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Sommario del 13/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI e le Sante del Medioevo, il racconto del genio femminile a servizio della Chiesa
  • Seminario dei vescovi brasiliani sulla comunicazione. Mons. Celli: rinnovare il linguaggio della Chiesa per toccare il cuore dell'uomo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Fame e siccità in Somalia. Mons. Bertin: la più grande catastrofe umanitaria del mondo
  • In ripresa le Borse europee. Fmi: fiducia nell'Italia. Draghi sulla manovra: senza altri tagli, più tasse
  • L'Onu adotta all'unanimità una risoluzione contro l'utilizzo dei bambini soldato
  • Testamento biologico. Scienza e Vita: il sì della Camera tutela dalle derive eutanasiche
  • Censis-Ucsi: oltre metà degli italiani conquista internet ma diffida delle notizie che legge e ascolta
  • Chiesa e Società

  • Africa: alluvioni nell'Ovest e siccità nell'Est affliggono milioni di persone
  • Svizzera: l’impegno della Caritas in Etiopia e Somalia, colpite dalla siccità
  • Obiettivi del Millennio: i progressi in Africa e le nuove sfide
  • Congo: migliora la condizione dei bambini soldato, ma la situazione resta critica
  • Caritas Internationalis: l’indipendenza del Sud Sudan sia un momento di speranza
  • Croazia: riunione speciale dei vescovi per un bilancio sulla visita del Papa
  • Vietnam: vietato al superiore dei Redentoristi di lasciare il Paese
  • Filippine: per il Senato nessuna irregolarità nella vicenda delle donazioni dell'Ente delle lotterie
  • Cina: nell'Anno dei laici inviati 24 missionari dalla Mongolia Interna
  • Afghanistan: l'impegno dei Gesuiti per istruzione e formazione professionale dei giovani
  • Aprirà domani a Tunisi il primo Ufficio Onu per i diritti umani in un Paese del Nord Africa
  • Pakistan: l'Unhcr potenzia l’assistenza alle migliaia di persone in fuga
  • Messico: la Chiesa di Monterrey fortemente preoccupata per l’espandersi della criminalità
  • Cile: la Chiesa di Santiago celebra 450 anni a servizio della comunità
  • Gmg: riuniti a Madrid oltre 50 ambasciatori accreditati nella capitale spagnola
  • Myanmar: la Chiesa invita i giovani a partecipare in modo responsabile alla Gmg di Madrid
  • Gmg: dal Libano in 1000 per costruire ponti di dialogo e di pace
  • Il Tour de France fa tappa al santuario di Lourdes
  • Regno Unito: è morto mons. Michael Evans testimonial per la prossima Giornata per la Vita
  • Rodi: in cinque lingue il sito della Chiesa cattolica con informazioni per fedeli e turisti
  • L'agenzia Fides istituisce il blog “Being Catholics in China”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Attacco kamikaze in Afghanistan: uccisi 5 soldati francesi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI e le Sante del Medioevo, il racconto del genio femminile a servizio della Chiesa

    ◊   Un recente ciclo di catechesi che ha impegnato nei mesi scorsi Benedetto XVI, durante i mercoledì dell’udienza generale, ha riguardato la descrizione della vita e dell’opera di alcune grandi Sante del Medioevo. Dal settembre 2010 alla fine del gennaio 2011, il Papa ha offerto una galleria di ritratti di santità femminile che hanno segnato in modo indelebile il percorso del cristianesimo nell’Europa e nel mondo. Alessandro De Carolis ricorda alcune di queste figure presentate da Benedetto XVI:

    (musica)

    Giovanni Paolo II lo aveva argomentato in termini generali, e con un’ampiezza di gratitudine e di ammirazione quasi mai viste, scrivendo nel 1988 la Mulieris dignitatem. Benedetto XVI ha fatto altrettanto ma in termini specifici, individuali, cercando e scegliendo in quella “enciclopedia” dell’eccellenza umana che sono le vite dei Santi in questo caso di grandi Sante del tempo antico per dimostrare, con Papa Wojtyla, che non c'è stata un'epoca in cui il “genio femminile” non sia stato una pietra angolare della Chiesa. Inaugurando all’inizio del settembre 2010 il ciclo di catechesi sulle Sante medievali, Benedetto XVI cita un passaggio della Mulieris dignitatem:

    “‘La Chiesa - vi si legge - ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e a tutte le nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità; ringrazia per tutti i frutti di santità femminile’. Anche in quei secoli della storia che noi abitualmente chiamiamo Medioevo, diverse figure femminili spiccano per la santità della vita e la ricchezza dell’insegnamento”. (Udienza generale, 1 settembre 2010)

    Ciò detto, il Papa si trasforma in un narratore di figure celeberrime, o sconosciute ai più, che accendono di abbaglianti luci di carità e di sapienza gli anni cosiddetti “bui” della storia europea dopo l’anno Mille. Per mesi, attraverso le sue parole, sfilano davanti agli occhi della Chiesa contemporanea le donne che hanno costruito quella di mille anni prima. Dalla poliedrica monaca benedettina Ildegarda di Bingen – che di genio ne aveva da vendere, con le sue doti di letterata, musicista, cosmologa – al cuore di fuoco di Giovanna d’Arco, amica della verità del Vangelo e dunque nemica di ogni suo accomodamento:

    “Santa Giovanna d’Arco ci invita ad una misura alta della vita cristiana: fare della preghiera il filo conduttore delle nostre giornate; avere piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, qualunque essa sia; vivere la carità senza favoritismi, senza limiti e attingendo, come lei, nell'Amore di Gesù un profondo amore per la Chiesa”. (Udienza generale, 26 gennaio 2011)

    Nel mezzo, ritratti di mistiche e di donne d’azione, dove per entrambi il punto di partenza è l’amore per Gesù e quello d’arrivo l’amore per l’umanità che a Gesù va condotta. Un esempio di cristianesimo che brilla universale dalle ribalte discrete della preghiera e della contemplazione è, dice Benedetto XVI, quello di Chiara d’Assisi:

    “‘Chiara infatti si nascondeva; ma la sua vita era rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava’. Ed è proprio così, cari amici: sono i santi coloro che cambiano il mondo in meglio, lo trasformano in modo duraturo, immettendo le energie che solo l’amore ispirato dal Vangelo può suscitare. I santi sono i grandi benefattori dell’umanità”. (Udienza generale, 15 settembre 2010)

    Dalle mura del chiostro a quelle del castello, il Medioevo annovera una Santa regina, Elisabetta d’Ungheria, icona della faccia più nobile del potere: quella che non teme di sporcarsi l’orlo del mantello a contatto con gente di rango inferiore, ma anzi porta di persona il cibo a chi ha fame, risarcimento alle vittime di ingiustizie, dignità nella miseria. Appoggiata in questo dal marito, il re Lodovico; il che – osserva il Papa – dimostra che il segreto della felicità di coppia sta nell’impegno, non nel disimpegno:

    “Elisabetta aiutava il coniuge ad elevare le sue qualità umane a livello soprannaturale, ed egli, in cambio, proteggeva la moglie nella sua generosità verso i poveri e nelle sue pratiche religiose (…) Una chiara testimonianza di come la fede e l’amore verso Dio e verso il prossimo rafforzino la vita familiare e rendano ancora più profonda l’unione matrimoniale”. (Udienza generale, 20 ottobre 2010)
    Il Medioevo non è solo un’epoca storica. C’è un Medioevo anche oggi, un buio dello spirito che inquieta. Tutti noi, afferma il Papa durante una di queste catechesi, “siamo a rischio di vivere come se Dio non esistesse”, e questo significa che spesso si hanno per compagni il pessimismo e la sfiducia. Così, Benedetto XVI ricorda che i Santi sono degli ottimisti con delle ottime ragioni per esserlo. E parlando, nel dicembre scorso, della mistica britannica Giuliana di Norwich, ricorda il distillato della sua saggezza: se credi in Dio, tutto non può che finire in bene:

    “Le promesse di Dio sono sempre più grandi delle nostre attese. Se consegniamo a Dio, al suo immenso amore, i desideri più puri e più profondi del nostro cuore, non saremo mai delusi. 'E tutto sarà bene', 'ogni cosa sarà per il bene': questo il messaggio finale che Giuliana di Norwich ci trasmette e che anch’io vi propongo quest’oggi. (Udienza generale, 1 dicembre 2010)

    (musica)

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    Seminario dei vescovi brasiliani sulla comunicazione. Mons. Celli: rinnovare il linguaggio della Chiesa per toccare il cuore dell'uomo

    ◊   E’ iniziato ieri, a Rio de Janeiro, il primo Seminario sulla comunicazione per i Vescovi del Brasile. Promosso dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e dalla Conferenza episcopale locale, l’incontro desidera offrire uno spazio di riflessione per rilanciare non solo i mass media cattolici ma anche per rinnovare il linguaggio della Chiesa di fronte all’evoluzione tecnologica. Il nostro inviato a Rio, Silvonei Protz, ha intervistato mons. Claudio Maria Celli, presidente del dicastero vaticano per le comunicazioni sociali:

    R. – Credo che sia una tappa molto importante quella che abbiamo iniziato con i vescovi brasiliani. La Chiesa brasiliana si interroga, tramite i suoi pastori, su cosa significhi oggi comunicare, che non è solamente informare, ma è sostanzialmente un annuncio, un annuncio formulato in un dialogo rispettoso con l’uomo di oggi e un annuncio nella consapevolezza di ciò che l’uomo oggi sta cercando, ciò di cui l’uomo oggi ha bisogno. Ecco perché la Chiesa deve interrogarsi, non solo su quelli che sono i contenuti del suo annuncio - e i contenuti non possono essere che una persona, Gesù Cristo - ma la Chiesa deve anche interrogarsi sul come annunciare. E qui entra in gioco il tema del linguaggio: che linguaggio usiamo oggi? Deve essere un linguaggio comprensibile all’uomo di oggi, capire l’uomo nelle sue sofferenze, nelle sue solitudini: l’uomo di oggi ha bisogno di calore, ha bisogno di silenzio. L’uomo di oggi molte volte produce solamente baccano e freddo. Ecco, questo è il grande tema: capire che cosa annunciare, ma nella profonda conoscenza di ciò che l’uomo porta nel proprio cuore e vedere come la Chiesa può rispondere a questa esigenza profonda dell’uomo di oggi.

    D. – Come la Chiesa può aiutare l'uomo, a volte frastornato dal rumore dei media?

    R. – Io penso che la Chiesa, attraverso i media, che sono a sua disposizione debba sostenere questo atteggiamento di ricerca dell’uomo. Siccome oggi la società produce baccano, produce rumore, per l’uomo di oggi è difficile alle volte comprendere il senso profondo della parola che la Chiesa ha nel suo cuore, nelle sue mani, da offrire. Questo è un problema che si pone quotidianamente: l’educazione al silenzio per meglio ascoltare, l’educazione al silenzio per meglio comprendersi, perché l’uomo oggi fa fatica a ritrovare se stesso e alle volte ha bisogno di baccano per non cercare nel suo cuore quali sono le esigenze più vere e più profonde. La Chiesa, proprio attraverso i suoi mezzi, non solo deve annunciare, ma proprio deve creare e deve favorire l’uomo in questa ricerca. Lei ricorda cosa diceva Platone, facendo l’Apologia di Socrate? Che se l’uomo non ha un atteggiamento di ricerca nella sua vita, è una vita che non è degna di essere vissuta. Ora la Chiesa deve aiutare l’uomo in questa ricerca. Ricorda cosa dicevano i nostri grandi Pontefici del Concilio? La Chiesa è esperta in umanità e la Chiesa può aiutare l’uomo in questa ricerca e lo deve sostenere, perché oggi, a volte, il mondo dice che non devi cercare. E’ un tipo di società, che ha già tutto ben preparato ciò che vuole, direi quasi violentando questa ricerca interiore dell’uomo. Per me questa è una grande missione della Chiesa nel contesto di oggi. (ap)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La rivoluzione del perdono: in prima pagina, Giuseppe Fiorentino sulla "Tempesta" di Shakespeare.

    Rischi e incertezze sudanesi; nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia intervista Anna Maria Gentili, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici alla facoltà di scienze politiche dell'Università di Bologna.

    Il risveglio di domande radicali: in cultura, la prefazione di Maria Antonietta Crippa al libro "E' Dio il vero tema. Cesare Cattaneo e il sacro".

    Nessuna via d'uscita: Marcello Filotei sul "Faust" di Silvia Colasanti in prima esecuzione assoluta alla Settimana musicale senese.

    L'"Economist" al caffè: informazioni in rete.

    Rapporto del Censis: e i quotidiani continuano a perdere lettori.

    Autobiografia ironica di uno scrittore: Silvia Guidi recensisce "Come fu che divenni C.c.p." di Rino Camilleri.

    Un articolo di Simona Verrazzo dal titolo "Davanti al bambino con il garofano in mano": l'"altro" Crivelli e il Rinascimento nelle Marche.

    Dalla novità cristiana uno sguardo davvero ecumenico: nell'informazione religiosa, Jiulian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, sulla Giornata per la pace e la giustizia del 27 ottobre ad Assisi.

    Nell'informazione vaticana, l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, sui migranti risorsa sociale ed economica.

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    Oggi in Primo Piano



    Fame e siccità in Somalia. Mons. Bertin: la più grande catastrofe umanitaria del mondo

    ◊   Una catastrofe umanitaria: è quanto si sta verificando in Somalia, colpita da una devastante siccità che sta colpendo milioni di persone. Centinaia di migliaia di uomini, donne, bambini, stanno fuggendo nei Paesi vicini in cerca di acqua e di cibo, mentre nel mondo continuano senza pietà le speculazioni che fanno alzare i prezzi dei generi alimentari. Quattrocentomila somali sono ammassati nel solo campo profughi di Dadaab in Kenya. Tardano gli aiuti umanitari. Secondo l'Unicef sono circa 10 milioni le persone ad avere urgente bisogno di soccorsi. Su questa situazione drammatica Sergio Centofanti ha sentito l’amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti, mons. Giorgio Bertin:

    R. – Penso che realmente questo disastro, come dice l’Onu, sia il più grande disastro attuale, nel mondo. La situazione della siccità in Somalia è particolarmente aggravata dal fatto che sono 20 anni che manca un’autorità, manca lo Stato, soprattutto nella Somalia del centro-sud. Ecco perché gli effetti della siccità, che stanno colpendo anche alcune parti dei Paesi vicini - l’Etiopia, il Kenya, Gibuti stesso, dove mi trovo - non sono così devastanti, come nella Somalia del centro-sud, perché là c’è mancanza di sicurezza e continui combattimenti fra diversi gruppi. Le popolazioni più colpite dalla siccità si stanno dirigendo in questo momento verso i campi profughi in Kenya e verso l’Etiopia del Sud.

    D. – Quali aiuti hanno questi profughi?

    R. – E’ difficile far pervenire gli aiuti nella Somalia del centro-sud, a causa della mancanza di sicurezza. Anche se ultimamente il gruppo che controllava in gran parte questa zona, gli Shabab, hanno detto che qualsiasi ong è benvenuta, purché rispetti la cultura e la religione del posto.

    D. – Le principali vittime in questa situazione così critica sono i bambini…

    R. – Chiaramente i bambini sono le persone più fragili, senza dimenticare gli anziani. Il nostro progetto nel basso Juba comprende i bambini al di sotto dei 10 anni, e anche un certo numero di persone anziane, che si trovano senza un sostegno familiare.

    D. – Si parla di mezzo milione di bambini in pericolo di vita…

    R. – Sì, queste cifre sono realistiche.

    D. – In questo contesto, che cosa fa la comunità internazionale?

    R. – La comunità internazionale si sta mobilitando. Ma c’è bisogno di un grande coordinamento.

    D. – La Chiesa sta portando i suoi aiuti anche attraverso la Caritas e i partner della Caritas. Qual è la situazione della Chiesa in Somalia?

    R. – In Somalia la Chiesa, la struttura ecclesiastica, è già stata distrutta 20 anni fa. Abbiamo continuato, però, una certa opera attraverso la Caritas. In modo particolare, in questi ultimi tempi, visto che non abbiamo lì presente il nostro personale, lavoriamo con dei partner locali, dunque per interposta persona.

    D. – Quali sono le speranze per la Somalia, perché ritorni ad essere uno Stato?

    R. – Io dico che bisogna sempre sperare, bisogna insistere e presto o tardi si arriverà a questo obiettivo. Forse anche questa grande siccità può essere l'occasione per rilanciare nuovi tentativi per una ricostruzione dello Stato. (ap)

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    In ripresa le Borse europee. Fmi: fiducia nell'Italia. Draghi sulla manovra: senza altri tagli, più tasse

    ◊   In Europa le Borse sembrano aver assorbito senza troppi traumi il taglio del rating dell'Irlanda da parte dell’agenzia internazionale Moody’s. Si allenta intanto la pressione dei mercati sull’Italia. Il ministro dell'Economia italiano, Giulio Tremonti, ha dichiarato che “il decreto per il pareggio di bilancio sarà approvato entro venerdì” e la manovra economica “sarà rafforzata su tutto il quadriennio”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Piazza Affari, che ieri ha fatto registrare il miglior risultato della giornata nel panorama europeo, è in fase di recupero dopo le ondate speculative dei giorni scorsi. Ad allentare la pressione dei mercati nei confronti dell’Italia sono l’accordo tra maggioranza e opposizione per l’approvazione della manovra entro fine settimana, la buona richiesta da parte del mercato dei Buoni ordinari del tesoro (Bot) e gli attestati di stima e fiducia da parte del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e dell’Unione Europea. L'Fmi promuove in particolare l’impegno dell’Italia per la riduzione del deficit sotto il 3% nel 2012 e vicino allo zero nel 2014, ma invita ad andare avanti con il “risanamento di bilancio per ridurre l’elevato debito pubblico, mantenere stabile il settore finanziario, rafforzare il potenziale di crescita con riforme strutturali”. Un’ulteriore iniezione di fiducia viene dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi che, intervenendo stamani all’Assemblea dell’Abi, ha detto di avere fiducia nelle possibilità di crescita dell’economia italiana. La manovra presentata dal governo italiano – ha aggiunto - è un passo importante ma se non ci saranno altri tagli alla spesa potrebbe non bastare e obbligare l’esecutivo ad aumentare le tasse.

    Intanto le altre Piazze europee, dopo aver iniziato le contrattazioni in calo, hanno recuperato terreno e ora si muovono appena sotto la parità. I listini sembrano aver assorbito senza troppi traumi il taglio del rating dell’Irlanda. Ma secondo l’agenzia internazionale Moody’s, che ha tagliato il rating irlandese portandolo al livello considerato “spazzatura”, c’é una crescente possibilità che Dublino abbia bisogno di “nuovi aiuti finanziari prima di poter tornare sul mercato privato”. L’agenzia attribuisce all’Irlanda un forte impegno al risanamento fiscale, ma fa anche notare che rimangono significativi rischi nell'attuazione del piano. Sempre più grave infine la crisi economica greca: nel rapporto trimestrale sulla zona euro, la Commissione europea avverte che “la stretta sui conti della Grecia non è sufficiente” ed è necessario “un rafforzamento del programma per rientrare ad una stabilità finanziaria sostenibile”. La Commissione europea sottolinea anche che la decisione di Moody’s di abbassare il rating dell’Irlanda è “incomprensibile”.

    Sulla crisi economica che, a partire dal 2009, ha investito l’Europa ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco l’economista Giacomo Vaciago:

    R. - La crisi della zona euro inizia nel novembre 2009 con l’emergenza greca e prosegue con una serie di Paesi che sono via via in ordine di problemi meno gravi: il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna, il Belgio e l’Italia. Idealmente questa era la graduatoria. Noi sapevamo che c’era un ‘problema Italia’ ma sapevamo anche che c’era tutto il tempo per curarlo.

    D. - A proposito di cure, come arrestare, adesso, questa sorta di effetto-domino?

    R. - Partiamo dalla diagnosi: quali sono i problemi e cosa hanno in comune questi Paesi? In comune hanno poca crescita e molto debito. Lo scorso venerdì è stato drammatico, una tragedia: all’improvviso il mondo non credeva più all’Italia. Lo shock è stato forte ed in parte si è visto anche il lunedì successivo. A questo punto, i rimedi sono due: crescere di più e ridurre il debito. Ci vogliono quindi quelle riforme che favoriscano la crescita del Paese e, dall’altra parte, riforme che ridimensionino il debito pubblico.

    D. - La manovra economica in Italia può realmente andare verso rigore e crescita?

    R. - Bisogna guardarla criticamente con questi due occhi. Attenzione, non è facile. Queste cose non si fanno in un giorno. La “spending review” - la revisione della spesa - vuol dire che per ogni euro che lo Stato spende c’è una motivazione: a cosa serve? Qual è il beneficio che ne ricava il cittadino e, in generale, il Paese? Si ha l’impressione che, non avendo mai fatto quest’esercizio negli ultimi 50 anni, ci sia molta spesa pubblica che è inutile.

    D. - Mettiamoci ora dalla parte delle famiglie e dei piccoli risparmiatori: come difendersi dalla crisi e, soprattutto, i conti correnti sono al riparo?

    R. - E’ chiaro che quando c’è la crisi tutti soffrono, in particolare chi si trova nel mirino della speculazione. Se la propria ricchezza è composta da titoli azionari di banche, negli ultimi giorni si è scoperto di aver perso un terzo del patrimonio, che non è uno scherzo. Attenzione però: la vera garanzia del benessere è data dalla capacità del Paese di produrre reddito. Se ci sono quindi disoccupati e se le industrie vanno male, sarebbe strano che i soldi sul conto in banca e così via rimanessero l’unica cosa che non perde valore. Si deve sapere che in un Paese che va male, i ricchi sono pochi e non necessariamente i migliori. (vv)

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    L'Onu adotta all'unanimità una risoluzione contro l'utilizzo dei bambini soldato

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha adottato ieri all'unanimità una risoluzione contro l'utilizzo dei bambini nei conflitti armati e contro le violenze di cui i più piccoli sono spesso vittime. Il documento chiede agli Stati membri ''di adottare azioni decisive e immediate contro chi, nel corso di conflitti armati, commette violazioni e abusi contro i bambini'', esortando a ''portare davanti alla giustizia i responsabili di tali violazioni, proibite dalle leggi internazionali''. Tra questi reati, la risoluzione delle Nazioni Unite specifica ''il reclutamento e l'utilizzo di bambini, l'omicidio e la mutilazione, lo stupro e altre violenze sessuali'', nonché gli attacchi contro scuole e ospedali. Secondo dati dell’Onu, in almeno 31 Paesi di Africa, Asia, Europa, America Latina e Medio Oriente "le scuole sono state bersaglio di attacchi violenti e minacce”. Per fare il punto sul triste fenomeno dello sfruttamento dei bambini soldato, ascoltiamo Elena Avenati, coordinatrice dell’Advocacy internazionale di Save the Children-Italia, intervistata da Giada Aquilino:

    R. – Nel mondo sono più di 250 mila i minori che prendono parte ai combattimenti, in più di 35 Paesi. I minori vengono utilizzati sia dagli eserciti governativi, sia dai cosiddetti gruppi armati irregolari; contiamo che possano essere circa 120 mila solo nel Continente africano. Un altro dato purtroppo significativo è che la maggioranza di questi minori - bambini e bambine - ha dai 15 ai 18 anni, ma alcuni hanno anche solo dieci anni e si registra quindi una tendenza sempre più evidente verso un abbassamento dell’età media. Nel giugno 2010, per fare un esempio, il network di cui “Save the Children” fa parte, che si chiama “Watchlist on Children and Armed Conflicts”, ha pubblicato un rapporto sulla situazione in Afghanistan e i dati purtroppo sono molto significativi. Nel 2009, oltre mille bambini sono stati uccisi in attacchi suicidi, raid aerei, esplosioni di mine e di ordigni. Decisamente consistente il numero dei bambini e delle bambine soldato: il reclutamento è documentato sia a carico delle forze di sicurezza afghane, sia dei gruppi di opposizione. Inoltre, sono anche molto diffusi gli stupri – e ne sono principali vittime le donne, le bambine, le ragazze, ma anche i ragazzi – e le violenze sessuali, commessi anche in questo caso da gruppi armati, gang criminali e in famiglia. Ma il Consiglio di Sicurezza, nella risoluzione che ha adottato, evidenzia non solo come tra le violazioni principali vi siano quelle del reclutamento e l’utilizzo dei bambini, ma anche gli attacchi contro le scuole e gli ospedali. E “Save the Children” testimonia come siano sempre più numerosi gli attacchi alle scuole: nel caso più specifico dell’Afghanistan, nel 2009 sono stati oltre 600 gli attacchi alle scuole con incendi, esplosioni di ordigni, bombardamenti, violenze e attentati. Ciò dimostra il pesantissimo impatto della guerra sulle condizioni dell’infanzia.

    D. – La risoluzione Onu non soltanto sollecita i Paesi membri ad adottare azioni contro chi, nei conflitti armati, commette violazioni ed abusi nei confronti dei bambini, ma esorta anche a portare i responsabili davanti alla giustizia. Quali strumenti giuridici ha la comunità internazionale e quale via si deve seguire in questo senso?

    R. – Le Corti penali di giustizia presenti nei vari Paesi, che sono state attrezzate per poter risolvere questo tipo di problematiche, devono essere in grado di poter accogliere le istanze dei bambini e delle bambine vittime e anche l’azione di organizzazioni non governative che lavorano nel settore dell’emergenza e nell’umanitario, come “Save the Children”. Tali organizzazioni possono creare, quindi, tutta una serie di precondizioni affinché vengano dati strumenti a chi può aiutare a perseguire la giustizia anche sul campo.

    D. – Nella sua esperienza, c’è un caso particolare che lei ricorda di bambini soldato salvati e poi reintrodotti nella società?

    R. – Posso menzionare progetti che “Save the Children” ha avviato in Africa e, in particolare, progetti di educazione. Andare a scuola per i bambini è fondamentale, non solo per la formazione e il benessere, ma anche per la pace e la stabilizzazione futura della comunità. L’istruzione ha un ruolo cruciale nella protezione dei bambini, affinché i più piccoli possano frequentare un ambiente protetto in cui possano riabituarsi ad una routine di vita che permetta loro di esprimere idee e opinioni per essere futuri cittadini del mondo. (gf)

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    Testamento biologico. Scienza e Vita: il sì della Camera tutela dalle derive eutanasiche

    ◊   “Una legge che tutela dalle derive eutanasiche”. Così l’associazione Scienza e Vita commenta il sì della Camera, ieri, al ddl sul testamento biologico. 278 i voti favorevoli, 205 i contrari, 7 gli astenuti: la consultazione è avvenuta a scrutinio segreto. Tra le principali novità: le Dat, dichiarazioni anticipate di trattamento, non saranno vincolanti per il medico e non potranno riguardare la sospensione di alimentazione e idratazione artificiale, prevista solo in casi eccezionali. Di “un testo a lungo atteso, ben modulato e votato da un’ampia e trasversale maggioranza” parla il quotidiano cattolico Avvenire. Per un commento sentiamo, al microfono di Paolo Ondarza, il prof. Gianluigi Gigli, direttore di Neurologia all’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine e membro del Consiglio esecutivo Scienza e Vita:

    R. – Reputo questo testo sostanzialmente molto positivo. Innanzitutto, perché mette fine ad una situazione di incertezza dal punto di vista giuridico, come si era aperta a seguito di alcuni pronunciamenti, in particolare della Corte di Cassazione, e di tutto quello che poi ne era seguito con la vicenda Englaro; poi, perché dice chiaro una volta per tutte, chiamandola per la prima volta con il suo nome: “no” all’eutanasia sotto qualunque forma, “no” all’abbandono del malato. Lo reputo positivo perché torna a chiamare sostegni vitali quelle cose – l’idratazione e la nutrizione – che solo con artifici linguistici si era voluto trasformare in terapie.

    D. – Il testo licenziato dalla Camera definisce le Dat, ovvero le dichiarazioni anticipate di trattamento, non vincolanti per il medico...

    R. – La stessa convenzione sulla biomedicina di Oviedo in realtà prevede che i desideri del paziente siano tenuti certamente in considerazione, ma non siano in alcun modo vincolanti per il medico. E’ la stessa cosa che adesso si profila per l’Italia, dove si parla appunto di orientamenti, di richieste, che il medico certamente valuta in tutta la sua attenzione, ma che non possono però finire per condizionare la decisione clinica in maniera definitiva, perché altrimenti il medico si ridurrebbe ad un prestatore d’opera in un rapporto che sarebbe meramente di tipo contrattuale.

    D. – Ma allora il singolo paziente di cosa potrà disporre nelle Dat?

    R. – Il singolo paziente dovrebbe poter orientare quelle che sono le sue opzioni terapeutiche, le scelte che hanno a che fare appunto con determinati tipi di intervento piuttosto che altri, con determinati tipi di farmaci piuttosto che altri, ma non può certamente intervenire sulla sospensione di presidi vitali, come appunto la nutrizione e l’idratazione che, se sospesi, avrebbero un solo effetto certo: quello di affrettare la fine del paziente. Allora, se questo è quello che si vuole, bisogna dirlo in maniera più chiara: si vuole l’introduzione dell’eutanasia per omissione nel nostro ordinamento giuridico.

    D. – La data assumerà valore solo quando sarà accertata assenza di attività cerebrale integrativa. Che cosa vuol dire?

    R. – Sostanzialmente è un modo, con altre parole, per restringere l’applicabilità ai soggetti in stato vegetativo. Qui si è voluto evitare che tutta una serie più ampia di pazienti – pensiamo in particolare ai pazienti con l’Alzheimer – potessero diventare oggetto di attenzione dal punto di vista di una sospensione di cure anche necessarie. Pensate semplicemente all’antibiotico terapia.

    D. – Inoltre sarà valida la Dat opportunamente registrata presso un unico archivio nazionale, di cui sarà titolare il Ministero della Salute a garante...

    R. – Sì, questo serve a dare certezza, con il fatto che la Dat deve essere sottoscritta dal soggetto, quindi deve essere un atto certificato. Questo serve appunto ad evitare che ci possano essere, come appunto ci sono state, nella vicenda che tutti ricordiamo, delle interpretazioni della volontà del paziente.

    D. – Finalmente ai pazienti in stato vegetativo sarà poi garantita assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare, prevedendoli tra i livelli essenziali di assistenza. Ci sarà la capacità di affrontare questa spesa?

    R. – Non dovrebbe essere un reperimento particolarmente oneroso, innanzitutto perché, per fortuna, il numero di questi pazienti non è un numero esorbitante, soprattutto se lo consideriamo distribuito su tutto il territorio nazionale, ma poi anche perché molti dei provvedimenti che le vie di indirizzo prevedono in realtà erano già fornite dal servizio sanitario nazionale. Qual era il limite? Era che il paziente e la sua famiglia dovevano andare a cercarseli, mentre invece si evita alle famiglie il peregrinare e chiedere per pietà dei diritti che vengono invece riconosciuti.

    D. – Non mancano, sono numerose anche, le critiche, secondo le quali il testo lede il principio di autodeterminazione del malato...

    R. – Questo, per chi vuole fare del principio di autodeterminazione un totem avente valore assoluto, certamente è vero. Queste persone però dimenticano che la nostra Costituzione prevede sì il diritto all’autodeterminazione del malato, ma prevede anche che la salute del paziente sia un bene della collettività. Quindi, la collettività tutta ha un interesse alla tutela della vita e della salute del paziente. E, comunque, il "bene vita" viene messo prima del "bene salute" nella nostra Carta costituzionale. (ap)

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    Censis-Ucsi: oltre metà degli italiani conquista internet ma diffida delle notizie che legge e ascolta

    ◊   Cambia la dieta mediatica degli italiani, ovvero le abitudini di lettura di giornali, di ascolto e visione di radio e tv e di navigazione on line. A segnare la differenza soprattutto i giovani, come evidenza il IX Rapporto sulla comunicazione, elaborato dal Censis in collaborazione con l’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi). Lo studio dal titolo “I media personali nell’era digitale” è stato presentato stamane alla stampa a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Quasi la metà degli italiani, oltre il 45% non legge più giornali cartacei, se leggono qualcosa lo fanno solo attraverso uno schermo, soprattutto i giovani: il 53,3 % li ha abbandonati per navigare su Internet. L’utenza della Rete cresce infatti di 6 punti in due anni, a quota 53,1.

    Se i quotidiani a pagamento perdono il 7% di lettori tra il 2009 e il 2011, la lettura delle testate on line è stabile intorno 18%. Mantiene invece il primato quale fonte d’informazione la Tv, l’80,9% guarda i Tg, ma tra i giovani la percentuale scende al 69,2, avvicinandosi al 65,7 che s’informa tramite Google e al 61,5 attraverso Facebook. In generale, dopo i Tg seguono i Gr a quota 56,4, poi i quotidiani (47,7), i periodici (46,5), il televideo (45), i motori di ricerca (41,4), i siti di informazione (29,5), i social network (26,8) e i quotidiani on line (21,8).

    In campo televisivo, gli utenti digitali sono arrivati al 76,4%, la Tv satellitare rimane al 35,2% ma cresce la web Tv al 17,8%, grazie soprattutto ai giovani: il 40,7 la vede abitualmente. Resta invece marginale l’utenza della Tv mobile all’0,9 %, che sale all’1,7 tra i giovani. Prevalenti i palinsesti ‘fai da te’, per cui il 12,3 attinge ai siti delle stesse emittenti per seguire i programmi, il 22,7 utilizza You Tube, il 17,5% - percentuale che sale al 36,2 fra i giovani - segue programma scaricati dal web da altri utenti. In calo la reputazione dei giornalisti, pure giudicati competenti dal 76,8 % degli italiani oltre il 67% li giudica poco indipendenti e spregiudicati: per un cittadino su due sono poco affidabili, e tra i giudizi negativi spicca la smania di protagonismo. Quanto a credibilità dei vari media, in una scala da 1 a 10 la Tv merita 5,7, i giornali 5,9, la radio 6,2, internet 6,5. La gente, dunque, in gran parte non si fida di quello che legge sente vede. Un paradosso su cui riflettere nell’era multimediale.




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    Chiesa e Società



    Africa: alluvioni nell'Ovest e siccità nell'Est affliggono milioni di persone

    ◊   Almeno 25 vittime, tra cui 11 bambini, decine di sfollati, allagamenti diffusi, strade infrastrutture e abitazioni danneggiate: il bilancio delle intense piogge iniziate nel fine settimana su Lagos, capitale economica della Nigeria, con 15 milioni di abitanti, tra le più popolose del continente. Nelle ultime settimane - riferisce l'agenzia Misna - precipitazioni alluvionali avevano già colpito Kano, a nord della Nigeria, e causato ingenti danni ad Abidjan, nella Costa d’Avorio, in un centinaio di villaggi del Benin ma anche in Togo e Namibia, mettendo a rischio il prossimo raccolto visto che ettari di terreni appena seminati sono stati allagati. Dal punto di vista meteorologico il continente è diviso in due con intemperie sempre più violente e stagione secca più breve sul versante occidentale mentre la regione orientale del Corno d’Africa sta sperimentando una siccità senza precedenti di cui sono vittime milioni di persone. Una “tragedia umanitaria è in corso in Somalia dove il 50% dei bambini soffre di malnutrizione e la gente è costretta a spostarsi in cerca di acqua e cibo” ha detto l’Alto commissario per i rifugiati, Antonio Guterres. In Etiopia, almeno 4,5 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari urgenti, circa 1,3 milioni in più rispetto all’anno scorso, in base ai dati diffusi dal ministro dell’Agricoltura, Miliku Kassa. Colpiti dalla stessa emergenza sono anche Gibuti e Kenya dove 3 milioni di persone vivono nell’insicurezza alimentare a causa delle piogge carenti negli ultimi anni, dell’elevata mortalità del bestiame e del rincaro dei generi alimentari. (R.G.)

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    Svizzera: l’impegno della Caritas in Etiopia e Somalia, colpite dalla siccità

    ◊   700mila franchi: a tanto ammontano gli aiuti immediati messi a disposizione dalla Caritas Svizzera per l’Etiopia e la Somalia, colpite da una grave siccità. In una nota diffusa ieri, l’organizzazione umanitaria cattolica ricorda che, negli ultimi sei mesi, 135mila somali sono rimasti vittime della situazione e sono fuggiti verso il Kenya e l’Etiopia. “Dopo numerose settimane di marcia – si legge nella nota – queste persone sono totalmente esauste. Soprattutto i bambini sono malnutriti e molti di loro rischiano di morire di fame”. Drammatica anche la situazione nei campi-profughi: nella sola struttura di Dadaab, in Kenya, ci sono 382mila persone ed il flusso dei nuovi arrivi non accenna a diminuire. Oltretutto, le ultime statistiche dell’Onu non sono ottimiste: nel Corno d’Africa, più di 10 milioni di persone, tra cui due milioni di bambini, sono state colpite dalla siccità. Nella regione del Tigray, nel nord dell’Etiopia, non piove a sufficienza da circa tre anni. A causa della mancanza di precipitazioni, la maggior parte della popolazione contadina ha perso i mezzi di sussistenza, gli animali non vengono nutriti, i campi non sono irrigati e i prezzi dei generi alimentari si triplicano. Per questo, “la Caritas Svizzera si adopera soprattutto per la costruzione e la riparazione delle riserve idriche, affinché la popolazione possa avere a disposizione l’acqua potabile”. Inoltre, “per evitare il diffondersi di focolai di colera, la Caritas costruisce fognature e insegna le misure igieniche alla popolazione che vive nelle campagne”. Nel nord dell’Etiopia, inoltre, la Caritas “dirige un programma con l’impiego di oltre 8mila persone: con una sola giornata di lavoro, che garantisce i bisogni alimentari di base, la popolazione costruisce 18 dighe, fondamentali per l’approvvigionamento dell’acqua”. Particolare attenzione viene poi data agli studenti che ricevono un aiuto alimentare complementare nelle scuole, così da arginare gli abbandoni scolastici. Un ulteriore programma di aiuti è in via di preparazione e prevede la distribuzione di acqua, kit sanitari ed alimenti di base ai rifugiati di Etiopia e Kenya. Da segnalare, infine, che già nei giorni scorsi mons. Peter Kihara, vescovo di Marsabit, in Kenya, si era appellato a tutta la comunità internazionale, chiedendo “un aiuto rapido in questa situazione urgente e disperata, che si aggrava di giorno in giorno”. (I.P.)

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    Obiettivi del Millennio: i progressi in Africa e le nuove sfide

    ◊   Passi avanti più o meno significativi sono stati compiuti dall’Africa sub sahariana nei settori dell’istruzione e della sanità ma la strada verso il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio (Mdg) delle Nazioni Unite è ancora tutta in salita. E’ questa la conclusione del rapporto 2011 pubblicato ieri a Johannesburg che fa il punto sullo stato di avanzamento degli otto grandi Obiettivi definiti dall’Onu nel 2000 e da realizzare entro il 2015. Secondo lo studio, - riferisce l'agenzia Misna - fra quattro anni solo l’obiettivo che riguarda l’accesso all’istruzione verrà raggiunto grazie a politiche già avviate dai governi africani a favore dell’alfabetizzazione dei giovani, il 60% della popolazione continentale, e delle donne. Per il resto progressi significativi vengono segnalati nella lotta all’aids, alla malaria e alla tubercolosi che lasciano ben sperare per il futuro. Invece per quanto riguarda la salute materna e infantile, in particolare la diminuzione della mortalità in gravidanza e durante il parto, l’Onu sottolinea che la sola Africa orientale conosce miglioramenti mentre nella regione occidentale la situazione rimane invariata. La sfida maggiore è quella della riduzione della povertà, cioè del numero di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno: finora la costante crescita economica dell’Africa non si é tradotta in benessere per la popolazione e soprattutto per i gruppi più indifesi quali i bambini, spesso sotto-alimentati. Il rapporto Onu fa notare che negli ultimi anni l’insicurezza alimentare del continente viene aggravata dai cambiamenti climatici, che si manifestano con alluvioni e periodi di siccità prolungata, con danni per le produzioni agricole e aumento dei prezzi del cibo. L’attuale situazione del Corno d’Africa, dove 12 milioni di persone patiscono la fame a causa della siccità, mentre alcuni paesi dell’Africa occidentale, come la Nigeria, sono sotto l’acqua, è emblematica della nuova sfida che il continente più povero deve affrontare. (R.P.)

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    Congo: migliora la condizione dei bambini soldato, ma la situazione resta critica

    ◊   Negli ultimi dieci anni sono stati liberati circa 36 mila bambini soldato nella Repubblica Democratica del Congo, ma secondo i dati dell’Unicef almeno 6 mila sarebbero ancora arruolati nelle milizie irregolari. L’Opera “Don Bosco” di Goma è in prima linea nelle operazioni di assistenza a queste piccole vittime. “I reclutamenti forzati continuano, soprattutto nei villaggi della provincia del nord Kivu, e i bambini che tentano di fuggire vengono torturati o uccisi, a volte davanti ad altri bimbi, a titolo dimostrativo” afferma Paolo Urbano, responsabile del settore sanitario della Cooperazione Italiana, rilasciato all’agenzia Agi. Secondo fonti mediche della Cooperazione italiana, presente a Kinshasa dal 1999 ed impegnata nel piano internazionale di liberazione dei minori, “la situazione è molto migliorata ma resta critica”. “Il nostro lavoro consiste nel reinserimento sociale e civile dei bambini perché il reclutamento militare sconvolge la loro esistenza” ha aggiunto il responsabile. (R.P.)

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    Caritas Internationalis: l’indipendenza del Sud Sudan sia un momento di speranza

    ◊   “Un momento di speranza dopo decenni di guerra e la perdita di milioni di vite”: così Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis, definisce l’indipendenza del Sud Sudan, proclamata sabato scorso con una cerimonia ufficiale. “L’indipendenza – ha detto Roy – segna la fine di un lungo cammino verso la libertà compiuto dalla popolazione del Sud Sudan. Milioni di vite si sono sacrificate per questo percorso e altri milioni sono stati costretti a lasciare le loro case”. L’esponente della Caritas Internationalis ha ricordato che “la Chiesa cattolica ha camminato insieme a queste persone, cercando di riunire le comunità divise, portando aiuti umanitari, collaborando ai progetti di sviluppo ed esortando i governi a sostenere il processo di pace”. “Le popolazioni del sud e del nord del Sudan – ha aggiunto Roy – hanno dimostrato che la pace è possibile. Ora tutti noi abbiamo l’opportunità di disegnare un futuro comune, basato su quella giustizia e quello sviluppo cui queste popolazioni hanno diritto”. Il segretario generale della Caritas ha sottolineato, inoltre, il grande impegno portato avanti dall’organizzazione per portare nel Sud Sudan aiuti essenziali come acqua potabile, cibo e medicine. Tuttavia, “ora è necessario incrementare gli aiuti a lungo termine per aiutare la popolazione ad uscire dalla povertà e per costruire una nuova economia attraverso l’educazione, l’agricoltura e le infrastrutture”. Tutto questo perché, ha aggiunto Roy, “lo sviluppo è il nuovo nome della pace e senza la fine dei conflitti né il Sud Sudan né il Sudan stesso potranno prosperare”. L’appello della Caritas, allora, è che si ponga fine alle violenze perpetrate nella zona di Abyei e sui Monti Nuba, nel Kordofan meridionale, evitando così ulteriori “conflitti inter-etnici, stupri, rapimenti, uccisioni di donne, anziani e bambini”. “La Caritas – ha sottolineato il suo segretario generale – chiede ai governi di Karthoum e Juba di proteggere i rispettivi cittadini e di assicurare alla giustizia i responsabili dei crimini. I governi del Sudan e del Sud Sudan devono anche tutelare i diritti delle minoranze, in particolare quelle religiose ed etniche, storicamente emarginate”. Infine, Michel Roy ha ribadito che la volontà di Caritas Internationalis di lavorare fianco a fianco con Sudanaid (Caritas Sudan) e con la Chiesa locale. (I.P.)

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    Croazia: riunione speciale dei vescovi per un bilancio sulla visita del Papa

    ◊   A poco più di un mese dalla visita di Benedetto XVI in Croazia, svoltasi il 4 e 5 giugno, i vescovi del Paese hanno tenuto ieri una sessione plenaria speciale per tracciare un bilancio dell’evento. La riunione è stata presieduta, a Zagabria, dal presidente della Conferenza episcopale croata (Cec), l’arcivescovo Marin Srakić, ed ha visto la partecipazione anche del nunzio apostolico nel Paese, mons. Mario Roberto Cassari. Nel suo intervento, mons. Srakić ha sottolineato che la visita del Papa è stata un grande evento per la Chiesa e la nazione croata ed ha avuto una notevole risonanza non solo nel Paese, ma anche all’estero. Quindi, il presule ha letto una lettera di ringraziamento inviata da Bendetto XVI alla Cec, nella quale il Santo Padre esprime la sua profonda gratitudine per la calorosa accoglienza ricevuta, per l’impegno con cui la visita è stata preparata e per l’attenta partecipazione dei fedeli. Nella missiva, Benedetto XVI ricorda con gioia i vari incontri avuti con i croati, tra cui quello con le famiglie e con i sacerdoti. Dal canto loro, i vescovi del Paese hanno sottolineato la grande partecipazione dei giovani, i quali, nel corso della Veglia di preghiera di sabato 4 giugno, “hanno fatto risuonare la loro voce attraverso la preghiera, i canti e la meditazione, offrendo una grande testimonianza della loro fede”. I presuli hanno poi ricordato i temi principali dei discorsi pronunciati dal Papa, come la difesa della famiglia e il necessario dialogo tra tutte le strutture della società. Di qui, l’incoraggiamento rivolto dalla Cec a tutti i fedeli e le persone di buona volontà della Croazia, affinché approfondiscano il messaggio lanciato da Benedetto XVI, per il bene comune di tutto il Paese. Tra gli altri argomenti esaminati dalla Plenaria, anche il completamento della costruzione della Chiesa dei martiri croati ad Udbina, la cui dedicazione è in programma per il 10 settembre. A partire dal prossimo anno, inoltre, la Giornata dei martiri croati verrà celebrata l’ultima domenica di agosto. Infine, la Cec ha fatto il punto sulla causa di beatificazione del Servo di Dio Miroslav Bulešić, il giovane sacerdote ucciso durante il regime comunista il 24 agosto 1947 a Lanišće, mentre amministrava il sacramento della Cresima. (I.P.)

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    Vietnam: vietato al superiore dei Redentoristi di lasciare il Paese

    ◊   “La polizia mi ha bloccato all’ultimo controllo, dopo che avevo completato tutte le procedure in aeroporto. Mi hanno tenuto in custodia per ore, prima di ordinarmi di tornare a casa senza nessuna spiegazione”: così il Superiore provinciale dei Redentoristi in Vietnam, padre Vincent Pham Trung Thanh, racconta all'agenzia AsiaNews come gli è stato impedito il 10 luglio scorso di partire dallo scalo di Tan Son Nhat per Singapore, dove doveva partecipare alla conferenza dei provinciali Redentoristi dell’Asia Orientale e dell’Oceania. La conferenza si svolgeva al monastero di Noveda dall’11 al 13 luglio. L’incidente ha spinto la Provincia vietnamita dell’Ordine a emanare un comunicato stampa, in cui si accusa la polizia di Saigon di violare grossolanamente i diritti del Superiore, impedendogli di lasciare il Paese per presenziare a un evento religioso, e negandogli anche il permesso di celebrare la messa a un raduno a favore della vita. Secondo la legge vietnamita le persone a cui non viene consentito lasciare il Paese dovrebbero essere informate con un mese di anticipo. Questa regola non si applica a criminali in fuga, o a chi è stato condannato per un crimine; ma il religioso non ricade in nessuna delle due categorie. Padre Vincent Pham Trung Thanh ha scritto una lettera di protesta al Comitato per gli affari religiosi di Saigon, mettendo in evidenza la sua sofferenza nelle ore di arresto, fino a quando infine le forze di sicurezza gli hanno comunicato che era nella lista delle persone a cui è proibito varcare i confini. E’ la seconda volta che al provinciale dei Redentoristi è impedito di lasciare il Vietnam. Un episodio analogo è accaduto il 28 dicembre 2010, quando avrebbe dovuto partire per gli Stati uniti. Alcune settimane prima di quella data, funzionari locali della sicurezza lo hanno convocato a “sessioni di lavoro” in un ufficio governativo. Durante le riunioni funzionari di diversi settori statali a turno hanno preso la parola per criticare i Redentoristi, accusandoli di predicare sentimenti anti governativi, di istigare al disordine, di fomentare manifestazioni, e incitando a violare la legge. (R.P.)

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    Filippine: per il Senato nessuna irregolarità nella vicenda delle donazioni dell'Ente delle lotterie

    ◊   I vescovi che hanno ricevuto in donazione auto dal Philippine Charity Sweepstakes Office (Pcso) non hanno commesso alcuna irregolarità. Lo ha stabilito ieri il Senato filippino chiamato ad esprimersi sulla vicenda delle regalie fornite dall’ Ente che gestisce le lotterie pubbliche su richiesta di un gruppo di parlamentari. Secondo i senatori - riferisce l’agenzia Ucan - non ci sarebbe stata alcuna violazione delle norme che regolano la distribuzione di questi fondi e che vietano donazioni a favore di un gruppo religioso, in quanto le automobili sarebbero state usate per aiutare la popolazione e non per fare proselitismo. Dopo il clamore suscitato dalla vicenda, i vescovi coinvolti hanno comunque deciso di restituire le vetture, come anticipato lunedì in un messaggio pastorale dal presidente della Conferenza episcopale mons. Nereo Odchimar che aveva espresso il dolore dell’episcopato per la vicenda, sottolineando peraltro la buona fede dei presuli in questione. Tre di loro hanno riconsegnato le vetture al Pcso proprio ieri, mentre l’arcivescovo di Cotabato Orlando Beltran Quevedo, ha annunciato che quelli dell’isola di Mindanao sono pronti a farlo. (L.Z.)

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    Cina: nell'Anno dei laici inviati 24 missionari dalla Mongolia Interna

    ◊   “Eccomi Signore, manda me!”: sono le parole pronunciate dai 24 missionari laici della diocesi di Ba Meng, nella Mongolia Interna della Cina continentale, durante il rito del mandato missionario presieduto da mons. Mattia Du Jiang, vescovo diocesano, dopo 5 giorni di incontro sul tema dell’evangelizzazione. Secondo quanto l’agenzia Fides apprende da Faith dell’He Bei, si tratta del primo Incontro dedicato all’Evangelizzazione, in occasione dell’Anno dei Laici, organizzato dalla Commissione diocesana della Pastorale. Dal 4 all’8 luglio si sono quindi riuniti i laici attivi nell’evangelizzazione delle 7 parrocchie per confrontarsi sul tema: “tutti sono protagonisti, condivisione e scambio”. Secondo i partecipanti, “lo Spirito Santo ci ha guidato ed illuminato e ci permette di migliorarci per essere ‘sentinelle di Cristo’. Abbiamo potuto condividere 13 temi, maturando proposte costruttive ed efficaci riguardo al programma diocesano su evangelizzazione e pastorale”. Mons. Du e il suo vicario hanno partecipato all’apertura e presieduto anche la solenne Eucaristia di chiusura dell’incontro conferendo il mandato missionario. Il vescovo ha incoraggiato i suoi fedeli perché “siano consapevoli della loro responsabilità missionaria”. (R.P.)

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    Afghanistan: l'impegno dei Gesuiti per istruzione e formazione professionale dei giovani

    ◊   In un Paese dilaniato dalla guerra e dal terrorismo, i giovani afgani, che sono il 68% della popolazione, “vogliono pace e sicurezza e sognano di poter godere di un percorso di istruzione”, come tutti gli altri giovani del mondo. “La Chiesa deve aiutare i giovani a realizzare questo sogno, ed è questa la missione dei Gesuiti e dei volontari del Jesuit Refugees Service (Jrs)”: lo afferma in una nota inviata all’agenzia Fides il gesuita indiano padre Stan Fernandes, direttore del Jrs Afghanistan. Il direttore nota che “bambini e giovani sono stanchi della guerra e ben pochi di loro hanno l’opportunità di andare a scuola”. Su 33 milioni di afgani, “i ribelli sono circa 10mila ma catalizzano l’attenzione della comunità internazionale. La nostra missione è dare voce e speranza al 99,9% della popolazione afgana, che lotta ogni giorno, con tutto il cuore, per andare avanti e per costruire un domani migliore. Insieme con la popolazione afgana – prosegue – noi speriamo e preghiamo per la pace e continuiamo il nostro viaggio accanto alla gente, cercando di raggiungere soprattutto gli emarginati. I giovani, che hanno vissuto la guerra e l’esilio, domani guideranno la nazione. Questa generazione - riferisce l'agenzia Fides - deve essere aiutata a concentrare tutte le sue energie, il suo entusiasmo e il suo potenziale, per promuovere pace e sviluppo nella nazione”. Il Jrs opera in Afghanistan dal 2005, quando un team di Gesuiti indiani ha avviato programmi nel campo dell’istruzione: oggi nella “Technical High School” di Herat vi sono 600 allievi che seguono corsi di elettricità, elettronica, costruzioni, commercio. Dal 2006 i religiosi insegnano anche inglese, informatica, biologia e fisica a oltre 3.000 studenti universitari di Herat, Bamiyan e Kabul. In un altro programma i Gesuiti assistono i profughi rientrati in Afghanistan nella città di Sohadat, a 35 km da Herat, assicurando loro assistenza alimentare, servizi sanitari e istruzione, in una scuola elementare frequentata da oltre 200 bambini e tramite una clinica che cura 250 pazienti a settimana. Sono attivi anche programmi di formazione e sviluppo dedicati specificamente alle donne. (R.P.)

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    Aprirà domani a Tunisi il primo Ufficio Onu per i diritti umani in un Paese del Nord Africa

    ◊   Il primo Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani in un Paese nordafricano aprirà domani a Tunisi. Ad inaugurare la struttura sarà Navi Pillay, Alto Commissario Onu per i diritti umani, in missione in Tunisia, per firmare un accordo con il ministro degli Affari esteri, Mohamed Kafi ed incontrare il primo ministro Béji Caïd Essersi. I negoziati per aprire il nuovo ufficio dell’Onu erano stati avviati lo scorso gennaio, dopo le proteste di massa che avevano portato alla caduta del governo del presidente Ben Ali. E' la prima volta che l'Alto Commissariato dell'Onu per i Diritti Umani riesce a stabilire una sede in uno dei Paesi mediterranei del Nord Africa, dopo l’apertura di un ufficio in Mauritania nel 2010. Navi Pillay ha inoltre annunciato l’intenzione di aprire un Ufficio regionale al Cairo prima della fine dell’anno. Durante la sua visita, l'Alto Commissario esprimerà solidarietà nei confronti del popolo tunisino, e l’impegno a fornire sostegno per realizzare con successo la transizione democratica e permettere il radicamento della tutela dei diritti umani nella legislazione e nelle pratiche ufficiali tunisine. (R.G.)

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    Pakistan: l'Unhcr potenzia l’assistenza alle migliaia di persone in fuga

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sta rafforzando le operazioni di assistenza alle persone in fuga dai recenti combattimenti nelle regioni nord-occidentali del Pakistan. La decisione giunge a seguito di una valutazione effettuata da una missione dell’Onu lo scorso fine settimana nel distretto di Kurram Agency, lungo la cintura di aree tribali al confine con l’Afghanistan. È nell’area centrale del distretto che si sono svolte le ultime operazioni militari pakistane contro i ribelli. A causa degli scontri, iniziati alla fine di giugno, la popolazione di 8 villaggi in un’area di 80 chilometri quadrati è stata costretta alla fuga. Secondo le stime fornite dalle autorità locali, sarebbero fino a 12.000 le famiglie sfollate a seguito dell’operazione, per un totale di circa 84.000 persone. Nelle ultime due settimane oltre 700 famiglie hanno cercato rifugio nel nuovo campo allestito dalle autorità locali nell’area di Durrani nella città di Sadda, nel distretto di Lower Kurram. Il campo di New Durrani si trova a circa 30 chilometri dalla zona di conflitto. L’Unhcr ha deciso di potenziare il proprio impegno: nei prossimi giorni saranno inviati a New Durrani esperti di pianificazione e gestione dei campi e sarà avviata una collaborazione con le autorità locali e le organizzazioni non governative per fornire pasti caldi, costruire cucine, piantare tende e distribuire legna da ardere. Sono oltre 4 milioni le persone che negli ultimi 3 anni sono state costrette a fuggire dalle proprie aree d’origine a seguito delle ondate di scontri tra forze governative e miliziani che si sono susseguite nel nord-ovest del Pakistan. La grande maggioranza di loro ha potuto far ritorno a casa, ma 400.000 persone originarie delle aree tribali di South Waziristan, Orakzai, Kurram, Khyber, Mohmand e Bajaur continuano a vivere da sfollati. Molti sono stati accolti dalle comunità locali delle aree di Dera Ismail Khan, Kohat, Peshawar, Tank e Hangu nella provincia di Khyber Pakhtunkwa, ma in circa 57.000 vivono ancora in 4 campi. (A.L.)

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    Messico: la Chiesa di Monterrey fortemente preoccupata per l’espandersi della criminalità

    ◊   Dopo il massacro di 21 persone a Monterrey, avvenuto l'8 luglio, l'arcivescovo della città, il cardinale Francisco Robles Ortega, ha espresso - riferisce l'agenzia Zenit - il dolore della Chiesa perché, nonostante le autorità messicane abbiano colpito con forza il narcotraffico, questo continua a manifestarsi “con estrema freddezza”. In una conferenza stampa con i media locali, il cardinale si è riferito a quello che è già noto come “il massacro di Sabino Gordo”, dal nome del bar, nel quale presumibilmente un gruppo di sicari è penetrato sparando a quanti si trovavano all'interno. Un paio di settimane fa, ha ricordato il cardinale, è accaduto qualcosa di simile in un altro bar del centro di Monterrey, il che “indica – ha detto - che i criminali non sono indeboliti, che hanno il potere, che hanno l'impudenza, per così dire, di mostrare la smisurata manifestazione della loro forza in questi casi”. Questo tipo di atti criminali, sta seminando il terrore nella società, e “per quanto si dica - ha osservato il porporato - che queste persone erano legate al crimine, nessuno deve morire in modo così crudele” e nessuno può disporre in questo modo della vita degli altri. “Il disprezzo per la vita al quale si è arrivati significa l'allontanamento da Dio, che è Vita”, ha aggiunto. “Se i criminali avessero sperimentato nella loro esistenza che Dio è la fonte della Vita, ci avrebbero pensato due volte” prima di commettere queste atrocità, ha sottolineato ancora il porporato chiedendo di non ridurre l'età penale dei giovani, perché questi “sono costretti dai gruppi criminali”, a delinquere senza che vengano offerte loro alternative sia di lavoro che di riabilitazione. “E' molto facile prendere misure contro il crimine ma non andare alla radice delle cose”, ha concluso l'arcivescovo di Monterrey. (R.G.)

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    Cile: la Chiesa di Santiago celebra 450 anni a servizio della comunità

    ◊   “Cristo ayer, hoy y siempre” è il motto con il quale la Chiesa di Santiago, creata come diocesi nel 1561 da Papa Pío IV, celebra i suoi 450 anni di vita. L’arcivescovo di Santiago, mons. Ricardo Ezzati, insieme al vicario generale della pastorale, mons. Cristián Precht, hanno presentato in una conferenza stampa i tanti eventi che si susseguiranno durante tutto il mese. Mons. Ezzati - riporta l'agenzia Fides - ha ricordato che solo alcune settimane fa la Chiesa ha celebrato i 200 anni del Congresso nazionale e lo scorso anno il bicentenario del Cile, evidenziando che “la Chiesa Cattolica ha 250 anni in più rispetto a quando il paese ha raggiunto l’indipendenza e allo stesso Congresso nazionale”. Secondo l’arcivescovo, la Chiesa cattolica ha contribuito molto alla costruzione del Paese: “una Chiesa che ha accompagnato fin dall’inizio la vita della nostra gente, che ha sempre sostenuto gli indigeni e che è sempre stata presente nella creazione dei centri culturali, sanitari, educativi, nei seminari e in tanti altri campi”. Mons. Precht, ha indicato le attività che si svolgeranno per la celebrazione. La prima sarà la XV Settimana teologico-pastorale 2011, una attività formativa per il clero e per i laici che avrà come tema “Presente e futuro del nostro passato: 450 anni di storia nella Chiesa di Santiago”. Ogni giorno verrà affrontato un tema specifico. Ci sarà inoltre una grande assemblea arcidiocesana, con i rappresentanti di tutta la Chiesa di Santiago, ed una Messa solenne presieduta dall’arcivescovo. (R.P.)

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    Gmg: riuniti a Madrid oltre 50 ambasciatori accreditati nella capitale spagnola

    ◊   Terza riunione informativa – riferisce l’agenzia Zenit - tra gli organizzatori della Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) a Madrid ed i rappresentanti di oltre 50 ambasciate accreditate nella capitale spagnola, a poco più di un mese dall’evento. “Alla vigilia di questo incontro vi ringrazio per la vostra collaborazione”, ha detto mons. César Franco, coordinatore generale della Gmg. “Il vostro ruolo è indiscutibile in questo evento dal carattere spiccatamente internazionale”. Per l'organizzazione hanno assistito, oltre a mons. Franco, Yago de la Cierva, direttore esecutivo, José Carlos Sanjuán e Francisco Morales, rispettivamente responsabili di protocollo e sicurezza, e Rafael Rubio, direttore per la comunicazione. Presenti anche il nunzio in Spagna, mons. Renzo Fratini, e rappresentanti dei Ministeri degli Esteri, dell'Interno, del Lavoro e delle Questioni Sociali e della Presidenza del Governo. Ci sono già più di 440.000 giovani iscritti alla Gmg, di 182 Paesi. I dieci Stati con il più alto numero di iscritti sono Italia, Spagna, Francia, Stati Uniti, Germania, Brasile, Portogallo, Messico, Polonia e Argentina. Del continente africano, i Paesi con più giovani iscritti sono il Sudafrica e la Nigeria, dell'Asia le Filippine, dell'Oceania l'Australia. L'internazionalità della Gmg si riflette anche nella web ufficiale dell'evento, tradotto in 13 lingue, e nei profili ufficiali della Giornata su Facebook, disponibili in 21 lingue. Francisco Morales, responsabile per la Sicurezza alla Gmg, ha affermato che “c'è una collaborazione molto stretta tra le Amministrazioni pubbliche e la Giornata mondiale, e si seguono in ogni momento le loro direttive per ordinare il flusso di pellegrini ai grandi eventi”. Tutti i pellegrini iscritti avranno un'assicurazione che coprirà l'assistenza medica e il rimpatrio in caso di necessità. All'aeroporto ci saranno dieci punti informativi per assistere i pellegrini, che avranno, come parte dell'iscrizione, anche un abbonamento ai trasporti per i giorni dell'evento (a seconda che restino tutta la settimana o solo il weekend), ticket per i pasti (se hanno richiesto il vitto nell'iscrizione) e il pass del pellegrino, che darà loro accesso agli eventi principali della Gmg e alle attività culturali e permetterà l'ingresso nei Musei statali e al Patrimonio nazionale. La cerimonia di benvenuto al Papa sarà alla Puerta de Alcalá, e cinque giovani, uno per ogni continente, passeranno per ciascuno degli archi di questo monumento. Nella Via Crucis, con 14 gruppi scultorei da processione di rinomati artisti di tutta la Spagna, il Pontefice sarà accompagnato dalla Croce della Gmg, che verrà portata da gruppi di giovani di 14 Paesi che affrontano vari tipi di sofferenza per catastrofi naturali, fame o malattie. Giovani di ciascun continente esporranno a Benedetto XVI durante la Veglia i loro dubbi e le loro inquietudini. (R.G.)

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    Myanmar: la Chiesa invita i giovani a partecipare in modo responsabile alla Gmg di Madrid

    ◊   Mettere a frutto la partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, in programma a Madrid dal 16 al 21 agosto, dando prova di responsabilità. È l’invito rivolto dalla Chiesa del Myanmar a tutti i fedeli che vorranno recarsi in Spagna per partecipare al grande evento ecclesiastico internazionale. In particolare, la Conferenza episcopale locale sottolinea che i rappresentanti diocesani presenti alla Gmg “dovranno dare prova di zelo, essere pronti a lavorare per la Chiesa e per il suo sviluppo e fare un buon uso della loro partecipazione all’incontro”. L’esortazione della Chiesa del Myanmar arriva in seguito alla Gmg del 2008, svoltasi a Sydney, al termine della quale quattro giovani hanno chiesto asilo politico all’Australia e non sono più tornati a casa. Un gesto che, se ripetuto, “potrebbe avere ripercussioni sulla Chiesa e su tutti gli altri ragazzi birmani”. D’altronde, pur se per ragioni diverse, quello del Myanmar non è il solo caso di un Paese impossibilitato a presenziare alla Gmg: sia il Vietnam che le Filippine, ad esempio, si trovano in gravi difficoltà economiche, così che i giovani non riescono a mettere da parte i soldi necessari al viaggio e le defezioni tra gli iscritti aumentano di giorno in giorno. Come riferisce il delegato per i giovani della Conferenza episcopale filippina, Congegundo Garganta, a Manila la maggioranza delle persone vive con meno di 1,60 franchi al giorno ed è quindi difficile, per non dire impossibile, acquistare un biglietto aereo per Madrid, il cui costo si aggira intorno ai 1.500 franchi. (I.P.)

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    Gmg: dal Libano in 1000 per costruire ponti di dialogo e di pace

    ◊   “Un’occasione unica per pregare, conoscere un nuovo Paese e culture diverse, fare nuove amicizie e, cosa più importante, proclamare l’amore di Dio in tutte le lingue”. E’ con queste motivazioni che Ribel Elias, giovane maronita di 27 anni, di professione ingegnere geotecnico, impegnato nel movimento dei laici vincenziani, parteciperà alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, dal 16 al 21 agosto, insieme a circa 1000 suoi giovani connazionali. “Un numero - racconta all’agenzia Sir - che non tiene conto di molti altri che partiranno da varie parti del mondo. Dalla sola Australia ne arriveranno 300”. Tutti posti sotto l’egida della locale Commissione episcopale per l’apostolato dei laici, i pellegrini rappresentano diocesi, parrocchie e gruppi di tutto il Paese dei Cedri. La condivisione di fede e l’annuncio del Vangelo restano gli obiettivi centrali della partecipazione libanese a Madrid, tuttavia, aggiunge Ribas, “abbiamo il desiderio di condividere anche la nostra vita e la nostra tradizione. C’è una frase – afferma - che nessun libanese deve mai dimenticare, sono parole di Giovanni Paolo II pronunciate nel maggio del 1997 nel corso della sua visita nel nostro Paese: ‘il Libano è più di una nazione, è un messaggio’. Parole che sono incise nei nostri cuori e che ci dicono che la missione dei giovani libanesi è quella di costruire ponti di pace e di dialogo tra persone, famiglie e comunità diverse. Ed è ciò che vogliamo fare con i giovani che incontreremo e con i quali parleremo e pregheremo”. A chi parla di “Primavera araba” a Madrid, riferendosi alla presenza dei giovani mediorientali in Spagna, il giovane maronita dice: “parlare di ‘Primavera araba’ potrebbe essere fuori luogo anche perché tutto quello che si scrive e si legge a riguardo potrebbe non essere accurato e riflettere completamente la realtà. Personalmente credo che una primavera araba, sia essa musulmana o cristiana oppure ebraica, non avrà mai luogo fintanto che gli uomini sceglieranno di affidarsi ai leader politici ed ai regimi piuttosto che a Dio, fonte ultima dell’amore e della pace”. Circa la presenza dei giovani mediorientali alla Gmg il Sir si è già occupato, oltre che dei libanesi, di israeliani, palestinesi, giordani, egiziani ed iracheni. (R.G.)

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    Il Tour de France fa tappa al santuario di Lourdes

    ◊   Sarà una processione aux flambeaux particolarmente suggestiva quella che si svolgerà domani sera, alle ore 21.00, presso il santuario mariano di Lourdes, in Francia. In prima fila, infatti, ci saranno anche 180 ciclisti che partecipano al Tour de France. I corridori arriveranno al Santuario mentre sarà in corso la 13.ma tappa della gara, quella che va da Pau a Lourdes, lunga 152,5 km. Bicicletta alla mano e in tenuta sportiva, i 180 ciclisti apriranno la processione non appena tutti gli altri corridori avranno raggiunto i Pirenei; quindi, si disporranno intorno alla statua della Beata Vergine Maria. Infine, alle ore 23.00, assisteranno alla Santa Messa per tutti i ciclisti che verrà celebrata nella Grotta di Massabielle. “La Chiesa cattolica – spiega mons. Jacques Perrier, vescovo di Tarbes e Loudes – ha sempre tenuto lo sport in grande considerazione. Lo sforzo, la gioia, la sofferenza, lo spirito di squadra hanno un valore in più dal punto di vista cristiano”. Inoltre, venerdì 15 luglio, alle ore 17.00, all’arrivo di tutti gli altri partecipanti al Tour, i pellegrini di Lourdes formeranno 12 grandi stelle sulla spianata del Santuario. Da ricordare che nel 1948, il vincitore della stessa tappa e dell’intero Tour, l’italiano Gino Bartali, portò in segno di ringraziamento alla Grotta di Massabielle il mazzo di fiori ricevuto sul podio. Iniziato il 2 luglio, il Tour de France è composto da 21 tappe che toccheranno anche l’Italia, in particolare Pinerolo. La gara si concluderà il 24 luglio quando il vincitore, come da tradizione, arriverà sugli Champs-Élysées di Parigi. (I.P.)

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    Regno Unito: è morto mons. Michael Evans testimonial per la prossima Giornata per la Vita

    ◊   Si è spento lunedì, all’età di 59 anni, dopo una lunga malattia, mons. Michael Evans, vescovo di East Anglia, in Inghilterra. A gennaio, in una lettera alla diocesi, aveva annunciato di avere un cancro incurabile alla prostata, diagnosticatogli nel 2005, ma di aver deciso di continuare il proprio ministero fino alla fine. Nato a Londra nel 1951 e ordinato sacerdote nel 1975, per molti anni era stato professore di teologia al St. John’s Seminary, nel Surrey, ed era stato nominato vescovo di East Anglia nel 2003. Un uomo “totalmente dedicato al suo ministero di sacerdote e di professore” che “non si è risparmiato al servizio del clero, dei religiosi e dei fedeli della sua diocesi”. Così lo ricorda l’arcivescovo di Southwark Peter Smith, suo compagno di studi e predecessore alla guida della diocesi di East Anglia. Prolifico scrittore, mons. Evans è stato sempre molto attivo anche nel dialogo ecumenico e nel 1997 era stato nominato dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani tra i membri cattolici della Commissione internazionale cattolico-metodista. Nonostante la malattia, come promesso, ha lavorato fino all’ultimo. Tra i suoi ultimi contributi si ricorda la testimonianza personale offerta per la prossima Giornata nazionale per la Vita promossa dalla Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles il 31 luglio e dedicata quest’anno al tema della felicità. (L.Z.)

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    Rodi: in cinque lingue il sito della Chiesa cattolica con informazioni per fedeli e turisti

    ◊   La Chiesa cattolica di Rodi offre da oggi le pagine del suo sito, www.catholicchurchrhodes.com, in 5 lingue: inglese, greco, francese, tedesco e italiano. Oltre ad offrire informazioni sull’arcidiocesi romano-cattolica di Rodi, arcidiocesi della Chiesa cattolica in Grecia, le pagine web raccontano la storia e la presenza dei francescani a Rodi, attraverso foto, video, notizie ed approfondimenti, sia per la comunità locale che per i tanti turisti che scelgono l’isola come meta delle proprie vacanze. Il sito è collegato con la Custodia di Terra Santa, in quanto la Chiesa latina nell’isola di Rodi e Cipro è legata alla provincia francescana della Custodia di Terra Santa. I porti di Rodi, infatti, erano spesso luogo di transito per gli arrivi in Terra Santa e i frati che dall’occidente arrivavano per spingersi nel vasto Medio Oriente. La Chiesa latina a Rodi risalirebbe all’anno 1000, al servizio di mercanti e viaggiatori che provenivano dall’occidente. La comunità latina è cresciuta durante il periodo crociato, anche con nuove e numerose chiese, quindi dall’Italia sono poi giunti i primi frati minori. Nel corso del dominio turco solo ad alcuni frati francescani è stato concesso il permesso di rimanere nell’isola: prestavano servizio di assistenza spirituale agli schiavi e ai mercanti. La presenza francescana dell’isola è legata alla Custodia di Terra Santa dal 1972, che ha inviato da Gerusalemme, alcuni frati per la comunità cattolica sostenuta pure dalla Caritas. La crisi economica in Grecia sta avendo infatti anche un forte impatto a Rodi dove si sta assistendo ad un incremento delle persone che cercano aiuto. Per il numero sempre crescente di immigrati, invece, la Caritas offre lezioni gratuite di greco e inglese, mentre un servizio a sé è riservato agli espatriati anziani. (T.C.)

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    L'agenzia Fides istituisce il blog “Being Catholics in China”

    ◊   L’agenzia Fides ha reso noto oggi che ha ritenuto necessario istituire il blog “Being Catholics in China” - http://catholicsinchina.blogspot.com - come mezzo di informazione e di formazione per i cattolici cinesi di questo grande continente. E’ un momento favorevole dello Spirito, che esige una lettura attenta della situazione, perché la Chiesa, che è di casa in ogni nazione e cultura, possa svolgere liberamente la missione affidatagli da Cristo. Per questo, attraverso il blog, - afferma l'agenzia Fides - si può interloquire ed interpellare coloro che sono preposti a coordinare l’attività di evangelizzazione, sulle questioni attinenti la Chiesa. Questo blog intende essere inoltre uno strumento di unità della Chiesa in Cina con tutte le Chiese del mondo e con la Chiesa Universale. (R.P.)

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    24 Ore nel Mondo



    Attacco kamikaze in Afghanistan: uccisi 5 soldati francesi

    ◊   Non si ferma la violenza in Afghanistan: in un attacco kamikaze nell'Est del Paese sono rimasti uccisi 5 soldati francesi dell'Isaf e un civile afghano. Il governatore di Helmand è uscito illeso da un attentato nella provincia di Kandahar, mentre si recava ai funerali del fratellastro del presidente, Ahmid Karzai. Il servizio di Fausta Speranza:

    E’ giunta in fine mattinata la notizia che i soldati Isaf uccisi in un attentato nella provincia di Kapisa sono cinque e di nazionalità francese. L’attentato suicida ha colpito una base della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza, a guida Nato. La giornata era cominciata con un fallito attentato: una bomba telecomandata è esplosa al passaggio del convoglio del governatore di Helmand, che stava recandosi alla cerimonia funebre - svoltasi regolarmente nei pressi di Karz - del fratello del presidente afghano Karzai, Ahmed Wali, ucciso ieri a colpi di pistola da una delle sue guardie del corpo mentre si trovava nella sua casa blindata a Kandahar. Uomo potente del sud dell'Afghanistan, n personaggio anche controverso, accusato da alcuni di corruzione e traffico di droga. I talebani hanno rivendicato la sua uccisione. D’altra parte, l'area è una delle regioni più instabili ma anche strategiche del Paese, dove le forze della Nato tentano di frenare l'avanzata proprio dei talebani. Domani, a Roma, nella basilica di Santa Maria degli Angeli si svolgeranno i funerali del primo caporal maggiore italiano, Roberto Marchini, ucciso a 28 anni ieri, nell'ovest dell'Afghanistan, dall’esplosione di un ordigno.

    Riconoscimenti e accuse sui diritti umani per i ribelli in Libia
    I tre Paesi del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo) hanno deciso di riconoscere il Consiglio nazionale di transizione (CNT) libico quale “rappresentante legittimo del popolo libico durante la transizione”, che dovrà portare all'uscita di scena di Gheddafi. Lo ha riferito il ministro degli Esteri belga, che con i colleghi del Lussemburgo e dell’Olanda incontra oggi a Bruxelles una delegazione del Cnt. Intanto, l'organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani "Human Rights Watch" (Hrw) sostiene che gli insorti in Libia nella loro avanzata verso Tripoli si sono resi responsabili di incendi, saccheggi e abusi sulle popolazioni civili. In un comunicato, il movimento sostiene di “essere stato testimone di certi atti”, mentre di altri è venuto a conoscenza parlando con testimoni e con “un comandante degli insorti”.

    Obama condanna l’attacco alle ambasciate in Siria
    Monito alla Siria da parte di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti, riferendosi agli attacchi di cui sono state oggetto a Damasco le ambasciate americana e francese, ha detto in un'intervista alla Cbs: “Nessuno ha il diritto di prendere di mira la nostra ambasciata”. Obama ha anche aggiunto che il presidente siriano, al-Assad, “perde occasione dopo occasione di portare avanti riforme” verso una transizione democratica, e a suo avviso “perde legittimità agli occhi del suo popolo”. Obama ha ribadito quanto detto in questi giorni sia dal segretario di Stato, Hillary Clinton, sia dal portavoce della Casa Bianca, Jay Carney.

    Ucciso studente palestinese nel campo profughi di Far'a
    Era uno studente universitario il giovane palestinese rimasto ucciso oggi nel campo profughi di Far'a presso Nablus, in Cisgiordania. Il giovane si è trovato coinvolto in incidenti fra reparti dell'esercito israeliano e dimostranti, mentre usciva da una moschea. L'unità israeliana era entrata nel campo profughi per arrestare alcuni militanti della Jihad islamica. Il giovane è stato colpito da almeno un colpo di arma da fuoco ed è deceduto mentre veniva trasportato all'ospedale Rafidiye di Nablus.

    26 arresti e 16 feriti per i duri scontri ieri a Belfast
    Ventisei arresti e 16 feriti: è questo il bilancio degli scontri di ieri sera a Belfast, quando le Forze dell'ordine hanno cercato di impedire una contro-manifestazione organizzata da un gruppo nazionalista, la Greater Ardoyne Residents Coalition, in margine alla tradizionale parata protestante degli Orangisti. L'assistente commissario che ha coordinato la risposta della polizia ha denunciato “un livello di violenza purtroppo mai visto prima”. Emer Mccharty della nostra redazione inglese ha intervistato mons. Donal McKeown, vescovo ausiliare della diocesi irlandese di Down and Connor:

    R. – In queste settimane, intorno al 12 luglio, c’è sempre un periodo abbastanza teso qui, in Irlanda del Nord in generale, e nello specifico a Belfast. Questo perché, come sappiamo, il problema che si presenta non è tra cattolici e protestanti, ma forse tra coloro che si sentono irlandesi e coloro che si sentono inglesi. Infatti, c’è tensione quando marciano gli orangisti, i membri di questo Orange Order, che insistono sulla fedeltà dell’Irlanda del Nord alla regina inglese. E ci sono persone che intorno a questo tipo di contestazioni vogliono utilizzare le tensioni per altri motivi. Alcuni giovani, forse, durante l’estate, di sera, quando magari hanno bevuto, vogliono partecipare a questi disordini solo tanto per fare qualcosa. Ma c’è anche chi è contro il processo di pace che si sta attuando a Belfast. E queste persone sono molto contente di poter sfruttare questi scontri per dimostrare al mondo che questo governo dell’Irlanda del Nord fra Sinn Fein ed il partito l’Ulster Unionist Party (Uup) non può reggere. Per questo motivo, il vescovo della nostra diocesi, di Down and Connor, mons. Noël Treanor, lo scorso sabato ha fatto una dichiarazione in cui chiedeva a tutti - anche a quella maggioranza di persone che vuole la pace - di non fare nulla che possa aiutare chi intende creare problemi e disordini, perché l’unica via è quella di andare avanti attraverso il dialogo, che può risolvere tutti i problemi. Questo è l’unico messaggio del Vangelo e per questo motivo il vescovo - come tanti altri capi delle diverse Chiese protestanti - ha detto che una soluzione si può sempre trovare e che con la violenza è impossibile raggiungere un accordo. I disordini rendono ancora più distante la possibilità di un accordo. (vv)

    Ancora negoziazioni sul debito a Washington
    I repubblicani rilanciano e aumentano la pressione su Barack Obama. Le negoziazioni per l'aumento del tetto del debito vanno avanti ma l'impasse resta, con un nuovo incontro in programma anche oggi. Il leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, alza i toni e propone un piano che addossa la responsabilità dell'aumento del tetto del debito sul presidente: il Congresso - secondo la proposta di McConnell - darà al presidente americano l'autorità per alzare il limite legale del debito in tre tranche, per un ammontare di 2.400 miliardi di dollari. Obama dovrà chiedere al Congresso di poter alzare il debito in ogni fase e il Congresso potrà bocciare le richieste: in quel caso, Obama dovrebbe decidere se opporre o meno il proprio veto sulla decisione del Congresso. La casa Bianca respinge la proposta: "Il presidente ritiene che dobbiamo concentrarci sull'occasione che abbiamo per una riduzione importante ed equilibrata del deficit”. L'aumento del tetto del debito “non è un problema repubblicano o democratico, ma un problema nazionale che deve essere risolto": così afferma Obama replicando allo speaker della camera, John Bohehner, secondo il quale l'aumento del tetto del debito è un problema di Obama.

    Denuncia di Human Rights Watch: detenuti come muli in Birmania
    L'esercito birmano costringe detenuti delle carceri nazionali a compiere estenuanti e pericolose operazioni di trasporto per le truppe impegnate nelle offensive contro le milizie etniche al confine orientale, con una pratica nota ma probabilmente intensificatasi nell'ultimo anno. Lo ha denunciato "Human Rights Watch", con un Rapporto presentato oggi a Bangkok. La ricerca “Dead men walking: detenuti portatori al fronte nella Birmania orientale” si basa sui racconti di 58 ex prigionieri che sono riusciti a scappare, portando con sé testimonianze di torture, pestaggi ed esecuzioni. “I detenuti sono fondamentalmente dei 'muli umani' per l'esercito birmano. Devono trasportare materiale molto pesante attraverso zone minate”, ha detto Elaine Pearson, direttrice aggiunta dell'organizzazione in Asia, aggiungendo che tale pratica è “solo uno dei crimini di guerra in corso” nel Paese e sollecitando un'inchiesta internazionale. Dall'anno scorso, quando le autorità birmane hanno iniziato un tentativo di pacificare le zone della guerriglia nel nord e nell'est del Paese, in vista delle elezioni del 7 novembre, tra l'esercito ed alcune milizie etniche ribelli - in particolare i Kachin e i Karen - si sono verificate periodiche ondate di scontri per il controllo del territorio, dopo che questi gruppi si sono rifiutati di entrare a far parte di un nuovo corpo di "guardie di confine" agli ordini delle autorità centrali. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 194

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.