitari dovrebbe essere studiata, ma non è facile da mettere in pratica. Chiaramente, rimane l’area di Mogadiscio dove il porto e l’aeroporto ed alcune infrastrutture sono sotto il controllo del governo federale di transizione che però non governa molto. Ma almeno, in questa zona di Mogadiscio, gli aiuti internazionali possono affluire. Poi bisognerà vedere come distribuirli, sapendo che nel frattempo la popolazione particolarmente colpita si sta dirigendo in tre direzioni: verso il confine con il Kenya, quello con l’Etiopia e verso Mogadiscio. Speriamo che non si arrivi alla tragedia del 1992, quando forse mezzo milione di persone sono morte per fame e disordini. Spero tanto che la comunità internazionale stavolta possa agire con maggior prontezza, sapendo anche quali sono le difficoltà per raggiungere almeno i somali che vivono in Somalia. (ma)
◊ Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Bragança-Miranda (Portogallo), presentata da mons. António Montes Moreira, per raggiunti limiti di età. Gli succede il rev. José Manuel Garcia Cordeiro, finora rettore del Pontificio Collegio Portoghese, a Roma. Il rev. José Manuel Garcia Cordeiro è nato il 29 maggio 1967 a Vila Nova de Seles, Luanda (Angola). Rientrato in Portogallo con la famiglia nel 1975, ha frequentato il Seminario minore della Diocesi di Bragança-Miranda ed è stato poi ammesso al Maggiore, seguendo gli studi di Filosofia e Teologia presso la sede di Porto dell'Università Cattolica Portoghese. Ha conseguito anche la Licenza (1999-2001) e il Dottorato (2004) in Liturgia presso il Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, a Roma. É stato ordinato sacerdote il 16 giugno 1991 per la diocesi di Bragança-Miranda. Nel corso del ministero, ha ricoperto i seguenti incarichi: parroco, formatore nel Seminario diocesano e cappellano dell'Istituto Politecnico di Bragança (1991-1999); Vice-Rettore del Pontificio Collegio Portoghese (2001-2005); professore presso l'Ateneo Sant'Anselmo (dal 2004) e consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (dal 2010). Dal 2005 ricopre la funzione di rettore del Pontificio Collegio Portoghese, a Roma.
Il Papa ha nominato capo ufficio amministrativo della Tipografia Vaticana - Editrice «L'Osservatore Romano» il dott. Antonio Pacella, finora aiutante di Studio nella medesima Tipografia.
Sudan. Il nunzio Boccardi: il Sud e il Nord hanno bisogno l’uno dell’altro
◊ Il Sud Sudan sta compiendo i primi passi come nuova entità statale dopo la proclamazione dell’indipendenza il 9 luglio scorso. Tante le sfide che deve affrontare il 54.mo Stato africano, a maggioranza cristiana e animista, e tanti anche sono i cambiamenti che interesseranno il Nord, in gran parte arabo e musulmano. Sergio Centofanti ha sentito in proposito mons. Leo Boccardi, nunzio apostolico in Sudan:
R. – Io ho ancora viva nella memoria l’immensa folla di oltre mezzo milione di persone che hanno salutato a Juba il 9 luglio scorso l’alzabandiera della nuova Repubblica del Sud Sudan e la stretta di mano tra il presidente Bashir e il presidente Salva Kir. Sono stato anch’io testimone di un evento davvero storico, forse l’ultima pagina della storia del colonialismo in Africa e l’inizio di una nuova fase della storia del Sudan, che non sarà più lo stesso e che vede oggi due nazioni sorelle che devono trovare modi e mezzi per continuare a vivere relazioni di buon vicinato e di collaborazione economica e sociale. I due Paesi hanno bisogno l’uno dell’altro e non si può immaginare che i confini, che devono essere ancora disegnati, taglieranno i profondi legami che uniscono i due Stati. I due Paesi hanno davanti a sé una strada tutta in salita. Terminata la fase dell’euforia e delle celebrazioni nel Sud è ora di costruire uno Stato che ha visto solo la posa della prima pietra, tutto deve essere messo in piedi: l’attività economica e commerciale, la partecipazione democratica dei cittadini, le infrastrutture, la riconciliazione tra i vari gruppi etnici. Le enormi ricchezze del Paese devono essere usate per il bene comune - concetto più volte richiamato dal presidente Salva Kir nel suo discorso a Juba - e quindi debellare la corruzione e l’individualismo è la priorità delle priorità. Nel Nord si stanno ancora valutando le conseguenze della separazione del Sud; dal punto di vista economico le perdite sono davvero grandi. Inoltre, il governo sta reagendo con una politica di rimpatrio di tutti i sud-sudanesi che stanno cercando di raggiungere il Sud con mezzi di fortuna. Un decreto governativo, di recente, ha ordinato a tutto il settore pubblico e a quello privato di licenziare tutti i sudisti. Nei prossimi nove mesi i sudisti dovranno regolarizzare la loro posizione. Siamo in attesa della nuova legge sulla cittadinanza che certamente renderà molto difficile la vita dei sudisti residenti nel Nord, che avranno così bisogno del permesso di soggiorno, del permesso di lavoro per rimanere nel Nord, come tutti gli altri stranieri. I segnali che giungono in questi giorni, da una parte, invitano a un cauto ottimismo - come il recente trattato di pace di Doha per il Darfur – e, dall’altra, la situazione in Abyei, nel Sud Kordofan, nel Blue Nile, è molto preoccupante. L’escalation militare e le conseguenze tragiche per la popolazione civile non possono non destare una seria preoccupazione e attenzione.
D. – Qual è il ruolo della Chiesa in questo nuovo Stato e qual è la situazione dei cristiani nel Nord?
R. – Lo scenario che si presenta per la Chiesa può essere così descritto: nel Sud la Chiesa è tutta protesa verso una nuova evangelizzazione, in prima linea nella costruzione e nella formazione delle coscienze dei cristiani e dei cittadini, oltre a promuovere progetti di sviluppo nel campo sociale, assistenziale ed economico. 20 anni di guerra hanno lasciato ancora profonde ferite che devono essere rimarginate con il perdono e la riconciliazione. A me sembra che formazione, coinvolgimento e testimonianza, siano le parole d’ordine del suo nuovo piano pastorale. E’ bene ricordare che la maggior parte dei cittadini sudanesi cristiani e cattolici si trova proprio nel Sud dove ci sono sette diocesi che oggi devono elaborare un nuovo piano pastorale, un nuovo piano d’azione, una nuova strategia per essere realmente presenti nella costruzione del nuovo Stato. Nel Nord si vede una Chiesa che si scopre in un certo senso ridimensionata nei numeri ma sempre presente e in dialogo con le altre confessioni cristiane e ora in particolare con l’islam. Proprio nei giorni scorsi c’è stato a Khartoum l’incontro dei vescovi del Nord e al termine di questa riunione hanno trasmesso a tutto il popolo cristiano presente nella repubblica del Sudan un messaggio di speranza e di azione. Quindi, direi: nel Sud una Chiesa tutta protesa verso una nuova opera di evangelizzazione e nel Nord una Chiesa, pur ridimensionata, più povera, che ora si scopre in contatto più diretto con la Chiesa, in piccole comunità di base, mantenendo viva la fede che diventa testimonianza in un contesto che sarà probabilmente, certamente, più arabo e islamizzato.
D. – Sabato scorso è morto mons. Mazzolari, vescovo di Rumbek. Un suo ricordo…
R. – Mons. Mazzolari, il caro mons. Mazzolari! La notizia della sua morte improvvisa ha colpito davvero tutti lasciando un senso di grande tristezza. Il mio è quindi un ricordo grato e commosso. L’avevo sentito solo qualche giorno fa e nulla mi faceva presagire la sua scomparsa, avevamo parlato di tanti progetti e discusso insieme di tante iniziative. Mons. Mazzolari è stato un grande missionario, un bravo vescovo, un vero figlio di San Daniele Comboni: ha amato l’Africa e ha amato gli africani. La sua mitezza, la sua bontà erano pari alla sua intraprendenza e generosità. I tanti progetti di sviluppo nel campo dell’educazione, della sanità, sono il segno evidente e concreto dell’impegno della Chiesa per l’evangelizzazione e la promozione umana. Vorrei ricordare a questo proposito il suo amore e la sua attenzione al mondo dei giovani. Abbiamo celebrato insieme due congressi giovanili, a Rumbek e a Yirol, proprio per preparare i nuovi leader cristiani del Sud Sudan. Quando mi hanno telefonato sabato mattina verso le 8.00 per comunicarmi la notizia della sua scomparsa, mi è venuta proprio questa immagine: come Mosè ha guidato il suo popolo verso la Terra Promessa, lo ha aiutato e lo ha visto entrare nella nuova patria, ma il Signore lo ha chiamato accanto a sé. Tutto ciò che è stato realizzato a Rumbek porta l’impronta di mons. Cesare e ciò resterà a lungo a parlarci di lui. Sono certo che la sua memoria resterà in benedizione in tutto il Sudan. (bf)
Gmg di Madrid: tra un mese l'arrivo del Papa. Nuova applicazione per YouCat
◊ Esattamente fra un mese, il 18 agosto, il Papa arriverà a Madrid per la XXVI Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà nella capitale spagnola fino al 21 agosto. A fine giugno erano già 440 mila gli iscritti ma si attendono più di un milione di giovani da tutto il mondo. Questa sera vengono accolte nella cattedrale di Santa Maria La Real de La Almudena, a Madrid, la Croce e l’Icona della Gmg, reduci da un pellegrinaggio nelle diocesi spagnole in preparazione al grande evento. Alla presenza dei due simboli della Gmg, il cardinale arcivescovo Antonio María Rouco Varela celebrerà una Veglia di preghiera cui parteciperanno numerosi gruppi impegnati nell’organizzazione del raduno. Il cammino della Croce e dell’Icona in terra di Spagna era iniziato il 14 settembre 2009, festa dell’Esaltazione della Croce, con una Veglia presieduta dallo stesso porporato.
Fervono dunque i preparativi nelle diocesi di tutto il mondo per preparare i giovani all’incontro con il Papa. Nello zainetto che ogni iscritto alla Gmg riceverà una volta arrivato a Madrid, ci sarà anche YouCat, il sussidio al Catechismo della Chiesa cattolica fatto apposta per i giovani e strutturato in forma di domanda e risposta. Proprio in questi giorni la Casa editrice Città Nuova, che ha curato l’edizione italiana di YouCat, ha reso disponibile un’applicazione da scaricare sui cellulari di ultima generazione. Si tratta di un App, cioè di un'applicazione, sempre chiamata YouCat, che consente ai ragazzi di confrontarsi sui temi del Catechismo e sulla Gmg. Di cosa si tratta esattamente? Debora Donnini lo ha chiesto a Giulio Meazzini, collaboratore di Città Nuova, che si è occupato dell’applicazione di YouCat sui cellulari:
R. – Città Nuova ha pensato di fare un regalo ai ragazzi che vanno a Madrid dandogli la possibilità di scaricare sui cellulari che hanno sistema operativo Apple, Windows mobile o Android - quindi la stragrande maggioranza dei cellulari di ultima generazione - questa App gratuita. Le funzionalità disponibili sono un social network tipo facebook con un “wall”, il muro dei messaggi dove si possono scambiare commenti, dove ogni ragazzo può avere il suo profilo, dove si possono scambiare messaggi e sms diretti tra gli utenti e dove si ha la propria cerchia di amici ma anche dei “famous friends”, cioè amici speciali: noi, per esempio abbiamo messo dentro Maritain, Giovanni Paolo II, San Francesco, Van Thuan… Per cui ogni giorno, ogni due giorni, su questa applicazione di YouCat si possono trovare frasi famose di questi personaggi. Inoltre, per quanto riguarda specificamente la Gmg, tramite questa App, abbiamo la possibilità di ricevere direttamente sul cellulare news sulla Gmg in varie lingue, un aggiornamento giorno per giorno su tutti gli eventi che succedono durante la Gmg e anche la possibilità di fare una specie di “community” tra quelli che partecipano alla Gmg, quindi con informazioni, commenti…
D. – Questo risponde in qualche modo a quello che Benedetto XVI stesso ha scritto nella premessa a YouCat. Infatti, il Papa ha invitato a studiare questo testo ma anche a leggerlo fra amici a formare gruppi e reti di studi, a scambiarsi idee su internet. Quindi la vostra è una risposta?
R. – Esattamente è proprio questo il senso. Infatti, l’altra funzionalità che c’è con questa App, la più importante forse, è la possibilità di avere disponibile sul cellulare, quindi consultabili, il 20 per cento delle domande e risposte di YouCat, di questo sussidio al catechismo: è un modo per rendere disponibile immediatamente questo messaggio e, come diceva mons. Crociata durante l’ultimo convegno “Testimoni digitali”, è strategico abitare il nuovo mondo digitale per portare avanti la missione dell’evangelizzazione. Questo è un modo per mettere a disposizione di tutti i giovani, in modo molto fresco, molto dinamico, il messaggio che è contenuto in questo sussidio per i giovani al catechismo della Chiesa cattolica.
D. – L’intento quindi è quello di permettere ai giovani di confrontarsi sul catechismo, sui contenuti del catechismo anche attraverso internet e poi il cellulare…
R. – Esatto. Come sono abituati a dialogare, darsi appuntamenti e condividere informazioni sul social network, così si potranno scambiare impressioni, domande e anche le stesse domande e risposte di YouCat, approfondendo quindi i temi proposti con questo sussidio al catechismo o anche scambiandosi o leggendo le stesse frasi famose di questi amici speciali - Giovanni Paolo II, San Francesco o Maritain... A breve sarà attivato anche un sito su internet - www.cittànuova.it - dove ci saranno altre informazioni relative alla Gmg e a YouCat. Non vorrei dimenticare anche il sito internazionale che tutti gli editori europei stanno mettendo a punto in varie lingue con argomento YouCat. Aggiungo che altri editori ci hanno chiesto di pubblicare domande e risposte non solo in italiano ma anche in altre lingue, quindi probabilmente presto ci sarà anche la lingua inglese e la lingua francese. Siamo in trattative con questi editori, quindi nella stessa YouCat, attraverso questa App per cellulare, potranno essere lette le domande e le risposte non solo in italiano ma anche in inglese, in francese e in altre lingue. (bf)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Mobilitazione internazionale per fermare la catastrofe umanitaria nel Corno d'Africa: l'appello del Papa all'Angelus e la sua riflessione sulle parabole evangeliche sul Regno dei cieli.
Saranno stabilite relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Malaysia: l'annuncio durante l'udienza del Papa al primo ministro del Paese asiatico.
In rilievo, nell'informazione internazionale, il dibattito sul debito negli Stati Uniti.
Chi era veramente Giacomo Matteotti: in cultura, Roberto Pertici sulla biografia, firmata da Gianpaolo Romanato, che del deputato socialista svela il percorso umano e politico ancora poco conosciuto.
Ho ammaestrato i batteri per salvare le opere d'arte: Silvia Guidi intervista il biologo Giancarlo Ranalli
Un intreccio vivente fissato nella pietra: Manlio Sodi sui 150 anni della cattedrale di Pienza e il vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, mons. Rodolfo Cetoloni, sulla lezione di Enea Silvio Piccolomini, Papa Pio II.
In Coppa America crollano i giganti: Gianni Rivera sulla crisi di Brasile e Argentina.
Nell'informazione religiosa, l'omelia del vescovo di Graz-Seckau, mons. Egon Kapellari, nella Messa celebrata per i sessant'anni di sacerdozio di Benedetto XVI.
Anticipazione, dal prossimo numero della rivista Oasis, di un reportage in Sud Sudan, con la testimonianza del vescovo Cesare Mazzolari, morto improvvisamente sabato scorso.
Conferenza internazionale sui cristiani di Terra Santa: da Londra l'appello di cattolici e anglicani
◊ Si è aperta oggi a Londra nella residenza ufficiale di Lambeth Palace del primate della Comunione anglicana, la conferenza internazionale sui cristiani di Terra Santa. L’incontro – spiega mons. Vincent Nichols, arcivescovo cattolico di Westminster - avviene in un momento “quanto mai opportuno, in cui, accanto ad una grande tensione per le questioni riguardanti la Terra Santa, cresce la consapevolezza dell’importanza di una pace durevole”. L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana, auspica la costituzione di un fondo speciale per il finanziamento di progetti in favore dell’economia locale. Presente all'evento il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nell’annuncio congiunto per la presentazione della conferenza, il primate della Comunione anglicana e l’arcivescovo cattolico di Westminster sottolineano il valore della presenza dei cristiani in Terra Santa. Una testimonianza oggi duramente minata dal fenomeno dell’emigrazione, in costante crescita. Questa “emorragia” deve essere tamponata perché la presenza cristiana è imprescindibile anche per un futuro sostenibile dell’intera regione, come sottolinea l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana:
“I’d want to say to Christians in the Holy Land that we treasure enormously…
Vorrei dire ai cristiani di Terra Santa che noi apprezziamo molto la loro presenza e la loro testimonianza. Una testimonianza che è proseguita nel corso della storia cristiana, spesso in condizioni di grande sofferenza e tensione. Non basta andare a vedere i luoghi santi, andiamo a vedere 'pietre vive', per celebrare la testimonianza che i cristiani offrono”.
E ai cristiani di Terra Santa, che hanno bisogno di risorse soprattutto nel campo dell'istruzione per poter investire nel futuro, si rivolge con queste parole anche mons. Vincent Nichols, arcivescovo cattolico di Westminster:
“The message I would like to offer to Christians in the Holy Land...
Il messaggio che voglio lanciare ai cristiani in Terra Santa è quello di dire che vi sosteniamo nello spirito e nella preghiera. Rendiamo grazie a Dio per il vostro coraggio e la vostra fede e vogliamo farvi sapere che siete nei nostri cuori e nelle nostre preghiere”.
La giornata di oggi è arricchita dalle testimonianze di cristiani residenti in Terra Santa, appartenenti a diversi ambienti e professioni. Domani, ultimo giorno della Conferenza, verranno presentate le iniziative pratiche che i partecipanti all’incontro e le loro reti potrebbero prendere per un miglioramento della vita quotidiana delle comunità cristiane.
Sudafrica. Il cardinale Napier: Mandela, esempio per le giovani generazioni
◊ Oggi le Nazioni Unite celebrano la Giornata per la libertà la giustizia e la democrazia dedicata all’ex-presidente sudafricano Nelson Mandela, nel giorno del suo 93.mo compleanno. Mandela, ha detto il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nel messaggio diffuso per l’occasione è stato “un guaritore di nazioni e un mentore per generazioni, un simbolo vivente di saggezza coraggio e integrità”. Sull’evento ascoltiamo il cardinale William Fox Napier, intervistato da Linda Bordoni:
R. – I think the Nelson Mandela Day is a way in which the whole world …
Credo che il “Nelson Mandela Day” sia un modo in cui tutto il mondo rende omaggio al grande atto di sacrificio personale che un uomo ha compiuto non solo per i suoi compatrioti, ma per tutti coloro che si trovavano in un qualsiasi tipo di oppressione. Credo che questo sia il riconoscimento che il mondo gli sta tributando. Noi, in Sudafrica, siamo ovviamente molto orgogliosi del fatto che questo aspetto della vita di Mandela sia stato posto in luce, e speriamo che possa essere esempio all’emulazione da parte dei giovani.
D. – Mandela ha chiesto alla gente di impiegare 67 minuti del proprio tempo per fare qualcosa per gli altri …
R. – Yes: that’s been the essence of the Mandela Day right from the beginning. …
Sì: questa è stata l’essenza del “Mandela Day” fin dalla sua istituzione. Mandela per 67 anni della sua vita è stato impegnato a lottare per i diritti degli altri; così ora lui chiede di fare la stessa cosa: di pensare agli altri prima di pensare a se stessi. Credo che in questa particolare epoca della nostra storia, questo sia eccezionalmente necessario, guardando al grande egoismo presente in tante persone, che pensano solo a se stesse o solo al loro stretto ambito o al loro partito. E questo messaggio di Mandela, se riuscirà a passare, farà la grande differenza per il nostro Paese! (gf)
E sul Sudafrica del dopo-Mandela si è soffermato, al microfono di Davide Maggiore, Enrico Casale, giornalista della rivista dei gesuiti ‘Popoli’, che prende le mosse dal ruolo avuto dall’ex-presidente nel garantire un futuro di stabilità al proprio Paese fin dagli anni della segregazione razziale:
R. – Il grosso timore era che l’affermazione dei diritti delle popolazioni nere africane passasse attraverso la violenza. Il grandissimo merito che va riconosciuto a Mandela è quello di essere riuscito ad evitare questo bagno di sangue e quindi ad affermare i diritti dei neri africani in un clima di pacificazione nazionale.
D. – A oltre 15 anni dalla fine del regime dell’apartheid, quali sono le sfide in Sudafrica?
R. – La rivoluzione di Mandela è riuscita, ma è riuscita a metà. Non c’è stata una riconciliazione che sia penetrata nel profondo. Le comunità sono ancora fortemente divise; la comunità bianca, sebbene abbia ceduto il potere politico, mantiene salde le leve del potere economico. Gran parte della popolazione africana vive in povertà o in estrema povertà. Una delle grandi sfide è l’immigrazione da altri Paesi poveri del resto dell’Africa, e questo ha creato forti tensioni con la popolazione nera autoctona, altrettanto povera.
D. – Nel Paese, dopo la fine della presidenza di Mandela, il suo partito – l’African National Congress – mantiene la maggioranza ma perde consensi. Che evoluzione politica possiamo aspettarci?
R. – E’ vero che l’African National Congress perde consensi; è, però, ancora partito di raccolta dei voti di gran parte della comunità nera. Quello che possiamo auspicare è che si formi un blocco di opposizione che si riconosca nei valori democratici e che quindi si possa affermare un’alternanza al potere che fino ad adesso è mancata.
D. – Che ruolo economico e politico gioca il Sudafrica nel continente?
R. – Il Sudafrica è una potenza economica. Questo può rappresentare un volano per l’economia di tutti gli altri Paesi dell’Africa meridionale, se questi Paesi sapranno trasformarsi in vere democrazie. Il ruolo politico è ancora molto forte: in molte delle crisi politiche e militari africane, il Sudafrica ha giocato un ruolo molto importante. Molti Paesi africani possono vedere nel Sudafrica un modello di riconciliazione nazionale nel quale tutte le parti, riconoscendo le proprie colpe, possano permettere al Paese di ripartire su basi pacifiche. (gf)
Obama al Congresso Usa: accordo sul debito per evitare l'apocalisse economica
◊ “Troviamo un accordo per evitare l’apocalisse economica”. E’ un appello forte, quello lanciato dal presidente statunitense Obama, rivolto ai membri del Congresso, invitandoli a trovare un'intesa sul debito e ricordando che gli Stati Uniti stanno andando fuori tempo massimo per evitare il default. Dal punto di vista prettamente economico, cosa accadrebbe se non si raggiungesse questo accordo? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Angelo Baglioni, docente di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano:
R. – In mancanza di un accordo gli Stati Uniti sarebbero bloccati, nel senso che non potendo emettere ulteriore debito si troverebbero in difficoltà nel fare funzionare la pubblica amministrazione e nell’avere i fondi per rimborsare il debito in scadenza e gli interessi sul debito in scadenza. Quindi, sarebbero costretti in qualche modo, seppure su una parte marginale del debito, cioè quello in scadenza, a dichiarare l’insolvenza.
D. – Ovviamente ci sarebbero ricadute importanti anche sull’economia mondiale, che sta attraversando un periodo non facile...
R. – Sì, naturalmente sarebbe - come dire – una goccia che si aggiunge ad un vaso che sta già per traboccare, perché come sappiamo nell’area euro abbiamo grossi problemi di insolvenza da parte della Grecia, dell’Irlanda, del Portogallo e – ahimè – ultimamente le tensioni si stanno allargando anche all’Italia, oltre che alla Spagna. Quindi, sarebbe proprio un evento da evitare assolutamente anche per le ripercussioni internazionali.
D. – Fin qui le previsioni, ma questa impasse che dura da molti giorni quali ricadute concrete invece ha già avuto sull’economia statunitense?
R. – Qualunque evento di questo tipo crea tensione sui tassi d’interesse, crea un rialzo sui tassi d’interesse, perché naturalmente i mercati finanziari cominciano a scontare un rischio che si verifichi un evento del genere, cioè un evento di default. Quindi, i tassi d’interesse cominciano ad incorporare un premio a rischio più alto, cominciano ad aumentare e, quindi, il costo del credito poi aumenta per tutti i partecipanti all’economia: imprese e famiglie. C’è chiaramente già, quindi, un impatto negativo.
D. – Lo stesso Obama ha detto che gli americani sono sempre più spazientiti dai litigi tra Casa Bianca e Congresso. Non c’è il rischio di una caduta di credibilità delle istituzioni americane?
R. – Si devono mettere d’accordo. E’ chiaro che un accordo va trovato. Quindi, tutto questo tira e molla, questa trattativa non fa fare una bella figura alle istituzioni americane. Alla fine pare che stia emergendo un compromesso: quello di delegare il presidente ad aumentare il tetto del debito in tre tranche entro la fine di quest’anno. E’ una soluzione di compromesso che, probabilmente, sul piano tecnico e legale può andare bene. Certo, però, non ne esce bene la credibilità delle istituzioni americane. (ap)
La solitudine di chi vive la disabilità al centro del rapporto del Censis
◊ “Vincere la solitudine delle disabilità”: è il tema del rapporto pubblicato nei giorni scorsi dal Censis incentrato sulla cura e sull’assistenza alle persone Down e i malati di Parkinson. In particolare, alcune associazioni e fondazioni denunciano la non sempre adeguata assistenza ai malati da parte delle istituzioni. E’ quanto sottolinea, al microfono di Giorgia Innocenti, Gianfranco Conti, direttore generale della fondazione Cesare Serono, che ha contribuito alla ricerca nell'ambito del progetto sulla “Centralità della persona” nei sistemi sanitari:
R. - Purtroppo le istituzioni e il servizio pubblico non sempre sono presenti quando il cittadino ha bisogno. La situazione diventa veramente più drammatica quando il cittadino è colpito da una disabilità invalidante. Stiamo parlando nella fattispecie di due tra le disabilità che più rendono drammatica la situazione di una persona e della famiglia: la sindrome di down e il parkinson.
D. – Le preoccupazioni maggiori non sembrano essere sui bambini down ma sulle persone che crescono…
R. – Fino ad una ventina di anni fa difficilmente superavano l’età puberale tant’è che veniva chiamata sindrome di “bambini” down. Oggi le persone down arrivano all’età adulta e alla vecchiaia. Oggi come oggi con la scuola, tutto sommato, sia pure con alti e bassi, il problema viene gestito con assistenti di sostegno e con la buona volontà degli insegnanti. I problemi grossi nascono nel momento in cui il soggetto down cresce. Non parliamo dell’inserimento nel mondo del lavoro, per cui in un momento come questo dove già i giovani cossiddetti "normali" hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, possiamo immaginare come sia drammatica la situazione di un portatore di handicap. Pensiamo alla preoccupazione che hanno i genitori pensando al momento in cui loro stessi non ci saranno più.
D. – Per quanto riguarda il Parkinson?
R. – Probabilmente la situazione è ancora più drammatica per i portatori di handicap del Parkinson. Pensiamo al problema delle medicine che ha un duplice aspetto. Da un punto di vista quantitativo, un malato di Parkinson di medio livello prende dalle 4 alle 5 somministrazioni giornaliere. Ma l’aspetto ancora forse più drammatico è il percorso che un paziente deve fare per avere le medicine. Un paziente deve andare dal medico generico a farsi fare la prescrizione, con questa prescrizione poi deve andare dal medico specialista a farsi fare il piano terapeutico. Con questo piano terapeutico deve andare alla Asl a farselo vidimare, dopodiché va in farmacia quindi la farmacia deve mandare a chiedere i farmaci. Il paziente deve quindi andare una seconda volta in farmacia per ritirarli: è un calvario per una persona normale, pensiamo per un anziano affetto dal Parkinson.
D. – I dati più preoccupanti riguardano anche la situazione del sud Italia...
R. - Vediamo mediamente tre Italie. Parlando sempre di Parkinson, un altro degli aspetti più drammatici è l’assistenza domiciliare che nell’Italia del Sud è praticamente inesistente; abbiamo qualche cosa nell’Italia centrale e sicuramente molto di più nell’Italia settentrionale ma anche nell’Italia settentrionale è assolutamente carente. Quindi se è carente lì dove le strutture sono più efficienti, immaginiamo al Sud. (bf)
Conferenza mondiale sull’Aids: speranze per prevenzione e vaccino, ma la crisi sottrae fondi
◊ “A me non può accadere, sono immune, fare il test non mi serve”: sono questi alcuni dei comportamenti dei cosiddetti “late presenters”, alla base della recrudescenza dell’epidemia di Aids che si registra nei Paesi dell’Unione Europea e negli Stati Uniti. Ogni giorno nel mondo circa 200 persone muoiono di questa malattia e si contano 2700 nuovi contagiati dal virus Hiv, ma meno della metà di questi inizia la terapia: sono alcuni dei dati forniti dai circa seimila ricercatori riuniti in questi giorni a Roma per la Conferenza mondiale sull’Aids. Eppure la ricerca ultimamente ha fatto grandi conquiste, come la scoperta che utilizzando i farmaci antiretrovirali a scopo preventivo sui soggetti sieropositivi, cioè, anche su quelli che non hanno ancora sviluppato la malattia, si riesce a bloccare l’infezione sul nascere. Tradotto in termini economici, questa scoperta significa una notevole quantità di denaro da sborsare, obiettivo non facile in questa fase di crisi economica in cui molti Paesi, tra cui l’Italia, già da un paio di anni hanno tagliato i finanziamenti al Fondo globale per la lotta all’Aids. Anche sul fronte dei vaccini la ricerca ha fatto qualche passo avanti, fornendo la prova “concettuale” che un vaccino possa prevenire l’infezione da Hiv nell’uomo: in un numero consistente di individui sieropositivi, infatti, l’organismo produce anticorpi in grado di neutralizzare più del 90% dei ceppi virali esistenti. Una ricerca, quindi, che mai più di oggi deve essere accelerata. (A cura di Roberta Barbi)
In Somalia gli ospedali sono rimasti senza farmaci
◊ Gli ospedali somali lanciano l’allarme: sono rimasti a corto di farmaci e questo ha creato un aumento delle vittime per epidemie di morbillo e diarrea anche in aree dove finora non se ne registravano. A dirlo alla Fides è in particolare il Banadir Hospital, il più grande di Mogadiscio, che si serve delle medicine fornite dalla Ong tedesca Daryeel Bulsho Guud, dall’Unicef e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La siccità dilagante affama le campagne e spinge le persone a premere sulle città, in particolare sulla capitale, tanto che si calcolano fino a cinque morti al giorno a causa di epidemie che non si ha la possibilità di curare. Molti bambini arrivano in ospedale in condizioni gravissime e tre o quattro sui cento ricoverati quotidianamente muoiono per la mancanza di mezzi. Nei primi quattro mesi del 2011 al Banadir, ad esempio, sono stati portati 160 bambini affetti da morbillo e 440 nel secondo quadrimestre, mentre oltre tremila sono i piccoli colpiti da gravi forme di dissenteria. La principale causa di diffusione delle epidemie deriva dalla mancanza di vaccini nelle aree colpite dalla siccità, ma l’Unicef, in collaborazione con il ministero della Sanità locale sta provvedendo nel vicino Kenya. (R.B.)
Sud Sudan: l'ultimo discorso ufficiale di mons. Mazzolari per le celebrazioni dell'indipendenza
◊ “Dio di misericordia, nella tua bontà, rimani con noi e fa che possiamo essere capaci di ricostruire le mura della nostra Gerusalemme che è la nostra nuova Repubblica del Sud Sudan”. Lo ha detto mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, morto sabato scorso, nel discorso pronunciato durante la cerimonia d'apertura delle celebrazioni per l'indipendenza del Sud Sudan il 9 luglio e reso noto oggi dalla Cesar onlus. Il presule - riferisce l'agenzia Sir - sarà ricordato domani con una messa di suffragio alle 19.30 presso la Casa dei Comboniani a Brescia, mentre le esequie si svolgeranno a Rumbek giovedì 21 luglio con la partecipazione dell'arcivescovo di Khartoum e presidente della Conferenza episcopale sudanese, cardinale Gabriel Zubeir Wako. “Abbiamo avuto sacrifici e sangue versato a sufficienza nella nostra terra: 2 milioni di sudanesi sono morti in 22 lunghi anni di guerra, centinaia di migliaia di eroi, patrioti e martiri” ha ricordato durante il discorso mons. Mazzolari. “Con sincerità ci pentiamo di essere un popolo in conflitto – ha aggiunto -, diviso dall'avidità, dall'egoismo, dalla vendetta e dalla violenza nei confronti del tuo dono della vita”. Perciò al Signore ha chiesto di “cambiare i nostri cuori da cuori di pietra in cuori di carne” per “farci diventare popolo di riconciliazione, perché non può esistere una nazione divisa. Da ogni lingua, tribù e gente unisci il tuo popolo sudanese in un'unica nazione. La nostra nazione oggi promette di ascoltare e obbedire alla tua parola, in modo tale che il governo dei nostri leader, le parole e lo spirito della nostra Costituzione, così come la voce della coscienza di ogni sudanese riconoscerà, rispetterà e adempirà la tua Legge divina”, ha detto mons. Mazzolari. Ma c’è anche la consapevolezza che il Signore ha affidato il Sud Sudan “al lavoro delle nostre mani”: “Fa che possiamo amare il nostro Paese alla stregua dei nostri patrioti che per esso diedero la vita. Donaci il coraggio e la saggezza di lavorare in modo onesto. Rendici capaci di lavorare insieme alle altre nazioni del mondo con sincera solidarietà per la nostra crescita”. “Siamo già grati – ha sostenuto mons. Mazzolari - per tutto ciò che le altre persone e nazioni faranno per noi. Ma pianta nel profondo nelle nostre anime sudanesi la consapevolezza che ciò che davvero conta per la nascita di una nuova nazione è che noi, come individui del popolo sudanese, faremo la nostra parte per il Paese”. “Non dovremo dunque chiederci cosa faranno gli altri per noi, ma cosa noi, sud sudanesi, faremo per il Sud Sudan – ha avvertito il presule -. Allo stesso modo non dovremmo dipendere da ciò che altri ci offriranno, ma piuttosto dal duro lavoro delle nostre mani, dei nostri cuori e delle nostre menti per provvedere alla nostra famiglia e al bene comune della nostra nazione”. (R.P.)
India: sciopero della fame dei vescovi per i diritti dei dalit cristiani e musulmani
◊ La Conferenza episcopale indiana (Cbci), il National Council of Churches (Ncci), la National Coordination Committee for Dalit Christians (Nccdc) e il National Council of Dalit Christians (Ncdc) stanno organizzando uno sciopero della fame di massa per chiedere al governo di garantire lo status di Scheduled Caste anche ai dalit cristiani e musulmani. Lo sciopero, indetto dal 25 al 27 luglio prossimi, culminerà con una marcia fino al Parlamento il 28 luglio. La lotta per garantire eguali diritti anche ai dalit cristiani e musulmani - riferisce l'agenzia AsiaNews - va avanti dal 1950, quando il parlamento approvò l’art. 3 della Costituzione sulle Scheduled Caste (Sc): in base a questo paragrafo, la legge riconosce diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale solo ai dalit indù. In seguito, nel 1956 e nel 1990, lo status venne esteso anche a buddisti e Sikh. Tuttavia Vincent Manoharan, dalit e presidente del National Federation of Dalits Land Rights Movement (Nfdlr), è scettico sull’esito di quest’ennesima forma di protesta, perché “anche se negli ultimi anni il Congresso sembra più disponibile a riesaminare la legge, l’unica differenza con il Bjp (Bharatiya Janata Party) è che esso agisce alla luce del sole, non di nascosto”. La critica di Manoharan, fino al 2008 anche segretario generale del National Campaign on Dalit Human Rights (Ncdhr), è al comportamento tenuto dal governo negli ultimi otto anni, che oltre a esaminare la situazione e chiedere un consulto alla National Commission for Religious and Linguistic Minorities – e solo su sollecitazione della Corte suprema – non ha fatto nulla di concreto. “Anche se Manmohanji [Singh, primo ministro indiano, ndr] è alla guida del Paese, tutti dicono che il suo problema è che non può prendere alcuna decisione da solo. Questo significa – spiega il residente del Nfdlr – che solo se sarà libero da influenze esterne, prenderà una decisione favorevole ai dalit cristiani e musulmani”. Ma Manoharan avverte: “Se in una democrazia la legittima richiesta di una persona o di un’intera comunità resta inascoltata troppo a lungo da tutti i pilastri di quella democrazia, allora la persona o la comunità saranno costrette a ricorrere ad altre forme antidemocratiche di lotta, per raggiungere e ottenere lo stesso obiettivo. Credo che questa sia la situazione a cui i dalit cristiani e i dalit musulmani stanno andando incontro”. (R.P.)
Monaco: Meeting per la pace promosso dalla Comunità di Sant'Egidio a 10 anni dall'11 settembre
◊ A dieci anni dagli attentati dell’11 settembre che “hanno inaugurato un decennio di scontro e di guerre, nella lotta al terrorismo”, i leader delle grandi religioni mondiali, capi di stato, donne e uomini di cultura saranno a Monaco di Baviera dall’11 al 13 settembre per il Meeting interreligioso per la pace promosso ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio e, quest’anno, dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco. L’incontro – spiegano i responsabili di Sant’Egidio all'agenzia Sir – si svolge “a distanza ravvicinata e in preparazione del 25mo anniversario dello storico incontro di Assisi, che vede papa Benedetto XVI invitare i leader delle grandi religioni mondiali per una grande Giornata ad ottobre”. Il Meeting di Monaco “si svolge in un luogo-simbolo, un crocevia della storia europea” ed è stato accolto con grande favore dalle autorità tedesche, sia della Baviera che del Governo Federale. Sarà inaugurato dal presidente Christian Wulff l'11 settembre - a dieci anni dalla tragedia di New York e di Washington. La cancelliera Angela Merkel prenderà la parola nell’Assemblea Plenaria del 12 settembre e numerosi ministri parteciperanno ai diversi momenti del Convegno. E' prevista una forte partecipazione dei leader religiosi. Per la Chiesa cattolica, si prevede la partecipazione dai Dicasteri della Santa Sede dei cardinali Kurt Koch, Roger Etchegaray e Leonardo Sandri. Ci saranno anche il cardinale Crescenzio Sepe da Napoli, il cardinale Philippe Barbarin da Lione e il cardinale Péter Erdo da Budapest. Come sempre nutrita la partecipazione dei rappresentanti delle Chiese cristiane. Per il mondo evangelico e riformato parteciperà tra gli altri il presidente della Ekd Nikolaus Schneider. Le Chiese ortodosse e orientali inviano prestigiose delegazioni, alcune delle quali al massimo livello: Sua Beatitudine Daniel, patriarca della Chiesa Ortodossa di Romania; l'arcivescovo Chrysostomos II, Primate della Chiesa di Cipro. E’ significativo che anche le delegazioni ebraica e islamica si presentino numerose e qualificate, segno di un'importante impegno nel dialogo. Tra i più eminenti rappresentanti, il Rabbino Capo di Israele, Yona Metzger, e i Rabbini Capo di Roma, Riccardo di Segni; di Colonia, Jaron Engelmeyer; della Federazione Russa Berl Lazar; di Turchia Isak Haleve. In rappresentanza del mondo islamico: Mohammed Rifaah al-Tahtawi, portavoce dell'Università egiziana di Al-Azhar; Mustafa Ceric, Gran Mufti di Sarajevo e di Mustafa Çagrici, Gran Muftì di Istanbul. Saranno presenti rappresentanti del buddismo giapponese, cingalese e cambogiano; delle antiche religioni indiane, compreso il giainismo e il parsismo, delle religioni tradizionali, come lo scintoismo. (R.P.)
◊ Il vescovo di Rottenburg-Stoccarda, mons. Gebhard Fürst, ha criticato l’intenzione del governo Merkel di fornire armi all’Angola. Nel corso della recente visita della cancelliera a Luanda - riferisce l'agenzia Sir - è stato reso noto che la Germania venderebbe all’Angola da sei a otto navi pattuglia per un valore tra i 10 e i 25 milioni di euro. “Le armi sono l’ultima cosa di cui ha bisogno un Paese in cui la gran parte della popolazione vive in quartieri disagiati e in miseria e in cui al di là e al di qua del confine col Congo centinaia di migliaia di persone vivono senza prospettive in centri per rifugiati”, ha ribadito mons. Fürst in una dichiarazione diffusa dalla diocesi. Il vescovo ha definito “irritante” la motivazione addotta che si intenderebbe pacificare i conflitti regionali in Africa con l’ausilio di truppe regionali. “Ciò non serve a pacificare, bensì ad acuire le tensioni belliche con gli Stati vicini”, ha osservato. Nel marzo 2011, la diocesi di tedesca con la Conferenza episcopale e la Caritas angolana aveva organizzato a Luanda un congresso internazionale sulla pace: “I delegati africani – ha concluso mons. Fürst - avevano riferito come il Paese, dopo 40 anni di conflitti e di guerra civile, si trovi in una situazione di calma molto labile, con la necessità urgente di un processo di pacificazione e riconciliazione. Ciò non si può ottenere con le armi”. (R.P.)
Usa: continua la mobilitazione della Chiesa contro i tagli di bilancio a danno dei poveri
◊ Mentre si fa sempre più stringente il dibattito sul bilancio negli Stati Uniti, continua la mobilitazione della Chiesa affinché la scure dei tagli necessari per ridurre il debito pubblico americano non colpisca le fasce sociali più povere e vulnerabili della popolazione. Un appello in tal senso è stato rilanciato nei giorni scorsi dai religiosi e dai leader laici cattolici in una lettera al Presidente Obama e al Congresso. Nella missiva – riferisce l’agenzia Cns – essi si dicono “profondamente preoccupati” da un possibile compromesso tra Obama e i Repubblicani che “sacrifichi i poveri sull’altare della riduzione del debito. Una simile soluzione - affermano - sarebbe una grave mancanza politica e un fallimento morale. La crisi – continua il testo - è il frutto di tagli insostenibili alle tasse, delle spese sostenute per finanziare due guerre e della crisi finanziaria. Sarebbe dunque gravemente immorale - conclude – caricare il peso del debito sulle spalle della classe media e dei poveri colpendo Medicaid, Medicare - i due programmi di assistenza sanitaria pubblica degli Stati Uniti - e l’assistenza sociale”. Dello stesso tenore un’altra lettera sottoscritta da 5mila religiosi aderenti al “Circle of Protection” (Circolo di protezione), l’iniziativa ecumenica lanciata ad aprile per contrastare ulteriori riduzioni della spesa destinata ai programmi e ai piani anti-povertà del Congresso degli Stati Uniti. La missiva ricorda che le Congregazioni religiose che gestiscono diverse opere caritative non possono sostenere da sole l’assistenza ai poveri nel Paese e che i loro programmi di aiuto alimentare coprono appena il 6% del fabbisogno, contro il 94% coperto dal governo. Anche la Conferenza episcopale americana (Usccb) è intervenuta più volte in questi mesi contro i tagli ai danni dei poveri, ricordando il dovere morale di tutelare i più deboli anche nelle attuali difficoltà. (L.Z.)
Colombia: tre membri della Caritas uccisi in meno di un mese
◊ Tre membri della Caritas colombiana sono stati uccisi nell’ultimo mese e questi fatti hanno generato paura, oltre che dolore nelle comunità indigene e rurali presso le quali gli operatori lavoravano. Il 2 luglio scorso Jorge Herrera, un collaboratore di Caritas contadino di Montelíbano, è stato prelevato da casa da un gruppo armato e ucciso. Non è il primo episodio di violenza che si verifica nella zona, come rileva la Pastorale sociale della Caritas della diocesi, che condanna con forza questi atti che minano “la dignità della persona umana” e sono “contro il dono più sacro che Dio ha dato agli esseri umani: la vita”. Nei giorni scorsi, inoltre, riferisce la Zenit, è stato ucciso anche l’indigeno Elias Domicó, raggiunto mentre stava partecipando a una riunione della Comunità Embera Aporpaz, di cui faceva parte, che accompagna il Progetto Aporpaz della Pastorale sociale e la Misereor Germania. Durante l’attacco è rimasto ferito il fratello Luis. Il 5 luglio, infine, è stata assassinata una terza rappresentante indigena, Emergida del Carmen Fuentes Hernández, che partecipava a un progetto della Caritas tedesca che si occupa delle fasce deboli della popolazione. Secondo la Caritas di Montelíbano, questi episodi sono la “manifestazione più concreta della violenza che affligge il dipartimento meridionale di Cordoba e che finora ha causato molte violazioni dei diritti umani, come lo sfollamento forzato e il confinamento”. Tuttavia, la Pastorale sociale della diocesi ha fatto sapere che proseguirà nella sua missione di sostegno e diffusione della Parola di Dio e della dottrina sociale della Chiesa presso quelle comunità che sopportano il peso della violenza in questa regione, dando appoggio e solidarietà ai famigliari e agli amici delle vittime. (R.B.)
Messico: per mancanza di sicurezza chiude la Casa del Migrante di San Luis Potosí
◊ Chiude la Casa del Migrante di San Luis Potosí, in Messico. E’ quanto si legge in una dichiarazione di padre Rubén Pérez, della Caritas locale, giunta all’agenzia Fides. Tra le motivazioni: la mancanza di sicurezza dei migranti, la richiesta dell’immobile da parte della parrocchia di San Sebastián, e i servizi sanitari precari forniti agli stessi migranti. In 15 anni di impegno pastorale ne sono stati assistiti circa 120 mila, che hanno ricevuto riparo, cibo, vestiario, farmaci e calore umano. Nella Casa sono stati accolti 8/9 mila centroamericani migranti all’anno. Tuttavia, da un anno a questa parte, il passaggio per San Luis Potosí è calato del 50%. Padre Pérez ha però garantito che la chiusura sarà temporanea e che verrà aperta un’altra casa progettata appositamente per l’accoglienza dignitosa di migliaia di migranti che attraversano il Messico e passano per San Luis Potosí. Nel frattempo, i centroamericani troveranno un punto di riferimento presso le ferrovie, dove verranno offerti loro pasti. (R.P.)
Myanmar: non si arrestano le violenze contro l’etnia Kachin
◊ Resta drammatica la situazione nel nord del Myanmar, area abitata dall’etnia Kachin, i cui guerriglieri dell’Independent Army continuano a scontrarsi con l’esercito birmano, nell’indifferenza più totale della comunità internazionale, come riferiscono all'agenzia Fides fonti che vogliono restare anonime per motivi di sicurezza. I profughi dall’area sono ormai più di 20mila, soprattutto cristiani che fuggono terrorizzati. Alle Ong straniere è vietato l’accesso e solo la Caritas locale riesce ad aiutarli: la Caritas di Myitkyna, ad esempio, ha allestito il campo San Giuseppe, dove vivono circa 500 sfollati. Non solo i Kachin, purtroppo, in Myanmar sono perseguitati: tutte le minoranze etniche subiscono, infatti, una violenta repressione da parte dell’esercito regolare e anche la leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, da poco uscita dal regime di arresti domiciliari, non può esporsi troppo. Cina e Russia, inoltre, sono i maggiori fornitori di armi all’esercito birmano, nel totale disinteresse dell’Asean (l’Associazione dei Paesi del Sudest asiatico ndr), mentre neppure l’Onu, che più volte ha inviato i suoi osservatori, appare del tutto inefficace. La fonte conclude affermando che il popolo è davvero messo a dura prova, ma vescovi, preti e suore incoraggiano i fedeli a pregare. (R.B.)
Ungheria: aperto il colloquio delle Chiese europee sul tema delle parrocchie
◊ Possono le parrocchie essere luoghi di speranza? “Yes, we can”: è stata una battuta ma anche un incoraggiamento quello che Hubert Windisch, sacerdote e docente di teologia pastorale all’Università di Freiburg in Germania, ha fatto questa mattina al termine dell’analisi della situazione delle parrocchie nell’Europa occidentale durante la prima giornata dei lavori del 26° Colloquio europeo delle parrocchie (Cep), in corso a Nyíregyháza, in Ungheria. L’esperto, infatti - riferisce l'agenzia Sir - aveva mostrato come soprattutto nel centro e nel nord del Continente “siamo ‘stranieri’ come i cristiani delle origini” e “dobbiamo chiederci qual è il nostro compito” e come “dimostrare la nostra appartenenza a Cristo”. Il docente ha spiegato che i cristiani europei si sentono “oppressi, insicuri, angosciati ed esposti ad un clima molto aggressivo”. “In Germania – ha osservato – abbiamo 82 milioni di abitanti e solo un terzo sono cattolici e ancora meno protestanti. In una scuola elementare di un quartiere della mia città il 60% dei bambini non sono battezzati e alcuni recenti studi parlano di ‘estinzione’ del cristianesimo in alcuni Paesi” occidentali. Secondo il teologo, in molti Paesi europei si assiste ad un “processo rapidissimo di diminuzione” sia “quantitativa che qualitativa del cristianesimo”, che da “oggettivo è diventato soggettivo; c’è stato inoltre un passaggio da una comprensione biblica, personale e storica, della fede a un’immagine di Dio apersonale e senza tempo, di carattere esoterico”. Secondo il docente le parrocchie e i cristiani che le abitano possono “rendere ragione delle speranza che è in loro” se si trasformano in una sorta di “ostensorio”, cioè se adottano uno stile di “trasparenza spirituale”. Aprendo ieri i lavori, il catalano Josep Taberner Vilar, uno dei due copresidenti del Colloquio europeo delle parrocchie (Cep), si è augurato che l'incontro si trasformi in una occasione per creare “unione, scambio di esperienze ed ecumenismo tra le Chiese dell’Europa dell’Est e dell’Ovest”. Duecento i partecipanti provenienti da 17 Paesi diversi - tra cui Belgio, Italia, Spagna, Portogallo, Germania, Svizzera, Romania, Ucraina e Slovacchia - che fino a venerdì rifletteranno, ascolteranno testimonianze, visiteranno le chiese locali e vivranno momenti ecumenici. (R.P.)
In Svizzera studenti di fedi diverse a scuola di pace
◊ Una vacanza passata a scuola per imparare la pace, la riconciliazione e la vicinanza tra popoli diversi: è l’esperienza che fino al 29 luglio propone l’Ecumenical Institute di Bossey, in Svizzera a giovani di fedi diverse: cristiani, ma anche ebrei e musulmani. L’appuntamento, chiamato “Building an in interfaith community”, è organizzato dal World Council of Churches (Wcc) che quest’anno ha voluto mettere al centro della scena il ruolo delle religioni nella risoluzione pacifica dei conflitti e la loro partecipazione attiva ai processi di pace, come sottolinea a L’Osservatore Romano, il teologo Odair Pedroso Mateus, coordinatore dell’iniziativa. L’ispirazione per la scelta del tema viene dalla Convocazione ecumenica sulla pace tenutasi a maggio in Giamaica e promossa sempre dal Wcc, che fin dal 1945, nell’ambito del più generale Scholarship Programme, promuove il Programme on Interreligious Dialogue and Cooperation. Al seminario, che mira a far confrontare tra loro le esperienze delle comunità religiose presenti attraverso le lenti d’ingrandimento della Bibbia, del mondo e della Chiesa universale, stanno prendendo parte una decina di cristiani provenienti dall’Europa, ma anche dall’America del Sud, dal Medio Oriente e dall’Asia, oltre a tre suore. L’entusiasmo dei partecipanti è alle stelle: “Una brillante occasione per incontrare persone di fedi diverse – la definisce lo studente musulmano Mohammed Azhari – l’ignoranza porta al conflitto, venendo a conoscenza gli uni degli altri impariamo a rispettarci”. “Si può imparare molto sulla propria religione – gli fa eco una studentessa protestante svedese, Charlotte Lindhé – relazionandosi anche con persone di fedi diverse”. (R.B.)
Monte Athos: chiesta una rete europea per salvaguardare i monasteri
◊ I Paesi dell’Unione europea e le comunità monastiche dell’intero continente si mettano in rete per salvaguardare la tradizione dei monasteri ortodossi del Monte Athos, in Grecia. E’ l’appello, di cui ha dato notizia l’Osservatore Romano, lanciato da una recente conferenza su “Il contributo del Monte Athos alla tradizione religiosa e intellettuale dell’Europa”, promossa a Salisburgo dal World Public Forum “Dialogue of civilization”, impegnato nel favorire il confronto tra culture e religioni diverse. In particolare è stato il rappresentante del patriarcato di Mosca presso l’Ue, l’arciprete Antony Ilyin, a sollecitare un impegno a livello continentale a favore dei venti monasteri athoniti, che ospitano attualmente oltre 1500 religiosi. Per il rappresentante russo “mettere in rete le comunità dell’Europa” permetterebbe di creare “contatti continui tra analisti ed esperti per il supporto legale alle istanze della comunità monastica”. La stessa esistenza della civiltà europea, ha sottolineato il metropolita di Volokolamsk e presidente del dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato moscovita, Ilarione “è dovuta al cristianesimo, ai suoi valori di base e alla legge morale”. “La consapevolezza del contributo che il complesso di monasteri ha dato alla tradizione religiosa e intellettuale dell’Europa ci indica l’importante compito di conservare per le generazioni future l’unicità del monte Athos”, ha concluso Ilarione. Gli intellettuali e i leader religiosi presenti alla conferenza hanno preso una posizione unanime contro i tentativi di rendere l’area liberamente accessibile ai turisti. Per permettere una miglior tutela del patrimonio culturale della comunità, sono stati chiesti la conservazione dello status particolare della comunità autonoma, la difesa legale del principio di avaton (che consente l’accesso ai soli uomini), e il blocco di qualsiasi progetto commerciale o di turismo di massa. Per eliminare le restrizioni all’accesso nell’area, infatti, sono stata avanzate, in seno all’Unione europea, alcune proposte normative. “Il Monte Athos – ha sottolineato in conclusione l’abate archimandrita Efraim – è un luogo di pace, penitenza e gioia. I padri spirituali – ha evidenziato – possono dare risposte alle domande più urgenti dell’uomo moderno, che ha fatto un grande progresso nello sviluppo tecnologico ed economico, ma non è riuscito a trovare una pace interiore”. (D.M.)
◊ I leader religiosi e le Ong indonesiani hanno rivolto un pressante appello al governo ad abolire o almeno modificare una vecchia legge del 1985 che sottopone al controllo governativo le attività delle organizzazioni della società civile, comprese le modalità con cui vengono finanziate. Secondo i suoi critici – come riferisce l’agenzia Ucan - si tratta di una legge anacronistica e liberticida che può essere usata da alcuni gruppi conservatori ai danni di determinati gruppi religiosi. “La legge va cambiata e il governo non dovrebbe permettere ad alcuno di interferire o impedire le attività legittime di altre organizzazioni della società civile”, ha affermato padre Antonius Benny Susetyo, segretario esecutivo della Commissione per gli affari ecumenici e interreligiosi della Conferenza episcopale (Kwi). Il sacerdote ammette che finora la legge non ha toccato la Conferenza episcopale, ma rileva che il pericolo che venga strumentalizzata da gruppi religiosi ostili è concreto. Dello stesso tenore il giudizio espresso dal reverendo Jerry Sumampauwdella della Comunione della Chiese di Indonesia. Un’opinione condivisa anche dagli attivisti delle Ong non religiose: “Riteniamo che l’esistenza stessa di questa legge sia una minaccia alle libertà costituzionali di un’organizzazione”, hanno affermato. L’Esecutivo ha intatnto annunciato che un processo di revisione della legge è già all’esame del Parlamento, ma che deve ancora decidere cosa fare. (L.Z.)
Cina: il catechismo prosegue anche d’estate nei campi parrocchiali
◊ Divertimento e studio del catechismo: sono queste le due parole chiave dei campi estivi per ragazzi che hanno organizzato molte diocesi cinesi anche per dare un aiuto concreto alle famiglie con genitori che lavorano. I campi sono gestiti da sacerdoti, religiose, seminaristi, animatori o catechisti laici, a seconda dei casi, precisa l'agenzia Fides. La parrocchia di Wu An, nella diocesi di Han Dan, provincia dell’He Bei, ad esempio, ha dato vita a un campo cui stanno partecipando 200 bambini, guidati dai seminaristi e dalle suore alla scoperta delle Sacre Scritture, del catechismo e della musica sacra. I giovani hanno anche effettuato un pellegrinaggio a un Santuario Mariano dove hanno celebrato il sacramento della riconciliazione e partecipato alla solenne Eucaristia. La parrocchia di Xi Liu, diocesi di Xi An e provincia di Shaan Xi, si è avvalsa anche di studenti non cattolici per l’animazione del campo estivo dedicato principalmente al catechismo, ma anche al divertimento, ai compiti scolastici per le vacanze e al riposo. Le suore della diocesi si sono messe a disposizione per i pasti e gli alloggi, e tre ragazzi non cattolici hanno già chiesto di iniziare il cammino del catechismo. (R.B.)
Congo: a Cité Guanella aperta una nuova casa e una scuola per 220 bambini
◊ Cresce la presenza dell’Opera don Guanella nella Repubblica Democratica del Congo. Come riferisce l'agenzia Fides, al Plateau des Bateke, a 120 km da Kinshasa, è stata inaugurata una seconda ala della scuola primaria E.P. Santu Maria Mama wa Mosala (santa Maria Madre del Lavoro). La nuova ala della scuola comprende tre classi, una sala per la biblioteca e una polivalente, gli alloggi per almeno sei tra insegnanti e formatori e i servizi igienici per gli allievi. “Ora – spiega padre Guido Matarrese, responsabile del Centro guanelliano – abbiamo complessivamente nove aule, una direzione, una sala insegnanti, quattro batterie di servizi igienici, due batterie di alloggi per insegnanti e formatori, biblioteca e aula per gli incontri” Il tutto, aggiunge il religioso “con illuminazione a pannelli solari e gruppo elettrogeno”. Nella comunità agricola guanelliana, costruita in piena savana, è stata anche aperta una nuova casa della Cité Guanella. Il complesso ospita attualmente, oltre alla scuola primaria che serve 220 bambini dei villaggi vicini, 20 ragazzi di strada, coinvolti in progetti di formazione e di recupero, e un laboratorio di analisi. Organizza inoltre corsi di alfabetizzazione per adulti, progetti di microcredito per giovani e, da qualche giorno, comprende anche una casa per disabili. (D.M.)
Venezia: intervento del cardinale Scola su crisi, educazione e famiglia
◊ Ieri il Patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, ha pronunciato il suo ultimo discorso del Redentore, il tradizionale messaggio che la diocesi propone ai suoi fedeli dal 2003 a oggi, in occasione della festa che a Venezia è sia religiosa che civile, prima di lasciare la città lagunare per recarsi a guidare l'arcidiocesi di Milano. “Il Paese ha bisogno di un soprassalto di coscienza civica, soprattutto in questi tempi di grave crisi economico-finanziaria - sono le sue parole riportate dall'agenzia Sir, che ha precisato anche come il porporato abbia richiamato i contenuti espressi da Benedetto XVI nella recente visita nel Nordest – la crisi non potrà certo trovare soluzione nei pur necessari aggiustamenti tecnici delle regole di mercato, perché il mercato non è un fatto di natura, ma di cultura e dunque ha nel fattore umano e nella sua qualità morale una componente indispensabile. Anche la riforma del mercato chiede rinnovamento antropologico ed etico”. Da qui, inoltre, l’invito rivolto dal Santo Padre ai fedeli per un “rinnovato impegno dei cattolici in politica”. Il cardinale Scola, nel suo discorso, ha toccato anche i temi dell’educazione della famiglia: “L’emergenza educativa sta assumendo le dimensioni e i contorni della questione sociale del nostro tempo – ha detto – le famiglie, cui spetta primariamente la responsabilità educativa, siano sostenute da politiche adeguate”. Infine, un pensiero al ruolo di promotore di pace nel Mediterraneo che è proprio del Nordest, e che si deve fondare sul dialogo, la coesione, la convergenza, l’integrazione e lo sviluppo. Il 5 settembre il cardinale Scola sarà salutato ufficialmente dalle autorità cittadine e dagli esponenti del mondo della cultura di Venezia; il 7, inoltre, la solenne celebrazione a San Marco per il saluto della Chiesa, prima di trasferirsi a Milano, dove il neoarcivescovo celebrerà la sua prima Messa solenne in Duomo il 25 settembre. (R.B.)
Gran Bretagna, scandalo intercettazioni. Si dimette il capo di Scotland Yard
◊ In Gran Bretagna continua ad allargarsi lo scandalo delle intercettazioni che ha travolto il gruppo editoriale del magnate australiano, Rupert Murdoch. La bufera giudiziaria non ha risparmiato neppure Scotland Yard, il cui capo si è dimesso ieri sera in diretta tv, mentre nella notte è tornata libera su cauzione l’ex direttrice di News International, Rebekah Brooks. Il servizio di Marco Guerra:
Venti giorni di cure gratis in una spa di lusso grazie ai buoni auspici di Neil Wallis, ex vicedirettore di News of the World e uno degli indagati nello scandalo delle intercettazioni, che nel 2009 ottenne un contratto di collaborazione come consulente di pubbliche relazioni per Scotland Yard. Ecco in sintesi i retroscena che hanno costretto il capo della Metropolitan Police di Londra, sir Paul Stephenson, ad annunciare ieri sera le proprie dimissioni. Si tratta di un episodio che lascia intravedere un quadro più ambio di collusioni tra la polizia britannica e il gruppo editoriale di Murdoch su cui sta indagando la magistratura britannica. Intanto sale l’attesa per la deposizione di domani alla camera dei comuni dei principali protagonisti delle vicenda. Saranno infatti ascoltati lo stesso Stephenson e il suo vice John Yates, Rupert Murdoch e il figlio James – che secondo alcune indiscrezioni di stampa sarebbe nel registro degli indagati – e l'ex amministratore delegato di News International, Rebekah Brooks, arrestata e liberata ieri su cauzione. E il terremoto giudiziario continua a far tremare l’esecutivo britannico. Il premier David Cameron ha fatto sapere che il parlamento potrebbe riunirsi in seduta straordinaria mercoledì per discutere degli sviluppi dello scandalo. Proprio per questo motivo, il primo ministro ha accorciato la sua visita in corso in Africa per tornare domani in Gran Bretagna e gestire le ripercussioni dell'inchiesta. Cameron resta, infatti, nell'occhio del ciclone per aver scelto come portavoce un ex direttore di News of the World, Andy Coulson, quando era già sospettato di intercettazioni illegali.
Afghanistan, cambio alla guida della missione Nato
Il capo delle forze Nato in Afghanistan, il generale americano David Petraeus, ha oggi passato ufficialmente la guida della missione al suo successore, il generale americano John Allen, nel corso di una cerimonia a Kabul. Petraeus lascia l'Afghanistan dopo un anno a capo della coalizione e assumerà la guida della Cia dove prenderà il posto di Leon Panetta che invece è il nuovo ministro della Difesa degli Stati Uniti. Intanto sul terreno non si fermano le violenze. Ieri è stato ucciso l’ex governatore della provincia di Uruzgan, strettissimo collaboratore e alleato politico-militare del presidente Karzai. Assieme a lui, durante un lungo assalto, è stato assassinato anche un parlamentare della stessa zona. L’azione è stata rivendicata dai Talebani. Vittime anche tra il contingente internazionale: tre soldati dell'Isaf, di cui ancora non è stata resa nota la nazionalità, sono morti in seguito all'esplosione di ordigni rudimentali nell’est del Paese.
Libia, prosegue offensiva insorti su Brega
Per bocca del suo ministro degli esteri Lavrov, la Russia ha fatto sapere di non riconoscere il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi come autorità ufficiale della Libia, anche se intende considerarlo un “partner formale” al centro dei negoziati avviati per trovare una soluzione politica al conflitto. Intanto, prosegue l’offensiva degli insorti su Brega, centro petrolifero a 750 chilometri da Tripoli al centro di ripetuti ribaltamenti di fronte dallo scorso aprile. La stessa Nato parla di situazione in evoluzione con i ribelli che controllano solo parte della città.
Siria
Non si fermano le pressioni della comunità internazionale sul governo siriano, di fronte alla repressione del dissenso che chiede riforme democratiche. Oggi è attesa una dichiarazione di condanna delle violenze in Siria da parte del Consiglio degli esteri dell’Ue. Prima dell’incontro, i ministri britannico e svedese hanno lanciato un nuovo appello al dialogo nazionale chiedendo al presidente Assad di fare un passo indietro qualora non fosse in grado di riformare il suo Paese. Intanto l'Osservatorio siriano dei diritti umani ha denunciato l’uccisione di circa 30 manifestanti nel corso di scontri fra lealisti e dissidenti del governo avvenuti nel fine settimana nella città di Homs.
Raid israeliano a Gaza
L'aviazione militare israeliana ha attuato la scorsa notte un raid contro obiettivi palestinesi nella Striscia di Gaza, ferendo due miliziani, uno dei quali in modo grave, secondo fonti della sanità palestinese. Un portavoce militare israeliano ha confermato l’azione aggiungendo che sono stati attaccati miliziani che si aggiungevano ad attaccare Israele.
Tunisia, ucciso adolescente durante manifestazioni
Nuove violenze di piazza in Tunisia. Un ragazzo di 14 anni è rimasto ucciso nei disordini scoppiati la notte scorsa a Sidi Bouzid, nella parte centrale del Paese. L'adolescente sarebbe stato colpito da una pallottola vagante, quando la polizia è intervenuta per disperdere una manifestazione non autorizzata. La città di Sidi Bouzid lo scorso dicembre divenne la culla della rivolta contro il presidente Ben Ali, in seguito al suicidio di un giovane laureato senza lavoro.
Marocco
Manifestazioni pacifiche in Marocco. In migliaia, ieri, hanno sfilato in varie città per chiedere cambiamenti politici nel Paese. Alla mobilitazione, organizzata dal movimento 20 febbraio, hanno aderito anche diversi gruppi islamici. Per le strade di Casablanca anche i sostenitori del re Mohammed VI. Le forze dell’ordine, massicciamente schierate, hanno tenuto separati i due cortei.
Egitto, Mubarak
È giallo sulle condizioni di salute dell’ex presidente egiziano Mubarak, in seguito all’attacco cardiaco che lo ha colpito durante un interrogatorio lo scorso aprile. Il suo legale ieri sera ha annunciato che è in coma. Tuttavia, i medici dell’ospedale di Sharm el Sheikh, attraverso la tv di Stato, hanno smentito la notizia. L’ex rais, 83 anni, è accusato di abuso di potere e massacro e il prossimo 3 agosto è atteso in tribunale per il processo.
Caucaso violenza
Esplosione in Cecenia, la repubblica del Caucaso russo. Almeno due poliziotti hanno perso la vita e altri sette sono rimasti feriti. Lo ha riportato l’agenzia russa interfax precisando che l’episodio è avvenuto in una foresta, mentre era in corso un’operazione antiguerriglia.
Italia-Europa economia
Il premier Silvio Berlusconi è salito oggi al Quirinale per riferire a Napolitano sul dopo manovra. Intanto le borse europee hanno aperto e proseguito la seduta della mattina in calo sulla scia dei risultati degli stress-test, dai quali è emersa la bocciatura di 8 banche europee su 90. Ad affossare i listini sono infatti sopratutto i titoli bancari. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 199