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Sommario del 06/07/2011
Benedetto XVI visita la mostra dedicata a Karol Wojtyla
◊ Il Papa si è recato stamani al Braccio di Carlo Magno in Vaticano per visitare la mostra dedicata a Giovanni Paolo II in occasione della sua Beatificazione. Benedetto XVI, accolto dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato, ha seguito con grande attenzione tutte le sezioni dell’esposizione che illustrano la vita e il pontificato di Karol Wojtyla. Sono esposti tra l'altro i suoi sci, gli scarponi, la bicicletta, una tuta da lavoro dei minatori del tempo, l’abito nero del sacerdote Wojtyla, la veste viola del vescovo e quella porpora del cardinale. Il Papa, guidato dai due curatori Barbara Iatta e Roberto Pulitani, ha quindi potuto vedere alcuni scritti autografi e poi oggetti dell'infanzia e della gioventù provenienti da Wadowice, la città natale di Giovanni Paolo II. L'esposizione, curata dal Governatorato e dall’Ambasciata polacca presso la Santa Sede, è stata inaugurata il 28 aprile scorso e resterà aperta fino al 24 luglio. L’ingresso è gratuito.
Il Papa si trasferisce a Castel Gandolfo. Sospese le udienze generali, riprenderanno il 3 agosto
◊ Dopo gli ultimi impegni odierni, Benedetto XVI si prepara a lasciare Roma per Castel Gandolfo, dove trascorrerà un periodo di riposo. Domani pomeriggio, il Papa si trasferirà nella sua residenza estiva sui Castelli Romani. Dunque, a partire da oggi e per tutto il mese di luglio, sono sospese le udienze generali del mercoledì, che riprenderanno dal prossimo 3 agosto, mentre il Papa presiederà regolarmente la preghiera domenicale dell'Angelus dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. In questi anni, attraverso le catechesi del mercoledì, il Pontefice ha tracciato un grande affresco della Chiesa e dei suoi protagonisti. In questo servizio, Alessandro De Carolis ritorna al primo ciclo sviluppato integralmente da Benedetto XVI a partire dal 2006, dedicato a Cristo e agli Apostoli e ai primi testimoni della fede cristiana:
(musica)
Cominciare dal principio è sempre una buona scelta per capire di cosa si stia parlando. E per la smemorata, scarsamente formata e troppo spesso indifferente al Vangelo umanità del terzo millennio cristiano – che lo ha “costretto” a istituire un dicastero che si occupi della sua rievangelizzazione – Benedetto XVI deve aver deciso, una volta sul Soglio di Pietro, che il Papa stesso per primo doveva, in certo modo, “rimboccarsi le maniche” e insufflare poco per volta, in polmoni inariditi dal secolarismo, il soffio di una sapienza bimillenaria che ha portato sulla terra il respiro del cielo. Così, nel marzo 2006, Benedetto XVI parte dal racconto dell’istante “zero” Chiesa, dall’incontro di Gesù con i pescatori di Galilea. Lì, afferma, c’è il Dna di ciò che accadrà dopo. I primi testimoni sono, sì, chiamati per diffondere nel mondo la verità del Vangelo, ma soprattutto sono membri di un unico corpo:
“La loro missione non è isolata, ma si colloca dentro un mistero di comunione, che coinvolge l'intero Popolo di Dio e si realizza a tappe, dall'antica alla nuova Alleanza (…) Pertanto, sin dal primo momento della sua attività salvifica Gesù di Nazaret tende a radunare il Popolo di Dio”. (Udienza generale, 15 marzo 2006)
Se tale la premessa – ed è incontrovertibile – coerenza vuole che la storia della Chiesa sia considerata alla luce di questa chiamata, e non nella cecità di chi pretende di scindere il Creatore dalla sua creatura. Per cui, in quella stessa udienza generale, il Papa – che mai ha nascosto i peccati della Chiesa – obietta con schiettezza contro una certa forma di ipocrisia che contagia molti credenti:
“E’ pertanto del tutto inconciliabile con l’intenzione di Cristo uno slogan di moda alcuni anni fa: Gesù sì, Chiesa no! Questo Gesù scelto in modo individualistico è un Gesù di fantasia. (applausi) Non possiamo avere Gesù senza la realtà che ha creato e nella quale si comunica. E questa sua presenza nella comunità nella quale Egli stesso si dà sempre a noi, è motivo della nostra gioia”. (Udienza generale, 15 marzo 2006)
Ristabilite le proporzioni del quadro, Benedetto XVI ribadisce che “l’avventura degli Apostoli comincia così, come un incontro di persone che si aprono reciprocamente”:
"Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Essi infatti non dovranno essere annunciatori di un'idea, ma testimoni di una persona. Prima di essere mandati ad evangelizzare, dovranno 'stare' con Gesù, stabilendo con lui un rapporto personale”. (Udienza generale, 22 marzo 2006)
Trascorrono le settimane e i mesi, e le singole figure dei Dodici, narrate in modo vivido da Benedetto XVI, escono dalle nicchie di vecchi catechismi e ricominciano a parlare alla Chiesa del 21.mo secolo. Chi vuole, può ascoltare il Papa parlare del primato di Pietro, della successione apostolica, della trasmissione della fede, dell’unità e distinzione tra clero laici, dell’importanza della tradizione, che permette alla Chiesa dell’ora più antica di essere in totale comunione con quella più recente:
“La tradizione non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte, la tradizione è il fiume vivo che ci collega con le origini. Il grande fiume che ci porta al porto dell’eternità. Così essendo in questo fiume vivo si verifica sempre di nuovo la parola che abbiamo sentito all’inizio, la parola del Signore: io sono con voi tutti i giorni della vita, fino alla fine del mondo”. (Udienza generale, 26 aprile 2006)
Clemente Alessandrino, Origene, Giovanni Crisostomo, San Girolamo – ma anche figure meno note come Sant’Efrem o San Cromazio: come un paziente maestro il Papa riaccende via via il faro d’interesse con il quale illumina i grandi padri e testimoni della prima Chiesa. Fino all’amato Sant’Agostino, protagonista di un ciclo nel ciclo, con cinque catechesi sviluppate tra il gennaio e il febbraio 2008. Ma il 2008 è anche quello dell’Anno Paolino. In 20 catechesi, Benedetto XVI parla con magistrale profondità dell’Apostolo delle Genti, la cui eccezionale esperienza, dice una volta, non è confinata a lui:
“Anche noi possiamo incontrare Cristo, nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa. Possiamo toccare il cuore di Cristo e sentire che Egli tocca il nostro. Solo in questa relazione personale con Cristo, solo in questo incontro con il Risorto diventiamo realmente cristiani”. (Udienza generale, 3 settembre 2008)
Il viaggio intrapreso da Benedetto XVI ha l’ambizione di radicare la fede in modo analogo ai primi Padri della Chiesa. Ma diversamente da loro, in questo caso si tratta di rifondare ciò che – essendo stato per secoli un solido architrave – ha finito per essere, in molti, una parete malferma. Per riscoprire la forza e la bellezza del cristianesimo, affermò qualche anno fa, proprio Sant’Agostino è una figura di riferimento, poiché con la sua esperienza racconta che Dio è vicino a ogni essere umano, “tanto al suo cuore quanto alla sua ragione”:
“‘Non andare fuori - afferma Agostino - ma torna in te stesso; nell’uomo interiore abita la verità; e se troverai che la tua natura è mutabile, trascendi te stesso' (…) Tendi dunque là dove si accende la luce della ragione. Proprio come egli stesso sottolinea (…) all’inizio delle Confessiones, la sua autobiografia spirituale: ‘Ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te’”. (Udienza generale, 30 gennaio 2008)
(musica)
Mons. Filoni presenta al Papa la sesta edizione dell'Atlas Hierarchicus
◊ Il Papa ha ricevuto stamani mons. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che ha presentato al Santo Padre la sesta edizione dell’Atlas Hierarchicus: si tratta di un’opera di grande pregio editoriale che - attraverso accurate tavole a colori e dettagliate note statistiche - illustra l’attuale presenza della Chiesa nei vari continenti fornendo il quadro generale dei cattolici nel mondo. In evidenza le nuove Chiese particolari che sono state costituite in questi ultimi anni e l’elenco delle circoscrizioni ecclesiastiche. Questa nuova edizione, le cui prime 4 copie sono state donate al Papa, è stata promossa e finanziata dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e pubblicata dalla “Urbaniana University Press”, la casa editrice della Pontificia Università Urbaniana. L’introduzione di Papa Benedetto XVI ne evidenzia l’importanza.
La precedente edizione risale al 1992. La Sede Apostolica ne aveva sollecitato più volte la revisione e l’aggiornamento. Nel frattempo, infatti, sono avvenuti numerosi mutamenti sia a livello locale che mondiale: sono sorte nuove comunità, il numero dei battezzati è cresciuto e le giurisdizioni ecclesiastiche, prime fra tutte diocesi e archidiocesi, sono aumentate. Di conseguenza, si imponeva un nuovo Atlante. L’obiettivo della nuova configurazione non è stato solo quello di offrire delle statistiche dettagliate sui singoli Paesi, ma anche quello di presentare una visione generale, ‘attuale’ e ‘geografica’, della popolazione cattolica. Le lingue adottate sono l’italiano, l’inglese, il francese e lo spagnolo. La nuova edizione ha richiesto quattro anni di lavoro minuzioso. Mons. Filoni era accompagnato dal padre verbita Giancarlo Girardi, curatore della pubblicazione, e dal padre Leonardo Sileo, dei Frati Minori, direttore della Editrice “Urbaniana University Press”.
Intervista con Giovanni Maria Vian dopo la visita del Papa all'Osservatore Romano
◊ Un giornale a dimensione universale che guarda a tutto il mondo: così il Papa, ieri mattina, in visita alla redazione dell’Osservatore Romano, per i 150 anni di pubblicazione. Luca Collodi ha chiesto al direttore del quotidiano della Santa Sede, Giovanni Maria Vian, cosa può cambiare dopo la visita del Papa:
R. – Può cambiare tutto, ma nella continuità. Cambia, come cambia ogni giorno la vita di un giornale. Certamente, la visita dell’editore, del "primo collaboratore" del quotidiano della Santa Sede – perché questo è il Papa – ha significato un grande momento di cordialità. Il Papa è stato, da questo punto di vista, paterno, veramente paterno. Ha voluto salutare uno per uno tutti i dipendenti del giornale. Al di là di questo ha fatto, a braccio, delle riflessioni che sono importanti non soltanto per il nostro giornale – per il giornale della Santa Sede – ma più in generale per i media.
D. – Il quotidiano della Santa Sede come si colloca nel panorama dei media cattolici italiani, ma soprattutto internazionali?
R. – Ha una collocazione molto particolare. Noi siamo un piccolo giornale, in realtà. Piccolo ma autorevolissimo, proprio perché il nostro editore è unico: è un editore unico, un azionista unico, perché nessuno oggi, nel mondo, ha l’autorevolezza che ha il Papa. Quindi rappresentare il punto di vista della Santa Sede e del Papa è qualcosa che, se ci si pensa, annichilisce. Noi, umilmente, giorno per giorno, cerchiamo di fare del nostro meglio. L’Osservatore Romano si pone con fraternità di linguaggio e di rapporti: questo cerca di fare il “giornale del Papa”.
D. – Qual è il rapporto che cercate di mantenere tra l’ufficialità del giornale del Papa rispetto all’informazione più in generale, che talvolta ha bisogno anche di una diffusione più popolare?
R. – E’ il tipico “secondo giornale”. Però, intanto è un giornale – io oso dire – profondamente laico. E’ il giornale della Santa Sede che informa come nessun altro sulla Santa Sede, sul Papa: immediatamente pubblica i suoi discorsi … Ma per il resto è un giornale fatto da laici: tutti i miei predecessori, io stesso anche, naturalmente, siamo stati e siamo laici; la stragrande maggioranza di chi lavora all’Osservatore Romano è laica. E’ un giornale, per il resto, quasi normale, nel senso che è un giornale a dimensione internazionale, è un giornale che interviene nel dibattito culturale e che informa abbondantemente sulla vita religiosa mondiale, non solo cattolica: anche le altre confessioni cristiane sono seguite, le altre religioni, soprattutto l’ebraismo. Negli ultimi anni sono molto aumentate le firme non cattoliche, tra queste di intellettuali e giornalisti ebrei. Tutto questo lo fa un giornale normale e speciale insieme, perché il suo punto di vista – pur essendo un piccolo giornale – è intenzionalmente mondiale, è intenzionalmente universale, quindi “cattolico”, che poi è il significato etimologico della parola “cattolico” … (gf)
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Caxias do Sul (Brasile), presentata da mons. Nei Paulo Moretto, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Alessandro Carmelo Ruffinoni, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mayagüez (Porto Rico), presentata da mons. Ulises Aurelio Casiano Vargas, per raggiunti limiti di età.
Il Papa ha nominato vescovo di Mayagüez (Porto Rico) mons. Alvaro Corrada Del Río, finora vescovo di Tyler, Texas, negli Stati Uniti. Mons. Alvaro Corrada Del Río è nato a Santurce, Puerto Rico, il 13 maggio 1942. Nel 1960 è entrato nel Noviziato della Compagnia di Gesù a Saint Andrew in Hudson (New York), dove nel 1962 ha emesso la prima professione. Ha ottenuto il B.A. in filosofia e scienza presso l’Università di Fordham (New York) e vi ha frequentato corsi di storia. Ha quindi insegnato storia, religione, inglese e spagnolo in vari collegi della Compagnia di Gesù. Ordinato sacerdote il 6 luglio 1974, ha frequentato nell’anno successivo l’Institut Catholique di Parigi per completare il corso teologico per la laurea in teologia. È stato quindi predicatore di esercizi spirituali e direttore del movimento per il rinnovamento del matrimonio presso la "Casa Manresa" di Puerto Rico (1975-1978). Dopo aver trascorso la "terza probazione" in un quartiere povero di Medellín in Colombia (1978-1979), è stato a New York come vice-cooperatore della "Nativity Parish" (1978-1985) e coordinatore pastorale del "Northeast Catholic Hispanic Center" (1982-1985). Nominato vescovo titolare di Rusticiana ed ausiliare di Washington il 31 maggio 1985, è stato consacrato il 4 agosto dello stesso anno. A Washington ha esercitato il suo ministero episcopale come vicario generale e come vicario episcopale per gli Ispanici. Dal 1997 al 2000 ha ricoperto l’incarico di amministratore apostolico della diocesi di Caguas, dapprima "sede plena" e, dal mese di luglio 1998, "sede vacante". Il 5 dicembre del 2000 è stato trasferito nella diocesi di Tyler, Texas.
Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi di Caçador (Brasile) mons. Severino Clasen, trasferendolo dalla diocesi di Araçuaí. Mons. Severino Clasen è nato il 10 giugno 1954 nella località di Indaiá, municipio di Petrolândia, Stato di Santa Catarina, nella diocesi di Rio do Sul.
Dopo il noviziato nell’Ordine dei Frati Minori Francescani a Rodeio, ha emesso la Professione Solenne il 18 aprile 1981. Ha studiato Filosofia presso l’Istituto di Filosofia dei Francescani a Curitiba e Teologia presso l’Istituto Francescano di Teologia a Petrópolis. Ha frequentato, inoltre, i seguenti corsi di specializzazione e di aggiornamento: periodo sabbatico di studio, riflessione e convivenza a partire dalle Fonti Francescane promossa dall’Ordine dei Frati Minori ad Assisi; periodo sabbatico nella Terra Santa, dedicato allo studio, alla riflessione e vita della Sacra Scrittura; e corso per Formatori Francescani nell’Istituto Teologico a Petrópolis. È stato ordinato sacerdote il 10 luglio 1982. L’11 maggio 2005 è stato nominato vescovo di Araçuaí ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 25 giugno successivo. Nell’ultima Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Brasiliana è stato eletto membro del Consiglio Episcopale di Pastorale e responsabile della Commissione Episcopale Pastorale per il Laicato.
Il Pontificio Consiglio per i Migranti: il turismo, momento importante di evangelizzazione e dialogo
◊ “Turismo e avvicinamento delle culture”: questo il tema della Giornata mondiale del turismo, che si celebra il 27 settembre. In vista di questa ricorrenza, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha pubblicato oggi un messaggio in cui si ribadisce l’importanza del turismo come momento di dialogo e di evangelizzazione. Annunciato, infine, il 7.mo Congresso mondiale di pastorale per il turismo, che si terrà in Messico nel 2012. Il servizio di Isabella Piro:
Sono più di novecento milioni le persone che oggi compiono viaggi internazionali. Una cifra notevole di fronte alla quale, scrive il Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, è necessario riflettere sull’importanza del viaggio come incontro fra le diverse culture del mondo. “Turismo e avvicinamento delle culture”, dunque, il tema scelto per la Giornata mondiale di quest’anno, proprio per ribadire, sulla scia di Benedetto XVI, che “occorre fare in modo che le persone accettino non soltanto l’esistenza della cultura dell’altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”. Perché il turismo, si legge nel messaggio, è “un’occasione privilegiata” di “autoeducazione personale, di mutua tolleranza e di accostamento alle legittime differenze tra popoli e culture”.
Ma su cosa si basa il dialogo? Il dicastero vaticano lo ribadisce: sull’ascolto e sul rispetto, evitando pregiudizi ed esclusioni, superficialità e parzialità. E tale atteggiamento deve essere reciproco: prima di partire, il turista si informi sul luogo che visiterà e chi lo accoglie rispetti le sue aspettative.
In quest’ambito, prosegue il messaggio, la Chiesa ha molto da offrire, poiché “il patrimonio culturale che nasce dall’esperienza della fede, dall’incontro fra la cultura e il Vangelo” è immenso e va presentato “nella sua autenticità”, nella sua “vera natura religiosa”. “Anche in campo culturale – come dice il Papa – il cristianesimo ha da offrire a tutti la più potente forza di rinnovamento e di elevazione, cioè l’Amore di Dio”.
Cosa fare dunque? Il Pontificio Consiglio dà indicazioni chiare: elaborare itinerari turistici adatti ai luoghi sacri, predisporre strutture di accoglienza adeguate, formare spiritualmente ed culturalmente le guide turistiche, pensare alla possibile creazione di un’organizzazione di guide cattoliche ed elaborare dépliant, siti web e riviste specializzate sul patrimonio artistico della Chiesa. Tutto questo perché il turismo religioso sia inteso come “una piattaforma per realizzare l’annuncio chiaro ed esplicito di Gesù Cristo”.
Infine, il messaggio – a firma del presidente e del segretario del dicastero, mons. Antonio Maria Vegliò e mons. Joseph Kalathiparambil – si conclude con l’annuncio del settimo Congresso mondiale di pastorale del turismo che si terrà a Cancún, in Messico, dal 23 al 27 aprile 2012.
Visita del cardinale Sandri all'Eparchia di Mukachevo dei Ruteni
◊ Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, si è recato in Ucraina dal 26 al 28 giugno scorsi per una visita all'Eparchia di Mukachevo dei Ruteni su invito del vescovo eparchiale, mons. Milan Šašik: occasione del viaggio è stata la celebrazione del decimo anniversario della Beatificazione e del centenario della nascita di Teodoro Romza, vescovo di Mukachevo e martire. Il porporato, accolto da numerosi fedeli, ha incontrato le autorità religiose e civili: a tutti ha portato la benedizione del Papa invitando ad ispirarsi all’esempio di fedeltà e di fortezza fino alla morte offerto dal Beato Romza, ucciso nel 1947 durante le persecuzioni religiose nell’Unione Sovietica.
Pur rendendosi conto del pericolo incombente – ha sottolineato - non smise mai di invitare i fedeli a rinnovare le promesse battesimali per testimoniare pubblicamente la fede in Cristo e la fedeltà alla Chiesa di Roma. Spinto da qualche presentimento, nel 1939 scriveva: “Morire per Cristo vuol dire vivere eternamente”. La confessione di fede e il martirio di mons. Romza – ha detto il cardinale Sandri - non sono stati inutili perché dalla sua testimonianza questa comunità ecclesiale ha ricevuto incremento continuo e ne è prova l’attuale vitalità.
◊ Stamani, nel Palazzo Apostolico Vaticano, mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, e il ministro degli Affari Esteri dell’Azerbaigian, Elmar Mammadyarov, hanno proceduto allo scambio degli Strumenti di ratifica dell’Accordo fra la Santa Sede e la Repubblica di Azerbaigian. L’Accordo, in lingua inglese ed azera, regola la situazione giuridica della Chiesa cattolica in questo Paese.
Mons. Mamberti ha parlato di “accordo storico” che “rende effettivo il principio della libertà religiosa” proclamato nella Costituzione azera. Si tratta di un’intesa – ha aggiunto - che “assicura alla Chiesa cattolica locale di poter vivere in pace e sicurezza, in modo da contribuire meglio al bene comune” di un Paese a maggioranza musulmana. Un evento, dunque, “molto significativo – ha proseguito mons. Mamberti – anche perché dà prova del rispetto mostrato da un Paese con una cospicua popolazione musulmana per una comunità religiosa minoritaria. Si tratta di un'indicazione di come i Cristiani e i Musulmani possono vivere insieme e rispettarsi reciprocamente”.
“L'Accordo – ha rilevato il presule - non influisce sull'esistenza e sulle attività delle numerose comunità religiose, Cristiane e non-Cristiane, accolte in Azerbaigian, e non pone la Chiesa cattolica in una posizione privilegiata. La Chiesa, piuttosto, cerca di realizzare la propria missione nell'ambito della sua competenza religiosa, nel dovuto rispetto per le leggi della Repubblica di Azerbaigian”. “Il consenso raggiunto in ambiti di mutuo interesse – ha concluso mons. Mamberti - è il più chiaro segno della nostra comune volontà di continuare a lavorare insieme, con un nuovo strumento in grado di assicurare la formazione integrale di ogni persona, sia come credente che come cittadino”. Presente al solenne atto anche il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Magistero dell’essenziale: in prima pagina, José Maria Gil Tamayo sulla visita di Benedetto XVI all’“Osservatore Romano”.
Dall’infanzia alla beatificazione un itinerario attraverso le immagini: il Papa visita la mostra nel Braccio di Carlo Magno in ricordo di Giovanni Paolo II.
Nell’informazione internazionale, lo scambio degli strumenti di ratifica dell’Accordo fra Santa Sede e Repubblica di Azerbaigian, con il discorso dell’arcivescovo Dominique Mamberti.
L’arcangelo e l’Europa: in cultura, Carlo Carletti sul santuario di San Michele e il sito seriale dell’Unesco che valorizza la presenza dei Longobardi in Italia.
Raffaello è più “inquieto” di Bosch: Silvia Guidi su Omar Galliani e l’omaggio a Benedetto XVI.
Concepire l’handicap: il saggio di Giulia Galeotti nel volume “Bioetica come storia” a cura di Lucetta Scaraffia.
La scintilla della nostalgia: Gaetano Vallini su Ringo Starr in concerto.
Ad Assisi un pellegrinaggio della verità e della pace: il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, su cammino ecumenico e dialogo con le altre tradizioni religiose.
Il dramma dell'etnia Kachin: diritti negati in Myanmar
◊ In Myanmar, Paese dei diritti civili negati, si sta consumando anche il dramma dell’etnia Kachin, che abita l’estremo nord del Paese. Al confine con Cina e India. La popolazione, poco più di un milione di abitanti metà buddisti e metà cristiani, subisce da anni ogni tipo di violenze da parte dei militari governativi. I Kachin vivono in grande povertà e sono migliaia i profughi in fuga, che cercano di passare in Cina, ma vengono sistematicamente rifiutati da Pechino. Di questa grave situazione Giancarlo La Vella ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International:
R. - Da decenni il governo centrale del Myanmar conduce una repressione spietata nei confronti delle minoranze etniche, che sono numerose e sparpagliate per tutto il Paese, soprattutto lungo i confini con Cina, Thailandia, alcune delle quali hanno anche formato gruppi armati per difendersi o chiedere l’indipendenza. Queste minoranze vanno incontro ad una repressione feroce. I Kachin si trovano in una situazione ulteriormente drammatica perché sono schiacciati lungo il confine con la Cina, un Paese che non accoglie profughi che arrivano da zone di guerra. Dal punto di vista cinese l’atteggiamento è quello di non volere - nel nome della stabilità del Myanmar e dei rapporti privilegiati che ci sono - accogliere rifugiati e minoranze ostili al governo birmano. Questo ha una conseguenza devastante perché ci sono segnalazioni di casi di torture, di arruolamento obbligato nell’esercito, di violenze sessuali, di arresti, di riduzioni in schiavitù e da questo punto di vista la situazione è assolutamente drammatica.
D. - E’ possibile evidenziare questa situazione in modo che la comunità internazionale possa in qualche modo intervenire?
R. - Questo è fondamentale: lo fanno le organizzazioni per i diritti umani, lo fanno i mezzi di informazione. Certo, questa situazione viene denunciata da decenni perché la repressione ai danni delle minoranze etniche in Birmania è spaventosa da tempo e purtroppo da parte della Cina c’è una protezione molto forte nei confronti del governo birmano che fa sì che la comunità internazionale sia bloccata dal veto cinese. Quindi il compito che dobbiamo svolgere è quello di continuare a denunciare e chiedere alle autorità di cambiare atteggiamento, sia nei confronti del Myanmar sia per quanto riguarda la riapertura della frontiera: secondo alcune fonti, sarebbero addirittura 20 mila le persone fuggite verso il confine con la Cina che non vengono fatte entrare e che quindi rimangono ammassate lungo i confini.
D. – Oltre a questo dramma, la popolazione Kachin vive in estrema povertà?
R. – La situazione è drammatica: non dobbiamo dimenticare anche l’altro protagonista, che è l’esercito per l’indipendenza del Kachin, un gruppo armato che opera da tantissimo tempo. E’ una situazione nella quale il livello di vita è sotto il livello di sussistenza: arrivano notizie di persone che sopravvivono con due ciotole di riso al giorno! Si trovano anche in una zona complicata da raggiungere perché sono in mezzo alla giungla ... Il tutto in una situazione di guerriglia o guerra aperta che fa sì che spesso ci vadano di mezzo i civili. (bf)
Sabato a Juba la cerimonia per l'indipendenza del Sud Sudan: aspettative e sfide ancora aperte
◊ Ci sarà anche il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, alla cerimonia per l'indipendenza del Sud Sudan, che si terrà sabato a Juba. Nella nuova capitale, il numero uno del Palazzo di Vetro – che nell’occasione incontrerà anche il futuro presidente sud sudanese, Salva Kir – in un editoriale ha voluto ricordare che “lo status di nuova nazione è arrivato a dei costi altissimi: 2 milioni di vite sono state perse e 4 milioni di persone sono state allontanate dalle proprie case nel corso di una brutale guerra civile che si è protratta per 21 anni, fino al 2005”. Nelle zone di confine tra il Nord e il Sud Sudan rimangono poi irrisolte importanti questioni, come nell’Abyei, zona contesa da entrambe le parti, e in Sud Kordofan, dove nelle ultime settimane si sono scontrati gli eserciti di Khartoum e di Juba. Nell’imminenza del 9 luglio, Giada Aquilino ha intervistato Fabrizio Cavalletti di Caritas Italiana, organismo che aderisce alla Campagna italiana per il Sudan che ieri a Roma, assieme alla Tavola della Pace, ha fatto il punto sulla situazione nel Paese africano:
R. – Questo appuntamento non è una tappa d’arrivo per la costruzione della pace in Sudan ma è una tappa intermedia, forse una tappa iniziale. Si è visto che in questo lungo periodo di transizione - che ha seguito gli accordi di pace del 2005 e che doveva servire proprio per mettersi d’accordo su varie questioni legate ai rapporti tra nord e sud, ma anche tra nord, sud e il resto della regione - in realtà molte delle questioni sono rimaste sul tavolo. Quindi sarà necessario un impegno da parte di tutti, a partire dalle istituzioni sudanesi, ma anche della comunità internazionale, per sostenere il percorso verso la pace. Inoltre, vogliamo lanciare un messaggio all’informazione, ai mass media, affinché del Sudan in particolare e, direi, dell’Africa in generale si parli di più.
D. - Quali sono le questioni irrisolte che adesso diventano i problemi principali da affrontare per il nuovo Stato, il Sud Sudan?
R. – Ne cito una su tutte: la definizione di confini precisi. Nel momento in cui c’è una secessione, un’indipendenza di uno Stato da un altro, stabilire i confini è la cosa fondamentale. Eppure ancora non c’è questa individuazione precisa dei confini tra i due Paesi. Un’altra questione inoltre riguarda l’accordo su come utilizzare le risorse di cui lo Stato è ricco: il petrolio ma anche l’acqua, in particolare quella del Nilo. Poi, ci sono questioni legate ad alcuni Stati particolari, come l’Abyei, che in questi giorni è teatro di conflitti e di violenze: gli accordi di pace prevedevano un referendum per la definizione dello status di questa zona, che ancora non c’è stato.
D. – Da parte di Khartoum e del presidente sudanese Omar Al Bashir quale tipo di impegno c’è?
R. – In realtà Khartoum ha riconosciuto innanzitutto il risultato del referendum del 9 gennaio e questo è molto importante. C’è l’impegno, almeno a parole, a voler affrontare tali questioni in modo pacifico. Però ci sono anche manifestazioni di violenza; in queste settimane abbiamo visto il governo di Khartoum militarizzare alcune zone e bombardare.
D. – La Chiesa e le Caritas come sono impegnate in questo processo?
R. – La Chiesa del Sudan è da sempre impegnata nel rispondere ai bisogni della popolazione: è successo durante il periodo della guerra e dopo. La Caritas, in particolare in questi ultimi anni e ancor più in questi ultimi mesi, si è concentrata molto nel far fronte alle emergenze che ci sono state a causa prima della guerra e poi delle carestie, e con la ripresa delle violenze, ma anche per il referendum dello scorso gennaio e ora per la proclamazione dell’indipendenza. C’è stato un grosso esodo dal nord al sud perché molta popolazione della parte meridionale – che però viveva nella parte settentrionale - si è spostata; la Caritas e la Chiesa del Sudan, in collaborazione con tutte le Caritas del mondo, tra cui anche Caritas italiana, si sono subito mobilitate da agosto dell’anno scorso, per aiutare queste persone e per assisterle nel loro esodo. Inoltre in questi anni si sono sviluppati molti programmi, soprattutto sul tema dell’educazione, quindi per le scuole, e poi anche progetti di sviluppo e di promozione socio-economica. Questi sono stati un po’ gli ambiti in cui abbiamo operato. Adesso lo sforzo è soprattutto quello di cercare di sostenere la transizione verso la pace. (bf)
Russia: la pubblicità non potrà promuovere l'aborto senza spiegarne alle donne gli effetti negativi
◊ La Russia impone per legge la spiegazione delle conseguenze negative dell’aborto. Dopo l’approvazione in questi giorni da parte della Camera bassa (la Duma), sta per passare al Senato un emendamento alla legge sulla pubblicità, in cui si stabilisce che il 10% dello spazio usato per pubblicizzare l’aborto dovrà informare le donne anche sulle possibili conseguenze negative, come l’infertilità. Finora - spiega alla stampa Viktor Zvagelsky, deputato del partito di maggioranza Russia Unita, - “le pubblicità fanno credere alle giovani che non avranno problemi nell’interrompere una gravidanza”. Secondo gli analisti sembra scontato il sì del Senato e la firma del presidente Medvedev. La Federazione russa ha uno dei tassi di aborto più alti del mondo e un costante calo della popolazione. Il provvedimento dunque nasce da esigenze demografiche ma accende il dibattito anche su questioni etiche. Fausta Speranza ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, per anni corrispondente a Mosca:
R. – Va ricordato che anche in tempi sovietici l’aborto era usato - in una società piuttosto primitiva sotto certi punti di vista e con una sanità certo non impeccabile – come un puro strumento anticoncezionale. Io stesso ho conosciuto donne, anche giovani, che avevano fatto molti aborti, che significa cinque, sei, sette aborti. Quindi, è di fronte a questa realtà che va giudicato il provvedimento di oggi.
D. – Le cifre delle autorità parlano di un milione e mezzo di aborti durante l’arco di un anno, ma la Chiesa ortodossa afferma che le cifre siano anche superiori a quelle ufficiali, addirittura arriverebbero a tre o 4 milioni di aborti l’anno...
R. – Io credo che sia più vicina al vero l’opinione della Chiesa ortodossa russa, perché la provincia russa è sterminata e il sistema sanitario in molte zone è ancora oggi primitivo. Poi, comunque, è ancora fiorente l’industria dell’aborto clandestino. Quindi, è sicuramente un problema che ha dei toni di drammaticità per noi forse inimmaginabili, e credo che sia veramente questa la ragione di questo provvedimento.
D. – Un provvedimento fatto per salvare così la demografia nazionale, ma che in qualche modo avvicina le autorità a quello che, per anni, la Chiesa ortodossa ha cercato di dire – peraltro anche la Chiesa cattolica, ma la Chiesa ortodossa è in maggioranza in Russia - e cioè far passare anche un discorso di valori di difesa della vita umana...
R. – Sì, indubbiamente il provvedimento va in quella direzione. L’aiuto può essere reciproco, perché da un lato le autorità hanno assolutamente bisogno di una – e passatemi il brutto termine - “certificazione morale”. Cioè, un provvedimento come questo, che vada in direzione di una difesa dei valori fondamentali, deve dal punto di vista delle autorità in qualche modo essere anche appoggiato da chi possa garantire che c’è effettivamente una preoccupazione alla base e non solo preoccupazioni pratiche o giochi di potere o interessi economici. D’altro canto, secondo me, è anche l'occasione per la Chiesa ortodossa russa per impegnarsi in battaglie vere, in battaglie per le persone, per gli individui, come per esempio la battaglia per la vita.
D. – Le Nazioni Unite prevedono che nel 2050 la Russia perderà un quinto della sua popolazione. Focalizzandoci su questo aspetto, quali possono essere le ripercussioni anche sociali di un fenomeno del genere?
R. – Le ripercussioni sociali sono quelle che comunque deve affrontare tutto il mondo sviluppato, anche l’Europa, che, seppure in altri termini non così drammatici, ha lo stesso problema. Intanto, necessità di flussi migratori - necessità non facoltà - che devono essere naturalmente regolati, per poter sostituire efficacemente la popolazione che noi non produciamo più; e poi inceppi al sistema economico, soprattutto in Paesi che, come la Russia, hanno ancora un alto tasso di industria pesante; problemi nell’agricoltura e problemi nel sistema previdenziale, perché un numero di anziani sempre crescente dovrebbe essere “mantenuto” da un numero sempre più ridotto di giovani. I conti, come vediamo anche noi, non tornano. (ap)
Censis: dal 2050 pensioni sotto mille euro per il 42% dei giovani di oggi
◊ In Italia il 42% dei giovani lavoratori dipendenti tra i 25 e i 34 anni, andrà in pensione intorno al 2050 con meno di 1.000 euro al mese. E’ quanto emerge dai risultati del primo anno di lavoro del progetto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali” di Censis e Unipol. La presentazione del rapporto è avvenuta oggi a Roma. Il servizio è di Eugenio Bonanata:
Il futuro degli otto milioni di giovani italiani si fa sempre più incerto. La loro pensione sarà più bassa del reddito di inizio carriera: rappresenterà il 60% o addirittura il 40% dello stesso. La previsione più ottimistica – avverte l’indagine – riguarda solo i più fortunati, cioè quei 4 milioni di giovani ben inseriti nel mondo del lavoro con contratti standard. A questi bisogna aggiungere gli autonomi o con contratti atipici, che sono un milione, più due milioni di giovani che attualmente non studiano e non lavorano. Giuseppe Roma è direttore generale del Censis:
“Il problema è che abbiamo nelle nuove generazioni un difficile ingresso nel mercato del lavoro e una bassa retribuzione. E quelli che già oggi guadagnano poco, non avranno una grande prospettiva futura di pensione perché il meccanismo – naturalmente – è un meccanismo di tipo retributivo, cioè la pensione sarà in funzione di quello che si riuscirà a mettere da parte; e con un reddito così basso, che potrà crescere relativamente poco nel tempo, ovviamente le previsioni non sono positive!”.
La ricerca evidenzia una scarsa consapevolezza del problema da parte dei protagonisti: solo il 12% dei giovani mostra preoccupazione per la pensione e il 70% non sa a quanto corrisponderà:
“Molte soluzioni non sono alla portata, attualmente. Infatti, cosa possiamo dire ai giovani? 'Mettete da parte una pensione integrativa?'. Con uno stipendio di mille euro, è difficile poter fare questo ragionamento. Però, intanto, avere la consapevolezza del problema e incominciare ad attrezzarsi anche con un’offerta adeguata non soltanto di tipo pubblico, non soltanto di tipo privato, ma anche quelle intermediarie del terziario sociale che in qualche modo possono pensare anche a questo, sarebbe un primo passo importante. Sappiamo che l’80 per cento dei giovani oggi naturalmente pensa soprattutto al reddito attuale, al lavoro attuale, e non pensa che nel futuro poi potrà trovarsi molto male”.
La via d’uscita è da ricercare ancora una volta nelle famiglie che continuano a rispondere alle esigenze affettive e materiali dei propri figli. Nonostante la crisi, sono chiamate a nuovi sforzi:
“Molto spesso, sono proprio i risparmi familiari che consentono di mettere su una famiglia, di acquistare un’abitazione. Bene, mettiamo nelle cose da fare anche qualche risorsa da mettere da parte che potrà essere utile al giovane quando si troverà in età avanzata a dover integrare in qualche modo il proprio reddito da pensione con un’altra fonte. Facciamo diventare di moda anche forme di risparmio che non guardino solo al contingente, ma anche al medio periodo”.
Difficile però immaginare un identikit sereno della famiglia di domani. Quasi tutti - 93% - credono che in futuro sarà la pensione pubblica il pilastro del proprio portafoglio finanziario. Una sfida enorme per il sistema pensionistico che deve fronteggiare anche il rapido invecchiamento della popolazione italiana:
“Il problema del sistema pensionistico è come possa continuare a dare un suo contributo di tipo sociale. Quindi io ritengo che sia giusto che il sistema pensionistico continui ad avere una pluralità di forme: quella pubblica, certamente importante, ma anche quella che, con senso di responsabilità, prevede interventi più personali e familiari perché senza di questi noi certamente non riusciremo a mantenere una copertura sufficientemente adeguata ai problemi e ai bisogni del futuro”. (gf)
Iraq: il cardinale Delly incontra a Najaf il leader sciita Al Sistani. L'invito al dialogo
◊ Lunedì scorso, il patriarca caldeo, cardinale Mar Emmanuel Delly, accompagnato dal vicario patriarcale mons. Shleimon Warduni, si è recato a Najaf, una delle città sante sciite irachene, dove ha incontrato il leader religioso sciita il grande Ayatollah Ali Al Sistani. Secondo quanto riferisce il sito Baghdadhope, ripreso dall'agenzia Sir, il porporato ha visitato anche la moschea dedicata a Ali ibn Abi Talib, il primo imam nella tradizione sciita ed il museo dedicato al martire Muhammad Sadiq al-Sadr, ucciso dal regime nel 1999 e padre di Muqtada Al Sadr. "La mia visita a Najaf ed alla sua guida religiosa - ha detto Delly - è una visita di un fratello ai propri fratelli ed io ne sono felice. Una visita che ha confermato l'unità degli iracheni tutti, che non ha toccato questioni politiche e che è servita a chiarire la confusione venutasi a creare durante la mia precedente visita a Najaf”. La scorsa settimana, infatti, il cardinale, di ritorno dalla visita pastorale alla diocesi di Bassora, si era fermato a Najaf, ma non aveva incontrato Al Sistani che lì risiede. Il mancato incontro era stato attribuito a diverse cause, tra cui che la visita non era stata programmata e problemi di salute del Grande Ayatollah. Tutte ipotesi smentite dallo stesso cardinale. Il cardinale Delly ha poi affermato che Al Sistani si è raccomandato che "tutti gli iracheni si comportino da fratelli”. (R.P.)
La Chiesa in Sud Sudan: vigilia d'indipendenza vissuta nella gioia nonostante le tensioni
◊ “L’umore della popolazione è alto, c’è eccitazione per l’evento. Fervono i lavori per sistemare le strade e imbiancare gli edifici” dice all’agenzia Fides padre Martin Ochaya, segretario generale dell’arcidiocesi di Juba, la capitale del Sud Sudan, che il 9 luglio proclamerà ufficialmente la propria indipendenza dal resto del Paese. L’indipendenza del nuovo Stato è stata decisa dal referendum popolare del 9 gennaio. “La popolazione nutre alte speranze per il futuro, perché pensa che, grazie all’indipendenza, la situazione sarà differente” dice padre Martin. Anche la Chiesa cattolica, insieme alle altre comunità religiose, ha partecipato alla preparazione dell’evento. “Quaranta giorni prima dell’indipendenza - spiega padre Martin -, abbiamo avviato un’iniziativa pastorale che prevede momenti di preghiera e iniziative per favorire la riconciliazione. Due giorni fa si è tenuta la Giornata della riconciliazione (Reconciliation Day). Si è trattato di un’iniziativa ecumenica con diversi momenti di preghiera, di ascolto di testimonianze e di confessioni. Il Santo Padre Benedetto XVI - prosegue il segretario generale dell’arcidiocesi di Juba - ha inviato come suo rappresentate per la cerimonia di indipendenza, oltre al nunzio apostolico in Sudan, mons. Leo Boccardi, anche il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi. Siamo quindi impegnati ad accogliere coloro che verranno a festeggiare con noi l’indipendenza del Sud Sudan, come le rappresentanze episcopali di tutta la regione dell’Africa orientale e del Catholic Relief Services. Le preghiere di ringraziamento e di richiesta di grazie continueranno in tutte le parrocchie anche dopo l’indipendenza, per tutto il mese di luglio”. Circa la possibilità che le crisi di Abyei (territorio conteso tra nord e sud Sudan) e del sud Kordofan (area che rimane nel nord Sudan ma abitata dalla popolazione Nuba che non accetta di restare sotto il governo di Khartoum) possano condizionare le celebrazioni per l’indipendenza del Sud Sudan, padre Martin spiega: “C’è ancora tensione, anche se nella regione di Abyei il cessate il fuoco è rispettato ed è previsto il dispiegamento dei Caschi Blu etiopici. La popolazione, che è fuggita dall’area, vive ancora all’addiaccio. Non credo però che vi sia il rischio di una ripresa dei combattimenti nell’immediato. Quella del Sud Kordofan è un’altra storia. Rimane un problema grave ma i sud sudanesi non vogliono che questa crisi condizioni negativamente le celebrazioni per la loro indipendenza”. (R.P.)
Germania: Caritas e Misereor denunciano la drammatica situazione in Sud Sudan
◊ A pochi giorni dalla dichiarazione di indipendenza del Sudan meridionale, prevista per il 9 luglio, l’opera assistenziale cattolica Misereor ha denunciato la situazione precaria di molta gente nel Paese. “Decine di migliaia di profughi versano in condizioni disperate”, ha detto ad Aquisgrana Cora Laes-Fettback, referente per il Sudan di Misereor. “Molti non hanno quasi cibo e bevande, mancano alloggi e assistenza medica”. L’organizzazione - riferisce l'agenzia Sir - ha denunciato un’escalation nelle violenze concentrate nella regione del Kordofan in cui “la situazione è catastrofica” e la popolazione “viene bombardata, uccisa e violentata da settimane dall’esercito del Sudan settentrionale”. Anche la Caritas tedesca ha rivolto ieri un appello alla comunità internazionale affinché segua attentamente la situazione nel Paese africano, poiché “solo una maggior pressione e un sostegno più ampio alla popolazione agli inizi possono garantire la pace nelle due parti del Sudan”, ha affermato Oliver Müller, direttore della sezione esteri della Caritas. I conflitti nel sud del Paese sono dovuti a una zona di confine ricca di giacimenti di petrolio, contesa tra Sudan meridionale e settentrionale. Un referendum dovrà decidere a quale dei due Paesi sarà attribuita l’area. (R.P.)
Profughi somali. L'Acnur: “tragedia umana di proporzioni inimmaginabili”
◊ Prosegue incessante il massiccio afflusso di rifugiati somali in Kenya ed Etiopia. Il protrarsi della violenza, insieme ad una devastante siccità, quest’anno ha costretto alla fuga oltre 135 mila cittadini somali, afferma in una nota l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur). A preoccupare l’Acnur – riferisce l’agenzia Sir - sono soprattutto “i livelli senza precedenti di malnutrizione” tra i rifugiati, “in particolare i bambini: oltre il 50% di quelli che arrivano in Etiopia” e il 30-40% di quelli che arrivano in Kenya. Molti piccoli con meno di cinque anni muoiono di fame o di stenti. “Sapere che molti bambini non sopravvivono al lungo viaggio verso la sicurezza è davvero doloroso”, dichiara l’Alto commissario António Guterres, fortemente allarmato da “una delle più drammatiche crisi umanitarie al mondo”, mentre il conflitto rende difficile per le agenzie umanitarie prestare assistenza. Su iniziativa dell’Acnur tonnellate di aiuti per via aerea ed una ventina di camion con migliaia di tende ed altri aiuti sono in viaggio verso Addis Abeba. A fine settimana è in programma la visita dell’Alto commissario nelle aree al confine con la Somalia e nei campi profughi. Al momento i rifugiati sono oltre 750 mila, per la maggior parte in Kenya (405 mila), Yemen (187 mila) ed Etiopia (110 mila), mentre gli sfollati all’interno della Somalia sono 1,46 milioni. (R.G.)
India: gli estremisti indù accusano un giovane cristiano di rapimento e conversioni forzate
◊ “Classico esempio di accuse infondate e costruite ad arte”. Questo il commento di Sajan K. George, presidente del Consiglio globale dei cristiani in India (Gcic), rilasciato all’agenzia AsiaNews, riguardo l’arresto per rapimento e conversione forzata di un altro giovane, avvenuto il 2 luglio scorso, ad Uppinangady nel Karnataka, Stato dell’India sud-occidentale. L’accusa è di oltraggio al sentimento religioso ed intimidazioni criminali. Praveen D’Souza, questo è il nome del giovane ventinovenne, avrebbe conosciuto un adolescente indù Kartik, 14 anni, studente della Kanchana, High School, circa un anno fa. Katik era scappato da casa per tre mesi e in quel periodo il cristiano, secondo le accuse avrebbe “fatto pressioni” per spingere il giovane indù a convertirsi al cristianesimo. Pravaan si è consegnato alla polizia che l’ha incriminato secondo le leggi penali contro l’offesa dei sentimenti religiosi e le intimidazioni criminali, punibili con multa e dentizione fino a 4 anni. “Gli estremisti sono andati con la polizia a casa di Praveen – spiega all'agenzia AsiaNews Sajan George - e non avendolo trovato hanno arrestato suo fratello, minacciando i genitori di terribili conseguenze se il figlio non si fosse arreso”. Secondo le prime indagini della Gcic, Kartik sarebbe invece fuggito di casa per sfuggire ai maltrattamenti della sua matrigna. Praveen gli avrebbe allora offerto vitto ed alloggio. Dopo un periodo nel quale Kartik avrebbe assistito alle preghiere della famiglia del cristiano, sarebbe ritornato a casa e scoperto l’accaduto, gli attivisti del Sangh Parivar hanno inventato la ricostruzione della conversione forzata. L’udienza, prevista ieri, è stata rinviata e Praaven è ancora in carcere. (G.I.)
Congo: l'Ong Intersos lancia una Campagna contro l'arruolamento dei bambini soldato
◊ Una Campagna contro l’arruolamento dei bambini soldato in Congo viene lanciata in questi giorni dall’organizzazione non governativa Intersos, che opera dal 2009 anche nel distretto dello Uélé, all'estremo nord della Repubblica Democratica del Congo. Qui ogni giorno - riferisce l'agenzia Sir - 300 bambini attraversano 12 chilometri di foresta equatoriale per andare a scuola nella cittadina di Doruma perché la scuola del loro villaggio è stata distrutta. Lungo il tragitto subiscono soprusi, vengono derubati e rischiano di essere rapiti dalle milizie armate del Lra, l’Esercito di Resistenza del Signore guidato dal sanguinario leader Joseph Kony. Lra si è reso responsabile di oltre 280 attacchi armati, 2000 persone uccise e 2500 sequestrate, tra cui 809 bambini. Intersos sta ricostruendo la scuola del villaggio di Bakudangbà, per evitare che i bambini vengano rapiti ed arruolati. E’ una zona completamente isolata (si viaggia solo con motociclette) e perfino gli operatori umanitari sono bersagli delle violenze. “Servono i materiali per rimettere in piedi i sette edifici della scuola - spiega Ludovico Gammarelli, capomissione in Congo -. E gli arredi, i banchi e le lavagne. Serve un sostegno concreto, per portare a termine i lavori al più presto”. (R.P.)
Congo: messaggio del cardinale Monsengwo per il 51° di indipendenza del Paese
◊ “Per costruire un grande Paese occorre vivere in pace lavorando insieme e mettendo da parte l’odio». Questo – riferisce l’Osservatore Romano - il messaggio dell’arcivescovo di Kinshasa, cardinale Laurent Pasinya Monsengwo, in occasione del 51° anniversario dell’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo. “In questo anniversario — ha detto il porporato, rivolgendosi ai numerosi presenti — vi invito a riflettere sulle parole del nostro inno nazionale: "Uniti dal destino e dal lavoro noi costruiremo un Paese più bello di prima, in pace”. Prima di tutto, ringraziamo Dio, il maestro del tempo e della storia, che ci ha uniti dal destino per fare di noi una nazione chiamata alla prosperità dei confini internazionalmente riconosciuti. Sì — ha proseguito — il destino ci ha uniti al congresso di Berlino per volontà dei re, ma dietro questa volontà politica degli umani, è Dio che guidava la storia e ci chiamava a svolgere un ruolo importante nella storia dell’Africa e del mondo. Non per nulla, Egli ha dotato questa terra di molte risorse naturali». Un impegno forte comporta un duro lavoro. «Ecco perché diciamo nel nostro inno, "per il lavoro costruiremo un Paese più bello di prima. Senza il lavoro — ha aggiunto l’arcivescovo di Kinshasa — non c’è un impegno forte. Senza il lavoro vuol dire che il dono non è apprezzato. Senza il lavoro, "un Paese più bello di prima" rimarrà un miraggio eterno». Infine, il cardinale ha rivolto la sua attenzione alla pace e alla stabilità della nazione. «Noi non costruiremo mai questo Paese, se la pace non è un obiettivo, la pace dei cuori, la pace delle menti, la pace dei sentimenti. Abbiamo bisogno che i nostri cuori battano tutti insieme allo stesso ritmo per la pace. Non costruiremo mai questo Paese — ha concluso — se la tolleranza cede il posto all’intolleranza, se la verità lascia il posto alla menzogna, se l’odio sostituisce l’amore nei nostri rapporti». (L.Z.)
Appello del cardinale Napier per lo Swaziland: sì agli aiuti in cambio di riforme democratiche
◊ “Se lo Swaziland vorrà ricevere gli aiuti dovrà affrontare al più presto una serie di riforme”. Così il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, durante una recente riunione della Conferenza episcopale dell’Africa meridionale, di cui riferisce L’Osservatore Romano. Crediamo – ha aggiunto il porporato - che l’Esecutivo di Mbabane “debba abbandonare, o almeno riformare, il sistema ‘Tinkhundla’, una forma di governo basato sui favori concreti e sulle alleanze, che è un terreno fertile per la corruzione e l’avidità. Purtroppo, ancora oggi, - ha deprecato l’arcivescovo di Durban - il denaro destinato ad alleviare la sofferenza della popolazione viene utilizzato per sostenere lo stile di vita sontuoso della monarchia”. Lo Swaziland, attualmente, è governato dal re Mswati III, ed è l’ultima monarchia assoluta nel continente africano. “Il popolo dello Swaziland - ha osservato il cardinale Napier - ama il proprio re e il proprio Paese, ma le condizioni economiche che hanno creato questa crisi non devono essere trascurate dal Sud Africa per un eventuale salvataggio o un piano di aiuti”. Il Governo dello Swaziland ha chiesto circa 1,45 miliardi di dollari in aiuti, ma ad oggi non ha ottenuto nessun aiuto. Il piccolo Paese africano conta una popolazione di circa 1,4 milioni ed ha il più alto tasso di infezione di Hiv/Aids al mondo, circa il 26%. Inoltre, ha la più bassa aspettativa di vita, a 32 anni. L’attuale tasso di disoccupazione è del 40%, ma potrebbe ancora aumentare, mentre il 70% della popolazione vive con meno di 6 dollari al giorno. Lo stato di emergenza nel Paese ha anche ridotto la libertà di espressione, di associazione e di dissenso negli ultimi 37 anni. I vescovi della Conferenza episcopale dell’Africa meridionale hanno sottolineato che il “Governo del Sud Africa dovrebbe erogare il prestito allo Swaziland subordinandolo alla revoca dello stato di emergenza, al riconoscimento della dichiarazione universale dei diritti umani, alla creazione di un processo democratico per scrivere una nuova costituzione, e alla modifica della Costituzione per ripristinare l’intera gamma di diritti umani”. La Conferenza episcopale ha spiegato in un messaggio che “il piano di salvataggio del Sud Africa dovrebbe anche prevedere che il re dello Swaziland, Mswati, instauri al più presto un ‘dialogo significativo’ con il suo popolo al fine di facilitare la transizione verso la democrazia vera”. I soldi per il salvataggio - hanno insistito i presuli – “non dovrebbero essere destinati direttamente o indirettamente” a finanziare altre attività non utili al Paese. Le preoccupazioni dei vescovi riflettono quelle del Governo del Sud Africa. La Swaziland solidarity network ha affermato che “la più grande economia africana accetterebbe questo piano di salvataggio solo se re Mswati consentirà il ritorno a un governo democratico”. Lo Swaziland si è rivolto al Sud Africa dopo aver ricevuto pochi aiuti da parte del Fondo Monetario Internazionale ed il rifiuto di un prestito di centocinquanta milioni di dollari da parte della Banca africana. Mentre re Mswati ha un patrimonio personale stimato attorno ai 200 milioni di dollari. Di recente, il Governo dello Swaziland ha iniziato a tagliare di circa il 10% gli stipendi più alti dei funzionari di Gabinetto. I sindacati dei Servizi pubblici, invece, stanno lottando per impedire i tagli salariali per i lavoratori a basso reddito. L’economia del Paese è ferma da anni e la popolazione continua a soffrire. Secondo il ministro delle Finanze dello Swaziland, Majozi Sithole, “le casse dello Stato stanno perdendo fino ad 11 milioni di dollari al mese a causa della corruzione nel Paese”. (R.G.)
Colombia: i vescovi chiedono una seria riforma strutturale del sistema sanitario
◊ Nel corso della seconda giornata di lavoro dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale colombiana, in corso a Bogotà, i vescovi hanno confermato con fermezza le denunce del Procuratore generale della nazione, Alejandro Ordónez, secondo le quali - riferisce l'agenzia Fides - il sistema sanitario del Paese richiede una riforma strutturale seria. “La sanità in Colombia ha toccato il fondo e bisogna ristrutturarla completamente", ha dichiarato il Segretario generale della Conferenza episcopale colombiana, mons. Juan Vicente Córdoba, vescovo ausiliare di Bucaramanga, ricordando che la salute “è un diritto di tutti, che nel Paese viene quotidianamente violato nella maniera più infame”. “Non si possono fare affari con quello che è un diritto, non è possibile giocare con la vita delle persone" ha continuato il portavoce dei vescovi colombiani condannando la corruzione nell’amministrazione delle risorse pubbliche destinate alla salute dei colombiani più svantaggiati. "E’ il colmo che ci siano cure e farmaci per i ricchi e altri per i poveri” ha sottolineato mons. Córdoba. Il presidente della Conferenza episcopale, mons. Rubén Salazar, arcivescovo di Bogotá, ha evidenziato il dramma dei conducenti che guidano in stato di ubriachezza: "in Colombia ci dovrebbe essere una legislazione più severa, con punizioni più dure per questi conducenti, che non solo mettono a rischio la propria vita, ma anche quella di persone innocenti”. (R.P.)
Cile: Campagna per aiutare terremotati e più deboli per un'ondata di freddo polare
◊ L'arcivescovo di Concepción, mons. Fernando Chomalí, ha lanciato un appello al popolo cileno perchè non dimentichi la povertà di quanti vivono ancora nei villaggi allestiti nell’emergenza causata dal terremoto e dallo tsunami del 27 febbraio 2010. L’arcivescovo ha invitato la comunità a partecipare alla campagna invernale, promossa per tutto il mese di luglio, per aiutare soprattutto le persone colpite dal terremoto e che adesso patiscono il freddo che si è abbattuto nel Paese. Infatti il Cile, come tutta la zona sud dell’America Latina, sta soffrendo un’ondata di freddo polare. Le temperature nella regione metropolitana di Santiago del Cile, sono scese a 8,5 gradi sotto lo zero, il livello più basso registrato finora quest'anno. I meteorologi locali hanno riferito che le gelide temperature, che hanno già causato la morte di diverse persone senza fissa dimora nella capitale, sono causate dal passaggio di un vento di origine polare accompagnato da aria secca "Sono rimasto scioccato nel vedere i villaggi, le condizioni in cui vivono ancora tante persone - ha detto mons. Chomalí -. Vogliamo contribuire con una campagna che si rivolge non solo ai cattolici, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà, per la raccolta di alimenti non deperibili, in modo che queste persone possano almeno mangiare nel miglior modo possibile". Inoltre il Presule ha affermato che questo è un atto di giustizia nei confronti delle persone che hanno perso tutti i frutti del loro lavoro con il terremoto. La nota inviata all’agenzia Fides riferisce che, dopo un tour nella regione, fra i villaggi d’emergenza allestiti nella zona di Bíobio, l’arcivescovo è rimasto scioccato nel vedere come le persone vivano nell’umidità, nella povertà e nella vulnerabilità. Mons. Chomalí ha affermato che la comunità non può agire come se questa realtà non esistesse, perché la ragione d’essere della Chiesa è proprio quella di essere al servizio. (R.P.)
Sinodo Anglicano: all'università di York si parlerà di evangelizzazione, scuola ed ecumenismo
◊ Condividere il Vangelo nel mondo di oggi: questo il tema del Sinodo generale della Chiesa di Inghilterra che si terrà all’università di York dall’8 al 12 luglio. Tra gli argomenti dell’assemblea il futuro delle scuole religiose gestite dalla chiesa ma finanziate dallo Stato e il lavoro interreligioso con le altre chiese cristiane. In particolare - riferisce l'agenzia Sir - il Sinodo discuterà della seconda fase del lavoro della commissione per la implementazione comune del patto che la Chiesa d'Inghilterra ha avviato nel 2003 con quella metodista il cui punto più importante è la decisione, per anglicani e metodisti, di scambiarsi i pastori. Si comincia sabato mattina con un discorso dell’arcivescovo di Canterbury e Primate anglicano Rowan Williams. Il resto della mattina sarà trascorso dai membri del Sinodo in gruppi di dodici, ciascuno guidato da un vescovo per riflettere sul tema dell’evangelizzazione nella società contemporanea. Si continuerà poi a parlare delle scuole gestite dalla Chiesa anglicana – ve ne sono 4700 in Inghilterra e 172 in Galles – oggetto negli ultimi tempi, insieme a quelle cattoliche, di critiche da parte dei media britannici. Tra i rappresentanti ecumenici che parteciperanno al Sinodo vi sarà l’arcivescovo di Tirana, Durres e tutta l'Albania, Anastasios, che parlerà al Sinodo venerdì pomeriggio. (R.P.)
Bangladesh: critiche agli emendamenti costituzionali sul carattere confessionale dello Stato
◊ Non si arrestano in Bangladesh le critiche agli emendamenti alla Costituzione che mantengono il carattere confessionale dello Stato, a dispetto delle promesse del Premier Sheikh Hasina, che due anni fa aveva annunciato l’intenzione di ripristinare la laicità e reintrodurre gli originali “quattro principi” alla base della nazione. Il testo, elaborato sulla base delle raccomandazioni della speciale Commissione parlamentare incaricata dal governo di vagliare emendamenti costituzionali, è stato approvato dal Parlamento il 30 giugno. Se per un verso reintroduce i principi della democrazia, del nazionalismo e del socialismo, contenuti nella Costituzione del 1972, per l’altro mantiene l’islam come religione di Stato, conserva l’esordio religioso nel preambolo della Carta costituzionale (“nel nome di Allah, clemente e misericordioso”) e consente la presenza in Parlamento di partiti religiosi. Secondo i critici – riferisce l’agenzia Ucan - si tratta di un testo “confuso” dovuto alle pressioni dei gruppi fondamentalisti islamici e che “contraddice” lo spirito della prima Costituzione del Paese dopo l’indipendenza. In questo senso si è espresso, tra gli altri, mons. Bejoy D’Cruze, presidente della Commissione episcopale per l’unità dei cristiani e il dialogo interreligioso. “Mantenere l’islam come religione di Stato significa considerare lo status delle altre religioni inferiore. Un Paese non ha bisogno di una religione di Stato. La migliore soluzione è la laicità”, ha dichiarato il presule , che ha peraltro ammesso che le nuove disposizioni riconoscono a tutti “il diritto di praticare la propria religione”. Profondamente deluse anche le altre minoranze religiose ed etniche nel Paese. “Hanno distrutto i sogni di 20,5 milioni di persone che hanno votato per la Awami League (il partito al governo, ndr)”, ha detto l’avvocato indù Rana Dasgupta, leader di un forum che riunisce le minoranze del Paese. Il Bangladesh era stato dichiarato stato laico nel 1972, ma una serie di emendamenti costituzionali negli anni successivi e due dittature militari hanno abbandonato quel principio fino a dichiarare l’islam religione di Stato nel 1988. I cristiani nel Paese sono lo 0,03% dei 160 milioni di abitanti, in larga maggioranza musulmani. (A cura di Lisa Zengarini)
Indonesia: a Central Java premiato il sacerdote che ha ridato speranza agli sfollati del Merapi
◊ A otto mesi dall’eruzione del monte Merapi, il Rotary Club Mataram di Yogyakarta (Central Java) premia padre Joseph Suyatno Hadiatmodjo della diocesi di Semarang per il lavoro a sostegno degli sfollati della catastrofe. Il riconoscimento - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stato consegnato nei giorni scorsi davanti alle più importanti personalità locali. Henry Susanto, presidente del Rotary, spiega che il riconoscimento è un modo per ringraziare il sacerdote e la diocesi di Semarang per aver dato una nuova speranza alla popolazione colpita dal terremoto del 2006 e dall’eruzione del 2010. Iniziata il 26 ottobre 2010, l’eruzione del Merapi ha devastato per circa due mesi la regione di Central Java. A causa delle nubi piroclastiche vi sono stati 130 morti e oltre 300mila persone hanno abbandonato le loro abitazioni. Cenere e lapilli hanno distrutto migliaia di ettari di foreste e campi coltivati, principale fonte di sostentamento dei residenti, in gran parte contadini. In questi mesi padre Hadiatmodjo, insieme a un gruppo di volontari della diocesi ha creato una serie di programmi di reinserimento al lavoro per i contadini rimasti senza casa e senza terra. Attraverso l’utilizzo del microcredito e corsi di formazione, migliaia di sfollati hanno ricominciato il proprio lavoro, dando il via a nuove colture agricole e allevamenti di piccoli animali o creando imprese artigiane. Padre Hadiatmodjo è anche ricordato per il suo impegno nel dialogo interreligioso fra cristiani e musulmani. Nel 1997 ha creato l’Interfaith Brotherhood Forum, che unisce leader di entrambe le fedi con l’obiettivo di limitare i conflitti interreligiosi e promuovere unità e pace fra cristiani e musulmani. (R.P.)
Turchia orientale: riapre dopo 90 anni una chiesa siriaca
◊ Per la prima volta dai tempi dell’impero ottomano la comunità cristiana siriaca turca ha potuto riaprire una chiesa, inutilizzata da decenni, e celebrare l’inizio delle attività di un Centro culturale e religioso per questa minoranza, vittima in passato di persecuzione ed eccidio, come greci e armeni. Alla cerimonia svoltasi domenica scorsa hanno partecipato centinaia di siriaci, provenienti dalla Turchia e dall’estero. La chiesa, intitolata ai santi Pietro e Paolo (Mor Petrus e Mor Paulus), e il Centro metropolitano si trovano nella provincia orientale di Adiyaman. La chiesa - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata riaperta dopo una lunga battaglia legale e i restauri necessari, dovuti ai decenni di chiusura. “Molti cristiani vivono nelle province orientali della Turchia. Questo palazzo metropolitano servirà a soddisfare le loro necessità, e rappresenterà anche un ponte fra le culture” ha dichiarato Laki Vingas, un membro greco del Consiglio del Direttorato generale per le fondazioni. Il rituale di consacrazione è stato celebrato prima della liturgia domenicale nella chiesa dei santi Pietro e Paolo, in base alle leggi dell’antica Chiesa siriaca. L’hanno celebrato insieme il Metropolita di Adiyaman, Melki Ürek, e il Metropolita di Istanbul Yusuf Çetin. La precedente sede metropolitana della Chiesa a Adiyaman, con 800 anni di storia alle spalle, ha cessato di esistere negli anni della Prima guerra mondiale, durante il genocidio cristiano. “Ci sono anche armeni, oltre ai siriaci, che sono membri della nostra chiesa metropolitana. Era molto difficile per noi provvedere ai servizi necessari a queste persone che vivono a molti chilometri dal Centro metropolitano di Mardin” ha detto Melki Ürek. La comunità siriaca ha fatto appello alle autorità nove anni fa chiedendo il permesso di aprire una sede metropolitana ad Adiyaman, ma sono riusciti nel loro risultato solo dopo una difficile battaglia legale. La situazione si è sbloccata un anno e mezzo fa. La comunità siriaca dispone di quattro Centri metropolitani autonomi: il Mardin Deyrulumur (il monastero di San Gabriele), il Deyr-ul-Zafaran nella provincia sud orientale di Mardin e un centro a Istanbul, oltre a quello appena aperto a Adiyaman. (R.P.)
Portogallo: la Commissione episcopale lamenta poche risorse per gli aiuti ai migranti
◊ In Portogallo la Chiesa lamenta la scarsità di risorse per gli aiuti ai migranti. E’ quanto emerso durante l’Incontro annuale dei Segretariati diocesani della Mobilità Umana e delle Cappellanie dei Migranti, organizzato dall’Opera cattolica portoghese delle migrazioni (Ocpm), in corso fino all’8 luglio ad Albergaria-a-Velha, nella diocesi di Aveiro. Il presidente della Commissione episcopale della mobilità umana, mons. António Vitalino, ha reso noto - riferisce l'agenzia Sir - che “la Chiesa cattolica si trova senza sufficienti risorse umane e materiali per assistere i migranti che entrano ed escono dal Portogallo: ci troviamo di fronte a difficoltà che non consentono di fornire la giusta retribuzione agli agenti pastorali all’interno del Paese, e ai sacerdoti che sono vicini agli emigranti portoghesi” ha spiegato il vescovo di Beja. In Portogallo la Chiesa ha dedicato “una speciale attenzione agli immigrati che non parlano la lingua portoghese e sono di religione ortodossa, come gli ucraini, ma anche alcune persone provenienti delle ex colonie africane ed i brasiliani trovano molte difficoltà ad integrarsi nelle comunità, ed hanno necessità di molto appoggio” ha aggiunto mons. Vitalino. (R.P.)
A Gerusalemme celebrata la solennità del Preziosissimo Sangue di Gesù
◊ E’ una festa che sottolinea il legame unico di Gerusalemme con il Mistero della Redenzione la solennità del Preziosissimo Sangue di Gesù celebrata dai frati francescani domenica scorsa sul Monte degli Ulivi. Unificata al Corpus Domini dal Concilio Vaticano II, sopravvive a Gerusalemme, in Terra Santa, e si celebra ogni anno nella basilica del Getsemani. La festa del Preziosissimo Sangue di Gesù, ha detto il Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa, che ha presieduto la Messa, “è la risposta a un grido antico dell’uomo. Una risposta, come sempre, diversa da quella che l’uomo poteva immaginarsi. C’è ancora il sangue, c’è ancora il sacrificio. Ma questa volta il sangue non è più dell’uomo, ma è quello di Dio. Non è il sacrificio dell’uomo per Dio, ma il sacrificio di Dio per l’uomo”. Quindi, riferisce il sito www.custodia.org, padre Pizzaballa ha sottolineato che “da sempre la terra è segnata dal sangue” e che “sin dalle prime pagine della Bibbia, e quindi della storia dell’uomo, l’esperienza della violenza, del male, dell’odio” ha sconvolto la vita degli individui e le loro relazioni. Ricordando poi l’uccisione di Abele da parte di Caino, il custode di Terra Santa ha osservato che essa mostra l’uomo che decide di estromettere Dio dalla propria vita e giudica da sé cosa è bene e cosa è male facendosi padrone della vita dell’altro. Dalla morte di Abele, ha aggiunto padre Pizzaballa, “la terra grida a Dio, e il suo è un grido che chiede giustizia”; dopo il peccato originale e il peccato di Caino “l’ordine della creazione si è infranto, l’uomo ha perso il suo posto” divenendo un fuggiasco sulla terra … “e l’uomo peccatore ha paura di Dio, ha paura che questo grido, che dal sangue versato sale ininterrottamente al cielo, provochi la Sua ira. E così Dio diventa un nemico. L’uomo che uccide l’uomo ha bisogno di uccidere anche Dio, con la speranza che nessuno gli ricordi il proprio male, il proprio bisogno di salvezza”. Ma Dio, ha concluso il Custode di Terra Santa, “non sa opporre altro che un amore più grande, un amore che si espone, disarmato, che continua ad essere amore, che non cessa di esserlo. Anche quando amare significa dare il proprio sangue, cioè tutta la propria vita. E questo purché la giustizia sia ristabilita: non la giustizia che fa quadrare i conti, che elimina il debito. Cosa che sarebbe impossibile. Ma quella che ridona a Dio e all’uomo il proprio posto, in una relazione non più fatta di debiti, ma di pura e totale gratuità. (A cura di Tiziana Campisi)
Terra Santa: formazione sulla psicomotricità per sostenere i disabili
◊ Ha riscosso apprezzamenti in Terra Santa il ciclo di incontri sul tema della psicomotricità funzionale che si è svolto nelle scorse settimane, sostenuto da Ats Pro Terra Sancta e organizzato in collaborazione con l’Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca (Isfar) e l’iniziativa Ana Insan. Ha tenuto il corso la professoressa Paola Ricci, docente dell’Isfar specializzata in psicomotricità funzionale. Hanno accolto l’iniziativa, si legge sul sito www.proterrasancta.org/it, il ministero della Salute a Jenin, lo Star Mountain Rehabilitation Center a Ramallah, l’istituto Effeta a Betlemme e l’università di Hebron. I corsi sulla psicomotricità vogliono rispondere all’alto tasso di disabilità che si registra in Terra Santa, dove le persone con handicap sono circa 170 mila. E se la disabilità viene spesso vissuta come un tabù a causa del retaggio culturale, spesso aggravato dall’ignoranza e dalla mancanza di strutture idonee nelle quali i disabili possano ricevere assistenza, sembra emergere sempre più un sensibile cambiamento. Piccole associazioni di genitori, centri specializzati per la riabilitazione e centri diurni per disabili sono il segno di un nuovo modo di affrontare la realtà dei diversamente abili. Si stanno sviluppando programmi che facilitino lo sviluppo delle abilità motorie e psichiche dei portatori di handicap e sono diverse le iniziative che Ats Pro Terra Sancta continua a promuovere per sensibilizzare insegnanti e operatori sociali, a sostegno dei bambini e ragazzi disabili della Striscia di Gaza, poi, attraverso esiste l’apposito progetto “Emergenza Gaza”. (T.C.)
Gmg di Madrid: fervono i preparativi a Cuatro Vientos per la grande festa finale con il Papa
◊ Ultimi aggiornamenti sulla Giornata Mondiale della Gioventù 2011. In una conferenza stampa, ieri a Madrid, Javier Cremades, responsabile degli eventi con il Papa, ha riferito dei preparativi per la “grande festa” conclusiva della Gmg, nel fine settimana del 20-21 agosto all’aerodromo madrileno di Cuatro Vientos, la base aerea estesa come 48 campi di calcio, dove oltre un milione di persone accorreranno per incontrare Benedetto XVI. Eva Hernandez, direttore delle Infrastrutture per la Gmg, ha sottolineato che “la priorità principale è garantire la sicurezza dei partecipanti”. Perciò, sono stati interrati tutti i tubi elettrici e idrici. L'aerodromo – riporta l’agenzia Sir - avrà 8 accampamenti sanitari di primo soccorso sul posto. Inoltre, ci saranno 48 torri audio e 20 schermi giganti che consentiranno ai giovani di seguire le cerimonie con totale sicurezza. Hernandez ha posto particolare attenzione alla cura dei giovani con disabilità. Questi avranno due aree speciali a loro dedicate, una per disabilità intellettiva e fisica, e uno per disabilità uditive e visive. L’aerodromo aprirà i battenti alle ore 12 di sabato per accogliere i giovani che cominceranno ad arrivare. Dalle 14 inizierà l'animazione dal palco principale che è già in costruzione. Per tutto il pomeriggio un’équipe di oltre 20 giovani animerà l’attesa. La Veglia del Papa con i giovani, alla sera sarà incentrata attorno all'Eucaristia. I giovani trascorreranno poi la notte nello stesso aerodromo dove verranno allestite 17 tende di adorazione eucaristica. Il giorno dopo ci sarà la Santa Messa di chiusura della Gmg, presieduta da Benedetto XVI, alla quale parteciperanno il Coro e l’Orchestra sinfonica della Gmg. Ad oggi le iscrizioni per la Giornata mondiale della gioventù 2011 raggiungono quota 420.000. (R.G.)
Gmg Madrid: nuovo francobollo commemorativo delle Poste spagnole e vaticane
◊ In occasione della XXVI edizione della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, il primo luglio - riferisce l'agenzia Zenit - è stato emesso in Spagna e nella Città del Vaticano un francobollo commemorativo del valore di 80 centesimi di euro. Il francobollo rappresenta un’allegoria dell’Unione dei giovani di tutto il mondo ai piedi della Croce, che danno forma alla corona della Vergine dell’Almudena, patrona della capitale spagnola. Nella corona è rappresentata la “M” di Maria, nonché prima lettera di Madrid. “La Giornata Mondiale è soprattutto una festa di giovani che invitano altri giovani”, sottolineano gli organizzatori, in vista del gioioso evento. Questo lo spirito dietro lo spot “dipende da noi che nessuno si perda questa festa”. L’obiettivo è di raggiungere il milione di fans on line. La Gmg è infatti presente sui principali social network: Facebook, You Tube, Twitter e in quest’ultimo periodo gli ‘amici’ sono cresciuti fino 300 mila in 82 Paesi. “Una festa alla quale è invitato tutto il mondo e che conta sul sostegno di tutti per andare avanti”, rilevano i promotori della Gmg. (G.I.)
◊ Il filosofo cattolico Giovanni Reale è tra i vincitori del Premio internazionale alla libertà 2011. L’insigne studioso di fama internazionale, già ordinario di Storia della Filosofia antica all'Università Cattolica di Milano, dove ha fondato il Centro di ricerche di Metafisica, poi docente nella Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha ottenuto il premio nella sezione Cultura, per la sua opera in difesa della libertà di pensiero. Altri riconoscimenti sono andati al pediatra e psichiatra canadese Richard Tremblay per la sezione Ricerca scientifica, all’impreditore Franco Stefani per la sezione Innovazione tecnologica e al dissidente vietnamita Vo Van Ai, noto attivista dei diritti umani, per la sezione Speciale del Premio. Personalità con esperienze di vita e di lavoro assai diverse, accomunate dalla capacità di farsi protagonisti nella storia, sapendo assumere in prima persona responsabilità e rischi, nell’interesse del bene dell’umanità. Di aver saputo da uomini liberi – sottolinea la motivazione dei Premio - farsi esempio e guida per i propri concittadini. Assegnato da Società Libera per la prima volta nel 2003, giunto alla IX edizione, il Premio internazionale alla libertà, sotto il patrocinio del Presidente della Repubblica, organizzato in collaborazione con la Rai, ha l'obiettivo di valorizzare i percorsi di vita di personalità eccellenti e promuovere i valori di libertà e responsabilità individuale. La cerimonia di assegnazione, svoltasi nei giorni scorsi a Lucca nella piazza antistante la splendida cattedrale di San Martino, con i buoni auspici dell’arcivescovo Benvenuto Italo Castellani, sarà trasmessa su Rai Due, venerdì prossimo 8 luglio alla 23.30. (A cura di Roberta Gisotti)
Tragedia nel Mar Rosso. Affonda un barcone con a bordo 200 migranti
◊ Immigrazione. Ennesimo viaggio della speranza finito in tragedia. Questa volta teatro è il Mar Rosso, dove un barcone con quasi 200 persone a bordo, dirette in Arabia Saudita, è affondato a largo delle coste sudanesi. Tre i sopravvissuti. Cecilia Seppia:
Non si conosce la provenienza, non si conoscono i nomi, nè i volti. Si sa soltanto che stavano fuggendo, ma la speranza di una vita migliore, lontana da violenze e soprusi è annegata insieme a loro, irrimediabilmente. E’ accaduto nel Mar Rosso, a sud di Sawaken, in acque territoriali sudanesi, quando un barcone con a bordo 200 persone, tra cui donne e bambini, dopo solo quattro ore di navigazione, ha preso fuoco. Inutile provare a mettersi in salvo, inutile lanciare Sos. La maggior parte di loro è morta ustionata, gli altri sono stati attaccati dagli squali. Il "Sudan media center", che ha diffuso la notizia, parla di tre superstiti e assicura che le autorità locali stanno pattugliando la zona nella speranza di trovare altre persone scampate alla tragedia. I migranti erano diretti verso l’Arabia Saudita e dalle ultime ricostruzioni risulta che l’imbarcazione, senza sedili nè cabine, costruita forse per la pesca, era salpata da Tokar vicino l’Eritrea. Secondo l’agenzia, inoltre, i proprietari del battello, quattro yemeniti ritenuti responsabili di traffico illegale di migranti con base a Port Sudan, sono stati rintracciati e arrestati. In questa città sulle rive del Mar Rosso, è stata sventata una seconda operazione di tratta di 247 migranti, provenienti in gran parte dal Ciad, Nigeria, Somalia ed Eritrea. Si sta ancora indagando sulle cause dell’incendio, forse un guasto al motore.
Siria: 14 morti a Hama, Usa chiedono ritiro delle Forze di sicurezza
Le forze fedeli al presidente siriano, Bashar al Assad, hanno ucciso almeno 22 persone in un giro di vite lanciato in questi giorni contro la città di Hama, tenuta ancora sotto assedio dall’esercito. Lo riferiscono attivisti per i diritti umani, che parlano anche di 80 feriti, tra i quali alcuni in “gravi condizioni”. Intanto, gli Usa hanno chiesto il ritiro delle truppe mentre la Francia ha sollecitato le Nazioni Unite ad adottare una posizione risoluta nei confronti della “feroce repressione armata”. Dal canto suo, Amnesty International ha accusato il governo di Assad di aver commesso crimini contro l’umanità nella repressione delle proteste nella città di Tall Kalakh e ha chiesto l’apertura di un’inchiesta sotto l’egida dell’Onu.
Libia: i ribelli avanzano su Tripoli
E' ancora giallo, in Libia, su un’eventuale uscita di scena di Gheddafi. Secondo fonti ufficiali russe, il raìs sarebbe pronto a cedere il potere in cambio di garanzie di immunità e della possibilità per il figlio, Saif al-Islam, di partecipare alle elezioni che dovrebbero tenersi dopo il suo ritiro. Sul terreno continuano aspri combattimenti e da questa mattina i ribelli hanno lanciato un’offensiva contro le forze fedeli al colonnello a Gualich e stanno tentando di entrare nella capitale attraverso Misurata. L’area è sorvolata dai jet Nato, che però al momento non sono ancora intervenuti negli scontri.
Portogallo, Moody's taglia il rating
L’Agenzia internazionale Moody's ha portato a livello “spazzatura” il rating sovrano del Portogallo, tagliandolo di 4 note: dal livello Baa1 al livello Ba2. Anche l’outlook è negativo e Moody's non esclude altri tagli. Secondo l’agenzia inoltre il rischio principale è che il Paese avrà bisogno di una seconda serie di aiuti prima di tornare a finanziarsi sui mercati; per ora Lisbona è al livello di Atene. L’Ue parla di una decisione spiacevole, non basata su analisi economiche, ma solo su ipotesi.
Pakistan
Escalation di violenza in Pakistan. E’ salito a 22 morti il bilancio degli scontri avvenuti nelle ultime 24 ore a Karachi, tra bande politiche rivali. Lo riferiscono i media locali specificando che si tratta di regolamento di conti tra diverse mafie che controllano i quartieri con racket e estorsione. Intanto, nel Paese continuano gli scontri tra l’esercito pakistano e i talebani legati ad Al Qaeda, nella zona tribale del Waziristan. In azione, oltre alle truppe di terra, anche elicotteri d’attacco.
Afghanistan
Nel 2012, ci sarà un ritiro parziale delle truppe britanniche dall’Afghanistan. Lo ha ribadito il primo ministro di Londra, David Cameron, in visita a Kabul. Intanto, l’incidente ieri sera, a 25 chilometri dalla capitale, dell’aereo cargo russo noleggiato dall’Isaf, ha provocato la morte di nove persone che erano a bordo.
Giappone: governo annuncia test resistenza a centrali nucleari
Il governo di Tokyo ha annunciato che effettuerà test di resistenza su tutte le centrali nucleari del Giappone. L’obiettivo, si legge in una nota, è diffondere un ulteriore senso di sicurezza tra la gente. Questi esami, ha detto il ministro dell’Economia, Banri Kaieda, citato dall’agenzia Jiji Press, servono per riconquistare la fiducia della popolazione, ma la sicurezza delle centrali, dopo Fukushima ha aggiunto, non è in discussione.
Nigeria: esplosione e sparatoria in città nord est
Una violenta esplosione seguita da colpi d’arma da fuoco ha fatto tremare la città nordorientale nigeriana di Maiduguri, dove è attiva la setta islamica Boko Aram responsabile di ripetute violenze. Testimoni hanno riferito anche di sparatorie e attacchi con ordigni rudimentali per le strade, mentre i soldati hanno preso posizione nei punti strategici della città. Per ora, non si ha notizia di vittime. Dall’inizio dell’anno, a Maiduguri sono morte almeno 150 persone in seguito alle violenze scatenate dai militanti integralisti, che predicano l’applicazione integrale della sharia (legge islamica).
Manovra economica: oggi presentazione del ministro Tremonti
Governo italiano al lavoro per superare gli ultimi ostacoli sulla manovra finanziaria. Ritirata la norma sul Lodo Mondadori, il Quirinale ieri non ha nascosto perplessità su alcuni altri punti come la soppressione dell’Ice e lo stop alla riscossione delle multe sulle quote latte. Alle 15 ci sarà la conferenza stampa del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per illustrare il provvedimento a cui parteciperanno anche i ministri Sacconi, Romani, Brunetta e Calderoli. Dopo la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, comincerà la maratona parlamentare che si concluderà prima della pausa di agosto. Pesante l’impatto complessivo del provvedimento, che sfiora i 50 miliardi, tra maggiori entrate - tra cui 8,8 miliardi per il bollo sul “conto titoli” e risparmi di spesa. Stamani, flash-mob davanti al Senato su iniziativa di parlamentari e cittadine contro il taglio da 4 miliardi al welfare e alla conciliazione. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 187