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Sommario del 03/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • No a arroganza e successo a tutti i costi: così il Papa indica la via dell’amore di Cristo, ricordando tanti poveri in difficoltà e tanti ricchi insoddisfatti
  • Il cardinale Bertone alla dedicazione del nuovo altare della Basilica del Sacro Cuore a Roma: “Fede e carità cemento della Chiesa”
  • Commento del cardinale Piacenza al Sussidio della Congregazione per il Clero per Confessori e Direttori spirituali
  • L’omaggio di 60 artisti per i 60 anni di sacerdozio del Papa
  • Oggi in Primo Piano

  • Non dimenticare Haiti: l’appello della Fondazione Francesca Rava
  • I rom a Roma: dopo l’occupazione della Basilica di San Paolo, l’impegno della Caritas
  • “Per una Chiesa scalza”: 3 edizioni in 3 mesi per il libro di Ernesto Olivero
  • “La Samaritana al pozzo”: l’opera restaurata è presso la Pinacoteca di Brera
  • Chiesa e Società

  • In Kenya si celebrano i 50 anni dell’associazione episcopati Africa orientale
  • Australia: la Chiesa celebra la domenica degli aborigeni
  • Sudafrica: i vescovi denunciano xenofobia contro gli immigrati dallo Zimbabwe
  • Polonia: al via i preparativi per il secondo Congresso apostolico mondiale della Misericordia
  • Sri Lanka: allarme per l’aumento della malnutrizione
  • Indonesia: i giovani del Borneo si preparano alla Gmg 2011
  • A fine luglio il XXVIII campo internazionale per disabili dell’Ordine di Malta
  • 24 Ore nel Mondo

  • In Thailandia quasi certa la vittoria della sorella dell'ex premier Shinawatra
  • Il Papa e la Santa Sede



    No a arroganza e successo a tutti i costi: così il Papa indica la via dell’amore di Cristo, ricordando tanti poveri in difficoltà e tanti ricchi insoddisfatti

    ◊   No a arroganza e successo a tutti i costi: così il Papa indica la via di Cristo all’umanità di oggi in cui – dice – c’è “tanta gente oppressa dalle difficoltà materiali, tra cui tanti immigrati”, e “tanti uomini e donne ricchi insoddisfatti, addirittura malati di depressione”. Benedetto XVI, all’Angelus, annuncia che si recherà a Castel Gandolfo. Il servizio di Fausta Speranza:

    “Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio”. Così Benedetto XVI parla all’umanità di oggi partendo dal brano del vangelo di Matteo che racconta di “quando Gesù percorreva le strade della Galilea annunciando il Regno di Dio e guarendo molti malati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. A quelle folle Gesù chiedeva mitezza e umiltà di cuore, sottolinea il Papa, che guarda al mondo di oggi:

    “…tanta gente oppressa da condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza

    Il Papa parla di poveri e di ricchi:

    “Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione.”

    In particolare poi il pensiero di Benedetto XVI va a chi vive le drammatiche condizioni che a volte le migrazioni comportano:

    “Pensiamo poi ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita.”

    Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, - dice il Papa - ma pone una condizione: abbracciare la legge dell’amore. E Benedetto XVI dà indicazioni chiare:

    “Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo.”

    Una parola forte sull’ambiente:

    “Anche verso l’ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole ‘mitezza’.”

    Ci sono poi le relazioni umane in cui – avverte Benedetto XVI - non si può dimenticare la dignità di ogni persona:

    “Soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo.”

    Dopo la preghiera mariana il Papa ricorda la “gioia della Chiesa in Romania, in particolare della Comunità di Satu Mare, dove oggi viene proclamato Beato János Scheffler, che fu vescovo di quella Diocesi e morì martire nel 1952”. “La sua testimonianza – dice Benedetto XVI - sostenga sempre la fede di quanti lo ricordano con affetto e delle nuove generazioni.”

    Poi nei saluti in varie lingue, in francese parole di incoraggiamento a vivere il periodo di vacanza “orientati al riposo e alla serenità”, ricordando che partire deve significare innanzitutto “vivere in modo nuovo le relazioni con gli altri dedicando tempo proprio a questo” e incoraggiando a mettere il Vangelo in valigia. In inglese l’augurio a trovare “sollievo nel corpo e nello spirito” in questo tradizionale periodo di riposo annuale, con un saluto particolare ai candidati al diaconato permanente della Diocesi di Elphin in Irlanda. In tedesco l’invito a guardare a Gesù che conosce i nostri affanni. In spagnolo il saluto a professori e alunni del Colegio Internacional Europa di Siviglia. In slovacco il pensiero alla festa dei Santi fratelli Cirillo e Metodio che la Slovacchia celebrerà martedì prossimo. In polacco l’invito a guardare al Cuore di Maria come “sorgente di vita e di santità”, “nel contesto delle recenti celebrazioni liturgiche del Sacratissimo Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria”. Infine il cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli da Pistoia e ai ragazzi di Latisana, dell’arcidiocesi di Udine. A tutti l‘augurio di “una buona domenica e un buon mese di luglio”, con l’annuncio dell’imminente soggiorno a Castel Gandolfo:

    “Nei prossimi giorni lascerò il Vaticano per recarmi a Castel Gandolfo. Da là, a Dio piacendo, guiderò l’Angelus domenica prossima. Grazie!”

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    Il cardinale Bertone alla dedicazione del nuovo altare della Basilica del Sacro Cuore a Roma: “Fede e carità cemento della Chiesa”

    ◊   Una chiesa che “potesse parlare a tutti, anche ai piccoli, ai ragazzi e alle persone semplici”: così Don Bosco aveva concepito la Basilica del Sacro Cuore di Castro Pretorio, a Roma, dove oggi il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha celebrato la cerimonia di dedicazione del nuovo altare e ha impartito la benedizione all’organo. Il porporato, che ha portato il saluto del Papa e la Sua benedizione apostolica alla comunità salesiana, ha ricordato la riconoscenza e l’amore che Don Bosco voleva esprimere al Signore con questa Basilica: “Per Dio bisogna sprecare – ne ha citato le parole – Dio si merita tutto questo… anzi, è poca cosa perché ogni pietra di questa chiesa è un miracolo della sua misericordia!”. Il cardinale paragona l’armonia delle pietre che compongono un’opera d’arte all’armonia che deve regnare nella Chiesa: “Se siamo ben compaginati, uniti dal cemento della fede e della carità reciproca, siamo queste pietre vive che Dio colloca in armonia tra loro per l’edificazione della Chiesa e di una nuova umanità”, ha detto. Nel corso della dedicazione dell’altare, ha ribadito come l'altare sia roccia sicura, la “pietra speciale” sulla quale si rende presente il sacrificio della croce di Cristo nei segni sacramentali; benedicendo l’organo appena restaurato, ne ha sottolineato il valore di aiuto che ha, con le sue melodie, nelle lodi e nella preghiera al Signore. L’omelia del porporato è poi proseguita con una riflessione sulle letture odierne: “Dal libro del profeta Zaccaria impariamo il valore dell’umiltà e della pace, ha detto ripercorrendo il racconto del re giusto e vittorioso che entra a Gerusalemme non a cavallo di un destriero, bensì di un asino. "L’umiltà - ha aggiunto - è necessaria per ‘spezzare l’arco della guerra’ che viene teso nei rapporti tra persona e persona e tra popoli e nazioni”. Della lettera di Paolo ai Romani, il cardinale Bertone evidenzia come metta in luce il “vero senso della libertà”, che sta nel lasciarsi guidare dallo Spirito Santo per essere veramente noi stessi. Il Vangelo di oggi propone il brano di Matteo nel quale Gesù prega il Padre, ringraziandolo per aver nascosto le cose del cielo ai sapienti e ai dotti e averle rivelate ai piccoli: “Non è l’istruzione che Gesù condanna – ha continuato il porporato – egli vuole, invece, mettere in guardia coloro che non sono più capaci di rivolgere a Dio le vere domande della vita, credendo di sapere già tutto”. Nel brano, Cristo invita gli stanchi e gli oppressi a sé, affinché trovino ristoro: “È un invito a condividere, una proposta di fiducia e comunione – ha aggiunto – qualsiasi peso la vita vorrà riservarci, infatti, qualsiasi fatica dovremo affrontare, non le porteremo da soli. Egli stesso sarà con noi!”. (A cura di Roberta Barbi)

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    Commento del cardinale Piacenza al Sussidio della Congregazione per il Clero per Confessori e Direttori spirituali

    ◊   A circa quattro mesi dalla sua pubblicazione, il cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, fa il punto sul sussidio per Confessori e Direttori spirituali sul ministero della penitenza e della riconciliazione, nella prospettiva della santità cristiana. Il documento - inviato a tutte le Conferenze episcopali del mondo – offre orientamenti pratici: dal mondo di suscitare le disposizioni adatte nel penitente, all’esame di coscienza per i sacerdoti e per la confessione dei sacerdoti stessi. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale Piacenza quali sono gli scopi di questo documento:

    R. – Le rispondo prima di tutto con un’espressione di Sua Santità, quando ha parlato ai partecipanti al 21.mo Corso sul “foro interno”, organizzato dalla Penitenzieria Apostolica nel marzo scorso, quando disse: è necessario tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il sacramento della riconciliazione, ma anche come luogo in cui abitare più spesso, perché il fedele possa trovare misericordia, consiglio, conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della misericordia di Dio accanto alla presenza reale nell’Eucaristia. Mi pare che da queste parole del Santo Padre, con le quali si rivolgeva ai confessori, si evinca l’importanza e la conseguente urgenza apostolica di riscoprire il sacramento della riconciliazione sia da parte dei sacerdoti sia come penitenti - quindi usufruendone i sacerdoti stessi – e sia come generosi ministri di questo sacramento. Accanto alla celebrazione quotidiana dell’Eucaristia la disponibilità ad ascoltare le confessioni, ad accogliere il penitente laddove richiesto, ad accompagnarlo spiritualmente in quella che chiamiamo la direzione spirituale, siano la reale misura della carità pastorale alla quale è chiamato il sacerdote.

    D. – E’ opinione comune che ci sia stato un notevole calo della frequenza alle confessioni, rispetto alla frequenza alla santa comunione. Viene proposto qualche rimedio?

    R. – Sì, intanto questo fatto è un fatto oggettivo, perché per esempio vediamo che, durante la santa Messa, la quasi totalità delle persone presenti si accosta alla comunione. Questo, da una parte, per me è motivo di grande gioia – è evidente – perché c’è la partecipazione piena, ma, dall’altra parte, è motivo anche di un po’ di preoccupazione, perché non c’è una folla altrettanto brulicante ai confessionali. E’ chiaro che non è che ad ogni comunione debba corrispondere una confessione, però chi si accosta con frequenza – fortunatamente – alla santa comunione dovrebbe accostarsi almeno con regolare frequenza alla confessione, anche se non la stessa frequenza, perché sappiamo che la necessità assoluta è davanti ai peccati gravi, però c’è tutta un’opacità nella vita di ogni giorno, ci sono delle renitenze alla generosità, quindi, non ci sono solo i peccati in senso tipico gravi, ma anche le imperfezioni, le sfumature. Noi siamo chiamati alla santità, ce lo ricorda molto bene il Concilio Vaticano II, parlando della vocazione universale alla santità di tutte le membra del corpo di Cristo, e, quindi, è chiaro che la confessione frequente costituisca comunque una grande spinta, un grande aiuto alla santificazione nel vivere la propria vocazione di sacerdoti, di religiosi, di padri, di mariti, di fidanzati, di ragazzi, di bimbi e così via. Credo, quindi, che bisognerebbe ragionare di più a volte anche sulla frase di San Paolo, per cui ci viene detto: “chi non mangia e non beve il corpo e il sangue di Cristo non avrà parte alla vita eterna, ma chi mangia e beve indegnamente il corpo e il sangue di Cristo mangia e beve la sua condanna”. Ci vuole, indubbiamente, un pochino di attenzione maggiore. Si aprirebbe qui un grande discorso sulla vita cristiana, sulla coerenza e così via. Il sussidio, però, richiamando tutto questo esorta poi, anche sul piano molto pratico, per esempio alla disponibilità del confessore. Laddove c’è un confessore disponibile, presto o tardi arriva un penitente e laddove persevera, persino in maniera ostinata qualche volta, nonostante la bassa frequenza, e la disponibilità del confessore continua, allora arriveranno anche i penitenti. Spesso accade in certe chiese, quando il confessore prende l’abitudine di essere nel confessionale - recitando magari lì il breviario, facendo la sua lettura spirituale, dicendo il suo rosario, facendo meditazione - che prima o poi arrivino i penitenti, dopo un mese, due, tre o un anno che la gente vede una presenza in un determinato orario. Allora c’è da tenere presente anche questa arte pastorale del farsi trovare: la riscoperta del sacramento della riconciliazione come penitenti e come ministri diventa la misura dell’autentica fede nell’agire salvifico di Dio, che si manifesta più efficacemente nella potenza della grazia che nelle umane energie organizzative di iniziative anche pastorali, talvolta anche molto buone, ma talvolta anche un pochino dimentiche dell’essenziale. Quindi, non dimentichiamo che il dinamismo pastorale nasce dalla tranquillità della coscienza pulita e da una vita eucaristica che va in tandem con quella penitenziale.

    D. – C’è una relazione fra questo documento e la nuova evangelizzazione?

    R. – Sì, indubbiamente c’è una relazione, anche perché la nuova evangelizzazione deve partire - non è uno slogan, è una realtà – dalla concretezza. Per noi la concretezza è proprio la vita sacramentale, è la vita di grazia. Si intende offrire con il presente sussidio, che è frutto ulteriore dell’anno sacerdotale, proprio uno strumento utile per quella formazione permanente del clero, che è indispensabile per avere un clero adeguato alla nuova evangelizzazione. E’ un aiuto alla riscoperta del valore imprescindibile della celebrazione del sacramento della riconciliazione e della direzione spirituale se si vuole rievangelizzare. Diciamo che la nuova evangelizzazione è il rinnovamento permanente della Chiesa. Diciamo giustamente, sull’onda della tradizione, che “Ecclesia semper reformanda”, deve riformarsi continuamente nelle sue membra. E la vera riforma della Chiesa non è fare una cosa nuova, un’altra e un’altra, può anche essere, ma l’essenziale della riforma è ripartire continuamente da persone che siano sempre più vicine al loro modello, che si purifichino continuamente, che traggano dinamica linfa vitale da reale santificazione. E quindi, il confessionale e la direzione spirituale sono mezzi certamente indispensabili ad un cammino veramente di riforma.

    D. – Com’è strutturato questo sussidio?

    R. – Il sussidio è diviso in alcune parti. Una prima parte è il ministero della penitenza e della riconciliazione nella prospettiva della santità cristiana. Quindi, c’è l’importanza attuale, c’è l’importanza di richiamare la grazia, c’è un invito urgente, c’è la missione di Cristo che opera nella Chiesa, l’aprirsi all’amore e alla riconciliazione, la testimonianza e la direzione dei pastori, l’esempio tipico del santo curato d’Ars e della sua dedizione al confessionale e il ministero di misericordia in genere. Ci sono poi delle linee fondamentali, come la natura del sacramento della penitenza e così via, alcuni orientamenti pratici – e questo è più ampio, perché la prima parte vuole soprattutto richiamare gli aspetti dottrinali – e poi ci sono gli orientamenti pratici nelle attuali circostanze; quindi, il modo di suscitare le disposizioni adatte nel penitente, le norme pratiche stabilite dalla Chiesa come espressione della sua carità pastorale, l’orientare nel cammino di santità, in sintonia con l’azione dello Spirito Santo, la disponibilità ministeriale, come fare l’accoglienza, perché sia paterna davvero, poi nuove situazioni e nuovo fervore che si richiede nei ministri sacri. C’è poi un esame di coscienza per i sacerdoti e per la confessione dei sacerdoti e questo credo sia abbastanza importante. E' stato strutturato in modo che le domande per esaminare la propria coscienza e accedere quindi fruttuosamente alla confessione siano tratte da inviti evangelici. Faccio un esempio. “Ho sete” Giovanni 19,28 e da qui l’esame di coscienza: ho pregato e mi sono sacrificato veramente con generosità per le anime che Dio mi ha affidato, compio i miei doveri pastorali, ho sollecitudine verso i defunti e così via? Prendendo tutto da “ho sete di anime”. Oppure “Ecco tuo figlio, ecco tua madre” e allora: ricorro con la preghiera del Rosario alla Vergine che il Signore mi ha affidato come Madre e alla quale mi ha affidato come figlio e così via? Quindi, dalle frasi dirette di Gesù nel Vangelo viene tratto un esame di coscienza che spero possa essere fruttuoso. Poi ci sono anche delle preghiere in fondo, per rendere per esempio sempre più cosciente il confessore di quello che sta facendo: di essere ministro di misericordia e quindi disporlo a ben accogliere il penitente. E allora ci sono alcune preghiere che si offrono da poter recitare eventualmente, quando si è chiamati al confessionale e poi quando si torna dal confessionale, quasi per accompagnare ancora con il proprio impegno personale di preghiera e di carità pastorale i penitenti che sono ricorsi all’azione del sacerdote.(ap)

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    L’omaggio di 60 artisti per i 60 anni di sacerdozio del Papa

    ◊   Il 4 luglio nell’atrio dell’Aula Paolo VI il Papa inaugura la Mostra 'Lo splendore della verità, La bellezza della carità', l'omaggio di 60 artisti al Papa per il suo 60° di sacerdozio. Il 21 novembre del 2009 Benedetto XVI aveva congedato gli artisti nella Cappella Sistina con la parola 'arrivederci' per sottolineare che quell'incontro era l'inizio di un nuovo dialogo. La Mostra sembra proprio la prosecuzione di quell'incontro, come spiega, nell’intervista di Fabio Colagrande, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

    R. – L’idea nasce sicuramente da quella giornata del 21 novembre 2009: nel finale del suo discorso, Benedetto XVI pronunciò la stessa ultima parola che pronunciò Paolo VI quando, 45 anni prima, aveva radunato gli artisti nello stesso spazio mirabile. La parola è: “arrivederci”, cercando, in qualche modo, di ricordare che è necessario che questo incontro che si era compiuto non fosse un vento soltanto casuale ma fosse l’inizio di un nuovo dialogo, consapevoli – come tutti siamo – che tra arte e fede, nell’ultimo secolo, si è consumato certamente una sorta di divorzio.

    D. – Per i 60 anni di sacerdozio di Benedetto XVI 60 artisti. Com’è avvenuta la selezione?

    R. – Paradossalmente si potrebbe dire che potremmo cominciare a pensare che per i 70 anni di sacerdozio di Benedetto XVI bisognerebbe convocare 700 artisti, perché sono stato veramente travolto dalle richieste ed anche dalle proteste di chi è stato escluso. Abbiamo dovuto preparare questa mostra in un arco di tempo molto breve ed abbiamo scelto cercando di tener conto soprattutto di tre criteri. Il primo criterio è quello della diversità delle discipline artistiche; il secondo, il più rappresentativo, è stato quello dell’orizzonte internazionale, sia pure tenendo conto delle difficoltà del far pervenire materiali qualche volta abbastanza complessi a Roma. Infine, abbiamo cercato anche di rappresentare, per ora, soltanto alcune figure di un panorama che è molto più ricco. Non si tratta quindi di esclusioni ma solo di una selezione che è esclusivamente legata all’immediatezza. Per questo dico che da questo momento in avanti inizieremo un percorso coinvolgendo quella folla – devo definirla proprio una folla – di artisti che si è rivolta a noi per essere anch’essa coinvolta.

    D. – A qualcuno potrà sembrare curioso che in una mostra, accanto ad opere che tradizionalmente sono in esposizione, come opere di pittura, scultura e fotografia-, siano compresi autori di musica e spettacolo. Come è stato possibile?

    R. – Noi invitiamo i nostri ascoltatori a visitare questa mostra per vedere come si è tentato un po’ di equilibrare generi così differenti. Il maestro Morricone, per esempio, offre uno spartito che è veramente di grande suggestione anche visiva, perché il testo musicale che ha composto è dedicato alla Croce, alla Via Crucis, ed è costruito - proprio come si usava anche in certi casi nell’antichità - su una grande Croce. Per cui, l’esecuzione può essere fatta dalle voci soliste leggendo verticalmente la partitura e dal coro leggendola orizzontalmente. Siamo perciò in presenza di un elemento che è quasi anche visivo. L’architettura, per esempio, si offre con Calatrava, con una maquette straordinaria, di grande impatto visivo, che certamente sogna, auspica di poter diventare realtà, una cattedrale. Dall’altra parte, una mia scelta personale: inserire, nonostante la conclusione della selezione, un architetto brasiliano che ha 102 anni ed è stato felice di partecipare: è il creatore di Brasilia, Oscar Niemeyer, il quale ha voluto portare il suo ultimo atto. Lui lo considera quasi come il suo testamento, “La cattedrale di Belo Horizonte”, con un campanile di straordinaria leggerezza.

    D. – Si tratta di artisti credenti?

    R. – Prevalentemente sì, ma non esclusivamente. Anzi, il desiderio fondamentale è proprio quello di coinvolgere sempre di più quel vasto orizzonte di tutti coloro che si interrogano, che cercano al di là dell’orizzonte immediato. In questa luce credo che si possano anche, soprattutto in futuro, inserire molti artisti che non sono credenti ma che hanno il grande desiderio che descrive un altro grande artista, Paul Klee: di “cercare l’invisibile nel visibile e non di rappresentare semplicemente il visibile, che non è compito dell’arte”.

    D. – Il Santo Padre ha gradito questa vostra iniziativa? Vedrà per la prima volta le opere il prossimo 4 luglio…

    R. – Il Santo Padre innanzitutto, quando ho avanzato la proposta, ha fatto una nota su una scheda dicendo che era interessato a seguire la preparazione, tant’è vero che l’ho tenuto informato anche sulla selezione degli artisti e sulle difficoltà che si avevano, perché alcuni artisti che desideravano partecipare non ci sono riusciti in un arco di tempo così breve. Voglio ricordare una personalità altissima come il premio Nobel della Letteratura Séamus Heaney, irlandese, il quale ha detto: “Io per fare un poemetto ho bisogno almeno di un anno”. Quindi il Papa ha seguito tutto e lunedì 4 luglio partecipa ad un evento direi ‘provato’, in cui riceverà il dono dai singoli artisti, passando attraverso l’esposizione. Sarà quindi un momento di incontro diretto. (vv)

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    Oggi in Primo Piano



    Non dimenticare Haiti: l’appello della Fondazione Francesca Rava

    ◊   Un anno e mezzo dopo il terremoto, ad Haiti solo il 2 per cento delle macerie è stato rimosso e un milione di persone vive ancora sotto tende di fortuna. Due dati che sottolineano drammaticamente lo stato di precarietà in cui vive la popolazione haitiana, alle prese anche con le piaghe del colera e della malnutrizione. In prima linea per aiutare gli haitiani è la Fondazione “Francesca Rava”, grazie soprattutto all’impegno sul terreno di padre Rick Frechette e della sua squadra di volontari. Per una testimonianza sulla situazione ad Haiti, Alessandro Gisotti ha intervistato il presidente della Fondazione, Mariavittoria Rava:

    R. – Ancora oggi, a un anno e mezzo dal terremoto, un milione di persone vive nelle tende. Le tende non sono quelle della Protezione civile italiana che ha fatto campo base nel nostro ospedale e sono tuttora molto ben funzionanti: sono tende arrangiate, fatte di stracci. Immaginatevi la stagione delle piogge che colpisce queste "case": famiglie intere vivono nel fango nel freddo e i bambini si ammalano. Le malattie respiratorie, insieme alla malnutrizione, sono la prima causa di moralità in Haiti. E’ un Paese dove già prima si moriva di fame e ancora oggi si muore di fame nonostante ci sia stata un’attenzione e un risveglio da parte di tutto il mondo verso questo Paese. Il problema dell’alloggio è ancora gigantesco: mancano le strade, manca la corrente elettrica, manca la distribuzione dell’acqua potabile.

    D. – Cosa sta facendo la Fondazione Francesca Rava per sostenere la popolazione di Haiti così afflitta da mille difficoltà?

    R. – Noi siamo impegnati su diversi fronti. Il primo è quello dei bambini orfani abbandonati ed è un problema che esiste già da prima, ma dopo il terremoto moltissimi bambini sono rimasti senza famiglia e senza casa. Poi, parallelamente, abbiamo riaperto le scuole di strada. Padre Rick ha 24 scuole di strada, che assistono ogni giorno 10 mila bambini che seguono un programma regolare dall’asilo fino alla scuola primaria e scuola secondaria, con 300 insegnanti, anche loro haitiani, e che quindi ricevono l’aiuto per le loro famiglie a loro volta: qui i bambini vengono vaccinati, vengono "verificati" da un punto di vista medico, sono assistiti contro la malnutrizione e ricevono un pasto al giorno e igiene. Inoltre, abbiamo un programma dedicato ai bambini disabili. Purtroppo sappiamo che molti bambini oltre a tutto il resto hanno perso anche un arto. Allora, fin da subito, dal terremoto, alcuni tecnici ortopedici italiani, generosissimi, dal cuore d’oro, sono venuti con noi e hanno installato quest’officina ortopedica che sorge nella “Casa dei piccoli angeli” che è proprio un centro dedicato ai bambini disabili. Vengono con le loro mamme, se hanno la fortuna di averle, o con i loro parenti, per ricevere l’arto artificiale che viene fatto su misura e per avere la riabilitazione conseguente.

    D. – Qual è l’appello che vuole lanciare?

    R. – Noi cerchiamo di portare una speranza che duri, che rimanga. Ognuno di voi, anche con poco, può salvare la vita a un bambino. Che sia un’adozione a distanza, con soli 26 euro al mese - che non equivale neanche un caffè al giorno - si può cambiare la vita a un bambino. Io invito chi ci sta ascoltando a venire con noi in Haiti e a verificarlo con i propri occhi! Il nostro numero di telefono è 02.54122917 e il nostro sito è www.nphitalia.org. Chiamateci e saremo felici di farlo insieme a voi.

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    I rom a Roma: dopo l’occupazione della Basilica di San Paolo, l’impegno della Caritas

    ◊   A fine aprile, a Roma, avevano abbattuto le baracche del campo nomadi di via Cluniacensi a Casal Bruciato, abitato prevalentemente da rom, i quali si erano provvisoriamente accampati nella Basilica di San Paolo. Successivamente, la Caritas capitolina era intervenuta per assistere i nomadi. A distanza di qualche tempo, Federico Piana ha sentito il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci, per chiedere un aggiornamento sulla vicenda:

    R. - Adesso siamo sempre in contatto con i rom. I nostri operatori adesso hanno esaminato la situazione, abbiamo in mano tutte le notizie che per loro possono essere utili per poter vedere dove e come poter risolvere questo problema. Quello che è certamente importante, come dice spesso il cardinale Vallini, è trovare un lavoro, ma non è facile. Stiamo però cercando di orientarci, mettendo in piedi qualche cooperativa, soprattutto per quelle realtà per cui è possibile, tenendo anche conto del loro modo di vivere. Inoltre, si cerca di trovare una casa, perché questi immigrati mi dicevano: “Noi veniamo dalla Romania, ma in Romania non abbiamo la possibilità di vivere”.

    D. - Però non può essere messo tutto sulle spalle della Caritas…

    R. -Vorrei che passasse questo concetto: la Caritas non è il “Ministero della Povertà” che deve intervenire per tutte le situazioni di difficoltà della città. La Caritas, fondamentalmente - e questo è quello che desidero che avvenga -, ha un ruolo ed una funzione pedagogica, per far sì che non solamente le comunità cristiane, le parrocchie o anche la città e l’amministrazione locale, ma anche ogni singolo cittadino possa aprire gli occhi, rendersi conto e darsi da fare. La Caritas vuole essere il motorino di avviamento perché tutti quanti possano fare qualcosa per gli altri, non può e non deve arrogarsi il compito di essere il “pronto intervento”, la soluzione dei problemi e delle difficoltà dei poveri che si trovano in questa città.

    D. - E troppo spesso queste questioni dei rom e dei poveri vengono strumentalizzate…

    R. - Alcuni si presentano a lezione perché dicono: “Noi faremo una bonifica”. Gli altri invece dicono: “Noi saremo presenti”. Questo modo di utilizzare la povertà ed i poveri per i propri fini è veramente deleterio, non è un pensiero di un Paese civile. Dovrebbe esserci un’autorità al di sopra delle parti politiche che possa impegnarsi, che possa trovare delle soluzioni giuste sia per i rom sia per la cittadinanza. (vv)

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    “Per una Chiesa scalza”: 3 edizioni in 3 mesi per il libro di Ernesto Olivero

    ◊   “La Chiesa non deve inseguire primati, onori e posizioni di forza, ma vivere la semplicità del Vangelo”. È da questa affermazione che nasce “Per una Chiesa scalza”, il libro di Ernesto Olivero, fondatore e animatore del Sermig – Servizio missionario giovani – divenuto un caso letterario con tre edizioni in soli tre mesi. Qui Olivero racconta la sua storia e quella dell’organizzazione fondata nel 1964, che ha come obiettivo sconfiggere la fame con opere di giustizia, promuovere lo sviluppo e la pace, e dare soccorso ai più poveri e bisognosi. Al microfono di Salvatore Cernuzio, l’autore spiega il titolo “Per una Chiesa scalza”.

    R. – E’ prima di tutto un atto d’amore per la Chiesa, per la mia Chiesa, perché io credo che il nostro tempo sia uno dei peggiori della storia dell’umanità e solo una Chiesa scalza, una Chiesa che scende dal pulpito, può avere un’autorità maggiore per dire alla politica, per dire all’economia di servire. Noi siamo davvero un mondo che fa morire di fame centomila persone al giorno. Una Chiesa scalza dovrebbe avere l’autorità di dire: “Uniamoci con gli ebrei, con i musulmani, con i non credenti per lottare contro le grandi ingiustizie”.

    D. – A cosa si riferisce quando descrive il nostro tempo come uno dei peggiori della storia dell’umanità?

    R. – Pensi alla volgarità che c’è in giro, le cose anormali che sembrano normali. Il cristiano ha bisogno di vivere da testimone questa storia di Dio.

    D. – Come si inserisce quindi la Chiesa in questo contesto?

    R. – La Chiesa diventa maestra, che accompagna ogni cristiano per tutto il tempo della vita e non soltanto nei primi anni della vita. Noi abbiamo dei catechisti alla rovescia nella televisione e nello spettacolo, che sembrano i nuovi profeti, ma che ti portano verso il buio, ti portano verso il male. Quindi, io credo che dobbiamo ristabilire un contatto affinché i giovani possano sentirsi nella Chiesa come in una casa che li accoglie, una casa che capisce, che è capace di perdonare e soccorrere le persone in difficoltà.

    D. – Qual è il contributo del Sermig in questa direzione?

    R. – Le nostre case sono veramente aperte 24 ore su 24, disponibili anche di notte, anche in certe situazioni. Non basta dare un letto: bisogna aiutare le persone a capire che la casa gli vuole bene e che è capace di seguire i suoi bisogni.

    D. – Nel libro ha scritto che attualmente la tentazione più grande della Chiesa è quella del potere...

    R. – Questo ce lo dice Gesù: il potere è servire, il potere è ascoltare, il potere è amare perdutamente l’altro e fargli capire che, qualunque passato abbia, nella Chiesa può trovare un presente e un futuro diverso. Una delle cose più belle che Gesù ha detto è che noi possiamo fare le cose che fa Lui. Pensare di avere un Dio che si china su di noi e vuole elevarsi, vuole farsi fare delle cose da Dio, è un qualcosa che dovrebbe fare impazzire di gioia tutti i ragazzi e fargli venire voglia di santità. Diventare sacerdoti, diventare banchieri, politici, però, per servire, per amore e non per il potere. (ap)

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    “La Samaritana al pozzo”: l’opera restaurata è presso la Pinacoteca di Brera

    ◊   Da giugno si può vedere presso la Pinacoteca di Brera l’opera restaurata “La Samaritana al pozzo” di Annibale Carracci, pittore vissuto nella seconda metà del ‘500 e cofondatore insieme al cugino ed al fratello, dell’Accademia degli Incamminati. L’opera fa parte di un ciclo di restauri riguardanti anche la tela di Ludovico Carracci, “Cristo e la Cananea” e quella di Agostino Carracci, “Cristo e l’adultera”. Al microfono di Massimiliano Menichetti il Direttore della Pinacoteca di Brera e Soprintendente per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici di Milano, Sandrina Bandera:

    R. - I Carracci hanno rappresentato nella storia dell’arte uno dei momenti più importanti: nel ‘500, dopo le eresie protestanti, dopo il Concilio di Trento, la Chiesa ha individuato nella pittura e nell’arte figurativa la via per arrivare alla facile comunicazione della fede.

    D. - Il cardinale Paleotti di Bologna fonda un’accademia, l’“Accademia degli incamminati”, che troverà tra i suoi adepti anche gli stessi Carracci?

    R. - Infatti, vuol dire i progressisti: quegli artisti che, sotto lo stimolo delle novità del Concilio di Trento, che dicevano che la fede doveva arrivare a tutti, hanno fondato una scuola che voleva reagire al manierismo del ‘500.

    D. - Quindi come l’arte pittorica si evolve in questa scuola? Come le figure si presentano?

    R. - Le figure rappresentate hanno dei gesti - gesti di affetto, di dolore, di fede - che devono seguire delle norme, devono essere ‘normate’ e quindi con una estrema chiarezza, con estrema trasparenza: tutti, guardando questi quadr,i capiscono cosa fanno i personaggi, che sentimenti vengono rappresentati.

    D. - Agostino e Annibale Carracci sono fratelli, Ludovico Carracci è un loro cugino: quali sono le differenze tra questi tre grandi pittori della metà del ‘500?

    R. - Ludovico, il più vecchio, non si è mai mosso da Bologna: la sua è una pittura molto devozionale, facile, in cui i santi sono rappresentati nel momento più forte di un miracolo, ma un miracolo in cui la figura del santo e le figure dei personaggi affiancati sono tutti della stessa dimensione; in cui santo e spettatori sono tutti uomini, calibrati esattamente come la misura dello spettatore. E questo in modo che lo spettatore non si senta lontano da questi uomini santi e possa percepire e capire che quei gesti religiosi possono essere anche per lui, alla sua portata. Agostino è il più intellettuale: grande disegnatore, meno portato al colore, meno portato al cronachismo e molto attento allo studio dell’anatomia, secondo gli schemi accademici. Annibale, che gli inglesi chiamano “born painter”, nato pittore, è un uomo che ha saputo mettere insieme con grande capacità creativa il colore veneziano e il disegno toscano; scopre l’arte classica, l’arte antica; scopre e studia da vicino Raffaello; e, da quel pittore naturalista che era stato in gioventù, diventa il grande campione del classicismo.

    D. - E di Annibale Carracci è “La Samaritana al pozzo”…

    R. - Le figure sono disposte un po’ in senso orizzontale e con molto ordine. Al centro abbiamo la vera del pozzo, appunto, della samaritana: è una figura geometrica, circolare e centrale che dà ordine a tutta la scena. Ma non solo, le figure sono anche tagliate con la dimensione delle sculture antiche, quindi sono un po’ tozze e un po’ larghe. In primo piano, esattamente davanti alla vera, esattamente al centro del quadro e con una posizione che taglia di netto il quadro in senso verticale, con una linea virtuale al centro, è la samaritana; a destra il Cristo, che è posizionato con una gestualità e una mimica in cui lo spettatore intuisce che vi è un dialogo stretto tra Lui e la samaritana: la samaritana lo guarda in volto; i due hanno la faccia sullo stesso piano, alla stessa altezza. Dietro di loro c’è un paesaggio, che è un bellissimo paesaggio, con effetti sfumati - come il colore di Giorgione - ma già costruito: quindi con le piante, che creano delle quinte giustapposte tra di loro; con un cielo che è un cielo vero, ma idealizzato; con quell’effetto tra natura e intelletto che è proprio tipica della fase tarda di Annibale Carracci. (mg)

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    Chiesa e Società



    In Kenya si celebrano i 50 anni dell’associazione episcopati Africa orientale

    ◊   L’Associazione delle conferenze episcopali dell’Africa orientale (Amecea) festeggia 50 anni dalla sua fondazione. L’organizzazione, fondata nel 1961, riunisce i vescovi di Kenya, Uganda, Sudan, Eritrea, Etiopia, Tanzania, Malawi e Zambia, celebrerà questa ricorrenza durante la sua 17esima Assemblea plenaria, che si è aperta il 29 giugno presso l’Università cattolica di Nairobi e si concluderà il 7 luglio. L’assemblea, alla quale stanno partecipando 350 delegati, è stata inaugurata da un conferenza dal titolo “Amecea, famiglia di Dio. Un giubileo d’oro di evangelizzazione nella solidarietà”. All’apertura dei lavori era presente il presidente del Kenya, Mwai Kibaki, che ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra Stato e Chiesa per migliorare le condizioni della popolazione. “Mentre la Chiesa occidentale si confronta con sfide demografiche a volte cariche di nostalgia e sofferenza, in questi Paesi si riscontra una crescita, anche solo quantitativa, impressionante”, ha detto all’agenzia Fides padre Piergiorgio Gamba, missionario confortano che opera in Malawi da oltre 30 anni, che aggiunge: “Negli otto Paesi facenti parti dell’AMECEA, dal 1961 al 2011 si è passati da 30 milioni di abitanti a 261 milioni, di cui 47 milioni sono cattolici, con 116 vescovi, 8.696 preti, 7.146 fratelli religiosi e 20.773 suore”. Tra i diversi temi in discussione nella Plenaria: la Chiesa e i media, la formazione dei preti e la preparazione di centri pastorali di formazione, l'apertura di una nuova università cattolica e il futuro delle scuole cattoliche, la Parola di Dio e l’inculturazione. (M.R.)

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    Australia: la Chiesa celebra la domenica degli aborigeni

    ◊   Si celebra oggi in Australia la “Domenica degli aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres”, all’insegna del motto “Amicizia: un nuovo nome per la solidarietà con i Primi Australiani”. In vista della ricorrenza, la Commissione episcopale per i rapporti con gli aborigeni, presieduta da mons. Christopher Prowse, ha inviato una lettera alle parrocchie, in cui si invitano i fedeli a pregare con e per i nativi, riflettendo sull’atteggiamento e le iniziative nei loro confronti. In un altro documento della Commissione episcopale, i vescovi spiegano, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, il concetto di “solidarietà” come una virtù morale, che si traduce “nella disponibilità a spendersi per il bene dell’altro al di là di ogni individualismo e particolarismo”. In particolare i vescovi australiani citano l’enciclica Centesimus Annus del Beato Giovanni Paolo II quando scrivono nella lettera: “Il principio, che oggi chiamiamo di solidarietà, …è più volte enunciato da Leone XIII col nome di ‘amicizia’;… da Pio XI è designato col nome non meno significativo di ‘carità sociale’, mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parla di ‘civiltà dell'amore’”. “La solidarietà implica sostegno e unità e rende il rapporto personale e fattivo”, si legge ancora nel documento “e deve essere alimentata tra tutti gli australiani”. Tra gli eventi più importanti che hanno avviato il processo di integrazione con gli autoctoni, i vescovi ricordano in particolare il discorso di Papa Wojtyła nella località di Alice Springs del 1986, ancora oggi attuale. La lettera dei vescovi australiani si conclude con l’invito a ricevere dalla Santissima Trinità il dono della vera amicizia con i fratelli aborigeni emarginati, sull’esempio salvifico del Salvatore che ci ha chiamati “non più servi, ma amici” (M.R.)

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    Sudafrica: i vescovi denunciano xenofobia contro gli immigrati dallo Zimbabwe

    ◊   I vescovi sudafricani temono una nuova ondata di attacchi a sfondo xenofobo contro gli immigrati dallo Zimbabwe. Il flusso di rifugiati dal vicino Paese africano ha infatti ricominciato a crescere a causa della ripresa delle intimidazioni e delle violenze contro gli oppositori del presidente Robert Mugabe con l’avvicinarsi delle nuove elezioni presidenziali e parlamentari, previste entro il 2011. E con esso si è riaccesa anche l’ostilità della popolazione sudafricana più povera nei confronti dei nuovi arrivati. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli episodi di violenza contro cittadini provenienti dallo Zimbabwe che fanno temere il ripetersi dell’ondata di attacchi xenofobi del 2008. Per questo il 19 giugno scorso i vescovi hanno diffuso una lettera pastorale in cui esortano i fedeli “ad opporsi al male della xenofobia che minaccia di dividere la comunità umana”. “Dobbiamo tutti unirci contro questa malvagità e lavorare per costruire una comunità di amore”, si afferma nella lettera . A preoccupare i vescovi - ha riferito all’agenzia Cns, il responsabile dell’Ufficio stampa della Conferenza episcopale (Sacbc) padre Chris Townsend - sono anche le gang al confine tra i due Paesi che violentano e derubano i rifugiati quando fanno ingresso in Sudafrica attraverso il fiume Limpopo. All’origine delle violenze xenofobe – spiega mons. Kevin Bowling, vescovo di Rustemburg e membro dell’organizzazione ecumenica “Solidarity Peace Trust” - vi è la povertà estrema in cui versa una parte della società sudafricana e la mancanza di lavoro e di speranza per i giovani. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Polonia: al via i preparativi per il secondo Congresso apostolico mondiale della Misericordia

    ◊   “Una risposta di tutta la Chiesa ad una chiamata universale alla Misericordia di Dio, indirizzataci tramite i Vangeli”. Così padre Patrice Chocholski, segretario generale del secondo Congresso apostolico mondiale della Misericordia (WACOM) ha definito l’evento, che si svolgerà a Cracovia nel mese di ottobre. Il primo congresso mondiale si è tenuto a Roma nel 2008, poi sono seguiti cinque Congressi continentali e circa cinquanta congressi nazionali. Parlando di queste iniziative, padre Chocholski ha affermato all’agenzia Zenit che la divina misericordia “è una sorgente inesauribile di creatività che contribuisce a creare ponti nelle nostre società moderne, tra le culture e tra le religioni”. “Nella Misericordia troviamo anche delle nuove energie per le nostre missioni. E’ realmente l'amore del Cristo che ci spinge, come un fuoco. Essa è di fatto l'unica speranza per il mondo e per la Chiesa!”, ha aggiunto il sacerdote, sottolineando come sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI abbiano rivolto l'appello a sperimentare la misericordia divina, che, ha osservato, “dovrebbe essere il paradigma di ogni evangelizzazione”. Il secondo WACOM si svolgerà nei luoghi della Polonia particolarmente legati alla Divina Misericordia: sono previsti conferenze e Messe al Santuario di Lagiewniki, incontri ecumenici di preghiera ad Auschwitz e Wadowice, laboratori, adorazioni, testimonianze e preghiere in varie lingue e chiese della città, mentre si terrà un festival intercontinentale nella Piazza del Mercato di Cracovia. “Grazie al Cardinale Stanislao Dziwisz, l'arcivescovo organizzatore, non ci sono più restrizioni al numero dei partecipanti”, ha detto padre Chocholski: “nello spirito del Beato Giovanni-Paolo II, le porte sono spalancate a tutti. Non è necessario essere delegato ufficiale per partecipare. Siete tutti i benvenuti!”. Presidente esecutivo del Congresso è il cardinale arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn, che, con un video su YouTube, ha lanciato un appello alla partecipazione rivolto a tutti i fedeli. (M.R.)

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    Sri Lanka: allarme per l’aumento della malnutrizione

    ◊   Malnutrizione e anemia si stanno diffondendo velocemente in Sri Lanka e la capitale Colombo è una delle città più colpite. Ad affermarlo è Maithripala Sirisena, ministro della Salute. Riferisce AsiaNews che nella capitale la malnutrizione persistente è al 29% mentre quella a breve termine è dell’8%, rispetto al 41% e all’11% nel resto del Paese. In particolare sono i bambini in età scolare a non consumare pasti nutrienti e sani nelle loro giornate. Per questo, il ministero ha chiesto un “brusco cambiamento del modo di mangiare degli srilankesi”. Uno studio condotto dal Medical Research Insitute (Mri) rivela inoltre che il consumo eccessivo di farina di grano è una delle ragioni per l’aumento allarmante della malnutrizione nei distretti di Colombo e Nuwara Eliya. Il ministro aggiunge poi che “in molti casi i genitori costringono i figli piccoli a mangiare cibi fatti con farina di grano, in particolare a colazione, che è il pasto più importante della loro alimentazione quotidiana. Questo li priva di altri cibi nutrienti e salutari, come il riso, diversi tipi di fagioli ricchi di proteine”. (M.R.)

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    Indonesia: i giovani del Borneo si preparano alla Gmg 2011

    ◊   Un incontro di preghiera ed ascolto rivolto al futuro. Questa è stata la “Giornata dei giovani”, che ha raccolto nella città indonesiana di Palangkaraya, 700 giovani cattolici provenienti dal Borneo, in vista della Giornata mondiale della gioventù di Madrid del prossimo agosto. Riferisce l’agenzia Fides che i ragazzi si sono riuniti nello stadio del Liceo cattolico intitolato a S. Pietro Canisio, non solo per pregare, ma anche, come ha affermato padre Wayan Joko Sunaryo responsabile della Pastorale giovanile nella diocesi di Palangkaraya, per “ribadire la loro intenzione ad essere protagonisti del loro futuro, con entusiasmo e voglia di contribuire allo sviluppo sociale e morale della nazione”. La “Giornata dei giovani” si è svolta all’insegna della creatività e dell’importanza dei giovani nella storia dell’Indonesia. Questo è in linea con il punto di vista della Chiesa cattolica, che riconosce le giovani generazioni come “bene prezioso per la nazione e per la Chiesa”. “I giovani indonesiani”, ha aggiunto padre Sunaryo, “stanno prendendo coscienza di questa responsabilità, come avviene nella diocesi di Palangkaraya, e intendono fare del loro meglio per costruire una società e una nazione migliore”. Tra i partecipanti, ha concluso il sacerdote , un piccolo gruppo è “pronto a recarsi a Madrid, nel prossimo agosto, per vivere la Giornata Mondiale della Gioventù” ed incontrare il Papa. (M.R.)

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    A fine luglio il XXVIII campo internazionale per disabili dell’Ordine di Malta

    ◊   Imparare a vivere insieme e a lavorare in team, superando le barriere culturali e linguistiche: un obiettivo importante per chiunque, ma ancora di più per gli individui più svantaggiati. A 450 giovani disabili, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, provenienti da 23 Paesi europei e non, l’associazione italiana dell’Odine di Malta offre il consueto campo estivo, ormai giunto alla XXVIII edizione, che si terrà a Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine, dal 23 al 30 luglio. I primi ad arrivare, il 22, saranno i partecipanti australiani, accolti dai cento volontari italiani dell’Ordine di Malta. Li attende una settimana di sfide sportive, scoperte culturali, come quelle di Padova e Venezia e come la giornata della memoria dell’Unità nazionale, il 26 luglio, e di rinnovamento spirituale, come la celebrazione in programma il 27 luglio nella Basilica di Sant’Antonio a Padova, presieduta dal cardinale patrono del Sovrano militare dell’Ordine di Malta, cardinale Paolo Sardi. (R.B.)

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    24 Ore nel Mondo



    In Thailandia quasi certa la vittoria della sorella dell'ex premier Shinawatra

    ◊   Si sono svolte senza disordini le elezioni legislative in Thailandia, indette dopo sei anni di instabilità politica e turbolenze di piazza. Secondo gli exit poll si profila la vittoria della candidata d’opposizione, Yingluck Shinawatra, sorella dell’ex premier Thaksin. Se eletta, sarà la prima donna a guidare il Paese. Ci riferisce Roberta Barbi:

    Non si sbilancia ma ringrazia tutti coloro che l’hanno votata, Yingluck Shinawatra, la candidata del partito d’opposizione Puea Thai, che gli exit poll danno largamente vincente, e dice che eventualmente si dichiarerà vincitrice solo dopo la diffusione dei risultati che, per ora, si limita a definire “incoraggianti”. Quarantaquattro anni, imprenditrice, si appresta così a diventare la prima donna alla guida della Thailandia, se saranno confermati i dati che finora la vedono allungarsi nettamente sull’avversario, il premier uscente Abhisit Vejjajiva, e assegnano al suo partito 313 seggi sui 500 di cui si compone il Parlamento. Il suo è un nome ingombrante: è la sorella del magnate delle telecomunicazioni Thaksin Shinawatra, che era primo ministro nel 2006, quando venne rovesciato da un colpo di Stato cui sono seguiti anni di instabilità politica e proteste di piazza nel Paese. Thaksin, che avrebbe già telefonato alla sorella per congratularsi, si trova all’estero per un esilio autoimposto, dal quale tornerà “al momento giusto”. E questo è uno dei timori di alcuni osservatori, che prevedono una reazione delle forze armate, ostili a Thaksin, sul quale pende una condanna a due anni per corruzione, cui si è aggiunta un’incriminazione per terrorismo in relazione alle violente proteste di piazza.

    Indonesia, eruzione del vulcano Soputan
    L’ultima volta era accaduto nel 2008 e non c’erano state vittime: il vulcano indonesiano Soputan è entrato in eruzione, lanciando fumo e ceneri arrivate a cinquemila metri d’altezza. Secondo gli esperti, per ora non ci sarebbero pericoli per la popolazione, tanto che non sono neppure state disposte evacuazioni.

    Afghanistan, attentato a Kabul
    Una bomba è esplosa questa mattina a Kabul, nei pressi del Parlamento, ferendo tre agenti della polizia locale. Stando alle prime ricostruzioni, l'esplosione e' avvenuta nell'area di Deh Mazang, accanto ad un posto di blocco dove gli agenti controllavano le auto in transito.

    Pakistan, assalto a posto di blocco
    Un commando di uomini armati ha assaltato nella notte un posto di blocco stradale nel distretto di Shangla, che fa parte della regione di Malakand, nella provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa. Tre poliziotti sono rimasti uccisi e uno ferito.

    Iraq, attacco contro polizia a Falluja
    È di quattro agenti morti il bilancio dell’attacco avvenuto stamattina a Falluja, una sessantina di km a ovest di Baghdad, contro la polizia da parte di un gruppo di uomini armati che ha aperto il fuoco, ha sequestrato le auto e poi si è dato alla fuga.

    Siria, esercito avanza a Hama
    Si intensifica, secondo la testimonianza del responsabile dell’Osservatorio per i diritti umani, Rami Abdel Rahmane, la repressione dell’esercito siriano nel nord-ovest del Paese. Al centro della protesta antigovernativa, la cittadina di Hama, dove le truppe si sono schierate in forze, penetrando con mezzi per il trasporto dei militari e un centinaio di carri armati. Molti arresti sarebbero stati effettuati nella regione di Jabal al Zawiyah.

    La difficile situazione in Somalia: nuovo primo ministro in clima di instabilità
    Nella Somalia attraversata dal 1991 da un conflitto permanente, che oggi vede il governo provvisorio opporsi soprattutto al movimento islamico Shabaab, è stato da pochi giorni nominato un nuovo primo ministro. A Gianpaolo Calchi Novati, docente universitario e responsabile del programma per l’Africa dell’Istituto per gli Studi di Politica internazionale, Davide Maggiore ha chiesto quale significato si deve attribuire a questo avvicendamento al vertice di un esecutivo riconosciuto all’estero, ma la cui autorità non va oltre alcuni quartieri della capitale Mogadiscio:

    R. – Come è capitato già con il mutamento del presidente, si cerca di andare verso una maggiore rappresentatività di quel piccolo gruppo di nominati che costituiscono il Parlamento e di stabilire una qualche sintonia fra il presidente, il presidente del Parlamento e il capo del governo. Da una parte si vorrebbe che le tre personalità rappresentino gruppi diversi e dall’altra che fossero veramente coordinati e coordinabili.

    D. – Qual è e quale potrà essere in futuro il ruolo della comunità internazionale nel conflitto somalo?

    R. – Finora la comunità internazionale non ha avuto una grande efficacia nell’azione. Io penso che il maggior contributo che dovrebbe, potrebbe, dare sia quello di espungere la questione della Somalia dagli aspetti regionali e internazionali di crisi e cercare di affrontare il problema della Somalia nel suo specifico. Perché più si cerca di risolvere attraverso la Somalia problemi attualmente insolubili come il terrorismo, il controllo del territorio, lo stabilimento di una rete di protezione attraverso tutta l’Africa, e più tutto questo non ha nessuna possibilità di incidere sulla realtà della Somalia.

    D. – Quale peso nella società e quali obiettivi ha Al-Shabaab?

    R. – Al-Shabaab è l’ultima espressione dell’estremismo che si è andato sviluppando per escalation, da ciò che negli ultimi dieci anni è avvenuto in Somalia. Progressivamente l’entità nazionale si è appoggiata all’islam, dall’islam si è passati all’islamismo politico e dall’islamismo politico all’estremismo, al fondamentalismo, al jihadismo di cui Al-Shabaab è l’espressione. Il colpo di grazia a una qualche utilizzazione dell’islam politico in funzione costruttiva è avvenuta con l’invasione etiopica, che ha scatenato in Somalia una vera e propria guerra di liberazione o di resistenza contro il nemico storico della Somalia. E’ qui che si è saldata l’identità nazionale con l’estremismo islamico.

    D. – Al di là dei confini intanto cresce il problema dei profughi...

    R. – Il problema dei profughi riguarda un po’ tutto il Corno d’Africa, perché in tutto il Corno d’Africa oggi prevale una situazione di vera e propria guerra o di tensione. Quindi, i profughi diventano un problema per i Paesi vicini. E adesso la guerra che si sta combattendo in Libia ha sicuramente aumentato la loro precarietà.

    D. - L’ormai cronica instabilità somala che effetti ha sull’intera regione?

    R. – Per causa ed effetto nello stesso tempo di una situazione regionale critica, dalla sua costituzione la Somalia ha rappresentato un fattore di instabilità, perché ha fatto sorgere per la prima volta nella storia recente del Corno d’Africa un centro politico in competizione con l’Etiopia. L’Eritrea appoggia tutti coloro che non sono amici dell’Etiopia. Tutto questo circolo genera tensione e la Somalia è naturalmente il fulcro, perché è la situazione più instabile. (ap)

    Libia, nuovo tentativo di mediazione
    Dopo il piano messo a punto dall’Unione africana, che non prevede Gheddafi come interlocutore, il presidente sudafricano Jacob Zuma è volato a Mosca dove domani incontrerà il presidente Dmitri Medvedev per avviare una nuova mediazione sul conflitto in Libia, in vista della prossima riunione del Gruppo di contatto il 15 luglio a Istanbul. Il Cremlino non ha ancora confermato la notizia dell’incontro.

    Marocco, plebiscito al referendum
    Un vero plebiscito, quello del popolo marocchino che con il 98% dei sì approva la trasformazione della monarchia di Mohammed IV in monarchia costituzionale. Il referendum era stato annunciato dal re il 17 giugno sotto le spinte delle proteste di piazza e prevedeva il trasferimento di alcuni dei suoi poteri assoluti al Parlamento. L’affluenza alle urne è stata pari al 72,6% degli aventi diritto.

    Venezuela, opposizione chiede che Chavez ceda i poteri
    Mentre da Cuba, dove il presidente venezuelano è ricoverato in convalescenza dopo essere stato operato per un tumore, arrivano buone notizie sul suo stato di salute, in patria l’opposizione al governo chiede a Chavez di cedere i poteri per non compromettere la sicurezza nazionale fino a che non sarà in grado di esercitarli di nuovo pienamente.

    Messico, 11 morti per tempesta Arlene
    Sale a 11 vittime e 300mila senzatetto il bilancio della tempesta tropicale Arlene che da giovedì sta imperversando sul centro e sull’est del Paese. Coinvolte da forti burrasche e smottamenti del terreno, sia la capitale che la città di Acapulco, affacciata sul Pacifico.

    Crisi Grecia: Eurogruppo sblocca quinta tranche di aiuti
    Al termine della riunione di ieri pomeriggio, l’Eurogruppo ha sbloccato l’erogazione della quinta tranche di aiuti alla Grecia. I ministri, in particolare, hanno apprezzato gli sforzi del Paese per mettere in atto le intese politiche raggiunte con la Commissione europea, con il Fmi e la Bce.

    Italia, manifestazione No Tav in Val di Susa
    Secondo i dati della Questura sono circa tremila i manifestanti che hanno preso parte al corteo di protesta No Tav partito questa mattina da Giaglione e diretto alla Maddalena di Chiomonte, dove è sorto il primo cantiere della linea ferroviaria ad alta velocità. Le forze dell’ordine hanno sparato almeno quattro lacrimogeni, come azione di contenimento, e disposto la chiusura del tratto autostradale Bardonecchia-Susa per motivi di sicurezza. Si registrano almeno sei feriti.

    Monaco: le nozze del principe Alberto
    Dopo il matrimonio civile di venerdì, ieri pomeriggio è stato celebrato dall’arcivescovo di Monaco, mons. Bernard Barsi, il rito religioso che ha unito il principe Alberto II di Monaco alla campionessa di nuoto sudafricana Charlene Wittstock. La cerimonia si è svolta nel Cortile d’onore di Palazzo Grimaldi alla presenza di 800 invitati. Dopo la celebrazione, i neosposi si sono recati nella chiesa consacrata a Santa Devota, patrona del Principato e protettrice della famiglia Grimaldi, dove la neoprincipessa, come vuole la tradizione, ha deposto il bouquet nuziale in segno di omaggio alla Santa. (Panoramica internazionale a cura di Roberta Barbi)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 184

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Miriam Ayele.