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Sommario del 01/07/2011

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI alla Fao: per sconfiggere la fame serve un modello di sviluppo solidale
  • Il neodirettore della Fao, da Silva: vogliamo aiutare i bambini africani ad avere una corretta alimentazione
  • I cardinali festeggiano il 60.mo di sacerdozio del Papa con un pranzo e un obolo per i poveri di Roma
  • Il 1 luglio di 150 anni fa, il primo numero dell’Osservatore Romano. Intervista al direttore Giovanni Maria Vian
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Rapporto di "Medici Senza Frontiere" sui migranti, mentre continuano gli sbarchi a Lampedusa
  • Hati: un anno e mezzo dopo il terremoto in 700 mila ancora sotto le tende. L'azione del Cisp
  • Una campagna internazionale contro i monopoli dei brevetti in agricoltura
  • Chiesa e Società

  • Pakistan. Paul Bhatti: aiuti concreti e meno polemiche per aiutare i cristiani
  • Nello Stato indiano del Gujarat distrutte tutte le prove sulle violenze del 2002
  • Myanmar: l'impegno della Caritas nelle zone di guerra del Kachin
  • Nigeria: no del cardinale Okogie a una banca islamica perchè rischia di soggiogare i cristiani
  • Sudan: l'amministratore apostolico denuncia la drammatica situazione degli sfollati di Abyei
  • Armenia: la visita a Yerevan del cardinale Ravasi
  • Brasile: cresce la violenza contro le popolazioni indigene
  • India. Il cardinale Gracias: la missione della Chiesa indiana sgorga dal Sacro Cuore
  • La Chiesa tedesca ricorda il cardinale di Berlino Sterzinsky
  • Austria: in vigore nuova normativa sull’immigrazione. Critiche dal mondo cattolico
  • Cina: Amnesty denuncia misure repressive contro gli avvocati pro diritti umani
  • Rapporto annuale di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”: finanziati 5.587 progetti in 153 Paesi
  • Salgono a 109 i Paesi aderenti alla Convenzione contro le "bombe a grappolo"
  • Gmg 2011: giovani del Caucaso in partenza per Madrid
  • Spagna: il lungo pellegrinaggio del Magis alla Gmg di Madrid
  • Il rapporto tra Chiesa e comunità pentecostali al centro della sesta fase del Dialogo internazionale
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora proteste in Siria, la Germania spinge per la condanna dell’Onu
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI alla Fao: per sconfiggere la fame serve un modello di sviluppo solidale

    ◊   La comunità internazionale si impegni senza indugio a sconfiggere la fame, contrastando le speculazioni sul cibo: è il vibrante appello levato stamani da Benedetto XVI. L’occasione è stata offerta al Papa dall’udienza, in Vaticano, ai partecipanti alla 37.ma Conferenza della Fao. Nel suo intervento, il Pontefice si è soffermato sull’importanza di un modello di sviluppo che rispetti la dignità della persona umana e non ceda allo sfruttamento frenetico delle risorse naturali. Il Papa ha ringraziato il direttore generale uscente, Jacques Diouf, ed ha rivolto un caloroso augurio al neo direttore della Fao, il brasiliano José Graziano da Silva. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’attuale momento di crisi richiede “ogni sforzo per concorrere ad eliminare la povertà”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che, parlando all’organo direttivo della Fao, ha innanzitutto ribadito l’impegno della Chiesa cattolica a rispondere alle necessità dei più bisognosi. Quindi, il Papa ha sviluppato una riflessione sulle cause profonde del dramma della fame, che, ha tenuto a sottolineare, non può essere visto “in chiave esclusivamente tecnica”:

    “La pauvreté, le sous-développement et donc la faim sont…
    La povertà, il sottosviluppo e quindi la fame – ha avvertito – sono spesso il risultato di atteggiamenti egoistici” e ha ribadito che il “mancato accesso al cibo” si traduce “nella negazione del diritto primario di ogni persona a nutrirsi e quindi ad essere libero dalla fame”. Come possiamo tacere, ha soggiunto, che “anche il cibo è diventato oggetto di speculazioni o è legato agli andamenti di un mercato finanziario che, privo di regole certe e povero di principi morali, appare ancorato al solo obiettivo del profitto?”

    “L’alimentation est une condition qui concerne...
    L’alimentazione – ha detto ancora – è una condizione che tocca il fondamentale diritto alla vita”. Garantirla significa dunque “agire direttamente e senza indugio su quei fattori che nel settore agricolo gravano in modo negativo”. E questo, ha osservato, “pur in presenza di una produzione alimentare globale che, secondo la Fao e autorevoli esperti, è in grado di sfamare la popolazione mondiale”. Il Papa ha così rivolto un pensiero speciale ai “milioni di bambini che sono le prime vittime di questa tragedia”. Bambini, ha detto, “condannati ad una morte precoce, ad un ritardo nel loro sviluppo fisico e psichico o costretti a forme di sfruttamento pur di ricevere un minimo di nutrimento”. Di qui, l’esortazione a favorire una “coerente concezione dello sviluppo” non limitandosi ad aiuti solo in caso di emergenze:

    “Le cadre International et les fréquentes…
    Il quadro internazionale e le ricorrenti apprensioni determinate da instabilità e dall’aumento dei prezzi – ha affermato il Papa – domandano risposte concrete e necessariamente unitarie per conseguire risultati che singolarmente gli Stati non possono garantire”. Questo, ha soggiunto, “significa fare della solidarietà un criterio essenziale per ogni azione politica e strategia, così da rendere l’attività internazionale” di “effettivo servizio all’intera famiglia umana ed in particolare agli ultimi”. Ancora, ha evidenziato il Papa, è “urgente un modello di sviluppo che consideri non solo l’ampiezza economica dei bisogni o l’affidabilità tecnica delle strategie”, ma “anche la dimensione umana di ogni iniziativa”, “facendo leva sul richiamo etico a ‘dar da mangiare agli affamati’ che appartiene al sentimento di compassione e di umanità iscritto nel cuore di ogni persona e che la Chiesa ha inserito tra le opere di misericordia”:

    “Dans cette perspective, les institutions de la communauté...
    In tale prospettiva – è stata la sua esortazione – le istituzioni della comunità internazionale sono chiamate” a “sostenere i valori propri della dignità umana eliminando atteggiamenti di chiusura e senza lasciare spazio a istanze particolari fatte passare come interessi generali”. Anche la Fao, ha detto il Papa, “è chiamata a rilanciare la propria struttura liberandola da ostacoli che l’allontanano dall’obiettivo indicato dalla sua Costituzione di garantire la crescita nutrizionale, la disponibilità della produzione alimentare, lo sviluppo delle aree rurali, così da assicurare all’umanità la libertà dalla fame”. In questo impegno, ha evidenziato, “diventa essenziale una piena sintonia dell’Organizzazione con i governi nell’orientarne e nel sostenerne le iniziative”. Il Papa ha inoltre messo l’accento sul valore della famiglia rurale. Un modello, ha detto, “non solo di lavoro, ma di vita e di espressione concreta della solidarietà”. Infine, ha rinnovato l’esortazione alla Fao a perseguire l’obiettivo della “sicurezza alimentare”:

    La garantir aux générations actuelles...
    “Garantirla alle presenti generazioni ed a quelle che verranno – ha detto il Papa – significa anche tutelare da un frenetico sfruttamento le risorse naturali poiché la corsa al consumo ed allo spreco sembra ignorare ogni attenzione verso il patrimonio genetico e le diversità biologiche, tanto importanti per le attività agricole”.

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    Il neodirettore della Fao, da Silva: vogliamo aiutare i bambini africani ad avere una corretta alimentazione

    ◊   Prima dell’udienza con Benedetto XVI, la redazione brasiliana della Radio Vaticana ha parlato con il neo direttore della Fao, José Graziano da Silva, delle aspettativa nutrite dall’agenzia Onu circa l’incontro con il Papa e del contributo che i programmi di sviluppo risultati vincenti in Brasile possano dare alle emergenze internazionali. L’intervista è di Silvonei Protz:

    R. – O Papa tem sido ...
    Il Papa ha seguito con fedeltà e costanza tutti gli incontri della Fao ed io è la seconda volta che lo incontro. Ho avuto già un’opportunità in precedenza alla Fao stessa, quando il Papa ci visitò nel 2008. Insieme al direttore generale, è presente la grande maggioranza delle delegazioni che hanno assistito alla conferenza e che guardano alla visita del Papa come il momento più alto del penultimo giorno della Conferenza.

    D. – Lei è stato eletto direttore generale della Fao, ricevendo una grande responsabilità, anche in nome del popolo brasiliano, perché il Brasile adesso attraverso la sua persona, si troverà nell’ambito di questo grande organismo delle Nazioni Unite. Qual è il suo pensiero, nell’attuazione della sua responsabilità, ora che non è più solo verso il Brasile, ma verso il mondo?

    R. – A minha responsabilidade com o Brasil continua...
    Primo, la mia responsabilità verso il Brasile continua, non solo perché è il mio Paese d’origine, ma anche perché oggi è un grande laboratorio di programmi sociali che funzionano. E noi dobbiamo continuamente monitorare questi risultati non solo per renderli pubblici, ma anche per poter correggere gli eventuali difetti. Tutti i programmi hanno questa caratteristica sperimentale, nel senso che sono stati attuati per la prima volta e devono poi essere nuovamente corretti. Andare dal Brasile verso il mondo è un passaggio che contiene questa sfida: è la prima volta che questi programmi usciranno da un contesto che conosciamo bene, e con il quale sappiamo bene come convivere, per essere applicati ad altre situazioni a volte molto diverse. Per esempio nel caso dell’Africa, la nostra iniziativa è quella di replicare i programmi di alimentazione scolastica. In Africa, c’è una grande difficoltà per la mancanza di un regime alimentare in favore dei bambini africani: bere latte, mangiare frutta fresca. Infine, ci sono una serie di scontri culturali, non solo geografici, che fanno sì che gli alimenti molte volte non si trovino. Non si tratta solo di proteine, di calorie, ma anche di una cultura accumulata per generazioni e generazioni. Potere innovare questa cultura, poter usare questa cultura in una forma positiva, per migliorare l’alimentazione e ridurre la fame non è un compito facile. Noi dobbiamo fare questo in tutti i luoghi del mondo con più di un miliardo di persone.

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    I cardinali festeggiano il 60.mo di sacerdozio del Papa con un pranzo e un obolo per i poveri di Roma

    ◊   Un pranzo di festa per celebrare il 60.mo anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI si è svolto oggi, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, nella Sala Ducale del Palazzo Apostolico per iniziativa del decano del Collegio cardinalizio, cardinale Angelo Sodano. Offerto al Papa un assegno per la sua carità verso i poveri di Roma. Il servizio di Roberta Barbi:

    I membri del Collegio cardinalizio si sono stretti intorno a Benedetto XVI, nella lieta occasione del 60.mo anniversario del suo sacerdozio, celebrato due giorni fa, ringraziando il Signore per il bene che gli ha concesso di seminare nel vasto campo della Chiesa. Nella circostanza - che ha visto attorno al Pontefice circa 60 cardinali, oltre a personale della Segreteria di Stato e ad altri più stretti collaboratori - il Santo Padre ha fatto una riflessione su questo suo importante traguardo:

    “In questi 60 anni quasi tutto è cambiato, ma è rimasta la fedeltà del Signore: Lui è lo stesso, ieri, oggi e sempre. E questa è la nostra certezza, che ci indica la strada per il futuro”.

    L’ora della memoria, per il Papa è anche l’ora della gratitudine al Signore per i doni di questi anni, dei quali ha ripercorso brevemente le tappe: dall’ordinazione, negli anni Cinquanta - quando il mondo era dominato da una grande povertà, ma anche da una forte volontà di ricostruire - al Concilio Vaticano II, quando tutte le speranze riposte sembravano realizzarsi, fino al difficile momento della rivoluzione culturale del ’68 e agli indimenticabili anni accanto al Beato Giovanni Paolo II. E poi, il 19 aprile 2005, la chiamata del Signore a diventare Successore di Pietro. Una missione vissuta sempre con obbedienza e con gioia, perché il sacerdozio è anche gioia di stare insieme:

    “Vediamo com’è bello che i fratelli siano insieme e vivano insieme la gioia del sacerdozio, dell’essere chiamati nella vigna del Signore. L’esperienza della fraternità è una realtà interna al sacerdozio, perché uno non va mai ordinato solo, va inserito in un presbiterio o da vescovo nel collegio episcopale, così il noi della Chiesa ci accompagna e si esprime in questa ora”.

    Al felice traguardo dei 60 anni di sacerdozio sono giunti pochi Pontefici oltre Benedetto XVI: prima di lui Leone XIII, che festeggiò il giubileo di diamante nel 1897, a 87 anni d’età. I porporati di allora gli regalarono un orologio a pendolo con l’augurio che suonasse soltanto ore serene. Oggi, i cardinali, invece, hanno scelto per il Santo Padre un dono diverso, come spiega il decano del Collegio cardinalizio, cardinale Angelo Sodano:

    “A conoscenza della sua sensibilità pastorale verso la sua diocesi di Roma, i cardinali hanno voluto offrile un obolo per i poveri dell’Urbe, considerando le urgenti necessità di tanti romani, come dei numerosi immigrati e rifugiati”.

    La diocesi di Roma oggi raggiunge i tre milioni di abitanti e “i poveri – ha detto ancora il cardinale decabo – sono sempre con noi”. Il porporato ha evidenziato, poi, come la Chiesa di Roma voglia essere, oggi più che mai, Chiesa della carità, che in un’occasione lieta come il 60.mo anniversario del sacerdozio del Papa, si concretizza in un’offerta di 50 mila euro raccolti in seno alla Curia romana e donati al Pontefice. Questi ha ringraziato con calore i cardinali per questo regalo speciale:

    “Il nostro essere insieme si allarga ai popoli di Roma. Non siamo solo noi a mangiare qui. Con noi sono quei poveri che hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra assistenza, del nostro amore. Sono i poveri che sono particolarmente amati dal Signore”.

    Il Collegio cardinalizio aveva offerto il 29 giugno un pranzo ai poveri della città, assistiti dal Circolo di San Pietro, che si è svolto nei giardini della Basilica papale di San Giovanni in Laterano. Vi hanno preso parte in 220 tra i frequentatori abituali delle tre mense gestite dal Circolo: italiani e non solo, alcuni dei quali hanno voluto inviare dei messaggi di ringraziamento, che il cardinale Sodano ha letto al Papa: ringraziamenti per la sua sempre pronta vicinanza a coloro che soffrono, affinché non si sentano mai soli.

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    Il 1 luglio di 150 anni fa, il primo numero dell’Osservatore Romano. Intervista al direttore Giovanni Maria Vian

    ◊   L’Osservatore Romano festeggia oggi “150 anni di storia di cui può andare orgoglioso”. Benedetto XVI, nel suo messaggio pubblicato ieri per l’occasione, ha sottolineato l’invito a “mantenere fedelmente il compito svolto in questo secolo e mezzo” ma anche a rinnovare l’attenzione “all’irreversibile impegno ecumenico delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, alla ricerca costante di amicizia e collaborazione con l’Ebraismo e con le altre religioni, al dibattito e al confronto culturale, alla voce delle donne, ai temi bioetici”. Di questo, Fausta Speranza ha parlato con il direttore del quotidiano della Santa Sede, il prof. Giovanni Maria Vian:

    R. – Sono esattamente le linee che Benedetto XVI aveva già indicato nel 2007 all’Osservatore Romano, cioè una presenza sempre più efficace e sempre più globale nel mondo dell’informazione, per favorire quell’apertura al trascendente nelle società e nelle persone, che è l’unica vera garanzia che assicura poi il rispetto di ogni persona e il rispetto della dignità umana.

    D. – Il Papa è andato anche sul concreto: ha chiesto di continuare l’apertura alle nuove firme e poi - sottolineiamo – ha parlato anche del numero crescente, in particolare, di donne collaboratrici. Ci sono nuovi sviluppi in vista?

    R. – Questo allargamento della presenza femminile, che è coerente con le indicazioni del Papa, è testimoniato dall’aumento considerevole di collaborazioni proprio femminili e da un’attenzione alla voce delle donne, come scrive il Papa nella sua lettera.

    D. – Il Papa ha sottolineato "la singolarità e la responsabilità" di questo giornale nel far conoscere il Magistero dei Papi e poi ha chiesto anche che sia "un giornale di idee". Come fare un giornale di idee, rimanendo nel solco del seminato del Magistero?

    R. – Si può fare perché oggi la Chiesa cattolica, la Santa Sede, rappresentano non solo una continuità lunghissima, ma anche una presenza culturale controcorrente: Benedetto XVI lo ha detto più volte.

    D. – Tra le particolarità di queste giornate c’è anche il lancio, proprio in questi giorni, del nuovo portale news.va, in cui convergono i vari media vaticani. E, dunque, oltre alla sfida tecnologica del web, adesso per l’Osservatore Romano c’è anche questa sfida di sinergia con la Radio Vaticana, con la Sala Stampa, con l'ageniza Fides, il Vatican Information Service. Sono, dunque, orizzonti nuovi di tecnologia...

    R. – Sì, sono orizzonti nuovi di tecnologia, ma in realtà il cammino anche qui non è nuovo, la collaborazione tra i media della Santa Sede ha una storia lunga. Proprio la Radio, con cui collaboriamo molto volentieri quotidianamente, festeggia quest'anno i suoi 80 anni e la consideriamo un po’ una nostra sorella minore in età, ma gemella nell’impegno a servizio della Santa Sede e della Chiesa. E’ un impegno comune che adesso è visibile in questa piattaforma, che permette un accesso facile a tutti i media vaticani e, quindi, è un’occasione per una diffusione sempre maggiore. (ap)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Egoismi e speculazioni sul cibo causano la fame nel mondo: nel discorso alla Fao il Papa lamenta che nonostante gli impegni assunti gli aiuti si limitano alle emergenze.

    La bellezza dello stare insieme: il pranzo del Papa, in occasione del sessantesimo di sacerdozio, con il Collegio cardinalizio. All'interno, l'articolo di José Maria Gil Tamayo uscito nell'edizione, del 29 giugno, del quotidiano spagnolo "La Razon".

    Lo sguardo del Papa e della Santa Sede sul mondo: la missione dell'"Osservatore Romano" ribadita dal cardinale Tarcisio Bertone durante la messa per il 150 anniversario di fondazione. Per la ricorrenza, la lettera del presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, che del giornale elogia in particolare correttezza e rigore anche in situazioni delicate.

    Torna la protesta a piazza Tahrir: nell'informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone sulla difficile via verso la democrazia in Egitto.

    Accoglienza della Parola ed esegesi teologica: nell'informazione religiosa, sul ruolo dei presuli un articolo del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.


    Se Leonardo è una chimera: in cultura, Carlo Pedretti sull'errata attribuzione del "Salvator mundi".

    Movimento in tre tempi: sul Credo come legame d'amore secondo John Henry Newman, anticipazione di un articolo di Julia Kristeva che sarà pubblicato sul prossimo numero di "Vita e Pensiero".

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    Oggi in Primo Piano



    Rapporto di "Medici Senza Frontiere" sui migranti, mentre continuano gli sbarchi a Lampedusa

    ◊   Continuano gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane. Una trentina di afghani sono giunti stamattina nel Salento, dopo i massici arrivi degli ultimi due giorni a Lampedusa, circa 600 persone provenienti per lo più dall’Africa sub-sahariana, partite però dalla Libia. Oggi oltre mille migranti sono stati trasferiti a bordo della nave "Excelsior". Sul traghetto anche 90 dei circa 400 minori non accompagnati presenti a Lampedusa. A denunciare le gravi condizioni in cui si trovano gli immigrati che giungono dalla Libia era stata ieri l’organizzazione "Medici Senza Frontiere" con un rapporto dal titolo “Dall’inferno al Limbo. Le voci dei migranti”. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Il passaggio dall’Inferno al Limbo è ciò che vivono tutti gli immigrati che, fuggiti dalla Libia, giungono in Italia o in Tunisia. In entrambi i casi, queste persone vengono accolte in modo del tutto inadeguato, intrappolati nei campi e nei centri di accoglienza – è la denuncia di Medici senza frontiere – dove vivono in condizioni precarie, senza prospettive per il futuro. Kostas Moschochoritis, direttore generale di Msf Italia:

    R. - Arrivano qui e non sanno cosa succederà. La gente è là da mesi e si profila, ancora, un’ulteriore e lunga permanenza e questo anche a causa della lentezza del processo dei richiedenti asilo. Non sanno cosa succederà loro: questo è il limbo. Non mancano, purtroppo, anche casi di suicidio…

    D. – Quali sono le patologie fisiche e mentali che voi riscontrate?

    R. – Le patologie mentali sono tutte quelle classiche patologie delle persone che scappano anzitutto da una guerra. Parliamo poi di gente che soffre di depressione. Ci sono anche patologie classiche dovute al sovraffollamento, alla mancanza di igiene e poi al tipo di viaggio che hanno subito... hanno problemi anche di disidratazione, di ipotermia.

    Gli Stati europei, continua l’organizzazione, con l’obiettivo della lotta all’immigrazione illegale, negano a rifugiati e richiedenti asilo la protezione, il trattamento a cui hanno diritto. La responsabilità di proteggere invocata per l’intervento Nato, continua Msf, non si ferma ai confini e vale anche per tutti i civili, compresi i rifugiati e i migranti, che vivevano e lavoravano in Libia e sono vittime dirette del conflitto. Cosa tormenta queste persone che poi arrivano in Italia? Francesca Zuccaro, capo missione di Msf per i progetti sull’immigrazione in Italia:

    R. – La paura, la confusione, il disorientamento generale e in alcuni casi anche la paura fisica e il fatto che non sia, per esempio, garantita una netta separazione tra uomini, donne e bambini: le donne hanno paura di questo e si sentono minacciate. Ci possono essere casi di abusi, che poi purtroppo si sono verificati.

    D. – C’è un centro che vi preoccupa più degli altri?

    R. – Le due strutture di detenzione di Palazzo San Gervasio e Kinisia, a nostro avviso, hanno delle condizioni di vita intollerabili in generale per chiunque e in particolare se vengono collegate ad un periodo di permanenza lungo come viene appunto previsto dalla normativa attuale, che ha aumentato a 18 mesi il periodo di detenzione nei Cie. Questo è veramente fuori da qualsiasi logica.

    Medici Senza Frontiere, quindi, non solo esprime preoccupazione per l’accordo tra il governo italiano ed il Consiglio nazionale di transizione libico, ma ribadisce ai Paesi impegnati in Libia, così come a Onu e Unione Europea, di assumersi le proprie responsabilità e di prendere misure urgenti per migliorare l’accoglienza e le condizioni di vita di tutte le persone che fuggono da questa guerra. (mg)

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    Hati: un anno e mezzo dopo il terremoto in 700 mila ancora sotto le tende. L'azione del Cisp

    ◊   E’ ancora critica la situazione ad Haiti dove, a un anno e mezzo dal terremoto che il 12 gennaio 2010 ha devastato l’isola, sono ancora migliaia le persone che vivono nelle tende. Irene Pugliese ha raccolto una testimonianza diretta da Martina Venzo, rappresentante del Cisp, sviluppo dei popoli ad Haiti:

    R. – La situazione umanitaria è ancora pesante, perché il terremoto dell’anno scorso ha devastato la capitale – Port-au-Prince – causando 230 mila morti e un milione e mezzo di sfollati: di questi sfollati, nel corso del primo anno, qualche centinaia di migliaia è rientrato nelle province e quindi i campi stanno pian piano svuotandosi. Le ultime cifre, però, parlano ancora di 680 mila persone sotto le tende. Si stanno approcciando delle costruzioni temporanee, delle casette in legno, e ne sono state fatte moltissime, ma le necessità sono enormi. Naturalmente, l’epidemia di colera che è esplosa ad ottobre del 2010 ha aggravato ancora più pesantemente la situazione. I casi di colera sono ora sicuramente diminuiti, ma con la stagione ciclonica si avrà un nuovo aumento dei casi di colera.

    D. – Qual è l’intervento interno per questa situazione drammatica che si vive in quel Paese: il governo come agisce?

    R. – L’anno scorso, in piena crisi umanitaria, c’era il grande problema legato alle istituzioni molto deboli: il terremoto aveva decimato i membri del parlamento e del governo e si è quindi deciso di fare elezioni presidenziali e parlamentari. Il processo elettorale è stato piuttosto lungo e complesso: anche questo ha rallentato molto la possibilità di avere un interlocutore istituzionale con cui dialogare anche in termini di ricostruzione. Lo scorso aprile, è stato eletto come nuovo presidente, Michel Martelli. In questo nuovo interlocutore i donatori internazionali cercano ora anche una possibilità per sdoganare i fondi che sono, per una grande percentuale, fermi nelle tasche dei donatori stessi.

    D. – Come opera concretamente la comunità internazionale per Haiti?

    R. – Ci sono anzitutto le Nazioni Unite che hanno una grande responsabilità, proprio perché finora le istituzioni erano talmente deboli che avevano bisogno di un sostegno relativo anche a una assistenza tecnica. C’è poi la presidenza di Clinton per la Commissione della ricostruzione, che sta facendo dei piccoli passi: ci sono dei progressi in corso. Secondo me, però, siamo ancora in piena emergenza umanitaria.

    D. – In una situazione così difficile, come opera il Cisp?

    R. – Il Cisp è entrato ad Haiti nel febbraio del 2010 con un programma di ricerca e di riunificazione familiare per tutti i bambini che si erano separati durante il terremoto. Oltre a questo, abbiamo continuato con l’assistenza scolastica e quella assistenza sanitaria. Inoltre, stiamo ricostruendo una scuola nel sudest del Paese, oltre ad aver riabilitato un centro di salute, che è diventato un elemento fondamentale anche per la lotta al colera. (mg)

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    Una campagna internazionale contro i monopoli dei brevetti in agricoltura

    ◊   L’attuale tendenza verso la brevettazione di specie vegetali e la conseguente creazione di monopoli su piante e semi da parte di imprese multinazionali impedisce le attività informali di innovazione agricola, che garantiscono la conservazione della biodiversità. Tutto ciò favorisce, inoltre, la perdita dei mezzi di sussistenza da parte dei piccoli produttori agricoli. Per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica su questo fenomeno è stata di recente promossa la campagna d’informazione “Sblocchiamoli – cibo, salute e saperi senza brevetti”, co-finanziata dalla Commissione europea e realizzata da ong, associazioni e atenei di Italia, Spagna, Bolivia, India ed Ecuador. Ma cosa s’intende con “sblocchiamoli”? Lucas Duran lo ha chiesto a Nicoletta Dentico, rappresentante della campagna per il settore salute, già direttore generale di “Medici senza frontiere Italia”:

    R. – “Sblocchiamoli” vuol dire tante cose. Vuol dire sblocchiamo una gestione "feudale" del sapere, che sta progressivamente privatizzando tutte le forme di conoscenza nel campo dei saperi tradizionali, dell’agricoltura, della salute. Questo è un problema difficile da raccontare, perché poi ha implicazioni anche molto tecniche e riguarda non soltanto i Paesi in via di sviluppo, ma tutti i cittadini del mondo. Bisogna sbloccare, però, anche una certa resistenza degli attori politici a livello nazionale e anche a livello locale rispetto a questa materia, perché queste decisioni vengono prese nelle sedi internazionali dalle varie organizzazioni, soprattutto dall’Organizzazione mondiale del commercio, con un deficit di conoscenza – e anche, vorrei dire, di democrazia – che dovrebbe preoccupare tutti noi cittadini del mondo. Queste decisioni vengono prese nella perfetta non consapevolezza da parte delle autorità, che poi si vedono costrette ad adottare politiche presso le loro comunità che hanno un impatto enorme. Questo vale soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, per quanto riguarda la salute; ma per quanto riguarda l’agricoltura le implicazioni sono a 360 gradi. E’ necessario sbloccare una resistenza della politica a considerare anche questi come temi della politica che devono essere presentati ai cittadini e devono diventare un patrimonio di un dialogo pubblico che oggi, purtroppo, dopo anni e anni non vediamo.

    Uno degli obiettivi della campagna è l’ottenimento del libero utilizzo dei semi da parte degli agricoltori. Cosa implica quest’obiettivo e quali sono i rischi se questo obiettivo non venisse garantito? Riccardo Bocci, agronomo rappresentante del settore agricoltura della campagna:

    R. – Possiamo dire che sempre di più, in questi ultimi anni, abbiamo un controllo da parte di poche ditte, soprattutto multinazionali, sulle sementi a livello internazionale. Questo – anche se noi non ce ne accorgiamo – nella vita di tutti giorni cosa significa? Che ciò che mangeremo in futuro, che sarà determinato dai semi che pianteremo in futuro, non sarà più legato alle scelte che faranno gli agricoltori, sulla base di indicazioni che possono dare loro anche i consumatori, oppure delle necessità locali, ma sarà dettato a livello internazionale da chi controllerà questi semi. Quindi, non facciamo soltanto una battaglia ideologica, perché siamo contro i monopoli o perché siamo a favore di una innovazione gestita in maniera diversa: è una battaglia su cosa vogliamo mangiare, su cosa vogliamo che ci sarà nei nostri piatti tra 15, 20 anni. Inoltre, cerchiamo di far riflettere i cittadini – che al momento sono poco forse consapevoli di questo, poiché c’è una forte mancanza di democrazia in queste scelte – e informarli dei rischi che corrono non conoscendo ciò di cui si sta discutendo attualmente, o le decisioni che si stanno prendendo in questi anni.

    D. – Quali sono le possibilità reali, forse già in corso, di incidere in maniera costruttiva su quanto stiamo dicendo?

    R. – Le possibilità sono molte, perché non stiamo lavorando in un vuoto. Abbiamo in Europa organizzazioni di agricoltori che stanno riprendendo il proprio potere sui semi, cioè agricoltori che si organizzano, lavorano in maniera collettiva e si riappropriano sia delle conoscenze legate alle sementi, sia materialmente delle sementi stesse. Questo, dunque, è un primo segno che ci deve in qualche modo tranquillizzare. Inoltre, abbiamo consumatori – che chiamerei piuttosto cittadini – sempre più attenti a queste tematiche e in grado quindi di andare incontro a questi agricoltori: è grazie alla conoscenza reciproca che possiamo poi condurre azioni che abbiano un impatto sul futuro. La cosa importante è che questi movimenti non sono solo movimenti biologici, ma hanno capacità tecniche da un punto di vista agronomico - quindi parlo dei semi - e delle capacità propositive legali molto importanti, che li mette in condizioni di parlare con organizzazioni internazionali, per esempio con la Ue a Bruxelles.(bf)

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    Chiesa e Società



    Pakistan. Paul Bhatti: aiuti concreti e meno polemiche per aiutare i cristiani

    ◊   “Certo non sono contento dell’abolizione, ma i cristiani pakistani hanno bisogno di appoggio e di aiuti concreti, al di là dell’esistenza di un ministero o meno”: così Paul Bhatti, fratello di Shabhaz, e Consigliere speciale del primo Ministro sulle questioni delle minoranze religiose, commenta oggi in una intervista all'agenzia Sir, l’abolizione in Pakistan del Ministero federale per le minoranze religiose. Il provvedimento decentrerà il Ministero alle cinque province pakistane, alle quali spetteranno tutte le competenze. Il Ministero, creato nel 2008, era stato guidato da Shabhaz Bhatti, ucciso il 2 marzo da integralisti islamici per la sua politica a difesa dei 20 milioni di cristiani pakistani. “Materialmente il potere viene conferito alle province – spiega Bhatti -. I cristiani non avranno più una voce centrale. Sono preoccupato per la situazione generale, perché c’è bisogno di una pressione molto forte, anche a livello centrale e internazionale”. Attualmente Bhatti sta seguendo due casi: quello di Farah, la ragazza cattolica che dicono sia stata rapita, convertita e costretta a contrarre matrimonio islamico nel Sud Punjab e di un’altra donna accusata di blasfemia. “Ma non ho ricevuto nessun aiuto – denuncia Bhatti -, le sto aiutando con i soldi che ho messo da parte in Italia. In Italia e in Europa si parla tanto di solidarietà ma quando si tratta di finanziare progetti concreti nessuno ci aiuta. Non ha senso denunciare in Parlamento e poi non fare nulla. Altrimenti diventa controproducente per tutti i cristiani in Pakistan. I casi vengono esaltati e aumentano le violenze nei nostri confronti: hanno ucciso mio fratello, possono uccidere anche a me”. Bhatti sottolinea: “Io non ho nessun tornaconto personale a stare qui, ma se qualcuno mi promette un aiuto mi aspetto che lo dia. Non ho ricevuto nulla. Ora i casi di blasfemia sono diventati dieci: serve appoggio legale e sostegno alle famiglie, che hanno dovuto lasciare il paese perché minacciati. Mi chiedono aiuti che non posso dare”. Sul caso di Asia Bibi confida: “Più silenzio c’è sul caso, meglio è. So che non è accettabile per il pensiero democratico occidentale, ma così è. Per evitare altre vittime bisogna fare attenzione: se la gente ci vuole aiutare veramente non deve esaltare i casi, ma aiutarci silenziosamente e in concreto attraverso i canali giusti, dialogando con noi e con i diretti interessati”. (M.G.)

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    Nello Stato indiano del Gujarat distrutte tutte le prove sulle violenze del 2002

    ◊   Il Governo del Gujarat, stato dell’India occidentale, ha ammesso che tutte le prove relative ai massacri del 2002 – quando persero la vita circa 2.000 cittadini musulmani, attaccati da migliaia di militanti radicali indù – sono state distrutte: tutti i file e rapporti di intelligence sono stati eliminati “secondo le procedure vigenti” che permettono di distruggere “documenti di indagine irrilevanti”. La notizia ha creato sconcerto e indignazione fra i legali delle vittime e nella società civile, anche perché molti dei processi ai presunti responsabili sono ancora pendenti. “E’ un chiaro segnale di ingiustizia” ha commentato in un messaggio inviato all'agenzia Fides padre Cedric Prakash, gesuita indiano, responsabile di “Prashant”, Centro per i diritti umani, la giustizia e la pace, con sede ad Ahmedabad, capitale del Gujarat. “Non c’è da stupirsi. Quanto accaduto prova le responsabilità del governo del Gujarat” nota il gesuita, spiegando che, in tal modo, si garantisce impunità ai leader politici coinvolti nell’organizzazione dei massacri. Alcuni mesi fa una speciale commissione di inchiesta aveva indicato gravi responsabilità dell’allora premier dello Stato, Narendra Modi, leader noto per la sua vicinanza ai gruppi radicali indù. “Non ci sarà giustizia se si consente di eliminare le prove a carico di criminali o cospiratori, ancora sotto processo in tribunale” nota padre Prakash, chiedendo che la Corte Suprema dell’India intervenga “suo moto” (di sua iniziativa) per incriminare i leader politici al governo in Gujarat nel 2002. Il gesuita racconta l’attuale situazione in Gujarat: “A dieci anni dai massacri, le vittime chiedono ancora giustizia. Ahmedabad e altre città dello Stato sono ancora rigidamente divise secondo linee che separano le comunità diverse, soprattutto indù e musulmane. E la discriminazione contro le minoranze religiose è evidente in tutti i campi, soprattutto istruzione e occupazione”. Conclude con un appello: “Nel 600° anno di fondazione di Ahmedabad, città fondata dal leader Ahmed Shah secondo criteri di convivenza, rispetto e tolleranza, dico alla città: svegliati! E riscopri le tue radici all’insegna della pace e dell’armonia”. (R.P.)

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    Myanmar: l'impegno della Caritas nelle zone di guerra del Kachin

    ◊   Per rispondere all’emergenza umanitaria in corso nel Nord del Myanmar – travagliato da una guerra civile fra l’esercito regolare e i ribelli del Kachin Independent Army – la Caritas ha messo in campo ogni sforzo possibile, nonostante i rischi che oggi comporta il lavoro di assistenza: è quanto riferiscono all’agenzia Fides fonti nella diocesi di Banmaw. Visto il suo radicamento locale, la Caritas è l’unica organizzazione impegnata sul terreno per aiutare oltre 20mila profughi, data l’impossibilità ad operare in Myanmar per altre organizzazioni umanitarie ed i combattimenti tuttora in corso. Oltre alla diocesi di Myitkyina, che copre quasi per intero il territorio dello stato kachin, anche la diocesi di Banwam è interessata dal conflitto. Numerosi volontari della Caritas locale (soprattutto giovani, religiose, sacerdoti) si sono attivati senza indugio “per l’assistenza umanitaria pastorale a migliaia di fedeli disorientati e terrorizzati”, mettendo a repentaglio la loro stessa vita, dato che l’area in cui si muovono potrebbe essere colpita da bombardamenti. “Stiamo facendo del nostro meglio per condurre gli sfollati in zone sicure e garantire la loro sopravvivenza. Ringraziamo quanti ci sono vicini e chiediamo le preghiere dei cristiani in tutto il mondo” dice a Fides un sacerdote locale. Intanto fonti locali informano che l’esercito birmano potrebbe lanciare un’offensiva anche nei riguardi dei ribelli di etnia karen. La stabilità e lo sviluppo promessi dal nuovo governo di Thein Sein, nel suo discorso inaugurale dell’aprile scorso, “sembrano molto lontani dalla realtà. Se il governo non scende a patti con le minoranze etniche, il paese potrebbe sprofondare in una guerra civile di ampie dimensioni, con severe conseguenze per tutta la nazione”. Un altro fattore di instabilità, è rappresentata dal traffico di droga che, secondo gli osservatori internazionali, i ribelli tentano di usare per procurarsi armi e munizioni. (R.P.)

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    Nigeria: no del cardinale Okogie a una banca islamica perchè rischia di soggiogare i cristiani

    ◊   Il cardinale Anthony Olubunmi Okogie, arcivescovo di Lagos, ha espresso la sua opposizione alla proposta del governo federale, attraverso la Central Bank of Nigeria, di approvare la costituzione di una banca islamica in Nigeria. In una dichiarazione firmata da mons. Gabriel Osu, direttore delle Comunicazioni Sociali dell’arcidiocesi di Lagos, di cui è pervenuta copia all’agenzia Fides, il cardinale Okogie afferma che gli sforzi del Governatore della Banca Centrale, Mallam Sanusi Lamido Sanusi, per ottenere l’approvazione della banca islamica, fanno parte di uno schema per trasformare la Nigeria in uno Stato islamico. “Condanniamo questa operazione in tutti i suoi aspetti” afferma il comunicato. “Siamo contro l’operazione della banca islamica perché si tratta di un’altra deliberata mossa per soggiogare i cristiani della Nigeria. La Nigeria è uno Stato laico. Dobbiamo essere molto sensibili alle credenze religiose degli altri. Introdurre un sistema bancario islamico in Nigeria aggraverà ulteriormente la criminale tensione religiosa che è già alimentata dalla setta radicale islamica Boko Haram”: “Abbiamo già otto banche in difficoltà nel Paese - conclude il comunicato del cardinale Okogie -. La Banca Centrale della Nigeria dovrebbe concentrarsi maggiormente su come rimetterle in sesto piuttosto che disperdere energie in un progetto come la banca islamica”. (R.P.)

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    Sudan: l'amministratore apostolico denuncia la drammatica situazione degli sfollati di Abyei

    ◊   “La situazione degli sfollati di Abyei rimane drammatica, nonostante l’arrivo di alcuni aiuti umanitari” dice all’agenzia Fides mons. Roko Taban Mousa, amministratore apostolico di Malakal, nel sud Sudan, nella cui giurisdizione rientra Abyei, area contesa tra nord e sud Sudan. L’omonimo capoluogo è stato occupato dai militari di Khartoum il 21 maggio. Decine di migliaia di abitanti sono fuggiti provocando una grave crisi umanitaria. “Decine di migliaia di persone vivono ancora all’addiaccio nella boscaglia, sotto la pioggia incessante. Cibo e medicinali continuano a scarseggiare. Particolarmente drammatica è la situazione delle mamme, che sono state costrette a partorire lungo il ciglio della strada dei neonati che sono preda della malaria e della dissenteria” dice mons. Mousa. Nord e Sud Sudan hanno raggiunto un accordo che prevede l’invio ad Abyei di 4.200 Caschi Blu etiopici, il ritiro dei soldati di Khartoum e la smilitarizzazione della zona. “L’avvio del dispiegamento delle truppe dell’Onu è previsto dopo il 9 luglio (la data fissata per la proclamazione dell’indipendenza del sud Sudan). Si spera che, quando finalmente i Caschi Blu etiopici si saranno dispiegati, la popolazione riprenda fiducia e faccia ritorno ad Abyei, riprendendo a coltivare la terra” dice l’amministratore apostolico di Malakal. Un ritorno difficile perché, come sottolinea mons. Mousa, “diverse abitazioni di Abyei sono state saccheggiate e distrutte dalle truppe del nord Sudan”. Per quanto riguarda il Sud Kordofan, l’altra regione al centro delle tensioni tra nord e sud Sudan, mons. Mousa riferisce “che la situazione non è chiara, anche perché ai giornalisti non è permesso recarvisi. È quindi difficile accertare da testimoni indipendenti quello che sta succedendo nell’area. Si sa comunque che nel sud Kordofan la situazione umanitaria è molto grave” conclude l’amministratore apostolico di Malakal. (R.P.)

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    Armenia: la visita a Yerevan del cardinale Ravasi

    ◊   "La visita in Armenia del cardinale Ravasi ci ha riempito di gioia e ci stimola a migliorare la cooperazione fra la Chiesa apostolica armena e il pontificio Consiglio della cultura”. Lo dice all'agenzia AsiaNews padre Theodore Mascarenhas, che ha accompagnato il cardinale in visita a Yerevan, capitale della Repubblica armena. Nel corso del viaggio, il cardinale Ravasi, presidente del dicastero vaticano per la cultura, ha incontrato il Catholicos di tutti gli armeni Garegin II e i vescovi Hovakim e Nerses. Con le autorità religiose “abbiamo avuto degli incontri molto cordiali, amichevoli ma franchi, sulla preservazione del patrimonio culturale degli armeni e sulla possibilità di una cooperazione in questo campo fra la Chiesa locale e i dicasteri guidati dal cardinale. Ma abbiamo parlato anche delle limitazioni alla libertà religiosa che subiscono i cristiani armeni”. La popolazione locale di fede cristiana “come le altre minoranze di alcune regioni e Paesi confinanti subiscono infatti la repressione governativa. Ci sono problemi tecnici, come i luoghi di culto che sono di proprietà dei cattolici o dei cristiani armeni ma che, tristemente, non vengono concessi alla religione”. Particolarmente toccante è stata la visita alla cattedrale di Etchmiadzin, la “madre” di tutte le chiese armene e la sede del Patriarca cattolico. La delegazione vaticana ha pregato all’interno dello splendido edificio insieme al vescovo Hovakim e a centinaia di fedeli accorsi per la benedizione. Incoraggiante anche il lato “politico” della visita. Con il ministro della Cultura armeno, Hasmik Poghosyan, il cardinale Ravasi ha parlato di una possibile collaborazione culturale: l’intenzione è quella di portare la mostra sull’arte armena da San Lazzaro a Venezia, dove approderà, in altre capitali europee e in Vaticano. L’esibizione sarà dedicata alla Vergine Maria. Anche il primo ministro armeno, Tigran Sargsyan, ha ricevuto la delegazione per sottolineare l’importanza della fede e dei valori cristiani “cuore dei rapporti bilaterali” con il Vaticano. Grande interesse anche per il “Cortile dei gentili”, la manifestazione organizzata da Ravasi per mettere a confronto credenti e atei. Il premier ha ipotizzato di portarlo a Yerevan specialmente “per i molti giovani locali che non credono in Dio. È importante il dialogo con la fede”. (R.P.)

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    Brasile: cresce la violenza contro le popolazioni indigene

    ◊   Omicidi, minacce di morte, mancanza di assistenza sanitaria ed educativa, ritardi nella regolarizzazione delle terre, sfruttamento delle risorse naturali: è il quadro delle violenze cui sono sottoposte le popolazioni indigene del Brasile secondo il Rapporto del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi), che è stato presentato ieri nella sede della Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb). Ogni anno il Cimi raccoglie informazioni circa le violenze contro le persone ed il patrimonio indigeno, le violazioni dei diritti umani, le minacce alle comunità indigene e contro i popoli isolati. I curatori del Rapporto constatano che purtroppo la situazione delle violenze contro queste popolazioni continua come o addirittura peggio che nel passato, quando migliaia di indigeni furono decimati. Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, durante la presentazione del Rapporto 2010 l’antropologa Lucia Rangel, che ha coordinato il lavoro, ha sottolineato alcuni dati significativi relativi all’anno scorso: 60 indigeni sono stati uccisi (è la stessa cifra che si ripete per il terzo anno consecutivo), altri 152 sono stati minacciati di morte, 15 sono stati oggetto di atti di razzismo e discriminazione etnico-culturale, 27 sono stati vittime di tentativi di omicidio. Sono stati registrati 33 casi di invasioni e sfruttamento illegale delle risorse naturali presenti nelle terre indigene e di danni al patrimonio, oltre a 49 casi di ritardi o di omissioni nella regolarizzazione delle terre. Sempre nel 2010 sono morti 92 bambini minori di 5 anni per mancanza di assistenza sanitaria, mentre nel 2009 erano stati 15. Secondo la Coordinatrice del Rapporto 2010 “le violenze contro le popolazioni indigene esistono, non gli si attribuisce molta importanza, e per questo finiscono per diluirsi. E’ evidente che la violenza è un fatto, ed il nostro obiettivo è denunciare e informare le autorità”. Il Segretario generale del Cimi, mons. Leonardo Ulrich Steiner, vescovo della Prelatura di Sao Félix, nel Mato Grosso, che ha partecipato alla presentazione del Rapporto, ha messo in evidenza l’importanza dell’impegno della Chiesa per le popolazioni indigene: “I nostri fratelli indigeni meritano tutto il nostro rispetto e la nostra ammirazione. Loro sono i popoli originari di queste terre, noi siamo ‘gli invasori’, non loro. Vengo dal Mato Grosso, ed è inammissibile che gli indigeni siano scartati o esclusi dalla nostra società come avviene oggi, per questo lotteremo e appoggeremo sempre il Cimi e la causa indigena in questo Paese”. (R.P.)

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    India. Il cardinale Gracias: la missione della Chiesa indiana sgorga dal Sacro Cuore

    ◊   In occasione della solennità del Sacro Cuore di Gesù, che la Chiesa cattolica festeggia oggi, il cardinale Oswald Gracias di Mumbai sottolinea all'agenzia AsiaNews che proprio “dall’amore” e dalla “compassione” di Cristo fluisce tutto l’impegno missionario della Chiesa in India, in campo scolastico, medico, assistenziale. "La solennità del Sacro Cuore di Gesù - afferma il porporato - contiene il messaggio-base del cristianesimo , che Dio ama l’umanità e ha manifestato il suo amore inviando Gesù Cristo che ha sofferto ed è morto per noi. Oggi ricordiamo il grande amore di Gesù per noi e apriamo il nostro cuore a ricevere l’amore di Dio che rende vive in noi i valori del Vangelo: giustizia, pace, verità, condividendo con gli altri il suo amore attraverso il servizio della carità; il lavoro per la giustizia e i diritti umani; il servizio verso i poveri spesso emarginati e senza speranza. La missione della Chiesa è strettamente connessa con il Sacro Cuore di Gesù. Il suo cuore è la fonte da cui la Chiesa ottiene la forza e la grazia per ridare dignità alle persone attraverso la salute, l’educazione e l’assistenza. Per molti decenni - osserva il cardinale Gracias - la Chiesa cattolica di qui ha sostenuto la popolazione fondando scuole nelle aree più sperdute, nelle zone rurali, per i Dalit, i tribali, le ragazze, donando ad essi l’amore del Cuore di Gesù. La Chiesa cattolica in India ha circa 25 mila istituzioni educative: scuole (15 mila); collegi (300); asili (115); ospedali cliniche (5 mila); centri di riabilitazione (2 mila); scuole tecniche (1500); scuole superiori di medicina (6); due università, oltre a college di ingegneria e altre istituzioni sociali. Questo programma verso l’esterno è la nostra risposta alla chiamata di Gesù ad imitarlo e fluisce dall’amore del Cuore di Gesù. Non possiamo sfuggire al dovere di farci prossimo a tutti senza badare al credo e alle caste. Nella sua attività messianica - prosegue il cardinale - Cristo è divenuto sempre più vicino al mondo della sofferenza umana, “passando e facendo del bene” (cfr. Atti, 10,38) anzitutto verso coloro che soffrivano e cercavano il suo aiuto. La missione della Chiesa indiana nel campo della saluta gioca un ruolo vitale nell’alleviare le sofferenze dei malati, soprattutto coloro che sono poveri e non hanno possibilità di ricevere cure adeguate. La Chiesa ha 746 ospedali, 2574 dispensari, 70 centri di riabilitazione; 107 centri per i malati mentali; 61 centri di medicina alternativa; 162 centri sanitari informali, 115 centri per l’educazione alla medicina, fra cui 6 college di medicina. In più vi sono anche 165 centri per i lebbrosi; 416 case per la salute degli anziani; 62 centri per la tubercolosi e i malati terminali; 67 Comunità per i malati di Aids e 60 centri di consulenza. Tutto ciò è un’opera di amore, che scorre dal Cuore di Gesù. Nella solennità di oggi - afferma ancora il porporato - voglio pregare in modo particolare per la nostra gente, i nostri emarginati e i poveri: così tanti soffrono ancora la fame, la malnutrizione; altri soffrono ingiustizia e povertà disumanizzante; altri ancora soffrono per la loro fede. La devozione al Sacro Cuore è molto importante anche per i nostri sacerdoti, religioni e seminaristi. Essi sono stati “scelti” per rendere presente il Suo amore e far sperimentare alla gente l’amore del Suo Cuore. Tutti i nostri sacerdoti e seminaristi sono educati a vivere la loro missione andando dietro al Sacro Cuore, per raggiungere gli uomini nell’amore e nel servizio" conclude il cardinale Gracias. (R.P.)

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    La Chiesa tedesca ricorda il cardinale di Berlino Sterzinsky

    ◊   “In queste ore piangiamo l'arcivescovo e il sacerdote che ha dedicato tutta la sua vita con fede profonda al Signore e alla Sua Chiesa": così mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha commemorato ieri in un comunicato stampa, ripreso dal Sir, la morte del cardinale Georg Sterzinsky, sopraggiunta a seguito di una grave malattia. “Ci ha lasciato il vescovo che ha vissuto più da vicino la divisione e la riunificazione, il muro e il filo spinato”, ha affermato mons. Zollitsch rievocando gli anni vissuti dal cardinale a Berlino. Noi vescovi tedeschi, ha proseguito il presidente della Dbk “siamo profondamente riconoscenti al cardinal Sterzinsky per il suo impegno molteplice” in vari incarichi svolti nella Conferenza episcopale: in particolare nella Commissione per la pastorale e l’ecumenismo e come presidente della Commissione per la famiglia. L'arcivescovo ha poi ricordato anche l'impegno “notevole” del cardinale di Berlino verso “le persone svantaggiate nella società, per i profughi e gli immigrati”, profuso nella Commissione della Dbk per l’immigrazione e nel Pontificio Consiglio per i migranti anche a causa della sua personale esperienza: “Egli, che a dieci anni dovette fuggire dalla sua patria nella Prussia orientale”, ha concluso mons. Zollitsch, “volle essere vicino ai migranti e ai profughi”. (M.G.)

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    Austria: in vigore nuova normativa sull’immigrazione. Critiche dal mondo cattolico

    ◊   Dubbi e perplessità accompagnano l’entrata in vigore oggi, in Austria, della nuova normativa sull’immigrazione che introduce regole più severe, già criticate mesi fa da Caritas, Diakonie, Azione cattolica e altre Ong. Franz Küberl, presidente della Caritas, ha detto all'agenzia Sir di essere in gran parte “insoddisfatto per la riforma”, che rappresenta una versione più ammorbidita di una proposta di legge presentata nel febbraio scorso. “Nonostante alcuni passaggi smussati, molte parti della legge fanno pensare a vessazioni”, ha aggiunto Küberl, che deplora in particolare la pratica della detenzione amministrativa nei confronti dei richiedenti asilo che “non solo viola la dignità di chi chiede protezione ma è anche costosa” rispetto ad altre soluzioni “più miti” in alloggi analoghi. Il direttore della Caritas di Vienna, Michael Landau, ha auspicato una "soluzione rapida per le famiglie ben integrate in Austria. Per i genitori e soprattutto per i bambini per i quali l'Austria è diventata la patria, occorrono soluzioni umane e adeguate per uno Stato di diritto". Unico provvedimento valutato positivamente dalle organizzazioni ecclesiastiche è la carta di soggiorno "Rot-Weiß-Rot" (rossa-bianca-rossa, come i colori della bandiera austriaca), che definisce criteri chiari per l'immigrazione qualificata. (M.G.)

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    Cina: Amnesty denuncia misure repressive contro gli avvocati pro diritti umani

    ◊   Giro di vite del governo cinese contro gli avvocati che si occupano di diritti umani. Secondo un rapporto diffuso a Hong Kong da Amnesty International, Pechino sta applicando una serie di misure per mettere sotto controllo la professione legale. Questi provvedimenti repressivi, in atto da due anni, si sono intensificati negli ultimi mesi. “Gli avvocati che si occupano di diritti umani sono sottoposti a un crescendo di tattiche del silenzio, dalla sospensione o revoca della licenza fino alle minacce, alle sparizioni forzate e addirittura alla tortura”, ha dichiarato all'agenzia Sir Catherine Baber, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty International. A partire da febbraio, il timore di una “rivoluzione dei gelsomini” ispirata alla Primavera araba, ha spinto il governo ad arrestare decine di oppositori e attivisti, compresi quelli che agiscono online. Le autorità hanno effettuato retate di avvocati che si occupano di cause relative alla libertà di religione, alla libertà di espressione e ai diritti sulla terra. “Il governo cinese sta cercando di adattare e manipolare le leggi per stroncare chi ritiene costituire una minaccia”, ha accusato Baber. “Gli avvocati per i diritti umani sono nel mirino delle autorità perché cercano di usare le leggi per proteggere i cittadini contro gli abusi compiuti dallo Stato – ha aggiunto l’esponente di Amnesty -. Chiediamo al governo di rilasciare tutti coloro che sono stati arrestati o fatti sparire”. Coloro che esercitano la professione legale devono sottoporsi a una “valutazione annuale” che molti ritengono non abbia alcun fondamento legislativo. Gli avvocati che si arrischiano a occuparsi di cause sensibili, come quelle che hanno a che fare coi diritti umani, spesso non superano l’esame e si vedono sospendere o revocare la licenza. A causa delle pressioni, delle intimidazioni e delle persecuzioni, il loro numero si è ridotto: su oltre 204.000 avvocati, solo poche centinaia osano occuparsi di diritti umani. Nuove disposizioni introdotte negli ultimi due anni impediscono agli avvocati di difendere determinati clienti, di commentare pubblicamente i processi o di contestare i procedimenti giudiziari. Queste misure hanno reso più difficile assumere un difensore per chi ne ha maggiore bisogno, come le persone imputate per appartenenza a gruppi religiosi non riconosciuti, i manifestanti tibetani e uiguri, le vittime di sgomberi forzati o chi contesta l’operato del governo in occasione di disastri naturali. Amnesty chiede al governo di Pechino “di ripristinare le licenze degli avvocati sospesi o revocati per essersi occupati di cause relative ai diritti umani – ha sottolineato Baber - e di affidare il governo della professione legale a organismi effettivamente indipendenti. Gli avvocati devono essere protetti”. (M.G.)

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    Rapporto annuale di “Aiuto alla Chiesa che Soffre”: finanziati 5.587 progetti in 153 Paesi

    ◊   Pubblicato il Rapporto Annuale 2010 dell’Opera di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs), fondata da padre Werenfried van Straaten nel 1947: nell’anno 2010 Acs ha raccolto un totale di donazioni mai raggiunto in 63 anni, con un incremento delle offerte del 13,5% rispetto al 2009. Gli 86,9 milioni di euro hanno finanziato 5.587 progetti, realizzati in 153 Paesi in tutto il mondo, ponendo particolare attenzione a quelli in cui la Chiesa ha più difficoltà a portare avanti la sua missione. Secondo il comunicato pervenuto all’agenzia Fides, lo scorso anno Acs ha sostenuto negli studi 10.645 seminaristi, ha raccolto 1.245.352 intenzioni di Sante Messe, sono stati avviati 417 progetti di costruzione o manutenzione di chiese e cappelle, finanziati 753 progetti a beneficio di suore, tra cui la costruzione di conventi, la formazione delle novizie, la motorizzazione e la sussistenza. La generosità delle donazioni raccolte dai 17 Segretariati nazionali è stata così suddivisa: aiuti all’edilizia 26,9%, intenzioni di Sante Messe 16%, formazione teologica 12,1%, aiuti pastorali 12,7%, catechesi 10,5%, apostolato mediatico 8,8%, motorizzazione 4,6%, apostolato biblico 4,1%, sostentamento 2,9%, aiuti d’emergenza 1,4%. Da notare, il grande sostegno alla Chiesa in Russia, sia a quella cattolica (1.465.282 euro) che a quella ortodossa (701.300 euro), dedicando fondi (434.582 euro) anche ai progetti interconfessionali. (R.P.)

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    Salgono a 109 i Paesi aderenti alla Convenzione contro le "bombe a grappolo"

    ◊   Un processo combinato che comprende la contemporanea firma e ratifica della convenzione per la messa al bando delle "bombe a grappolo". È quanto prevede il cosiddetto ‘strumento di accessione’ per aderire alla Convenzione di Oslo. L’istituto è stato utilizzato per la prima volta, due giorni fa, dallo stato di Grenada ed è diventato l’unica strada possibile per aderire dal 1 agosto 2010, giorno in cui la convenzione è entrata in vigore. In una nota della Cluster munition coalition’ (Cmc), che raccoglie organizzazioni di tutto il mondo impegnate contro mine e bombe a grappolo, si sottolinea inoltre come Grenada, piccola isola Stato dei Caraibi, sia uno dei 39 Paesi dove le bombe a grappolo sono state impiegate: nel 1983, i militari statunitensi invasero infatti Grenada facendo uso di queste munizioni; ancora oggi non è chiaro se l’intero territorio sia stato bonificato o se siano ancora presenti ordigni attivi. Secondo quanto riferisce l'agenzia Misna, con Grenada i Paesi aderenti alla Convenzione di Oslo sono saliti a 109. Proprio ieri, a Ginevra, in Svizzera, si è concluso un vertice di 80 Paesi che ha fatto il punto sul trattato, sui processi di adesione e sulle sfide ancora aperte in vista del secondo vertice degli Stati parte in programma a Beirut, Libano, dal 12 al 16 settembre prossimo. (M.G.)

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    Gmg 2011: giovani del Caucaso in partenza per Madrid

    ◊   Le piccole comunità cristiane del Caucaso alla Gmg 2011 di Madrid. Lo ha annunciato mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso per i latini. “Da Tiblisi, in Georgia, partiranno 36 giovani – dice all'agenzia Sir il presule – accompagnati da due suore e due sacerdoti, con un pellegrinaggio organizzato dalla diocesi; altri si muoveranno con un pellegrinaggio proposto dal cammino neocatecumenale, che raccoglierà anche giovani della Russia e di altri Paesi”. La comunità cattolica georgiana è una piccola minoranza, rappresenta poco più dell'1% della popolazione del Paese, e ancora più piccola è la comunità del confinante Azerbaijan, che ha un’unica chiesa cattolica e poche centinaia di fedeli. Eppure anche un giovane azero riuscirà a partecipare all’evento di Madrid insieme alla delegazione del Movimento studenti cattolici italiani-Fidae, che lo ospiterà. Il Movimento, che ha in corso un progetto di collaborazione per gli studenti con la nunziatura apostolica di Georgia, Armenia e Azerbaijan, porterà anche una giovane universitaria georgiana, che continuerà ad ospitare in Italia, dopo la Gmg, fino al termine degli studi in pedagogia. (M.G.)

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    Spagna: il lungo pellegrinaggio del Magis alla Gmg di Madrid

    ◊   In una conferenza stampa che si è tenuta ieri a Madrid, i dirigenti del Movimento Magis, ispirato alla spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola, hanno anticipato il loro programma di partecipazione alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù prevista a Madrid per il prossimo mese d’agosto. L’adesione di questo movimento alle giornate della gioventù è iniziata a Parigi per la Gmg del 1997. Da allora sono stati presenti alle Giornate di Roma, Toronto, Colonia e Sydney. I dirigenti di questo movimento intendono offrire ai giovani quella visione che ha avuto Sant’Ignazio di Loyola sulla presenza dei laici in mezzo al mondo. “Vogliamo inserire il giovane nel cuore del mondo aiutandolo a definire e dare senso alla sua vocazione personale cristiana”, ha dichiarato padre Abel Toraño, direttore del movimento Magis. Sono 2500 i giovani iscritti e sono centinaia i volontari che hanno collaborato all’organizzazione delle diverse manifestazioni alle quali prenderanno parte dal 5 agosto fino alla chiusura della Giornata mondiale, il 21. In una prima tappa, i giovani avranno un raduno internazionale al santuario di Loyola che inizierà il 5 agosto e si concluderà il giorno 7. Durante quest’incontro riceveranno la visita del Preposito Generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolas, il quale presiederà una eucaristia per tutti i giovani il 7 agosto. La seconda tappa, che va dall’8 al 14 agosto, i giovani del movimento Magis vivranno diverse esperienze interculturali e di lavoro sociale, distribuiti per gruppi di 25 persone, in diversi luoghi della Spagna, del Portogallo, del Marocco, e nel santuario di Lourdes. Infine, dopo queste esperienze, tutti i giovani dovranno recarsi a Madrid il 15 agosto, dove rimarranno fino alla chiusura della Giornata mondiale, il 21 agosto, presieduta da Benedetto XVI. In questa complessa operazione internazionale giovanile, ispirata con il moto Magis alla spiritualita di Sant’ Ignazio di Loyola, collaborano, oltre ai gesuiti, sei istituti religiosi femminili spagnoli e quattro del Portogallo. (Dalla Spagna, padre Ignacio Arregui)

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    Il rapporto tra Chiesa e comunità pentecostali al centro della sesta fase del Dialogo internazionale

    ◊   “I carismi nella Chiesa: il nostro terreno comune”. Su questo tema si è svolta, dal 10 al 16 giugno, a Roma, la sesta fase di dialogo internazionale tra il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e alcuni leader e chiese Pentecostali. Il dialogo, avviato nel 1972, mira a promuovere il rispetto e la comprensione reciproca in materia di fede. I lavori, informa un comunicato della Santa Sede, si sono svolti in un clima di cordialità: “Cattolici e Pentecostali – si legge nella nota – riconoscono l’abbondanza di dono offerti liberamente dallo Spirito Santo, ed entrambi riconoscono che la Chiesa ha un ruolo significativo in quest’ambito”. Tra gli aspetti esaminati durante l’incontro, non mancano i fondamenti biblici dei carismi, il ruolo dei religiosi e dei laici, e la situazione attuale delle comunità cristiane nelle differenti regioni del mondo. “Il nostro lavoro e i colloqui di questa settimana di lavori – afferma mons. Michael Burbidge, co-presidente del Dialogo internazionale romano cattolico-pentecostale – hanno portato i cattolici e i pentecostali ad approfondire la comprensione e l’apprezzamento per alcuni principi comuni che condividiamo riguardo ai carismi dello Spirito Santo”. “Continueremo il dialogo nei prossimi anni – aggiunge il presule – ed abbiamo ribadito il nostro impegno a discutere rispettosamente le sfide che ci troviamo davanti, così come a pregare per l’unità come fratelli e sorelle in Cristo”. Gli fa eco il co-presidente pentecostale, il reverendo Cecil Robeck, esponente delle Assemblee di Dio: “Questa sesta fase può farci compiere passi avanti nel cammino ecumenico, evidenziando i punti che abbiamo in comune”. Il tema scelto per questo incontro rientra nell’argomento di discussione generale scelto per il quinquennio 2010-2015, ovvero “I carismi nella Chiesa: il loro significato spirituale, discernimento e implicazioni pastorali”. Altri tre incontri sono previsti nei prossimi anni: nel 2012, si affronterà il tema del discernimento, nel 2013 quello della salvezza e nel 2014 quello della profezia. Il quinquennio di lavori terminerà nel 2015, con un Rapporto conclusivo. (A cura di Isabella Piro)

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    24 Ore nel Mondo



    Ancora proteste in Siria, la Germania spinge per la condanna dell’Onu

    ◊   Tre manifestanti sono stati uccisi oggi da colpi di arma da fuoco a Homs, terza città siriana a nord di Damasco, durante un corteo anti-regime. Lo riferiscono fonti oculari citati da attivisti dei Comitati di coordinamento locale e dal sito di monitoraggio Rassd, che trasmettono anche su Twitter. Oggi, migliaia di siriani sono tornati in piazza per chiedere la caduta del regime in quasi tutte le località del Paese, compresi alcuni quartieri di Damasco e Aleppo, le città finora rimaste relativamente ai margini della contestazione. Intanto, il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, fa sapere che la Germania si impegnerà per far approvare dal Consiglio di sicurezza dell'Onu una risoluzione di condanna delle violenze in Siria entro la fine del mese. E il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, si dice scoraggiata dalla violenza in atto in Siria e afferma che per il governo siriano il tempo delle riforme sta scadendo.

    Marocco
    Sono oltre 13 milioni i marocchini chiamati oggi alle urne per il referendum costituzionale voluto da Mohammed VI, ed annunciata dallo stesso sovrano la scorsa settimana. Scontata la vittoria dei "sì", anche se resta incognita riguarda l’affluenza alle urne. Sentiamo Salvatore Sabatino:

    Una nuova architettura costituzionale, quella pensata dal giovane Mohammad VI, nella quale viene ridefinita la sua figura, riequilibrando i poteri a vantaggio del primo ministro e del parlamento. In pratica, il re perde la guida del governo. Le riunioni dell'esecutivo saranno dunque presiedute dal premier, che avrà anche il potere di sciogliere il parlamento e di fare nomine per le cariche più importanti. Il sovrano, tuttavia, resterà il garante dell'unicità dello Stato, seppur perdendo il carattere ''sacro'' della persona. Ultima novità importante riguarda il berbero, che diventa lingua ufficiale insieme all'arabo. Aperture importanti, che molti analisti riconducono ai timori espressi più volte dal re circa un effetto contaminazione con le crisi che hanno sconvolto i Paesi limitrofi. Ma il referendum basterà, da solo, a frenare l’onda lunga della “primavera araba”? La risposta sta nei risultati. Perché se è già scontata la vittoria dei "sì", sarà importante analizzare il dato dell'affluenza ai seggi. Se dovesse essere bassa, infatti, sarebbe un'ulteriore richiesta di cambiamento da parte del popolo. Sta di fatto che il movimento giovanile "20 febbraio", a capo delle proteste nel Regno, ha invitato i suoi sostenitori a boicottare le urne. Per il "sì" si sono schieranti i principali partiti, i sindacati e gran parte della società civile. Sul versante opposto, invece, gli islamici di Ali Adi Wa al Hissane, un movimento clandestino che chiede la fine della monarchia. Stasera, dopo le 19, i primi risultati.

    Egitto, richiesta di processi rapidi ai responsabili della repressione
    Sono già circa duemila secondo i siti Internet i manifestanti in piazza Tahrir che partecipano al cosiddetto "venerdì della punizione e dei martiri". Si tratta di un’iniziativa voluta in particolare dalla coalizione dei Giovani della rivoluzione e dal movimento 6 aprile per protestare per i violenti scontri tra manifestanti e forze dell'ordine dello scorso martedì notte e soprattutto per chiedere che vengano processati velocemente i responsabili della violenta repressione che nella rivoluzione di gennaio e febbraio ha provocato la morte di oltre 830 manifestanti. La manifestazione di oggi è boicottata, invece, dai movimenti islamisti dei fratelli musulmani e dei salafiti. L'aggiunta militare, che regge l'Egitto da quando è stato deposto Hosni Mubarak, ha annunciato ieri sera la creazione di un fondo speciale per il sostegno delle persone rimaste ferite durante la rivoluzione, circa novemila, e delle loro famiglie.

    Libano
    Giunta ieri a Beirut una delegazione del Tribunale internazionale per il Libano. Consegnato un fascicolo con le incriminazioni per l'assassinio dell'ex premier libanese, Rafik Hariri, avvenuto nel 2005 a Beirut e che portò contemporaneamente alla morte di altre 22 persone. I nomi dei quattro membri del movimento sciita Hezbollah accusati sono stati confermati dal Ministero degli interni di Beirut. Dal Libano, Marina Calculli:

    Sono quattro i mandati di arresto, la cui esecuzione è stata rimessa al procuratore libanese, Said Mirza. Il Tribunale ha concesso 30 giorni al governo libanese per arrestare i sospetti, ma l’atto di accusa rischia di provocare un’escalation delle violenze interne tra sunniti e sciiti. Secondo indiscrezioni, infatti, gli accusati potrebbero essere esponenti di Hezbollah, principale partito sciita. Il premier in carica, Najib Mikati, ha fatto appello alla saggezza dei cittadini e ha cautamente ricordato che i sospetti sono innocenti fino a prova contraria. Saad Hariri, figlio di Rafik, ha dichiarato la giornata di ieri un momento storico, mentre hezbollah non ha ancora commentato la deposizione dell’atto di accusa.

    Afghanistan, violenze
    Non si fermano le violenze in Afghanistan. Ieri sera, nel distretto di Khash Rod, l’esplosione di una bomba al passaggio di un autobus ha provocato 20 vittime, fra cui diversi bambini. Intanto, sempre ieri sono giunti a Parigi i due giornalisti francesi tenuti in ostaggio per 18 mesi dai talebani. Diverse fonti hanno riferito del pagamento di un riscatto da parte di Parigi, mentre secondo gli insorti ci sarebbe stato uno scambio di prigionieri per favorire il rilascio dei reporter.

    Iraq, giugno mese più cruento del 2011
    Il mese di giugno è stato il più cruento in Iraq dall'inizio dell'anno, con 271 persone - perlopiù civili - morte in attentati. Lo rivela il rapporto mensile stilato dai Ministeri iracheni della Salute, dell'Interno e della Difesa.

    Italia
    Approderà alla Camera il prossimo 25 luglio la manovra da 47 miliardi approvata ieri dal Consiglio dei ministri, con l’obiettivo di arrivare al pareggio di bilancio nel giro di 4 anni. Molti i tagli previsti. L’impatto maggiore si avrà nel 2013 e nel 2014. Il servizio di Marco Guerra:

    “In parlamento accetteremo emendamenti purché vadano in direzione dello sviluppo nel rigore del bilancio, in modo che i mercati non possano aggredirci". Lo detto stamani il premier italiano, Silvio Berlusconi, aprendo il Consiglio nazionale del Pdl che ha eletto Angelino Alfano segretario del partito. Berlusconi ha quindi confermato che la manovra sarà blindata con la fiducia in vista del passaggio parlamentare, che si preannuncia già con moltissimi emendamenti. L’impatto della finanziaria sarà graduale, partirà dagli 1,5 miliardi sul 2011 per arrivare ai 20 miliardi del 2014. Per il leader del Pd, Pierluigi Bersani, si tratta di una “bomba ad orologeria”. Il ministro Giulio Tremonti, invece, ha spiegato che i conti sono in ordine sia per quest’anno e che l’anno prossimo e che il pareggio del bilancio è un "obiettivo politico ed etico". Per quanto riguarda le misure della manovra, si confermano i tagli per comuni e regioni, che da parte loro parlano di fine del federalismo. Tagli anche per i costi della politica, con la riduzione degli stipendi dei ministri e il ridimensionamento di auto e aerei blu. Confermato poi il congelamento degli stipendi degli statali e le l'introduzione di nuove imposte per le auto di grande cilindrata e per le transazioni bancarie. E tra le novità dell'ultima ora, arriva anche la liberalizzazione degli orari dei negozi e una tassazione vantaggiosa per gli imprenditori under 35. Ma nonostante i numerosi provvedimenti che contengono la spesa pubblica, oggi l’agenzia di rating "Standard and Poor's" ha pubblicato una nota in cui avverte che in Italia “restano rischi sostanziali sul debito”, dovuti soprattutto alle “deboli prospettive di crescita”.

    Processo Strauss-Khan
    Nuova udienza a sorpresa per Dominique Strauss-Kahn, l’ex direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), agli arresti domiciliari negli Stati Uniti con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una cameriera. Secondo il New York Times, la donna avrebbe mentito fin dalla prima udienza. Strauss-Kahn oggi comparirà davanti alla Corte suprema di Manhattan e non è escluso che le accuse vengano archiviate. Il sesso, scrive il quotidiano statunitense, c'è stato, ma l'imputazione per stupro adesso vacilla.

    Cina, 90.mo del Partito comunista
    Oggi, Pechino è teatro delle celebrazioni per il 90.mo anniversario della nascita del Partito comunista cinese. Sviluppo economico, stabilità e armonia, ma nessuna apertura al multipartitismo: questo, in sintesi, è stato il contenuto del discorso fatto per l’occasione da Hu Jintao, segretario del partito, che oggi si trova alle prese con le crescenti istanze democratiche. Ma come è cambiato il Partito comunista cinese in 90 anni densi di avvenimenti epocali, sia per Pechino che per il mondo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente in Cina per il quotidiano “La Stampa”:

    R. - Il Partito comunista cinese, come hanno sottolineato queste celebrazioni di oggi, è molto più cinese e molto poco comunista, nel senso che l’elemento di pragmatismo del partito è estremamente forte. Una cosa per esempio che brillava per assenza nel discorso del segretario del partito, Hu Jintao, oggi alla sezione plenaria, era una definizione: una spiegazione su cosa sia il socialismo o il comunismo. Il discorso era in realtà tutto incentrato sulla guida del Paese, sulla proiezione del Paese verso la prosperità e l’annuncio che per il centenario della fondazione della Repubblica Popolare, nel 2049, la Cina sarà un Paese prospero e democratico.

    D. - Quello cinese è uno degli ultimi Partiti-Stato che deve fare i conti con l’aumento dell’istanza di democrazia e quindi anche di aspetti più spirituali...

    R. - Certo, l’aspetto religioso in generale è un elemento crescente: ci sono le Chiese cristiane, ci sono i cattolici, ci sono i buddisti, ci sono spiritualità che per lunghi decenni sono state soppresse e invece adesso stanno tornando a vivere. Non c’è, rispetto al passato, una soppressione sistematica di queste fedi, anche se questo non esclude che vi siano delle occasioni per delle repressioni ad hoc. (ma)

    Venezuela, Chavez
    Nuova apparizione televisiva per il presidente venezuelano, Hugo Chavez, dopo l’operazione al quale si è sottoposto a Cuba. Il capo di Stato ha ammesso di aver avuto un tumore, ma ha assicurato di essere in via di guarigione. Non ha precisato alcuna data per il ritorno a Caracas, assicurando di essere comunque saldamente alla guida del Paese. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Marco Guerra)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 182

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