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Sommario del 14/07/2011
Il dolore di Benedetto XVI per la nuova ordinazione episcopale illegittima in Cina
◊ Un avvenimento che “viene seguito e visto con dolore e preoccupazione”, perché contrario “all’unione della Chiesa universale”. Sono le parole con le quali il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato la notizia dell’ordinazione episcopale illegittima di padre Giuseppe Huang Bingzhang, celebrata oggi nella città di Shantou. All’ordinazione sono stati costretti a partecipare anche alcuni vescovi in comunione con il Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Con l’ordinazione illegittima del vescovo di Shantou, nella regione cinese di Guandong, è stata inferta una nuova ferita al tessuto della Chiesa cattolica cinese, già colpita, appena due settimane fa, da un gesto analogo con l’ordinazione del vescovo di Leshan, anch’essa priva di mandato pontificio. Risulta che in occasione dell’ordinazione di oggi, sono state esercitate pressioni su alcuni presuli cinesi in comunione con il Papa perché vi prendessero parte, nonostante il loro precedente rifiuto. La vicenda rinnova la grande amarezza provata da Benedetto XVI alla notizia dell’ordinazione episcopale di Leshan dello scorso 29 giugno. In quella circostanza, la Santa Sede, manifestando il dolore e il rammarico del Papa, aveva anche ricordato, in una Dichiarazione pubblicata il 4 luglio, che un vescovo ordinato “senza mandato pontificio e quindi illegittimamente è privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana” e che dunque “la Santa Sede non lo riconosce” come vescovo della diocesi affidata alla sua responsabilità.
Ricordando pure in quali gravi sanzioni canoniche incorra il presule ordinato illegittimamente, e con lui i vescovi consacranti – ovvero la scomunica latae sentntiae, per la violazione della norma del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico – la Dichiarazione della Santa Sede affermava che “un’ordinazione episcopale senza mandato pontificio si oppone direttamente al ruolo spirituale del Sommo Pontefice e danneggia l’unità della Chiesa”. Si tratta di un atto che “produce lacerazioni e tensioni nella comunità cattolica in Cina”, mentre, viceversa, “la sopravvivenza e lo sviluppo della Chiesa possono avvenire soltanto nell’unione a colui al quale, per primo, è affidata la Chiesa stessa, e non senza il suo consenso”. “Se si vuole che la Chiesa in Cina sia cattolica – asseriva la Dichiarazione – si devono rispettare la dottrina e la disciplina della Chiesa”. Il documento vaticano terminava esprimendo il desiderio di Benedetto XVI di rivolgere “agli amati fedeli in Cina una parola di incoraggiamento e di speranza, invitandoli a pregare e ad essere uniti”.
◊ Il Papa ha nominato segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari mons. Jean Marie Mate Musivi Mupendawatu, finora sotto-segretario del dicastero. In pari tempo, Benedetto XVI nominato sotto-segretario dello stesso dicastero il Padre Camilliano Augusto Chendi, finora officiale presso la Congregazione per la Dottrina della Fede.
Mons. Jean Marie Mate Musivi Mupendawatu è nato a Lubero, Regione di Nord Kivu (Zaire), il 18 luglio 1955. Ha frequentato il Seminario Minore diocesano di Musienene, quello filosofico e teologico "Pio X" di Bukavu e quello Universitario "Giovanni Paolo II" di Kinshasa. È stato ordinato sacerdote il 26 agosto 1982 per la diocesi di Butembo Beni (Rep. Dem. del Congo). È stato professore nel Seminario Minore diocesano di Musienene e quindi rettore dello stesso (1982 1985); ha esercitato il ministero di sostituto cappellano in Canada, presso il "Centre Hospitalier de Verdun" ed il Centro per anziani "Hôtel Dieu de Montréal". Dal 1985 al 1989 ha completato gli studi presso la Pontificia Università Urbaniana, dove ha conseguito la licenza e il dottorato in Diritto Canonico. Il 1° aprile 1991 ha iniziato il suo servizio alla Santa Sede come officiale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari; il 31 luglio 2009 il Santo Padre lo ha nominato sotto-segretario del medesimo dicastero. È membro del Consiglio Direttivo della Pontificia Accademia per la Vita e autore di diverse pubblicazioni concernenti soprattutto tematiche di bioetica. Parla il francese, l’italiano, l’inglese e lo swahili.
Il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Los Altos, Quetzaltenango-Totonicapán (Guatemala), mons. Mario Alberto Molina Palma, O.A.R., finora Vescovo di Quiché. È nato a Panamá il 13 ottobre 1948. Ha frequentato gli studi primari e secondari nel Collegio di Sant'Agostino della città di Panamá. A Kansas City ha fatto il noviziato, seguendo poi i corsi di filosofia nel Rockhurst College di Kansas e quelli di teologia nella Facoltà di Teologia di San Vicente Ferrer di Valencia in Spagna. Ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1975 nella città di Panamá e il 28 agosto 1977 ha emesso la professione religiosa solenne nell'Ordine degli Agostiniani Recolletti. Nel 1986 si è trasferito in Guatemala. Nel 1978 ha ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico a Roma e nel 1998 il dottorato nella stessa disciplina. Dopo un distinto percorso accademico e pastorale come professore di Sacra Scrittura, parroco e segretario generale aggiunto della Conferenza Episcopale, è stato nominato vescovo di Quiché il 29 ottobre 2004. In questi ultimi anni Mons. Molina è stato presidente della Commissione Episcopale per la Pastorale Indigena ed il Dialogo Interreligioso. Dall'anno scorso è presidente della Commissione Episcopale per l'Educazione.
Riunione della Fondazione Populorum Progressio in difesa delle comunità indigene in America Latina
◊ Dal 19 al 22 luglio avrà luogo presso il Monastero della Trasfigurazione di Castanhal, vicino alla città di Belém do Pará, in Brasile, la riunione annuale del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Populorum Progressio affidata, fin dalla sua fondazione nel 1992, al Pontificio Consiglio Cor Unum. Come ogni anno, i presuli che lo compongono sono chiamati a deliberare il finanziamento di progetti in favore delle comunità indigene, meticce ed afroamericane contadine dell'America Latina e dei Caraibi. Sulla riunione, Roberto Piermarini ha chiesto al sotto-segretario di Cor Unum mons. Segundo Tejado Muñoz, che accompagnerà in Brasile il presidente del dicastero vaticano il cardinale Robert Sarah, quali sono gli scopi della Fondazione Populorum Progressio:
R. – La Fondazione Popolorum Progressio nasce già con Paolo VI ma fu Giovanni Paolo II nel 1992, in occasione del V centenario dell’evangelizzazione dell’America Latina, a dargli un impulso maggiore. Lo scopo principale della Fondazione è quello di andare incontro alle popolazioni e alle comunità indigene più indifese. Papa Giovanni Paolo II in una visita che fece in America Latina riconobbe la necessità che la Chiesa desse una risposta anche ai bisogni e alla povertà di queste comunità, di questi gruppi più vulnerabili, tra cui il più importante è quello degli indigeni che vivono un po’ in tutta l’America Latina. Ci sono grandi comunità di indigeni in Brasile, in Perù, in Bolivia, in tutti i Paesi andini e anche nel Centroamerica; inoltre ci sono gli afroamericani, cioè i discendenti degli schiavi che portarono in America Latina e le comunità di campesiños. Quindi, la Chiesa cerca di andare incontro e di dare un segno della presenza del Santo Padre e della cura della Chiesa, attraverso il Santo Padre, dei più indifesi, dei gruppi più vulnerabili di questo grande continente.
D. – Perché è stata scelta la sede del Brasile per la prossima riunione?
R. – Molto semplice, la sede della riunione è ciclica. Il consiglio di amministrazione di questa Fondazione che è presieduto dal cardinale presidente del Pontificio Consiglio Cor unum - in questo momento il cardinale Sarah - è composto da sei presuli dell’America Latina, che sono di diversi Paesi: Brasile, Messico, Perù, Colombia, Bolivia ed Ecuador. Ogni anno ci riuniamo in uno di questi Paesi, anche per conoscere meglio la realtà locale. Qui celebriamo nelle parrocchie, visitiamo anche i progetti concreti che si sono realizzati in quella nazione. Quest’anno il mons. Taveira, l’arcivescovo di Belém do Pará, si è offerto di ospitarci e quindi andremo in Brasile.
D. – Per la prima volta ci sarà anche il cardinale Sarah, come presidente di Cor Unum…
R. – Sì, è la prima volta che viene il cardinale Sarah. Per molti anni il presidente di Cor unum è stato il cardinale Cordes ed era lui il presidente della Fondazione. Adesso abbiamo con noi il cardinale Sarah e sono sicuro che ci porterà una grande ricchezza con tutta la sua esperienza africana e soprattutto con la sua esperienza come segretario di Propaganda Fide e la sua conoscenza di queste nazioni, di queste diocesi e di queste realtà. Credo che sarà una grande ricchezza per la Fondazione.
D. - Come si articolerà la riunione in Brasile?
R. – Dobbiamo studiare i progetti presentati e questo è il lavoro più importante. Cominciamo il 19, giorno in cui faremo un giro di studio e di analisi di approfondimento di tutte le singole realtà delle nazioni rappresentate. Ogni vescovo spiega un po’ com’è la situazione della propria nazione dal punto di vista politico, economico e anche ecclesiale e dopo le singole analisi ci sarà anche una riflessione generale sulle problematiche dell’America Latina. Queste analisi fatte dai singoli Paesi sono sempre molto interessanti, ricche di spunti, soprattutto perché vengono da persone, da uomini che stanno lavorando sul territorio e sono a contatto diretto con tutte le problematiche.
D. - Quanti progetti sono stati presentati quest’anno dalla Fondazione?
R. – Quest’anno abbiamo 216 progetti, sono abbastanza! Ne dovremmo tagliare diversi ed è sempre una sofferenza per noi: dobbiamo sempre lasciare fuori una cinquantina di progetti perché mancano i fondi. Devo dire che grazie alla generosità della Conferenza episcopale italiana e del comitato per gli aiuti caritativi al Terzo mondo - che dirige mons. Gandolfo - ogni anno possiamo fare questo lavoro: sono loro che ci sostengono e che ci appoggiano. Ma è chiaro, non possiamo ogni anno, coprire tutte le necessità e questo è un po’ il problema che tutti gli anni dobbiamo affrontare. Studiamo i progetti nazione per nazione e ogni vescovo, ogni membro della Fondazione studia per due giorni un gruppo di Paesi; i progetti vengono valutati, si taglia se c’è da tagliare qualche cosa, o si rifiutano perché non sono secondo i criteri della Fondazione. (bf)
Impegno dei cattolici in politica. Mons. Toso: necessaria una nuova generazione
◊ Su quali temi si può raggiungere un’unità d’intenti tra i cattolici in politica? Se ne parla in un convegno questo pomeriggio a Roma organizzato dalla rivista “La Società” della Fondazione Toniolo. Dell'impegno dei cattolici in politica ha parlato più volte lo stesso Benedetto XVI. In particolare, durante la sua visita ad Aquileia, il 7 maggio scorso, il Papa aveva raccomandato alla Chiesa in Italia “l’impegno a suscitare una nuova generazione di uomini e donne capaci di assumersi responsabilità dirette nei vari ambiti del sociale, in modo particolare in quello politico. Esso – aveva proseguito - ha più che mai bisogno di vedere persone, soprattutto giovani, capaci di edificare una ‘vita buona’ a favore e al servizio di tutti. A questo impegno infatti non possono sottrarsi i cristiani, che sono certo pellegrini verso il Cielo, ma che vivono quaggiù un anticipo di eternità”. Ma perché l’urgenza di questo ricambio generazionale? Alessandro Guarasci lo ha chiesto a mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:
R. - Perché come in ogni settore della vita, basti pensare anche a quello economico, dove soprattutto per motivi demografici mancano le nuove generazioni di imprenditori, c’è un naturale ricambio o avvicendamento nelle varie leve; poi perché non tutti gli attuali politici, nonostante l’impegno e i meriti personali, sembrano essersi mostrati di alto profilo morale, quale richiesto dalla posta in gioco dell’attuale situazione; e poi perché occorre una particolare sensibilità per il bene comune e per i beni comuni, mentre è prevalsa di più la sensibilità per impostazioni ancora di tipo ideologico, che danno prevalenza al materialismo, danno prevalenza alla mentalità manageriale, rispetto al bene comune e ai beni comuni.
D. - Una volta c’era l’unità dei cattolici in politica, ora, da alcuni anni non c’è più. Ma allora questa unità va fatta sui contenuti, secondo lei, oppure bisogna avere come riferimento una formazione politica forte?
R. - L’unità deve essere senz’altro alla base di tutto e, in modo particolare, sui contenuti. Noi sappiamo che senza un’unità morale e spirituale non esiste la società, così non esiste il partito, così non esiste nessuna associazione e organizzazione, in modo particolare in politica, specie diremmo in regime democratico, dove i beni e i valori possono affermarsi sulla base di maggioranze; c’è bisogno anche di un’unità sul piano della partecipazione e della rappresentanza.
D. - Lei fa affidamento sui giovani e nei giovani vede in qualche modo una maggiore forma d’interesse, rispetto a qualche anno fa?
R. - Innanzitutto, non bisogna essere prede di nuove ideologie, nemmeno dell’ideologia che enfatizza i giovani, ossia del giovanilismo, ma si dà il fatto che i giovani, se si guarda al futuro, saranno quelli che dovranno gestire la cosa pubblica, quando le attuali generazioni saranno in età senile. C’è un altro motivo, poi, per cui bisogna guardare con favore i giovani, una ragione legata a questioni di flessibilità educativa. Infatti, sembra che le piante più giovani fatichino di meno a raddrizzare il proprio tronco, rispetto a quelle più attempate. Un’ultima ragione è questa: i giovani hanno un particolare intuito morale - come peraltro ha la gente comune - e lo ha dimostrato la rivoluzione dei regimi del Nord Africa. Giorgio La Pira affermava che i giovani sono come le rondini: “annunciano la primavera”. (ap)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il vento lieve dell'Eucaristia: in prima pagina, Inos Biffi sulla teologia di san Bonaventura.
In rilievo, nell'informazione internazionale, il nuovo attacco al cuore dell'India.
In cultura, un articolo di Eliana Versace dal titolo "Caro Monsignore, se sapesse...": Stefano Siliberti svela il carteggio inedito tra Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, e Domenico Agostino Menna, che si scrissero per un quarantennio.
Segno immortale nella terra della modernità: Antonio Paolucci sulla mostra "L'Uomo, il Volto, il Mistero. Capolavori dai Musei Vaticani".
Ispirazione di cenere e sapone: Silvia Guidi intervista Alessandro Berti, autore e attore emiliano tra i vincitori de "I Teatri del Sacro 2011".
Nell'informazione vaticana, un articolo del cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, dal titolo "Da quarant'anni testimoni del Vangelo della carità": il 15 luglio 1971 Papa Montini istituiva il Pontificio Consiglio Cor Unum.
Emergenza Somalia. L'Onu: non abbandoniamo questo popolo ad un destino tragico
◊ La Somalia torna in primo piano sulla scena internazionale per la grave crisi di siccità che colpisce l’intera regione del Corno d’Africa, dove oltre 10 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari urgenti. In particolare la popolazione somala è costretta a spostarsi in cerca di cibo e acqua in un Paese da 20 anni senza un’autorità di governativa stabile, lacerato da lotte tribali e violenti scontri armati. Federico Piana ha chiesto a Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati se c’è mobilitazione per aiutare questo Paese?
R. – Guardi, io su questa mobilitazione ho qualche riserva. Mi pare di capire che la questione somala e dell’intero Corno d’Africa non interessi molto, tanto più che tranne qualche meritoria eccezione, come nel caso della Radio Vaticana, è uno dei temi di cui non si parla nei mezzi di informazione.
D. – ….sono assolutamente d’accordo!
R. – Lei capisce che questa è una delle crisi più drammatiche nel Pianeta, però questa crisi non emerge. Ritengo, dunque, che bisognerebbe avere un po’ più di senso di responsabilità da parte di tutti, perché i racconti sono tremendi e i colleghi parlano di testimonianze agghiaccianti. Intanto, le persone camminano per settimane prima di arrivare o in Kenya o in Etiopia, i Paesi confinanti, e raccontano di essere stati oggetto di violenze durante il tragitto, di essere stati derubati. I bambini sono stati attaccati da branchi di iene e sono stati sbranati. E’ una situazione tremenda! Allora, di tutto questo abbiamo il dovere di parlarne, anche perché se non se ne parla i governi stentano ad investire delle risorse e le risorse sono assolutamente indispensabili, anche per fornire l’assistenza nei Paesi limitrofi, nei campi profughi, dove si stanno riversando 1500/1700 persone al giorno. Questa è la media di uscita dalla Somalia, quindi un’emergenza incredibile, che è causata da diversi fattori: sicuramente la siccità che sta colpendo da due anni il Corno d’Africa...
D. – …ma anche la guerra in Somalia?
R. – Anche la guerra, perché la Somalia è in gran parte controllata da questa milizia di Al Shabab che terrorizza con la violenza la popolazione. Ci sono scontri con le forze governative e quindi questo genera rischi, molta paura da parte della popolazione, che cerca di mettersi in salvo scappando, e poi anche la difficoltà degli organismi internazionali di portare gli aiuti in questa situazione di insicurezza. Quindi, è imperativo: rilanciare il dialogo che possa portare perlomeno ad una tregua e riuscire a fornire gli aiuti necessari all’interno della Somalia, oltre ad avere le risorse da parte della comunità internazionale per fornire l’assistenza adeguata a chi arriva nei campi profughi. Il livello di mortalità, peraltro, sta aumentando. La malnutrizione acuta è al 50 per cento, specialmente quella dei bambini. Molte di queste persone muoiono durante la fuga o i bambini in particolare il giorno dopo che sono arrivati nei campi: nonostante le terapie infatti muoiono nelle 24 ore successive. Io rivolgo un appello accorato, quindi, affinché questa situazione non venga lasciata nel ‘dmenticatoio’.(ap)
Attacco terroristico a Mumbai. Il cardinale Gracias: la solidarietà prevale sulla violenza insensata
◊ In primo piano il triplice attentato a Mumbai, in India, che ieri ha provocato almeno 18 vittime e un centinaio di feriti facendo sprofondare nuovamente la città e il Paese nell’incubo terrorismo. Il governo stamattina ha rivisto al ribasso il primo bilancio di 21 morti. Per il momento nessuna rivendicazione, mentre le autorità ritengono che sia troppo presto per fare ipotesi sui responsabili. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
Un nuovo sanguinoso attacco al cuore della città, dopo quello del 2008. E’ avvenuto nel giro di mezz’ora: due esplosioni nella zona sud e una in pieno centro, mentre si parla del ritrovamento di un quarto ordigno inesploso. La polizia ha blindato immediatamente la capitale finanziaria dell’india, così come anche altre città del Paese. Sul posto si sono recate anche le massime autorità locali e nazionali - il premier Sing e la presidente del Congresso Sonia Gandhi - per esprimere solidarietà ai familiari delle vittime. L’opposizione indo-nazionalista, però, accusa il governo di Nuova Delhi di non essere capace di affrontare l’emergenza terrorismo. Un’azione coordinata, quella di ieri, condotta attraverso congegni improvvisati, chiamati IED. Nessuno esplicita i sospetti nei confronti dell’area del fondamentalismo islamico: gruppi indiani e pakistani, storicamente contrari ad ogni tipo di riconciliazione tra i due Paesi vicini, i quali negli ultimi tempi hanno avviato una nuova fase di dialogo. Dal Pakistan, sospettato dall’India di essere coinvolto con i fatti di tre anni fa, è arrivato un comunicato ufficiale in cui si esprime costernazione per la perdita di vite umane, senza parlare esplicitamente di attentati. Condanna anche da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, con il presidente Obama che ha garantito il massimo appoggio all’India - che definisce “uno stretto amico e partner” - per catturare i responsabili degli “atroci attacchi”.
“Atti vergognosi”, frutto di “violenza insensata”. Lo scrivono i vescovi dell’India in un messaggio di cordoglio riguardante i gravi attentati di ieri a Mumbay. “Crediamo sia un momento – si legge nel testo – in cui tutta la nazione abbia bisogno di essere unita per affrontare il terrorismo con la massima fermezza”. Tra le persone più colpite da questa nuova strage che ha insanguinato Mumbai è certamente il cardinale arcivescovo della città, il cardinale Oswald Gracias. Charles Collins, della nostra redazione inglese, lo ha intervistato:
R. – The Church of Mumbai ...
La Chiesa di Mumbai ha condannato fortemente questo atto di terrorismo e noi abbiamo dato le nostre condoglianze alle famiglie di coloro che hanno perso la vita. Noi assicuriamo ogni assistenza, tutte le nostre istituzioni si renderanno disponibili per qualsiasi tipo di aiuto verso queste persone. Noi preghiamo perché lo spirito dell’amore, della pace, dell’unità e dell’armonia prevalga nelle nostre città e nel nostro Paese affinché non si verifichino più, in futuro, attacchi di questo genere. Se tutto quello che è compreso nel Vangelo – lo spirito d’amore, l’aiuto disinteressato, l’impegno per il prossimo, la comprensione – prevarrà, tutti queste azioni insensate di terrorismo non avverranno più. Dall’altra parte, avviene una cosa particolare a Mumbai: la gente accorre ad aiutare a prescindere dalla religione, dalla casta, dalla comunità, dalla razza: tutti si uniscono per aiutare le persone in difficoltà. Proprio questa mattina abbiamo trovato nella posta elettronica messaggi da medici, operatori sociali, istituzioni che offrono aiuto. C’è quindi uno spirito di solidarietà e disponibilità all’aiuto; dall’altra parte, c’è rabbia perché queste cose continuano a ripetersi ancora e ancora … (ap)
Violenze in Siria. Il Consiglio di Sicurezza non trova l'accordo per una condanna
◊ Almeno sette persone sono rimaste uccise in Siria nel corso di un’operazione delle truppe governative nei villaggi nord-occidentali alla frontiera con la Turchia. Due altri civili hanno perso la vita, invece, durante manifestazioni anti regime a Deir Ezzor, nella parte orientale del Paese. Proprio oggi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu discuterà della crisi in Siria. Ma il Palazzo di Vetro resta paralizzato sulla risoluzione di condanna, proposta da Francia, Gran Bretagna, Germania e Portogallo. Sul fronte del 'no', infatti, si sono schierate Russia e Cina; forti obiezioni ci sono pure da Brasile, Sudafrica e India. Salvatore Sabatino ha intervistato Franco Rizzi, docente di Storia dell’Europa e del Mediterraneo all’Università RomaTre ed autore del libro: “Mediterraneo in rivolta”:
D. - Il ministro della Difesa francese, Gérard Longuet, ha detto che il blocco posto da Cina e Russia è ‘indecente’. Insomma, parole pesanti…
R. - Non dobbiamo mai dimenticare cosa sta effettivamente succedendo in Siria. Si rischia, a forza di lasciar passere il tempo, di stendere un velo su questa realtà e si pensa che in questo modo il problema possa essere risolto. Il discorso centrale, per quanto riguarda la Siria, è che la situazione che si è creata è una situazione di non ritorno: la gente è uscita, è scesa in piazza, nonostante le divisioni interne al movimento, con parole d’ordine che sono state accettate da tutti, ossia la libertà, la democrazia, i diritti dell’uomo e così via.
D. - Com’è possibile, secondo lei, superare questa impasse, che è diventata anche diplomaticamente imbarazzante?
R. - Noi assistiamo a comportamenti che sono diversificati a seconda della realtà. Certamente il problema della Siria è molto diverso da quello dell’Egitto e della Tunisia, ma è anche vero che la gente scende in strada con gli stessi slogan con cui scendevano in strada i tunisini, gli egiziani e gli yemeniti. Voglio quindi dire che la diplomazia e la politica devono fare i conti proprio con questo, non soltanto con astrazioni e possibilità di creazione di nuove situazioni. Devono fare i conti con quello che vuole la gente e la gente vuole queste cose: la democrazia, la libertà, vuole essere rispettata. E’ questa la cosa importante.
D. - Non crede che la Nazioni Unite da tutta questa storia ne escano più che mai indebolite?
R. - Non hanno bisogno di questa storia per essere indebolite. Certamente ancora una volta le contraddizioni - che sono delle contraddizioni politiche, di prese di posizione dei vari Stati - si riflettono ed indeboliscono inevitabilmente un organismo, che comunque ha delle difficoltà nell’organizzare una risposta univoca, logicamente accettabile. Sì, rimane indebolito, ma è l’unico strumento che abbiamo con cui poter immaginare un intervento che sia il più equilibrato possibile. (vv)
Irlanda. Rapporto sugli abusi nella diocesi di Cloyne: Mons. McKeown: denuncia partita dalla Chiesa
◊ Sono state rese note ieri a Dublino le conclusioni di un nuovo Rapporto sugli abusi compiuti su minori da esponenti della Chiesa in Irlanda: 400 pagine, frutto di due anni di indagini commissionate dal governo di Dublino. I fatti riguardano 19 sacerdoti della diocesi di Cloyne, nel periodo tra il 1996 e il 2009. L’inchiesta governativa è stata avviata dopo la pubblicazione, nel 2008, di un Rapporto curato dal Consiglio nazionale per la tutela dei bambini creato dalla Chiesa cattolica in Irlanda, nel quale erano state evidenziate gravi mancanze nel riferire le denunce degli abusi alla polizia, chiamando in causa l’allora vescovo di Cloyne, mons. John Magee, che successivamente si era dimesso. Altri tre Rapporti erano stati pubblicati precedentemente: nel 2005 quello sugli abusi commessi nella diocesi di Ferns; nel 2009 il Ryan Report sugli abusi in alcuni istituti gestiti da Congregazioni religiose e il Murphy Report sull’arcidiocesi di Dublino. La Chiesa irlandese, già al centro di una visita apostolica voluta da Benedetto XVI, ha espresso dolore e rammarico. Emer McCarthy ha intervistato mons. Donal McKeown, vescovo ausiliare di Down and Connor e presidente della pastorale giovanile della Conferenza Episcopale irlandese:
R. – Questo Rapporto critica sia la diocesi di Cloyne che le autorità civili, come ad esempio la polizia. L’arcivescovo di Cashel, che da due anni e mezzo è responsabile dell’amministrazione della diocesi di Cloyne, ha riconosciuto valide tutte le informazioni emerse del lavoro di questa commissione, riconoscendo che la diocesi di Cloyne non ha attuato le procedure fissate dalla Chiesa irlandese già 15 anni fa. Per questa ragione, l’arcivescovo di Cashel ha dichiarato che per lui questo è un giorno di grande tristezza: è importante precisare che questo Rapporto ha accertato quello che già tre anni fa era stato scoperto da una commissione della nostra stessa Chiesa, ovvero dal Consiglio Nazionale della Chiesa cattolica per la protezione dei bambini. Lo Stato ha quindi aperto le indagini su un fatto che abbiamo scoperto noi, all’interno della Chiesa. Il giudice responsabile del Rapporto ha rilevato due cose, a favore della Chiesa. In primo luogo, che tutto ciò sia stato denunciato dalla Chiesa e non dallo Stato, e in secondo luogo, che se noi riuscissimo a mettere in atto tutti i protocolli esistenti all’interno della Chiesa, la Chiesa cattolica sarebbe praticamente il luogo più sicuro per i giovani nello Stato irlandese.
D. – Questo è l’aspetto positivo; quale invece il punto debole?
R. – Il nostro punto debole ora è che nonostante i provvedimenti già stabiliti e messi in pratica, come da noi richiesto, in tutte le diocesi, una di queste abbia mancato: non hanno attuato le procedure che avrebbero dovuto mettere in atto, e questo è per noi drammatico perché questo comportamento mette in difficoltà tutte le altre diocesi. Già sento tanta gente chiedersi: come possiamo credere che tutte le altre diocesi facciano realmente quello che dicono di fare? Invece, l’aspetto positivo è che questo Consiglio Nazionale, che abbiamo istituito già qualche anno fa all’interno della Chiesa, e che ha scoperto i problemi della diocesi di Cloyne, è convinto che oggi tutte le diocesi dell’Irlanda mettano in pratica le regole previste per la salvaguardia dei bambini, e che quando qualcuno viene per denunciare abusi, immediatamente questa denuncia viene trasmessa alle autorità civili.
Premi “Fair Play Mecenate" per lo sport: toccante testimonianza di Chantal Borgonovo
◊ Venti personalità del mondo agonistico sono state premiate ieri a Cortona nel corso della cerimonia di consegna dei riconoscimenti “Fair Play Mecenate 2011”. L’iniziativa è stata promossa dal comune della cittadina toscana e dal Centro Sportivo Italiano. Motivo dell’assegnazione, la promozione di valori positivi come la lealtà, la correttezza e la pace. Tra i presenti, la squadra palestinese femminile di pallavolo, premiata dal nostro direttore generale, padre Federico Lombardi. Il servizio del nostro inviato a Cortona, Giancarlo La Vella:
I valori dello sport servono non solo al mondo agonistico, ma anche a rendere migliore la società in cui viviamo. Ognuno dei venti premiati ieri sera a Cortona rappresenta un esempio da seguire. Le più applaudite sono state le giovani ragazze del Peacevolley, italiane, israeliane e palestinesi, che lo scorso anno, in Terra Santa, hanno dato vita ad uno storico triangolare della Pace, giocato sotto il muro di Gerusalemme ad un passo dal check point. Le palestinesi sono state premiate dal nostro direttore generale, padre Federico Lombardi. Un riconoscimento all’impegno per la pace e la fratellanza fra i popoli, e soprattutto un segno di speranza per una pace più duratura nella regione mediorientale. Tra i premiati nomi noti del panorama sportivo italiano: Francesco Moser e Alfredo Martini, per il ciclismo; i pallavolisti Yumilka Ruiz e Alessandro Fei, l’ex pilota Riccardo Patrese, l’arrampicatore Maurizio Zanolla, gli sciatori Christof Innerhofer e Giuliano Razzoli, il pugile Roberto Cammarelle, e le ragazze della ginnastica ritmica. Premio speciale per Chantal Borgonovo, moglie del noto calciatore Stefano Borgonovo, colpito da SLA, sclerosi laterale amiotrofica, che ha creato una fondazione proprio con lo scopo di finanziare la ricerca su questa terribile malattia. Toccante la sua testimonianza:
R. - E’ stato un percorso lungo, complicato. Poi, alla fine, Stefano ha maturato questa decisione tre anni fa e si è mostrato, ha parlato della sua malattia. E’ una malattia che ancora ha bisogno, soprattutto, di essere conosciuta di più dagli addetti ai lavori e il progetto che stiamo portando avanti è proprio di sensibilizzazione e anche di lavoro fattivo perché noi siamo sostenendo la ricerca e abbiamo un progetto molto importante per quanto riguarda l’assistenza che partirà nell’autunno.
D. – La presa di coscienza della malattia in qualche modo legata a quella che era l’attività di Stefano…
R. – Certo non è stato facile. Stefano si è ammalato a 40 anni, nel pieno del vigore fisico. Stefano è stato uno sportivo, quindi chiaramente era un uomo sano, avevamo una bella famiglia, avevamo già tutti i nostri figli, quindi una vita tutto sommato serena; fino ad allora non abbiamo avuto grossi problemi. La diagnosi di questa malattia in famiglia è arrivata come una bomba, devo dire che è stata una cosa tremenda. Poi, come dico sempre, ci si abitua per fortuna o per sfortuna - ancora lo devo capire - a tutto. Noi, da un certo punto di vista, abbiamo fatto di questo problema che c’è successo di necessità virtù. Ormai non si poteva tornare indietro, la malattia c’era e abbiamo cercato di andare avanti nel miglior modo possibile: cioè, con l’impegno verso gli altri - che in prima battuta aiuta noi, me in modo particolare - e con la speranza poi di contribuire prima o poi a sconfiggere questa terribile malattia, perché vi garantisco che è una malattia veramente davvero terribile. Stefano è sempre stato nella vita e anche nello sport un “signore”, una persona educata, una persona forte, una persona determinata, una persona con fede e tutto questo poi nel prosieguo, in modo particolare con quello che c’è successo, ci ha aiutato. La formazione, l’educazione, i valori emergono prima o poi, soprattutto emergono davanti alle difficoltà.
Congresso Eucaristico di Ancona: il Papa incontrerà anche genitori e fidanzati
◊ Benedetto XVI incontrerà genitori e sacerdoti in Cattedrale e i fidanzati in piazza del Plebiscito: saranno questi i momenti clou della chiusura del XXV Congresso Eucaristico Nazionale in programma ad Ancona dal 3 all’11 settembre. L’apertura del Congresso, comunica la Conferenza episcopale italiana, avverrà sabato 3 ad opera del Legato pontificio, cardinale Giovanni Battista Re, del cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, e dell’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Edoardo Menichelli. Otto giorni di celebrazioni cui tutti sono invitati “non semplicemente a guardare, ma a partecipare”, precisa mons. Menichelli, perché “il Congresso Eucaristico è un convenire di popolo”. Nel fitto programma dell’evento ci sono incontri e occasioni di approfondimento nel segno di una cultura in cui l’Eucaristia ha anche a che fare con la vita quotidiana, gli affetti, il lavoro e la festa, la fragilità, ma anche con i temi della tradizione e della cittadinanza. A latere della manifestazione, la mostra “Alla mensa del Signore. Capolavori dell’arte europea da Raffaello a Tiepolo”, il concerto del Maestro Giovanni Allevi e dell’Orchestra filarmonica marchigiana, la Via Crucis animata dall’associazione Europassione per l’Italia e la processione eucaristica. (R.B.)
L’arcivescovo di Tunisi auspica un futuro di democrazia per la nazione
◊ Democrazia e rinnovamento sono le due parole d’ordine che hanno sostituito il concetto di “rivoluzione dei gelsomini” che in Tunisia portò, il 14 gennaio scorso, al rovesciamento del governo di Ben Ali. E una transizione verso la democrazia è anche il sogno della Chiesa tunisina, come scrive l’arcivescovo di Tunisi, mons. Maroun Lahham, in una lettera pastorale datata 24 luglio, giorno simbolo delle prime elezioni in Tunisia, poi rinviate al 23 ottobre. Queste le possibili tappe del processo verso la democrazia: dopo la formazione della Costituente, si attende un anno dedicato alla stesura della Costituzione, quindi un referendum per approvarla e infine le prime libere elezioni legislative e presidenziali. La comunità cattolica tunisina è piccola, appena 22mila persone, tutte straniere, e a loro è rivolta questa lettera intitolata “Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Dalla rivoluzione tunisina impariamo che i piccoli sono all’origine del rinnovamento – scrive il presule – e auspichiamo che la nuova Tunisia possa trovare una felice soluzione per ciascuna delle aspirazioni spirituali e religiose dei suoi cittadini e ospiti”. Un augurio al popolo, insomma, che sappia resistere alle tentazioni del dominio, del denaro, del possesso e del facile guadagno personale, è quello della Chiesa, favorevole alla separazione “della Moschea e dello Stato”, ma anche a “una società democratica sana, cioè che abbia come base valori con una radice religiosa, come la libertà, il rispetto, la pace, l’uguaglianza, la solidarietà e l’opzione preferenziale per i poveri”. Ma un punto fermo deve essere anche la questione sicurezza, sebbene non ci sia un vero e proprio pericolo di attacchi terroristici dei fondamentalisti contro i cattolici, in Tunisia. Tuttavia, i tentativi di dare alle fiamme prima una chiesa e poi una scuola gestita da religiose nei giorni scorsi, ha messo in allarme la comunità e spinto l’arcivescovo a chiedere un incontro al Primo Ministro per chiedere un incremento della sicurezza in difesa della comunità. I due episodi, riferisce l'agenzia Sir, sarebbero avvenuti rispettivamente il 24 giugno e il 9 luglio scorsi a Sousse, a 160 km dalla capitale, e il responsabile, un uomo con problemi psichici, sarebbe stato arrestato dalla polizia. “Siamo molto contenti dell’arresto – ha commentato l’arcivescovo – ma vogliamo evitare ulteriori rischi, quindi ho chiesto al governo la presenza di un poliziotto in ognuna delle 11 chiese della Tunisia”. (A cura di Roberta Barbi)
Libia: mons. Martinelli elogia la testimonianza dei cattolici filippini
◊ “Quando la guerra finirà, il lavoro dei cattolici resterà una delle pagine più eroiche della testimonianza della Chiesa in Libia”. E’ quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Giovanni Innocenzo Martinelli vicario apostolico di Tripoli, che loda “il lavoro prezioso” degli oltre 2mila cattolici filippini rimasti negli ospedali per aiutare la popolazione. “Dopo l’inizio dei bombardamenti Nato – racconta il prelato - la maggior parte degli immigrati ha perso il lavoro ed è fuggita e chi è rimasto sta affrontando enormi difficoltà”. Mons. Martinelli spiega che nelle principali città della Tripolitania manca il carburante e si fa la coda per prendere il pane e altri beni di prima necessità. “Infermieri e medici filippini – afferma – hanno scelto di restare, non per denaro, ma per servire il popolo libico e la Chiesa, affrontando con coraggio e responsabilità le difficoltà della guerra”. Il vescovo sottolinea anche il coraggio dei migranti dell’Africa sub – sahariana, in gran parte operai edili, rimasti per aiutare la popolazione in questo momento drammatico. “Queste persone – dice mons. Martinelli – stanno offrendo il loro tempo e la loro vita per la Chiesa e sono un segno di speranza per i libici”. Mons. Martinelli spera che con l’arrivo del Ramadan – all’inizio di agosto – si possa giungere a una tregua. “La popolazione è stanca di questo conflitto – afferma il prelato – non dobbiamo stancarci di pregare Dio affinché illumini le menti dei leader, portandoli a deporre le armi”. (R.P.)
Sri Lanka: i vescovi chiedono alle autorità saudite di liberare la condannata a morte Rizana
◊ “Nell’esprimere il nostro rammarico ai genitori per la morte del loro bambino, chiediamo loro di considerare le circostanze e intercedere per la liberazione di Rizana”. È l’appello della Conferenza episcopale cattolica dello Sri Lanka (Cbcsl) per la vita di Rizana Nafeek, la cameriera musulmana srilankese condannata a morte in Arabia Saudita. La ragazza - riferisce l'agenzia AsiaNews - è in una prigione saudita dal 2005 per il presunto omicidio di un neonato, figlio di una coppia per cui lavorava come cameriera. “In linea con la nostra fede cristiana, crediamo che la vita sia sempre la cosa più sacra, perché è il dono supremo di Dio – affermano mons. Norbert M. Andradi, presidente della Cbscl, e il cardinale Malcolm Ranjith – e deve essere protetta dal suo inizio, fino alla sua morte naturale”. Inoltre “desideriamo chiedere ai genitori del piccolo e alle autorità saudite di mettersi nei panni dei genitori di Rizana: abbiate compassione, risparmiatele la vita”. Rizana Nakeef aveva 17 anni quand’è arrivata in Arabia Saudita, con un passaporto falso, per lavorare come cameriera. Il bambino del suo datore di lavoro è morto mentre lei prestava servizio. Rizana è stata allora accusata di omicidio e condannata a morte con un processo definito "farsa", basato su una confessione firmata senza che ella ne conoscesse il contenuto perché scritta in un’altra lingua. Secondo l’Asian Human Rights Commission, l’Arabia Saudita ha uno dei più alti tassi di esecuzioni nel mondo. Alla fine del 2009, Amnesty International ha denunciato la presenza di almeno 141 persone nel braccio della morte in Arabia Saudita, di cui 104 cittadini stranieri. Lavoratori migranti provenienti da Africa, Asia e Medio Oriente sono le principali vittime. (R.P.)
Messaggio finale dell'Assemblea delle Conferenze dei vescovi dell'Africa Centrale
◊ Le donne e i giovani nella società e nella Chiesa e la gestione delle risorse materiali e umane: su questi temi i vescovi dell’associazione delle Conferenze episcopali della regione dell’Africa Centrale (Acerac) hanno redatto un messaggio al termine della IX Assemblea plenaria che si è svolta dal 3 al 10 luglio a Libreville, nel Gabon. L’assise ha anche elaborato un documento che contiene indicazioni per consolidare gli orientamenti pastorali delle ultime tre assemblee del 2002, del 2005 e del 2008. “Per un piano pastorale”, questo il titolo del documento che i vescovi e gli ordinari dell’Acerac si sono impegnati ad adottare nelle loro diocesi per portare avanti un comune progetto che abbia attenzione per l’universo femminile, le nuove generazioni e l’economia delle Chiese. “Le donne nell’Africa centrale giocano un ruolo molto importante e insostituibile nella famiglia, nella società e nella Chiesa, con numerosi talenti e risorse – scrivono i presuli nel loro messaggio – fedeli al Vangelo, ci impegniamo a suscitare nelle nostre Chiese una pastorale che ha come obiettivo quello di promuovere il ruolo e la dignità della donna e di incoraggiare e accompagnare il loro impegno nella Chiesa e in tutti gli ambiti sociali”. I vescovi sottolineano poi che “la famiglia costituisce una comunità d’amore aperta alla vita, cellula fondamentale della società”, per questo esortano gli Stati ad adottare politiche sociali che promuovano la stabilità e l’unità del matrimonio, la dignità e la responsabilità dei coniugi, il loro diritto e dovere insostituibile di educatori dei figli. Per i giovani i presuli puntano su una pastorale volta ad educarli nella fede e ad aiutarli a costruire la loro personalità e il loro avvenire, invitandoli anzitutto a meditare il messaggio del Papa per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà dal 16 al 21 agosto a Madrid sul tema “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”. Circa la gestione delle risorse della Chiesa, l’Acerac intende rivitalizzare le proprie strutture e pianificare le risorse mentre affida ad ogni Conferenza episcopale il compito di dotarsi di piani strategici integranti. Infine il documento lancia un appello perché i governanti perseguano gli Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo, poiché il loro impatto sociale può ridurre la mortalità dei bambini con meno di 5 anni, può migliorare la salute delle madri e può assicurare uno sviluppo durevole. In particolare i vescovi auspicano la riduzione della percentuale della popolazione che non ha accesso all’acqua e affermano di voler aderire, in partenariato con gli Stati, attraverso la firma di protocolli, a tutti i programmi sull’educazione e la sanità. Durante la IX Assemblea plenaria l’Acerac ha eletto il suo nuovo presidente, mons. Louis Portella Mbuyu, vescovo di Kingala e presidente della Conferenza episcopale del Congo. La X Assemblea si svolgerà nel 2014 a Brazzaville, in Congo, in coincidenza con il 25.mo anniversario dell’Acerac. (A cura di Tiziana Campisi)
Germania: la Chiesa si impegna a fare di tutto per prevenire gli abusi
◊ Sono stati presentati ufficialmente ieri a Bonn i due progetti di ricerca scientifica sui casi di abuso sessuale nella Chiesa avviati dalla Conferenza episcopale tedesca (Dbk). “Dopo la prima fase di aiuti concreti alle vittime, è ora possibile intensificare il lavoro scientifico”, ha detto mons. Stephan Ackermann, incaricato della Dbk per i casi di abusi su minori, durante la conferenza stampa di presentazione. “Nel frattempo, il numero di denunce delle vittime è diminuito sensibilmente e il momento sembra dunque idoneo ad elaborare in modo scientifico i dati e i fatti disponibili”. Il vescovo ha sottolineato che “ai vescovi non basta avvalorare ciò che si è appreso dalle denunce delle vittime. Vogliamo anche rintracciare la verità che potrebbe ancora essere nascosta negli atti dei decenni passati”. Si tratta - riferisce l'agenzia Sir - “non solo di elaborare statistiche formali, ma di studiare anche le cause con l’aiuto di esperti indipendenti per capire meglio come sia stato possibile che ecclesiastici e collaboratori della Chiesa possano avere compiuto le mostruosità degli abusi sessuali”. “Faremo di tutto”, ha assicurato, “per prevenire nel modo più efficace possibile gli abusi sessuali” affinché i bambini, i giovani e i genitori vivano “la Chiesa come un luogo positivo e sicuro”. (R.P.)
◊ Il Dipartimento per i servizi dell’infanzia e della famiglia dell’Illinois ha informato le quattro diocesi dello Stato che non rinnoverà la convenzione con le loro agenzie caritative per l’erogazione dei servizi di adozione e di affido. La decisione – riferisce l’agenzia Cns – è una conseguenza diretta della nuova legge sulle unioni civili anche fra persone dello stesso sesso, entrata in vigore il 1° luglio. La Religious Freedom Protection and Civil Union Act, approvata in via definitiva lo scorso gennaio, riconosce, infatti, alle coppie dello stesso sesso gli stessi diritti di quelle formate tra un uomo e una donna e regolarmente unite in matrimonio, compresa la possibilità di adottare bambini. Pertanto tutte le agenzie che si occupano di adozioni, senza eccezioni, sono nell’obbligo di accettare le richieste di adozione di coppie omosessuali, anche se ciò è contrario ai propri principi di fede, pena la chiusura. Ed è la situazione in cui si trovano, tra le altre, le agenzie caritative cattoliche, la cui attività, come paventato dai vescovi dello Stato durante l’iter parlamentare della legge, è posta ora in seria difficoltà. Le quattro agenzie cattoliche hanno chiesto una sospensione della decisione che coinvolgerà 1.997 bambini in affidamento. Attualmente sono sei gli Stati americani che riconoscono nel proprio ordinamento le unioni civili o i matrimoni omosessuali. Oltre all’Illinois, sono : la California, il Nevada, il New Jersey, l’Oregon e Washington. (L.Z.)
Bolivia: la Chiesa chiede un impegno comune contro il flagello della droga
◊ «Occorre un impegno comune, ognuno nel proprio ambito di competenza e responsabilità, per bandire, contrastare e annientare il narcotraffico in Bolivia». È l’appello che il cardinale Julio Sandoval Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra e presidente della Conferenza episcopale boliviana, ha rivolto «ai cittadini, ai pastori, ai fedeli e agli uomini di buona volontà» nell’aprire il decimo incontro nazionale della comunità ecclesiale a Cochabamba. Il porporato - riferisce L'Osservatore Romano - ha chiesto ai boliviani di impegnarsi «contro lo sterminio della droga e dei farmaci», che costituiscono una incombente minaccia su tutti e specialmente sulle nuove generazioni. «Occorre — ha sottolineato — individuare azioni efficaci per fermare questo flagello, proprio mentre si moltiplicano in ogni direzione e livello, i traffici della droga che si intrecciano con la criminalità, la corruzione e altre numerose attività illecite». A combattere questa spirale perversa sono chiamati — ha concluso — specialmente i cattolici che devono annunciare il Regno di Dio, un regno di verità e libertà». In molteplici occasioni il cardinale, nell’analizzare la difficile situazione che attraversa il Paese, ha denunciato la corruzione, il traffico di droga e il terrorismo e indicato un mutamento di rotta «fondato sulla riscoperta dei valori umani e cristiani a partire dalla difesa della vita e della giustizia. (R.P.)
Messico: aumentano gli atti sacrileghi e i furti nelle chiese
◊ Non si fermano, in Messico, i furti sacri e gli atti sacrileghi nelle chiese: secondo quanto riportato dall’agenzia Zenit, l’ultimo in ordine cronologico risale allo scorso fine settimana nella colonia di Lomas de Medina, ed è finito in tragedia. Il ladro, infatti, un giovane di 23 anni, è morto di asfissia dopo essere rimasto incastrato in una grata mentre tentava di penetrare in sacrestia. L’arcivescovo di León, mons. José Guadalupe Martín Rábago, ha cercato di prendere provvedimenti e ha installato telecamere, collocato sistemi di protezione e disposto la chiusura delle zone sacre a mezzogiorno. Quest’anno l’indice di furti contro le chiese è costantemente aumentato, come riferisce il portavoce dell’arcidiocesi, padre Raúl Villegas Chávez, che ha denunciato la crescente mancanza di rispetto per i beni altrui e per Dio. (R.B.)
Difficile la situazione nelle prigioni messicane per gli operatori di pastorale carceraria
◊ È sempre più difficile la situazione nelle carceri messicane, dove per i sacerdoti e i volontari cattolici fare attività pastorale spesso significa essere puniti, anche duramente, quando si è costretti a denunciare corruzione, sovraffollamento, maltrattamenti e in qualche caso la pratica della tortura da parte delle autorità. La Chiesa cattolica attualmente è attiva in 482 delle 489 carceri presenti sul territorio nazionale, stando accanto, complessivamente, a 220mila prigionieri; gli operatori pastorali, riporta l'agenzia Fides, sono circa quattromila ed effettuano visite settimanali ai detenuti, tranne nei centri di massima sicurezza. La gravità della situazione è stata sollevata dal direttore della Commissione della Pastorale delle carceri della Conferenza episcopale messicana, Pedro Arellano alla vigilia del 33.mo incontro nazionale di Pastorale carceraria, che si terrà dal 18 al 22 luglio prossimi a Villa Hermosa, Tabasco. Arellano ha citato il caso esemplare di un vescovo cui è stato impedito per ben tre anni di entrare in qualsiasi carcere statale perché aveva osato dire che gli animali dello zoo erano nutriti meglio dei detenuti nella sua diocesi. A Villa Hermosa parteciperanno mille operatori di Pastorale penitenziaria che rifletteranno sul tema scelto, “Discepoli in comunione”. “Le carceri in Messico non sono centri di riabilitazione o risocializzazione – ha concluso padre Arellano – ma posti dove si alimenta la criminalità”. (R.B.)
Polonia: le Chiese preparano la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2012
◊ Il significato di «vittoria» e «sconfitta» è al centro delle riflessioni per la Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani, che sarà celebrata dal 18 al 25 gennaio del 2012 in Polonia. Il tema è tratto dalla Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi (15, 51-58), «Tutti saremo trasformati dalla vittoria di nostro Signore Gesù Cristo». Nel 2012 la Polonia si prepara anche a ospitare il Campionato europeo di calcio e i curatori del sussidio pastorale per la settimana di preghiera - riferisce L'Osservatore Romano - hanno preso spunto proprio da questo evento mondano e umano per sottolineare che «la rivalità è una caratteristica permanente, non solo nello sport ma anche in campo politico, commerciale, culturale e, perfino, nella vita della Chiesa». Nell’introduzione del sussidio si ricorda come «la Polonia, a partire dai suoi fedeli, abbia conosciuto periodi di gioia e momenti di avversità. Una storia segnata da sconfitte, vittorie, invasioni, divisioni, oppressioni da parte di forze straniere e ostili. Il combattimento per venire a capo di ogni forma di asservimento fa dunque parte del desiderio di libertà e costituisce un tratto particolare della storia polacca». La settimana di preghiera mobilita innumerevoli congregazioni e parrocchie di tutto il mondo. Durante questa settimana, i cristiani provenienti dalle diverse confessioni si ritrovano a pregare insieme nel corso di speciali celebrazioni ecumeniche. Il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è preparato da un gruppo internazionale ecumenico composto da rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese (protestanti e ortodossi) e del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Il sussidio è dedicato alla memoria di mons. Eleuterio Fortino, sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, morto nel 2010, la cui «passione per la causa dell’unità faceva parte di una lunga serie di qualità che condivideva volentieri con gli altri membri della Commissione internazionale di cui faceva parte». L’Ottavario era una delle sue grandi passioni perché «mostrava il valore della preghiera e la priorità della dimensione spirituale. Anche per questo mons. Fortino rappresenta l’ecumenismo in carne e ossa. Era capace di dire tutta la verità sulla fede cattolica in modo da non offendere ma con argomenti sufficientemente forti per far capire quali fossero i dissensi. Inoltre provava un amore travolgente per il comune respiro dei due polmoni della Chiesa. Ha dato tutto se stesso perché in Occidente si conoscessero e apprezzassero i tesori della spiritualità orientale». (I.P.)
In Thailandia proseguono le violenze tra islamici e buddisti nel sud
◊ La Thailandia del dopo elezioni politiche che hanno visto la vittoria di Yingluck Shinawatra, prima donna a guidare il Paese, è ancora sconvolta dalla violenza. Fonti anonime dell’agenzia Fides riferiscono del moltiplicarsi di episodi di discriminazione violenta contro i buddisti nelle tre regioni meridionali di Pattani, Yala e Narathixat, a maggioranza musulmana. Recentemente un’intera famiglia buddista sarebbe stata massacrata da gruppi di estremisti che diffondono l’odio anche attraverso messaggi e pamphlet in cui si leggono minacce del tipo: “Uccideremo, bruceremo, distruggeremo tutti voi buddisti, non potrete mai vivere in pace qui”. Un ruolo di rilievo lo ricoprono le madrase: le scuole islamiche che sono terreno fertile per gruppi di jihadisti che possono dunque venire a contatto con i giovani e delle quali si auspica la chiusura da parte del nuovo governo. E sempre del governo deve diventare una priorità la risoluzione del conflitto, uno dei più orribili dell’area, che in circa sette anni ha causato quattromila vittime tra poliziotti, monaci e insegnanti buddisti, accusati di diffondere un modello educativo incompatibile con l’Islam. (R.B.)
Taiwan: riconoscenza del sindaco di Hsin Chu per una missionaria di 99 anni
◊ Suor Ellerik Rozalia, missionaria australiana di origine polacca di 99 anni, ha dedicato tutta la sua vita alla missione in Cina, prima in continente e a Macao e poi, per quasi mezzo secolo, a Taiwan, trascorrendo più di venti anni nella diocesi di Hsin Chu. Colpita da ictus, si trova ricoverata nell’ospedale locale, dove ha ricevuto la visita del sindaco della città di Hsin Chu. Secondo le notizie raccolte dall’agenzia Fides, oltre all’immensa gratitudine dei cittadini per questa “Hsinchunese e taiwanese”, il sindaco ha consegnato alla religiosa la tessera che le consentirà di usufruire di tutti i servizi pubblici per gli anziani. A Taiwan infatti i missionari stranieri non possono ottenere la nazionalità taiwanese, ma solo il permesso di soggiorno. Di conseguenza non possono usufruire dei servizi sociali come gli altri cittadini, anche se, come suor Ellerik, hanno dedicato tutta la loro vita alla missione nell’isola. Molti auspicano che questo gesto di delicatezza e di riconoscenza del sindaco di Hsin Chu sia un buon inizio verso una soluzione definitiva di questa situazione. Suor Ellerik Rozalia, delle Francescane Missionarie di Maria è nata nel 1913 ed ha sempre lavorato nel campo dell’educazione. Quando è stato trasferita a Taiwan, nel 1959, ha contribuito alla costruzione del collegio per alloggiare i giovani dell’Università Cattolica di Fu Jen. Prima che la colpisse l’ictus, nonostante l’età avanzata, ancora lavorava nella comunità missionaria delle Francescane di Hsin Chu. (R.P.)
Australia: dichiarazione dei vescovi a difesa dei diritti delle persone disabili
◊ I vescovi australiani appoggiano il Governo in merito alle problematiche riguardanti la disabilità. In una dichiarazione, la Conferenza episcopale australiana (Acbc) ha espresso soddisfazione per le modifiche apportate al sistema nazionale di assicurazione d’invalidità (National Disability Insurance Scheme, Ndis): un sistema che punta a un nuovo modello di erogazione dei servizi per le persone con disabilità e per le loro famiglie. L’episcopato australiano - riferisce L'Osservatore Romano - ritiene che «le persone con disabilità dovrebbero essere in grado di partecipare pienamente alla vita della società australiana» e pertanto sostiene le raccomandazioni del Ndis che — si auspica — possa creare maggiori opportunità e servizi più efficaci per le persone con disabilità. Nella dichiarazione i presuli hanno sottolineato che «l’attuale approccio nazionale ai servizi per la disabilità è spinto dalla crisi, basato sull’assistenzialismo ed è privo di dignità. Il nuovo sistema — prosegue la dichiarazione — si propone, invece, di garantire una migliore accessibilità, più scelte e più controllo sull’erogazione dei servizi». Secondo il presidente della commissione episcopale per la pastorale per la vita, monsignor Eugene Daniel Hurley, vescovo di Darwin, «è fondamentale che questo settore tenga in considerazione la giustizia sociale ed è ciò che lo schema proposto potrà fare per le famiglie. Il sistema — ha spiegato il presule — ci garantirà finanziamenti per cure essenziali per le persone con disabilità, comprese le terapie, le attrezzature e l’accesso ai servizi della comunità. Il Governo — ha concluso il vescovo — è tenuto a sostenere i diritti di tutti i cittadini comprese le persone con disabilità, agendo sulle politiche esistenti, in particolare quelle relative alla discriminazione e all’esclusione delle persone quale gruppo emarginato». (R.P.)
Germania: il 350° del Santuario mariano di Werl nel segno della nuova evangelizzazione
◊ “Il messaggio cristiano è quello del futuro” perché “essere credenti è straordinario e travolgente: non esiste nulla di più bello che farsi guidare da Cristo”. È quanto dichiarato dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, alle celebrazioni del 350esimo anniversario del santuario mariano di Werl, nell’arcidiocesi tedesca di Paderborn. Il porporato, inviato in questa gioiosa occasione dal Papa, è nativo della diocesi, dove ne è stato vescovo ausiliare dal 1996 al 2001. Il cardinale Marx, riporta l'agenzia Zenit, ha concelebrato l’eucarestia con monsignor Hans-Josef Becker, arcivescovo di Paderborn. La celebrazione è stata preceduta da una processione cittadina, alla quale hanno partecipato più di 2000 persone. Venerare con devozione la Vergine, ha spiegato il porporato in occasione della festa della visitazione, riveste particolare importanza in questo periodo storico, perché “occorre dare inizio alla nuova evangelizzazione dell’Europa e riscoprire i valori umani, cristiani e spirituali del continente". Ogni persona raggiunge la meta della propria vita quando ritrova Cristo: “Compiere un pellegrinaggio significa – allora - cercare una vita più grande”, e scoprire il vero significato dell’esistenza”, con l’aiuto delle Sacre Scritture”. Solo attraverso il Vangelo, infatti, l’uomo “scopre le possibilità della vita e della fede. Esaminarne ogni lettera e spiegarlo non è un messaggio orientato all’indietro, bensì un compito orientato ad andare avanti”. L’arcivescovo Becker, dal canto suo, ha letto alcuni passaggi della lettera di Benedetto XVI. “Maria porta a Elisabetta e a Giovanni il Figlio di Dio” – ha detto citando il testo del Papa – “chi incontra la Madre, incontra anche il Figlio. Anche oggi c’è bisogno di persone e luoghi che offrano un orientamento e che possono indicare la speranza autentica - sottolinea il Pontefice - Spetta a noi cristiani fare in modo che le persone non dimentichino il cielo e che risplenda per loro la speranza nella persona di Gesù Cristo”. (G.I.)
Ungheria: successo della campagna a favore dell’adozione, alternativa all’aborto
◊ Le istituzioni ungheresi sono fortemente preoccupate per l’altissimo numero di interruzioni volontarie di gravidanza nel Paese: secondo i dati dell’associazione pro-life Alfa, diffusi dall'agenzia Zenit, sarebbero circa il doppio della media dell’Europa occidentale: “Ben 447 aborti ogni mille nascite – specifica Imre Teglasy, fondatore e presidente dell’associazione per il sostegno del bambino ancora non nato, del neonato, del bambino e della famiglia - per avere un termine di paragone ci sono, in media, 172 aborti su mille nascite in Finlandia e 208 in Repubblica Ceca”. Contro questa pratica, quindi, hanno dato il proprio sostegno a una campagna in favore dell’adozione, per la quale sono stati affissi molti manifesti con la scritta: “Lo capisco che non sei pronta per me, ma ti prego: dammi in adozione” e l’immagine di un bambino non ancora nato. La campagna, cofinanziata da “Progetto Progress” e inserita nell’“Agenda sociale”, ha avuto una buona accoglienza tra la popolazione ed ha utilizzato fondi provenienti dall’Unione Europea. Questa scelta è stata criticata da Viviane Reding, vicepresidente della Commissione europea: “Gli Stati membri non possono usare fondi Ue per Campagne contro l’aborto”, perché “non è in linea con il Programma Progress e con la proposta di progetto presentata dalle autorità”. Il vicepresidente ha altresì invitato lo Stato a rimuovere i manifesti, pena una sanzione finanziaria fino a 100 milioni di fiorini. Teglay ha quindi risposto alle critiche dell’Unione Europea che “offendono il popolo ungherese” perché “solo il 17% degli 88 milioni di fiorini ungheresi è stato fornito dell’Ue”. L’associazione Alfa, nel frattempo, ha fatto rimuovere i manifesti: “Ai giornali arrivano centinaia di lettere di genitori adottivi, che salutano con favore la campagna per l’adozione come alternativa all’aborto nel pieno rispetto della libertà della donna”, ha vvertito Teglasy. (G.I.)
Madrid. Consiglio diocesano delle Missioni: la Gmg un grande momento per i giovani
◊ “Un luogo dove la vocazione missionaria incontri una risposta gioiosa e generosa”: questo l’auspicio del Consiglio diocesano delle Missioni dell’arcidiocesi di Madrid, la capitale spagnola che dal 15 al 21 agosto prossimi ospiterà la Giornata Mondiale della Gioventù. Madrid, ricorda l'agenzia Fides, ha ben 1278 missionari in tutto il mondo, che sono presenti in 94 nazioni e appartengono a 164 diversi istituti religiosi. “Gesù ha bisogno di uomini e donne decisi, audaci e coraggiosi – si legge ancora – la missione è sempre giovane, ma è arrivato il momento per i giovani che parteciperanno alla Gmg di firmare un ‘assegno in bianco’ al Signore”. Il documento prosegue, poi, con un’esortazione ai giovani a essere coraggiosi e a non avere paura di rispondere alla chiamata del Signore, perché “chi sceglie è Dio ed è Lui che dà le grazie necessarie per portare a compimento la sua opera”. Il Consiglio dicoesano conclude con la speranza che la Gmg sia “un grande momento per i giovani e che lo sia anche per la missione”. (R.B.)
Palermo in festa ricorda la sua patrona, Santa Rosalia
◊ “Quel che sia S. Rosalia nel popolo palermitano è indicibile. Da lei si aspetta la pioggia ed il buon tempo; da lei la immunità dei mali contagiosi; lei s’invoca come la sola che possa scongiurare il colera”. Così, a cavallo tra l’Ottocento e i primi del Novecento, scriveva della "Santuzza", come viene chiamata dai devoti, lo storico Giuseppe Pitrè nei volumi in cui ha documentato e illustrato la storia, la cultura e il folklore della Sicilia. La tradizione narra che Rosalia Sinibaldi nacque a Palermo intorno al 1128. Figlia del conte Sinibaldo, signore della Quisquina, territorio in provincia di Agrigento, da giovane visse nella ricchezza alla corte di re Ruggero, preferendo poi abbracciare la fede invece che sposare un nobile. Come dimora e rifugio silenzioso scelse un grotta nel Monte Pellegrino, dove tra il 1160 e il 1170, il 4 settembre si addormentò per sempre tra il cordoglio e il compianto della grande folla di devoti palermitani saliti sul monte. Secondo la tradizione cattolica, tra il 1623 e il 1624 salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona: apparve, infatti, in sogno ad un cacciatore indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti in una spelonca del Monte Pellegrino, che portati in processione in città fermarono l'epidemia. Immutati nel tempo la fede, il culto e la gioia dei palermitani, cui di recente si è aggiunta anche la comunità di immigrati Tamil presenti in città, provenienti dallo Sri Lanka e devoti della "Santuzza", che quest’anno per una settimana celebrano il 387° Festino di Santa Rosalia. Festeggiamenti che nell’arco della settimana si svolgono in tutta la città: dal Monte Pellegrino, dove ha sede il Santuario al centro storico, dalla periferia alle borgate marinare. Fitto il calendario delle celebrazioni dal 10 al 17 di questo mese, iniziate appunto domenica con il S. Rosario, le Litanie e la Santa Messa. Lunedì, dopo il giro della Banda musicale per le vie del centro storico di Palermo, si è svolto il solenne rito di apertura della Cappella Reale che all’interno della Cattedrale custodisce le reliquie di Santa Rosalia: l’urna argentea è stata esposta nell’area dell’altare dopo una processione. Questa sera il cardinale di Palermo Paolo Romeo celebrerà i Solenni Vespri Pontificali alla presenza delle autorità civili e militari. Ma è domani, nella Solennità del Ritrovamento delle Reliquie di S. Rosalia sul Monte Pellegrino, che la Festa vive il giorno più importante, a cominciare dall’alborata, tradizionale sparo di petardi eseguito alle prime luci del mattino con la quale si annuncia la festività patronale. Nel pomeriggio dopo il festoso suono delle campane della cattedrale e la messa solenne, seguirà la processione dell’Urna argentea di Santa Rosalia per le vie del centro storico di Palermo con la partecipazione delle autorità civili e militari che si concluderà alle 22,30 con i giochi pirotecnici. Domenica pomeriggio la processione di rientro dell’Urna argentea di Santa Rosalia verso la Cappella Reale. (Da Palermo. Alessandra Zaffiro)
Afghanistan. Attentato kamikaze a Kandahar. A Roma i funerali di Roberto Marchini
◊ Guerriglia in azione in Afghanistan. Stamattina, un kamikaze si è fatto esplodere in una moschea a Kandahar, nel sud del Paese, provocando almeno quattro morti e decine di feriti. Tra le vittime, anche l’imam della moschea. Al momento dell’attacco era in corso una preghiera in suffragio del fratellastro del presidente afgano Karzai, assassinato martedì scorso, alla presenza di diversi ministri giunti da Kabul. In queste ore, inoltre, le autorità locali hanno accusato le forze internazionali di aver ucciso sei civili in un raid nella provincia di Khost, mentre un rapporto dell’Onu ricorda che sono oltre 1.400 i civili uccisi nel Paese nella prima metà del 2011, il 15% in più rispetto all’anno scorso. E oggi pomeriggio, alle 18, nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli, si terranno i funerali di Stato di Roberto Marchini il soldato italiano che martedì ha perso la vita in Afghanistan. La salma, giunta stamani all’aeroporto di Ciampino, resterà esposta nella camera ardente allestita nell’ospedale militare del Celio fino alle 17. Al termine del rito, il trasferimento nel suo paese natale, Caprarola, in provincia di Viterbo, dove domani saranno celebrate le esequie in forma privata. Per il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, la missione internazionale in Afghanistan ha un costo umano pesante, ma può avviarsi verso una conclusione positiva. In merito alla situazione nel Paese, Antonella Palermo ha intervistato don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Cristi:
R. – Innanzitutto, credo sia umanamente e cristianamente fondamentale fermarsi davanti alla morte di una persona italiana, non italiana, militare o meno. La morte di una persona è sempre una tragedia. Quindi, se vogliamo andare oltre al dolore della morte e riflettere, sicuramente credo vengano tanti dubbi. Se è vero che in Afghanistan c’è una guerra da 40 anni, dovremmo chiederci quali siano gli effetti positivi di questa presenza militare: dai russi, agli americani, a noi. Se, dopo 40 anni, ci si rende conto che questa non è una strada che porta molti frutti, forse dovremmo pensare ad altre cose. Io credo che sia fondamentale invertire la rotta, fermarci, e dire: “C’è qualcos’altro che possiamo fare?” Per esempio, rafforzare la cooperazione. Perché non investire su servizi, su garanzie di sviluppo e di benessere per le persone che vivono lì, che i talebani non sono in grado di garantire?
D. – In effetti, anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha detto che l’Italia continuerà a lavorare sia sul fronte dell’addestramento delle forze di sicurezza, che su quello della cooperazione civile, per rendere irreversibile come in Iraq il processo di transizione...
R. – Io sono stato 12 volte in Iraq. Qual è la situazione dell’Iraq dopo anni e anni di guerra, di embargo, di bombe? La benzina è più cara, non c’è sicurezza, non ci sono servizi che funzionano e la luce elettrica c'è per tre ore al giorno. Come si può dire: “Siamo contenti che ci avete liberati”? Pax Christi lo sostiene da sempre: con le guerre chi fa grossi affari sono i mercanti d’armi, ed è significativo che, in tempo di crisi, l’unico mercato che tiri sia quello delle armi. (ap)
Libia
In Libia, Gheddafi sarebbe pronto a distruggere Tripoli se la capitale finisse nelle mani dei ribelli. A rivelare il piano l’inviato di Mosca nel Paese africano, che nei giorni scorsi ha incontrato il colonnello libico. Intanto, mentre Stati Uniti e Russia concordano sulla necessità che il rais lasci il potere, sul terreno la battaglia si concentra ancora nei pressi della città di Gharyan, una delle ultime difese dai lealisti. Gli scontri delle ultime 24 ore hanno provocato almeno otto morti e una trentina di feriti tra gli insorti. Il regime, infine, ha accusato la Nato di aver ucciso finora più di 1.100 civili e ha minacciato di denunciare il segretario generale dell’Alleanza, Rasmussen, per crimini di guerra.
Egitto
Otre 650 ufficiali di polizia egiziani saranno allontanati dal servizio perché sospettati di essere coinvolti nella violenta repressione della rivolta anti-Mubarak. La mossa è stata annunciata ieri dal governo, dopo le proteste di piazza di questi giorni che hanno visto il ritorno sulla scena dei giovani egiziani. Sul loro ruolo in questa fase, Eugenio Bonanata ha intervistato Francesca Paci, inviata nei mesi scorsi al Cairo per il quotidiano La Stampa:
R. – I giovani sono estremamente forti dal punto di vista dell’entusiasmo, dell’energia. Adesso hanno capito che tornare in piazza è uno strumento di pressione forte, però sono anche estremamente ingenui dal punto di vista politico, sono molto giovani e non hanno esperienza. Nessuno di loro ha pensato di costituire un partito politico, che fosse rappresentante di quella rivoluzione e che quindi potesse fare pressione anche e non soltanto in piazza ma, per esempio, un domani alle elezioni.
D. – Il premier ha promesso giustizia rapida e un rimpasto di governo: sostanzialmente, c’è da credere a questi annunci?
R. – Io credo di sì e, di fatto, alcune cose sono successe. Il problema vero di cui i ragazzi si rendono conto è che, se anche adesso ci sarà un rimpasto di governo, loro arriveranno alle elezioni di settembre piuttosto impreparati. Al momento, l’unico vero partito strutturato e capace di ottenere un successo importante - secondo i sondaggi - è quello dei Fratelli musulmani e il problema è poter proporre forze politiche capaci di sfidare dal punto di vista politico i partiti tradizionali.
D. – L’appuntamento elettorale di settembre è vicinissimo, anche se si parla di un possibile rinvio…
R. – Ad agosto si svolgerà il Ramadan e le elezioni di settembre arriveranno immediatamente dopo: in tutti i Paesi musulmani questo è un mese in cui in televisione ci sono le telenovelas, le “musalsalat”, in moschea si va tutti i giorni… Per i partiti religiosi è un bel pulpito elettorale.
D. – I giovani non si stanno preparando in alcun modo?
R. – Ci sono alcuni - come il dissidente storico che è stato in esilio tanti anni, tornato soltanto da poco, Saad Ibrahim - che stanno organizzando anche seminari per addestrare osservatori tra i ragazzi egiziani che monitorino le elezioni, come a dire: se anche non siamo ancora pronti a fare un partito però proviamo a seguire che tutto quanto vada nella maniera più corretta. C’è un grandissimo fermento. Il punto è che la maggior parte di questi ragazzi, cioè il 60 per cento della popolazione, ha meno di 30 anni. Mubarak è stato al potere 30 anni, i militari ci sono dal ’56: non hanno mai conosciuto altro che quella forma di governo. Quindi è difficile che si organizzino con la lungimiranza politica, per dire, di un partito svedese...
Fronte Polisario
Si terranno il 20 e 21 luglio prossimi, nei pressi di New York, gli incontri informali tra le delegazioni del Marocco e del Fronte Polisario sulla situazione del Sahara occidentale. I colloqui tenutisi fino ad ora non hanno portato ad alcun risultato. La regione è riconosciuta ufficialmente solo dall'Unione Africana.
Lega Araba
Via libera della Lega araba alla richiesta dell’Autorità nazionale palestinese di avere un riconoscimento del proprio Stato in sede Onu. E’ quanto afferma la bozza del comunicato finale dell’organismo in corso in Qatar, nel quale si precisa che l’organismo presenterà una richiesta per la completa adesione dello Stato nascente all’Onu, in qualità di membro a pieno titolo.
Medio Oriente
Sale la tensione lungo il confine tra la Striscia di Gaza e Israele. La notte scorsa due raid aerei dello Stato ebraico hanno colpito tunnel per il contrabbando di armi nella regione palestinese, in risposta al lancio di razzi avvenuti ieri verso territorio israeliano. Gli episodi avrebbero provocato il ferimento di cinque palestinesi. I vertici militari israeliani ribadiscono che risponderanno duramente ad ogni tentativo di ricorrere al terrorismo contro il proprio Stato.
Bce-economia
Il timore di una propagazione della crisi economica pesa ancora sui mercati. Lo afferma la Banca centrale europea (Bce), sottolineando che per dare garanzia agli operatori finanziari bisogna fornire i dettagli sulle misure di correzione dei bilanci adottati dai singoli Paesi per il 2012. Intanto, l’Eurostat ha fatto sapere che nella zona euro è stabile l’andamento dell’inflazione a giugno.
Merkel-crisi
Via libera dell’eurogruppo al secondo piano di aiuti per la Grecia e poi vertice straordinario dell’Ue. Questa la posizione della cancelliera tedesca, Angela Merkel, a margine della sua visita in Nigeria. L’Europa – ha assicurato la leader di Berlino – farà di tutto perché l’euro resti stabile e forte.
Italia-manovra
La manovra economica stilata dal governo italiano è approdata oggi in Senato, dove l'esecutivo, come annunciato, ha posto la questione di fiducia. La maggioranza ha trovato l’intesa sul patto di stabilità e la norma sugli enti locali virtuosi. In arrivo tagli su tutte le voci di agevolazioni fiscali in vigore, comprese quelle sulla famiglia. Il via libera definitivo al testo è previsto entro domani sera, con il passaggio alla Camera.
Cina Usa
La Cina ha invitato gli Stati Uniti a varare “misure responsabili” per proteggere gli interessi degli investitori esteri. Pechino detiene più di un trilione di buoni del Tesoro ed è la principale creditrice degli Usa. La presa di posizione arriva dopo che l’agenzia di rating Moody’s ha avvertito di un possibile declassamento degli Stati Uniti, se arriveranno misure per contenere il debito pubblico. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 195