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Sommario del 08/07/2011
Benedetto XVI invia una delegazione ufficiale a Juba per l'indipendenza del Sud Sudan
◊ Domani, 9 luglio, verrà proclamata a Juba l’indipendenza della nuova Repubblica del Sud Sudan. Per questa solenne circostanza il Papa ha inviato una Delegazione ufficiale - guidata dal cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi e presidente della Conferenza Episcopale del Kenya, ed integrata dal nunzio apostolico in Sudan, mons. Leo Boccardi, e dal segretario della nunziatura apostolica in Kenya, mons. Javier Herrera Corona – “per far pervenire alle autorità del nuovo Stato e a tutti i suoi cittadini, numerosi dei quali sono cattolici, l’augurio di pace e di prosperità”. Lo riferisce in una dichiarazione il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Come auspicato ieri da mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ricevendo una Delegazione parlamentare del Sudan, guidata da Ahmed Ibrahim Elthair, presidente dell’Assemblea Nazionale Sudanese, “la pace, la riconciliazione e il rispetto dei diritti di tutti, in particolare la libertà religiosa, rappresentano i pilastri fondamentali su cui edificare il nuovo assetto socio-politico della regione e le condizioni per guardare ad un futuro di speranza. La Santa Sede, che intrattiene stabili relazioni diplomatiche con le autorità di Khartoum dal 1972 ed esaminerà con dovuta considerazione un’eventuale richiesta da parte del Governo del Sud Sudan – conclude padre Lombardi - invita la Comunità internazionale a sostenere il Sudan e il nuovo Stato indipendente perché in un dialogo franco, pacifico e costruttivo trovino soluzioni giuste ed eque alle questioni ancora irrisolte ed augura a quelle popolazioni un cammino di pace, di libertà e di sviluppo”.
Intanto a Juba tutto è pronto per la cerimonia di proclamazione dell’indipendenza da Khartoum. Le Nazioni Unite stanno valutando l’ipotesi di una missione di peacekeeping per accompagnare il cammino di pace del nuovo Stato africano, il 54.mo del Continente. Da Juba, Alessia De Luca:
L’atmosfera a Juba è quella delle grandi occasioni: manifesti, bandiere e magliette colorate esibiscono con orgoglio la parola “indipendenza”, mentre un contatore elettronico, nella piazza principale della città, segna l’ora zero. Un nuovo inizio al termine di un lungo cammino: vent’anni di guerra civile con il Nord, oltre due milioni di morti, la parabola sancita dagli accodi di pace del 2005, giunti al termine dopo un lungo voto referendario, in gennaio, in cui i sudsudanesi hanno scelto a favore dalla secessione dal resto del Paese. I festeggiamenti inizieranno ufficialmente quando i cittadini, musulmani e cristiani, si riuniranno per condividere l’ultima cena prima dell’indipendenza. Un’iniziativa dei vescovi sudanesi che il governo di Juba ha adottato, sottolineando la necessità di una riconciliazione nazionale che consenta al Paese di voltare pagina. Alla firma della Costituzione, da parte del presidente Salva Kiir Mayardit, saranno presenti capi di Stato, delegazioni internazionali e rappresentanti di tutto il continente africano. E’ qui che siederanno a pochi metri di distanza il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon e il presidente della Repubblica sudanese, Omar El-Bashir, sul cui capo pende un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e genocidio in Darfur.
Il cardinale di Khartoum Zubeir Wako: Chiesa da sempre impegnata per la pace in Sudan
◊ Grande è stato l'impegno della Chiesa sudanese per la pace in questa martoriata regione dell'Africa: vescovi, sacerdoti, missionari, laici, non hanno mai abbandonato nelle difficoltà le popolazioni di questa terra, in particolare quelle del Sud, in gran parte cristiani e appartenenti alle religioni tradizionali africane. Ascoltiamo in proposito l’arcivescovo di Khartoum, il cardinale Gabriel Zubeir Wako, intervistato da padre Moses Hamungole:
R. – We did much, actually, to convince people that …
Ci siamo impegnati molto per convincere la gente che con la violenza e la guerra non si risolve nulla e che la via migliore è quella del dialogo e collaborare l’uno con l’altro per raggiungere la pace. In molte occasioni abbiamo dovuto dire chiaramente al governo che il perseguimento di determinate politiche non aiuta a raggiungere la pace. Abbiamo detto alla gente del Sud, a quanti sono coinvolti negli scontri, che devono sviluppare una vera politica della pace: non una politica di guerra per ottenere la pace, ma una politica per raggiungere la riconciliazione senza uccidere la gente e distruggere le cose. Noi chiediamo a tutti di pregare per la pace: ognuno nel suo piccolo può dare il suo contributo a questo importante obiettivo. Infatti, quando è stata aperta la porta al male, a cominciare dalle lotte tribali e poi le ruberie e l’espropriazione dei beni … tutto questo ha modificato il comportamento morale della gente giustificando in qualche modo la guerra e diffondendo lo spirito di vendetta … Tutto ciò è diventato l’obiettivo della nostra azione pastorale tra la gente, soprattutto tra i più giovani: noi stiamo cercando di educare a una mentalità nuova i bambini nelle scuole.
D. – Quale deve essere il ruolo della Chiesa cattolica nel nuovo Sud Sudan?
R. – To keep the momentum of peace and reconciliation and of unity …
Quello di mantenere vivo questo momento di pace, di riconciliazione e unità, perché proprio ora stiamo portando a termine questo processo. E’ veramente un atto della Provvidenza di Dio che siano terminati alcuni dei maggiori conflitti che sono nati tra le stesse tribù del Sud a causa dei furti di bestiame, con il massacro di persone senza alcuna ragione: tutto questo ora è finito! E io spero che non sia finito solo per poi ricominciare, spero che sia finito definitivamente. Ora bisogna trovare il modo di far capire alla gente che la pace è una cosa così preziosa che non si può permettere che sia gettata via. Credo che il Sud Sudan stia sviluppando un nuovo concetto di pace e dell’essere cittadini: questa è una cosa davvero importante. (ap)
Sul futuro del nuovo Stato pesa il ricordo della lunga guerra civile contro Khartoum, in un momento in cui tensioni permangono anche nelle zone di confine dell’Abyei e del Sud Kordofan. Ce ne parla Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, intervistato da Giada Aquilino nell’ambito delle attività promosse dall’organizzazione con la Campagna italiana per il Sudan:
R. – La transizione dall’oppressione alla libertà, dalla dittatura alla democrazia è molto lenta e difficile. Ci sono tante speranze e c’è un sogno che, in parte, si avvererà o comincerà ad avverarsi. Ci sono però ancora scontri, violenze, troppe armi in circolazione. A tutto questo sarà possibile dare una risposta positiva soltanto se i leader della politica internazionale si assumeranno fino in fondo la responsabilità che tocca loro, vale a dire: aiutare tutte le forze di pace e soprattutto la povera gente di quel Paese a spezzare una volta per tutte le catene dell’oppressione e della violenza.
D. – Le emergenze da risolvere in Sud Sudan oggi …
R. – C’è un’emergenza umanitaria diffusa in tante aree, dovuta alle conseguenze di questa lunghissima sequela di guerre. Ci sono conflitti che continuano anche adesso: recentemente ci sono stati bombardamenti, ci sono stragi che vengono compiute quasi quotidianamente, che non possiamo tollerare.
D. – Quali sono le speranze per il nuovo Stato?
R. – La speranza è che si possa finalmente raggiungere un accordo sui confini, sull’uso delle risorse naturali di quella terra e si possa ricominciare il lento, ma positivo lavoro di costruzione di un’autorità, sia nel Sud Sudan sia nel Nord, che metta al centro il riconoscimento dei bisogni fondamentali delle popolazioni locali. (ap)
Da Khartoum a Juba: editoriale di padre Lombardi
◊ Nel contesto dello storico evento della proclamazione dell'indipendenza del Sud Sudan, vogliamo ricordare le parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante il suo viaggio a Khartoum nel 1993. Riascoltiamo gli auspici e le riflessioni di Papa Wojtyla nell'editoriale del nostro direttore, padre Federico Lombardi, per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
“I sudanesi, liberi nelle loro scelte, possano trovare la formula costituzionale che permetta loro di superare le contraddizioni e le lotte nel rispetto della specificità di ogni comunità”. “E’ difficile non pensare a tutte le preghiere e le sofferenze di coloro che sono colpiti dalla guerra che si protrae in questa terra, specialmente nel Sud. Tanti di voi provengono da lì, e a causa della guerra ora sono sfollati e senzatetto. L’immensa sofferenza di milioni di vittime innocenti mi impone di esprimere la mia solidarietà verso i deboli e gli indifesi, che si rivolgono a Dio chiedendo aiuto, giustizia, rispetto per la dignità che Dio ha dato loro come esseri umani, diritti fondamentali dell’uomo, libertà di credere e di praticare la propria fede senza paura o discriminazione. Io spero con tutto il cuore che la mia voce vi raggiunga, fratelli e sorelle del Sud”. “I venti di cambiamento che stanno soffiando nell’Africa esigono delle nuove strutture di organizzazione economica e politica, strutture che rispettino veramente la dignità umana e i diritti umani”.
Era il 10 febbraio del 1993, e Giovanni Paolo II passava una giornata intensissima e straordinaria a Khartoum, affrontava con il consueto straordinario coraggio davanti ai governanti i temi drammatici della giustizia e della libertà, era accolto con incredibile entusiasmo da un’immensa folla di sudanesi cattolici, per la gran parte sfollati dal Sud, in fuga dalle violenze di una guerra civile senza tregua.
Sono passati 18 anni, si calcola che due milioni di persone siano morte e quattro sfollate, ma ora si spera che la guerra sia veramente finita e che la nuova Repubblica del Sud Sudan, voluta a schiacciante maggioranza dai suoi abitanti, possa iniziare una nuova storia nella pace. I rappresentanti del Papa e il Segretario delle Nazioni Unite, vescovi di diversi Paesi e capi di Stato sono raccolti a Juba per la proclamazione dell’indipendenza.
Nonostante le sue risorse, sarà all’inizio uno dei Paesi più poveri del mondo, dovrà affrontare problemi difficilissimi per la sua unità interna, ma i suoi abitanti sperano – e tutti noi con loro – di poter costruire un futuro di libertà e di pace. La misteriosa e straordinaria vitalità dei popoli del Sudan – esplosa quella sera a Khartoum intorno a Giovanni Paolo II – non si è esaurita, ma ha bisogno di una solidarietà internazionale ed ecclesiale concreta e forte per poter fiorire. Non facciamola mancare.
Benedetto XVI a Castel Gandolfo: felice di essere qui, tra gente buona e una bella natura
◊ Per il secondo anno consecutivo, Benedetto XVI trascorrerà il periodo di riposo estivo nella sua residenza di Castel Gandolfo. Il Papa l’ha raggiunta ieri pomeriggio in elicottero verso le 18, quindi si è affacciato poco dopo dal balcone del Palazzo Apostolico per salutare la piccola folla radunatasi per porgergli il benvenuto. Il servizio di Alessandro De Carolis:
La vista del Lago di Albano è incantevole, e i Papi – e prima di loro gli imperatori e la nobiltà romana – lo sapevano da secoli. Quando il cielo ha i colori puliti dell’estate, l’azzurro si fonde con il verde cupo della boscaglia che riveste fittamente la conca e con il grigio ghiaccio dell’acqua, regalando scorci che attirano ogni anno migliaia di turisti e di scatti fotografici. Qui è tornato come sempre Benedetto XVI, ma anche con un piacere evidente e rinnovato, come testimonia il breve saluto rivolto ieri alla popolazione castellana, poco dopo il suo arrivo:
“Sono arrivato in questo momento per cominciare le mie vacanze e qui trovo tutto: montagna, lago, mare, una chiesa bella con una facciata rinnovata e gente buona. E così sono felice di essere qui. Speriamo che il Signore ci dia buone vacanze”.
“Buone vacanze”: un concetto dalle infinite sfaccettature. Il turismo di massa di matrice occidentale ha da decenni modellato l’idea dell’estate sui canoni del divertimento – quando porzioni del villaggio globale si travestono da spensierato villaggio vacanze – o della cultura, per cui il tempo libero è un tempo di scoperta e di formazione. Tuttavia, i più raffinati pacchetti “total relax” o i più suggestivi programmi “super tour” quasi mai sono studiati per riposare quell’elemento che sfugge alla pur fertile creatività merceologica: lo spirito. Così, senza un ambiente che aiuti davvero a rallentare il ritmo, anche i cristiani rischiano di smarrire il senso profondo della vacanza, cioè del vacare Deo, del “dare tempo a Dio”. Che invece è ciò che Benedetto XVI ha sempre associato a una sana pausa ritemprante, come ripeté nel luglio 2005, all’inizio del suo Pontificato, attorniato dalle cime della Valle d’Aosta e da una folla in festa:
“Nel mondo in cui viviamo, diventa quasi una necessità potersi ritemprare nel corpo e nello spirito, specialmente per chi abita in città, dove le condizioni di vita, spesso frenetiche, lasciano poco spazio al silenzio, alla riflessione e al distensivo contatto con la natura. Le vacanze sono, inoltre, giorni nei quali ci si può dedicare più a lungo alla preghiera, alla lettura e alla meditazione sui significati profondi della vita, nel contesto sereno della propria famiglia e dei propri cari”.
Soprattutto lo spettacolo della natura, soggiunse Benedetto XVI in quell’Angelus, “offre opportunità uniche” per godere di un “meraviglioso ‘libro’ alla portata di tutti”, grandi e piccoli. Esattamente come per il Papa accade a Castel Gandolfo:
“A contatto con la natura, la persona ritrova la sua giusta dimensione, si riscopre creatura, piccola ma al tempo stesso unica, ‘capace di Dio’ perché interiormente aperta all'Infinito. Sospinta dalla domanda di senso che le urge nel cuore, essa percepisce nel mondo circostante l'impronta della bontà, della bellezza e della provvidenza divina e quasi naturalmente si apre alla lode e alla preghiera”. (Angelus, 17 luglio 2005)
Molto affettuose, dunque, le parole pronunciate dal Papa ieri pomeriggio, al suo arrivo a Castel Gandolfo. In particolare, nel suo saluto ai fedeli, Benedetto XVI ha espresso apprezzamento per il restauro della facciata della Parrocchia pontificia di San Tommaso da Villanova. Isabella Piro ne ha parlato con mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano:
R. - La facciata della Parrocchia pontificia è stata restituita al colore originario e sarà ufficialmente poi inaugurata nel giorno di Ferragosto. Questo è un omaggio che si è voluto preparare al Papa per il suo 60.mo anniversario di ordinazione sacerdotale. C’erano dei fedeli ad attendere l’arrivo del Papa e sono stati tutti felicemente sorpresi dal saluto che ha rivolto loro inizialmente, quando ha detto che, venendo qui a Castel Gandolfo, egli trova l’ambiente ideale per potersi riposare.
D. – Benedetto XVI in modo molto affettuoso ha nominato i fedeli di Castel Gandolfo chiamandoli “gente buona” ….
R. – Questo ci ha fatto piacere. Questa espressione ci ha commosso, ci ha fatto quasi toccare ancora con mano l’affetto che ci riserva, anche per la familiarità con la quale egli si sente accolto. Questo è un contesto adatto per permettergli quel riposo di cui egli ha bisogno e che certamente, e soprattutto in questo mese di luglio, gli sarà assicurato.
D. – Castel Gandolfo è da sempre la residenza estiva dei Papi. Come diocesi, sentite un po’ la gioia, ma anche la responsabilità di questo ruolo?
R. – Io questo lo sottolineo spesso, perché non è una vicinanza occasionale, è un privilegio che noi condividiamo con la città di Roma. La presenza personale, fisica del Papa per noi è un impegno di preghiera innanzitutto, e come piccolo segnale ho dato indicazioni che la Messa che si celebra al mattino, alle 8.30, sia la Messa di preghiera per il Papa, con intenzioni particolari. Questo, ho avuto modo di ricordarlo anche accogliendolo ieri. E’, dunque, un impegno di preghiera innanzitutto, che condividiamo con tutta la Chiesa, ma che vogliamo con un tono speciale rivolgere al Signore, e poi di impegno a seguirne le indicazioni, le linee di magistero, che egli dà a tutta la Chiesa, e che per noi è anche un impegno di testimonianza, quello di essere fedeli esecutori, di dare una piena adesione alle indicazioni del Papa.
D. – Benedetto XVI ricorda spesso che il periodo di riposo estivo deve servire anche a meditare sulla Parola di Dio e consiglia di mettere in valigia anche il Vangelo. Le vacanze, insomma, sono anche un momento di preghiera e di rafforzamento della fede?
R. – Credo che egli su questo ce ne dia l’esempio, perché anche notificando esternamente che il mese di luglio è il mese in cui si interrompono le udienze speciali, quelle pubbliche, io credo che egli si riservi per questo. Vorrei notare che questo credo che sia lo stile dei Papi quando giungono a Castel Gandolfo. Mi consta con certezza, ad esempio, che la prima settimana di permanenza a Castel Gandolfo di Paolo VI fosse dedicata agli esercizi spirituali personali, e di fatti anche alcuni testi significativi hanno delle date che rimandano alla permanenza a Castel Gandolfo. Anche la riservatezza di cui noi lo circondiamo viene dalla consapevolezza e in questo egli ci dà l’esempio. Suppongo che lo dirà anche in occasione degli Angelus, incoraggiando a dare al soggiorno estivo, questo volto completo di riposo non soltanto del corpo, ma anche di recupero di forze ed energie nel cuore e nella mente.
D. – Mons. Semeraro, c’è un augurio speciale che vuole fare al Papa per quest’estate 2011?
R. – L’augurio è che egli si ritempri nelle forze, che sia un’occasione in più perché possa dare tutta la ricchezza della sua vita spirituale per la sua sapienza, per la crescita della Chiesa. (ma)
◊ Benedetto XVI ha eretto la nuova diocesi di Sylhet, in Bangladesh, per dismembramento dall’arcidiocesi di Dhaka, rendendola suffraganea della medesima sede metropolitana, e ha nominato primo vescovo di Sylhet mons. Bejoy Nicephorus D’Cruze, Oblato di Maria Immacolata, finora vescovo della diocesi di Khulna. La nuova diocesi di Sylhet comprende i quattro distretti civili di Sylhet, Sunamganj, Habiganj e Moulibazar ed è suffraganea dell’arcidiocesi di Dhaka. In via provvisoria, la chiesa parrocchiale di Lokhipur, a 100 km da Sylhet, sarà la cattedrale della neo-eretta diocesi.
Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Namibe (Angola) il rev. Dionisio Hisiilenapo, del clero di Ondjiva, segretario esecutivo della Conferenza episcopale di Angola e São Tomé. Il rev. Hisiilenapo è nato il 6 ottobre 1966 a Epumbu, nella diocesi di Ondjiva. Prima di iniziare il cammino verso il sacerdozio, ha lavorato come infermiere nell’Ospedale della missione cattolica di Chiulo. Entrato nel Seminario maggiore di Luanda, dopo gli studi propedeutici a Lubango, è stato ordinato sacerdote il 6 dicembre 1998 ed incardinato nella diocesi di Ondjiva.
Il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Awka (Nigeria) mons. Paulinus Chukwuemeka Ezeokafor, finora vescovo titolare di Tetci, ausiliare e amministratore apostolico della medesima diocesi.
Benedetto XVI ha trasferito la diocesi di Kingstown, in S. Vincenzo e Grenadine, dalla Provincia ecclesiastica di Castries a quella di Port of Spain, in Trinidad e Tobago.
Il Santo Padre ha nominato vescovo per le due diocesi di Bridgetown (Barbados) e di Kingstown (S. Vincenzo e Grenadine), mons. Charles Jason Gordon, del clero di Port of Spain, moderatore della Curia arcidiocesana. Mons. Charles Jason Gordon è nato a Port of Spain, in Trinidad e Tobago, il 17 marzo 1959. Ha compiuto gli studi elementari e secondari al Collegio Fatima in Trinidad. Ha ottenuto un Bachelor of Arts in Filosofia all’Università delle West Indies. Nel 1982 è entrato nel Seminario regionale di S. Giovanni Vianney in Trinidad e Tobago. Dal 1986 al 1988 ha svolto gli studi superiori alla Catholic University of Leuven, dove si è laureato in Science Morali e Religiose (Magna cum laude). È poi tornato a Trinidad e Tobago per insegnare in Seminario. È stato ordinato sacerdote a Port of Spain il 19 marzo 1991.
Il Papa ha nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidiocesi di Port of Spain (Trinidad e Tobago), il padre Spiritano Joseph Harris, parroco e vicario giudiziale per il clero nella medesima sede metropolitana. Padre Joseph Harris è nato in Trinidad il 19 marzo 1942. Nel 1969 è stato accolto nel noviziato dei Padri Spiritani in Québec, Canada. Dopo il noviziato, ha emesso i voti temporanei ed è stato inviato in Irlanda per gli studi filosofici a Dublino. È successivamente ritornato a Trinidad per gli studi teologici, che ha svolto presso l’Holy Ghost Missionary College, e al Seminario di San Giovanni M. Vianney e dei Martiri Ugandesi in Trinidad. Ha emesso i voti perpetui il 3 novembre 1967 ed è stato ordinato sacerdote il 14 luglio 1968. È stato quindi inviato in Paraguay come missionario e nel 1984 negli Stati Uniti, per studi superiori. Si è laureato in "Church Administration" al Chicago Theological Union nel 1991. Nel 2003 si è recato in Canada per gli studi di Diritto Canonico (ad Ottawa), ottenendo la Licenza nel 2005. Dal 2006 è vicario giudiziale e vicario per il clero dell’arcidiocesi di Port of Spain, parroco di Sant’Anna.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Quanto è difficile la nascita di una Nazione: in prima pagina, Pierluigi Natalia sulla proclamazione dell’indipendenza del Sud Sudan. Delegazione della Santa Seda a Juba.
Nell’informazione internazionale, un articolo dell’Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, Gabor Gyorivanyi, dal titolo “I valori cristiani nella nuova Costituzione ungherese”: uno strumento giuridico in grado di sostenere il rinnovamento sociale e morale.
I sette secoli della “Maestà” di Duccio da Buoninsegna: in cultura, i contributi di monsignor Antonio Buoncistiani, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, e di Mariella Carlotti.
Giulia Galeotti recensisce l’ultimo romanzo di Valerio Massimo Manfredi, “Otel Bruni”.
Un articolo di Emilio Ranzato, dal titolo “Cinquant’anni di una grande storia qualunque”: “Lo spaccone”, film spartiacque nella cinematografia americana.
Nell’informazione religiosa, una riflessione del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, dal titolo “Chi fa domande è sui sentieri della verità”: anche alcuni non credenti pellegrini per la pace il 27 ottobre ad Assisi.
Nell’informazione vaticana, Benedetto XVI a Castel Gandolfo.
Rapporto del Consiglio d’Europa sull'immigrazione. Jagland: no a "società parallele"
◊ “Conciliare diversità e libertà nell’Europa del XXI secolo”: è il titolo del Rapporto in tema di migrazioni presentato ieri a Roma dal segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland. Dal Rapporto emerge che in Europa “aumentano intolleranza e sostegno ai partiti xenofobi e populisti” perché si guarda alle migrazioni solo come un problema e emerge la raccomandazione ai governi a bilanciare diritti e doveri per gli immigrati. Ma ascoltiamo lo stesso segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, nell’intervista di Fausta Speranza:
R. – First of all, it’s a very clear message in this Report, that we have not only …
Innanzitutto, il Rapporto contiene un messaggio molto chiaro, e cioè che non solo dobbiamo vivere con la diversità e dobbiamo rispettarla, ma anche abbracciarla e prendere da essa gli aspetti positivi che contiene. Infatti, la diversità è sempre stata una realtà, in Europa, e lo è in misura crescente ai tempi di oggi. Dobbiamo quindi trovare un modo per combinare la diversità con il rispetto per ciascun individuo nella sua identità culturale e religiosa, e allo stesso tempo è necessario sottolineare quello che ci unisce, e cioè i valori comuni dell’Europa.
D. – Nel Rapporto si parla di “società parallele”, di persone cioè non integrate…
R. – Not only a risk: this has developed in many places, already! …
Non è soltanto un rischio: questo fenomeno si riscontra già in molti luoghi! E questa è una delle ragioni per cui abbiamo stilato questo Rapporto: cerchiamo di prevenire ed evitare una tale evoluzione. Noi abbiamo bisogno di preservare le società che si fondano su valori comuni, facilitando la convivenza per tutti piuttosto che la formazione di società separate.
D. – Con questo Rapporto, il Consiglio d’Europa chiede ai governi di riconoscere il diritto di voto agli immigrati e nel contempo chiede agli immigrati di rispettare la legge …
R. – This is a fundamental thing, because with rights obligations come …
Questo è un aspetto fondamentale. Infatti, insieme ai diritti vengono i doveri, ma è vero anche l’inverso, e cioè che con i doveri vengono poi anche i diritti. Quindi, ora è necessario incentrare la nostra attenzione sui diritti che abbiamo comuni, che sono iscritti nella Convenzione europea dei diritti umani, ma anche sui doveri che abbiamo in quanto cittadini. Non abbiamo doveri, obblighi soltanto nei confronti del nostro gruppo etnico o della nostra religione: tutti abbiamo doveri nei confronti della società nel suo insieme.
D. – In tutto questo, quale può essere il ruolo dei mass media?
R. – It should be stronger than today, because …
Dovrebbe essere più forte di quello che c’è attualmente. I mass media oggi in relazione alla diversità hanno la tendenza ad esasperare conflitti e problemi. Certamente, nelle società oggi ci sono problemi ma io penso anche che l’informazione dovrebbe essere costruita sui fatti e non sull’esagerazione dei fatti. Mi piacerebbe vedere maggiore informazione sull’integrazione che in realtà sta avvenendo nella maggior parte dei Paesi europei. Credo che abbiamo fatto molto per aiutare la gente a vivere insieme, e penso che questo sforzo meriti di essere portato a conoscenza della gente.
D. – Il Rapporto parla anche del potenziale conflitto tra la libertà di religione e la libertà di espressione. Ci spiega questo concetto?
R. – This is a debate which is very important. You have the right …
Questo è un dibattito di grande rilievo. Abbiamo il diritto alla libertà d’espressione, ovviamente. Ma ognuno dovrebbe interrogarsi sull’utilità di insultare o mettere in ridicolo le religioni e i rappresentanti delle religioni. Credo che al tempo d’oggi sia importante che rispettiamo gli uni la fede dell’altro. Si tratta sempre di un equilibrio delicato, che va a toccare anche lo sfondo storico e culturale di ciascun Paese. (gf)
◊ Matrimoni sempre più in difficoltà in Italia. Secondo l'Istat negli ultimi 15 anni sono più che raddoppiati i divorzi, mentre aumentano le separazioni anche tra gli anziani. Di questo fenomeno Debora Donnini ha parlato con l’avvocato matrimonialista Pierpaolo Platania.
R. – Devo dire che riscontro una progressiva banalizzazione delle ragioni che portano una coppia alla separazione e poi quasi sempre al divorzio.
D. – In base alla sua esperienza, quali sono le cause di questo aumento costante dei divorzi e delle separazioni?
R. – In base alla mia esperienza, si è perduta e si sta progressivamente perdendo la percezione del matrimonio come un valore da difendere. Forse fa parte di una più generale perdita di percezione dei valori, ma oggi, sempre più spesso, ci si separa non appena il matrimonio non dà più quelle soddisfazioni di ordine emotivo e personale che ci si attendeva o che si sono percepite nei primissimi tempi, senza spesso neppure badare alle conseguenze che porta nei confronti dei figli minori, che ne subiscono più di ogni altro, e che segnano, per tempi anche molto lunghi, nella maturità.
D. – Come matrimonialista lei ha esperienza di coppie che poi si riconciliano? Succede o è molto raro?
R. – Nella mia esperienza mi è accaduto, e devo dire che l’ho sempre accolto molto volentieri, ma è un dato statistico, almeno nella mia esperienza, quasi irrilevante: è molto, molto raro, anche in coppie che hanno figli minori.
D. – L’Istat dice anche che la durata media di un matrimonio al momento della separazione è di 15 anni, con un’età media per gli uomini di 45 e per le donne di 41 anni. Questi dati, secondo l’Istat, riflettono da una parte la diminuzione delle nozze sotto i 30 anni e, dall’altra, l’aumento delle separazioni degli over 60...
R. – Sì, confermo nella mia esperienza il dato dell’età media di coloro che ricorrono alla separazione, molto spesso con matrimoni anche recenti, sicuramente perché oggi si contrae il matrimonio in età più avanzata, rispetto almeno alla generazione precedente. Il riscontro sugli over 60, credo sia legato a situazioni di separazioni di fatto, che erano mascherate e che adesso trovano sfogo anche nell’atto formale davanti al tribunale. (ap)
Nuovo allarme sovraffollamento per le carceri. Don Trani: ricordare le parole di Cristo
◊ In Italia è sempre più allarme sovraffollamento carcerario. Per denunciare il fenomeno ormai giunto ad un limite giudicato non più tollerabile, sono scesi in piazza a Roma i direttori ed i dirigenti delle 206 strutture penitenziarie presenti in tutto il territorio nazionale. Ma a preoccupare sono anche i suicidi ed i tentati suicidi dei detenuti che le penose condizioni di vivibilità hanno fatto triplicare nel giro di pochi anni: ieri nel carcere di Taranto un detenuto è stato salvato in extremis dopo aver tentato di togliersi la vita legando un lenzuolo alle sbarre della finestra. “E’ una situazione che non possiamo più tollerare. Dobbiamo intervenire”, spiega al microfono di Federico Piana, Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e commissario straordinario delle carceri:
R. – Sicuramente, la situazione è molto complessa e molto faticosa. Noi abbiamo 206 strutture penitenziarie; in questo momento, ospitano circa 67 mila detenuti, quindi siamo ai limiti della capienza tollerabile nel senso non regolamentare del termine, ma “tollerabile” come capienza fisica. Questo impone ed ha imposto sia al governo sia a me una scelta di campo, per mettere in atto una strategia complessiva che tenda a migliorare la situazione della detenzione, da un lato, e quella della dignità del lavoro della polizia penitenziaria dall’altro. Verranno costruiti 20 padiglioni nuovi: questo significa inserire in strutture già esistenti delle strutture che possano ospitare circa 200 persone ciascuna. E inoltre, 11 istituti completamente nuovi andranno ad ospitare circa 450 persone.
D. – Per tutto questo, ci sono i fondi, o no?
R. – Questo è sempre un tasto dolente. Però, la legge finanziaria del 2010 ha stanziato 500 milioni di euro per l’edilizia penitenziaria, e a questi si aggiungano i 100 milioni che io ho già spostato dalla cassa delle ammende per fare queste operazioni, e altri fondi derivano dai capitoli di bilancio ordinario. Quindi, diciamo che in questo momento la copertura finanziaria per l’edilizia credo che sia completa.
Una tra le situazioni più drammatiche è quella che riguarda il carcere romano di Regina Coeli. Costruito quasi 130 anni fa, versa in condizioni di degrado e pericoloso sovraffollamento. Fabio Colagrande ha sentito padre Vittorio Trani, storico cappellano della casa circondariale:
R. – Si lavora con un certo magone, nel senso che si vorrebbe veder accanto alla privazione della libertà però tutta una serie di attenzioni che rendessero la vita più vivibile, cioè, non imporre ulteriori pesi a chi deve rispondere di reati; ci sono esigenze di vita che andrebbero rispettate …
D. – Il garante dei detenuti del Lazio parla di emergenza umanitaria per gli Istituti della capitale. La Chiesa più volte ha alzato la voce anche per denunciare la situazione di vita nelle carceri. Lei, come cappellano di Regina Coeli, cosa si sente di dire in questo momento in cui – dobbiamo dirlo – se ne parla veramente poco?
R. – C’è, nell’opinione pubblica, uno stranissimo atteggiamento: quello di essere in balìa dell’emotività. Succede un fatto eclatante e tutti dicono: gettate le chiavi. Poi arriva un momento in cui si incomincia a guardare la realtà delle carceri, e allora si incomincia a dire: ah, no, qui bisogna rivedere le cose! Ecco, manca una capacità di leggere a fondo questa realtà e mettere mano ad un progetto serio – ma veramente serio – da parte di tutti.
D. – Come cristiani abbiamo forse anche un dovere in più, in questo senso …
R. – Noi cristiani abbiamo la marcia in più per essere più sensibili, in quanto abbiamo una motivazione alta che ci viene da lontano; e quindi, oltre alla sensibilità umana che possono avere tutti, il cristiano ha la motivazione perché lì, nel carcere, Cristo ti dà una delle sue carte d’identità: “Ero detenuto e tu sei venuto a trovarmi”. Per i cristiani, operare perché si migliori è veramente uno spazio di grande impegno! (gf)
Iraq. Inaugurata una nuova chiesa a Kirkuk, simbolo di speranza e dialogo
◊ È stata inaugurata ieri nell’area di Kirkuk, nel villaggio di Sikanaya, in Iraq, una nuova chiesa dedicata a San Paolo Apostolo. La parola “Sikanaya”, infatti, significa “tre fontane” e ricorda il luogo in cui è stato martirizzato il Santo a Roma. L’edificio, precisa AsiaNews, è stato costruito su un terreno offerto dalla comunità, è stato aperto il 4 luglio, con una Messa presieduta dall’arcivescovo di Kirkuk, mons. Luis Sako. Il vescovo ha quindi incoraggiato i fedeli a rimanere nel Paese e testimoniare la loro fede con fiducia e coraggio. Tre giorni dopo si è tenuta l’inaugurazione ufficiale, alla presenza dei responsabili della provincia e di alcuni imam. La preghiera universale è stata recitata da uno Shaikh musulmano arabo e da un curdo turkmeno, per porre l’accento sul dialogo interreligioso. L’imam stesso ha fatto un augurio: “Che questo luogo sia sempre santo, e che i cristiani possano pregare e ringraziare Dio”. L’arcivescovo ha spiegato poi che la chiesa, come la moschea, “è un luogo speciale per adorare Dio in spirito e verità”, perché è la casa del popolo. Riflette, infatti, la bellezza di Dio, il suo amore, la sua misericordia e il perdono”. “Il suo ruolo – ha aggiunto - è di formare il cuore dei fedeli con valori grandi e nobili: il bene, l'amore e la carità, l'onestà, la generosità e la cooperazione, ma anche di tenere lontano il cuore dal male e dall'odio”. “Abbiamo bisogno, infatti, l'uno dell'altro, non possiamo essere isolati gli uni dagli altri e vivere da soli, perché l'isolamento è una morte lenta. L’apertura è segno di vita rinnovata e di crescita”, ha concluso. L’arcivescovo ha ringraziato, infine, la comunità che ha contribuito a costruire il “mosaico” culturale di Kirkuk: “Tutti i cittadini di Kirkuk devono rimanere uniti e collaborare insieme per tempi migliori – ha detto - la speranza è quella di continuare la presenza cristiana insieme ai nostri fratelli musulmani”. (G.I.)
Pakistan. Una suora del Punjab: donne cristiane trattate come merce dai potenti clan musulmani
◊ “Noi cristiani non siamo trattati come esseri umani ma come oggetti e come merce da vendere. Viviamo in un sistema in cui solo i potenti hanno diritti. Ai cristiani non viene garantita la giustizia dai tribunali: è una gravissima lacuna nello stato di diritto, e questa è una delle principali cause di sofferenza e di persecuzione dei cristiani in Pakistan”. E’ la denuncia, consegnata in un colloquio con Fides, di un suora che vive in Punjab. La religiosa, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza, si occupa di accogliere, nascondere, recuperare le ragazze cristiane maltrattate, rapite, stuprate o costrette a matrimoni islamici. E’ dunque la persona che meglio conosce il fenomeno, in quanto ascolta quotidianamente le storie delle giovani. Sul caso di Farah Hatim, dice: “Quella di Farah è una storia molto triste. E purtroppo non è unica né rara. Ne registriamo almeno 700 ogni anno e riusciamo a salvare solo poche decine di ragazze”. “Quando una famiglia cristiana viene a piangere da noi, segnalandoci un caso – racconta la suora – andiamo dai capi del villaggio per avere il loro appoggio, fondamentale per la cosiddetta ‘legge della jirga’ (assemblea), consuetudinaria nei villaggi. A volte ci ascoltano e ci aiutano. Ma quando sono in gioco potenti clan musulmani, dicono di non poter far nulla. Allora si dovrebbe applicare il diritto penale nazionale, ma il punto è che i tribunali di primo grado sono corrotti e del tutto manovrati da uomini politici, da leader islamici fondamentalisti o da grandi feudatari. E’ un circolo vizioso, per cui alle minoranze cristiane non viene garantita la giustizia: è una grave lacuna nello stato di diritto e una delle principali cause di sofferenza e di persecuzione dei cristiani in Pakistan”. La sofferenza delle cristiane, spiega la suora, si inserisce nel quadro generale della condizione della donna in Pakistan: “Le donne non valgono nulla. Solo l’8% delle donne riceve un’istruzione in Pakistan. Le bambine vengono spesso abortite. C’è un problema di fondo di cultura e di mentalità tribale”. Inoltre “le donne cristiane portano in più lo stigma di appartenere a una minoranza religiosa: sono le più deboli e vulnerabili, non hanno voce. I potenti musulmani ne approfittano. Le ragazze subiscono abusi, maltrattamenti, stupri e debbono restare in silenzio, pena altre violenze contro la loro famiglia. C’è una discriminazione di fatto: i cristiani non sono veri cittadini, in quanto non possono avere giustizia rispetto a tali patenti violazioni dei loro diritti individuali e di comunità”, conclude la suora.
Appello della Chiesa australiana a sostenere il nuovo Stato del Sud Sudan
◊ Il presidente della Conferenza episcopale australiana, l’arcivescovo di Adelaide, mons. Philip Wilson, ha chiesto di rispondere con spirito di solidarietà all’appello lanciato da Caritas Australia a sostegno della nuova Repubblica del Sud Sudan, lo Stato più giovane del mondo che nascerà domani 9 luglio. "Le comunità del Sud Sudan sono alla soglia dell’indipendenza e noi guardiamo con grande speranza e ansia al futuro di questa fragile regione” si legge in una dichiarazione pubblicata da Caritas Australia e ripresa da Fides. “Questa settimana il nostro pensiero e le nostre preghiere saranno rivolte in segno di solidarietà al popolo della Repubblica del Sud Sudan, affinché possa godere di una transizione pacifica verso la condizione di Stato e di un futuro libero dalla povertà” afferma l’arcivescovo. “L’indipendenza ha il potenziale per poter attuare i cambiamenti necessari in una regione tormentata da conflitti e povertà, ma le minacce della violenza e dell’instabilità sono sempre presenti. Intere comunità tentano di sfuggire alle brutalità, e centinaia di migliaia di persone tentano di ritornare in Sud Sudan pacificamente” continua mons. Wilson. “Insisto ancora di più per avere la vostra solidarietà e il vostro sostegno. La nostra risposta all’appello non solo consentirà a Caritas Australia di rafforzare la sua assistenza umanitaria in questo momento di urgenti necessità, ma permetterà anche alla rete Caritas di andare avanti con programmi di sviluppo umano a lungo termine" conclude il presidente della Conferenza episcopale.
Indipendenza del Sud Sudan: le speranze di molte ong impegnate nell’area
◊ Domani sarà effettiva la separazione tra Sudan e Sud Sudan, votata dalla popolazione in un referendum nel gennaio scorso. Molte sono le speranze che nutrono per questo nuovo Paese che nasce, le ong e gli operatori di pace che da anni lavorano in un Sudan dilaniato prima da 20 anni di guerra civile, che ha causato circa due milioni di morti, e poi piegato dalla povertà, dall’assenza pressoché totale di strutture sanitarie adeguate e da lotte tribali interne. Tra queste associazioni c’è Intersos, presente nel Paese dal 2006 con 14 operatori internazionali e un centinaio locali, come ricorda il Sir. Auspicano per il Sud un futuro all’insegna della democratizzazione e dello sviluppo: “Sono giorni unici a Juba, stiamo vedendo la mobilitazione frenetica di tutte le forze all’interno della società e del governo in preparazione al 9 luglio – racconta il coordinatore Intersos nell’area, Davide Berruti – speriamo che la pace sia duratura, ma nei mesi passati abbiamo assistito a un costante incremento del livello di violenza”. Anche Cesar onlus è presente in Sud Sudan da molto: dal 2000 è a Rumbek e si occupa di istruzione. A un’ottantina di km da qui, precisamente a Cuiebet, sorgerà il Teachers Training Center, grazie al quale molti bambini potranno ricevere un’educazione, superando la soglia attuale dei 10mila. La onlus si occupa di aggiornare i 250 insegnanti esistenti e di formarne via via altri. Questa attività è appoggiata dal vescovo della città, il comboniano mons. Cesare Mazzolari, che descrive il progetto un investimento “nello sviluppo delle nuove generazioni, per andare oltre la guerra, l’ignoranza e la devastazione verso un futuro di pace e autonomia”. Il presule ha anche posto la prima pietra della casa missionaria che spera di inaugurare il 10 ottobre prossimo, giorno in cui la Chiesa ricorda San Daniele Comboni. (R.B.)
Strasburgo boccia il ricorso dei musulmani contro il divieto di costruire minareti in Svizzera
◊ La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha bocciato il ricorso dei musulmani contro il divieto a costruire minareti in Svizzera. La motivazione dei giudici, che hanno dichiarato il ricorso “inammissibile”, fa riferimento all’impossibilità, da parte dei ricorrenti, di dimostrare di essere vittima di una violazione dei propri diritti: essi “non hanno affermato di voler costruire un minareto nel prossimo futuro – si legge – e quindi non hanno dimostrato che il nuovo articolo della Costituzione potrebbe essere applicato nei loro confronti”. Il divieto alla costruzione di nuovi minareti nella Confederazione elvetica è contenuto in un emendamento alla Costituzione federale approvato con il 57,5% dei consensi in un referendum popolare del 29 novembre 2009. Solo quattro dei 26 cantoni che compongono la Svizzera si opposero. L’iniziativa di raccolta delle firme per ottenere il referendum era partita esattamente tre anni fa per volontà popolare di quanti interpretano i minareti come simboli del crescente potere politico musulmano in Svizzera. Contro il divieto, infine, si sono sollevati diversi gruppi di musulmani svizzeri guidati dall’ex portavoce della moschea di Ginevra. (R.B.)
La Cei: informazione e formazione per conoscere meglio l’islam
◊ “E’ essenziale capire le differenze per contribuire al bene della società. Oggi esiste una europeizzazione dell’islam che non è ancora integrazione piena. Uno dei problemi è allora come contribuire a questo processo, come cattolici e come cittadini europei”. Lo ha detto questa mattina don Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei parlando sul tema “Noi e l’Islam” durante il corso di pastorale migratoria, promosso dalla Fondazione Migrantes, che si conclude oggi. Lo riferisce il Sir. Secondo studi recenti, la popolazione di religione musulmana nel mondo – ha detto don Battaglia - cresce a una velocità doppia rispetto al resto della popolazione. Pertanto i musulmani nel 2030 saranno il 26,4 per cento della popolazione mondiale (2,2 miliardi). Oggi sono il 23,4 per cento (1,6 miliardi). In quella data in Europa saranno più di 58 milioni (l’8 per cento della popolazione). Oggi sono il 6 per cento. Il dialogo con l’islam – ha spiegato - ha “risentito nel passato recente del clima seguito all’11 settembre: il decennio appena passato è stato segnato da una logica di conflitto che ha finito per coinvolgere anche i rapporti interreligiosi nel nostro paese”. “Quali azioni concrete le Chiese europee devono promuovere per combattere le immagini distorte e negative dei musulmani e dell’islam?” si è chiesto don Battaglia. “Le parole chiave – ha osservato - potrebbero essere informazione e formazione. Occorre informare meglio un numero sempre maggiore di cattolici sulla realtà della vita religiosa e culturale musulmana, e incoraggiarli a incontrare i musulmani, nello spirito cristiano di vicinanza e di solidarietà sociale. Famiglie cattoliche e musulmane nei vicinati, singoli cattolici e musulmani nella vita pubblica e professionale”. E ancora durante la loro formazione, futuri preti, diaconi, catechisti, laici impegnati nella pastorale e nella catechesi “devono essere edotti sull’islam nella grande varietà delle sue interpretazioni e, in secondo luogo, educati a una visione cattolica delle cose islamiche, alla luce della nostra fede e della nostra teologia. La stampa cattolica e i mezzi di comunicazione in genere devono essere aiutati a sviluppare una adeguata conoscenza e un buon discernimento delle questioni islamiche”.
Europarlamento: no a limiti alla circolazione delle persone entro lo spazio di Schengen
◊ Da Strasburgo arriva un “no” alla reintroduzione di controlli alle frontiere all’interno dello spazio Schengen. Con un voto ad ampia maggioranza l’Europarlamento, ieri, in chiusura di sessione plenaria, risponde alla richiesta avanzata dai 27 capi di Stato e di governi durante il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno. Per settembre infatti la Commissione dovrebbe predisporre un documento per l’introduzione di un “meccanismo di salvaguardia” per far fronte a situazioni eccezionali derivanti, ad esempio, da massicci flussi immigratori. Gli eurodeputati non sono però d’accordo: “L’afflusso dei migranti e dei richiedenti asilo non può giustificare il ripristino” di regole che ostacolino la circolazione all’interno dei confini comunitari. Il Parlamento europeo “deplora vivamente” il tentativo “di vari Stati membri di ripristinare i controlli alle frontiere” e ribadisce la sua “ferma opposizione” a qualsiasi nuovo meccanismo Schengen che “persegua obiettivi diversi dal potenziamento della libera circolazione e dal rafforzamento della governance Ue dello spazio Schengen”. Le sole limitazioni previste dal codice Schengen che il Parlamento Ue riconosce riguardano i casi di “minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna”. L’emiciclo invita l’Esecutivo a presentare una “iniziativa volta a definire la rigorosa applicazione delle disposizioni vigenti da parte degli Stati membri”.
Libano. I vescovi maroniti chiedono al nuovo governo di prendere a cuore i bisogni dei cittadini
◊ Affrontare le questioni interne e prendere a cuore i bisogni dei cittadini, assumendosi anche grandi responsabilità, specialmente in una fase critica come quella attuale: è l’auspicio dei vescovi maroniti del Libano, che si sono riuniti il 6 luglio scorso a Bkerke, nei confronti del nuovo governo sunnita guidato dal premier Najib Mikati, che ieri ha ottenuto la fiducia del Parlamento con 68 voti a favore su 128. I presuli, sotto la guida del patriarca Bechara Boutros Rai, esortano i leader politici a “mantenere alto il livello del dibattito democratico e civile, allineare le posizioni, svelare le verità e attuare la giustizia che dovrebbe mettere fine agli omicidi e riportare la serenità nel Paese”, ma hanno anche preso in esame l’attuale situazione del mondo arabo, mettendo in guardia dall’incertezza che potrebbe derivare da profondi cambiamenti sociali e politici. Il Libano, infatti - ricorda AsiaNews - vive giorni di particolare travaglio dopo che il Tribunale internazionale dell’Onu ha indicato quattro attivisti del movimento Hezbollah come responsabili dell’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri, ucciso a Beirut il 14 febbraio 2005. Il neogoverno in carica è appoggiato dal partito sciita di Hezbollah e dalla “Corrente patriottica libera” del maronita Michel Aoun. (R.B.)
Obiettivi del millennio. Ban Ki-moon: il progresso tende ad escludere i più poveri
◊ “Il progresso tende a escludere coloro che si trovano sui gradini più bassi della scala economica o che sono svantaggiati a causa del loro sesso, età, handicap o etnia”: Ban Ki-moon, segretario generale Onu, commenta la pubblicazione del Rapporto 2011 sugli Obiettivi di sviluppo del millennio. Per le Nazioni Unite sono stati fatti “importanti passi avanti” in vista del raggiungimento degli Obiettivi, “ma portarli a termine tutti entro il 2015 risulterà comunque difficile dato che i più poveri del mondo sono lasciati indietro”. Ban Ki-moon – riferisce il Sir - afferma che “c’è motivo per festeggiare, poiché grandi successi si sono ottenuti da quando nel 2000 i leader mondiali fissarono gli Obiettivi per ridurre la povertà estrema, la fame, l’analfabetismo e le malattie”. E chiarisce: “Gli Obiettivi hanno già contribuito a sradicare milioni di persone dalla povertà, a salvare la vita di tanti bambini e ad assicurarne la frequenza scolastica. Hanno ridotto la mortalità materna, incrementato l’accesso all’acqua pulita e liberato molte persone da malattie debilitanti e mortali”. La crescita economica di vari Paesi di Asia, Africa e sud America e gli aiuti internazionali hanno contribuito a tali progressi. “Il raggiungimento degli obiettivi richiederà una crescita economica equa e complessiva, che raggiunga ognuno e che permetta a tutte le persone di trarre beneficio dalle opportunità economiche”. Il segretario Onu, Ban Ki-moon, illustrando il Rapporto 2011 sugli Obiettivi del millennio, specifica: “Da ora fino al 2015 dobbiamo assicurarci che le promesse siano mantenute. I leader mondiali devono dimostrare non solo interesse, ma anche di avere il coraggio e la convinzione di agire”. Per raggiungere gli obiettivi preposti, il responsabile del Palazzo di Vetro di New York indica anche la strada dello sviluppo sostenibile. “Gli ecosistemi devono essere preservati per sostenere una crescita costante e gli ambienti naturali. La Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile di giugno 2012, che si terrà a Rio de Janeiro (Rio+20), offre una grande opportunità per un ulteriore miglioramento”. Tra i progressi citati dal Rapporto si evidenziano quelli realizzati da vari Paesi nel campo dell’istruzione, della mortalità infantile e materna, la lotta alla malaria e alla diffusione dell’Hiv/Aids, una maggiore disponibilità di fonti per l’acqua potabile. D’altro canto rimangono enormi sacche di povertà e di mancanza di formazione scolastica, Paesi in cui la mortalità infantile è elevatissima e scarsa la capacità di curare ogni tipo di malattia. Nel Rapporto si legge ad esempio: “I bambini provenienti dalle famiglie più povere nei Paesi in via di sviluppo hanno più del doppio delle possibilità di morire prima del compimento del loro quinto anno di vita rispetto ai bambini provenienti dalle famiglie più ricche”.
Afghanistan. Solo il 48% della popolazione ha accesso all’acqua potabile
◊ Solo il 48% della popolazione afghana ha accesso all’acqua potabile e solo il 37% usa servizi sanitari bonificati. Questa situazione di emergenza si riflette con gravi implicazioni sulla salute, in particolare dei bambini. Mentre alcune zone del Paese sono materialmente sprovviste di acqua, la maggior parte delle persone non ha accesso all’acqua potabile a causa delle infrastrutture inadeguate e della loro scorretta gestione, si legge in un rapporto del Centre for Policy and Human Development dell’Università di Kabul, pervenuto all’Agenzia Fides. “Nei tre decenni di sommosse che hanno sconvolto il Paese, le infrastrutture per l’approvvigionamento dell’acqua sono state abbandonate o distrutte, mentre le istituzioni responsabili della distribuzione e gestione del servizio sono crollate” si legge nel rapporto dal titolo ‘Afghanistan Human Development Report 2011’. “Circa il 73% della popolazione fa affidamento su strutture improvvisate e inadeguate per l’approvvigionamento dell’acqua, mentre le fonti d’acqua stanno diventando sempre più inquinate e sfruttate in luoghi come Kabul”. Circa il 70% della popolazione urbana vive in aree non pianificate o insediamenti illegali, mentre il 95% non ha accesso a servizi igienici bonificati. Nella capitale Kabul l’80% della popolazione vive in insediamenti non pianificati dove sono comuni la scarsa igiene e la mancanza di accesso all'acqua potabile.
Sri Lanka. La Chiesa insegna all’uomo a essere comunicatore e ascoltatore
◊ Imparare a essere un comunicatore, ma anche un ascoltatore corretto: è questo l’obiettivo che la comunicazione sociale deve porsi e che è stato al centro dell’incontro “Verità, proclamazione e autenticità della vita nell’era digitale” che ha promosso l’arcidiocesi di Colombo, in Sri Lanka, il 4 luglio scorso in occasione della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. D’accordo con l’obiettivo, riferisce AsiaNews, molti dei sacerdoti che hanno partecipato all’incontro, come il vicario generale ed ex direttore del Catholic Communication Centre della diocesi di Colombo, o padre Sujeewa Athukorala, parroco di Waddura, che ha sottolineato l’importanza di trasmettere questi insegnamenti ai più giovani “affinché possano comprendere cosa è buono e cosa non lo è”. Al termine dell’incontro la Commissione arcidiocesana per le Comunicazioni sociali ha lanciato un cd sulla Passione di Cristo, intitolato “Sii positivo-La pace inizia con un sorriso”. (R.B.)
Aiuto alla Chiesa che Soffre in aiuto ai rifugiati della Thailandia
◊ Aiuto alla popolazione che vive nei campi per i rifugiati, ma anche ai sacerdoti in modo da metterli in condizione di esercitare il proprio ministero: Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), l’associazione caritativa che si occupa dei cristiani perseguitati nel mondo, è accanto ai migranti e ai rifugiati in Thailandia. Secondo dati ecclesiali riportati da Zenit, infatti, in Myanmar sono in questo Stato circa due milioni e mezzo di persone, ma tendono ad aumentare. Il vescovo di Nakhon Sawan, mons. Joseph Visitnondachai, a guida dell’Ufficio cattolico per l’assistenza d’emergenza e i rifugiati, ha fatto sapere di aver coinvolto nell’opera di assistenza molti sacerdoti del Myanmar che ogni settimana effettuano visite alle persone che vivono nei campi e dipendono in tutto e per tutto dagli aiuti delle associazioni umanitarie, celebrano Messe e amministrano i sacramenti, ma si sta cercando anche di formare laici, soprattutto per le attività di catechesi. (R.B.)
Gmg 2011: riunione a Madrid con i rappresentanti di oltre 50 ambasciate
◊ Si è svolta ieri a Madrid la terza riunione informativa della Giornata mondiale della gioventù di Madrid con i rappresentanti di oltre 50 ambasciate di tutto il mondo accreditate nella capitale per dare informazioni di prima mano sugli ultimi dettagli della Gmg, a poco più di un mese dall’evento. Rappresentanti del Brasile, Capo Verde, Croazia, Norvegia, Ghana, Islanda, Haiti e Thailandia – rileva il Sir - hanno partecipato all’appuntamento. “Alla vigilia di quest’incontro vi ringrazio per la vostra collaborazione. Il vostro ruolo è indiscutibile in questo evento di carattere marcatamente internazionale”, ha affermato mons. César Franco, coordinatore generale della Gmg. All’incontro hanno partecipato, da parte dell’organizzazione, mons. Franco, Yago de la Cierva, direttore esecutivo, José Carlos Sanjuán, responsabile del protocollo, Francisco Morales, responsabile della sicurezza, e Rafael Rubio, direttore della comunicazione. Era presente anche il nunzio apostolico in Spagna, mons. Renzo Fratini. Attualmente ci sono oltre 440.000 giovani iscritti di 182 Paesi. I dieci Paesi con più iscritti sono Italia, Spagna, Francia, Usa, Germania, Brasile, Portogallo, Messico, Polonia e Argentina. Il carattere internazionale della Gmg si riflette sul sito web ufficiale della Gmg tradotto in 13 lingue e con profili ufficiali della Giornata su Facebook, che sono disponibili in 21 lingue.
Inghilterra. L'arcivescovo di Westminster chiede più rispetto per il sacramento dell’Eucaristia
◊ “È importante prepararsi bene a ricevere la Comunione osservando un digiuno eucaristico di almeno un’ora e chiedendo il perdono dei peccati attraverso le preghiere penitenziali della Messa e il sacramento della Penitenza, soprattutto quando sappiamo di aver commesso un peccato grave”. Così il primate di Inghilterra e Galles, mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, ha esortato i fedeli a un maggiore rispetto per l’Eucaristia, attraverso una lettera pastorale inviata alle 214 parrocchie della diocesi. Il presule ha ricordato come il Messale Romano consenta di scegliere a chi riceve la Comunione il modo in cui farlo: se in piedi o in ginocchio; se in mano o direttamente in bocca. “Ogni modo ha il suo significato simbolico e spirituale – ha detto al Sir – e ci aiuta a essere profondamente consapevoli di Chi riceviamo e dell’unità di fede che condividiamo”. (R.B.)
Il Centro indonesiano di musica liturgica festeggia i suoi primi 40 anni
◊ Un libro intitolato “ Il timone della musica liturgica”: questa l’iniziativa organizzata per celebrare i primi 40 anni di vita del Centro indonesiano di musica liturgica. Si è svolta, poi, una Messa a Yogyakarta, quartiere generale del centro, officiata dall’arcivescovo di Semarang, mons. Johannes Pujasumarta e dal capo della Provincia indonesiana dei Gesuiti, padre Riyo Mursan. Il logo dell’iniziativa è una nave “che sta ancora navigando nel grande oceano dell’arcipelago indonesiano per cercare di trasmettere la musica liturgica”, racconta padre Karl Edmund Prier sj, presidente del Centro, all’agenzia AsiaNews. L’arcivescovo ha ringraziato calorosamente il centro per aver inserito nella musica liturgica strumenti tipici indonesiani. Il centro promuove, tra l’altro, un revival di folklore tradizionale, modernizza testi e canzoni locali e propone l’utilizzo di strumenti tipici come il tataganing (un tamburo stretto e sottile) e il garantung (un tipo di xilofono). (G.I.)
La sesta edizione del Premio giornalistico e letterario "Marenostrum" dedicata alla cultura migrante
◊ L’associazione nazionale italiana Puntocritico onlus ha annunciato che il 15 ottobre prossimo a Viareggio saranno consegnati i riconoscimenti della VI edizione del Premio giornalistico e letterario ‘Marenostrum’, dedicato alla cultura migrante in Italia. La novità di quest’anno è costituita da una sezione dedicata a video e cortometraggi cui venga riconosciuto il ruolo di “denuncia e documentazione, ma anche promozione socioculturale nel contrasto al razzismo, alle discriminazioni e alle fobie connesse ai fenomeni migratori che coinvolgono l’Italia”. A questa categoria in particolare possono concorrere opere già pubblicate, distribuite o veicolate attraverso la rete, ma che restano comunque di forte attualità. Il premio in denaro, precisa il Sir, ammonta a 500 euro. (R.B.)
Scandalo intercettazioni in Gran Bretagna. In manette l’ex portavoce di Cameron
◊ In Gran Bretagna, si estende lo scandalo intercettazioni. Il gruppo Murdoch ha annunciato la chiusura del settimanale "News of The World", accusato di aver spiato migliaia di persone negli ultimi 10 anni per procurarsi gli scoop. Arrestato l’ex direttore, Andy Coulson, che è anche l’ex portavoce del premier, David Cameron. Proprio il titolare di Downing Street in una conferenza stampa ha detto che il Paese è sconvolto e ha annunciato l’apertura di un’inchiesta e una stretta che riguarda l’intero sistema dei media. Il servizio di Eugenio Bonanata:
Sarà un magistrato a guidare l’indagine con i testimoni che parleranno sotto giuramento. “Rovisteremo ovunque” per far luce su questa pratica “assolutamente spregevole”. Sono parole dure quelle del premier Cameron, intenzionato ad andare fino in fondo superando soprattutto i limiti di una prima inchiesta che evidentemente non è stata capace di chiarire quello che stava succedendo. Il News of The World è accusato di aver creato un sistema complesso, basato sulla corruzione di poliziotti, che ha riguardato migliaia di persone spiate in tutti questi anni. Non solo personaggi famosi, ma anche i familiari delle vittime di terrorismo e le mogli dei soldati morti. Cameron si è assunto tutte le responsabilità di aver affidato all’ex direttore del giornale la comunicazione del suo team, nonostante fosse dimissionario proprio per lo scandalo delle intercettazioni. Nessuno – ha detto – mi aveva dato informazioni dettagliate. Ora, però, si tratta di scoprire cosa succedeva negli altri giornali. Per questo è stata nominata una seconda commissione, composta da figure autorevoli, che dovrà chiarire culture, pratiche ed etica della stampa britannica. La Commissione di controllo sui mass media non ha funzionato quindi – ha spiegato – dovrà essere riformata. Intanto, l’edizione di domenica prossima del diffuso settimanale News of The World sarà l’ultima della sua lunga storia. Il gruppo Murdoch ha ammesso che ci sono stati degli errori e che i proventi dell’ultima copia saranno devoluti in beneficenza. Non ci saranno pagine pubblicitarie, gli inserzionisti hanno boicottato l’appuntamento. Circa 200 i dipendenti che perderanno il posto di lavoro.
Italia
Il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha annunciato che il candidato del Pdl alle elezioni del 2013 sarà il guardasigilli Alfano e di voler sostenere Gianni Letta nella corsa al Quirinale. In un’intervista a Repubblica, il presidente del Consiglio ha anche rassicurato sull’alleanza con la Lega, accusando il ministro Giulio Tremonti di scarsa collaborazione. In queste ore, Berlusconi e Tremonti si trovano faccia a faccia a Palazzo Chigi per definire l’agenda dei prossimi giorni. Intanto, il ministro delle Finanze è finito al centro di nuove polemiche per la richiesta di arresto del suo ex collaboratore e deputato del Pdl, Milanese.
Italia-Germania - immigrazione
Servono risposte europee per risolvere i problemi di Lampedusa legati all’immigrazione. Lo ha ribadito il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, incontrando il suo omologo tedesco, Christian Wulff, in visita in Italia. Il leader di Berlino, pur condividendo la prospettiva, ha invitato a non esagerare sul caso Lampedusa, ricordando che il suo Paese negli anni Novanta ha affrontato afflussi molto più massicci provenienti dai Balcani, senza ricorrere a nessuna assistenza. Intanto, in mattinata, al centro di accoglienza dell’isola siciliana, c’è stata una nuova protesta da parte di un gruppo di giovani tunisini, sbarcati da oltre un mese, che chiedono di lasciare Lampedusa.
Borse europee
Nuova giornata di affanno per le borse europee, sulla scia dei timori per la crisi del debito. pessimo l'andamento per la piazza di Milano, a causa del forte aumento del divario tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, considerati i più affidabili. Arretrano, in generale, i bancari. Gli esperti temono un attacco speculativo all’Italia e parlano della percezione di debolezza del ministro Tremonti, con il varo della manovra finanziaria che non riesce ad allontanare i timori.
Grecia
Riunione del Fondo monetario internazionale per approvare i tre miliardi di prestiti a favore della Grecia, che fanno parte della quinta tranche di aiuti da 12 miliardi totali. La cifra comprende anche una quota dell’Unione Europea già stanziata da Bruxelles, dopo il via libera alla manovra economica approvata da Atene. In queste ore, il premier greco Papandreou ha chiesto al suo governo di accelerare i tempi per l’attuazione del piano, mentre il Paese mostra perplessità per quanto riguarda il vasto progetto di privatizzazione da 50 miliardi.
Francia-Strauss-Khan
Avviata in Francia un’inchiesta in seguito alla denuncia del tentativo di stupro, mossa da una giornalista nei confronti dell’ex numero uno del Fondo monetario internazionale, Strauss-Khan. Lo hanno riferito fonti giudiziarie. Il fatto risale al febbraio del 2003.
Siria
Nuova mobilitazione antigovernativa, oggi, in diverse città della Siria. Secondo gli attivisti per i diritti umani, sarebbero stati uccise almeno quattro persone, delle quali una in pieno centro a Damasco. Folla per le strade della città ribelle di Hama, dove, al fianco dei dimostranti, c’è anche l’ambasciatore francese in Siria, intenzionato a testimoniare la solidarietà del suo Paese. Il parlamento eruopeo, intanto, ha chiesto all’Onu una dichiarazione di condanna per le violenze dell’esercito siriano e l’apertura di un corridoio umanitario al confine tra Libia e Turchia.
Egitto
Si torna a manifestare anche in Egitto, a tre mesi dalla cacciata di Mubarak. In migliaia nella famigerata piazza Tahrir del Cairo animano il cosiddetto venerdì della “punizione e della perseveranza” per protestare contro la lentezza delle riforme e per invocare processi più trasparenti contro gli esponenti dell'ex regime. Numerose le tende allestite in piazza, mentre le Forze dell’ordine seguiranno il tutto a distanza, per evitare scontri dopo quelli avvenuti in settimana tra dimostranti e agenti.
Yemen
Si continua a discutere nello Yemen della prima apparizione televisiva del presidente, Saleh, dall’attacco subito il 3 giugno scorso. Dall’Arabia Saudita, dove si trova ricoverato per le ferite riportate, il capo di Stato si è detto pronto alla condivisione del potere, ma all’interno di quanto previsto dalle leggi e dalla Costituzione. Nessuna sorpresa da parte dell’opposizione, che ha bocciato le aperture del leader. Il discorso è stato accompagnato da spari in aria e festeggiamenti a Sanaa, dove si conta un morto e decine di feriti.
Libia
I vertici dell’esercito tunisino denunciano l’arrivo ogni giorno di almeno seimila rifugiati in fuga dalla Libia. Tunisi ha tuttavia rassicurato sulla tenuta della frontiera, mentre sembrano allungarsi i tempi per la soluzione della crisi. Sul terreno libico, infatti, i ribelli proseguono la lenta avanzata verso Tripoli, dove le forze fedeli a Gheddafi sono pronte a resistere ad oltranza. Dal canto suo, l’Onu preme per l’avvio di un rapido processo di pace.
Pakistan
Cresce la tensione nella città meridionale pakistana di Karachi, dove le violenze interetniche e politiche degli ultimi tre giorni hanno provocato almeno una settantina di morti. L’esercito ha inviato mille uomini, mentre le autorità cittadine hanno dato l’ordine di aprire il fuoco contro chiunque sia coinvolto nei disordini. Oggi, il principale partito locale ha indetto una giornata di lutto per gli eccidi: i negozi sono chiusi, fermi i mezzi di trasporto.
Medio Oriente
Cresce la tensione nell'aeroporto internazionale di Tel Aviv, in attesa dell’arrivo di decine di attivisti stranieri filopalestinesi prevista in queste ore. Le autorità israeliane hanno fatto sapere che ci saranno rimpatri immediati a spese delle compagnie aree. Numerosi gli agenti schierati per prevenire qualsiasi tipo di manifestazioni di solidarietà anche all’esterno dello scalo. In mattinata, disagi negli aeroporti di Parigi e Ginevra per la partenza dei voli diretti in Israele.
Texas
Giustiziato in Texas con un’iniezione letale il cittadino messicano condannato per aver stuprato e ucciso una ragazza di 16 anni nel 1996. Prima di morire, ha chiesto scusa alla famiglia. L’amministrazione Obama aveva fatto ricorso alla Corte suprema invocando il rinvio dell’esecuzione, affermando che questa avrebbe violato la Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari e avrebbe messo a rischio di arresto senza garanzie i cittadini americani all'estero. (Panoramica internazionale a cura di Eugenio Bonanata)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 189