Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 09/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa benedice la nascita del Sud Sudan. Delegazione vaticana alle celebrazioni di Juba
  • Nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Esplode la gioia per la proclamazione ufficiale dell'indipendenza del Sud Sudan
  • Emergenza siccità nel Corno d'Africa: 10 milioni di persone senza acqua e cibo
  • Gli Usa rischiano il primo default della storia. Le speculazioni contro l'Europa
  • Assenza dei genitori e niente regole nella diffusione dell'alcol tra i minori
  • Volontariato: i giovani del Vis nei Paesi più poveri con lo sguardo di Don Bosco
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Chiesa e Società

  • I vescovi del Sud Sudan: abbiamo bisogno di tutto, ma riponiamo la nostra fiducia in Dio
  • Sud Sudan: il Consiglio Ecumenico delle Chiese auspica la pace per il nuovo Stato africano
  • L’impegno dell’Unicef in Africa tra emergenza siccità e indipendenza del Sud Sudan
  • Congo: nell'incidente aereo di Kisangani è morto anche il vescovo di Isangi mons. Lembi Zaneli
  • Nello Stato indiano del Madhya Pradesh si pratica il cambio di sesso alle neonate
  • India: nel Karnataka aggressioni continue ai cristiani
  • Iraq. L’allarme dei caldei negli Usa: “Cristiani in fuga perché facili bersagli”
  • Pakistan: il caso Asia Bibi ancora congelato, ma la famiglia non perde la speranza
  • Malaysia: la società civile in piazza per chiedere più democrazia e legalità
  • Congo: la Comunità di Sant’Egidio inaugura un centro contro l'Aids
  • L’appello dei vescovi dell’Africa dell’Est: servono più università cattoliche
  • Germania: i vescovi tedeschi contro la legge sulla diagnosi pre-impianto
  • L’appello dei vescovi Usa al governo: i tagli al bilancio non tocchino i poveri
  • Il movimento "Laicos por Colombia" celebra 20 anni di impegno per la pace e la vita
  • Azione Cattolica: a Miami l’assemblea dei fuoriusciti da Cuba
  • Terra Santa: concluso a Corazin il ritiro annuale dei sacerdoti cattolici di tutti i riti
  • Taiwan: diocesi in festa per la Domenica del mare
  • Vertice Onu di Durban sul clima: programma di formazione ecumenica per i giovani
  • Gmg Madrid: giovani in campo con i miti del calcio spagnolo e internazionale
  • A Trento una mostra sulle grandi vie della civiltà
  • 24 Ore nel Mondo

  • Proteste in Siria, 15 morti. Libia: Gheddafi minaccia l'invio di kamikaze in Europa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa benedice la nascita del Sud Sudan. Delegazione vaticana alle celebrazioni di Juba

    ◊   Il 54.mo e più giovane Stato africano, la Repubblica del Sud Sudan, è nato ufficialmente oggi, accompagnato – fra gli altri – dall’augurio di “pace e prosperità” di Benedetto XVI. L’avvenimento, che ridisegna gli equilibri geopolitici dell’Africa subsahariana, è il frutto di una lunga e difficile transizione che ha visto la Chiesa locale giocare un ruolo importante, spesse volte sottolineato dal Papa in anni recenti. Alessandro De Carolis lo rievoca in questo servizio:

    Campane a festa, grida di esultanza, sguardi felici di chi oggi tocca il cielo con un dito, dopo aver disperato per troppi anni in un autentico inferno. La gente del Sud Sudan saluta dalla scorsa mezzanotte la raggiunta indipendenza, ma in tanti non hanno dimenticato l’orrore appena dietro le spalle, i circa due milioni di morti e più del doppio di profughi causati dalla Seconda guerra civile sudanese. Un conflitto durato oltre vent’anni e concluso con l’Accordo di Navaisha nel 2005, “anticamera” della divisione del Sudan in due Stati: a maggioranza musulmana nel nord e a maggioranza cristiana nel sud, in questo caso con una forte presenza di seguaci delle religioni tradizionali.

    Dieci mesi prima del referendum del gennaio scorso, che ha sancito la nascita del nuovo Stato, Benedetto XVI riceve in udienza i vescovi sudanesi in visita ad Limina. È il 13 marzo 2010 e sullo sfondo la possibilità di celebrare il referendum e quindi di approdare all’indipendenza si intravedono come obiettivi possibili, anche se con tutte le tensioni che un simile passaggio può generare. Il Papa imposta allora il proprio intervento sul dovere, da parte della Chiesa, di innestare i valori basilari della convivenza civile, che sono poi valori cristiani, sulla giovane pianta della democrazia e della società sudanese:

    “If peace i sto plant deep roots, concrete efforts…
    Se la pace è occasione per piantare radici profonde, sforzi concreti devono essere fatti per diminuire i fattori che contribuiscono al disordine, in particolare la corruzione, le tensioni etniche, l'indifferenza e l'egoismo. Iniziative in questo senso sapranno sicuramente rivelarsi fruttuose se basate sull’integrità, sul senso della fraternità universale e sulle virtù della giustizia, della responsabilità e della carità. Trattati e altri accordi, blocchi indispensabili nella costruzione del processo di pace, daranno frutti solo se ispirati e accompagnati dall'esercizio di una leadership matura e moralmente retta”.

    Parole nette, che immaginiamo siano tornate nel cuore del Papa in queste ore, mentre una delegazione vaticana – guidata dal cardinale arcivescovo di Nairobi, John Njue, e integrata dalla presenza del nunzio apostolico in Sudan, l’arcivescovo Leo Boccardi – si trova nella capitale di Juba per partecipare alle celebrazioni ufficiali per la proclamazione del nuovo Stato. Parole, quelle di Benedetto XVI, che brillano per aderenza e consapevolezza soprattutto oggi, quando l’entusiasmo della novità vorrebbe cancellare il dolore costato per raggiungerla, ma del quale va fatta memoria per chi dovrà costruire il Sud Sudan dei prossimi anni:

    “The effects of violence may take many years to heal…
    Gli effetti della violenza possono richiedere molti anni per guarire, ma il cambiamento del cuore, che è la condizione indispensabile per una pace giusta e duratura, deve ancora oggi essere implorato come un dono della grazia di Dio. Come araldi del Vangelo, avete cercato di instillare nella gente e nella società un senso di responsabilità verso le generazioni presenti e future, incoraggiando il perdono, l'accettazione reciproca e il rispetto degli impegni presi”.

    inizio pagina

    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato vescovo della diocesi di Malindi (Kenya) padre Emmanuel Barbara, ministro provinciale dei Padri Cappuccini a Malta e presidente della Conferenza Cappuccina Europea. Padre Emmanuel Barbara è nato il 27 ottobre 1949, nella parrocchia di Gzira, nell’arcidiocesi di Malta. Il 19 settembre 1965 è entrato nel noviziato; il 26 settembre 1966 ha emesso la prima professione religiosa. Dopo aver compiuto gli studi a Malta, è stato ordinato diacono il 5 agosto 1973 e sacerdote il 20 luglio 1974, nella Co-cattedrale de La Valletta a Malta.

    Il Papa ha nominato il cardinale Francisco Robles Ortega, arcivescovo di Monterrey, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni conclusive dell’anno giubilare nel 375° anniversario del rinvenimento dell’immagine di Nuestra Señora de los Ángeles, Patrona di Costa Rica, che avranno luogo a Cartago il 2 agosto 2011.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nel servizio internazionale, in primo piano la crisi libica: le Nazioni Unite studiano un alleggerimento delle sanzioni alla Libia.

    L’incerto futuro dello Yemen: un articolo di Giuseppe M. Petrone sulle prospettive nella lotta al terrorismo in Medio Oriente.

    Piero della Francesca e la poesia dei minimi: in cultura, il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, sulla Madonna di Senigallia.

    In aiuto del confratello: Giancarlo Rocca sulle associazioni del clero in Italia.

    Una donna tra D’Annunzio e il Carmelo: Cristiana Dobner su documenti e carte ancora da scoprire su Alessandra Di Rudinì.

    Falsario per gli ebrei nel nome di Pio XII: Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, sulla storia del francescano Marie-Benoît de Bourg-d’Iré.

    Monteverdi è più rivoluzionario di John Lennon: Marcello Filotei sugli innovatori nella storia della musica.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Esplode la gioia per la proclamazione ufficiale dell'indipendenza del Sud Sudan

    ◊   Il neo Stato del Sud Sudan è più grande di Spagna e Portogallo messi insieme, avendo però meno di 10 milioni di abitanti. Questi ultimi vivono su un sottosuolo abbastanza ricco di petrolio, ma sono segnati da tasso di sviluppo tra i più bassi del mondo. Emblematici due record negativi: la peggiore percentuale in assoluto di mortalità infantile e quella altissima dell’analfabetismo femminile, che arriva all’84 per cento. Contro queste piaghe deve impegnarsi ora la nuova dirigenza del Sud Sudan, che oggi ha sancito solennemente l’indipendenza dello Stato, come ci riferisce la giornalista Alessia De Luca, inviata a Juba dell’agenzia Misna:

    E’ cominciata con canti, balli ed una cerimonia alla quale stanno partecipando migliaia di persone la vita della nuova Repubblica Indipendente del Sud Sudan. Davanti al palco d’onore, allestito per l’occasione a Juba, hanno sfilato in alta uniforme i militari dell’esercito, ex ribelli dello Spla, il movimento indipendentista del Sud, che la folla ha accolto con un boato di gioia ed urla di festeggiamento. In prima fila, per assistere al loro passaggio e a quello dei cortei delle diverse tribù del Paese, i vertici del nuovo governo ed il presidente Salva Kiir. Accanto a lui, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, rappresentanti americani ed europei e numerose delegazioni africane. Poco distante, anche il presidente sudanese Omar al-Bashir, la cui presenza è stata causa di non pochi imbarazzi nella preparazione del cerimoniale. L’ex nemico della gente del Sud, arrivato questa mattina a Juba, ha già provveduto a riconoscere, qualche ora fa, l’indipendenza delle regioni meridionali e la nascita del nuovo Stato. Prima di firmare la nuova Costituzione provvisoria, il presidente Kiir ha voluto inaugurare la statua dello storico leader degli indipendentisti del Sud John Garang, morto nel 2005, poco dopo la firma degli accordi di pace con Khartoum. “E’ a te che dobbiamo il nostro cammino di gloria”, recita uno striscione issato dalla folla, “E’ a te che dobbiamo la nostra libertà”.

    Sulle sfide che attendono il Sud Sudan, 54.mo Stato africano - 55.mo per coloro che riconoscono anche il Sahara occidentale - Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente, a Juba, padre Daniele Moschetti, superiore provinciale dei Comboniani per il Sud Sudan:

    R. - Le sfide che oggi si presentano per il Sud Sudan sono indubbiamente tantissime. Siamo il 193.mo Paese al mondo, ma anche il più povero del mondo. C’è il discorso dell’educazione, della sanità e tantissimi altri aspetti sociali che sono ancora davvero molto carenti in Sud Sudan. Un Paese che presenta poi l’aspetto più etnico, che prevede un lavoro molto grande di integrazione fra le varie etnie, sia a livello governativo sia a livello ministeriale ed educativo. Vanno quindi coinvolte in ciò le varie realtà sociali del Paese.

    D. - In questa situazione, qual è il ruolo della Chiesa?

    R. - Quello della Chiesa è certamente un grandissimo ruolo: deve fare prima di tutto da collante. Il Ministero della fede può essere davvero un plusvalore che può significare davvero molto, in questo momento, per il Paese. Il lavoro da fare sarebbe quello di andare a fondo della coscienza cristiana di questi popoli e quindi cercare di trovare un’unità all’interno di questo Paese, che ha un lungo cammino da fare.

    D. - L’indipendenza del Sud non ha purtroppo impedito che continuasse la guerra. Che cosa si può fare per interrompere questa spirale di violenza?

    R. - La situazione che c’è in Sud Kordofan e anche in Blue Nile - quella è un’altra zona a rischio che Al Bashir sicuramente ha sott’occhio e ricordiamo che sono tutti Stati del Nord, non del Sud - sottolinea come questa guerra si stia facendo al Nord, vicino ai confini del Sud, con gente che vuole comunque aggregarsi al Sud e staccarsi dal Nord. La paura di Bashir è quella di perdere anche questi Stati, che indubbiamente hanno lottato molto per arrivare a quest’indipendenza. Quello che si può fare è un lavoro molto grande a livello di comunità internazionale, di democrazia ma, allo stesso tempo, anche di garantire al Nord Sudan la possibilità di avere delle risorse: petrolio, acqua, ma anche molte altre risorse naturali, che sono molto importanti per il Nord. Bashir sta facendo veramente tutto il possibile per tenersi questi Stati, ma lo sta facendo contro la volontà della gente. E questo, ovviamente, non porterà a nessun risultato.

    D. - Che cosa può insegnare questo nuovo Stato, il Sud Sudan, al resto dell’Africa, soprattutto a quell’Africa che continua a soffrire?

    R. - Certamente può dare una grande lezione di dignità. Questa gente è sempre stata considerata molto marginale. Migliaia e migliaia di loro sono dovuti diventare degli schiavi ed oggi hanno invece la dignità di dire: “Siamo cittadini di un nostro Stato”. Possono soprattutto iniziare a sperare in un nuovo futuro per i giovani e le nuove generazioni, cosa che fino ad ora era quasi impossibile fare, perché tutto veniva deciso al Nord, a Khartoum. E’ un cammino molto lungo da percorrere. (vv)

    inizio pagina

    Emergenza siccità nel Corno d'Africa: 10 milioni di persone senza acqua e cibo

    ◊   Il Corno d’Africa è vittima della più grave siccità degli ultimi sessant’anni. E’ salito a 1.700 persone al giorno il ritmo degli arrivi in Etiopia dei somali in fuga dalla grave crisi alimentare che si è abbattuta sul loro Paese. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari teme che gli aiuti stanziati possano non essere sufficienti in assenza di una rapida risposta internazionale alla crisi che coinvolge dagli 8 ai 10 milioni di persone. Camilla Spinelli ne ha parlato con Marco De Ponte, segretario generale di Action Aid, da tempo impegnato nella regione africana.

    R. - Questa è la classica crisi che si sta ampliando lentamente. In realtà, come stanno denunciando sia Action Aid sia anche altre agenzie, ci sono dieci milioni di persone che si trovano in una situazione ormai estrema a causa della siccità. Questa situazione ha un impatto immediato perché queste persone vanno nutrite e dissetate. G li unici mezzi di sostentamento che hanno sono, di fatto, le granaglie, i semi, che sono poi utili per la stagione successiva. Il potenziale di amplificazione è quindi ancora più grave di quello che stiamo vivendo adesso.

    D. - Secondo l'Unicef, mezzo milione di bambini si trova ad affrontare un imminente pericolo di vita …

    R. - Ovviamente l’attenzione va ai più deboli. Questo numero crescerà se non si farà qualcosa per investire nell’agricoltura in questi Paesi e permettere così, a queste popolazioni, di ri-seminare per i mesi e gli anni a venire.

    D. - Un’altra conseguenza inevitabile è anche l’aumento dei flussi migratori interni …

    R. - Questo campo profughi nel Kenya settentrionale che può ospitare fino a 90 mila persone attualmente, a causa di questa migrazione, ne ospita 380 mila. Compariamola ai nostri drammi di Lampedusa, consideriamo quanto il Kenya abbia potenzialità o meno di rispondere, e vediamo veramente quali proporzioni di dramma stiamo affrontando.

    D. - Cosa sta facendo Action Aid per aiutare queste popolazioni?

    R. - Action Aid è presente in tutti questi Paesi del Corno d’Africa. Ha attività di lungo periodo ma, ovviamente, ha immesso risorse particolarmente in Kenya per garantire i primi rifornimenti d’acqua in alcuni campi; cinquantamila persone sono state aiutate direttamente da noi con i generi di prima necessità. Quello che facciamo sul campo, che è importante, va però affiancato, nella nostra considerazione, all’allarme per le conseguenze di lungo termine. E’ ora che chi veramente può, gli Stati e le organizzazioni internazionali - e, mi permetto di dire, anche i media - diano veramente risalto a questa vicenda.

    D. - Cosa possono fare i singoli cittadini?

    R. - La cosa più semplice che possono fare per noi è fare una donazione. Questi soldi andranno ad affrontare quest’emergenza nell’immediato come nel lungo periodo. (vv)

    inizio pagina

    Gli Usa rischiano il primo default della storia. Le speculazioni contro l'Europa

    ◊   “La ripresa economica degli Stati Uniti è fragile e non produce ancora i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno”. Lo ha detto il presidente statunitense Obama precisando: “non possiamo permetterci il primo default della storia americana”. Il capo della Casa Bianca ha dunque esortato la nazione ad impegnarsi per ridurre il deficit e il debito. E anche il presidente della Banca Centrale Europea, Trichet, ha esortato i Paesi del vecchio continente a vigilare sull’andamento dei conti pubblici. Posizioni che arrivano all’indomani del via libera del Fondo Monetario Internazionale alla quinta tranche di aiuti a favore della Grecia, dopo una giornata di passione per le borse europee. Un venerdì nero segnato da pesanti perdite soprattutto a Milano, con gli analisti che mostrano preoccupazione per la situazione politica italiana. Tuttavia, il rischio speculativo riguarda l’intera Europa come conferma, al microfono di Eugenio Bonanata, Riccardo Moro docente di economia dello sviluppo alla Statale di Milano:

    R. – Sicuramente ci sono dei movimenti speculativi che giocano contro i governi europei, soprattutto attraverso i titoli pubblici emessi dai governi, nella consapevolezza che l’Europa comunque interverrà, perché non c’è nessuno che vuole veramente perdere la coesione intorno all’euro. Allora, quello che è capitato nei mesi scorsi, ad esempio per quanto riguarda la Grecia, è che si è giocato a consentire, addirittura a scommettere apparentemente sulla vulnerabilità della Grecia, magari anche invocandone il fallimento, sapendo però perfettamente che la Grecia sarebbe stata oggetto della solidarietà europea. Allora, i risparmiatori, quelli che non possono rischiare troppo si sono ritirati dai titoli greci, e per poter essere venduti, per poter dare prestiti, la Grecia ha dovuto promettere tassi di interesse sempre più elevati. Gli speculatori più spregiudicati li hanno acquistati, sapendo benissimo che non avrebbero perso, perché la solidarietà internazionale sarebbe arrivata, come è arrivata da parte dell’Unione Europea e – ieri sera l’ultimo passo – da parte del Fondo monetario internazionale. Per cui tutte le esitazioni ad intervenire da parte europea – mi riferisco in modo particolare alla Germania – altro non sono state che un regalo agli speculatori.

    D. – Quindi, siamo nel mezzo di un contagio da parte della situazione di Grecia, Spagna e Portogallo verso gli altri Paesi?

    R. – No, perché obiettivamente, anche se la Grecia complessivamente facesse fallimento, ha un’economia che vale sull’Unione Europea pochissimo, che vale meno di una regione media italiana. Non ha questa dimensione la crisi greca, non è in grado di determinare in termini reali un contagio di questo tipo. Certo, la dimensione speculativa è in grado di amplificare viceversa tutte queste dimensioni.

    D. – Quanto ha pesato il dato sull’aumento della disoccupazione negli Stati Uniti?

    R. – Questo è difficile da valutare, perché in teoria il dato sulla disoccupazione negli Stati Uniti avrebbe dovuto determinare delle conseguenze sulle borse americane piuttosto che non sulle borse europee. E’ certo che qualunque informazione oggi, qualunque informazione che non sia fortemente positiva, è usata come giustificazione di movimenti in una direzione o in un’altra.

    D. – Sul caso italiano hanno pesato le tensioni sviluppatesi attorno alla manovra finanziaria e attorno alla figura del ministro Tremonti...

    R. – Secondo me sul caso italiano hanno pesato fortemente le tensioni legate alla credibilità del governo nel suo insieme. Quello che è capitato in modo particolare in Italia, nella giornata di ieri, è un po’ il segno dell’aprirsi di uno spazio su cui ancora una volta gli speculatori giocano, ma è uno spazio reale. E’ una debolezza evidente: la manovra finanziaria è di fatto presentata con un balbettio. Di fronte ad una situazione di questo tipo i mercati evidentemente intervengono, cercando di sfruttare tutti gli spazi possibili.

    D. – La tensione resta puntata sulle banche italiane. La prossima sarà ancora una settimana difficile?

    R. – L’Italia è indebitata non esclusivamente, ma in buona parte, con gli italiani, il che significa una situazione del tutto stabile, come un nipote che investe per costruire un’impresa e si indebita con il padre o con il nonno e nessuno ci trova nulla da ridire o degli elementi di grande instabilità. Così, lo stato patrimoniale delle nostre banche è uno stato tutto sommato relativamente solido. Draghi ieri ha detto: “Concordo che le banche italiane supereranno gli stress-test previsti dall’Europa, per verificarne il grado di stabilità”. L’elemento debole sta nella divisione politica.

    D. – Quali sono i rischi per i cittadini?

    R. – Per i cittadini tutto questo significa relativamente poco nella loro condizione economica personale: per chi investe in titoli uno spazio di guadagno in più, ma è uno spazio di guadagno caricato sulle spalle di un‘intera comunità. In prospettiva un’Italia che fa un po’ più fatica, diventa un po’ più vulnerabile e rimanda a domani le scelte che gli consentiranno di uscire dalla crisi. (ap)

    inizio pagina

    Assenza dei genitori e niente regole nella diffusione dell'alcol tra i minori

    ◊   L’alcol seduce anche i minori: in Italia a darsi alla bottiglia sin dalla tenera età sono il 42% dei maschi e il 21% delle femmine under 18. E’ quanto emerge da dati dell’Istituto Superiore di Sanità al centro di un convegno nazionale organizzato ieri e oggi a Roma dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il fenomeno – secondo gli esperti – si dilata esponenzialmente nei fine settimana e nei periodi di vacanza. In aumento la percentuale di comportamenti a rischio-alcol anche tra i bambini. Sulle cause, Paolo Ondarza ha sentito Stefano Vìcari, responsabile dell'Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù.

    R. – Un tempo, negli anni ’60-’70, erano le sigarette e forse, successivamente, i cannabinoidi … Oggi l’alcol diventa un veicolo per i ragazzi per incontrarsi.

    D. - I ragazzi sottovalutano i rischi adesso connessi?

    R. – Assolutamente sì.

    D. – Il fenomeno si dilata nei weekend e in vacanza: periodi, forse, in cui si presentano maggiori occasioni di socializzazione e periodi in cui il controllo dei genitori tende ad allentarsi …

    R. – Questo è un aspetto, è un dato interessante che vale la pena sottolineare. Il comportamento degli adolescenti ovviamente è una conseguenza delle regole educative, dello stile educativo che i genitori esercitano, e di quello che in generale nella società respiriamo: c’è un’“adultizzazione” degli adolescenti e ora anche dei bambini. Un’assenza dei genitori vuol dire appunto una difficoltà a dare regole di comportamento che prevedono appunto anche divieti e l’uso di regole. Io credo che il ruolo degli adulti sia quello di porre dei limiti, che certamente gli adolescenti cercano di oltrepassare, ma è in questo rapporto dialettico che si cresce. Spesso i genitori per primi vivono con sollievo le vacanze, i fine settimana, perché finalmente si “liberano” dei propri figli. Questo i figli lo percepiscono e lo vivono quindi come possibilità che tutto sia consentito, che tutto sia lecito. Tutto e quindi si cerca - perché questo è caratteristico dell’adolescente - l’estremo: l’abuso di alcol, l’abuso di sostanze, l’esporsi a rischi, anche perché il cervello degli adolescenti non dispone di quei freni che invece sono caratteristici degli adulti.

    D. – In altre parole vanno ristabiliti i ruoli: cioè, il genitore deve tornare ad essere adulto e il bambino rimanere tale …

    R. – Se l’adulto diventa invece complice o tollera le trasgressioni del minore perché pensa di stabilire così un rapporto di amicizia, un rapporto di complicità, o addirittura, paradossalmente, un rapporto tra pari - un rapporto che non ha senso! - questo produce danni che poi sono sotto gli occhi di tutti.

    D. – Vacanza e socializzazione vengono vissute come occasioni di sballo e non come momenti di autentico riposo e socializzazione sana …

    R. – La socializzazione non è più la possibilità di incontrare l’altro positivamente costruendo insieme un rapporto profondo ma semplicemente è diventato consumo, è diventato modo per usare gli altri, usare se stessi, il proprio corpo, senza una corretta dimensione di crescita. (bf)

    inizio pagina

    Volontariato: i giovani del Vis nei Paesi più poveri con lo sguardo di Don Bosco

    ◊   Il Vis, il volontariato internazionale salesiano, organizza da più di venti anni esperienze formative estive rivolte ai giovani. Già dieci mila volontari hanno partecipato ai progetti di cooperazione in Paesi Poveri, approfondendo la conoscenza di altre culture e le cause della povertà e del sottosviluppo. L’esperienza estiva dura un mese, e ogni anno coinvolge circa 300 persone e prevede un corso di formazione. Camilla Spinelli ha sentito Gianluca Antonelli direttore generale del Vis:

    R. – Quest’anno il Vis, insieme all’Ispettoria salesiana Italia, ha organizzato esperienze estive in Africa: in particolar modo in Sierra Leone, in Congo, in Angola, in Etiopia, in Madagascar, in Gabon e in Camerun; in Europa dell’Est: in Russia, in Ucraina, in Moldavia e in Romania; e in America Latina: in Brasile e in Bolivia. Esistono poi delle esperienze di volontariato fatte in Italia, e parlo soprattutto dei quartieri degradati di Napoli e di Santa Chiara a Palermo, che è un centro di accoglienza per profughi, rifugiati e per immigrati.

    D. – Quanto dura di solito l’esperienza?

    R. – L’esperienza dura un mese. Questi giovani procedono durante l’anno nel fare un cammino di formazione. Noi le chiamiamo “scuole di mondialità”, proprio perché caratterizzate da contenuti e tematiche relative alle realtà culturali che andranno ad essere toccate nelle esperienze estive, nonché tematiche di carattere generale sullo sviluppo umano e sostenibile, sulla cooperazione internazionale, sui diritti umani e la politica internazionale. Esiste poi un cammino più formativo di tipo spirituale, perché si cerca sempre di trovare un collegamento stretto tra gli aspetti spirituali dell’esperienza e gli aspetti più formativi.

    D. – Perciò, appunto, serve una specifica preparazione anche per questo volontariato estivo...

    R. – Assolutamente sì. Un’esperienza estiva deve essere ben preparata, altrimenti non è utile. Si va alla scuola dei poveri, ma andare alla scuola dei poveri presuppone un cammino di formazione che faccia cogliere poi il senso vero dell’esperienza.

    D. – Secondo lei, che senso ha fare un’esperienza del genere per un giovane volontario?

    R. – Direi che è un’esperienza fondamentale. Quasi la stragrande maggioranza delle persone che rientrano da queste esperienze estive normalmente dicono: “Eravamo andati per dare, per fare qualcosa e, in realtà, siamo tornati con un animo e una forma mentis arricchita”. Loro prendono più che dare, in questo tipo di esperienza. E penso che nel cammino di un giovane sia fondamentale la possibilità di incontrare culture altre e di aprirsi ad un concetto di cittadinanza mondiale e di cittadinanza attiva. (ap)

    inizio pagina

    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 15.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta la parabola del seminatore con cui Gesù invita ad ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio. Questa è paragonata ad un seme che cade in vari luoghi: lungo la strada, sul terreno sassoso e sui rovi, a significare la durezza di cuore, l’incostanza, la preoccupazione per le cose del mondo e l’attaccamento al denaro che non permettono alla Parola di maturare. Giunge a buon fine – dice Gesù – solo il seme accolto in un terreno buono:

    “Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Entriamo con questo testo evangelico nel terzo grande discorso di Gesù: un linguaggio parabolico che per tre domeniche ci accompagnerà. La prima parabola è quella famosa del seminatore, che getta il seme un po’ dappertutto, in diversi tipi di terreno, strada e rovi compresi. In ognuna di queste situazioni vi è una diversa fecondità: quasi nulla o scarsa sulla strada o fra i sassi; vivace fra i rovi, almeno all’inizio, poi muore. Abbondante invece l’esito sul terreno adatto. Nella seconda parte del testo è Gesù stesso che offre la spiegazione di questa storia: si tratta della parola del Regno, sparsa con ampiezza e generosità da Gesù stesso e dai suoi discepoli, ma con esiti differenti a seconda dei terreni, cioè degli uditori. Non basta ascoltare materialmente l’Evangelo, non basta partecipare a predicazioni e riti: ci vuole un cuore obbediente e generoso. In questa diversa arte della risposta feconda probabilmente Matteo pensava anche ai suoi vicini, che forse non avevano più grande entusiasmo per il Vangelo, e tiravano avanti senza impegno. Ma possiamo ritrovare anche noi stessi. Dio semina continuamente, ma a volte gli orecchi sono sordi e il nostro cuore chiuso. E il seme resta lì, senza crescita, senza arrivare mai alla mietitura. Grazia sciupata, fede sterile.

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    I vescovi del Sud Sudan: abbiamo bisogno di tutto, ma riponiamo la nostra fiducia in Dio

    ◊   “Dio è davvero grande se alcuni di noi possono essere testimoni dell’indipendenza del nostro Paese, così tanto attesa”. Con queste parole, mons. Rudoplh Deng, vescovo della diocesi di Wau, nel Sud Sudan, commenta l’odierna indipendenza del Paese, che da oggi è ufficialmente il 54.mo Stato del continente africano. In un’intervista rilasciata all’agenzia Cisa, il presule afferma: “Ci uniamo a tutti coloro che ringraziano Dio per questo evento. Alcuni di noi hanno lavorato duramente perché tutti potessimo vivere questo storico D-Day”. Il vescovo di Wau definisce il cammino verso l’indipendenza del Paese come “un lungo viaggio costato la vita alla popolazione, molte sofferenze, povertà ed umiliazioni”. Appellandosi a tutti i sudanesi, sia in patria che all’estero, perché diano il loro benvenuto al neo Stato, mons. Deng sottolinea: “Lo stato d’animo della popolazione sudanese, in particolare di quella del Sud, è di felicità e di trepidante attesa per questo momento storico”. Ma i problemi, naturalmente, non mancano e il vescovo di Wau non li nasconde, in particolare quelli riguardanti la vita della Chiesa: “Abbiamo un disperato bisogno – dice – di personale ecclesiastico, di sacerdoti, religiosi e religiose, di laici preparati nei diversi ambiti. Ed abbiamo un disperato bisogno anche di strutture come Chiese, scuole, ospedali, perché gli oltre vent’anni di guerra civile hanno creato un grande caos”. “Abbiamo bisogno quasi di tutto – continua il presule – ma abbiamo fiducia in Dio, che volgerà il suo sguardo verso di noi”. Intanto, un grande aiuto verrà garantito al Sud Sudan da parte dell’Amecea, l’Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa Orientale, che proprio in questi giorni ha celebrato il suo Giubileo d’oro. Da sottolineare infine che, sebbene il Sud Sudan si stacchi dal Sudan, la Chiesa locale rimarrà invece unita. (I.P.)

    inizio pagina

    Sud Sudan: il Consiglio Ecumenico delle Chiese auspica la pace per il nuovo Stato africano

    ◊   “Un futuro luminoso e pacifico”: è quanto auspica il Consiglio ecumenico delle Chiese (Coe) per il Sud Sudan, il 54.mo Stato africano che oggi proclama ufficialmente la sua indipendenza. Per l’occasione, il rev. Olav Fykse Tveit, segretario generale del Coe, ha inviato una lettera al presidente del neo-Stato, il generale Salva Kiir Mayardit: nel testo, viene ribadita l’importanza di questo “momento storico” e si sottolinea la “grande gioia” perché tale giorno è arrivato, “il giorno dell’indipendenza, che la popolazione del Sud Sudan ha tanto anelato”. Ricordando, poi, l’impegno pluriennale del Coe nell’accompagnare il Paese vero la pace e la riconciliazione, il rev. Tveit scrive: “Nel momento in cui la nazione entra nel primo anno della sua indipendenza, siamo tutti consapevoli del fatto che essa dovrà confrontarsi con i difficili problemi della riconciliazione tra i nemici di diversi conflitti, curando le persone traumatizzate dalla guerra, ricostruendo le infrastrutture distrutte, risanando l’economia, assicurando il rispetto dei diritti umani e del ruolo della legge e migliorando lo standard di vita della popolazione, soprattutto nel campo sanitario ed educativo”. Per questo, il Coe sottolinea che “è indispensabile che al popolo del Sud Sudan, il quale ha lottato per l’indipendenza, non venga negata questa opportunità storica di iniziare un nuovo capitolo nella storia della nazione, contrassegnata da pace e giustizia”. In questo senso, l’auspicio particolare del Coe è che”sia la Repubblica del Sudan che quella del Sud Sudan possono compiere tutti gli sforzi possibili per assicurare la pace e la riconciliazione in questa nuova epoca”. Quindi, il Consiglio ecumenico delle Chiese garantisce il proprio supporto al neo Stato africano, esprimendo l’augurio che anche la comunità internazionale faccia la sua parte, per garantire al Paese “un futuro luminoso e pacifico”. La lettera del rev. Tveit è stata letta oggi, a Juba, durante la solenne cerimonia d’indipendenza. A rappresentare il Coe c'è il Pastore Samuel Kobia, segretario generale dello stesso organismo dal 2003 al 2009. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    L’impegno dell’Unicef in Africa tra emergenza siccità e indipendenza del Sud Sudan

    ◊   Oltre due milioni di bambini del Corno d’Africa sono malnutriti e rischiano la vita a causa della siccità che ha colpito la regione. A lanciare l’allarme è l’Unicef, che in un comunicato sottolinea come la siccità, che ha colpito Kenya, Somalia, Etiopia e Gibuti, sia la peggiore da 50 anni. In particolare in Kenya i tassi di malnutrizione acuta sono sopra il 25% nel nord del Paese, con il record di quasi il 40% nel distretto di Turkana. Su un totale di 10 milioni di persone che hanno già bisogno di assistenza umanitaria, almeno 500mila bambini si trovano in un immediato pericolo di vita, con conseguenze durature per lo sviluppo fisico e mentale. Mentre migliaia di famiglie stanno lasciando il Kenya attraverso il confine con la Somalia, l’Unicef e altre agenzie umanitarie hanno istituito centri nutrizionali di emergenza nei Paesi vicini, portando avanti campagne di vaccinazione per i bambini e lavorando nei prossimi giorni nei settori vitali di acqua, cibo e igiene per scongiurare un’emergenza di massa. Tuttavia il divieto di accesso in alcune zone e la carenza di finanziamenti minacciano di interrompere questi servizi essenziali. A tal proposito l’Unicef ha chiesto 31,9 milioni di dollari per i prossimi tre mesi per fornire gli aiuti necessari a salvare le vite di milioni di bambini e donne colpiti dalla crisi. Ma accanto all’emergenza c’è anche la speranza per un futuro migliore, grazie all’indipendenza del Sud Sudan. “Un nuovo Paese sta nascendo, con una nuova speranza per un futuro più pacifico e prospero per tutti i suoi cittadini”, ha affermato Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef, all’agenzia Sir, “quattro milioni di bambini saranno parte di questa nuova nazione. Dobbiamo tutti fare la nostra parte per aiutare questa ‘generazione dell’indipendenza’ a sopravvivere e crescere bene. Perché anche in assenza di conflitto, i bambini del Sud Sudan devono affrontare sfide significative. Un bambino su nove, infatti, muore ancora prima di raggiungere i cinque anni. Centinaia di migliaia di persone sono private del diritto all'istruzione, di cure sanitarie adeguate e di altri servizi di base”. “È su questi bambini più svantaggiati e vulnerabili”, ha aggiunto il direttore dell’Unicef, “ che dobbiamo concentrare le risorse e una rinnovata attenzione”. Perché con l’indipendenza, ha concluso “i bambini che hanno conosciuto solo la guerra, avranno la possibilità di conoscere la pace”. (M.R.)

    inizio pagina

    Congo: nell'incidente aereo di Kisangani è morto anche il vescovo di Isangi mons. Lembi Zaneli

    ◊   C’è anche mons. Camille Lembi Zaneli, vescovo di Isangi, tra le vittime dell’incidente aereo avvenuto ieri nella Repubblica Democratica del Congo. Un Boeing 727 della compagnia aerea privata “Hewa Bora”, proveniente da Kinshasa in direzione di Kisangani, è precipitato poco prima dell’atterraggio a causa del maltempo. A bordo c’erano 112 passaggeri e solo 40 sono sopravvissuti, secondo l’ultimo bilancio fornito dal governo locale. La morte di mons. Lembi Zaneli è stata confermata dalla Conferenza episcopale locale. Il presule aveva 61 anni. Era nato il 2 aprile 1950 a Zongo, nella diocesi di Lisala. Dopo gli studi primari e il Seminario minore, aveva compiuto gli studi filosofici presso il Seminario maggiore di Kabwe, Kananaga e quelli teologici a Kinshasa. Ricevuta l'ordinazione episcopale il 30 settembre 1979, aveva ricoperto vari incarichi: professore ed educatore nel Seminario minore di Lisala (1979-1980); rettore del Seminario minore di Lisala (1980-1990); rettore della Casa diocesana di Lisala a Kinshasa (1990-1991). Nel 1999 aveva lavorato come parroco in due parrocchie nell'arcidiocesi di Port-de-France nella Martinica, Antille. Infine, il 17 giugno del 2000, Papa Giovanni Paolo II lo aveva nominato vescovo di Isangi, diocesi suffraganea dell'arcidiocesi di Kisangani. Secondo i dati del 2006, su una popolazione di 720.634 persone, la diocesi di Isangi contava 100.881 battezzati, corrispondenti al 14,0% del totale. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    Nello Stato indiano del Madhya Pradesh si pratica il cambio di sesso alle neonate

    ◊   Si chiama “genitoplastica” e come già il nome lascia intuire, è un intervento chirurgico aberrante che viene praticato soprattutto nello Stato dell’India centrale del Madhya Pradesh: si tratta di un’operazione che consente alle bambine di cambiare sesso e le fa diventare maschi. Il centro di questa pratica scioccante, denunciata da molte organizzazioni attive nel campo dei diritti umani, è la cittadina di Indore, dove sono già stati accertati 300 casi di bimbe di età inferiore a un anno che sono state operate, stando a quanto riporta l'agenzia Fides. L’intervento, inoltre, costa appena 3200 dollari e ciò ha reso la cittadina meta di un triste pellegrinaggio anche di famiglie abbienti da New Dehli e Mumbai. La Commissione nazionale per la Protezione dell’infanzia ha definito la pratica “scioccante” e ha spiegato come questa sia il frutto di una mentalità che privilegia il maschio in quanto figlio di maggior valore. Padre Charles Irudayam, segretario della Commissione per la giustizia, la pace e lo sviluppo della Conferenza episcopale riferisce che questa pratica è l’erede dell’aborto selettivo, che negli ultimi 20 anni ha riguardato oltre 5 milioni di bambine e che si è cercato di arginare con una giusta legislazione, legge che ora viene chiesta a gran voce anche contro la genitoplastica. “La responsabilità è prima di tutto dei genitori – avverte, però, il sacerdote – e poi dei medici che la compiono. Occorre lavorare per diffondere una cultura di uguaglianza di genere e per promuovere nella società i diritti e la dignità della donna”. Sono molte le strutture gestite dalla Chiesa cattolica che operano in questa direzione, partendo dall’educazione delle coscienze: “La preferenza al maschio è forte nelle famiglie indù – spiega ancora padre Anand Muttungal, portavoce del Consiglio dei vescovi del Madhya Pradesh – per la credenza che per ottenere la salvezza si debba avere un figlio maschio”. In India vivono circa 500 milioni di donne su una popolazione di oltre un miliardo di persone, ma le discriminazioni di genere sono ancora all’ordine del giorno. Le morti infantili delle femmine, infatti, dati delle Ong alla mano, superano quelle dei maschi di oltre 300mila unità l’anno, a causa anche del privilegio dato ai maschi nella nutrizione. Per adesso, il governo del Madhya Pradesh ha avviato un’indagine ufficiale per bloccare l’odiosa pratica. (R.B.)

    inizio pagina

    India: nel Karnataka aggressioni continue ai cristiani

    ◊   In Karnataka non si fermano gli attacchi contro i cristiani. A Bangalore il 6 luglio scorso il Global Council of Indian Christians (Gcic) ha denunciato l’aggressione al pastore pentecostale Bhaskar John Poojappa, della chiesa Holy Mountain of God, da parte di 20 radicali indù. “I fondamentalisti hanno trascinato il pastore alla stazione di polizia di Rajan Kunte, inventando storie di conversioni forzate”, spiega Sajan K George, presidente del Gcic. Con l’intervento del Gcic - riferisce l'agenzia AsiaNews - il pastore è stato rilasciato senza dover pagare la cauzione. Qualche giorno prima invece, il 4 luglio, 50 indù hanno aggredito le suore della scuola religiosa femminile St. Joseph (distretto di Belgaum), insultandole e minacciando di distruggere l’istituto. Un atto “odioso” e “da condannare”, come commenta mons. Bernard Moras, arcivescovo di Bangalore. Nonostante forti pressioni, la scuola non aveva accettato l’iscrizione di due ragazze, figlie di amici di un esponente locale del Bjp (Bharatiya Janata Party, partito ultranazionalista indù), scatenando così la collera dei radicali indù. L’uomo, Basangouda Sidramani, è arrivato con altre 50 persone, ha forzato l’ingresso e insultato le suore e gli insegnanti, minacciando di distruggere tutto se non avessero ammesso le ragazze. Grazie all’intervento immediato della polizia e di alcuni genitori, chiamati dalla preside suor Thankam, gli assalitori sono scappati prima che la situazione degenerasse. In India ci sono più di 20mila istituti scolastici cattolici, di cui il 66% in zone rurali, frequentati da oltre 6milioni di studenti. Ma solo il 23% è cattolico: il restante sono ragazzi e ragazze di ogni confessione religiosa e casta. Degli studenti poi, il 55% è rappresentato da ragazze, in molti casi destinate a non raggiungere nemmeno l’educazione elementare. Mons. Moras, che conosce bene la scuola perché è stato arcivescovo di Belgaum, spiega: “La gente deve sapere che la maggioranza della popolazione è sempre stata il più grande beneficiario dei nostri istituti educativi”. Per l’arcivescovo, anche presidente della Conferenza episcopale del Karnataka (Krcbc), la gravità dell’episodio “è doppia: anzitutto, per l’aggressione a una scuola che non ha mai fatto discriminazione di casta o credo; poi, perché hanno assalito suore, donne e ragazze, di certo più deboli di loro”. (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq. L’allarme dei caldei negli Usa: “Cristiani in fuga perché facili bersagli”

    ◊   I cristiani in Iraq sono un facile obiettivo delle persecuzioni perché sono colti, educati e non possiedono armi: la denuncia è della Federazione dei caldei d’America e del suo direttore esecutivo, Joseph Kassab, che all’associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) ha confermato che la comunità cristiana nel Paese è diminuita da un milione e 200mila persone ad appena 300mila. “La maggior parte è stata costretta a fuggire nel nord – sono le sue parole riferite dall’agenzia Sir – altri hanno chiesto asilo politico in Europa o in Paesi confinanti come Libano, Giordania, Siria, Turchia ed Egitto”. Quello che può fare l’opinione pubblica contro questa diaspora è pressione sul governo affinché i fedeli possano tornare nelle terre che abitano da migliaia di anni, in un’area che è considerata la culla del Cristianesimo. “Noi desideriamo la pace, non amiamo combattere – chiosa Kassab – senza i cristiani l’Iraq non sarà più lo stesso Paese”. (R.B.)

    inizio pagina

    Pakistan: il caso Asia Bibi ancora congelato, ma la famiglia non perde la speranza

    ◊   La sentenza di condanna a morte pende ancora sulla testa di Asia Bibi, da mesi ormai in attesa di un processo che non sembra essere sull’agenda dei giudici pakistani. Giovedì S.K. Chaudhy, legale della cristiana, ha presentato l’ennesimo appello, dopo l’improvvisa sostituzione dei quattro giudici designati, il 5 luglio scorso. “La speranza è che l’Alta corte nomini finalmente un giudice”, spiega l’avvocato, che già a gennaio aveva presentato un appello contro la condanna a morte per blasfemia su false prove. Intanto, Asia Bibi è in isolamento nel carcere di Sheikhpura da cinque mesi. Le sue condizioni di salute - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono precarie, e la sicurezza intorno alla sua cella è stata incrementata, dopo la morte per avvelenamento di Qamar David, un cristiano della prigione centrale di Karachi. Ashiq Masih, marito di Asia Bibi, va a trovarla tutte le settimane insieme con le loro due figlie. È disperato: “Bibi è fragile, parla lentamente, ogni volta che la vedo mi chiede dell’udienza d’appello. E ogni volta, devo dirle che stiamo ancora aspettando che la corte riprenda il caso. Lei non ha perso la speranza, ha fede che Dio la tiri fuori di prigione”. “Mia madre è innocente – racconta la figlia più piccola –. È debole, riesce a malapena a parlare, quando la vedo non riesco a trattenere le lacrime. Tutti noi ci siamo fatti forza nell’affrontare le difficoltà perché mia madre è rimasta salda nella sua fede. Quindi preghiamo per lei, e abbiamo la speranza che un giorno sarà con noi e vivremo ancora una volta una vita normale”. Ma la figlia maggiore sembra essere la più provata. Inizia a parlare, poi la sua voce si rompe nel pianto: “Ogni volta che sento di qualche caso di persecuzione o di blasfemia, ho paura che Dio voglia che accada qualcosa a mia madre. Passiamo ogni singolo giorno nella paura. Anche se questo ritardo [nell’udienza d’appello, ndr] mi sta facendo perdere la speranza, io continuo a pregare, sento che Dio me la riporterà indietro un giorno. E nel momento in cui tornerà, ci dimenticheremo di tutte le avversità che abbiamo affrontato”. Saleem Murtaza, esperto legale che ha seguito il caso, è pessimista sulle sorti di Asia Bibi: “L’Alta corte sta tardando nello stabilire l’udienza d’appello a causa delle pressioni degli estremisti islamici e degli imam. E proprio per questo clima teso, se il caso sarà ripreso è probabile che venga confermata la pena di morte. Oltretutto, i tribunali saranno chiusi 15 giorni ad agosto per il Ramadan, poi un’altra settimana per la festa di Eid. Solo un miracolo può cambiare la situazione”. (R.P.)

    inizio pagina

    Malaysia: la società civile in piazza per chiedere più democrazia e legalità

    ◊   “E’ un movimento trasversale e interreligioso, che nasce dalla società civile, senza etichette politiche, quello che sta scuotendo la nazione. Porta istanze legittime, chiede un cambiamento, trasparenza e una decisa lotta contro la corruzione nelle alte sfere del governo. Credo che il movimento rappresenti una spinta molto positiva nella società malaysiana”: è quanto afferma padre Lawrence Andrew, sacerdote e direttore dell’Herald, il settimanale dell’Arcidiocesi di Kuala Lumpur. L’Herald è stato al centro delle cronache lo scorso anno per la questione relativa all’uso del termine “Allah” per i non musulmani (tuttora aperta), che vede una dialettica, anche a livello legale, fra Chiesa e governo malaysiano. L'agenzia Fides ha interpellato padre Andrew per commentare la vasta manifestazione pubblica che oggi ha attraversato la capitale, indetta dal Forum “Bersih 2.0”. La polizia ha bloccato le vie di accesso alla città, arrestato oltre 600 attivisti e disperso con la forza almeno 20mila manifestanti. Padre Andrew dice: “E’ un movimento che nasce dal basso, da Ong che difendono i diritti umani, i diritti delle donne, le libertà, l’onestà in politica. Non ci sono partiti politici a manovrarlo, anche se alcuni leader dei partiti di opposizione hanno dichiarato di sostenerlo. E’ il segno importante di un cambiamento che la società, e specialmente i giovani, desiderano, per una maggiore democrazia, trasparenza e legalità. Si è partiti dalla richiesta di pulizia nel processo elettorale, in vista delle prossime elezioni generali, per allargare lo sguardo a una riforma globale”. Padre Andrew conferma il coinvolgimento delle comunità cristiane malaysiane, accanto a credenti di altre religioni, anche se non certo – come da insinuazioni circolate – per il supposto “finanziamento occulto” di associazioni cristiane dall’estero: “La comunità cristiana è ampiamente coinvolta: condivide tali istanze, insieme a fedeli indù, musulmani e di altre religioni. Una delle personalità in vista del Bersih è il giovane avvocato cristiano Edmund Bon. Ma la leadership generale è affidata a una donna, l’avvocato indù Ambiga Sreenevasan, nota per il suo impegno per la difesa dei diritti e delle libertà”. A livello politico, continua l’analisi di padre Andrew “il governo dell’Umno (United Malays National Organization), sembra allergico a ogni prova di dialettica e a ogni opposizione: per decenni ha governato con i due terzi della maggioranza nel Paese, e solo dal 2008 la maggioranza si è assottigliata a più del 50%. Oggi l’esecutivo sembra determinato a usare le maniere forti, ma questo è un segno di debolezza, in quanto non riesce a rispondere alle istanze che nascono in seno alla società. Anche il Premier Najib Razak è più debole: c’è una lotta all’interno del partito per assumerne la leadership. In ogni caso, non credo che questo governo sarà capace di instaurare un dialogo, aprire un tavolo e fare proprie le richieste del movimento Bersih”. E’ un movimento che si può paragonare a quelli che hanno interessato il mondo arabo ? Secondo il sacerdote “è simile, in quanto chiede un cambio di mentalità, una nuova cultura politica, una nuova relazione fra società civile e mondo politico, una nuova concezione del potere come servizio alla società e al bene comune. Si mettono in risalto i diritti di tutti i cittadini, a qualsiasi gruppo etnico o religioso appartengano. E’ un segno di maturità della società civile malaysiana e già questo costituisce una speranza per il futuro del Paese”. (R.P.)

    inizio pagina

    Congo: la Comunità di Sant’Egidio inaugura un centro contro l'Aids

    ◊   La Comunità di S.Egidio inaugura oggi a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, il centro “Dream” per il trattamento dell’Aids. Il centro, frutto dell’accordo di collaborazione firmato dalla Comunità di Sant’Egidio con il Ministero della Salute della Repubblica Democratica del Congo, rientra nel programma internazionale “Dream”(Drug resource enhancement against aids and malnutrition), già presente in dieci Paesi africani. A finanziare la struttura saranno le Assicurazioni Generali e l’associazione “Bambini del Danubio”, mentre la Cooperazione Italiana interverrà con un finanziamento per l’equipaggiamento del laboratorio di biologia molecolare. Riferisce l’agenzia Sir che secondo le autorità sanitarie locali il centro Dream rappresenterà “un centro di eccellenza nel Paese. dove si stimano più di 500.000 persone affette da Hiv/Aids”. Alla cerimonia di inaugurazione è presente una delegazione della Comunità di Sant’Egidio, composta dal presidente della Comunità, Marco Impagliazzo, dalla vicepresidente della Fondazione Dream, Maria Cristina Marazzi e dalla coordinatrice per l’Africa di Dream, Paola Germano. (M.R.)

    inizio pagina

    L’appello dei vescovi dell’Africa dell’Est: servono più università cattoliche

    ◊   Il continente africano ha bisogno di più università cattoliche e soprattutto di un’istruzione di qualità: è l’appello lanciato dai vescovi dell’est dell’Africa riuniti nella loro 17.ma assemblea plenaria che prende il nome di Associazione dei membri delle Conferenze episcopali dell’Africa dell’est (Amecea) e che riunisce i rappresentanti di otto episcopati: Eritrea, Etiopia, Kenya, Malawi, Sudan, Tanzania, Uganza e Zambia, con Seychelles e Somalia come membri affiliati. L’associazione tra le Conferenze episcopali del continente, in effetti, ricorda l'agenzia Zenit, nacque nel 1961 proprio per promuovere la diffusione dell’istruzione universitaria in Africa. Padre Charles Kitima, dell’università cattolica di Sant’Agostino in Tanzania, ha esortato il clero a fare di più: se, dopo 50 anni, infatti, l’Amecea ha aperto sette università nazionali nel continente, in America solo i Gesuiti ne hanno 28, mentre in Tanzania l’obiettivo è di realizzarne di nuove per arrivare a 17 in tutto entro il 2020. Padre John Maviiri, vicepresidente dell’università cattolica est Africa, pone l’accento, invece, sull’adeguatezza dell’istruzione e raccomanda l’istituzione di un Consiglio superiore che regoli gli atenei. Entrambi, comunque, riconoscono il valore che hanno le università cattoliche nell’attività di promozione della pace, della riconciliazione, della giustizia e contro le rivalità di natura etnica. “Nella nostra evangelizzazione – afferma il cardinale Medardo Mazombwe, vescovo emerito di Lusaka, in Zambia, e fondatore dell’università cattolica dell’est Africa di Nairobi – l’istruzione superiore è la priorità numero uno, dobbiamo dare competenza alle persone”. (R.B.)

    inizio pagina

    Germania: i vescovi tedeschi contro la legge sulla diagnosi pre-impianto

    ◊   “Deploriamo profondamente la decisione sulla diagnosi pre-impianto (Pid)”. Così la Conferenza episcopale tedesca (Dbk) ha commentato in un comunicato di giovedì scorso la legge recentemente approvata dal Bundestag, che ammette in determinati casi la selezione degli embrioni prima dell’impianto in utero. Scrive nel documento mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca e vescovo di Friburgo, che la Dbk premerà “per circoscrivere le eccezioni menzionate dalla legge in cui la Pid non è ritenuta illegale, al fine di escluderne l’applicazione arbitraria”. “La legge appena approvata solleva nuove questioni”, ha proseguito il presule nel comunicato riportato dall’agenzia Sir, “come l’obbligo o meno di comunicare ai genitori eventuali altri referti collaterali ottenuti casualmente tramite la diagnosi”. “Ogni persona è unica in quanto portatrice della propria dignità indisponibile, indipendentemente dal suo stadio di sviluppo, dalle sue capacità attuali, dai suoi doni, forze, debolezze o dalla sua posizione sociale e in tutte le fasi della sua esistenza”, ha affermato mons. Zollitsch, che ha anche ribadito come “la selezione di embrioni umani viola la tutela della dignità umana che spetta ad ogni persona dall’inizio”. (M.R.)

    inizio pagina

    L’appello dei vescovi Usa al governo: i tagli al bilancio non tocchino i poveri

    ◊   Il vescovo di Albany e presidente del Committee on International Justice and Peace della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, mons. Howard James Hubbard, e il presidente del Catholic Relief, Ken Hackett, hanno inviato una lettera al Subcommitee on State, Foreign Operations and Related Programs in occasione della prevista discussione del bilancio del prossimo anno, nel quale si prevedono tagli. “Ridurre il deficit e il debito di una nazione, ma senza andare a incidere in modo sproporzionato sui più poveri del mondo”: questo scrive l’episcopato esortando il governo a orientarsi verso scelte di politica economica che salvaguardino i programmi internazionali per la solidarietà e gli aiuti umanitari. Già nell’anno in corso, infatti, ricorda L’Osservatore Romano, il bilancio è stato decurtato dell’8,4% rispetto al 2010, quindi, secondo i presuli, “ulteriori tagli al budget sarebbero sproporzionati”. Il rischio concreto è quello di non avere più fondi per l’acquisto di medicinali e vaccini, per il sostegno ai migranti e ai rifugiati che scappano dalla povertà e dai conflitti, per azioni finalizzate allo sviluppo integrale della persona in maniera “moralmente appropriata”. “La povertà e la disperazione – si precisa, infatti, nella missiva – sono in grado di fornire terreno fertile per la crescita del terrorismo”. Il pericolo delle conseguenze che i tagli possono avere sulle fasce più deboli delle popolazioni a livello internazionale, sono state sollevate anche dal vescovo di Stockton, Stephen Edward Blaire, in una lettera firmata nei mesi scorsi sempre in comunione con il vescovo di Albany, in cui evidenziava come negli States l’intera comunità cristiana sia impegnata nella tutela dei programmi di solidarietà: il Circe of protection, ad esempio, è una rete cui aderiscono esponenti cattolici, protestanti ed evangelici afroamericani e ispanici, che propone un impegno ecumenico per fermare la riduzione della spesa destinata ai programmi e ai piani antipovertà. (R.B.)

    inizio pagina

    Il movimento "Laicos por Colombia" celebra 20 anni di impegno per la pace e la vita

    ◊   Il movimento "Laicos por Colombia" (Laici per la Colombia) celebra oggi, i 20 anni dalla fondazione. La celebrazione eucaristica che ricorda dell’anniversario sarà presieduta da mons. Libardo Ramírez, vescovo emerito di Garzon. "Laicos por Colombia" è un movimento di laici cattolici che si propone di evangelizzare la politica attraverso la testimonianza, la quale si esprime anche con la partecipazione attiva alla realizzazione di un modello politico di comunione basato sui principi cattolici. Lo scopo - riferisce l'agenzia Fides - è di unificare la Colombia per farla diventare una pioniera nella costruzione della civiltà della vita, della verità e dell'amore in America Latina e nel mondo contemporaneo. "Laicos por Colombia" non è un'associazione apostolica o un partito politico, ma un movimento socio-politico che ha il carisma di evangelizzare il mondo della politica, secondo quanto afferma la Gaudium et Spes: "E' dovere dei cristiani aderire ad una scelta politica come individui e gruppi" (GS73). “Ai laici spetta la libera iniziativa e, senza attendere passivamente consegne o direttive, di inserire lo spirito cristiano nella mentalità e nei costumi, nelle leggi e nelle strutture della comunità in cui vivono "(Medellin 10-9). Sotto la direzione del dottor Carlos Corsi Otalora, che è stato presidente del Consiglio nazionale dei laici, membro del Pontificio Consiglio per i Laici e Segretario esecutivo del dipartimento dei Laici del Celam, il movimento ha partecipato a molti eventi di vita cittadina a favore della pace e della difesa della vita. Ultimamente ha sostenuto la campagna a favore del matrimonio secondo l'insegnamento della Chiesa Cattolica. (R.P.)

    inizio pagina

    Azione Cattolica: a Miami l’assemblea dei fuoriusciti da Cuba

    ◊   Conoscere e diffondere il Vangelo con modi nuovi, più efficaci nella società di oggi: questo l’argomento centrale della due giorni che biennalmente organizza l’Azione cattolica cubana a Miami, negli Usa, dove operano i fuoriusciti dall’isola in seguito alla rivoluzione castrista del 1959. Oggi e domani, riuniti nella XIX assemblea nazionale, i 650mila membri dell’associazione guidata da Roberto Cortés discuteranno il tema per redigere un documento di preparazione al Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Presente anche il presidente dell’Ac d’Argentina, Emilio Inzaurraga: “Come credenti – ha detto all'agenzia Sir – siamo corresponsabili della vita che condividiamo con la gente delle nostre città e il servizio al bene comune fa parte del nostro cammino di santità”. (R.B.)

    inizio pagina

    Terra Santa: concluso a Corazin il ritiro annuale dei sacerdoti cattolici di tutti i riti

    ◊   “La lectio divina per il sacerdote, qui e ora”: su questo tema si è concluso ieri il ritiro annuale dei sacerdoti cattolici di tutti i riti della Terra Santa, iniziato sabato scorso alla Domus Galilaeae di Corazin. Si tratta, spiega il sito del patriarcato latino di Gerusalemme www.lpj.org, di una tradizione che si rinnova dal 1993 quando, come frutto dello spirito del sinodo pastorale locale, i vescovi e i sacerdoti hanno avvertito il bisogno di vivere insieme alcune iniziative per rafforzare la comunione ecclesiale. Al ritiro hanno preso parte il patriarca Fouad Twal, i vescovi Elias Shacour, Paul Sayyah, Giacinto Boulos Marcuzzo, Kamal Bathish e 45 sacerdoti di tutte le comunità cattoliche. Padre Najib Ibrahim, esperto in Sacra Scrittura, è stato invitato come oratore principale, assistito dagli altri biblisti Peter Madros, David Neuhaus e don Francesco Voltaggio. Ogni giornata si è aperta con una conferenza sull’Esortazione apostolica Verbum Domini, poi sono state proposte riflessioni sulla lectio divina nella Bibbia, nella vita della Chiesa, nella vita del sacerdote, nel ministero del sacerdote, nella vocazione. Ma ci sono state anche visite al Monte delle Beatitudini, a Cafarnao, Tabgha, Tiberiade, al lago di Genezaret e al lago di Galilea. Infine non sono mancati i momenti di condivisione su esperienze pastorali e sulla vita quotidiana in Terra Santa. (T.C.)

    inizio pagina

    Taiwan: diocesi in festa per la Domenica del mare

    ◊   Si svolgerà domani, festa dei martiri cinesi, la prima “Domenica del mare” a Taiwan. “La celebrazione è un'occasione speciale per accrescere la consapevolezza, nelle comunità cristiane e nella società, di quanto sia indispensabile il servizio reso dai navigatori”. É quanto riporta il messaggio del Pontificio Consiglio per la Pastorale per i Migranti e gli Itineranti: “Nella sua lotta per la giustizia nel mondo marittimo, l'Apostolato del Mare è guidato dai principi evangelici e dall'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa”, si legge. Mons. Bosco Lin Ji Nan, vescovo di Tai Nan e presidente della Commissione per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti della Conferenza episcopale di Taiwan ha, inoltre, invitato la popolazione a pregare per i marinai del mondo e per i loro famigliari, invocando la protezione dei martiri cinesi. Padre Eliseo Nasiere, direttore dell'Apostolato del Mare di Taiwan, ha sottolineato che si terrà una solenne celebrazione eucaristica nei quattro principali porti della città e una processione. Accanto alla preghiera ci saranno momenti di riflessioni, con un seminario e un convegno. Negli anni passati, ricorda l'agenzia Fides, le diocesi di Taiwan avevano unito la celebrazione della Domenica del mare alla Domenica degli immigrati, che cadevano entrambe nell’ultima settimana di settembre. (G.I.)

    inizio pagina

    Vertice Onu di Durban sul clima: programma di formazione ecumenica per i giovani

    ◊   Un programma per mettere in luce i legami fra la giustizia ambientalista e la giustizia economica e sociale riservato ai giovani dai 18 ai 30 anni. Si chiama “I giovani per l’eco-giustizia” ed è organizzato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese (Coe) e dalla Federazione Luterana Mondiale (Flm) nel quadro delle negoziazioni climatiche delle Nazioni Unite programmate per la fine dell’anno. Prevede corsi di formazione per quei giovani desiderosi di impegnarsi nell’eco-giustizia con le Chiese, le organizzazioni e le reti d’ispirazione religiosa. I giovani interessati possono consultare il sito www.oikoumene.org per chiedere di entrare a far parte del programma. Sono state pensate due settimane di formazione al centro pastorale Glenmore di Durban dal 26 novembre al 10 dicembre. I partecipanti avranno poi la possibilità di realizzare i progetti pensati durante il seminario di formazione contando sul volontariato. “I giovani per l’eco-giustizia” avranno anche la possibilità di interagire con altre reti ecumeniche di giovani, come la Federazione universale delle associazioni cristiane di studenti (Fuace) e il Consiglio ecumenico dei giovani d’Europa (Eyce) che hanno lanciato recentemente delle campagne sulla giustizia ambientalista. (T.C.)

    inizio pagina

    Gmg Madrid: giovani in campo con i miti del calcio spagnolo e internazionale

    ◊   Sarà una partita di calcio di beneficenza tra le vecchie glorie del calcio spagnolo ed ex giocatori di tutto il mondo a terminare la Giornata Mondiale della Gioventù. Il macht, chiamato, “Grazie”, precisa l'agenzia Sir, sarà disputato il 21 agosto alle ore 21, presso lo stadio Vicente Calderon a Madrid. Per incoraggiare i giovani a partecipare a questo evento di festa, hanno già contribuito diversi “miti” del calcio nazionale come Emilio Butragueňo, Fran e Donato, che hanno filmato video e sketch. Altri giocatori ancora in attività come Julio Baptista e Mario Suarez hanno aderito all’iniziativa. Gli spagnoli si vestiranno di rosso e avranno nelle loro fila, tra gli altri, Rubén De la Red, Butragueño, Luis Milla, Fernando Sanz, Fran, Celades, Diego Tristán, Toni Muñoz, Santi Denia, Kiko Narváez. La squadra internazionale, vestita di bianco, sarà formata da grandi calciatori a riposo, come Davor Suker, Paulo Futre, Hristo Stoikhov, Milinko Pantic, Celestini. I giovani saranno attivi protagonisti dell’evento: un pellegrino spagnolo e uno straniero faranno le veci del capitano delle due squadre. Nell’intervallo dieci pellegrini, selezionati tra i partecipanti di tutto il mondo scenderanno, inoltre, in campo per tirare un rigore, di fronte ai portieri professionisti delle squadre. Accanto ai giovani partecipanti alla Gmg, potranno partecipare tutte quelle persone che vogliono approfittare dell’iniziativa. Gli ingressi costano 5,10 e 15 euro. I fondi raccolti finanzieranno la Gmg e un progetto sociale promosso con la Fondazione Atletico di Madrid. (G.I.)

    inizio pagina

    A Trento una mostra sulle grandi vie della civiltà

    ◊   Organizzata in collaborazione con i musei archeologici di Monaco di Baviera e di Klagenfurt, l’esposizione rimarrà aperta fino al 23 novembre prossimo per poi spostarsi a Monaco dal 16 dicembre al 27 maggio 2012. Già dall’epoca preistorica materie prime e manufatti hanno percorso distanze impressionanti sulle spalle degli uomini, sulle imbarcazioni, sulle some degli animali e, una volta inventata la ruota, sui primi carri. Sulla base di scambi e commerci si sono consolidate le prime differenziazioni sociali. Il rango ben presto ha richiesto segni esteriori di appartenenza. Ed ecco allora la ricerca dello status symbol, tanto più prezioso quanto più esclusivo ed esotico. Ma gli eccessi di ricchezza hanno richiamato anche razzie, invasioni, migrazioni, talvolta calmierate da matrimoni diplomatici e da alleanze strategiche. Così vengono a diffondersi anche nuovi saperi e nuovi stili di vita, le vie delle civiltà si insinuano lentamente nella mente e nel cuore ed arrivano fino alle profondità dell’anima. Contatti e scambi si traducono in esperienza e questa in nuove forme di pensiero, di percezione e di comportamento, accompagnate ora da paure e diffidenze, ora da curiosità e interesse, ma possono diventare opportunità di crescita e di arricchimento. Cinque sono le sezioni: la prima, dedicata ai viaggi e ai trasporti e connessa all’addomesticamento di animali e all’invenzione della ruota; la seconda, alla circolazione delle materie prima: alimenti, pelli, bestiami, ornamenti, armamenti; la terza, alla diffusione dei saperi relativi allo sviluppo dell’agricoltura, dell’allevamento, alla lavorazione della ceramica, all’invenzione dell’ascia, all’uso della tessitura e alla lavorazione dei metalli; la quarta sezione è dedicata agli stili di vita: usanze, gesti, simboli e credenze; infine, conclude la mostra la sezione dedicata alle comunicazioni scritte e disegnate: lettere, papiri e immagini nei più diversi materiali e di alto valore storico. (Da Trento, Mariangela Brunet)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Proteste in Siria, 15 morti. Libia: Gheddafi minaccia l'invio di kamikaze in Europa

    ◊   Nuove minacce del leader libico, Gheddafi, rivolte all’Europa e alla Nato, mentre si fa sempre più preoccupante la situazione in Siria dove si contano almeno 15 vittime per la repressione delle proteste antigovernative che ieri si sono svolte in diverse città del Paese. Intanto, Human Right Watch riporta le testimonianze agghiaccianti di alcuni soldati di Damasco che sono riusciti a fuggire. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    I soldati che rifiutano di sparare sui manifestanti disarmati rischiano l’esecuzione. A raccontarlo 12 disertori, tra militari e membri dell’esercito siriano, scappati in Libano. Hanno detto che più volte si sono trovati in queste condizioni. Una testimonianza, quella contenuta in un comunicato della ong, diffuso oggi a New York, che rappresenta la prova della strategia della morte messa a punto dalle autorità di Damasco, che continuano a reprimere le manifestazioni di protesta. Lo hanno fatto anche ieri, uccidendo almeno 15 dimostranti secondo gli attivisti siriani, i quali parlano di decine di migliaia di persone per le strade di diverse città. Epicentro delle proteste è Hama, dove tra la folla c’erano anche gli ambasciatori in Siria di Stati Uniti e Francia, che hanno voluto testimoniare la vicinanza dei propri Paesi agli antigovernativi, nonostante le critiche di Damasco. E in queste ore torna ad animarsi anche la protesta in Egitto. In piazza Tahrir, al Cairo, ci sono decine di tende: prosegue dunque la mobilitazione iniziata ieri, in modo pacifico, contro la lentezza delle riforme e dei processi nei confronti dei gli esponenti dell’ex regime. In Libia, invece, proseguono i combattimenti con i ribelli, che continuano ad avanzare lentamente verso Tripoli. Ma a tenere desta l'attenzione è il discorso di Gheddafi, diffuso ieri sera dalla tv di Stato. Il leader libico ha minacciato l’invio in Europa di centinaia di kamikaze, ribadendo che il suo regime non cadrà e che la Nato deve cessare immediatamente i suoi attacchi.

    Immigrazione
    Oltre mille migranti provenienti dalla Libia sono sbarcati questa mattina a Lampedusa. I profughi, tra i quali molte donne in gravidanza avanzata e 33 bambini, sono giunti sull’isola con quattro barconi e sono stati soccorsi da quattro motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza italiana.

    Malesia-proteste
    Almeno 236 arresti sono stati effettuati ieri a Kuala Lumpur, la capitale della Malesia, durante una manifestazione dell’opposizione indetta per reclamare riforme elettorali. Lo ha riferito un portavoce della polizia, precisando che gli arresti sono avvenuti in diverse zone della città, dove le Forze dell’ordine sono intervenute con gli idranti per disperdere migliaia di dimostranti.

    Afghanistan
    Visita a sorpresa oggi a Kabul, in Afghanistan, del neo segretario alla Difesa americano, Panetta. In programma colloqui con il presidente Karzai sul trasferimento dei poteri della sicurezza alle forze afghane in diverse regioni, a partire dalle prossime settimane. Intanto, stamani, un agente dei servizi segreti locali ha ucciso due soldati americani in uno scontro a fuoco nella provincia del Panshir. Il tutto sarebbe avvenuto in seguito ad un diverbio dovuto probabilmente a un incidente d’auto. L’uomo, considerato un amico dalle autorità afghane, avrebbe agito di propria iniziativa e non sarebbe un infiltrato talebano.

    Lodo Mondadori
    La Corte d’appello di Milano ha condannato la Fininvest, di proprietà della famiglia Berlusconi, a pagare 560 milioni di euro al gruppo Cir di Carlo de Benedetti nella causa civile per il controllo della casa editrice Mondadori. A riportare la notizia fonti di stampa, precisando che si tratterebbe di una sentenza immediatamente esecutiva. Riformata quindi solo parzialmente la sentenza di primo grado, che nel 2009 condannava Fininvest a versare al versamento di 750 milioni. I vertici della holding annunciano il ricorso: per il legale del premier Berlusconi, Ghedini, la Cassazione annullerà la sentenza, mentre si moltiplicano le polemiche per il maxi-sconto concesso dai giudici.

    Spagna
    In Spagna, il candidato del Partito socialista alle elezioni presidenziali dell’anno prossimo sarà Alfredo Perez Rubalcaba, attuale vicepresidente della formazione e ministro dell’Interno. La designazione ufficiale, diffusa su Twitter dal suo ufficio elettorale, è arrivata oggi all’indomani delle dimissioni dai suoi incarichi per dedicarsi alla campagna elettorale. Sfiderà il leader del Partito popolare, Mariano Rajoy, dato in forte vantaggio sul Psoe dell’attuale presidente, Jose' Luis Zapatero.

    Gb-intercettazioni
    In Gran Bretagna, rilasciato su cauzione l’ex portavoce del premier, David Cameron, ed ex direttore di "News of the World", Andy Coulson, arrestato ieri nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo intercettazioni. Nel Paese, si continua a discutere delle misure annunciate ieri da Downing Street. Il servizio è di Sagida Syed:

    Non si è sottratto alle sue responsabilità, il premier David Cameron, accusato di negligenza per avere assunto – come direttore della comunicazione di Downing Street – Andy Coulson, ex direttore del tabloid del gruppo Murdoch “News of the World”, arrestato ieri e liberato dopo qualche ora su cauzione, per le intercettazioni telefoniche a oltre 4 mila persone, che ha portato alla chiusura dello storico giornale. Coulson, licenziato lo scorso gennaio dall’ufficio stampa di Cameron, è accusato di essere stato al corrente delle intercettazioni quando era direttore del giornale, dal 2003 al 2007. Il primo ministro, che ha difeso la scelta di assumere Coulson anche in base alla sua personale amicizia, ha annunciato una commissione d’inchiesta pubblica per accertare i responsabili – tra giornalisti e poliziotti corrotti – e per avviare controlli sulla stampa britannica, in particolare sui giornali scandalistici. Un’altra inchiesta dovrà valutare le pratiche e l’etica della stampa e stabilire nuove regole e raccomandazioni per il futuro.

    Belgio
    Il leader del partito socialista belga, Elio Di Rupo, si è dimesso dall’incarico di formare un nuovo governo in seguito al rifiuto dei secessionisti fiamminghi. Il re dei belgi Alberto II ha preso atto della “gravità della situazione politica” e si è preso qualche giorno di riflessione per “cercare delle piste di soluzione”. Il Belgio è senza governo da 13 mesi. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata e Michele Raviart)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 190

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.